Gli animali mammiferi, al paro degli Uccelli,
distinguonsi tosto, anche a prima giunta, dagli An-
fibj e da’ Pesci, mercè, non solo del sangue, che
le prime due accennate maniere d’animali hanno
caldo, in confronto dell’ altre due (rileggansi a
questo proposito i precedenti §§. 23 e 40), ma
ben anche mercè della quantità dello stesso san-
gue, che in complesso nel loro corpo le prime
due sorta hanno sensibilmente maggiore, che non
le seconde.
Gli Anfibj posseggono non pertanto ancora,
tra gli altri, un carattere di più di rassomiglian-
za cogli animali di sangue caldo, di quel che
[Seite 6] non posseggano i Pesci, dall’ natura de’ quali
quindi i Mammiferi e gli Uccelli allontanansi di
gran lunga più, e questo consiste nel respirare
che fanno anch’ eglino col soccorso de’ polmoni;
se non che poi questi organi medesimi respira-
torj riescono negli Anfibj assai più fiacchi, molli
e rilassati, onde anche la loro respirazione non
procede così metodica, nè così regolare, nè può
in essi riguardarsi come avente tutta quella impor-
tanza, che ha sempre in tutti quanti gli animali
che appartengono alle due Classi degli Ematoter-
mi, o come direbbesi ancor meglio, de’ Termema-
tozoi, che appunto equivale ad animali di sangue
caldo. In fatti possono benissimo gli Anfibj, all’ oc-
correnza, sospendere per un tempo assai più lungo
la loro respirazione, di quello che, senza gravis-
simi danni alla loro economia animale, e fors’ an-
che senza rimanerne al tutto spenti, nol potreb-
bero al certo assolutamente gli animali di sangue
caldo, e quindi possono durarla più assai nel va-
cuo Boyleano, e rimanere lunghissimi tratti nel
medesimo ambiente limitato, ed anzi picciolissimo,
e chiuso affatto d’ogni parte, come veggiamo suc-
cedere, per cagion d’esempio, de’ Rospi, che pur
persistono in vita, sebbene stiano talora immobil-
mente racchiusi, per lo spazio di mesi, e forse
d’anni, in cavità ristrettissime, ora per entro ad
un tronco d’albero, ed ora per fino nell’ interno
d’un masso o d’un macigno, e possono reggere
[Seite 7] eziandio buon tratto in un ambiente tutto quanto
di gas acido carbonico, sostenendovi al caso an-
che contemporaneamente o un estremo caldo, o
un acerbissimo freddo. Hannosi anzi per fino esem-
pj, tali da non potersene dubitare, di Salaman-
dre acquatiche, ed anche di Rane, che hanno vis-
suto nel ventricolo e nel tubo intestinale d’uo-
mini viventi, come altri se n’hanno d’animali di
questa fatta che, quando nel cuor dell’ inverno
si rinvennero, erano gelati duri appunto come un
pezzo solido di ghiaccio, e che non per tanto,
sgelati che furono, si mostrarono pieni di vita e
vispi al solito, quasi che nulla di sinistro fosse loro
mai avvenuto.
Muniti di polmoni, come abbiamo detto che il
sono, non sarebbe se non naturale affatto che gli
Anfibj avessero ad essere atti ad emettere anche
essi dalla laringe un qualche suono particolare, o una
voce loro propria, come effettivamente ve n’ha
che il fanno; ma sembra però che alcuni, di quelli
almeno che abbiamo a bastanza frequenti in Eu-
ropa, e fra gli altri segnatamente la Salamandra
vera (Lacerta salamandra: le Sourd, o le Mouron
de’ Francesi), la Lucertola grigia comune (Lacerta
agilis, le Lézard gris de’ Francesi), il Serpentello
fragile, detto anche la Solifuga, o il Serpentello
de’ prati (Anguis fragilis: l’Orvet de’ Francesi),
ed altri parecchj, si rimangano al tutto muti.
Per quello che spetta alla loro particolare con-
formazione, gli Anfibj variano già assai vistosa-
mente anche tra di loro, intanto per questo, che
gli uni, come a dire le Testuggini o le Tarta-
rughe, le Rane, le Lucertole, ed altri così fatti,
si scorgono provveduti di piedi, mentre gli altri,
e in particolare i Serpenti, non consistono se non
in un corpo cilindrico, più o meno allungato ed
esteso, ad una delle estremità del quale è attac-
cata la testa, come l’altra ne termina, alquanto
assottigliata, nella così della coda, e senza che mai
scorgavisi in tutta la loro lunghezza alcun organo
esteriore di movimento.
Gl’ integumenti esterni riescono negli Anfibj
assai più varj di quello che non avvenga negli
animali di sangue caldo, mentre alcuni ve n’ ha
che sono coperti d’una teca, d’una maniera di
scudo, o d’una squama ossea d’un pezzo solo,
altri che il sono da un numero più o meno gran-
de di lastricine ossee anch’ esse, o d’innumere-
voli scaglie, talvolta imbricate le une sull’ altre, e
disposte a disegno, ed altri finalmente che hanno
nuda affatto la pelle, spalmata soltanto d’una ma-
teria viscida o glutinosa. Molti tra essi mutano di
tempo in tempo, e ad epoche determinate, la pelle,
[Seite 9] e parecchj poi, come fra gli altri la Rana arbo-
rea, o la Rana così detta di S. Martino (Rana
arborea: la Rainette – le Graisset – la Gre-
nouille de S.t Martin de’ Francesi), e molte
Lucertole (Lacerta: le Lézard de’ Francesi), e
soprattutto poi il Camaleonte (Lacerta chamae-
leon), sono suscettibili di cangiare affatto e mo-
mentaneamente il colore della loro pelle.
La massima parte degli Anfibj, come già sem-
bra importarne anche la semplice denominazione
d’Anfibj, attribuita alla Classe degli animali che
vi si racchiudono per entro, è suscettibile di di-
morare indistintamente, così sopra terra, come
nell’ acque. Alcuni ve n’ ha che a pieno loro grado
attendono a qualunque fatto loro, e cercano an-
che il loro nutrimento, or nell’ uno, ora sull’ altro
di que’ medesimi elementi; taluni di essi passano
costantemente un certo determinalo periodo della
vita loro, o dimorano per tutto il corso di certe
stagioni, o soltanto sopra terra, o soltanto nel-
l’acqua, mentre altri, per lo contrario, non sono
atti a dimorare di continuo se non unicamente
nell’ acqua, od unicamente sopra terra.
Il nutrimento di parecchi Anfibj, e segnata-
mente poi di certe Testuggini o Tartarughe, e di
[Seite 10] certi Serpenti, suole consistere in sostanze estre-
mamente svariate, quando invece alcuni altri, co-
me in particolare la Rana arborea, per cagion
d’esempio, il Camaleonte, e qualche altro ancora,
sono difficilissimi ad accontentarsi di qualunque al-
tro cibo, che non risulti da certe determinate, e
pochissime specie d’insetti vivi. Molti ve n’ ha che
in istato di cattività non vogliono quasi affatto as-
sumer cibo, e possono in tal caso sostenere un
assoluto digiuno per un tempo così lungo, che fa
veramente maraviglia. Dirò, per addurre un esem-
pio confacente a questo proposito, che ho avuto
occasione di conservare io stesso, per oltre allo
spazio ben lungo di più di otto mesi, qualche
Salamandra, senza fornirgli alcuna specie di ali-
mento, e senza che perciò abbia dessa mostrato
d’averne sofferto danno sensibile. È noto d’al-
tronde che eziandio le Testuggini o le Tartarughe
possono rimanersene in vita, senza gran fatto de-
perirne, anche sotto ad un perfetto digiuno pro-
tratto fin oltre a diciotto mesi continui.
A riguardo di quella, così a buon dritto sor-
prendente, e sollecitissima forza di riproduzione
(§. 19), che si è osservato essere propria partico-
lare appunto principalmente di molti Anfibj, deb-
be essa, s’ io non m’inganno, derivare, più che
da altro motivo quale mai si voglia, dalla già da
[Seite 11] noi sopra menzionata forza de’ loro nervi, e dalla
in confronto estrema picciolezza relativa del loro
cervello (§. 29), mentre conseguenza naturale di
queste disparità, o di questo disequilibrio di po-
tenze, debb’ esserne, che i nervi ne riescano meno
dipendenti dal cervello; e in realtà la loro mac-
china vivente dimostra una mobilità molto più fie-
vole, manifesta un molto minor numero di que’ fe-
nomeni che diconsi di consenso (consensus), e
in complesso la intiera vita degli Anfibj ne risulta
di gran lunga più semplice, e assai più meramente
vegetativa, di quello che non accada negli ani-
mali di sangue caldo, se non che poi, in certo
modo a compenso, le singole membra di quelli
a sangue freddo, e segnatamente, fra gli altri,
degli Anfibj, de’ quali qui ora ci stiamo occu-
pando, ne risultano provvedute d’una tal quale
vitalità quasi affatto loro propria, e di gran lunga
più indipendente dall’ intiero o complessivo siste-
ma dell’ individuo vivente. E quindi, siccome, in
forza appunto di questa così fatta vitalità più pro-
pria delle singole parli, ogni qualunque stimolo
operante sopra una singola parte, o sopra uno
speciale sistema, non fa l’effetto di trarre in con-
senso (consensus) altre parti, od altri sistemi,
come succederebbe indubitatamente, a circostanze
pari, negli animali di sangue caldo, perciò avrassi
a durare un po’ meno di fatica ad intendere come
procedano que’ fenomeni, che negli animali di san-
[Seite 12] gue freddo abbiamo per costume di attribuire ad
una loro tal quale vitalità più tenace, o ad una
maggiore tenacità di vita nelle singole parti, quali
sono, per esempio, il durare in vita e il saltel-
lare intorno che fanno le Rane, alle quali siasi
strappato il cuore, e il perseverare in vita che
fanno anche per qualche mese le Testuggini dopo
d’aver loro tratto fuor del cranio il cervello. Dalla
sorgente medesima è forza che derivi eziandio
quella perseverante mobilità, che accade spesso di
osservare nelle singole parti appositamente ampu-
tate da un Anfibio vivo, anche molto tempo dopo
avvenutane la mutilazione, com’ è quasi ad ognuno
noto succedere della coda, così delle Salamandre
acquatiche, come delle Lucertole, del Serpentello
fragile, o Serpentello cieco, e via discorrendo1.
Ad uso d’armi, o se si voglia, siccome mezzi
di loro personale difesa, e anche talora per of-
fender altri, hanno certi Anfibj, fra’ quali in par-
ticolare i Serpenti, il loro veleno, e così poi le
Salamandre propriamente dette, ossiano le Sala-
mandre terrestri (Lacerta salamandra: le Mou-
[Seite 13] ron – le Sourd de’ Francesi), certi Rospi, ed in
particolare il Rospo bombino, o meglio poi la
Rana bombina (Rana bombina: le Crapaud flam-
boyant de’ Francesi: die Feuerkröte de’ Tedeschi),
e altri così fatti, hanno quella sorte d’umore, ad
un tempo schiumoso e latticinoso, che tramandano
o slanciano anche dagli emuntorj delle loro ver-
ruche cutanee quando si veggono incalzati o po-
sti alle strette; molti altri in fine, e tra questi
ultimi sono da annoverarsi segnatamente parec-
chj Serpenti, Rospi o Rane, Lucerte, e simili,
hanno un odore, o una puzza loro propria ca-
ratteristica, che spandono all’ intorno di sè nel-
l’ambiente.
I sensi esterni sembrano ottusi molto in gene-
rale nella massima parte degli Anfibj, o avere
almeno ben poca vigorìa; ma fra i sensi interni
è forza dire che in molti la memoria è soprattutto
degna d’esserne considerata, mentre si hanno be-
nissimo esempj da non porsi in dubbio di Rospi,
ed anche di Coccodrilli, che mostraronsi riconoscenti
verso chi avea loro fatto del bene, e che, mercè
d’una tal quale educazione, divennero mansueti
e domestici; e anzi si sa poco men che da tutti,
come molti Serpenti, in mano de’ giocolieri, siansi
perfino addestrati ad eseguire diversissimi giochi,
a beneplacito de’ loro padroni. D’altronde risulta
[Seite 14] da una lunga esperienza, che in complesso ben
poche traccie di quello, che può veramente chia-
marsi in tanti altri animali istinto industrioso (§. 36),
sussistono negli Anfibj.
Pochissimi pare che siano, tra gli animali com-
presi in questa Classe, quelli che abbiano un bi-
sogno effettivo di quel sonno quotidiano di ristoro,
del quale abbisognano intanto indistintamente tutti
quanti gli animali di sangue caldo; ma invece poi
rimangono tutti letargici, intirizziti, o per dir me-
glio, assiderati, duranti i mesi i più rigidi dell’ in-
verno; e ciò succede in alcune specie agli indivi-
dui isolali, mentre in altre specie, come sareb-
bono per esempio le nostre Rane indigene, e le
nostre Salamandre propriamente dette, ciò ha luogo
per stormi, talora anche a bastanza numerosi; ma
non è per ciò da dirsi che tali animali non possano
assolutamente fare a meno d’addormentarsi, o di
diventar letargici durante la cruda stagione inver-
nale, da che, riparali nelle nostre stanze, li veg-
giamo rimanersene in veglia per anni ed anni senza
assopirsi mai, fuorchè soltanto la notte, come fanno
anche i più degli animali di sangue caldo.
La riproduzione della specie ha però negli An-
fibj qualche cosa che merita da noi una speciale
[Seite 15] considerazione. Il naturale bisogno d’accoppiarsi
riesce, per esempio, in alcuni di essi così urgente,
impetuoso e violento, che si ebbero a veder Ra-
nocchi coprire, in mancanza di femine, ora altri
maschi della propria loro specie, or Rospi, ed ora
perfino femine morte. Nella maggior parte delle
nostre Rane, e soprattutto poi nelle vere Tartaru-
ghe, o Testuggini di mare, l’accoppiamento suol
durare, non solo per molti giorni, ma talora ben
anche qualche settimana. Le Vipere, nell’ atto di
accoppiarsi, sogliono allacciarsi od aggrupparsi a
vicenda maschio e femina strettissimamente colla
parte posteriore de’ loro corpi, e in tale posizione
poi, a collo inarcato, si comunicano la lingua in-
dividuo con individuo. Al contrario di quanto qui
finora esponemmo, succede delle Salamandre acqua-
tiche, le quali, nel tempo de’ loro amori, non ab-
bracciansi già corpo a corpo, come fanno tanti altri
animali, ma soltanto allora il maschio nuota buona
pezza intorno al corpo della femina, spruzzando
intanto da lunge il proprio liquor maschile fecon-
datore sopra l’ova, che quella va mano mano de-
ponendo.
Gli Anfibj sono generalmente ovipari, a meno
di pochissime eccezioni; ma molti fra essi, ed in
particolare poi fra i Serpenti, e simili, non so-
gliono emettere le loro ova, se non quando l’ani-
[Seite 16] maletto inchiusovi abbia già sviluppato tutte le
forme che sono proprie dell’ animale perfetto. La
Rana pipa, conosciuta più comunemente sotto il
nome di Rana del Surinam, porta in sulla schiena
le proprie ova, che ivi schiuggonsi poi a tempo
opportuno.
Annotazione. Piacemi di qui riferire un fatto, che
posso guarentire per vero, siccome quello che avven-
nemi fra le mani, e precisamente in casa mia. Fin dal
finire della state aveva io racchiusa, isolata affatto in un
vaso di vetro, una Salamandra, alla quale per ben quat-
tro mesi rimase per tal modo interdetta ogni qualun-
que comunicazione; ciò non di meno ne’ primi giorni
dell’ anno nuovo, immediatamente successivo, questa
stessa Salamandra mise in luce inaspettatamente da
trentaquattro picciole Salamandre. Conviene dunque
inferire da ciò, non solo che la mia Salamandra fosse
stata fecondata prima ch’ io la rinchiudessi, ma ezian-
dio che la precedutane fecondazione abbia in essa
conservata tutta la sua efficacia per un periodo di
tempo assai più lungo di quello, durante il quale noi
veggiamo la fecondazione conservare la propria effica-
cia nelle nostre Galline domestiche.
Le Rane e le Lucertole, le ova delle quali si
schiudono nell’ acqua, non vengono già in luce
perfettamente colle forme stesse degli animali che
hannole generate, ma nascono da prima, come
suol dirsi, coll’ aspetto di larve, e vanno ulterior-
[Seite 17] mente soggette ancora ad un’ altra maniera di me-
tamorfosi, prima che tutti quanti i loro membric-
ciatti ne riescano conformati a dovere per poter
loro servire agli usi convenienti. Le larve de’ Ra-
nocchi, per esempio, che sogliono denominarsi
scientificamente i Girini (Gyrini: les Tétards dei
Francesi: die Kaulquappen de’ Tedeschi: the Toad-
poles degl’ Inglesi), mancano da bel principio al
tutto di piedi, ma hanno invece una maniera di
coda piuttosto lunga, che serve loro a foggia, ad
un tempo di remi e di timone, per nuotare o per
guizzare nell’ acqua, ove in tale loro stato riman-
gono continuamente. La stessa cosa può dirsi a un
dipresso delle Salamandre, le quali, quando sono
appena uscite dall’ uovicino, hanno invece ad ambo
i lati del loro collo una maniera di branchie, ana-
loghe a quelle che sono proprie de’ Pesci, e che
latinamente denominarsi, appunto in questo caso,
anch’ esse branchiae (appendices fimbriatae dello
Swammerdam); oltre a ciò hanno poi desse qual-
che volta eziandio attaccato al loro labbro infe-
riore un tal quale picciolo tubo assorbente o ca-
nale succhiatorio, e così via discorrendo d’altre
parti semplici ancora, le quali non essendo, come
pure le predescritte, destinate a servire all’ anima-
letto, se non finchè persiste nello stato di larva,
vanno poi dissipandosi, e scomparendo affatto, a
misura che l’individuo va crescendo e sviluppan-
[Seite 18] dosi più compitamente nelle forme proprie del-
l’ animale perfetto onde deriva.
Gli Anfibj sogliono crescere sempre assai lenta-
mente, a tale che, per cagione d’esempio, le stesse
Rane indigene qui fra noi, per lo più non diven-
gono atte a riprodurre la specie, se non sull’ anno
quarto dell’ età loro, quantunque, a confronto
della tarda loro impubescenza, non pervengano
esse poi ad una età gran fatto avanzata, mentre
in complesso non vivono che soltanto dodici, o
tutt’ al più sedici anni. È noto al contrario che le
Testuggini, anche mantenute presso di noi nello
stato di cattività, hanno bene spesso superato l’età
di cent’ anni, ed è non solo possibilissimo, ma
eziandio probabile molto, che i Coccodrilli, i Ser-
penti più voluminosi, e altri così fatti Anfibj, per-
vengano, quando sono in piena libertà, ad un’ età
anche ulteriore al secolo.
Non si possono dire, per verità, svariati molto
i vantaggi che la specie umana va ritraendo dagli
Anfibj, ma non è perciò men vero, che per gli abi-
tanti di certe determinate contrade, riescon essi
di sommissima utilità. Ognuno sa oggimai che si
possono mangiar benissimo, e anche con molto gu-
sto, tanto le Testuggini o Tartarughe, del grasso
[Seite 19] delle quali si fa pure uso presentemente, e le
loro ova riputate squisitissime, quanto anche molte
delle nostre Rane, alcune specie di Lucertole, e
simili; e niuno ignora l’uso che si fa continua-
mente della teca ossea delle Testuggini, o della
squama ossea delle Tartarughe, detta perciò Tar-
taruga anch’ essa, come materia prima d’alcune
manifatture, ora utili, ed ora di semplice lusso,
com’ ancora che s’ adoperi talora la pelle concia
del Caiman (Lacerta alligator) per coprirne selle
di lusso da cavalcare, per farne belle copertine, e
così via discorrendo.
Alcuni mostruosamente colossali animali di que-
sta Classe, quali sarebbono, per cagion d’esempio, i
Coccodrilli, alcuni così detti Serpenti acquatici
(Wasserschlangen), e simili altri, riescono nocivi,
o almeno pericolosissimi anche alla specie nostra,
in causa appunto della loro massa, e della forza
che hanno alla stessa loro massa corrispondente.
Altri, e fra questi ultimi soprattutto certi Serpenti,
nuoconci moltissimo col veleno di che sono prov-
veduti; veleno di tale attività e potenza, che non
ammette confronto con alcun altro veleno tratto
dagli animali naturalmente sani spettanti a qual-
sivoglia altra classe d’animali1.
La Classe intiera degli Anfibj, dividesi a ba-
stanza naturalmente ne’ seguenti due Ordini prin-
cipali; vale a dire in
Ordine I.° Rettili (Reptiles). Animali Anfibj mu-
niti di quattro piedi; corrispondono dessi
Quadrupedi ovipari (Quadrupede ovipara) de-
gli antichi Naturalisti; tali sono le Testuggini, le
Rane e le Lucertole: ed in
II.° Serpenti (Serpentes). Animali Anfibj privi af-
fatto d’ogni qualunque organo esteriore di mo-
vimento individuale da luogo a luogo.
Tutti gli animali spettanti a questo Ordine
primo degli Anfibj, quando almeno abbia-
no acquistato le forme loro competenti co-
me ad animali perfetti, sono provveduti
sempre di quattro piedi, i quali, a norma
del diverso loro soggiorno abituale sopra
terra, o nell’ acqua, possono essere digitati
e a dita libere (digitati), o aventi le dita
insieme collegate mercè d’una membrana
natatoria, ch’ è quanto dire palmati (pal-
mati), o finalmente aventi le dita loro in-
sieme coadunate e concresciute quasi a fog-
gia d’una pinna o natatoja di pesce, ch’ è
quanto dire pinnati (pinnati).
GENERE I. Testuggine, o anche Testudine, o
Tartaruga. (Testudo: fr. Tortue – les Ché-
loniens di Brongniart: ted. Schildkröte: ing. Tor-
toise, quando si tratta delle terrestri e fluviatili,
ma poi Turtle, quando s’intenda parlare delle
marittime: Galápago degli Spagnuoli). I Rettili di
questo genere sono catafralti, ossia hanno il corpo
[Seite 23] ricoperto da una maniera di scudo, o da una teca
ossea (corpus testa obiectum), hanno il più delle
volte corta la coda, ed hanno in bocca affatto sden-
tate amendue le mandibole (os mandibulis nudis
edentulis1).
Le Testuggini sono il più delle volte coperte
appunto d’una maniera di scudo, o di teca, di
natura ossea e soda molto, la di cui parte su-
periore, detta da’ Francesi la Carapace, natural-
mente attaccata, e anzi, come chi dicesse, sal-
data al filo della schiena e alle costole dell’ indi-
viduo, è poi guernita di larghe squame cornee,
che in parecchie specie riescono spesse a bastanza,
e così bene variegate di bei colori, da poter ser-
vire benissimo a diversi oggetti d’arte, che se ne
fanno. Per l’ordinario numeransi nel mezzo della
teca tredici di queste così fatte scaglie, oltre ven-
tiquattro altre che stanno d’intorno alle prime.
La parte inferiore poi, detta da’ Francesi le Pla-
stron, e che potremmo anche noi chiamar il Pia-
strone, riesce alquanto più picciola della superiore,
e dà luogo, per mezzo d’appositi frastagli, vuoti
o solchi, all’ uscita del capo, della coda e de’ quat-
tro piedi dell’ animale. La distintissima, molto
[Seite 24] straordinaria, sua propria e affatto particolare, con-
formazione corporea di questa maniera d’Anfibj,
al tutto diversa da qualsivoglia altro animale, può
servir benissimo d’esempio di per sè manifesta-
mente opponentesi alla un tempo invalsa, or de-
relitta, opinione, che la natura nelle sue opera-
zioni, e segnatamente poi in quelle che mirano
alla Creazione, non proceda mai per salti, ma
segua sempre a grado per grado, percorrendo una
specie di scala.
SPECIE 1. Testuggine membranacea. (T. Mem-
branacea: fr. la Tortue membraneuse: ted. die
Guianesische Schildkröte?: ing. the membrana-
ceous Guyana-Tortoise?). – Questa specie ha
palmati i piedi, armati cadauno di tre picciole un-
ghie, ed ha la sua teca, o vogliam dire il suo
scudo membranaceo, di forma che sta tra l’ovato
e l’orbiculare, di color grigio, striato e scabro,
o come chi dicesse, aspro superficialmente al tatto.
(Vedi Schneiders Naturgesch. der Schildkröten. Tab. 1).
Rinviensi dessa indigena alla Gujana.
SPECIE 2. Testuggine imbricata, o anche la
vera Tartaruga. (T. Imbricata: fr. le Caret:
ted. die Carette: ing. the hawksbill Turtle). –
Questa specie ha i piedi pinniformi, e la sua te-
ca, o il suo scudo conformato a foggia d’un cuo-
re, in certo tal qual modo carinato, e serrato
poi lungo il margine, ossia denticulato come lo
suol essere il tagliente d’una sega; gli scudetti,
[Seite 25] o veramente le squame, onde n’è compaginato
lo scudo, ne sono piuttosto larghette, ed imbri-
cate, che è quanto dire, disposte alla maniera
delle embrici, o delle tegole su i nostri tetti e
la coda n’è coperta anch’ essa di squame. (Vedi
Bruce’s Reise nach den Quellen der Nils im Anhang. Tab. 42,
ossia – Voyage de Bruce aux sources du Nil, Supplém. T. 42).
È questa indigena, tanto dell’ Indie orientali, che
delle occidentali, e rinviensi poi a bastanza fre-
quente anche nel Mar Rosso; dessa è precisamente
quella, che fornisce la squama ossea di miglior qua-
lità per que’ lavori, che corrono comuni sotto il
nome di manifatture di Tartaruga1.
SPECIE 3. Testuggine verde, o meglio poi la
Testuggine mida. (T. Mydas – d’altronde Te-
studo viridis di Schneider: fr. la Tortue franche:
ted. die grüne Schildkröte – Riesenschildkröte: ing.
the green Turtle). – Questa specie ha anch’ essa
i piedi pinniformi, ha dentati, o guerniti di denti
i lembi delle mandibole, ed ha di forma ovale
la sua teca, ossia lo scudo osseo. (Vedi Schöpff.
T. 17, fig. 2).
Dessa pesa talvolta fin oltre ad otto quintali;
non rinviensi mai in acque che non siano salse
e marine, e trae l’epiteto specifico di verde, da-
[Seite 26] tole, come qui si scorge, in più lingue, tanto
dal colore verde d’oliva pallido ch’ è proprio della
sua teca, quanto eziandio dallo strano color verde
che ne ha la saporitissima pinguedine. Essa non
vive d’altro se non di goemone, o d’altre so-
stanze vegetabili marine, ond’ è che gliene deriva
poi quello squisito sapore, di che le carni ne sono
dotate, privo quasi affatto d’ogni pinguedine nau-
seabonda, o d’ogni idea di oleoso.
SPECIE 4. Testuggine d’Europa, o la Testug-
gine comune, la Tartaruga Europea, in qualche
località fra di noi la Gajana, o la Gajandra, ed
in Piemonte la Bissa copera, la Bissa scudloira,
e meglio poi ancora, la Testuggine orbiculare.
(T. Orbicularis – Testudo Europaea di Schnei-
der: fr. la Tortue ordinaire – la Tortue d’eau
douce: ted. die gemeine Flussschildkröte: ing. the
common Tortoise – european Tortoise). – Que-
sta specie ha palmati i piedi, e la teca, o, se
vogliamo, lo scudo ne riesce orbiculato sì, ma
schiacciatello alquanto.
È dessa indigena de’ climi temperati d’Europa,
e rinviensi non infrequente anche tra noi.
SPECIE 5. Testuggine greca, o la Tartaruga
greca. (T. Graeca: fr. la Tortue grecque: ted.
die Griechische Schildkröte?: ing. greecian Tor-
toise?). – Questa specie ha, quasi direbbesi, di-
gitati i piedi, colla teca ossea, o se vogliasi, collo
scudo gibboso per di dietro, ed avente ottusissimi
[Seite 27] i lembi marginali, o gli orli laterali; gli scudetti
poi ne riescono alquanto schiacciati od appianati.
(Vedi Abbildungen naturhistorischen Gegenstände. Tab. 66).
È dessa indigena, tanto delle regioni più me-
ridionali dell’ Europa nostra, quant’ anche delle più
settentrionali dell’ Affrica.
SPECIE 6. Testuggine geometrica, o la Tar-
taruga geometrica. (T. Geometrica: fr. la Tor-
tue géometrique: ted. die geometrische Schildkrö-
te?: ing. the geometrical Tortoise? – Hic ka-
tee?). – Questa specie ha palmati i piedi poste-
riori, ed ha, come sollevati e tronchi, gli scudetti
componenti la solita sua teca ossea. (Vedi Schöpff.
Tab. 10).
È dessa indigena propriamente dell’ Indie orien-
tali, ma rinviensi anche al Capo di Buona Speran-
za, e vien grande a un dipresso quanto una palma
di mano. La sua teca ossea, molto globiforme, e
quasi direbbesi, configurata a modo d’una bomba,
e disegnata a bastanza regolarmente a macchie, or
gialle affatto, ed ora d’un color nero deciso, le
contribuisce un aspetto, vago ad un tempo o pia-
cevole, e molto curioso.
GENERE II. Rana, o anche Ranocchio. (Rana:
fr. Grenouille – Crapaud – les Batraciens di
Brongniart, quando però vi s’inchiudano anche
le Salamandre: ted. Frosch – Kröte: ing. Frog
– Toad). Gli Anfibj, o per dire ancor meglio, i
Rettili, compresi in questo genere, hanno sem-
[Seite 28] pre nudo affatto il corpo, munito di quattro pie-
di, de’ quali i due posteriori riescono sensibil-
mente più lunghi di quel che no ’l siano gli an-
teriori1.
SPECIE 1. Pipa, o la Rana della Gujana, o
anche il Ranocchio del Surinam, e meglio poi la
Rana Pipa. (R. Pipa – Bufo Surinamensis di
[Seite 33] Daudin, secondo taluni, sebbene a torto, men-
tre, fatto il Pipa tipo d’un genere a parte, que-
sto Bufo Surinamensis di Daudin debb’ essere un
altro Rospo indigeno anch’ esso di quel paese:
(fr. le Pipa – la Grenouille de Surinam – le
Crapaud de Surinam: ted. der Pipa? – die Su-
rinamische Kröte?: ing. the Pipa? – Surinam-
Toad?). – Questa specie ha il corpo piano, o
schiacciatello, col muso conformato a spatola e quasi
a foggia di becco, colle dita de’ piedi anteriori
mancanti d’unghia, cui sono invece sostituite quat-
tro picciole protuberanze dentiformi, e co’ piè po-
steriori aventi benissimo le dita munite dell’ un-
ghie loro, ma picciole. (Vedi Abbildungen ec. Tab. 36).
– Duméril, e dopo di lui qualche altro Natura-
lista, vollero costituire questo Rospo come tipo
d’un novello loro genere, distinto appunto sotto il
nome di Pipa.
È dessa indigena particolarmente delle paludi,
o maremme della Gujana, e riesce degna di spe-
ciale considerazione, soprattutto a motivo dello
strano modo, e veramente affatto anomalo, con cui
suole l’individuo madre far prima fecondare dal
maschio, e quindi poi schiudere le proprie ova;
funzione che merita d’essere qui descritta, e che
procede come segue. Quando a pena la madre ha
emesso, come al solito, il fregolo, il maschio si oc-
cupa a distenderglielo sulla schiena, nel che fare
egli intanto lo feconda, spargendovi sopra lo sper-
[Seite 34] ma maschile. Allo schiudersi delle ova, che riman-
gono così per circa tre mesi, in certo modo con-
cresciute o quasi immedesimate, tanto in forma
d’ova, quanto in forma d’animaletti, nella so-
stanza della pelle coriacea cuoprente la schiena
della madre, i girini, da principio muniti di lunga
coda1, che poi dimettono sviluppando i loro quat-
tro piedi, si trovano già maturi, e scendono dal
dorso materno per viversene quindi quali animali
perfetti, sebbene ancora assai piccioli.
SPECIE 2. Rana cornuta, o la Rana dalle Cor-
na, e meglio poi il Rospo cornuto. (R. Cornuta
– Bufo cornutus di Daudin: fr. le Crapaud cor-
nu?: ted. die gekörnte Kröte?: ing. the horned
Toad?). – Questa specie di Rospo, di figura
veramente mostruosa, viene piuttosto grande, ha
grosso il capo, ed ha prominenti gli occhi, colle
palpebre superiori turgide, e rigonfiate a foggia
di due coni, per modo ch’ eccitano più che altro
l’idea di due corna. (Vedi Seba. Vol. I, Tab. 72,
fig. 1 e 2).
È dessa indigena particolarmente della Caro-
lina, della Virginia, e anche del Surinam, ed ha
effettivamente un aspetto strano molto, e come s’è
detto, affatto mostruoso, a motivo della sua mole,
de’ suoi grandi occhi fissi, prominenti, o spor-
[Seite 35] genti all’ infuora, del suo capo grande quanto tutto
il rimanente del corpo, e soprattutto poi delle
mostruose sue palpebre superiori, gonfiate e ram-
mentanti, più che altro, due capezzoli, ovvero due
corna, come s’ è detto già descrivendola.
SPECIE 3. Rana ocellata, o il Rospo ocel-
lato. (R. ocellata – ed anche Rana pentadac-
tyla di Gmelin: fr. la Grenouille occellée: ted.
der Augenfrosch?: ing. the Bull-frog?). – Que-
sta specie ha l’orecchie disegnate a macchie ton-
deggianti e centrate, che rammentano in qualche
modo la forma d’altrettanti occhi, ed ha poi mu-
tiche o prive d’unghia le dita de’ piedi. (Vedi Ca-
tesby. Vol. II, Tab. 72).
È dessa indigena dell’ America settentrionale, e
segnatamente delle Floride e della Gujana; vien
grossa quasi al paro d’un Cavia, o Savia Por-
celletto, o Porcelletto d’India (Savia porcellus,
le Cochon d’Inde – le Cobaie de’ Francesi), e
trae il nome qui ora attribuitole in lingua inglese,
equivalente a Rana bue, dalla qualità della voce,
grossa ad un tempo e forte, che, simile al muggito
d’un bue, vuolsi che emetta di quando in quando1.
SPECIE 4. Rana paradossale, o la Jackie, e an-
che talora il Proteo marino, o la Rana pesce.
(R. Paradoxa – Proteus raninus di Laurenti –
[Seite 37] e già prima per altri Rana piscis: fr. la Jackie:
ted. die Jackie: ing. the Jackie). – Questa spe-
cie ha i femori posteriormente striati. (Vedi Seba.
Vol. I, Tab. 78).
È dessa indigena dell’ America meridionale. La
sua Larva, o se così meglio ci piaccia d’esprimer-
ci, il suo Girino (vedasi a questo proposito quanto
già sponemmo al §. 94, pag. 16 del presente Vo-
lume), perviene fin quasi alla lunghezza d’una
spanna o d’un palmo, di modo che appunto in
tale stato l’individuo riesce di maggior mole di
quello che non sia poi per avere, quando, subìta
la solita trasformazione, avrà acquistato le forme
d’animale perfetto, e ne sarà cresciuto e giunto a
piena maturità; da ciò trasse origine l’antica in-
valsa favola di Rane, che si trasformassero in Pe-
sci. È da avvertirsi che la Jackie seguita a portar
la coda anche per un certo tempo, non solo dopo
che, cessando dallo stato di Larva o di Girino, le
si sono sviluppate le quattro gambe, ma perfino
dopo che queste sono compitamente formate, ed
hanno acquistato tutto l’ingrandimento di cui sono
capaci1.
SPECIE 5. Rospo comune, o la Botta, o il
Rospo propriamente detto, e qui poi meglio, giu-
sta l’Autore del presente Testo, la Rana Rospo.
(R. Bufo – Bufo vulgaris di Daudin – B. ter-
restris di Roesel – volgarmente el Zatt in Lom-
bardia, ’l Babi in Piemonte: fr. le Crapaud com-
mun: ted. die Kröte: ing. the Toad). – Questa
specie è panciuta molto, ed ha il corpo coperto
come d’un cuojo giallo bruniccio, lurido, schi-
foso, tempestato di macchie irregolari, e reso di-
suguale da molte verruche, glandule o folliculi.
(Vedi Roesel. Tab. 20 e 21).
È dessa indigena quasi di tutto l’antico Con-
tinente, e frequentissima anche tra noi. Si rico-
nobbe come destituta d’ogni fondamento l’opi-
nione invalsa nel volgo, che l’orina siane un po-
tente veleno; ma d’altra parte è oggimai fuori di
dubbio, che bene spesso se ne rinvennero individui
vivi per entro a tronchi d’albero che stavansi se-
gando, ed anche per entro a macigni, o massi
solidi di pietra.
SPECIE 6. Rana Bombina, o il Rospo bruno,
e anche il Rospo di fuoco, ma meglio poi il Ro-
spo bombino. (R. Bombina – Bufo bombinus di
Daudin – B. igneus di Laurenti – B. vulgo
igneus dictus di Roesel: fr. le Crapaud sonnant
– le Crapaud pluvial – le Crapaud à ventre
jaune – le Crapaud couleur de feu – le Cra-
paud d’eau: ted. die Feuerkröte: ing. the Fire-
[Seite 40] toad? – natter Jack?). – Questa specie ha
anch’ essa il corpo quasi tutto coperto superior-
mente di glandule o di verruche, coll’ abdomine
disegnato a macchie, parte di color rancio, e parte
di colore azzurro celeste. (Vedi Roesel. Tab. 22).
È questa indigena, ed a bastanza frequente an-
che fra noi, e non ne è senza qualche vaghezza
quella maniera di disegno marmorato a due colori,
rancio ed azzurro, onde se le vede dipinta la pan-
cia. L’individuo n’è capace di slanciar salti quasi
al pari d’una nostra Rana comune.
SPECIE 7. Rana portentosa, o anche il Ca-
lamita, o il Rospo domestico, e meglio poi il
Rospo calamita. (R. Portentosa – varietà della
Rana bufo per alcuni – Bufo calamita di Lau-
renti – B. terrestris foetidus di Roesel: fr. le
Calamite – la Calamite – le Crapaud des Jones:
ted. die Haus-Unke: ing. the Calamite? – Hou-
se-toad?). – Questa specie è essa pure supe-
riormente tempestata di verruche o di prominenze
glandulose; porta sulla schiena una linea gialla
che n’è caratteristica, ed ha le parti laterali del
corpo di color giallo rossastro, o bajo bruno. (Vedi
Roesel. Tab. 24).
È dessa indigena anche fra di noi, e predilige
di dimorare nelle cantine, o in altri così fatti luoghi
sotterranei umidi, nelle screpolature delle ripe, e
così via discorrendo; si lascia vedere ben di rado,
ed emette invece da quando a quando una certa
[Seite 41] voce sua propria, o per dir meglio un suono lu-
gubre e cupo, che diè ansa ad una selva di fa-
vole, o di fole superstiziose, da gran pezzo abban-
donate del tutto alle credule donnicciuole ed agli
idioti.
SPECIE 8. Rana temporaria, o la Rana bruna
de’ prati, o anche la Rana muta. (R. Temporaria
– R. fusca terrestris di Roesel – R. muta di
Laurenti: fr. la Rousse – la Grenouille rousse:
ted. der braune Grasfrosch: ing. the brown Frog?
– e anche talora per avventura, the common
Frog?). – Questa specie ha la sua pelle coria-
cea, e glabra o liscia, quasi tutta quanta di color
bruno, col dorso alquanto appianato o schiaccia-
tello, e formante, quasi chi dicesse, una gobba an-
golosa o un angolo saliente. (Vedi Roesel. Tab. 1 e 8).
È dessa indigena e frequente anche fra noi nei
prati, tra l’erbe e nei cespugli, d’onde n’escono
poi per torme i piccini, soprattutto in estate dopo
le pioggie; locchò debbe aver dato luogo alle già
ab antiquo invalse favole di pioggie di ranocchi,
e simili.
SPECIE 9. Rana esculenta, o il Ranocchio pro-
priamente detto. (R. Esculenta – R. viridis aqua-
tica di Roesel: fr. la Grenouille commune – la
Grenouille verte: ted. der grüne Wasserfrosch
– Röling – Marxgöker: ing. the gibbous Frog).
– Questa specie ha di color verde la sua pelle
glabra, o liscia e coriacea, il corpo angoloso, la
[Seite 42] schiena gibbosa o gobba in traverso, e la pan-
cia, come chi dicesse, orlata o marginata (Vedi Roe-
sel. Tab. 13–16).
È dessa indigena e anzi comune affatto anche
tra noi ne’ luoghi paludosi, sortumosi, e negli sta-
gni. I maschi ne gracidano ad alla voce, partico-
larmente nelle belle sere della buona stagione, e
ciò facendo, gonfiano due grandi vesciche che por-
tano all’ indietro de’ canti della bocca; sono poi
svelti assai, in certo tal qual modo accorti, ed an-
che dotati di buona dose d’ardimento, e man-
giano, tanto essi, quanto le loro femine, or sorci,
or passeri, danno la caccia talora a’ piccioli paperi
e agli anitroccoli, o simili; attaccano frequente-
mente nell’ acqua le tinche picciole, le truttelle,
e perfino i lucci, che pervengono bene spesso a
soggiogare, per poi mangiarseli. Approssimandosi
l’epoca d’attendere all’ opera della loro riprodu-
zione, presso al pollice delle zampe anteriori, cre-
sce ne’ maschi, così di questa specie, come anche
della specie precedente, una maniera di gomitolo
di color nero, e pieno di porri o di verrucosìtà,
che giova loro assai per tenersi saldamente attac-
cati al petto delle loro femine.
SPECIE 10. Rana di S. Martino, o anche il
Ranocchio di S. Martino, qua e là per l’Italia
nostra talora la Raccola, e meglio poi la Rana
arborea. (R. Arborea – altre volte già Calami-
tes, o Hyla: fr. la Grenouille de S. Martin –
[Seite 43] la Rainette – le Graisset – ed ora la Raine
per Duméril, e per altri, che la ritengono, appunto
sotto così fatto nome, siccome specie servente di
tipo ad uno de’ quattro diversi generi Pipa, Cra-
paud, Grenouille e Raine, ne’ quali ripartiscono
i loro Anfibj Anouri, o Scodati, latinamente Ecau-
dati ed in lingua francese poi les Anoures: ted.
der Laubfrosch: ing. the tree-Frog?). – Questa
specie ha liscia affatto la pelle per di sopra, ma
per di sotto in certo modo granulosa, soprattutto
al tatto; ha i piè fessi o non palmati per niente,
e porta all’ estremità d’ogni dito, quasi direbbesi,
una lenticchia. (Vedi Roesel. Tab. 9–12).
È dessa, come fra noi, indigena quasi di tutta
l’Europa, a meno però dell’ Inghilterra, ove dicesi
che non esista, e rinviensi poi anche altrove, e
particolarmente in America. Quella maniera di vi-
schio, di glutine, o di colla attaccaticcia, onde ha
sempre indotta esteriormente tutta la pelle, al pari
de’ così detti Lumaconi e delle Lumache, riesce
opportunissima a questa Rana per tenersi ferma
su pe’ rami frondosi, o come suol dirsi, sulla co-
rona degli alberi, ove suole il più delle volte di-
morare. I maschi di questa specie, riconoscibili
assai facilmente, quand’ abbiano finito di crescere,
anche dal sottogola che hanno di color bruno, so-
gliono emettere una voce forte molto e che si fa
sentir da lunge, soprattutto all’ epoca de’ loro amori,
ed eziandio allorchè sta per cangiarsi il tempo, e
[Seite 44] mentre stanno gracidando, gonfiano straordinaria-
mente la loro gola, a foggia quasi d’una grande
vescica.
GENERE III. Dragone. (Draco1: fr. Dragon:
ted. Drache: ing. Dragon). Gli animali di que-
sto genere, tra’ quali uno solo viene qui ora men-
zionato, hanno il corpo loro munito sempre di quat-
tro piedi, d’una coda e di due ali.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi, at-
tenendoci al Testo. Dragon volante. (D. volans:
fr. le Dragon – le Dragon volant: ted. die flie-
gende Eidechse: ing. the Dragon – flying Li-
zard?). – Questa specie ha l’ali distinte affatto
dalle zampe anteriori, corrispondenti alle nostre
braccia. (Vedi Abbildungen ec. Tab. 98).
È dessa indigena, tanto dell’ Indie orientali,
quant’ anche dell’ Affrica2.
GENERE IV. Lucertola. (Lacerta1: fr. Lé-
zard: ted. Eidechse: ing. Lizard). I Rettili com-
[Seite 51] presi in questo genere, hanno sempre il corpo bi-
slungo, e munito di quattro piedi, o di quattro
zampe, a un dipresso tutte d’una medesima lun-
ghezza.
SPECIE I. Coccodrillo, o il Coccodrillo vero.
(L. Crocodilus – Crocodilus vulgaris di Cuvier:
fr. le Crocodile: ted. der Crocodil – eigentliche
Crocodil: ing. the Crocodile). – Questa specie
ha le due mandibole lunghe ugualmente, e termi-
nanti, diremo così, ad un medesimo livello; ha
sei scudetti sulla nuca; ha sulla schiena le squa-
me di forma quadrilatera, disposte in sei diverse
serie (squamis dorsi . . . . sex-fariam positis), e
porta palmati i piè di dietro. (Vedi Abbildungen ec.
Tab. 26 e 27).
È dessa più frequente che in qualsivoglia altra
parte mai, ne’ fiumi maggiori dell’ Affrica, e se-
gnatamente nel Nilo superiore, e nel Niger. L’in-
dividuo cresciuto a dovere, ne riesce il più grande
di tutti gli animali d’acqua dolce, mentre, a detta
comune de’ Naturalisti, può giugnere ad una lun-
ghezza complessiva totale di trenta piedi, e per-
fino a quella di cinquanta piedi, ove non ripugni
il prestar fede all’ asserzione di Norde (Voyage
d’Egypte, a pag. 163), sebbene poi le sue ova
non riescano gran fatto maggiori di quelle d’una
nostra Oca comune. Adulto, attacca esso indistin-
tamente, tanto l’uomo, quanto anche gli animali
i più grossi, i più robusti e i più feroci; qua-
[Seite 52] lora però esso sia preso ancor giovine, è suscetti-
bile d’essere ammansato, e se si voglia, in certo
tal qual modo, anche addimesticato1.
SPECIE 2. Alligatore, o anche il Caimano.
(L. Alligator – Crocodilus sclerops di Cuvier:
fr. le Caïman – l’Alligateur: ted. der Kaiman:
ing. the Kaiman). – Questa specie ha per carat-
teri distintivi, un solco in traverso tra le orbite,
e la nuca coperta, difesa od armata da quattro
squame ossee in forma d’altrettante fascie l’una
sull’ altra imbricate (nucha fasciis osseis 4 cata-
phracta), ed ha i piedi posteriori semipalmati.
(Vedi Seba. Vol. I, Tab. 104, fig. 10).
È dessa indigena del nuovo Continente; l’in-
dividuo ne ha, tanto il corpo, come la coda, più
arrotondati o tereti, e più glabri o lisci di quello
che non abbia mai il vero Coccodrillo del Nilo,
del quale riesce anche sensibilmente più picciolo,
come più picciole ne mette giù le ova la femina;
ha desso però, come quest’ ultimo, muniti di cin-
que distinte dita i piedi anteriori, mentre poi quat-
tro sole gli se ne contano a’ piedi posteriori, ma
di tutte queste dita non sono armate d’artigli o
[Seite 53] d’unghioni, se non sempre soltanto le tre più in-
terne. La pelle del Caimano viene ora ottima-
mente acconciata nel Brasile.
SPECIE 3. Gavial, o il Coccodrillo del Gange.
(L. Gangetica: fr. le Gavial – le Crocodile du
Gange: ted. der Gavial: ing. the Gavial). –
Questa specie ha, in confronto colle due precedenti,
allungate le due mandibole, di forma quasi terete,
o tendente al cilindrico (mandibulis elongatis sub-
cylindricis), ed ha poi palmati affatto i piè po-
steriori. (Vedi Edwards nelle Philosophical Transactions.
Vol. XLIX).
Vive dessa particolarmente nel fiume Gange.
SPECIE 4. Coccodrillo monitore, o anche il
Salvaguardia. (L. Monitor: fr. le grand Lézard
d’Amérique? – la Sauvegarde: ted. der Wach-
halter? – die warnende Eidechse?: ing. the
Monitor? – Advertiser?). – Questa specie ha
la coda, come chi dicesse, carinata (cauda cari-
nata), il corpo quasi troncato, colle squame or-
late, o aventi un margine sensibilmente assottigliato
(corpore mutico squamis marginatis), ed ha poi
tutta quanta tempestata la pelle di macchie in for-
ma d’occhi. (Vedi Seba. Vol. I, Tab. 94, fig. 1, 2 e 3).
È dessa indigena, tanto dell’ Indie orientali,
come delle occidentali, e presenta un animale
estremamente pulito, colla sua pelle tutta quanta
tempestata di macchie, parte bianche, e parte ne-
re, disposte le une a riguardo dell’ altre con una
[Seite 54] tal quale regolarità. Vien grande anche al di là
di tre braccia. Trae desso i diversi nomi appli-
catigli di Monitore, di Sauvegarde, di Wachhal-
ter, e di Advertiser, ed accennati qui sopra da
noi nella sinonimia, dall’ opinione invalsa, ch’ esso
stiasene abitualmente in compagnia co’ Coccodrilli
più terribili della specie prima, che poi tradisce
mercè d’un forte fischio che, qualunque possa es-
serne il motivo, esso suole emettere da quando
a quando, e col quale rimane avvertito chi colà
dappresso s’aggira, del grave pericolo in cui
versa.
SPECIE 5. Iguana, o la Lucertola iguana. (L.
Iguana: fr. l’Iguane: ted. der Leguan: ing. the
Guana – Iguana). – Questa specie ha lunga
molto bene, e terete o quasi cilindrica, la coda;
ha dentata la sutura dorsale, e denticulata poi
una maniera di cresta, che tiene sul sottogola. (Vedi
Seba. Vol. I, Tab. 95, Sq. e Tab. 98, fig. 1).
È dessa indigena propriamente dell’ Indie oc-
cidentali. L’individuo ne presenta un animaletto
svelto molto ed anche gentile, e tanto la carne,
quanto le ova, ne sono a buon dritto apprezzate
come saporitissime.
SPECIE 6. Camaleonte, o la Lucertola cama-
leonte. (L. Chamaeleo: fr. le Caméleon: ted. der
Chameleon?: ing. the Cameleon). – Questa spe-
cie ha la coda aggrappatesi, od atta ad affer-
rare (cauda prehensili), ed ha le cinque sue
[Seite 55] dita coadunate a due, e poi a tre, in due gruppi
distinti. (Vedi Jo. Fr. Miller. Fasc. II, Tab. 11).
È dessa indigena, non meno dell’ Indie orien-
tali, che dell’ Affrica, ed anche delle parti più me-
ridionali della Spagna. L’individuo ci offre sem-
pre un animaletto lento molto, o tardo al moto,
e pigro assai, vivente or su per gli alberi, or fra
le siepi, ove nutresi d’Insetti, che con singolare
destrezza sa pigliare col soccorso della sua lingua,
ad un tempo lunghetta, conformata ad anelli, con-
cava, e vischiosa o spalmata d’un glutine appic-
caticcio. I suoi polmoni riescono grandi, quasi di-
remmo, fuor di misura, di modo che col loro
ajuto può l’animaletto a suo beneplacito ora gon-
fiarsi, ed ora sgonfiarsi; circostanza che, com-
binata co’ lunghissimi digiuni, ch’ esso è capace di
sopportar senza sensibil danno, quando trovasi in
istato di cattività, può per avventura aver dato
motivo alla favola, che troviamo invalsa quasi ge-
neralmente negli scritti degli antichi Naturalisti,
che il Camaleonte non usi pascersi se non sol-
tanto d’aria. Anche gli occhi di questa singolaris-
sima specie di Lucertola hanno qualche cosa di
non comune nella loro conformazione, ed eziandio
nella loro destinazione, mentre l’individuo può a
piacer suo, muoverne uno solo qualunque, te-
nendo fermo l’altro, o volgerli amendue verso la
stessa parte, o muoverne l’uno in una determi-
nata direzione, e l’altro in un senso affatto op-
[Seite 56] posto, come per esempio uno a destra e l’altro
a sinistra, uno all’ insù e l’altro all’ ingiù, e così
via discorrendo; movimenti tutti ch’ esso suole ese-
guir sempre con somma prestezza. Il color natu-
rale della sua pelle coriacea è il grigio leggermente
verdiccio, ma l’individuo lo cangia talora in al-
tri ben diversi anche all’ improvviso, e sopprat-
tutto poi quando s’adira. Dall’ osservazione fattasi,
che alle volte il colore de’ corpi circumambienti
viene riflesso dalle squamette o scaglie lucenti,
onde la pelle di quest’ animale è coperta, si volle
inferirne che il color del Camaleonte varii costan-
temente, a tenore del colore diverso che possono
avere i corpi che gli stanno dattorno; ma siamo
oggidì assicurati, in modo da non più dubitarne,
che tale conseguenza è al tutto stiracchiata, e po-
sitivamente non regge in confronto co’ fatti i me-
glio provati.
SPECIE 7. Gecko, o la Lucertola gecko. (L. Ge-
cko – e probabilissimamente lo Stellio1, o fors’ anco
il Saurus degli antichi: fr. le Gecko: ted. der
Gecko: ing. the Gecko). – Questa specie ha
la coda terete, mezzanamente lunga, colle dita
mutiche tutte, o mancanti d’unghia, ma invece
lamellate per di sotto (digitis muticis subtus la-
mellatis), ed ha poi il corpo tempestato di ver-
[Seite 57] ruche, e l’orecchie concave. (Vedi Seba. Vol. I,
Tab. 109).
È dessa indigena, così dell’ Egitto e dell’ Indie
orientali, com’ anche dell’ isole del mare del Sud,
e rinviensi talora eziandio in alcune delle contrade
le più meridionali della nostra Europa, come a
dire per cagion d’esempio, nel Regno delle Due
Sicilie. Pretendesi che quest’ animale abbia uno,
non si sa ben quale, sugo velenoso fra le scaglie
o lamelle delle dita de’ suoi piè di dietro, comu-
nicante le proprie qualità venefiche anche alle so-
stanze commestibili, sulle quali il Gecko altro non
abbia fatto che semplicemente passare.
SPECIE 8. Scinco, o la Lucertola scinco (L.
Scincus – Crocodilus terrester: fr. le Scinque:
ted. der Szink?: ing. the Scinc?). – Questa spe-
cie ha terete la mezzanamente lunga sua coda
compressa, o in certo modo schiacciata verso la
punta, ed ha poi le dita mutiche tutte, o affatto
prive d’unghia, ma munite invece di squame lo-
bate e marginate, o come chi dicesse, orlate (di-
gitis muticis lobato-squamosis marginatis). (Vedi
Abbildungen ec. Tab. 87).
È dessa indigena segnatamente dell’ Arabia Pe-
trea, dell’ Egitto, e d’altre diverse località1.
SPECIE 9. Lucertola propriamente detta, o la
Lucertola nostrale, la Lucertola comune, e
anche la Lucertoletta, ma meglio poi la Lucer-
tola agile (L. Agilis: fr. le Lézard gris – Lé-
zard commun – Lézard cuivreux: ted. die grüne
Eidechse – Kupfer-eidechse: ing. the common
Lizard). – Questa specie ha la coda piuttosto
lunghetta e verticillata, ossia conformata a foggia
di bischero o di fusajuolo, ch’ è quanto a dire,
[Seite 59] avente la forma d’un cono allungassimo, colle
squame acute (cauda verticillata longiuscula, squa-
mis acutis), e con al collo un monile innato, o
una maniera di collare composto di squame, che
fa la figura di stringer molto, segnatamente sotto
al collo, e quasi d’essersi ivi incarnato nella pelle
(collari subtus squamis constricto). (Vedi Roesels
Geschichte der Frösche, il rame di frontispizio, o come di-
cono i Francesi, la vignette du frontispice).
È dessa indigena delle regioni più calde d’Eu-
ropa, e comunissima fra di noi durante la buona
stagione; sembra ch’ essa sia indigena del pari,
tanto nell’ Indie orientali, e nelle occidentali,
quant’ anche in molte delle isole del mar del Sud.
– È noto che l’ova di questa Lucertola nostrale
fosforeggiano, o risplendono d’una luce fosforica,
per un certo tempo, nelle tenebre.
SPECIE 10. Lucertola lacustre, e più vol-
garmente poi la Salamandra acquatica, o la Sa-
lamandra d’acqua (L. Lacustris: fr. la Salaman-
dre aquatique – la Salamandre à queue plate
– posta da Brongniart fra i suoi Reptiles batra-
ciens: ted. der Wasser-molch – Wasser-sala-
mander: ing. the Water-salamander?). – Que-
sta specie riesce tutta quanta di color nero, a
meno della pancia che ne riesce di fondo giallo,
ma tempestata poi di macchie nere; la schiena e
le parti laterali del corpo ne sono coperte di ver-
ruche. (Vedi Laurenti. Tab. 2, fig. 4).
Duranti le stagioni appropriate, è dessa comu-
nissima anche fra noi nelle nostre acque non cor-
renti con impeto soverchio; i maschi ne hanno
in primavera, decorrente dalla testa, lungo tutto
quanto il dorso, fino alla coda, su dritta, una pro-
paggine frastagliata della pelle. A riguardo della
straordinaria forza di riproduzione delle parti am-
putategli, che questo Rettile possiede, veggasi quanto
già ne dicemmo fino dal §. 19, e soprattutto poi
nell’ Annotazione aggiunta a quel paragrafo me-
desimo.
SPECIE 2. Salamandra vera, o anche la Sa-
lamandra terrestre, ed in Piemonte la Piovana,
ma meglio poi la Lucertola salamandra (L. Sa-
lamandra: fr. le Sourd – le Mouron: ted. der
Salamander – Molch – die Molle – Ulme:
ing. the Salamander?). – Questa specie ha la
coda breve molto, e di forma terete o quasi ci-
lindrica; ha mutiche, o prive affatto d’unghia,
tutte quante le dita, ed ha il corpo nudo, por-
roso o verrucoso, tutto variegato di nero e di gial-
lo. (Vedi Roesels Geschichte der Frösche, il rame di fron-
tispizio).
È dessa indigena, e nelle stagioni appropriate,
comune anche fra di noi, segnalamento ne’ boschi
umidi alquanto, dove lasciasi vedere più spesso
in tempo di pioggia, che in altri tempi; la pelle
n’è tinta tutta a grandi macchie, in parte nere,
e in parte gialle; vien grossa a un dipresso quanto
[Seite 61] può essere il pollice della mano, e lunga circa
una spanna. Sono oggimai riconosciute universal-
mente quali favole al tutto gratuite, insussistenti
ed assurde, tanto l’opinione che questa specie sia
velenosa, quant’ ancora ch’ essa possa viver nel
fuoco, e simili.
In via d’appendice, e soltanto interinalmente
finchè possa farsi meglio, daremo qui luogo a due
altri Anfibj anomali, la conformazione singolaris-
sima de’ quali, segnatamente a riguardo delle loro
vistose e bene appariscenti branchie sciolte o li-
beramente esposte, lascia per lo meno ancora sus-
sistere nell’ animo un qualche dubbio sulla impor-
tante circostanza, che noi li conosciamo effettiva-
mente, o non li conosciamo ancora, nel loro stato
di compiuto sviluppamene, ossia nello stato di
veri animali perfetti, e non piuttosto soltanto in
quello di Larve. Tali due, in vero a bastanza cu-
riose, maniere d’animaletti, sono:
A. – Proteo (Proteus: fr. le Protée: ted. der
Proteus: ing. the Proteus).
SPECIE 1. ed UNICA che finora si conosca. Il
Proteo anguino (Proteus anguinus). – Questa
specie ha i piedi anteriori muniti di tre dita, men-
tre i piè posteriori non ne hanno se non due so-
le, ed ha poi le palpebre indivise. (Vedi quanto ne
scrisse von Schreibers nelle Philosophical Transactions per
l’anno 1801, ed inoltre quanto ne sposero il Prof. P. Con-
[Seite 62] figliacchi e M. Rusconi nella loro memoria stampata in Pa-
via nell’ anno 1809, in 4.°, intitolata: Del Proteo anguino; –
G.R. Treviranus nelle Commentat. Soc. Scientiar. Gotting.
recentior. Vol. IV, – e sopra amendue le maniere di Creature
viventi, che formano l’oggetto della presente Appendice, il
sommo Cuvier nell’ opera intitolata: Voyages d’Humboldt. II
Partie; Observations d’Anatomie comparée. I Volume).
Rinvennesi questa unicamente, non sono ancora
molti anni, nel lago sotterraneo di Sittich nella
Carnia, ed è animaletto che teme estremamente,
se pur forse anche non l’odia affatto, la luce.
B. – Sirena (Syraena: fr. Siréne: ted. Siren:
ing. Siren).
SPECIE 1. ed UNICA che finora si conosca. La
Sirena lacertina (Siraena lacertina). – Questa
specie manca affatto de’ piè di dietro, ed ha poi
muniti, ciascuno di quattro distinte dita, i suoi piedi
anteriori. (Vedi quanto ne scrissero Ellis, e J. Hunter
nelle Philosophical Transactions. Volume LVI).
Fu dessa rinvenuta unicamente indigena, e solo
per la prima volta pochi anni addietro, in certe
acque correnti (Gewässern) della Carolina1.
I Serpenti, i Serpi, o anche le Serpi1, sono
sempre affatto destituti d’arti esteriori, o
di quelle membra che servono al moto pro-
gressivo di luogo a luogo nella massima
parte de’ rimanenti animali, ma constano
unicamente d’un corpo bislungo, più o
meno cilindrico, ch’ essi sono abili a muo-
vere di luogo in luogo alla maniera de’ Lom-
brici, o de’ Vermi della terra, e procedendo
più che altro per ondate, o per spinte a fog-
gia di ondulazioni, e coperto poi o rivestito,
ora di squame, ora di lastricine o di scu-
detti, ed ora finalmente d’anelli. Alcuni ve
n’ ha che vivono costantemente nell’ acqua,
ove nuotano a maraviglia, in grazia soprat-
tutto de’ polmoni che hanno straordinaria-
[Seite 68] mente lunghi, e talora conformati, quasi
direbbesi, affatto a foggia d’una vescica;
altri ne vivono sopra terra, ed altri final-
mente se ne stanno quasi sempre su per gli
alberi. Bene spesso le femine di questi ani-
mali pongono giù le loro ova, quasi chi
dicesse, incatenate insieme le une colle al-
tre. Le loro mandibole non sono mai sal-
damente articolate in quella guisa medesima,
in cui sogliono esserlo generalmente negli
altri animali, di modo che non possono già
servir loro per la funzione della masticazio-
ne, ma cedenti, estensibili e sommamente
allargabili, come sono, permettono invece
all’ individuo di inghiottire talora a un trat-
to, o in un solo boccone, belli e intieri
come li trova, animali di gran lunga più
voluminosi di quello ch’ esso non sia. La
scioltissima e svelta loro lingua, il più delle
volte fessa o bipartita all’ apice, giova ai
Serpenti, piuttosto che servir loro ad altro
uso qualunque, per il tasto, come di uno o
di due palpi ne’ quali risiede il principale
loro organo del tatto1. Certe specie, che fa-
[Seite 69] remo perciò all’ occasione rimarcare, portano
un potentissimo, e talora veramente terribile,
veleno entro certe vescichette situate lungo
il lembo anteriore della loro mascella su-
periore, e questo veleno, da prima in essi
separato da speciali ed apposite glandole, e
in tali vescichette raccolto, viene poscia da
loro, quand’ occorre, versato, comunicato od
intruso nel corpo d’altri animali, per mezzo
di una tal quale morsicatura, ch’ essi pra-
ticano, quando sono irritati, con certi loro
denticini tubulati ed alquanto uncinati,
che a taluno piacque di denominar frec-
cie, non saprei bene con quale fondamen-
to, insidenti su quelle medesime vescichet-
te, i quali, mercè dell’ apertura bislunghetta
che hanno lateralmente presso all’ apice lo-
ro, nell’ atto che il Serpente morde, com-
primendo le rispettivamente loro sottoposte
vescichette ripiene del veleno, che per tal
modo n’esce e si comunica per la fatta fe-
rita nell’ animal morsicato, servono ad esse
come chi dicesse di emuntorii, o di con-
dotti escretorii. (Potrà a questo riguardo,
e forse non senza interesse, vedersi la fig. 1
Tav. 37, delle mie Abbildungen naturhi-
storischen Gegenstände). Questi denti dal
[Seite 70] veleno, non esistenti mai se non soltanto
lungo il margine anteriore della, perciò ap-
punto assai robusta, loro mascella superiore,
sono precisamente quelli che ci porgono il
carattere il più palmare e sicuro, con cui
distinguere tosto i Serpenti velenosi da quel-
li che nol sono1, mentre i non velenosi
sogliono aver guernito di denti, tutto quanto
infino al fondo, il lembo esteriore della loro
mascella superiore (come può scorgersi dal-
la fig. 2 della qui sopra accennata Tavola
nelle mie Abbildungen ec.). Oltre a ciò
poi tutti indistintamente i Serpenti, qua-
lunque essi si sieno, hanno sempre una
doppia serie di denticini anche nel palato,
ossia nella parte superiore delle fauci, o
piuttosto dell’ interno della bocca2.
GENERE I. Crotalo. (Crotalus: fr. Crotale –
Serpent à sonnettes: ted. Klapperschlange: ing.
Rattel-snake). I Serpenti di questo genere hanno
sempre l’abdomine difeso da apposite lastre, o
[Seite 71] da appositi scudetti (scuta abdominalia), come al-
tri scudetti hanno, accompagnati da alcune squa-
me, anche al di sotto della coda (scuta squa-
maeque subcaudales), e la loro coda termina poi
in un crepitacolo, quasi direbbesi, in una sona-
gliera, ossia in una serie particolare di nacchere,
latinamente crotala, onde si trasse appunto il no-
me del genere (crepitaculum terminale caudae).
SPECIE I. ed UNICA ora qui per noi. Crotalo
precisamente detto, o il vero Serpente a sonagli,
il Boiquira, il Boicininga, il Teuhtlagot-zauhqui,
e meglio ancora il Crotalo orrido. (C. Horridus –
Caudisona terrifica di Laurenti: fr. le Boiquira: ted.
der Boiquira?: ing. the Boiquira?). – Questa
specie velenosissima, è propriamente indigena delle
regioni più calde dell’ America meridionale; l’in-
dividuo ne perviene ad una lunghezza da quattro
fino a’ sei piedi, e alla grossezza quasi d’un braccio.
Le varie, ma non gran fatto numerose, specie
di Crotali, che riduconsi a nove o dieci tutt’ al
più1, si distinguono tosto da tutti quanti gli altri
[Seite 73] Serpenti, e quindi ancor meglio da qualsivoglia
altra vivente Creatura, mercè appunto di que’ so-
nagliuzzi, o di quelle strane e misteriose nacchere
cornee, articolate e disposte in fila, che portano
[Seite 74] all’ estremità della coda. Il numero di tali nac-
chere, o di così fatti crotali, o per meglio dire,
delle membrature speciali, onde poi ne risultano
le filze d’un organo tanto singolare, maraviglioso
e nel suo genere unico affatto, cresce cogli anni
d’età dell’ individuo, a tale che in qualche in-
dividuo invecchiato ebbesi a contarne fino a qua-
ranta. Testimoni degni di tutta la fede concorrono
ad assicurarci che bene spesso gli Uccelletti, ed
anche i piccioli Scojattoli, erranti in qualche ce-
spuglio, o in qualche macchia, sotto la quale s’ag-
giri uno di questi Serpenti, finiscono per piom-
bargli di per sè, e quasi spontaneamente, in bocca,
o dentro all’ aperte fauci. Ma non è già questa una
proprietà de’ Crotali, esclusivamente a tutti quanti
gli altri Serpenti, mentre si sa che il così detto
fascino de’ Serpenti, del quale menossi tanto ru-
more, e che appunto produce effetti consimili, è
stato attribuito a parecchi altri Serpenti, tanto del-
l’ antico Continente, come del nuovo.
Creature tarde e pigrissime, come in fatto sono
in complesso tutti quanti i Serpenti a sonaglio, e
inette a salir esse medesime su per gli alberi, onde
darvi la caccia agli Uccelletti, ai piccioli Scojat-
toli, e ad altri così fatti animaletti destinati a ser-
[Seite 75] vir loro di pastura o di cibo, non è del tutto in-
verisimile la conghiettura proposta da Mead, che
le serie di nacchere, o i sonagli, ond’ essi hanno
guernita l’estremità della coda, siano state loro
dalla Natura accordati, precisamente allo scopo che
gli uccelli o altri piccioli animali dal rumore, o
dal suono di quelli, rimanendo attoniti, spaven-
tati e in certo modo sbalorditi, più facilmente ab-
biano a precipitarsi loro in bocca. – Ad un modo
affatto analogo a questo supposero gli antichi, e al-
meno non in tutto fuor di proposito, che le Ceraste
si giovassero de’ loro cornicini precisamente per at-
trarre a sè gli Uccelletti. A questo stesso propo-
sito poi potrà tornar ancora opportuna l’assicu-
razione datami dal Maggiore Gardner, osservatore
attento, esatto, scrupoloso e degno d’ogni mag-
gior fede, il quale dimorò lungo tempo nelle re-
gioni orientali della Florida, che appunto colà i
giovanetti Indiani avessero l’arte d’imitare il
suono o il rumore de’ sonagli del Crotalo, e ne
traessero ottimo partito nel dar la caccia agli
Scojattoli. – Di ciò ho anche trattato a bastanza
diffusamante io medesimo nella 2.da Parte del Vol. I
del nuovo – Voigt’s Magazin, a pag. 37 e segg., sul
fascino, ec.; ossia: Ueber die Zauberkraft der
Klapperschlangen, besonders in Rücksicht einer
Schrift des Doctor Barton. (Vedi poi anche: Home’s
Lectures on comparative Anatom. a pag. 334). Del
resto risulta poi, come un fatto costante, che i
[Seite 76] Porci, e gli Uccelli di rapina, pigliano frequen-
tissimamente questi sempre così terribili Serpenti,
e se li mangiano con somma avidità, senza risen-
tirne danno alcuno; ed è certo del pari, che, pi-
gliandoli ancor piccini, s’ammansano essi benis-
simo, e con cura non soverchia, sono anzi sucettibili
di diventare domestici affatto e famigliari, in modo
che a pena si potrebbe crederlo.
GENERE II. Boa (Boa: fr. Boa: ted. Boa:
ing. Boa). I Serpenti racchiusi in questo genere
sono sempre muniti di lastricine, o di scudetti,
tanto lungo l’abdomine, quant’ anche al di sotto
della coda, (scuta abdominalia et subcaudalia),
ed hanno, come chi dicesse, due speroni, presso
all’ ano (calcaria analia bina).
SPECIE 1. Serpente gigante, o il Boa pro-
priamente detto, o anche l’Anaconda, o il Serpe
indovino, e meglio poi il Boa constrettore (B.
Constrictor: fr. le Dévin: ted. die Riesenschlange
– Abgotts-schlange – Anaconda: ing. the Ana-
conda?). – Questa specie porta fino a dugento-
quaranta lastre, o come suol dirsi, scudi, con al-
tre sessanta lastricine o scudetti, (scutis 240,
scutellis 60). – (Vedi Merrem. II. Fasc. Tav. 1).
È dessa indigena tanto dell’ Indie orientali e
dell’ Affrica, quant’ anche del Brasile. Molti ci as-
sicurano, e v’ ha fra questi anche il celebre Adan-
son, che l’individuo può crescerne fino alla lun-
ghezza di cinquanta, e talora anche di sessanta
[Seite 77] piedi. Si pretende che alle Antilopi, come a’ Cervi,
Caprioli, ec., che piglia vivi, questo Serpentac-
cio abbia per costume di franger da prima le co-
stole e l’altre ossa lunghe, e quindi d’investirli
tutti quanti d’una bava o scialiva mucosa, viscida,
gelatinosa e puzzolente, rendendoli per tal modo
lubrici e scorrevoli a segno di poterli poi, sic-
come effettivamente suol far sempre, ingojar belli ed
intieri in un boccon solo. Ciò non ostante riesce
desso assai facilmente addimesticabile, e il sanno
a prova i giocolatori dell’ Indie orientali, che lo ad-
destrano ad ogni maniera di giochi, siccome so-
gliono far eziandio col Serpente dagli occhiali,
detto dagli Spagnuoli Cobra de Cabelo, ossia col
Naja (Coluber Naja). – Il gran Serpente deno-
minato l’Amaru nell’ Indie occidentali, adorato
quale divinità dagli Antis del Perù, e che per-
viene anch’ esso a trenta piedi di lunghezza, sem-
bra non differire specificamente da questo nostro
Boa constrettore; ma non può già dirsi la stessa
cosa del Serpente Judah, o piuttosto Whiddah,
ritenuto anch’ esso nella Guinea come una divi-
nità, mentre questo forma sicuramente una spe-
cie diversa.
GENERE VII. Colubre (Coluber: fr. Couleuvre:
ted. Natterschlange?: ing. Adder-serpent?). I
Serpenti che appartengono a questo genere, hanno
sempre l’abdomine loricato di piastre o di scudetti,
e portano poi vestita di squame, o di scaglie, la
coda per di sotto.
SPECIE 1. Vipera vera, o la Vipera d’Egit-
to, e meglio poi il Colubre vipera (C. Vipera:
fr. la Vipére d’Egypte: ted. die Aegyptische Vi-
per?: ing. the Egyptian Viper?). – Questa
specie porta centodieciotto scudetti, con ventidue
squame.
Diverse sono le specie di Colubri, alle quali
affibbiossi indistintamente il nome di Vipera; quella
però, che piacque al grande Linneo di chiamar
specificamente con così fatto nome, si sa per certo
essere indigena dell’ Egitto, e non riuscir ve-
lenosa.
SPECIE 2. Cerasta, o anche il Serpe cornuto,
e meglio poi il Colubre cerasta (C. Cerastes:
fr. le Céraste: ted. die gehörnte Schlange: ing. the
Cerastes?). – Questa specie, sempre molto ve-
lenosa, oltre a quelle caratteristiche propaggini
della pelle, che tiene in forma di picciole corna
sulle sopracciglia, porta poi all’ abdomine cento-
quarantacinque piastricine o scudetti, con quaranta-
quattro squame sotto la coda. (Vedi i Viaggi di Bruce
alle sorgenti del Nilo, nell’ Appendice. Tav. 40).
Questa medesima specie, che pigliò il suo no-
me, d’origine greca, appunto da quella maniera
di cornicini, che porta al di sopra degli occhi, ha
comune la patria colla specie precedente, ma è
fuor di dubbio che, come s’ è detto, dessa è poi
sempre velenosa.
SPECIE 3. Vipera nostrale, o la Vipera co-
[Seite 79] mune, e meglio poi il Colubre bero (C. Berus:
fr. la Vipére commune: ted. die Otter – Vi-
per: ing. the Adder). – Questa specie sempre,
dal più al meno, velenosa anch’ essa, ha l’abdo-
mine difeso da centoquarantasei lastre o scudi, e
munita poi la coda per di sotto di trentanove
squame o scaglie. (Vedi Laurenti Tab. 2. fig. 1).
Questa Vipera, che in addietro era tenuta come
officinale, e della quale faceasi uso frequentemente,
come di possente rimedio, in medicina, suole aver
la pelle di color bruno vario, ed è indigena delle
più calde località dell’ antico Continente, e non
è infrequentissima tampoco nella Svizzera e nella
Germania. La sua morsicatura eccita bensì una
violenta infiammazione locale, ma è rado poi che
cagioni la morte alla persona, o all’ individuo
morsicato, qualunque esso sia, a meno che il caso
non succeda presso alla Canicola1.
È dessa precisamente la stessa specie su cui,
ed in particolare poi sul suo veleno, Redi un
tempo, e quindi a ricordanza nostra, il Cav. Fon-
tana, come si sa, praticarono tante curiosissime e
interessanti sperienze.
SPECIE 4. Colubre dal collare, e meglio an-
cora il Colubre nuotatore (C. Natrix: fr. la
Couleuvre à collier: ted. die Ringel-natter –
Schnake – der Unk: ing. the rinzed Snake?).
– Questa specie ha munito l’abdomine di cen-
tosettanta piastricine o scudetti, e porta in oltre
sessanta squame al di sotto della coda. – La
pelle n’è nel fondo d’un colore, che rammenta
quello dell’ acciajo, co’ lati di tutto quanto il cor-
po, ma segnatamente poi del collo, tempestati di
macchie bianche.
Se ne rinvengono talora anche qua e là in Europa
individui, che superano perfino i dieci piedi in lun-
ghezza, non mai velenosi, i quali però bastarono
probabilmente, ne’ tempi andati, a dar ansa a’ pau-
[Seite 81] rosi ed agli idioti, che aveanli per accidente ve-
duti, di spacciarne quelle tante corbellerie, che le
semplici donnicciuole ci rammentano ancora tratto
tratto, di Dragoni, di Serpentacci mostruosi ec., fat-
tisi veder tra di noi.
SPECIE 5. Colubre di scarlatto, o il Serpen-
tello della Florida, e meglio ancora il Co-
lubre coccineo (C. Coccineus: fr. le petit Serpent
rouge de la Floride – le Serpent écarlate – le
petit Couleuvre cramoisi: ted. die Carmoisin-
schlange?: ing. the red Floridian Snake?). – In
questa specie contansi centosettantacinque lastri-
cine o scudetti abdominali, con trentacinque squa-
me o scaglie sotto alla coda. (Vedi Voigt’s Magazin,
Fascicolo 1, della V Parte, Tav. 1).
È desso un Serpentello innocentissimo, assai
vagamente colorato, in modo che vi predomina lo
scarlatto, grosso tutt’ al più quanto un dito, e
lungo circa due piedi, indigeno della Florida e
della Nuova Spagna. Sulla schiena porta esso una
serie longitudinale di venti belle, grandi e regolaris-
sime macchie di colore chermisino, aventi nero tutto
il contorno, con questo poi di più, che tali contorni
neri rimangono eziandio piacevolmente distinti gli
uni dagli altri, per mezzo d’altre macchie tra-
sversali di color giallo citrino. – Le fanciulle della
Florida usano moltissimo di tenersi ravvolto, a fog-
gia di monile intorno al collo, questo in vero gen-
tile animaletto bell’ e vivo, e altre volte poi lo
[Seite 82] portano bellamente intrecciato nelle loro chiome,
e così via discorrendo.
SPECIE 6. Colubre dagli occhiali, o anche il
Naja, o il Cobra de Cabelo, come il chiamano
gli Spagnuoli, e i Portoghesi, e meglio poi il
Colubre naja (C. Naja: fr. le Naja – le Ser-
pent à lunettes – le Cobra de Cabelo: ted. die
Brillenschlange: ing. the spectacle-Snake?). –
Questa specie ha sull’ abdomine centonovantatrè
scudetti o piastricine, e sotto la coda poi sessanta
squamette o scaglie. (Vedi Russel’s Indian Serpents.
Tab. 5 e 6).
È dessa indigena dell’ Indie orientali. Il collo
ne riesce estensibilissimo nel senso di sua larghez-
za, vale a dire, dilatabilissimo, e porta per di die-
tro una macchia a disegno, che male non ram-
menterebbe un pajo d’occhiali. È questa una delle
specie più velenose di Serpenti che si conosca,
ma il Mungo, denominato anche il Sorcio di Fa-
raone, ossia la Viverra icneumone (Viverra ichneu-
mon: fr. la grande Mangouste), dà alla mede-
sima per proprio istinto la caccia, e cibandosene,
ne distrugge fortunatamente un gran numero d’in-
dividui. Questo pericolosissimo Serpe è addestra-
bile anch’ esso con bastante facilità ad eseguire
ogni maniera di giochi, come effettivamente so-
gliono spesso fare i giocolatori de’ paesi medesimi
ond’ esso è indigeno.
GENERE VIII. Angue, o Serpentello. (Anguis:
[Seite 83] fr. Orvet: ted. Bruchschlange?: ing. Slow-worm?):
I Serpenti di questo genere non portano lastri-
cine o scudetti, ma hanno rivestiti di semplici
squame o scaglie, tanto l’abdomine, come la loro
coda per di sotto.
SPECIE 1. Serpentello fragile, o anche talora
la Solifuga, o il Serpentello delle lande e dei
terreni umidi, vulgo in Lombardia l’Orbiseu, e
meglio di tutto poi l’Angue fragile. (A. Fra-
gilis: fr. l’Orvet commun: ted. die Blindschlei-
che – Bruchschlange – der Haselwurm –
Hartwurm: ing. the blind Worm – Slow worm).
– Questa specie ha guernito l’abdomine di cen-
totrentacinque squame o scaglie, e n’ ha poi al-
trettante al di sotto della coda.
È dessa indigena e frequente tra di noi nei
luoghi umidi e paludosi, e sta appiattata, ora fra
l’erbe, or presso alle muraglie antiche, o simili;
non è mai velenosa, ed è anzi sempre innocen-
tissima. L’individuo ne riesce in fatto estrema-
mente fragile, cosicchè spezzasi, talora anche di
per sè, o quando si fa per pigliarlo, come per
esempio, perdendo la coda, che poscia riproduce
con molta facilità, e i pezzi staccatine perseve-
rano a muoversi anche per lo spazio di parecchie
ore. Se ne conoscono diverse varietà, alcune delle
quali molto piacevolmente colorate, o pezzate a di-
segno.
SPECIE 2. Platuro, o il Serpentello dalla
[Seite 84] coda piatta, e meglio poi l’Angue platuro. (A.
Platuros – Anguis Platurus – o anche per al-
cuni Neoterici, semplicemente Platurus, come ge-
nere di per sè: fr. le Plature – l’Orvet queue-
plate: ted. der Platurus? – Plattschwanz –
die plattschwanzige Bruchschlange?: ing. the flat-
tailed Slow-worm?). – Questa specie riguardata
come velenosa, ha schiacciata o compressa, e come
troncata all’ apice, la coda. (Vedi Abbildungen ec.
Tab. 28).
È dessa indigena propriamente dell’ Oceano In-
diano, e del Mare del sud.
GENERE IX. Anfisbena, o anche Anfesibena.
(Amphisbaena: fr. Amphisbéne: ted. Ringelschlan-
ge? – Doppelschleiche? – Amphisbaen?: ing.
Amphisbena?). I Serpi di questo genere, tra i
quali uno soltanto noi qui ne trascieglieremo, in-
vece di piastre o scudetti, di squame o scaglie,
hanno, così il corpo o il tronco, come la coda,
guerniti d’anelli.
SPECIE 1. ed UNICA qui ora per noi. Serpe
fuliginoso, o meglio poi l’Anfisbena fuliginosa.
(A. Fuliginosa: fr. l’Amphisbéne fuligineuse –
l’Amphisbéne énfumée – l’Enfumé: ted. der Russ-
ringel?: ing. the fuliginous Amphisbaena?). –
In questa specie contansi distintamente duecento
anelli appartenenti al tronco, oltre altri trenta
spettanti alla sua coda. (Vedi Seba. Vol. I, Tab. 88
fig. 3 ed altre).
È dessa indigena del nuovo Continente; è mac-
chiata o pezzata di nero e di bianco, e non ci
vien data come velenosa, almeno che si sappia.
GENERE X. Cecilia. (Caecilia: fr. Cécilie: ted.
Runzelschlange: ing. Cecilia?). I Serpi formanti
questo genere, tra’ quali qui non ne accenneremo
se non soltanto uno, hanno tanto il loro tronco,
quant’ anche la coda, coperti di rughe, di pieghe
o di raddoppiature della pelle, in sostituzione alle
piastricine o agli scudetti, alle squame o scaglie,
e agli anelli, onde gli altri Serpenti sogliono es-
sere sempre rivestiti; portano poi dessi ancora
guernito di due palpi o tentacoli il loro labbro
superiore.
SPECIE 1. ed UNICA qui ora per noi. Ibiara?,
o meglio la Cecilia tentacolata. (C. Tentacu-
lata: fr. l’Ibiare? – la Cécilie tentaculée?:
ted. die Fühl-Runzelschlange: ing. the Ibiara?).
– In questa specie, tutte comprese, contansi cen-
totrentacinque rughe distinte degli integumenti.
(Vedi Seba. Vol. II, Tab. 25, fig. 2).
È anch’ essa indigena del nuovo Continente;
non ci è stata data mai come velenosa; si può
dire che non abbia affatto squame o scheggie,
ma è tutta coperta di rughe o increspature annu-
lari, quasi come un Lombrico1.
È convenuto di chiamar Pesci quegli animali
a sangue rosso e freddo, i quali si muovono o guiz-
zano nell’ acqua in forza di que’ loro organi per-
sistenti denominati vere pinne, natatoje od alette,
che hanno fornite di lische, spine o reste, e di
fibre cartilaginose, e che respirano per mezzo delle
vere branchie, che portano finchè durano in vita,
e persistenti anch’ esse, non mai caduche, o sol-
tanto temporariamente applicate, come il sono quelle
de’ Girini o delle Larve delle Rane, e simili.
Annotazione. – Ho detto qui espressamente vere
pinne, natatoje od alette, e vere branchie, per dif-
ferenziare a dovere questi organi persistenti e dure-
voli ne’ Pesci, dagli analoghi o corrispondentivi, onde,
come già s’è detto al precedente §. 94, sono talora
provveduti gl’ individui giovani affatto, e non ancora
bene sviluppati, d’alcune Rane, Salamandre, e simili.
Queste branchie (branchiae) sono destinate ad
esercitar quasi quelle medesime funzioni ne’ Pesci,
che ne’ rimanenti animali eseguisconsi col mezzo
[Seite 95] de’ polmoni, e si può dire che ne tengano il luo-
go. Esse son poste da ambe le parti all’ indietro
del capo, e stanno per l’ordinario al di sotto di
una, o anche di più, grandi squame o scaglie di
forma semilunare, che vengono denominate oper-
culi branchiali (opercula branchialia), e che nella
massima parte de’ casi incontransi collegati colla
membrana branchiostega (membrana branchioste-
ga). Anche le stesse branchie scorgonsi come tes-
sute d’innumerevoli e delicatissimi vasellini san-
guigni, e per lo più, tanto dall’ una parte, quanto
dall’ altra, sono divise in quattro lembi laminari,
o foglie, che male non rammenterebbono altret-
tante barbe d’una penna, e che alla loro base sono
sostenute cadauna da una propria resta solida con-
formata a foggia d’arco.
La respirazione, dalla quale i Pesci, del paro
che gli animali muniti di polmoni, non possono
assolutamente prescindere lunga pezza, s’eseguisce
in essi mercè dell’ aria, che sempre esiste disciolta
nell’ acqua naturale in cui guizzano, che per la
via della bocca fanno passar nelle branchie, e che
poscia eliminano da sè, o in certo modo espirano
per l’apertura branchiale (apertura branchialis);
onde manifestamente si vede che i Pesci, sebbene
in senso stretto inspirino ed espirino anch’ essi,
non compiscono però queste due parti della re-
[Seite 96] spirazione, nè precisamente a quel modo, nè sem-
pre per quella via, per la quale inspirano a vicenda
ed espiran l’aria atmosferica gli animali dotati di
polmoni.
S’intende assai facilmente come i Pesci, non
avendo polmoni, non siano abili ad emettere pro-
priamente alcuna voce; pure alcuni ve n’ ha ca-
paci benissimo di produrre un tal quale suono, o
rumore, che vogliasi dire, e fra questi possono ci-
tarsi in esempio il Cotto catafratto (Cottus cata-
phractus: fr. le Chabot cuirassé: ted. der Knurr-
hahn – Steinpicker: ing. the Pogge), il Cobite
fossile (Cobilis fossilis: fr. le Misgurn?: ted. der
Wetterfisch – Peitzker – die Pipe ec.: ing. the
Missgurn?), oltre qualche altro ancora.
La conformazione complessiva del corpo, o la
struttura corporea de’ Pesci, riesce, generalmente
parlando, di gran lunga più svariata, di quello
che non accada di osservar mai nelle Classi d’a-
nimali sulle quali noi ci siamo fin qui in addie-
tro intrattenuti. Ciò non pertanto nella maggior
parte di essi il corpo ha quasi sempre una posi-
zion verticale, vale a dire, che suol essere come
schiacciato o compresso da’ lati (corpus compres-
sum s. cathetoplateum), mentre in alcuni pochi,
[Seite 97] ha invece costantemente una posizione orizzontale,
ed essere depresso d’alto in basso (corpus depres-
sum s. plagioplateum), come accade nelle Raje o
Razze (Raja: fr. Raie: ted. Roche: ing. Ray, ec. ec.),
mentre in qualche altro, come per esempio nelle
Anguille, e simili, il corpo ne è più o meno te-
rete o cilindrico, e mentre in altri finalmente il
corpo ne riesce or prismatico, or triangolare, ora
romboedro, or quadrilatero, or poliedro, e così via
discorrendo, siccome scorgesi negli Ostracioni (Os-
tracion: fr. Poisson-coffre: ted. Panzerfisch ec. ec.).
In tutti i Pesci però indistintamente la testa scor-
gesi sempre attaccata al tronco, senza mai l’inter-
mezzo d’una parte che possa con ragione chia-
marsene il collo.
I Pesci, a meno di pochissime eccezioni, so-
gliono essere costantemente rivestiti, come chi di-
cesse, di scheggie o di scaglie, ed in particolare
poi i Pesci spinosi (Grätenfische de’ Tedeschi)
sono tutti quanti coperti di squame propriamente
dette, composte d’una sostanza sui generis, solida
ed elastica, e disposte in alcune specie d’una ma-
niera simmetrica, e talora con vario, ma pur sem-
pre elegantissimo disegno, ed anche colorate in
modo da emular bene spesso lo splendore dell’ oro,
dell’ argento o simili; mentre al contrario i Pesci,
che diconsi cartilaginosi, il più delle volte hanno
[Seite 98] l’integumento disseminato come di scudetti ossei,
d’aculei o spine uncinate, e simili.
Le squame, o vogliasi dire, le scaglie de’ Pesci
sono esternamente intinte o spalmale d’un visci-
dume, o d’un umore viscido, mucoso, o glutinoso,
particolare, che sembra separarsi nella maggior
parte di essi da quelle cavità mucifere, l’esistenza
delle quali lungo la così detta loro linea laterale,
tanto a destra, quanto a sinistra, è oggimai rico-
nosciuta nel massimo numero de’ Pesci.
Le natatoje, dette anche comunemente le alette,
o meglio ancora le pinne, che ne’ Pesci sono gli
organi del moto1, e nelle quali si è ultimamente
scoperta una maravigliosa forza di riproduzione,
sono composte di sottili reste di natura, ora ossea
ed ora cartilaginosa, insieme collegate mercè d’una
pelle o membrana particolare, assodate sopra ossa
proprie, e vengon mosse in forza di muscoli ap-
positi.
Tali pinne, a norma della rispettiva loro posi-
zione sul corpo, se gli sono poste superiormente
sulla schiena, pigliano il nome di pinne dorsali
(pinnae dorsales); piglian quello di pinne petto-
rali (pinnae pectorales), quando sono poste late-
ralmente all’ indietro delle branchie; pigliano quello
di pinne ventrali (pinnae ventrales), quando sono
collocate lungo il ventre; pigliano quello di pinne
anali (pinnae anales), quando stanno presso all’ ano,
e finalmente pigliano quello di pinne caudali (pin-
nae caudales), quando ne formano la coda, e
quest’ ultime sono sempre situate verticalmente.
I così detti Pesci volanti hanno lunghe molto
e robustissime le pinne pettorali, di modo che
coll’ ajuto di quelle possono essi sollevarsi al di
sopra della superficie dell’ acqua, e percorrere un
picciolo tratto nell’ aria e fuor d’acqua.
Un altro mezzo ausiliare di movimento, che hanno
talora i Pesci, e che soprattutto ne favorisce l’im-
mersione o lo sprofondamento all’ ingiù nell’ acqua,
o il sollevamento verso la superficie, o come suol
dirsi quasi a fior d’acqua, a quel modo a un di-
presso che si veggion fare, sotto date circostanze,
nella bottiglia i così detti diavoletti Cartesiani, con-
siste nella vescica natatoria, di cui sono muniti in
particolare i Pesci d’acqua dolce, e che corri-
sponde per mezzo d’un apposito canale, denomi-
[Seite 100] natone il condotto pneumatico (ductus pneumati-
cus), il più delle volte colla gola, ma talora, seb-
bene più di rado, collo stomaco.
A riguardo della natura diversa del mezzo, nel
quale abitualmente vivono i Pesci, dividonsi così
in generale, in Pesci di mare, e in Pesci d’acqua
dolce. Alcuni ve n’ ha che possono anche talvolta
per certo tratto di tempo rimanersene, senza grave
discapito, all’ asciutto o fuor d’acqua, e di tale
natura sono appunto le Anguille comuni (Muraena
anguilla), le Murene propriamente dette (Mu-
raena Helena), e altri così fatti; ed alcuni pochi
ve n’ ha perfino capaci di vivere alcun tratto nel-
l’ acque minerali calde1.
Per la massima parte i Pesci, e soprattutto poi
quelli che se ne vivono nelle acque del mare, sono
da risguardarsi quali animali notturni (animalia
nocturna), ossia come animali che vacano di pre-
ferenza a’ fatti loro in tempo di notte, appiattan-
dosi invece di giorno in fondo all’ acque, per pi-
gliarvi in tal qual modo riposo; e quindi è poi che
[Seite 101] gl’ isolani, e gli abitanti del litorale o delle coste,
ictiofagi, il più delle volte preferiscono la notte
al giorno, per attenderne con maggior profitto alla
pesca.
Moltissime sono le specie de’ Pesci, che in certe
determinate epoche dell’ anno, ossia a stagioni pre-
stabilite, cangiano il luogo di loro dimora, ed
eseguiscono vere migrazioni. Così succede di molti
Pesci di mare, che all’ epoca di riprodurre la pro-
pria specie, per mettervi giù il fregolo, ricovransi
ne’ seni, ne’ golfi, o nelle anse, e talora rimon-
tano eziandio le imboccature de’ fiumi; e così pure
accade che altri, come per cagion d’esempio, le
Aringhe comuni (Clupea harengus), ed altre spe-
cie molte, indigene propriamente delle parti più
settentrionali dell’ Oceano Atlantico, oltre alle mi-
grazioni stabilite dalla Natura in riguardo alla loro
riproduzione, altre ancora ne intraprendono lon-
tanissime in certe stagioni, ond’ è poi che se n’ in-
contrano allora torme o falangi innumerevoli tra le
coste dell’ Europa occidentale, e la costa Nord-
Est dell’ America1.
I Pesci sono, generalmente parlando, carnivori,
e siccome non hanno zampe, od altri organi a
quelle esattamente corrispondenti, co’ quali affer-
rare la loro preda, perciò la Natura volle prov-
vederli d’altri mezzi diversi, onde abilitarli ad ot-
tenere quell’ intento medesimo; e quindi fu che ad
alcuni ornò di lunghi barbigli, o di cirri (cirri)
il muso, o i dintorni della bocca, i quali cirri o
barbigli servon loro ad un tempo come d’esca e
d’ami per adescare e pigliare i piccioli animali
acquatici; di tal fatta sono l’Uranoscopo scabro
(Uranoscopus scaber), la Rana pescatrice, o il
Lofio piscatorio (Lophius piscatorius) e qualche
altro; quindi fu che ad altri, come a dire, per
esempio, al Chetodonte rostrato (Chaetodon ro-
stratus), accordò essa, quasi direbbesi, una sci-
ringa con cui, spruzzando l’acqua all’ insù d’im-
provviso, ne avvolgono e fanno insieme con quella
cader giù, per cibarsene, gl’ insetti che al di sopra
se ne stavano svolazzando nell’ aria; e quindi fu
ancora ch’ essa volle dotare d’una forza speciale,
scuotente a un tratto ed intorpidiente, fra gli al-
tri, tre diverse specie di Pesci di mare, che sono:
la Torpedine (Raia torpedo), il Tetrodonte elet-
[Seite 103] trico (Tetrodon electricus), ed il Trichiuro In-
diano (Trichiurus Indicus), e due Pesci anche
d’acqua dolce, che sono l’Anguilla elettrica, o il
Gimnoto (Gymnotus electricus), ed il Siluro elet-
trico (Silurus electricus), e così via discorrendo.
Per quello che concerne a’ sensi esterni de’ Pe-
sci, convien dire che acuto in sommo grado riesca
in ben molti quello dell’ olfatto, da che annusano
effettivamente, e mostrano di fiutare assai da lunge
l’esca nascosta. Anche l’udito ne debb’ essere fino
molto, poichè l’organo n’è conformato in modo
analogo a quello, secondo il quale suol essere con-
formato l’orecchio interno negli altri animali di
sangue rosso. Piuttosto sono da rimarcarsi alcune
particolarità nella struttura de’ loro occhi, e frall’
altre il maggior numero delle loro tuniche, o mem-
brane, e più d’ogni altra cosa poi, l’esistenza
in essi d’un altro organo esclusivamente proprio
e particolare, oltre ancora a parecchie altre di-
versità1.
Quanto all’ istinto de’ Pesci, e all’ altre loro
forze o facoltà dell’ animo, troppo poco siamo fin
[Seite 104] ora in condizion di poterne dire, atteso la man-
canza, in cui versiamo pur sempre, d’analoghe
osservazioni esatte, precise e significanti. È noto
oggimai ciò non pertanto, che parecchi tra essi, e
fra gli altri, per esempio, il Sermone fario (Salmo
fario), ch’ è una specie particolare di Trota, sono
in sommo grado suscettibili d’addimesticarsi1, co-
me si sa del pari che altri, e fra questi in par-
ticolare i Carpioni (Cyprinus carpio), per far che
si faccia, soprattutto se sono vecchi, riescono sem-
pre scaltriti, furbi, destri e maliziosi.
Sul sonno de’ Pesci sembra che in generale si
possa fare l’osservazione medesima, che femmo
già (vedi più addietro, al §. 91) sul sonno de-
gli Anfibj, vale a dire, che almeno i più di essi
vadano soggetti ad un sonno invernale, ma sono
al certo ben pochi quelli, de’ quali si possa dir
con fondamento, come pretendesi della Dorata, o
dello Sparo dorato (Sparus aurata), che cedano
giornalmente al periodico bisogno d’un sonno di
sollievo, o di ristoro.
Ove s’eccettuino pochissimi Pesci, che riten-
gonsi come vivipari, tra’ quali sono da annoverarsi
[Seite 105] le Anguille (Muraena anguilla), e la così detta
Madre delle Anguille, od il Blennio, appunto
perciò contraddistinto coll’ epiteto di viviparo (Blen-
nius viviparus), pare che raro assai debba essere
il caso che i Pesci s’accoppiino effettivamente sesso
con sesso, ed è da ritenersi, che la femina emet-
tendo le ova non per anche fecondate, rimanga
poi al maschio la cura di fecondarle mediante lo
sperma che, uscentegli da quello che suol chia-
marsene il latte, esso vi spruzza sopra. Questa
opinione viene anzi in certo modo, e in qualche
special caso, comprovata dal fatto, giacchè coloro
che attendono alla economia rurale impararono a
trarne utile partito, facendo nascere piccioli pe-
sciatelli, anche talora in vistosa copia, dall’ artifi-
ciale commistione dell’ ova prese dalla femina,
collo sperma esistente appunto nel così detto latte
preso dagl’ individui maschi delle Trote sermonate,
o de’ Sermoni-trota (Salmo trutta), e d’altre va-
rie specie di Pesci1.
Annotazione – Trall’ altre cose degne che abbia-
sene da tener conto, circa alla faccenda della genera-
zione ne’ Pesci, non è per certo da lasciarsi addietro
questa a bastanza singolare, che alcuni di essi, come
accade per esempio nelle Lamprede segnatamente di
mare (Petromyzon marinus), sono muniti generalmente
[Seite 106] sempre, e senz’ eccezione, di amendue gli organi ses-
suali maschile e feminile, onde si possono dire co-
stantemente veri Ermafroditi, mentre al contrario al-
tri ve n’ ha, fra’ quali alcuni Carpioni (Cyprinus car-
pio), che non sono effettivamente Ermafroditi, se
non soltanto per accidente, o in via di semplice ano-
malìa.
Nella massima parie de’ Pesci la propagazione,
e la conseguentene moltiplicazione della specie, pro-
cedono in abbondanza tale da dover veramente re-
car maraviglia; e ciò non senza ragione, da che,
sebbene gli ovicini il più delle volte, a proporzione
della mole della femina che li porta, siano di gran
lunga più piccioli di quello che soglia osservarsi
mai in animali di qualsivoglia altra Classe, talora
succede che le ovaja ne sorpassino in volume quello
di tutto il corpo. Di fatto si contarono per esem-
pio in una Aringa (Clupea harengus) da venti-
mila fino a trentasettemila ovicini, oltre dugento-
mila se ne contarono in un solo Carpione (Cy-
prinus carpio), nelle Tinche (Cyprinus tinca)
se ne contarono fin trecent’ ottantatremila, e fin
oltre ad un milione ebbesi a numerarne nelle così
dette Sfoglie, ossia nel Pleuronette fleso (Pleuro-
nectes flesus)1.
Talora accade che i Pesci novelli, ancora troppo
giovani, come il sono quando a pena escirono o
sbucciaron fuori dall’ uovo, non abbiano per an-
che sviluppato compiutamente quelle forme, che
loro competerebbono come ad individui perfetti
nella loro specie, ed occorre che anch’ essi, a quel
modo medesimo che già dicemmo a suo tempo
(vedi §. 94), succedere di molti Anfibj, soggiac-
ciano ad una tal quale metamorfosi, mercè di cui
poi le loro natatoje, e l’altre infino allora incom-
plete parti del corpo loro, vannosi mano mano
sviluppando, e riducendosi alla debita forma.
In ragione al volume del corpo loro, è da dire
che i Pesci pervengono ad una età assai bene in-
noltrata, e consta effettivamente che v’ebbero esem-
pj di Carpioni (Cyprinus carpio), e di Lucci
(Esox lucius), che pervennero, e superarono fin
anche il secolo e mezzo d’età. Hannovi però al
contrario alcuni piccioli Pesci, tra’ quali noteremo
qui, per esempio, e trasandandone parecchi altri,
il nostro Pesce spinello, ossia la Spinarella, o il
Gasterosteo aculeato (Gasterosteus aculeatus), che
non hanno se non pochissimi anni di vita.
I vantaggi, che l’uomo ritrae da’ Pesci, non sono
a dir vero gran fatto complicati o complessi, men-
tre il più delle volte si ristringono a servirgli di
cibo, ora unico ed imprescindibile, ora in sosti-
tuzione arbitraria agli altri più usitati, ed or per
effetto di lusso; sicchè si vede che anche da que-
sto canto riescono essi oggetti di somma impor-
tanza per una gran parte dei Genere umano, che
non saprebbe di che cosa altro cibarsi. Le stesse
nazioni ancora selvaggie, come per esempio gli
indigeni del Kamtschatka, e d’altre lontanissime
terre orientali, i Brasiliani, i Patagoni ed altri po-
poli nativi d’America, non soggiogati dagli Euro-
pei, sanno benissimo cuocere e preparare in diver-
sissime foggie il Pesce, fino a ridurlo talora in
farina da farne poi, a tempo conveniente, pane,
focaccie e simili. Per molte altre genti, e frall’ al-
tre, per gli abitanti indigeni della Nuova Olanda,
della Nuova Zelanda, e per moltissimi degli altri
isolani del mar Pacifico, la pesca costituisce quasi
il solo pensiero che si diano, e se vogliamo dar
qualche peso agli ingegnosi e adattati ordigni, ap-
punto a tale effetto da essi inventati, ci sarà forza
dire, che quell’ arte medesima è per essi diventata
effettivamente uno studio, o almeno il soggetto
delle più attente loro riflessioni. Oltre a ciò è poi
da dire ancora, che eziandio per una gran parte
[Seite 109] degli abitanti delle regioni civilizzate del Globo, la
pesca per esempio delle Aringhe (Clupea haren-
gus), del Merluzzo (Gadus morrhua), del Tonno
(Scomber thynnus), e d’altri così fatti, è riuscita,
e riesce di somma importanza. – Niuno vi può
essere oggimai che ignori, come ardasi bene spesso
in più luoghi nelle domestiche lampade, or l’o-
lio, ora il grasso de’ Pescicane, o degli Squali
(Squalus carcharias – ed altri), delle Aringhe
(Clupea harengus), de’ Merluzzi (Gadus mor-
rhua – ed altri), e così via discorrendo. – Le
storie de’ recenti viaggi e’ insegnarono, che gli abi-
tatori delle coste le più orientali dell’ Asia mez-
zana usano vestirsi quasi intieramente di pelli con-
cie di Sermone (Salmo salar – ed altri). – E
debb’ essere, cred’ io, a cognizione anche de’ più
idioti, che certe parti d’alcuni degli stessi nostri
Pesci non lasciano d’aver talora un qualche uso
nelle arti diverse, come succede, per esempio,
delle squamette o scaglie del Ciprino alburno (Cy-
prinus alburnus), che servono alla confezione delle
così dette false perle o perle di vetro, delle pelli
e altre parti di Ragie, Razze o Raje (Raia ba-
tis, e altre varie), de’ Pescicane (Squalus carcha-
rias, e altri), del Lamia, o Siluro glane (Sylu-
rus glanis), e simili, onde si suol trarre partito
per farne quella che dicesi colla di pesce, e così
via discorrendo; senza tampoco parlare del Caviale,
della Bottarga, e d’altri così fatti boccon ghiotti, de-
[Seite 110] rivanti pur sempre da’ Pesci; senza parlare de’ re-
sidui de’ Pesci, onde unicamente si cibano in al-
cune località i cani, che riescono colà gli animali
i più pregevoli che l’Uomo tenga presso di sè,
e senza parlare tampoco de’ vistosissimi avanzi di
Pesci che, convenientemente seccati, in alcuni pae-
si, scarsi affatto di legname da ardere, sono quasi
la sola materia combustibile che vi s’adoperi per
riscaldare i troppo mal riparati abituri di quelle
genti miserissime, e per condirne e cuocerne in
qualche modo i cibi.
Quelli tra i Pesci che rechino il massimo danno
alla nostra specie sono, senza contrasto alcuno, i
voracissimi Pesci da preda, o come meglio ancora
direbbesi, i Pesci di rapina, o i Pesci-fiere. Tale
si è in quasi tutto l’Oceano, il così detto Pesce-
cane, o lo Squalo (Squalus carcharias – e altri),
come lo è il Luccio (Esox lucius) nelle acque
dolci. – Vi sono però in alcuni paesi certi Pe-
sci, velenosi a segno, che il cibarsene potrebbe ca-
gionare la morte, e di tal fatta sono particolar-
mente alcune determinate specie di Tetrodonte
(Tetrodon lagocephalus – e altri).
La classificazione sistematica de’ Pesci sembra
bisognar ancora di qualche ulteriore miglioramento,
[Seite 111] in attesa del quale ci accontenteremo per ora di
qui proporne il riparto generale, o complessivo, nelle
due già sopra citate grandi divisioni, vale a dire:
a). In Pesci cartilaginosi (Pisces cartilaginei),
i quali propriamente non hanno reste o spine; e
b). In Pesci spinosi, o in Pesci propriamente
detti (Pisces spinosi), i quali sono realmente
muniti di reste o spine.
I Pesci cartilaginosi possono assai bene suddi-
vidersi ne’ seguenti due primi Ordini, che il va-
lentissimo Lacépéde ha stimato di poter caratte-
rizzare, il primo dalla mancanza, ed il secondo
dalla presenza dell’ Operculo branchiale; onde tutti
quanti i generi de’ Pesci cartilaginosi verranno a
comprendersi nell’ uno o nell’ altro di questi due
Ordini:
Ordine I.° Condropterigii (Chondropterygii: fr. les
Chondropterygiens: ted. Knorpel-fische ohne
Kiemendeckel); o siano Pesci cartilaginosi man-
canti dell’ Operculo branchiale.
II.° Branchiostegi (Branchiostegi: fr. les Bran-
chiostéges: ted. Knorpel-fische mit Kiemende-
ckel); o sia Pesci cartilaginosi aventi l’Oper-
culo branchiale.
Quanto poi a’ rimanenti, che possono anche
ritenersi come Pesci propriamente detti, lo stesso
sommo Linneo aveali già, fin da’ suoi tempi, di-
stribuiti a norma della qualità e della posizione
delle loro pinne o natatoje abdominali o ven-
[Seite 112] trali, negli altri quattro diversi ordini che ora
qui succedono:
III.° Apodi (Apodes: fr. les Apodes: ted. Fische
ohne Bauchflossen); o siano Pesci spinosi man-
canti affatto di pinne o natatoje abdominali;
IV.° Jugulari (Jugulares: fr. les Jugulaires: ted.
Fische mit ihren Bauchflossen vor den Brust-
flossen gesetzt), o siano Pesci spinosi aventi
le loro pinne o natatoje abdominali poste all’ in-
nanzi delle pinne pettorali, o presso al collo;
V.° Toracici (Thoracici: fr. les Thoraciques:
ted. Fische mit ihren Bauchflossen gerade unter
den Brustflossen gesetzt), o siano Pesci spinosi
aventi le loro pinne o natatoje abdominali po-
ste precisamente al di sotto delle pettorali, e
VI.° Abdominali (Abdominales: fr. les Abdomi-
naux: ted. Fische mit ihren Bauchflossen hinter
den Brustflossen gesetzt), o siano Pesci spinosi
aventi le loro pinne o natatoje abdominali poste
all’ indietro delle pettorali.
I Pesci cartilaginosi compresi in quest’ Ordi-
ne I.° non hanno l’Operculo branchiale,
come già s’ è detto, e per la massima parte
sogliono aver poi anche la bocca aperta al
di sotto del capo.
GENERE I. Lampreda, o Petromizone (Petro-
myzon: fr. Lamproie – Petromyzon: ted. Lam-
prete – Petromyzon: ing. Lamprey – Petro-
myzon). I Pesci spettanti a questo genere hanno
lateralmente al collo, da ambo le parti, in ogni
branchia, sette aperture distinte (spiracula bran-
chialia 7); portano manifesto un foro alla nuca
(fistula in nucha), e mancano affatto di pinne
pettorali o di pinne ventrali, (pinnae pectorales
aut ventrales nullae).
SPECIE 1. Lampreda di mare, o il Petromizone
marino (P. Marinus: fr. la Lamproie de mer: ted.
die eigentliche Lamprete: ing. the Lamprey –
Sea-lamprey). – Questa specie ha la bocca pa-
pillosa per di dietro, e la pinna dorsale poste-
riore distinta dalla coda. (Vedi Bloch. Tab. 77).
È dessa indigena, non meno del mare del Nord,
che di parecchi altri mari, e fra questi anche del
[Seite 115] Mediterraneo, onde può ritenersi indigena ezian-
dio fra di noi, ove non è infrequente sulle tavole
signorili. Rimonta essa talora i fiumi per buon
numero di miglia, e può pervenire fin oltre alla
lunghezza di tre piedi.
SPECIE 2. Lampreda di fiume, o il Petromi-
zone fluviatile (P. Fluviatilis: fr. la Lamproie
de rivière – la Pricka: ted. die Pricke – Neun-
auge: ing. the lesser Lamprey – river-Lam-
prey – Seveneyes?). – Questa specie ha ango-
lata la pinna dorsale posteriore. (Vedi Bloch. Tab. 78)
È dessa indigena anche de’ nostri fiumi prin-
cipali, e non suole oltrepassar mai la metà della
lunghezza, a cui dicemmo poter pervenire la spe-
cie precedente.
GENERE II. Gastrobranco (Gastrobranche: fr.
Gastrobranche: ted. Bauchkieme: ing. Gastro-
branchus?). I Pesci di questo genere hanno fin
sul ventre le sole due aperture delle loro bran-
chie (spiracula branchialia 2 ventralia), portano
un foro sul grugno (fìstula in rostro), e mancano
anch’ essi affatto di pinne pettorali, o di pinne
ventrali, (pinnae pectorales aut ventrales nullae).
Questo dubbioso genere, del quale non è qui
ora accennata che una specie sola, era in addie-
tro connumerato fra i Vermi, sotto il nome di Mi-
xine (Myxine).
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi. Ga-
strobranco ceco (G. Coecus – Myxine glutinosa
[Seite 116] di Linneo: fr. le Gastrobranche aveugle: ted. der
Blindfisch – Schleimaal: ing. the Hag?). –
I caratteri del genere servono qui anche per la spe-
cie; (quanto alla di cui figura, Vedi Bloch. Tab. 143).
Rinviensi specialmente lungo le coste dell’ Ocea-
no Atlantico settentrionale, e pretendesi che man-
chi affatto d’ogni qualunque traccia d’occhi.
GENERE III. Razza, Ragia, o anche Raia (Raia:
fr. Raie: ted. Roche1: ing. Ray). I Pesci spet-
tanti a questo genere hanno le cinque loro aper-
ture branchiali al di sotto del collo (spiracula
branchialia 5 subtus ad collum), col corpo de-
presso, o schiacciato d’alto in basso, e portano
costantemente la bocca al di sotto del capo (os
sub capite).
È questo un genere d’animali tutti stranamente
conformati, e talora organizzati perfino in modo
da destar maraviglia. Varie specie del medesimo
venivano per l’addietro con ogni maniera d’ar-
tificio contraffatte, fatturate, preparate e dissec-
cate, per quindi esitarle poi sotto il preteso nome
di Basilischi, o d’altri così fatti mostri spaventevoli,
affatto ideali, immaginarti o fantastici. Altre è pro-
babilissimo che, a motivo di quella tal quale ras-
somiglianza, che v’ ha effettivamente tra la parte
[Seite 117] inferiore del loro capo e la faccia umana, abbiano
dato la loro porzione di fondamento alla favola
delle Sirene, o a quella di donne marine1, ec. È
poi cosa degnissima d’essere rimarcata che, seb-
bene questi Pesci non sogliano metter giù mai più
d’un uovo per volta, pure sì moltiplichino a se-
gno tale, che certe località dell’ Oceano ne buli-
cano talora per ogni dove. Queste loro ova poi,
aventi un guscio di natura cornea, con quattro
punte, sono generalmente conosciute sotto il nome
di Sorci di mare, o Topi di mare.
SPECIE 1. Torpedine, o la Raia Torpedine (R.
Torpedo: fr. la Torpille: ted. der Zitterroche
– Krampffisch: ing. the Crampfish). – Questa
specie è tutta quanta liscia, glabra o sia spelata,
con cinque macchie rotonde e ben distinte sul
dorso. (Vedi Abbildungen ec. Tab. 57).
È dessa indigena particolarmente del nostro mare
Mediterraneo, e ci offre il più universalmente noto
de’ così detti Pesci elettrici (de’ quali vedi fatta
già in addietro menzione al §. 110). In qualche
luogo delle coste non si fa difficoltà alcuna di
mangiarla come alimento innocuo.
SPECIE 2. Raia Batis (R. Batis: fr. la Raie
lisse: ted. der Glattroche – Baumroche – Flete
– Tepel: ing. the Skate – Flair). – Questa
[Seite 118] specie riesce varia, con glabra o liscia la parte
centrale o mezzana della schiena (varia, dorso
medio glabro), e non ha sulla coda se non una
serie sola d’aculei. (Vedi Bloch. Tab. 79).
È dessa indigena quasi di tutti quanti i mari
dell’ Europa nostra. L’individuo ne perviene fino
ad oltrepassar in peso i due quintali, ed ha poi
le carni che passano per squisitamente sapide presso
agli amatori del pesce.
SPECIE 3. Pastinaca, la Raia spinosa, o la
Raia Pastinaca (R. Pastinaca: fr. la Pastenaque
– la Tareronde – la Raie baïonette: ted. der
Stachelroche – Pfeilschwanz: ing. the Sting-ray).
– Questa specie ha essa pure il corpo liscio e
nudo tutto quanto, o come suol dirsi, glabro; porta
impiantato nella coda un lungo aculeo serrato, o
sia denticulato alla sua parte anteriore, a foggia
del tagliente d’una sega, ed ha poi la schiena
sguernita affatto d’ogni pinna. (Vedi Bloch. Tab. 82).
È dessa indigena di molti mari diversi. Si sa
ora per certo che la spina o l’aculeo, ond’ ha ar-
mata la coda, non è assolutamente velenoso, come
aveasi voluto far credere che fosse; ma è però non
meno vero che l’animale se ne serve per ferire,
a quel modo medesimo che certe selvaggie popo-
lazioni se ne valgono come d’arme con cui offen-
dere i nemici.
GENERE IV. Squalo, e più volgarmente poi Pe-
sce-cane (Squalus: fr. Requin – Chien de mer:
[Seite 119] ted. Hay: ing. Shark). I Pesci appartenenti a que-
sto genere hanno ad ambo i lati del collo le cin-
que aperture delle loro branchie (spiracula bran-
chialia 5 ad latera colli); il loro corpo riesce
sempre d’una forma alquanto terete od inclinante,
dal più al meno, alla cilindrica, e la bocca n’è
aperta inferiormente alla testa (os in inferiore ca-
pitis parte).
SPECIE 1. Squalo Acanzia (S. Acantias: fr.
l’Aguillat: ted. der Dornhay: ing. the Horn-
hound? – horned Shark?). – Questa specie
manca affatto di pinna anale, ed ha poi spinose,
od armate d’aculei, le pinne dorsali; il corpo
n’è di forma terete più che altro. (Vedi Bloch.
Tab. 85).
È dessa indigena propriamente de’ mari Euro-
pei, ed è munita in bocca di tre distinti ordini
di denti per ogni mandibola.
SPECIE 2. Pesce martello, o lo Squalo dal
martello, o meglio ancora lo Squalo Zigena
(S. Zygaena: fr. le Marteau: ted. der Ham-
merfisch – Jochfisch: ing. the Balance-fish?).
– Questa specie ha il capo allargatissimo, con
certe lunghe prominenze laterali che, guardandolo
in traverso, gli contribuiscono una forma rammen-
tante assai bene quella che ha un martello co-
mune a doppio colpo (capite latissimo transverso
malleiformi). (Vedi Abbildungen ec. Tab. 99).
Rinviensi in poco meno che in tutti quanti i
mari del Globo.
SPECIE 3. Pesce-cane propriamente detto, o
anche il Carcaria, e meglio poi di tutto lo Squalo
carcaria (S. Carcharias – già altre volte La-
mia – Tiburo: fr. le Requin proprement dit:
ted. der Carcharias? – eigene Hay?, e anche
per taluno der eigentliche See-hund?: ing. the
white Shark). – Questa specie ha, come chi di-
cesse, appianata la schiena (dorso plano), e i
denti serrati sul margine a modo del tagliente di
una sega (dentibus serratis). (Vedi Bloch. Tab. 120).
È dessa frequentissima, particolarmente nel mare
Atlantico. Giunge a tanta mole da sorpassar bene
spesso i cento quintali in peso, e vuolsi che si
sia dato il caso di trovare bell’ ed intiero un ca-
vallo nello stomaco, o per meglio dire, nel ven-
tricolo d’un individuo di questa specie; ha in
bocca sei ordini diversi, e ben distinti, di denti per
ogni mandibola, e questi denti, come succede an-
che in moltissimi altri de’ Pesci spettanti a questo
medesimo genere, non sono già saldamente infissi
od incassati in altrettanti alveoli loro corrispon-
denti ed incavati nelle mandibole, ma sono in-
vece ad esse collegati, cadauno mercè d’una spe-
ciale articolazione. L’ordine di denti posto più
all’ innanzi, o sia la serie di denti la più esteriore
dell’ altre, è propriamente quella che torna la più
opportuna all’ animale per afferrare e mordere la
sua preda, mentre i denti delle serie successive,
o di quelle che ne stanno più all’ indietro, se ne
[Seite 121] rimangono, almeno negl’ individui giovani, rove-
sciati o coricati all’ indietro, quasi come se fos-
sero denti, direm così, di riserva, co’ quali ripa-
rar poi anche, occorrendo, ripetutamente alle per-
dite accidentali d’alcuno di quelli che costituir
debbono intiera la serie esteriore o principale, la
quale sembra destinata a tagliar via netto tutt’ a
un tratto il boccone afferrato, o la porzione, o
l’intiero membro d’altro grosso animale ghermi-
tone alla prima co’ denti, e compreso nel bel primo
morso. Narransi di fatto esempii non infrequenti
di marinai, che nell’ atto d’essere, col soccorso
delle corde, tratti a salvezza fuor d’acqua da’ loro
camerata in sul vascello, non ne sono usciti se
non lasciando in bocca d’uno di questi così fatti
voracissimi Pesci, che avealo afferrato, intiero
uno degli arti inferiori, amputatone netto.
SPECIE 4. Pesce Sega, o lo Squalo dalla Sega,
e meglio ancora lo Squalo Priste (S. Pristis:
fr. la Scie de mer: ted. der Sägefisch – Schwert-
fisch: ing. the Saw-fish). – Questa specie manca
affatto di pinna anale, ed ha il grugno che ter-
mina in un prolungamento osseo piatto, od ap-
pianato d’alto in basso, e fallo quasi alla foggia
d’una di quelle larghe spade, che usiamo chia-
mare squadroni, o spadoni, ma poi munito di
denti ben lunghi e forti assai, così dall’ una, come
dall’ altra parte, lungo il margine. (Vedi Bloch.
Tab. 120).
È dessa indigena di parecchi mari, e fra gli
altri segnatamente delle parti le più settentrio-
nali dell’ Oceano Atlantico. L’arma ben larga in
forma, come dicemmo, di squadrone, e lunga
talora anche oltre a sei piedi, che i Pesci di que-
sta specie portano dinanzi alla loro testa, suol es-
sere munita, ad ogni suo lembo marginale, fino di
ventiquattro robustissimi e lunghi denti, saldamente
confittivi, e talora contansene anche più.
GENERE V. Lofio, e più volgarmente poi, Dia-
volo di mare (Lophius: fr. Baudroye – Diable
de mer: ted. Seeteufel: ing. Sea-devil). I Pesci
di questo genere, tra’ quali qui noi non accen-
neremo che soltanto la specie più comune, hanno
le pinne pettorali impiantate sulle loro branchie
(pinnae pectorales branchiis insidentes), e ram-
mentanti così la forma di due braccia, dietro alle
quali se ne stanno solitarie le loro aperture bran-
chiali (spiracula solitaria pone brachia).
SPECIE 1. ed UNICA qui ora per noi. Rana pe-
scatrice, o meglio ancora il Lofio pescatore (L.
piscatorius – altre volte già Rana piscatrix: fr.
la Grenouille pêcheuse: ted. der Froschfisch: ing.
the Frog-fish). – Questa specie ha il corpo in
massa depresso, o schiacciato d’alto in basso, ed
ha il capo rotondato. (Vedi Bloch. Tab. 87).
È dessa indigena de’ nostri mari d’Europa, ed
abita presso alle Coste. La smisurata e mostruosa
testa, che forma di per sè sola più della metà del
[Seite 123] volume di tutto il corpo dell’ individuo, e quelle
fibre, o que’ filamenti carnosi, che a foggia d’al-
trettanti ami da pescare gli stanno intorno alla
bocca (e circa alla destinazione de’ quali, vedasi
quanto già ne sponemmo al precedente §. 110),
contribuiscono a questa diforme creatura un aspetto
in complesso strano davvero ed affatto singolare.
GENERE VI. Baliste (Balistes: fr. Baliste:
ted. Hornfisch: ing. Balist?). I Pesci di questo
genere, de’ quali qui non siamo per menzionar
del pari che una sola specie, hanno compresso il
capo, con un’ apertura al di sopra delle pinne
pettorali; anche il corpo n’è compresso, e le squa-
me o scaglie, che lo coprono, ne sono come rac-
colte, o coadunate alla pelle coriacea che tutto lo
riveste (squamis corio coadunatis); finalmente l’ab-
domine n’è conformato alla foggia della carena di
una nave (abdomen carinatum).
SPECIE 1. ed UNICA qui per noi, Baliste
tomentoso (B. Tomentosus: fr. le Baliste velu:
ted. der eigene Balistes?: ing. the little old Wi-
fe). – Questa specie è munita d’una pinna a due
raggi sul capo (pinna capitis biradiata), ed ha
poi poco meno che villosa, o come suol dirsi,
vellutata, la parte posteriore del collo (corpore
posterius subvilloso) – (Vedi Bloch. Tab. 148, fig. 1).
È dessa indigena, così dell’ Indie Orientali,
com’ anche delle Occidentali.
GENERE VII. Chimera (Chimaera: fr. Chimére:
[Seite 124] ted. Kimäre?: ing. Chimera?). I Pesci attenenti
a questo genere, pe’ quali non citeremo che un
solo esempio, portano al di sotto del collo certe
aperture solitarie, ma quadripartite (spiracula so-
litaria, quadripartita, sub collo); hanno il labbro
superiore della bocca diviso in cinque parti, lembi
o lacinie, ed hanno poi, tanto la mandibola su-
periore, come l’inferiore, munite ciascuna di due
denti incisivi (dentes primores incisores bini supra
infraque).
SPECIE 1. ed UNICA qui ora per noi, Chi-
mera mostruosa, o il re delle Aringhe (C. Mon-
strosa: fr. la Chimére du Nord – la Chimére
proprement dite: ted. die Kimäre?: ing. the Chi-
mera?). – Questa specie ha al di sotto del muso
parecchie ripiegature della pelle pertugiate, o tra-
forate (rostro subtus plicispertusis). (Vedi Bloch.
Tab. 124).
È dessa indigena propriamente delle località le
più settentrionali dell’ Oceano Atlantico.
I Pesci cartilaginosi di quest’ Ordine secondo
hanno le branchie coperte dall’ operculo.
GENERE VIII. Storione, od Acipensero (Aci-
penser: fr. Esturgeon: ted. Stör: ing. Sturgeon).
I ben molti Pesci appartenenti a questo genere
hanno solitarii, di forma lineare, e lateralmente
posti, i loro spiracoli, o le aperture branchiali
(spiracula lateralia solitaria, linearia); hanno
sdentata affatto, retrattile, ed aperta al di sotto del
capo, la bocca (os sub capite, retractile, edentu-
lum), e portano quattro cirri o barbigli al di sotto
della estremità del grugno, e dinanzi alla bocca
(cirri quatuor sub rostro ante os).
SPECIE 1. Storione propriamente detto, o me-
glio ancora l’Acipensero Storione (fr. l’Estur-
geon proprement dit – le vrai Esturgeon: ted.
der eigentliche Stör: ing. the true Sturgeon –
proper Sturgeon). – Questa specie si contraddi-
stingue dall’ altre in forza segnatamente delle un-
dici squame, che porta in sul dorso. (Vedi Bloch.
Tab. 88).
È dessa indigena indistintamente di tutti quanti
i mari Europei, ma rinviensi poi anche numero-
[Seite 126] sissima nel mar Caspio, nell’ Aral, ec., e frequenta
del pari certi fiumi reali, come fra gli altri il
Volga, il Nilo, e tra di noi il Po, e altri di tal
fatta; l’individuo ne può pervenire a mole tale
da pesar fin oltre a mille libbre. Unitamente a
molte altre delle specie racchiuse nel suo mede-
simo genere, forma desso, così a motivo della ri-
cercatezza e squisitezza delle sue carni, come an-
che a motivo del Caviale, che appunto colle sue
ova preparasi in più luoghi, per molte popolazio-
ni, lo scopo d’una grande e laboriosa pesca, che
è oggimai divenuta una assai lucrosa, e realmente
importantissima speculazione. Siccome poi succede
bene spesso che immense torme di questi Pesci,
nelle loro periodiche migrazioni, si succedano, ad
individui l’uno immediatamente dietro l’altro, in
serie ristrette assai, ma quasi direbbesi, intermi-
nabilmente lunghe, è perciò supponibile che queste
così fatte processioni di Storioni, vedute da qualche
navigatore non istruito a dovere, abbiano dato ansa
alla anticamente invalsa, e talora anche a’ dì no-
stri riproducentesi, favola di Serpenti settentrionali,
mostruosi e di sterminata lunghezza.
SPECIE 2. Storione russo, o anche lo Sto-
rioncino, lo Sterletto, e meglio poi l’Acipen-
sero Ruteno (A. Ruthenus: fr. le Strélet: ted.
der Sterlet: ing. the Sterlet? – the Caviar Stur-
geon?). – Questa specie ha quindici squame lungo
il dorso. (Vedi Bloch. Tab. 89).
Questo Pesce eminentemente saporito, e in realtà
squisitissimo, è soprattutto indigeno, ed anzi frequen-
tissimo, così nel mar Caspio, com’ anche nel fiume
Volga, che versa le sue acque in quel mare, o
vogliasi dir lago, privo d’emuntorio; ma è rado
assai che crescavi di mole, a segno di pesar più
di trenta libbre.
SPECIE 3. Beluga, il Colpesce o meglio l’Acipen-
sero Usone (A. Huso – per altri Antacaeus: fr.
le Beluga – le grand Esturgeon?: ted. der Hau-
sen – Beluga: ing. the Beluga – e per taluni
anche, sebbene, come più oltre si vedrà, non
a buon dritto, Isinglasfish?). – Questa specie
porta tredici squame in sul dorso, oltre ad altre
quarantatre, che le se ne contano lungo la coda.
(Vedi Bloch. Tab. 129).
Dessa ha comune la patria colle specie prece-
denti, e quando abbia acquistato tutto l’incre-
mento di cui è capace, l’individuo può gareggiare
coll’ Amia, o sia col Siluro glane (Silurus gla-
nis), a qual de’ due presenti il Pesce più volu-
minoso, o più colossale d’acqua dolce, ed è da
riguardarsi anch’ esso come Pesce di molta impor-
tanza, a motivo soprattutto della Ictiocolla, o colla
di Pesce, che se ne ricava in particolare dalla ve-
scica natatoria; sebbene non sia già esclusivamente
da questa unica specie che ottengasi un così fatto
prodotto, il quale traesi anche indistintamente dalla
vescica natatoria dello Storione vero (Acipenser
[Seite 128] sturio), e soprattutto poi dallo Storione stellato,
detto anche la Sevruga (Acipenser stellatus: fr.
l’Esturgeon étoilé: ted. der Sewruge: propria-
mente il vero Isinglasfish degli Inglesi), ch’ è pure
la specie onde traesi la più squisita ed apprezzata
qualità di Caviale, e mentre la colla di Pesce,
anche di qualità a bastanza buona, traesi talora
perfino dalla vescica natatoria, e da qualche altra
parte del precitato Amia (Silurus glanis).
GENERE IX. Ostracione (Ostracio: fr. Poisson
Coffre: ted. Panzerfìsch: ing. Ostracion?). I Pe-
sci, che ascrivonsi a questo genere, hanno sempre
il corpo intieramente difeso, a modo di lorica, da
un osso solo ben lungo (corpus osse integro lori-
catum), e mancano poi affatto di pinne ventrali o
abdominali.
SPECIE 1. Ostracione bicuspidato (O. Bicuspis:
fr. le Coffre à deux piquans? – l’Ostracion à
deux piquans:? ted. der zweistächelige Ostra-
cion?: ing. the twopointed Ostracion?). – Que-
sta specie ha il corpo di forma triangolare o tri-
gona, con due spine, o vogliansi dire aculei, in sul
dorso. (Vedi Abbildungen ec. Tab. 58).
È dessa indigena alla China, lungo le Coste, e
quando bene l’Ostracione stellifero (Ostracio stel-
lifer) non sia da risguardarsene come una specie
affatto ed essenzialmente distinta, conviene rite-
nere il bicuspidato come indigeno anche dell’ A-
merica.
SPECIE 2. Ostracione triquetro (O. Trique-
ter: fr. le Coffre lisse? – l’Ostracion inerme?:
ted. der stachellose Ostracion? – ungewaffnet
Ostracion?: ing. the harmless Ostracion? –
Trunkfish?). – Anche questa specie ha il corpo
di forma in complesso trigona o triangolare, ma
è mutica, o sia gli mancano le due spine o i due
aculei dorsali. (Vedi Bloch. Tab. 130).
È dessa, come la precedente specie, indigena del-
l’ Indie Orientali.
SPECIE 3. Ostracione cornuto (O. Cornutus:
fr. le Coffre cornu: ted. der Horn-ostracion?:
ing. the horned Ostracion?). – Questa specie ha
il corpo di forma tetragona o quadrangolare, e
porta poi due spine, a foggia di corna, in sulla
fronte, con due altre eziandio poste al di sotto
della coda (spinis frontalibus subcaudalibus binis).
(Vedi Bloch. Tab. 133).
Essa è, del pari che le precedenti, indigena
soprattutto dell’ Indie Orientali; l’individuo offre
un animaletto delicato e gentile, di cui la lorica
od armatura ossea è disegnata con somma rego-
larità ad esagoni rammentanti quelli delle cellette
dell’ Api.
GENERE X. Tetrodonte (Tetrodon: fr. Tetro-
don: ted. Stachelbauch: ing. Tetrodon?). I Pesci
racchiusi in questo genere hanno il corpo per di
sotto muricato, e mancano anch’ essi affatto di
pinne ventrali o abdominali.
SPECIE 1. Tetrodonte lagocefalo (T. Lago-
cephalus: fr. le Poisson souffleur – le Tetrodon
souffleur – o anche semplicemente le Souffleur?:
ted. der eigentliche Stachelbauch: ing. the blo-
wing Tetrodon?). – Questa specie ha l’abdo-
mine guernito di spine o d’aculei (abdomine acu-
leato); ha liscio affatto o glabro il corpo, ed ha
gli omeri prominenti, o sporgenti vistosamente al-
l’ infuora. (Vedi Bloch. Tab. 140).
È dessa frequentissima, ben più che altrove,
al Senegal. Gl’ individui, che se ne pigliano nel
fiume molto addentro, o sia più che si possa in là
entro terra, ci forniscono un cibo ad un tempo
saporito e sano, mentre invece quelli che si pe-
scano, così nel mare, come nell’ imboccatura del
fiume Senegal, riescono senza dubbio velenosissimi.
SPECIE 2. Tetrodonte elettrico (T. Electri-
cus: fr. le Tetrodon électrique: ted. der elektri-
sche Stachelbauch?: ing. the electric Tetrodon).
– Questa specie ha il corpo tutto quanto coperto
o tempestato di macchie (corpore maculoso), ed
ha poi le pinne di color verde. (Vedi Philosophical
Transactions. Vol. LXXVI. P. II. Tab. 13).
È dessa indigena dell’ Indie Orientali, e soprat-
tutto dell’ isola denominata Santa Giovanna. – È
desso uno de’ pochi Pesci elettrici, che infino ad
ora si conoscono, e a tal proposito vedasi quanto
già ne dicemmo al §. 110.
SPECIE 3. Tetrodonte ispido (T. Hispidus –
[Seite 131] già altre volte Orbis: fr. le Tetrodon hérissé:
ted. der Kugelfisch: ing. the Moonfish). – Que-
sta specie ha il corpo tutto quanto ispido d’irte
papille setolose (totus hispidus, papillis setaceis).
(Vedi Bloch. Tab. 142).
È dessa indigena del mar Rosso, ed eziandio di
qualche altra località, e trovasi poi non infre-
quentissima anche nelle acque dolci che stanno
dentro le terre vicine alle località marittime, nelle
quali rinviensi.
SPECIE 4. Tetrodonte mola, o anche talora qua
e là il Pesce luna, o la Luna di mare (T. Mola –
già altre volte Luna: fr. la Lune de Mer – le Te-
trodon lune: ted. der Klumpfisch: ing. the Sun-fish).
– Questa specie ha il corpo liscio quasi affatto o
glabro, e compresso (laevis compressus), ed ha
come tronca la coda; la pinna dorsale, che ne
riesce cortissima, n’è annessa all’ anale, colla quale
forma, dirò così, una pinna sola. (Vedi l’Hamburg.
Magazin. Vol. XVIII. Tab. 1).
È dessa indigena ed anzi frequente molto, tanto
nel nostro mare Mediterraneo, quanto eziandio nel-
l’ Oceano Atlantico. L’individuo giugne talora a
così fatta mole corporea da pesar fin oltre a cinque
quintali. Tanto il nome tedesco qui riferitone, come
gli altri a quello corrispondenti, derivano a que-
sto nuovo Pesce appunto dall’ informe figura che
ha sempre; ma invece i nomi, che qui ne adducem-
mo, compartitigli da’ Francesi e dagl’ Inglesi, sono
[Seite 132] piuttosto tratti dalla sua forte fosforescenza, o sia
dalla copiosa luce fosforica che l’animale, finch’ è
vivo, suol tramandare dalle parti sue laterali, non
meno che dal basso ventre, o da tutto l’abdomine.
GENERE XI. Diodonte (Diodon: fr. Diodon:
ted. Stachelfisch: ing. Diodon?). I pochi Pesci di
questo genere hanno il corpo loro cosperso este-
riormente per ogni dove d’aculei, o di spine acute
e mobili, e mancano poi anch’ essi affatto di pinne
ventrali.
SPECIE 1. ed anzi UNICA, qui per noi. Dio-
donte istrice, o anche il Guara, o il Porco spino
di mare: (fr. le Porc-épic de mer – l’Hystrix
de mer – le Diodon Porc-épic – le Diodon
Hystrix: ted. der eigentliche Stachelfìsch – Gua-
ra: ing. the Porcupine-fish). – Questa specie ha
il corpo allungato o bislungo, e gli aculei o le
spine, ond’ è cosperso, ne sono di forma terete
o quasi cilindriche. (Vedi Bloch. Tab. 126).
È dessa indigena particolarmente del mare At-
lantico, sebbene rinvengasi poi anche lungo le Co-
ste dell’ America settentrionale.
GENERE XII. Cicloptero (Cyclopterus: fr. Cy-
cloptére: ted. Bauch-sauger: ing. Cyclopterus?).
I Pesci appartenenti a questo genere hanno la te-
sta ottusa, o come chi dicesse, terminante tronca,
ed hanno poi le pinne ventrali o abdominali riu-
nite insieme, quasi in un globetto (pinnae ventra-
les in orbiculum connatae).
SPECIE 1. ed UNICA qui ora per noi. Ciclopte-
ro Lumpo, ed anche talora il Lepre di mare (C.
Lumpus: fr. le Lievre de mer: ted. der See-hase
– Klebpfost – Hafpadde: ing. the Lump-sucker).
– Questa specie ha il corpo reso angoloso dalle
squame o scaglie ossee che lo ricoprono (corpore
squamis osseis angulato). – (Vedi Bloch. Tab. 30).
È dessa indigena de’ mari settentrionali dell’ an-
tico Continente, ed ha per abitudine d’attaccarsi
saldissimamente, col mezzo della sua armatura
o lorica, ad un tempo piatta e scanalata, ora
agli scogli, ora a’ bastimenti, ed ora a così fatte
altre cose.
GENERE XIII. Centrisco. (Centriscus: fr. Cen-
trisque: ted. Messer fisch: ing. Centriscus?). I
Pesci di questo genere hanno la testa terminante
in una maniera di grifo o di grugno lungo, sot-
tile ed affilatissimo (caput productum in rostrum
angustissimum), ed hanno l’abdomine conformato
alla foggia della carena di un vascello (abdomen
carinatum); finalmente poi le pinne ventrali ne
sono coadunate o riunite insieme.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui per noi. Centri-
sco Scolopace, o anche la Beccaccia di mare. (C.
Scolopax: fr. la Bécasse de mer? – le Centrisque
Bécasse: ted. die Meer-schnepfe: ing. the Sea-
snipe?). – Questa specie ha il corpo tutto quanto
coperto di squame o scaglie dure, aspre e disu-
guali, sicchè riesce scabro al tatto (corpore squa-
[Seite 134] moso scabro), ed ha la coda dritta e distesa.
(Vedi Bloch. Tab. 123, Fig. 1).
È dessa indigena del nostro Mediterraneo, come
anche di parrecchi altri mari.
GENERE XIV. Singnato (Syngnathus: fr. Syn-
gnathe: ted. Syngnathus?: ing. Syngnathus?).
I Pesci di questo genere hanno il muso quasi a
foggia d’un becco subcilindrico (rostrum subcy-
lindricum), la bocca munita d’una maniera di
operculo apposito (ore operculato), e la mascella
inferiore più mobile della superiore; il corpo poi
n’è loricato tutto (corpus cataphractum), e man-
canvi affatto le pinne abdominali o ventrali.
SPECIE 1. Singnato ago, o anche l’Ago di
mare. (S. Acus: fr. l’Aiguille de mer – le Syn-
gnate aiguille: ted. die Meer-nadel – Sack-nadel:
ing. the Pipe). – Questa specie ha radiate o con-
formate a raggi, tanto le pinne della coda, quanto
anche le anali e le pettorali, e sul corpo dell’ in-
dividuo contansi bene sette angoli diversi e distinti
(corpore septem-angulato). – (Vedi Bloch Tab. 91.
Fig. 2).
È dessa indigena del così detto Mare del Nord,
del Baltico, e d’altri ancora.
SPECIE 2. Singnato Ippocampo, o anche talora
l’Ippocampo, o il Cavallo di mare. (S. Hippo-
campus: fr. le Cheval marin – l’Hippocampe: ted.
das See-pferdchen – die See-raupe: ing. the Sea-
horse). – Questa specie ha la coda quadrango-
[Seite 135] lare, mancante affatto della pinna propria (pinna
caudae quadrangulae nulla), ed ha il corpo epta-
gono, o formante sette angoli distinti, tutto quanto
coperto di tubercoli che ne rendono aspra o sca-
bra la superficie (corpore septem-angulato tuber-
culato). – (Vedi Bloch. Tab. 116, Fig. 3).
É dessa tra i Pesci una delle specie le più dis-
seminate in luoghi tra loro distantissimi, che si
conosca. I diversi suoi nomi, e soprattutto poi quelli
qui da noi riportati, che i Tedeschi gli danno,
derivano particolarmente da ciò che, mentre tutta
la parte anteriore dell’ animaletto, compresovi an-
che il collo, rammentano in piccolo assai bene le
forme della testa e del collo di un cavallo (Equus
caballus), il rimanente, o la sua parte posteriore,
ricorda più che altro la forma propria d’un bru-
co. Questo curioso Pesce, morto che sia, s’incurva
sempre alla maniera di una S, e in tale stato poi
somiglia effettivamente alla forma che d’ordinario
si suol dare al pezzo del giuoco degli Scacchi, al
quale è del pari attribuito il nome di Cavallo.
GENERE XV. Pegaso (Pegasus: fr. Pégase:
ted. Pegasus?: ing. Pegasus?). I pochi Pesci di
questo genere hanno alla bocca loro una maniera
di proboscide retrattile (os proboscide retractili);
hanno il muso conformato, quasi direbbesi, in un
becco lineare fatto alla foggia d’una spada (ro-
strum ensiforme, lineare), ed hanno il corpo tutto
quanto loricato, catafratto o vestito d’una armatura
[Seite 136] compaginata di ritagli ossei l’un coll’ altro arti-
colati (corpus articulatum osseis incisuris, cata-
phractum); le pinne ventrali poi ne riescono col-
locate precisamente alla regione dell’ abdomine
(pinnae ventrales abdominales).
SPECIE 1. ed UNICA, qui ora per noi. Pegaso
dragone, o anche talora il Dragone di mare (P.
Draconis: fr. le Dragon de mer – le Pégase Dra-
gon: ted. der See-drache: ing. the Sea-dragon?).
– Questa specie ha conico il grifo, o grugno, o bec-
co, che vogliasi dire. (Vedi Bloch. Tab. 109. Fig. 1 e 2).
È dessa indigena dell’ Indie Orientali. Le grandi,
ampie ed espanse sue pinne pettorali, contribuendo
all’ individuo l’apparenza d’aver l’ali sempre di-
stese, debbono aver dato motivo al nome di Dra-
gone che applicossi a questo Pesce.
I Pesci, tanto di quest’ Ordine terzo, quanto
degli altri tre Ordini susseguenti, cessano,
come già si è detto, dall’ essere più car-
tilaginosi, e prendono invece il nome di
spinosi o restiati (Pisces spinosi: Poissons
épineux per i Francesi), siccome quelli che
sono sempre provveduti appunto di spi-
ne, reste o lische, e ritengonsi anche il più
delle volte come i veri Pesci, o come Pesci
propriissimamente detti, e denominansi
quindi bene spesso complessivamente Pe-
sci soltanto, senza aggiunta d’altro epi-
teto od aggettivo che valga a meglio qua-
lificarli.
Comincieremo dallo intrattenerci ora qui
di quelli che, si può dire, non abbiano
quasi affatto traccia di pinne ventrali.
GENERE XVI. Murena (Muraena: fr. Mu-
réne: ted. Muräne – Aal: ing. Murene – Eel).
I Pesci di questo genere hanno sempre liscio o
glabro il capo, colle narici tubulose; si contan
loro sempre dieci raggi distinti nella membrana
[Seite 138] branchiostega (membr. branch. radiis 10.); hanno
il corpo lubrico, o sdrucciolevole fra le mani, piut-
tosto terete o inclinante alla forma cilindrica; la
loro pinna caudale vedesi formare una pinna sola
insieme colla dorsale e con quella dell’ ano, e
portano dessi i loro spiraculi, o le aperture bran-
chiali, or dietro del capo, ed ora dietro alle pinne
pettorali.
SPECIE 1. Murena elena, o anche talora sem-
plicemente l’Elena (M. Helena: fr. la Muréne
proprement dite: ted. die eigentliche Muräne:
ing. the Murene). – Questa specie manca al tutto
di pinne pettorali. (Vedi Bloch. Tab. 153).
È dessa indigena de’ mari situati ne’ climi i più
caldi, così dell’ antico, come del nuovo Continente,
e costituisce un voracissimo Pesce da preda o di
rapina.
SPECIE 2. Murena anguilla, od anche soltanto
l’Anguilla (fr. l’Anguille: ted. der eigene Aal:
ing. the Eel). – Questa specie ha la mandibola
inferiore sporgente alquanto oltre la superiore, ed
ha poi il corpo tutto quanto d’un solo colore
per di sopra. (Vedi Bloch. Tab. 73).
Comunissima tra di noi, è dessa una delle spe-
cie di Pesci fluviatili, e di maremma, le più uni-
versalmente sparse in amendue i Continenti, che
si conosca. Esce dessa talvolta anche in fra terra
per ricovrarsi nell’ erba, o tra le biade, e simili,
ed è dotata d’una forza vitale, o vogliasi dire,
[Seite 139] d’una vitalità, tenacissima, sapendosi che il cuore
estirpato o tagliato via ad un Anguilla viva, persino
dopo quarant’ ore dall’ epoca in cui ne fu staccato,
conserva ancora una parte di sua irritabilità, ed
irritato, o stimolato, rimettesi di bel nuovo in mo-
vimento. Dalle indagini le più accurate, appunto
a tale effetto recentissimamente instituite, sembre-
rebbe risultare che le anguille siano vivipare1.
GENERE XVII. Gimnoto (Gymnotus: fr. Gymno-
te: ted. Gymnote?: ing. Gymnote?). I Pesci di
questo genere hanno per caratteri, il capo con
due coperchietti laterali (caput operculis laterali-
bus), due palpi, o vogliansi dire, tentatoli al lab-
bro superiore, cinque raggi nella membrana bran-
chiostega (membr. branch. radiis 5.), ed il corpo
compresso, con una pinna per di sotto che lo rende
in certo modo carinato (corpus compressum, su-
btus pinna carinatum).
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui per noi. Gimnoto
elettrico, od anche l’Anguilla elettrica (G.
Electricus: fr. l’Anguille électrique – le Gymnote
électrique: ted. der Zitteraal – Zitterfisch – Drill-
fisch: ing. the electric Eel?). – Questa specie ha
il corpo nudo del tutto, e manca affatto di pinna
dorsale (dorso apterygio); la pinna caudale poi,
ottusissima, ne forma una sola coll’ anale. (Vedi
Bloch. Tab. 156).
È dessa indigena particolarmente al Surinam e
alla Cajenna, ove il primo che la rinvenne, e ce la
fe’ conoscere, fu Van Berkel.1 L’individuo ne per-
viene fin quasi alla lunghezza d’un uomo di sta-
tura comune2.
GENERE XVIII. Trichiuro (Trichiurus: fr. Tri-
chiure: ted. Trichiurus?: ing. Trichiure?). I Pe-
sci ascritti a questo genere hanno il capo spor-
gente all’ innanzi, e munito lateralmente d’oper-
culi, o di piccoli coperchi (caput porrectum, oper-
culis lateralibus); i denti ne sono ensiformi, o
conformati in pieno a mo’ di spade, se non che
poi terminano all’ apice, quasi direbbesi, a quel
modo in cui sogliono finire alla punta le saette,
gl’ incisori riuscendone maggiori degli altri (dentes
ensiformes, apice semisagittati: primores majores);
contanvisi sette raggi nella membrana branchio-
stega; il corpo ne riesce anche qui compresso,
ma ensiforme (corpus compresso-ensiforme), e la
coda ne è poi subulata, o fatta a foggia di lesi-
[Seite 141] na, e mancante affatto di pinna propria (cauda
subulata, aptera).
SPECIE 1. Trichiuro lepturo (T. Lepturus: fr.
le Trichiure lepture?: ted. der Trichiurus leptu-
rus?: ing. the Trichiurus lepturus?). – Questa
specie ha la mandibola inferiore sensibilmente più
allungata della superiore. (Vedi Bloch. Tab. 158).
È dessa indigena, così dell’ Indie Orientali, co-
me anche delle Occidentali.
SPECIE 2. Trichiuro Indiano (T. Indicus: fr.
le Trichiure des Indes: ted. der Indianische Tri-
chiurus?: ing. the Indian Trichiurus?). – Que-
sta specie ha le due mandibole uguali di lun-
ghezza, o terminanti al medesimo punto. (Vedi
Willoughby, App. Tab. 3, Fig. 3).
È dessa indigena dell’ Indie Orientali. Questo
Pesce è esso pure uno di quelli che rammentammo
già al § 110, colla qualificazione di Pesci elettrici.
GENERE XIX. Anarrica o anche Lupo di mare
(Anarrhichas: fr. Anarrhicas: ted. Anarrhicas –
Seewolf?: ing. Anarrhicas – Ravenous?). I pochi
Pesci di questo genere hanno il capo alquanto ot-
tuso; hanno di forma conica, e divergenti, i loro
denti incisivi, che sogliono esserne sei, od anche
più, tanto nella mandibola superiore, quanto nella
inferiore, e rotondati poi così i denti molari della
mascella inferiore, come quelli del palato; nella
membrana branchiostega contanvisi sei raggi di-
stinti; il corpo n’è inclinante alla forma terete o
[Seite 142] subcilindrica, e la pinna caudale ne sta sempre
isolata di per sè, vale a dire che non è collegata
o confusa mai coll’ altre pinne vicine.
SPECIE 1. ed UNICA qui per noi. Anarrica Lu-
po, o il Ragno, il Pesce ragno, il Lupo marino,
il Lupo di mare propriamente detto (A. Lupus:
fr. l’Anarrhicas loup – le Loup de mer pro-
prement dit: ted. der Klippfisch – Steinbeisser
– eigene Seewolf: ing. the proper Ravenous). –
Questa specie ha grandi, ampie e subrotonde le
sue pinne pettorali. (Vedi Bloch. Tab. 74).
È dessa indigena delle Coste settentrionali della
nostra Europa.
GENERE XX. Ammodite (Ammodytes: fr. Am-
modytes: ted. Ammodytes?: ing. Ammodytes?).
I Pesci di questo genere hanno compresso il capo,
il labbro superiore raddoppiato, e i denti acerosi
(dentes acerosi); nella membrana branchiostega
contanvisi sette raggi ben distinti; il corpo n’è
anche qui tendente alla forma terete o subcilindri-
ca, e la coda n’è marcatissima (cauda distincta).
SPECIE 1. ed UNICA qui per noi. Ammodite To-
biàno (A. Tobianus: fr. l’Ammodyte de Tobie
– le Poisson de Tobie: ted. der Sandfisch –
Sandaal – Tobiasfisch – Sandspier: ing. the
Sandlaunce). – Questa specie ha la mascella in-
feriore alquanto allungata in confronto colla su-
periore. (Vedi Bloch. Tab. 75. Fig. 2).
È anch’ essa, come la precedente, indigena dei
[Seite 143] mari settentrionali della nostra Europa, ed ha per
costume di grufolarsi nella sabbia delle Coste, donde
vien tratta fuori in copia grande, non meno lungo
appunto le Coste dell’ Olanda, che dell’ Inghilterra.
GENERE XXI. Ofidio (Ophidium: fr. Ophi-
dium: ted. Ophidium?: ing. Ophidium?). I Pesci
di questo genere hanno il capo, quasi direbbesi,
nudo affatto; hanno munite di denti, non solo le
due mascelle o mandibole, ma ben anche il pa-
lato e le fauci; nella membrana branchiostega,
che ne sta sempre aperta e distesa (patula), con-
tanvisi distintamente sette diversi raggi, e final-
mente il corpo ne ha quasi la figura d’una spada.
(corpus ensiforme).
SPECIE 1. ed UNICA qui per noi. Ofidio imber-
be, o anche l’Ofidio sbarbato (O. Imberbe: fr.
l’Ophidium imberbe?: ted. der Nugnoge – Fünf-
fingerfisch: ing. the Nugnog? – unbearded Ophi-
dium?). – Questa specie ha amendue le mandi-
bole sprovvedute affatto di barbigli, ed ha la coda
che termina ottusa all’ apice. (Vedi British Zoology,
App. Tab. 33).
Come il nemico il più terribile dell’ Ostriche,
frequenta dessa anche tra noi i banchi di que’ Te-
stacei, ed è non di rado accaduto di rinvenirne
qualche individuo rinserrato appunto per entro al
guscio ben chiuso d’un’ Ostrica1.
GENERE XXII. Stromateo (Stromateus: fr. Stro-
matée: ted. Stromateus?: ing. Stromateus?). I
Pesci di questo genere hanno compresso il capo;
portano munite di denti, tanto le mascelle, quanto
anche il palato; hanno il corpo di forma ovale,
largo molto, e lubrico o sdrucciolevole, e la coda
finalmente n’è bifida o bipartita.
SPECIE 1. ed UNICA, qui per noi. Stromateo Pa-
ru, o anche semplicemente il Paru (S. Paru: fr. le
Paru: ted. der Paru: ing. the Paru). – Questa
specie è tutta quanta di uno stesso colore. (Vedi
Bloch. Tab. 160).
È dessa indigena unicamente del nuovo Con-
tinente.
GENERE XXIII. Xifia (Xiphias: fr. Xiphias:
ted. Xiphias: ing. Xiphias). I Pesci di questo ge-
nere hanno la testa che termina in una maniera
di grugno, di rostro o di prolungamento ensifor-
me, o a foggia di spada, formato unicamente
dalla mascella superiore; la bocca ne riesce sden-
tata affatto; nella membrana branchiostega contan-
visi sempre otto raggi distinti, e il corpo alepi-
doto, o senza squame, ne riesce di forma piut-
tosto terete, od inclinante quasi alla cilindrica.
SPECIE 1. ed UNICA qui per noi. Pesce Spada,
o anche la Spada di mare, e meglio poi ancora
il Xifia gladio (X. Gladius: fr. l’Epée de mer –
l’Empereur – l’Espadon: ted. der Schwertfisch –
Hornfisch: ing. the Sword-fish – Whale-killer).
[Seite 145] – Questa specie ha la mandibola inferiore acuta,
e di forma triangolare. (Vedi Bloch. Tab. 76).
È dessa indigena de’ nostri mari Europei, e lo
è tanto de’ mari settentrionali, quant’ anche degli
australi o meridionali; compresa la così detta sua
spada, l’individuo può pervenirne fino alla lunghez-
za totale di diciotto piedi, e pesare allora fin oltre a
cinque quintali; la carne ne riesce realmente squi-
sita e saporitissima. Questo Pesce costituisce sem-
pre una ricca, e bene importante preda, soprat-
tutto pe’ pescatori Calabresi e Siciliani1.
GENERE XXIV. Leptocefalo (Leptocephalus:
fr. Leptocèphale; ted. Leptocephalus? ing. Le-
ptocephalus?). I Pesci di questo genere hanno il
capo picciolissimo, quasi direbbesi, esile; il corpo
ne riesce lunghetto, e sommamente compresso od
assottigliato (corpus elongatum, tenuissime com-
pressum), e le pinne pettorali ne sono minute
molto.
SPECIE 1. ed UNICA qui ora per noi. Lepto-
cefalo di Morris (L. Morrisii: fr. le Leptocé-
phale de Morris: ted. der Morris-Leptocephalus:
ing. the Leptocephalus of Morris). – I caratteri
del genere servono qui anche per la specie, che
n’è l’unica. (Vedi Leach’s Zoolog. Miscell. Vol. III,
Tab. 126).
È dessa indigena delle coste d’Inghilterra, e
presentasi in forma di sottile fettuccia o di na-
stricino trasparente1.
I Pesci di quest’ Ordine hanno le natatoje
abdominali, o le pinne ventrali poste al-
l’ innanzi delle pinne pettorali.
GENERE XXV. Callionimo (Callionymus: fr.
Callionyme: ted. Callionymus?: ing. Callionymus?).
I Pesci spettanti a questo genere hanno alla bocca
raddoppiato il labbro superiore, e gli occhi l’uno
all’ altro avvicinati assai; nella loro membrana
branchiostega contansi distintamente sei raggi; han-
no alla nuca un’ apertura, alla quale corrispondono
alcuni buchi inservienti alla respirazione; gli oper-
culi ne sono chiusi; il corpo n’è nudo affatto, e
finalmente le pinne ventrali ne sono situate l’una
a grande distanza dall’ altra.
SPECIE 1. ed UNICA qui per noi. Callionimo
lira, o anche semplicemente la Lira (C. Lyra:
fr. le Lacert: ted. der Callionymus Lyra?: ing.
the Piper). – Questa specie ha lunghi quanto
è lungo tutto quanto l’individuo, i raggi della
prima pinna dorsale, posta più da presso al capo.
(Vedi Bloch. Tab. 161).
È dessa indigena dell’ Oceano Atlantico.
[Seite 148]GENERE XXVI. Uranoscopo (Uranoscopia: fr.
Uranoscope: ted. Sternseher: ing. Star-gazer). I
Pesci spettanti a questo genere hanno il capo de-
presso, o come chi dicesse, schiacciato d’alto in
basso, scabro od aspro al tatto, e più volumi-
noso di quello che non sialo tutto il rimanente
del corpo dell’ individuo (caput depressum, sca-
brum, majus); la bocca ne riesce camusa (os si-
mum); la mandibola superiore ne riesce alquanto
più breve dell’ inferiore; nella membrana bran-
chiostega contanvisi cinque raggi distinti e l’ano
ne è situato nel bel mezzo (anus in medio).
SPECIE 1. ed UNICA qui per noi. Uranoscopo
scabro (U. Scaber: fr. le Boeuf – l’Uranoscope
boeuf: ted. der eigentliche Sternseher: ing. the
proper Star-gazer). – Questa specie ha guernita
di copiosi cirri o barbigli la mandibola inferiore.
(Vedi Bloch. Tab. 163).
È dessa soprattutto frequentissima nel nostro
mare Mediterraneo.
GENERE XXVII. Trachino (Trachinus: fr. Tra-
chine: ted. Trachinus?: ing. Trachinus?) I Pe-
sci di questo genere hanno il capo alcun poco
scabro od aspro al tatto, e compresso; nella mem-
brana branchiostega contanvisi sei raggi distinti,
e il foro dell’ ano n’è posto presso al petto.
SPECIE 1. ed anzi UNICA. Trachino dragone,
o anche il Drago di mare (T. Draco: fr. la Vi-
ve: ted. das Petermännchen: ing. the Wever
[Seite 149] – Stingfish). – Qui pure i caratteri del genere
tengono luogo di que’ della specie, ch’ è sola. (Vedi
Bloch. Tab. 61).
È dessa indigena, non meno del nostro Medi-
terraneo, che del così detto mar del Norte, e an-
che di parecchi altri mari.
GENERE XXVIII. Gado (Gadus: fr. Gade: ted.
Gadde: ing. Gadus?). I Pesci di questo genere
hanno il corpo liscio o glabro; contansi sette raggi
tereti nella loro membrana branchiostega; hanno
le pinne rivestite d’una cute, analoga a quella che
serve d’integumento universale a tutto il rima-
nente del corpo loro, e le pinne pettorali ne
riescono acuminate, ossia terminanti quasi in una
punta.
SPECIE 1. Merluzzo, o l’Asello vero, od anche
volgarmente il Baccalà, ma meglio poi il Gado
eglefino (G. Aeglefinus: fr. le Merluche ted. der
Schellfisch: ing. the Haddock). – Questa specie
è tripterigia (tripterygius), vale a dire è munita di
tre distinte pinne, od alette, disposte sul principio
della schiena, e presso all’ inserzione del capo nel
tronco, in modo da farne apparire l’individuo for-
nito appunto di tre ali; porta alcuni barbigli in
forma di cirri o palpi intorno alla bocca; ha la
mandibola superiore più lunga di quello che non
sialo la inferiore; riesce in complesso di colore
bianchiccio, ed ha, come divisa in due lobi, la
coda. (Vedi Bloch. Tab. 62).
È dessa indigena di tutti i mari che bagnano
le coste settentrionali della nostra Europa, ma
principalmente poi di quelle parti che ne corri-
spondono al Nord dell’ Inghilterra e della Sco-
zia. – Molti sono i Pesci che, concorrendovi certe
speciali circostanze, morti che sono, fosforeggiano
o diffondono all’ intorno di sè una luce fosforica,
ma in quelli di questa specie si è osservato che
un tale fenomeno riesce tal volta d’una intensità
affatto sorprendente, e di lunghissima durata1.
SPECIE 2. Callaria, o il Narvaga, e meglio
poi il Gado Callaria (G. Callarias: fr. le Cal-
larias: ted. der Dorsch: ing. the Callarias?).
– Questa specie è tripterigia essa pure, come la
precedente; ha munita anch’ essa di cirri la bocca,
colla mascella superiore più lunga dell’ inferiore,
ma riesce poi variegata di colore, ed ha intiera,
e non mai bilobata, la coda. (Vedi Bloch. Tab. 63).
È dessa, generalmente parlando, indigena delle
medesime località già accennate come proprie della
specie precedente.
SPECIE 3. Morva, o anche l’Asello, il Nasello
e più trivialmente anch’ essa il Baccalà, ma me-
glio poi il Gado morrua (G. Morrhua – già prima
Asellus: fr. la Morue: ted. der Kabeljau – Stein-
[Seite 151] fisch: ing. the Codfish: e per le nazioni, che ne
attendono alla pesca in grande, Baccaljao). –
Questa specie è pur dessa, come le due preceden-
ti, tripterigia, e munita di cirri o barbigli alla bocca;
ma ha poi la coda quasi non scissa affatto (cauda
subaequali), ed ha terminante in una spina il
primo raggio della sua pinna anale (radio primo
anali spinoso). (Vedi Bloch. Tab. 64).
Sotto questi medesimi nomi comuni, qui sopra
accennati, di Morrua, e altri, sogliono generalmente
comprendersi parecchie specie affini tra di loro,
ed attenenti sempre al genere Gado, le quali,
tanto a motivo dell’ indicibile quantità che se ne
piglia a un tratto, quanto a motivo delle diverse
preparazioni alle quali vengono sottomesse, per ri-
durle, come suol dirsi, ora in Merluzzo di com-
mercio propriamente detto, o Stoccofisso (Stock-
fisch), ora in Baccalà (Laberdan – Labberdan
– Klippfisch), e così via discorrendo, e conser-
varle così assai lungamente, sono oggimai dive-
nute tutte d’una somma importanza. Tali varie
specie di Pesci rinvengonsi principalmente nelle
regioni settentrionali, così dell’ Oceano Pacifico,
come del mare Atlantico, dove, ma soprattutto
poi presso alle coste della Terra di Labrador,
nelle vicinanze del grande banco di Terra Nova,
ne’ dintorni dell’ Islanda, e talora perfino in poca
distanza dalle coste le più settentrionali dell’ Isole
componenti il Regno Europeo della Gran Bret-
[Seite 152] tagna, formano l’oggetto precipuo d’una impor-
tantissima pesca1.
SPECIE 4. Merlano, o il Merlango, e meglio
ancora il Gado merlango (G. Merlangus: fr. le
Merlan: ted. der Witling – eigentliche Gadde:
ing. the Whiting). – Questa specie è anch’ essa
tripterigia al pari delle precedenti, ma non ha poi
munita di cirri o di barbigli la bocca; ha più lunga
dell’ inferiore la mascella superiore, e riesce di
colore più bianco che nol siano le specie sopra
citate. (Vedi Bloch. Tab. 65).
Rinviensi dessa a bastanza frequentemente nei
nostri mari Europei.
SPECIE 5. Lota, complessivamente i Gavonchj,
ma meglio poi il Gado lota (G. Lota: fr. la
Lote: ted. die Quappe – Drusche – Rutte –
Aalraupe – Aalputte: ing. the Burbot). –
Questa specie è soltanto dipterigia, vale a dire,
non ha se non soltanto due natatoje disposte a
modo d’ali; ha munita di cirri o barbigli la boc-
ca, ed ha amendue le mandibole d’una mede-
sima lunghezza. (Vedi Bloch. Tab. 70).
È dessa frequente, più che altrove, ne’ Laghi
della Svizzera, e costituisce uno de’ Pesci i più
squisiti che conoscansi in Germania.
GENERE XXIX. Blennio (Blennius: fr. Blen-
[Seite 153] nius – Percepierre?: ted. Schleimfisch: ing. Blen-
nius?). I pochi Pesci di questo genere, circa ai
quali accenneremo qui un esempio solo, hanno il
capo declive, e coperto; nella loro membrana
branchiostega contansi sei raggi distinti; il corpo
n’è di forma lanceolata, o avente una figura che
rammenta, più che altro, una lancetta, ed hanno poi
ben marcata e distinta una pinna anale propria-
mente detta.
SPECIE 1. ed anzi UNICA, qui per noi. Blen-
nio viviparo, o anche volgarmente la Madre delle
Anguille (B. Viviparus: fr. le Blennius vivipa-
re? – le Percepierre vivipare? – e vulgo poi
la Mère d’Anguilles: ted. die Aalmutter: ing.
the vivipare Blennius?). – Questa specie porta
ornata la bocca di due palpi o tentacoli. (Vedi
Bloch. Tab. 72).
È dessa frequente a bastanza nel nostro mare
Mediterraneo, ma rinviensi anche nel mare del
Norte, e in parecchi altri. Invece di metter giù le
ova, essa partorisce i figli vivi.
I Pesci di quest’ Ordine hanno le pinne, o
natatoje ventrali, poste immediatamente
al di sotto delle pettorali.
GENERE XXX. Cepola (Cepola: fr. Cépole:
ted. Cepola?: ing. Cepola?). I Pesci appartenenti
a questo genere hanno il capo subrotondo e com-
presso, la bocca camusa (os simum), i denti cur-
vi, e disposti tutti in una serie sola; contansi loro
sei raggi nella membrana branchiostega; il corpo
ne suol essere nudo ed ensiforme, o conformato
alla maniera d’una lama di spada piatta, e l’ab-
domine n’è lungo a pena quanto il loro capo.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Tenia, o anche il Nastro, la Fettuccia, o il
Pesce bindello, ma meglio ancora la Cepola te-
nia (C. Taenia: fr. le Ruban: ted. der Band-
fisch: ing. the Ribbonfìsh?). – Questa specie ha
sottilissima la pinna della coda, o il capo som-
mamente ottuso. (Vedi Bloch. Tab. 170).
È dessa indigena, e anzi comune molto, nel no-
stro mare Mediterraneo.
GENERE XXXI. Echeneide (Echeneis: fr. Eché-
neis: ted. Echeneis?: ing. Echeneis?). I Pesci atte-
nenti a questo genere non molto numeroso, hanno
depresso il capo, per di sopra piano e marginato,
ma solcato poi in traverso; contansi loro distinta-
mente dieci raggi nella membrana branchiostega.
SPECIE 1. ed UNICA qui ora per noi. Remora,
o il Riccio marino propriamente detto, o meglio
ancora l’Echeneide, o l’Echeneide remora (E. Re-
mora: fr. le Sucet: ted. der Saugefisch: ing. the
Remora? – sucking Fish). – Questa specie ha
biforcuta la coda, e porta sul capo diciotto strie
o solchi. (Vedi Abbildungen ec. Tab. 78).
È dessa indigena di tutti quanti i mari situati,
come il nostro Mediterraneo, in climi temperati.
Questo stranissimo animale può, col mezzo de’ sol-
chi che porta in traverso sulla parte posteriore
della sua testa, attaccarsi saldissimamente, ora ai
bastimenti, ora agli Squali o Pesci-cane, o a quante
si voglia altre cose o animali, e quindi debb’ es-
serne derivata la già ab antiquo invalsa favola,
che anche una sola Remora abbia il potere di
soffermare in viaggio un vascello, che già si tro-
vasse in pieno corso, e procedente a gonfie vele.
GENERE XXXII. Corifena (Coryphaena: fr. Co-
ryphéne: ted. Coryphän: ing. Coryphaena?) I Pe-
sci spettanti a questo genere hanno il capo, ad un
tempo declive, e quasi come troncato (caput trun-
cato-declive); contansi loro cinque raggi nella mem-
[Seite 156] brana branchiostega, e la pinna dorsale ne occu-
pa tutta quanta appunto la lunghezza del dorso.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi. Ippuro,
o anche talora la Dorada, ma non già dorata, o
il Delfino americano, ma meglio poi la Corifena
ippuro (C. Hippurus: fr. la Dorade: ted. der
Goldkarpfe: ing. the Dolphin). – Questa specie
ha bifida la coda, e le si contano ben da sessanta
raggi nella pinna dorsale. (Vedi Bloch. Tab. 174).
È dessa indigena dell’ Oceano Atlantico, e l’in-
dividuo ne offre un Pesce veramente bello e ma-
gnifico, che poi, soprattutto nell’ atto di morire,
sfoggia un superbo giuoco di colori che dal giallo
volgono, ora al turchino, ed ora al rosso cremisi
o al color di porpora, ed a così fatti altri ancora.
GENERE XXXIII. Gobio (Gobius: fr. Gobie:
ted. Gobius?: ing. Gobius?). I pochi Pesci di
questo genere hanno sul capo, tra i loro due oc-
chi approssimati o ravvicinati, due pori, l’uno
de’ quali posto più innanzi dell’ altro; contansi
loro quattro soli raggi nella membrana branchio-
stega, e le loro pinne ventrali riescono insieme
riunite in una sola, che ne piglia la forma ovale.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi. Gobio,
o il Gobbio nero (G. Niger: fr. le Boulereau? –
le Gobie noir: ted. der Meergrundel: ing. the
black Gobius? – Questa specie ha la seconda pin-
na dorsale sostenuta da quattordici raggi (Vedi
Bloch. Tab. 38. Fig. 1, 2 e 5).
È dessa indigena, così del nostro Mediterraneo,
come anche dell’ Oceano Indiano.
GENERE XXXIV. Cotto, Ghiozzo, o Chiozzo
(Cottus: fr. Cotte – Chabot: ted. Cottus? – Gropp?:
ing. Cottus?). I Pesci di questo genere sogliono
aver sempre il capo armato di spini, e più largo
od ampio di quel che non sialo tutto quanto il
loro corpo; nella loro membrana branchiostega
poi contansi da sei raggi.
SPECIE 1. Ghiozzo loricato, o il Fondolo,
la Fondo la, e meglio ancora il Cotto catafrat-
to (C. Cataphractus: fr. le Chabot cuirassé: ted.
der Knurrhahn – Steinpicker: ing. the Pogge).
– Questa specie ha il corpo tutto quanto lori-
cato o, come chi dicesse, rivestito di una partico-
lare armatura; porta sul suo grugno, allungato
a foggia di becco, alcune verruche o porri bifi-
di, ed ha il capo per di sotto ornato di cirri o bar-
bigli. (Vedi Bloch. Tab. 38. Fig. 3 e 4).
È dessa indigena, tanto lungo le nostre coste
settentrionali d’Europa, quant’ anche presso le
settentrionali del nuovo Continente.
SPECIE 2. Ghiozzo gobio, o il Gobbione, il
Pesce cazzuola, il Capigrosso comune, il vero
Gobbio fluviatile, e meglio il Cotto gobio (C.
Gobio: fr. le Chabot: ted. der Kaulkopf – Rotz-
kolbe – eigentliche Gropp – Kruppe: ing. the
Bull-head – Miller’s thumb). – Quest’ altra spe-
cie ha nudo, e liscio affatto o glabro il corpo, col
[Seite 158] capo armato di due spine soltanto. (Vedi Bloch.
Tab. 38. Fig. 1 e 2, nelle quali sembra aver egli confuso
questa, colla specie da noi indicata pel genere precedente.)
È dessa comunissima ne’ fiumi della nostra Euro-
pa. Le femine di questa specie sogliono deporre
il fregolo, o l’ova loro, in una buca nel terreno,
e farne guardia diligentissima finchè n’escano tutti
quanti i Pesciolini.
GENERE XXXV. Scorpena (Scorpaena: fr. Scor-
péne: ted. Skorpäne?: ing. Scorpaena?). I Pesci
di questo genere hanno grande assai la testa, ed
armata d’aculei; hanno gli occhi vicinissimi l’uno
all’ altro; hanno munite di denti, non solo le due
mascelle, ma ben anco il palato e le fauci, e con-
tansi loro nella membrana branchiostega sette di-
stinti raggi.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui per noi. Scor-
pena orribile (S. Horrida: fr. la Scorpéne hor-
rible: ted. die shreckliche Skorpäne?: ing. the
horrible Scorpaena?). – Questa specie è tutta
quanta tempestata di tubercoli callosi. (Vedi Bloch.
Tab. 183).
È dessa propriamente indigena de’ mari lam-
benti l’Indie Orientali.
GENERE XXXVI. Zeo (Zeus: fr. Zée: ted.
Zeus?: ing. Zeus?). I Pesci ascritti a questo ge-
nere hanno il capo ad un tempo compresso e
declive: il labbro superiore n’è reso incurvato a
foggia di volta (labrum ......... fornicatum), mercè
[Seite 159] d’una membrana postavi in traverso; la lingua
n’è subulata o lesiniforme, nella loro membrana
branchiostega contansi sette raggi, perpendicolari
tutti, a meno dell’ inferiore che ne riesce situato
in traverso, e finalmente il corpo n’è compresso.
SPECIE 1. Zeo vomere (Z. Vomer: fr. le Zée
soc?: ted. der Pflugschar-Zeus?: ing. the silvery
Dory). – Questa specie ha biforcuta la coda, e
porta poi una spina rivolta all’ indietro (spina ......
recumbente), situata all’ innanzi della pinna anale,
e anche della dorsale. (Vedi Bloch. Tab. 139).
SPECIE 2. Zeo fabbro (Z. Faber: fr. le Zée
forgeron?: ted. der schmid-Zeus?: ing. the Do-
ree – Dory). – Quest’ altra specie ha rotondata
la coda; porta circa alla metà delle sue parti la-
terali una macchia bruno-fosca, conformata alla
maniera d’un occhio, ed è munita di due distinte
pinne anali. (Vedi Bloch. Tab. 41).
Amendue queste specie di Zeo rinvengonsi
indigene, più che altrove, nell’ Oceano Atlantico.
GENERE XXXVII. Pleuronette, o Sogliola, So-
glia, o Passero di mare, o anche Sfoglia o Sfo-
glio (Pleuronectes: fr. Pleuronecte – Sole: ted.
Butte – Scholle – Halbfisch: ing. Flounder).
I Pesci di questo genere hanno costantemente
amendue gli occhi loro situati sul medesimo lato
della fronte; nella loro membrana branchiostega
contansi da quattro fino a sette raggi; il corpo
ne è estremamente compresso od assottigliato
[Seite 160] quasi direbbesi, laminare, rappresentandone una
faccia piana il dorso, e l’opposta l’abdomine.
Questi Pleuronetti, o queste così dette Sfoglie,
sono gli unici animali che portino amendue gli
occhi situati sulla medesima parte laterale della
testa; ve n’ ha alcune specie che li hanno im-
piantati nella parte loro destra, mentre altre ve
n’ ha che li portano alla sinistra; nè succede se
non sommamente di rado l’avvenirsi tra essi in
mostri che, in modo anomalo affatto, abbiano gli
occhi impiantati nella parte opposta a quella in
cui realmente dovrebbono averli, in ragione della
specie a cui appartengono, o dalla quale derivano;
le narici ne sono del pari situate amendue della
stessa parte, ma a sghembo. Così fatti Pesci nuo-
tano, o guizzano, sempre sostenendosi nell’ acqua
in una posizione alquanto obbliqua, ma presentano
costantemente al di sopra la parte ove tengono
i due occhi.
SPECIE 1. Platessa, o il Pesce passero, o
anche il vero Passero di mare, o la Sogliola,
ma meglio poi il Pleuronette platessa (P. Pla-
tessa – già un tempo Passer: fr. la Plie: ted. die
Scholle – Plateis – Goldbutte: ing. the Plaise).
– Questa specie porta i suoi due occhi a mano
destra; ha il corpo liscio affatto o glabro, con
sei tubercoli o porri sul capo. (Vedi Bloch. Tab. 42).
È dessa indigena, com’ eziandio le specie sus-
seguenti, dell’ Adriatico, del Mediterraneo, e di
[Seite 161] altri mari ancora, ma soprattutto poi de’ mari set-
tentrionali.
SPECIE 2. Fleso, o la Sfoglia propriamente
detta, e meglio ancora il Pleuronette fleso (P.
Flesus: fr. le Flet?: ted. der Flünder: ing. the
proper Flounder). – Questa specie ha anch’ essa
i suoi due occhi sulla parte destra del capo, e
porta poi inoltre lateralmente una linea aspra, colle
pinne armate di picciole spine o d’aculei. (Vedi
Bloch. Tab. 44).
SPECIE 3. Limanda, o la Lima, e meglio poi
il Pleuronette limanda (P. Limando: fr. la Li-
manda?: ted. die Glahrke – Kliesche: ing. the
Dab). – Questa specie ha essa pure gli occhi a
mano dritta; è guernita di squame cigliate; porta
alcuni aculei, o picciole spine, alla radice tanto
della sua pinna dorsale, quanto dell’ anale, ed
ha ottusi i denti. (Vedi Bloch. Tab. 46).
SPECIE 4. Ippoglosso, o la Lingua cavallina, e
meglio poi il Pleuronette ippoglosso (P. Hippo-
glossus: fr. le Fletang: ted. die Heiligbutte: ing.
the Holibut). – Questa specie che ha pur sempre
gli occhi situati alla destra, ha poi il corpo tutto
quanto nudo e affatto glabro. (Vedi Bloch. Tab. 47).
Dessa giugne talora a tanto volume da pesare
fin oltre a quattro quintali, e rinviensi, oltre a
diverse altre località, anche presso di noi in gran-
dissima copia, segnatamente nelle regioni setten-
trionali dell’ Oceano Pacifico.
SPECIE 5. Pleuronette massimo, o la grande
Sogliola, o anche il Soglione, o lo Sfoglione
(P. Maximus: le Turbot: ted. die Steinbutte:
ing. the Turbot). – Questa specie ha i due occhi
impiantati alla sinistra della fronte, ed ha il corpo
ruvido od aspro. (Vedi Bloch. Tab. 49).
È dessa indigena delle località proprie eziandio
delle precedenti specie, ed offre, anche tra di noi,
uno de’ Pesci i più saporiti che si conoscano. A
malgrado dell’ epiteto attribuitogli di massimo, è
lunge assai che l’individuo ne giunga mai, nè alla
mole, nè al peso, a’ quali dicemmo pervenir fa-
cilmente l’Ippoglosso.
GENERE XXXVIII. Chetodonte (Chaetodon:
fr. Chétodon: ted. Chätodon?: ing. Chetodon?).
I Pesci appartenenti a questo genere hanno, al-
meno il più delle volte, i denti a foggia di setole
(dentes setacei), pieghevoli o flessibili, numero-
sissimi, e stipati molto o aderentissimi gli uni agli
altri (confertissimi); contansi loro sei raggi nella
membrana branchiostega; il corpo ne riesce, quasi
direbbesi, dipinto, e la pinna del dorso e dell’ ano
n’è ad un tempo carnosa e squamosa.
SPECIE 1. Chetodonte rostrato, o il Pesce por-
co (C. Rostratus: fr. le Chétodon à bec: ted. der
Schnabelchätodon?: ing. the beacked Chetodon?).
– Questa specie ha la coda intiera, non scissa, o
non fessa, col grifo conformato a foggia di becco
cilindrico; nella pinna dorsale contanlesi nove spi-
[Seite 163] ne, con inoltre una macchia a foggia d’occhio.
(Vedi Bloch. Tab. 202).
È dessa indigena particolarmente de’ mari che
bagnano le Indie orientali. La mascella superiore
ne termina in una maniera di tubo, per mezzo
del quale l’animale, spruzzando destramente l’a-
cqua all’ insù, ne inviluppa gl’ Insetti che se ne
stanno vagando su per le cime d’ogni sorta di
piante marine, a tale che, cadendo, vengono poi
a servirgli di cibo.
SPECIE 2. Chetodonte macrolepidoto (C. Ma-
crolepidotus: fr. le Chétodon macrolépidote: ted.
der grosschuppichte Chätodon?: ing. the great
scaly Chetodon?). – Questa specie ha essa pure
intiera affatto, o non fessa, nè scissa, la coda;
contanglisi undici spine in sul dorso, ed ha il
quarto raggio dorsale lunghissimo e affatto filiforme.
(Vedi Bloch. Tab. 200).
GENERE XXXIX. Sparo, od Ombra (Sparus: fr.
Spare: ted. Brachse: ing. Spare?). I Pesci spettanti
a questo genere hanno sempre robusti molto i denti
incisivi, ed ottusi poi, ma ristretti e stipatissimi
insieme (confertissimi), i denti molari; le labbra
ne sono semplici; contansi loro cinque raggi nella
membrana branchiostega; il corpo ne riesce com-
presso, e le pinne pettorali ne sono acuminate.
SPECIE 1. Dorata, o anche l’Orata, o lo Sparo
dorato (S. Aurata: fr. le Spare dorade – e
talora, ma a torto, la Dorade: ted. der Goldbra-
[Seite 164] chsen: ing. the gold-Spar? – Dorade? – gilt-
Head?). – Questa specie porta come caratteristica
una lunula, o piuttosto una mezzaluna d’uno splen-
dido color d’oro nello spazio che le sta fra gli
occhi. (Vedi Bloch. Tab. 266).
È dessa indigena, così del nostro Mediterraneo
com’ anche dell’ Oceano Atlantico. Quasi in tutte
quante le lingue questo bel Pesce ottenne un nome
indicante appunto quella mezzaluna del color del-
l’ oro, che gli sta fra gli occhi.
SPECIE 2. Sargo, o meglio poi ancora lo Sparo
Sargo (S. Sargus: fr. le Sargus – le Sarguet?
– le Spare sargus: ted. der Greissbrachsen:
ing. the Sargus-spare?). – Questa specie ha al
di sotto della coda una macchia conformata a modo
d’uno di quelli che diconsi occhi di Pavone (ocello
subcadali), ed ha poi sul corpo diverse fascie
nere. (Vedi Bloch. Tab. 264).
È dessa indigena del mare Mediterraneo. Si
pretende che, quando sono in frega, i maschi di
questa specie sostengano, gli uni contro gli altri,
assalti fierissimi, ed accaniti combattimenti per la
possessione delle loro femine, a quel modo che
usano di fare talora i maschi d’alcune specie di
mammiferi, ed anche d’uccelli.
SPECIE 3. Pagro, o il Sargo granchiforme, o
anche il Sargo di mare, e meglio poi il Sargo
Pagro (S. Pagrus: fr. le Pagre?: ted. der See-
brachsen: ing. the common red Sea-spare?). –
[Seite 165] Questa specie riesce di colore rossiccio, ed ha poi
l’integumento cutaneo prolungato in maniera da
formare, quasi direbbesi, un seno, tanto alla ra-
dice delle pinne dorsali, quant’ anche alla radice
delle pinne dell’ ano (cute ad radicem pinna-
rum dorsi et ani in sinum producta). (Vedi Bloch.
Tab. 267).
È dessa una delle specie di Pesci le più uni-
versalmente diffuse per tutti quasi i mari, e rie-
sce qualche volta velenosa.
GENERE LX. Labro (Labrus: fr. Labre: ted.
Lippfisch: ing. Labrus? – Lipfish?). I Pesci spet-
tanti a questo genere hanno sempre i denti acuti
molto, e grandi e raddoppiate le labbra; nella
membrana branchiostega contansi loro sei raggi;
quelli della pinna dorsale ne sono posteriormen-
te cresciuti da una tal quale rastiatura filifor-
me (pinnae dorsalis radii postice ramento fili-
formi aucti), e le pinne pettorali ne sono arro-
tondate.
SPECIE 1. ed UNICA qui ora per noi. Julide,
e per taluno anche la Girella, ma meglio poi il
Labro julide (L. Julis: fr. la Girelle? – la Don-
zelle? – le Poisson demoiselle? – le Poisson gour-
mand?: ted. der Meerjunker: ing. the Julis-lip-
fish?). – Questa specie ha le sue parti laterali di
un colore che volge alcun poco al ceruleo o al
turchiniccio, e porta poi per lo lungo una fascia
o una benda di color fulvo, dentata tanto dal-
[Seite 166] l’ una, quanto dall’ altra parta (vitta longitudinali
fulva utrimque dentata). (Vedi Bloch. Tab. 287).
È dessa indigena propriamente del nostro mare
Mediterraneo; non suol essere più lunga di un
dito; i colori ond’ è dipinta, riescono gradevo-
lissimi, ma tormenta poi assai, colle sue morsica-
ture reiterate, le persone, che bagnansi nell’ acque
ov’ è abbondante.
GENERE XLI. Sciena, od anche Ombra di mare
(Sciaena: fr. Sciéne: ted. Sciäne?: ing. Sciene?).
I non molti Pesci componenti questo genere, hanno
il capo tutto quanto coperto di squame; nella
loro membrana branchiostega contansi sei raggi,
e gli operculi branchiali ne sono anch’ essi squa-
mosi; quanto poi al loro corpo, è da rimarcarsi una
fossetta sul dorso, destinata all’ uso di nascondervi,
o ripararvi la pinna dorsale.
SPECIE 1. ed anzi UNICA ora qui per noi.
Ombra nera di mare, o meglio ancora la Sciena
nera (S. Nigra: fr. l’Ombre noire? – la Sciéne
noire: ted. die schwarze Sciäne?: ing. the black
Sciene?). Questa specie è tutta quanta di color
nero, a meno del ventre che ne riesce di color
fosco, inclinante alcun poco al bianchiccio. (Vedi
Bloch. Tab. 237).
È dessa indigena, insieme con molte altre specie
analoghe, e tutte spettanti a questo medesimo ge-
nere, particolarmente del Mar Rosso.
GENERE XLII. Perca, o anche Pesce Persico
[Seite 167] (Perca: fr. Perche: ted. Barsch: ing. Perch).
I Pesci spettanti a questo genere hanno gli oper-
culi branchiali spinosi, e nella parte anteriore ser-
rati, o guerniti di minuti denti, a foggia di quelli
che costituiscono il tagliente d’una sega; nella
loro membrana branchiostega contansi sette raggi;
le pinne ne sono tutte quante spinose; hanno
poi essi, oltre a ciò, anche ad ambo i lati del corpo
una linea curva, che ne segue la curvatura del
dorso (linea lateralis cum dorso arcuata).
SPECIE 1. Pesce persico di fiume, o meglio poi
la Perca fluviatile (P. Fluviatilis: fr. la Perche
proprement dite: ted. der eigentliche Barsch: ing.
the proper Perch – river-Perch). – Questa spe-
cie ha le sue pinne dorsali ben saparate e di-
stinte, e nella seconda contanlesi fino a sedici
raggi (Vedi Bloch. Tab. 52).
È dessa indigena, non solo nell’ acque dolci di
tutta quanta l’Europa, ma ben anche di quelle
dell’ Asia settentrionale.
SPECIE 2. Luccio-persico, o la Lucioperca, e
meglio ancora la Perca lucioperca (P. Lucioper-
ca: fr. le Sandal – le Sandat: ted. der Zander –
Sandbarsh – Schiel – Zanner? – Zannerbarsch?:
ing. Pike-perch? – Lucio-perca?). – Questa spe-
cie ha anch’ essa ben distinte, e separale l’una dal-
l’ altra, le sue pinne dorsali, nella seconda delle
quali contansi ventitre raggi. (Vedi Bloch. Tab. 51).
È dessa indigena, insieme colla specie seguente,
[Seite 168] in particolare delle acque dolci che scorrono lungo
le regioni settentrionali della nostra Europa, ove
questa specie soprattutto riesce di squisitissimo e
delicato sapore, sebbene il migliore di tutti quanti
i Lucioperca sia senza dubbio quello che si piglia
nel lago Balatona (Plattensee) nell’ Ungheria. A
riguardo della grossezza o della mole a cui per-
viene, distinguesi, fra gli altri Lucioperca, quello
del Danubio.
SPECIE 3. Perca dal capo chino, o anche la
Perca minuta, o il picciolo Pesce persico, ma
meglio poi la Perca cernua (P. Cernua: fr. le
Post? – la petite Perche de riviére? ted. der Kaul-
barsch: ing. the Ruffe). – Questa specie ha riu-
nite insieme le sue pinne dorsali, nelle quali con-
tansi complessivamente ventisette raggi, con quin-
dici spine od aculei; la coda n’ è bifida. (Vedi
Bloch. Tab. 53. Fig. 2).
GENERE XLIII. Gasterosteo, o Spinello (Gaste-
rosteus: fr. le Gasterostée – Épinoche: ted. Gaste-
rosteus? – Stichling: ing. Gasterosteus?). A’ pochi
Pesci in questo genere racchiusi contansi tre soli
raggi nella membrana branchiostega; il corpo in
vicinanza della coda ne riesce d’ambe le parti
carinato (corpus ad caudam utrimque carinatum),
e le pinne ventrali ne sono poste al di dietro
delle pettorali, ma però al di sopra dello sterno.
SPECIE 1. Spinello, o Pesce spinello, o anche
la Spinarella, ma meglio poi il Gasterosteo acu-
[Seite 169] leato (G. Aculeatus – altre volte già Spinarella:
fr. l’Épinoche proprement dite – le Gasterostée à
trois èpines?: ted. der eigentliche Stichling: ing.
the Stickleback). – Questa specie porta tre spine,
o tre aculei caratteristici, sopra la schiena. (Vedi
Bloch. Tab. 53. Fig. 3).
È dessa indigena della nostra Europa, e quasi
non vien mai adoperata ad altro uso, fuorchè sol-
tanto per darla da mangiare a’ majali o a’ porci
perchè ingrassino più presto, o distribuendola a
foggia di concime o di letame, ond’ ingrassarne i
campi coltivati.
SPECIE 2. Pilota, o il Gasterosteo piloto, o
meglio ancora il Gasterosteo conduttore (G.
Ductor: fr. le Pilote: ted. der Lootsmann: ing.
the Pilot-fish). – Questa specie ha per caratteri
speciali quattro spine in sul dorso (spinis dorsa-
libus 4), e sette raggi distinti nella membrana
branchiostega.
L’individuo n’è un Pesce assai picciolo, ma
decantato poi, ed anzi famosissimo, come il co-
stante compagno, o il precursore, del terribile
Pescecane, o Squalo (Squalus carcharias), e
per verità, ove solo sottraggasi ogni esagera-
zione da quanto alcuni scrittori, dati troppo al-
l’ iperbole, ne esposero, il fatto ne sussiste effet-
tivamente, e viene anche confermato da recentis-
sime osservazioni degne di tutta la nostra fede1.
GENERE XLIV. Scombero, o Sgomrro. (Scomber:
fr. Scombre – Maquereau: ted. Makrele – Scom-
ber?: ing. Makrel – Scomber?). I Pesci com-
presi in questo genere hanno il capo compresso,
liscio, glabro o senza pelo, nè spini, nè squame;
nella loro membrana branchiostega contansi sette
raggi; il corpo n’è esso pure liscio e glabro af-
fatto, ma posteriormente carinato mercè d’una
linea laterale (corpus .... linea laterali postice ca-
rinatum); bene spesso poi presso alla coda portano
alcune pinne spurie (pinnae spuriae saepe versus
caudam).
SPECIE 1. Sgombro propriamente detto, o lo
Scombero sgombro (S. Scomber: fr. le Maquereau
proprement dit: ted. die eigentliche Makrele: ing.
the proper Mackrel). – Questa specie ha come
caratteristiche presso alla coda cinque pinnule, o
vogliansi dire pinne spurie (pinnulis 5). (Vedi
Bloch. Tab. 54).
È dessa indigena, non meno de’ mari setten-
trionali e dell’ Atlantico, che del nostro Mediter-
raneo, dell’ Adriatico ec., e ci presenta, com’ anche
la specie susseguente, un Pesce rapace, ingordo
e voracissimo, e al tempo stesso uno squisito sapo-
ritissimo cibo. Tanto coll’ una, quanto coll’ altra
di tali due specie di Pesce gli antichi solcano
preparare il lodatissimo loro Garum.
SPECIE 2. Pelamida, o la Palamida, il Pela-
mide, e meglio lo Scombero pelamide (S. Pelamys:
fr. la Pélamide: ted. die Bonite: ing. the Pela-
mys?). – Questa specie porta inferiormente sette
picciole pinne spurie (pinnulis inferioribus 7.),
ed ha poi sull’ abdomine quattro linee per parte.
È dessa indigena di tutti quanti i mari posti
ne’ climi più caldi. Questo Pesce, quand’ è morto,
fosforeggia talora anch’ esso fortemente, e può
quindi, insieme con parecchi altri, sia a motivo
dell’ olio o del grasso che spargano, o per quale
altra mai siane la vera cagione, contribuire esso
pure a quel fenomeno che contraddistinguesi col no-
me di fosforescenza, o fosforeggiamento del mare.
SPECIE 5. Tonno, o meglio ancora lo Scom-
bero tonno (S. Thynnus: fr. le Thon: ted. der
Thunnfisch: ing. the Tunny). – Questa specie
porta da ambo i lati otto piccole pinne spurie
(pinnulis utrinque 8). (Vedi Bloch. Tab. 55).
È dessa indigena, non meno del così detto
mare del Nord, che del nostro Mediterraneo,
e dell’ Adriatico, e rinviensi del pari anche nei
mari dell’ Indie Orientali, dell’ Indie Occidentali,
e in alcuni altri ancora. L’individuo ne perviene
alla mole d’un uomo, e può pesar talora fin
oltre a cinque quintali. Pretendesi che questo Pe-
sce riesca alcuna volta velenoso1.
Avvertasi che anche l’Albicore, Pesce oggimai
conosciutissimo, il quale incontrasi particolarmente
navigando pel mare del Sud, sembra essere ana-
logo molto al nostro Tonno.
GENERE XLV. Mullo, e bene spesso anche
Barbone (Mullus, olim Trigla: fr. Surmulet: ted.
Meerbarbe – Mullus?: ing. Mullet – Surmulet –
Mullus?). I Pesci appartenenti a questo genere
hanno il capo compresso, declive e coperto di
squame; nella loro membrana branchiostega con-
tansi tre raggi soltanto, ed il corpo n’è coperto
di grandi squame decidue, o facili a staccarsi e
cadere (corpus squamis magnis facile deciduis).
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Barbone, ovvero il Barbio di mare, più spesso an-
cora la Triglia, ma meglio poi il Mullo bar-
bato (M. Barbatus, olim Trigla: fr. le Sur-
mulet proprement dit: ted. die Rothbarbe – ei-
gentliche Meerbarbe: ing. the proper Surmulet?).
– Questa specie porta due cirri o barbigli presso
alla bocca, ed ha il corpo tutto quanto di color
rosso. (Vedi Bloch. Tab. 348, fig. 2).
È dessa particolarmente indigena del nostro
mare Mediterraneo, dell’ Adriatico e dell’ Arcipe-
lago. L’individuo ne vien lungo un piede all’ in-
circa, e ci presenta un Pesce rinomato già molto
[Seite 173] fino ne’ tempi andati per l’uso che, con sommo
lusso, ne facevano gli epuloni Romani, e degno
poi di particolare considerazione anche sotto il
rapporto fisiologico, a motivo soprattutto del mi-
rabile cangiamento o giuoco di colori che offre
morendo1, analogo a quello che, senza parlare
d’alcuni altri Pesci, accennammo osservabile alla
precedente pag. 156, appunto quando muore, nella
così detta Dorada, o Delfino dorato, o per dir
meglio nella Corifena ippuro (Coryphaena hip-
purus).
In conseguenza de’ diligenti confronti apposita-
mente istituiti, parmi di poter essere in grado di
lasciar travedere com’ io non istimi che il Mullus
surmuletus, rappresentatoci da Bloch nella Ta-
vola 47, differisca specificamente gran fatto dal
presente nostro Mullo barbato.
GENERE XLVI. Triglia (Trigla: fr. Trigle:
ted. Seehahn: ing. Trigle?). I Pesci di questo
genere hanno loricato, o difeso da una tal quale
armatura naturale, il capo, con alcune linee rile-
vate e scabre (caput loricatum lineis scabris);
nella loro membrana branchiostega contansi sette
raggi distinti, e le pinne pettorali ne sono poi
fornite, quasi chi dicesse, di dita libere (digiti
liberi ad pinnas pectorales).
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Triglia volante, ma meglio ancora la Triglia
svolazzante (T. Volitans: fr. le Trigle volant
– e spesso poi, ma ben meno esattamente, le
Poisson volant des Tropiques: ted. der eigentli-
che Seehahn – e talora, sebbene non a bastanza
plausibilmente der fliegende Tropick-fisch: ing.
the flying Trigle – flying Mullet? – flying Fish
of the Tropick?). – Questa specie ha alle sue
pinne pettorali venti di quelle propaggini espanse,
che qui poco sopra denominammo dita, collegate
insieme mediante una membrana che le rende pal-
mate (digitis vicenis membrana palmatis). (Vedi
Bloch. Tab. 351).
È questo uno de’ così detti Pesci volanti, e rin-
viensi generalmente ne’ maggiori mari del Globo,
purchè trovinsi situati ne’ climi più temperati, e
quindi soprattutto appunto presso a’ due Tropici.
I Pesci racchiusi in quest’ Ordine sesto, hanno
sempre le loro pinne ventrali poste all’ in-
dietro delle pinne pettorali, e comprendono
la massima parte de’ così detti Pesci d’ac-
qua dolce.
GENERE XLVII. Cavedine, o meglio assai Co-
bite (Cobitis: fr. Loche – Cobite: ted. Grun-
del?: ing. Loach – Cobitis?). I Pesci compresi
in questo genere portano gli occhi impiantati nella
parte più alta della loro testa; nella loro mem-
brana branchiostega contansi da quattro, fin an-
che a sei raggi distinti, ed hanno generalmente
meno assottigliata, o meno ristretta, di quello che
non soglia accadere in altri Pesci, la loro coda
in vicinanza della pinna caudale (cauda versus
pinnam minus angustata).
SPECIE 1. Anableps, o la Cavedine propria-
mente detta, o la Cobite dagli occhi prominenti,
e meglio poi la Cobite anableps (C. Anableps:
fr. la Loche à grands yeux – la Cobite ana-
bleps? – le Goujon?: ted. der grossaugige Grun-
del?: ing. the great-eyed Loach – great-eyed
[Seite 176] Cobitis?). – Questa specie porta alla bocca due
cirri o barbigli; ha depresso il capo, e gli occhi
prominenti o sporti in fuora. (Vedi Bloch. Tab. 361).
È dessa indigena particolarmente al Surinam;
non mette giù le ova, ma partorisce invece i suoi
figli vivi, e merita poi speciale attenzione a ri-
guardo soprattutto della grandezza, disposizione
e conformazione, invero curiosissima, ed anzi af-
fatto unica e senz’ esempio, de’ suoi occhi, ne’ qua-
li, oltre allo strano collocamento, la cornea rie-
sce come dimezzata, spaccata o divisa in due1.
SPECIE 2. Cobite di primo pelo, o la Cobite
barbatula (C. Barbatula: fr. la Loche propre-
ment dite: ted. der Schmerling – eigentliche Grun-
del – Bartgrundel: ing. the proper Loach). –
– Questa specie tiene sei cirri, o vero barbigli
presso alla bocca, e ha compresso ed inerme il
capo. (Vedi Bloch. Tab. 31. Fig. 3).
Havvene parecchie varietà, alcune delle quali
co’ mustacchj, ed altre senza, alcune più grandi,
ed altre più piccole, e così via discorrendo; le più
grandi poi sono quelle che si pescano nel fiume
Aar nella Svizzera.
SPECIE 3. Cobite fossile (C. Fossilis: fr. la Co-
bite fossile – e per taluni le Misgurne? – le Lam-
[Seite 177] proyon? – le Lamprillon?: ted. der Wetterfisch
– Peizker – Schlammpeizker – die Pipe –
Steinpietsche – Kurrpietsche: ing. the Pipe?). –
Questa specie porta essa pure sei cirri o barbigli
alla bocca, ed ha inoltre una spina al di sopra
degli occhi. (Vedi Bloch. Tab. 31. Fig. 1).
È dessa indigena della nostra Europa, e può,
al pari di quello che sponemmo già a riguardo
del Cotto catafratto (Cottus cataphractus), far sen-
tire talora un qualche rumore, soprattutto quando
alcuno di questi Pesci venga conservato in vasi
di vetro, in fondo all’ acqua racchiusa ne’ quali
siavi disposto uno straterello d’arena, mentre al-
lora, ad ogni imminente mutazione di tempo, l’ani-
maletto, agitandosi, si mostra irrequieto1.
GENERE XLVIII. Siluro (Silurus: fr. Silure:
ted. Wels – Silurus?: ing. Seatfish – Silurus?).
I Pesci di questo genere hanno il capo affatto
nudo, e la bocca munita di cirri filiformi, a modo
di palpi o tentacoli; contansi da quattro, finan-
che a quattordici raggi, nella loro membrana bran-
chiostega, ed inoltre il primo raggio delle loro
pinne pettorali, o della pinna dorsale, ne riesce
aculeato o spinoso, o dentato all’ indietro (radius ...
spinosus, retrodentatus).
SPECIE 1. Siluro glane, o la Salura, o anche
il Lamia, l’Amia, o il Pesce Amia (S. Glanis:
fr. le Mal? – le Silure proprement dit: ted. der
eigentliche Wels – Schaidfisch: ing. the proper
Seatfish – Silurus glanis?). – Questa specie ha
una sola pinna dorsale, e questa costantemente
mutica, o sia non fornita d’alcuna spina od acu-
leo, ed ha poi la bocca guernita di sei cirri o bar-
bigli, fatti a modo di palpi o tentacoli. (Vedi Bloch.
Tab. 34).
È dessa indigena de’ fiumi scorrenti nelle con-
trade de’ climi i più temperati dell’ antico Conti-
nente, e quindi non è infrequente nemmeno tra
noi. L’individuo gareggia colla Beluga, o sia col-
l’ Usone (Acipenser huso), a chi de’ due pre-
senti il più colossale de’ Pesci d’acqua dolce;
perviene al peso di ben tre quintali; la deforme
testa, che ha mostruosamente grande ed allargata,
e i lunghi cirri o tentacoli, ond’ ha armata la boc-
ca, contribuiscono a questo Pesce un aspetto strano
e singolare affatto.
SPECIE 2. Siluro catafratto, o anche il Siluro
loricato, o il Lamia dalla corazza (S. Cata-
phractus: fr. le Silure cuirassé: ted. der gewaf-
fnete Wels: ing. the cataphracted Silurus?) –
Questa specie ha le pinna dorsale posteriore soste-
nuta da un raggio solo; le squame ne sono di-
sposte in un solo ordine semplicissimo (squamis
ordine simplici); la bocca n’è munita di sei cirri
[Seite 179] o barbigli in forma di palpi o tentacoli, e la coda
ne riesce intiera, ch’ è quanto dire, non fessa o
bifida, nè bipartita. (Vedi Catesby. Vol. III. Tab. 19).
È dessa indigena propriamente dell’ America
settentrionale.
SPECIE 5. Siluro elettrico (S. Electricus: fr.
le Trembleur – le Silure électrique: ted. der
Zitter-wels – Raasch: ing. the electric Silurus?).
– Questa specie non ha se non una sola pinna
dorsale corrispondente alla regione de’ lombi, e
questa lontana molto dall’ altre pinne, e mancante
di raggi (pinna dorsali unica lumbari, remota
absque radiis), ed ha poi la bocca munita di sei
cirri o barbigli. (Vedi Broussonet nelle Mem. de l’Acad.
des Sciences de Paris, 1792. Tab. 20).
È questo pure un Pesce elettrico (e a tale ri-
guardo vedi quanto dicemmo già al precedente
§ 110). Rinviensi desso nel Nilo, come anche in
parecchi altri fiumi dell’ Affrica; viene lungo a
un di presso venti pollici, e gl’ indigeni de’ pae-
si, ove si pesca, usano di mangiarlo.
GENERE XLIX. Loricaria, od anche Corazziere
Loricaria: fr. Cuirassier – Loricaire: ted. Lori-
caria? – Kurassier: ing. Cuirassier? – Lori-
caria?). I Pesci di questo genere hanno il capo
liscio affatto e depresso, colla bocca rettratile,
e al tutto sdentata; nella loro membrana branchio-
stega contansi sei raggi, e il corpo n’è loricato o
catafratto.
SPECIE 1. ed UNICA qui ora per noi. Lori-
caria plecostoma, o anche il Corazziere (L. Ple-
costomus: fr. le Cuirassier proprement dit – la Lo-
ricaire plécostome – le Guacuri: ted. der Gua-
curi?: ing. the Guacury?). – Questa specie ha
due pinne in sul dorso. (Vedi Bloch. Tab. 374).
È dessa indigena del Brasile, e d’altre regioni
dell’ America meridionale.
GENERE L. Sermone, o Salamone (Salmo: fr.
Saumon: ted. Salm: ing. Salmon). I Pesci di
questo genere hanno anch’ essi tutti quanti il capo
liscio; hanno munite di denti, non solo le ma-
scelle, ma eziandio la lingua; nella membrana
branchiostega contansi loro da quattro fino a dieci
raggi distinti; la pinna dorsale posteriore n’è grassa
o piena di pinguedine (pinna dorsalis postica adi-
posa), e nelle loro pinne ventrali contansi molti
raggi (pinnae ventrales multiradiatae).
SPECIE 1. Sermone, e il Salamone propria-
mente detto, o anche il Corval salamone, o fi-
nalmente il Sermone salare (S. Salar: fr. le
Saumon proprement dit: ted. der Lachs – eigen-
tliche Salm: ing. the proper Salmon). – Questa
specie ha il grugno, o sia il grifo, prominente a
foggia di becco al di là del punto ove perviene
la mascella inferiore. (Vedi Bloch. Tab. 20 e 98).
È dessa indigena segnatamente de’ mari, e an-
che de’ fiumi, settentrionali, ed anzi talora, come
per esempio lungo la costa del Labrador, e nei
[Seite 181] paesi ove scorre il fiume Amar, rinviensi in copia,
quasi direbbesi, innumerevole; in tempo d’estate
suol essa dimorare ne’ fiumi, ricoverandosi poi
nel mare durante l’inverno; cresce molto più
presto di qualsivoglia altro Pesce; non ne sono
che soltanto gl’ individui maschi, che hanno curva
la mandibola inferiore. Le donne de’ Tongusi Oro-
chys sanno conciare assai bene le pelli di Sermone,
e le rendono morbidissime per servirsene a farne
oggetti di vestito.
SPECIE 2. Trota sermonata, o la Trota sa-
lamonata, o salmonata, e meglio poi il Sermone-
trota (S. Trutta: fr. la Truite saumonée:
ted. die Lachs-forelle: ing. the Sea-trout). –
Questa specie ha gli occhietti neri, coll’ iridi di
color bruno (ocellis nigris iridibus brunneis), e
contanlesi sei punti sulla pinna pettorale. (Vedi
Bloch. Tab. 21).
È dessa indigena, come fra di noi, così lungo
le coste, od anche ne’ fiumi, di quasi tutta Euro-
pa, e vien grande a segno di pesare bene spesso
dalle otto fino alle dieci libbre.
SPECIE 3. Trota comune, o la Trota pro-
priamente detta, o anche la Trota di peschiera,
ma meglio poi il Sermone fario (S. Fario: fr. la
Truite proprement dite: ted. die Forelle: ing.
the Trout). – Questa specie ha come caratteri-
stiche alcune macchie rosse, ed ha poi eziandio
[Seite 182] la mascella inferiore alcun poco più allungata della
superiore. (Vedi Bloch. Tab. 22 e 23).
È dessa indigena, anche presso di noi, segna-
tamente dell’ acque dolci scorrenti ne’ luoghi om-
breggiati e selvosi delle montagne situate nelle re-
gioni più temperate, così dell’ Europa, com’ anche
dell’ Asia. È rado che superi le due libbre in peso,
e varia poi moltissimo, tanto nel color delle carni,
quant’ eziandio a riguardo del sapore.
SPECIE 4. Trota alpina, o la Trota dell’ alpi,
o meglio ancora il Sermone alpino (S. Alpinus:
fr. la Truite des Alpes: ted. die Alpenforelle –
der Rothfisch: ing. the alpine Trout?). – Questa
specie ha nera la schiena, colle parti laterali ceru-
lee, o turchiniccie, e col ventre di colore fulvo o
bajo bruniccio. (Vedi Bloch. Tab. 104).
È dessa comune a bastanza nelle nostre regioni
montuose od alpine, ove riesce di squisito sapore,
e rinviensi indigena del pari in tutte quante le
località di tal fatta, situate o nell’ Alpi, o nelle
regioni settentrionali della nostra Europa, ed è
Pesce di somma importanza, soprattutto pe’ Lap-
poni Svezzesi, pe’ quali diviene in certi tempi
dell’ anno quasi l’unico alimento. Vuolsi che viva
esso per la massima parte di Zenzare (Culex
pipiens).
SPECIE 5. Eperlano, o il Sermone eperlano (S.
Eperlanus: fr. l’Éperlan: ted. der grosse Stint –
Alander: ing. the Smelt). – Questa specie ha
[Seite 183] quasi diafano il capo, e contanlesi diciassette raggi
nella pinna dell’ ano. (Vedi Bloch. Tab. 28. Fig. 2).
È dessa indigena delle contrade settentrionali
della nostra Europa. L’individuo ne riesce quasi
diafano o trasparente. – Un altro Pesce, che le so-
miglia moltissimo, è la così detta Aringa della
Groenlandia, o del Groenland, o sia il Sermone
artico (Salmo arcticus: fr. l’Angmarset – le Sau-
mon arctique: ted. der Angmarset: ing. the Ang-
marset – arctic Salmon?), che i Groenlandesi
pigliano in grande quantità, e del quale sanno far
pane o focaccie che, oltre a’ così detti Vitelli ma-
rini o Foche vituline (Phoca vitulina), che ne
formano sempre il principale nutrimento, sono al-
tre delle ben poche sostanze, onde sia loro dato
di potersi cibare.
SPECIE 6. Lavaretto, o il Sermone lavaretto
(S. Lavaretus: le Lavaret: ted. der Gangfisch –
Schnepel – Weissfisch: ing. the Lavaret?) –
Questa specie ha alquanto più lunga dell’ inferiore
la mascella superiore, e contanlesi quattordici raggi
nella pinna dorsale. (Vedi Bloch. Tab. 25).
È dessa indigena particolarmente del così detto
Mare del Nord, e del Baltico, ma rinviensi anche
altrove, come per esempio nella Baja d’Hudson.
– È assai probabile che siano eziandio da ascri-
versi a questa specie medesima, tanto la così detta
Felchen, e il così detto Aalbock, che pescansi, fra
gli altri laghi della Svizzera, in quello di Thun, e la
[Seite 184] così detta Ferra del Lemano, o sia lago di Gi-
nevra, come pure quello che denominasi del pari
Lavaret, e che pescasi in alcuni piccoli laghi della
Savoja.
SPECIE 7. Temolo, o anche talora l’Ombrina,
o il Timallo, o il Temolo comune, ma poi scien-
tificamente assai meglio il Sermone timallo (S.
Thymallus: fr. l’Ombre: ted. die Aesche: ing.
the Umber?). – Questa specie ha essa pure
la mascella superiore più lunga di quello che non
sianelo la inferiore, e nella pinna dorsale contan-
lesi fino a ventitre raggi. (Vedi Bloch. Tab. 24).
È dessa indigena, come lo è fra di noi, di
quasi tutti quanti i laghi, e le altre acque dolci e
correnti dell’ Europa centrale temperata, e della
Siberia.
GENERE XLI. Fistularia (Fistularia: fr. Fi-
stulaire: ted. Fistularia?: ing. Fistularia?). – I
Pesci appartenenti a questo genere, che non conta
finora più di quattro specie, fra le quali una sola
noi qui ora ne accenneremo, hanno la testa termi-
nante come in un grifo o grugno cilindrico, quasi
a foggia d’un becco, all’ estremità del quale stan-
no poi le mascelle; nella loro membrana o, come
suol dirsi, in cadauna loro orecchia, contansi sette
raggi; il corpo n’è di forma cilindrica, anterior-
mente più o meno attratto all’ indentro in forza
di due appendici ossee, che ivi stendonsi fino dalla
parte posteriore del capo.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi. Pa-
tumbe, o meglio poi la Fistularia tabaccaria (F.
Tabacaria – Petimbuaba di Marcgraaf: fr. le Pè-
tumbe – la Fistulaire tabacaire? – la Pipe?: ted.
der Pfeifenfisch – Petumbe?: ing. the Petumbe?).
– Questa specie ha più voluminosa la testa di
quello che non sialo il rimanente del corpo del-
l’ individuo; il maggior diametro del corpo in tra-
verso ne corrisponde al luogo delle sue pinne
pettorali, ma al di sotto di queste esso si va gra-
datamente assottigliando e facendosi angoloso,
finchè, dove riesce poi più sottile, acquista anche
la forma esagona; la coda ne termina in un pro-
lungamento articolato di natura ossea, o somi-
gliante piuttosto al così detto osso di Balena. (Vedi
Bloch. Tab. 387).
Questo Pesce così stranamente conformato, con
una bocca piccolissima situata all’ estremità di un
muso, o piuttosto becco, lungo assai, e del quale,
come carattere specifico, l’Autore nostro s’accon-
tenta di dire che ha la coda bifida setolosa (cauda
bifida setifera), è indigeno si può dire delle regioni
equatoriali dell’ Oceano, e soprattutto poi del mar
delle Antille; vuolsi però che siansene veduti in-
dividui al Giappone, e lo stesso Autor nostro ce
lo dà come indigeno eziandio della Nuova Olan-
da. Vien lungo anche oltre a tre piedi, e la carne
ne riesce magra molto e piuttosto insipida. –
A riguardo poi dell’ intiero genere soggiugneremo
[Seite 186] che, tanto il nome di Fistularia, in cui compren-
donsene scientificamente tutte le specie, quanto i
diversi nomi significativi di Flûte de mer, di Pipe,
di Trompette, di Fil en cul, di Pipa da tabacco,
ed altri attribuitine alle singole specie, sono atti
appunto ad esprimerne la sempre singolarissima,
e veramente curiosa conformazione individuale.
GENERE LII. Esoce (Esox: fr. Esoce – Brochet:
ted. Hecht-Esox?: ing. Pike – Esox?) I Pesci
appartenenti a questo genere hanno il capo per
di sopra piuttosto piano od appianato (caput su-
pra planiusculum), e la mascella superiore ap-
pianata anch’ essa, e più corta dell’ inferiore, la
quale riesce invece appuntata (mandibula ..... in-
feriore punctata); ne sono munite di denti, non
solo le mandibole, ma ben anche la lingua, e
nella loro membrana branchiostega contansi da
sette fino a dodici raggi.
SPECIE 1. Luccio, o meglio poi l’Esoce luccio
(E. Lucius: fr. le Brochet proprement dit – le
Brochet commun: ted. der eigentliche Hecht: ing.
the proper Pike). – Questa specie ha il muso o il
grugno depresso, a mandibole quasi affatto uguali
(rostro depresso subaequali). (Vedi Bloch. Tab. 32).
È dessa indigena, com’ anche tra di noi, di
moltissimi fiumi e laghi dell’ Europa, dell’ Asia
e dell’ America settentrionale, e può riguardarsi
come il più vorace Pesce da preda, o vogliasi
dire Pesce di rapina, dell’ acque dolci, mentre, non
[Seite 187] solo dà la caccia e divora con estrema avidità gli
altri Pesci, senza eccettuarne tampoco quelli della
sua specie medesima, ma inghiotte eziandio ogni
maniera d’Anfibj, come Rospi, Rane, ecc., molti
uccelli d’acqua, diversi mammiferi di piccola mo-
le, e talora perfino belli e intieri i Gamberi, e
altri così fatti, come suol dirsi, Pesci armati.
SPECIE 2. Cornioletto, od anche il Pesce cor-
nuto, talora l’Angusigola, ma meglio poi l’Esoce
belone (E. Belone: fr. l’Orphie: ted. der Horn-
fisch: ing. the Garpike). – Questa specie ha il
lungo suo grugno, o grifo, conformato a foggia di
becco, con amendue le mascelle subulate, o aventi
una figura rammentante, più che altro, quella d’un
subbio o d’una lesina. (Vedi Bloch. Tab. 33).
È dessa indigena fra di noi, e così anche ge-
neralmente di tutti quanti i mari d’Europa, ove
talora rinviensi a un tratto in frotte numerosis-
sime; ha naturalmente verdiccie le reste che, me-
diante la bollitura nell’ acqua, si fanno poi d’un
colore decisamente verde d’erba, o verde di prato.
GENERE LIII. Poliptero (Polypterus: fr. Po-
lyptére: ted. Polypterus? ing. Polypterus?). I
Pesci di questo genere recentemente stabilito, e
del quale non siamo finora in istato di citare al-
tro che la sola specie che n’è indigena del Nilo,
non hanno se non un raggio unico a sostegno della
loro membrana branchiostega; hanno nel vertice
due spiracoli, o due aperture per parte, e sono
muniti sempre di numerose pinne dorsali.
SPECIE 1. ed anzi UNICA, infino ad ora. Bichir,
e meglio ancora il Poliptero bichir (P. Bichir: fr.
le Bichir – le Polyptére Bichir: ted. der Bichir?:
ing. the Bischir?). – Per questa specie unica in-
tende l’Autor nostro che abbiano da bastare i
caratteri generici qui sopra riportatine. (Vedi Geof-
froy de Saint-Hilaire, Mémoires d’Histoire naturelle. Tab. 5).
È dessa indigena, come già accennammo, unica-
mente, almeno per quanto si sappia, del fiume Nilo;
l’individuo ne suol pervenire a un dipresso alla
lunghezza di due palmi; il corpo ne riesce in com-
plesso di color verde-mare, ed è come chi dicesse
rivestito d’un’ armatura compaginata di scaglie o
squame ossee. Le numerose sue pinne dorsali, che
sono talvolta anche più di sedici, le pettorali e
le ventrali, che ne riescono disposte come se fos-
sero piantate sopra le tal quali loro gambe; tutto
ciò, giunto ancora a diverse altre particolarità
che riscontransi nella conformazione di questo
Pesce strano e affatto singolare, sembra dover
bastare a farne un genere a parte apposito e
distinto.
GENERE LIV. Elope (Elops: fr. Elops?: ted.
Elops?: ing. Elops?). I Pesci di questo genere
hanno liscio affatto, o glabro il capo; sentesi in
essi, tanto lungo il lembo delle mascelle, quant’ an-
che nel palato, l’asprezza o la scabrosità de’ denti
(dentium scabrities in maxillarum margine, pa-
lato), e contansi fino trenta raggi nella loro mem-
[Seite 189] brana branchiostega, la quale è inoltre esterior-
mente, e nel bel mezzo, armata di cinque denti.
SPECIE 1. ed anzi UNICA, qui ora per noi. Pe-
sce lucertola, ma meglio poi l’Elope sauro (E.
Saurus: fr. l’Elops saure? – le Saurel?: ted.
der Eidechsefisch?: ing. the Saurus elops?).
– Questa specie ha la coda armala d’aculei,
tanto sopra, quanto sotto (cauda supra infraque
armata). (Vedi Bloch. Tab. 393).
È dessa indigena propriamente della Giamaica.
GENERE LV. Argentina (Argentina: fr. Ar-
gentine: ted. Argentin?: ing. Argentine?). I po-
chi Pesci di questo genere hanno munite di denti,
non solo le mascelle, ma ben anche il palato;
nella loro membrana branchiostega contansi otto
raggi; l’ano ne riesce vicino alla coda, e le pinne
ventrali ne sono sostenute da raggi numerosi.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Argentina della Carolina, o anche l’Argen-
tina caroliniana (A. Carolina: fr. l’Argentine
de la Caroline: ted. die Carolina-argentine?:
ing. the Argentine of the Carolina?). – Nella
pinna anale di questa specie contansi quindici
raggi distinti. (Vedi Catesby’s. Vol. II. Tab. 24).
Il nome specifico ne indica la patria, ch’ è ap-
punto la Carolina.
GENERE LVI. Aterina (Atherina: fr. Athéri-
ne: ted. Atherine?: ing. Atherine?). I pochi
Pesci spettanti a questo genere hanno la mascella
[Seite 190] superiore come appianata (maxilla superiore pla-
niuscula); contansi sei raggi nella loro membrana
branchiostega, e portano dessi lateralmente sul
corpo una fascia bianca argentina risplendente
(corpus fascia laterali argentea).
SPECIE 1. ed UNICA qui per noi. Epseto, o
meglio l’Aterina epseto (A. Hepsetus: fr. l’Hep-
set? – l’Athérine hepset: ted. die Hepset-
Atherine?: ing. the Hepset-Atherine?). – Nella
pinna anale di questa specie contansi a un di-
presso dodici raggi (pinna ani radiis fere 12).
(Vedi Bloch. Tab. 393. Fig. 3).
È dessa indigena propriamente del nostro mare
Mediterraneo.
GENERE LVII. Muggine (Mugil: fr. Muge: ted.
Mugil?: ing. Mullet?). I Pesci di questo genere,
tra’ quali una sola specie noi qui ne citeremo, che
è quella appunto la quale serve di tipo al ge-
nere, hanno la testa carinata inferiormente per di
dentro (caput ..... inferius introrsum carinatum),
colle labbra membranacee; sono sdentati affatto,
a meno soltanto d’un picciolo denticello inflesso,
o ripiegato all’ indentro, che portano al di sopra
de’ seni della bocca (denticulus inflexus supra
sinus oris); nella loro membrana branchiostega
contansi sette raggi curvi; gli operculi ne rie-
scono lisci, nudi o glabri, e di forma arroton-
data, e il corpo ne riesce di colore bianchiccio.
SPECIE 1. ed UNICA anzi qui per noi. Mug-
[Seite 191] gine vero, o il Cepalo, ed anche talora lo Sce-
volo, ma meglio poi il Muggine cefalo (M.
Cephalus: fr. le vrai Muge? – le Mulet?: ted.
der eigentliche Mugil?: ing. the proper Mullet?).
– Questa specie ha la pinna dorsale anteriore so-
stenuta da cinque raggi. (Vedi Bloch. Tab. 394).
È dessa indigena soprattutto del Mediterraneo,
del nostro Adriatico, ec.
GENERE LVIII. Esoceto (Exoccetus: fr. Exo-
cet: ted. Exocet?: ing. Exocet?). I Pesci di que-
sto genere hanno il capo coperto di squame o
scaglie, colle mascelle riunite, così dall’ una, come
dall’ altra parte (maxillis utroque latere connexis);
il corpo loro n’è in complesso di colore bian-
chiccio; l’abdomine ne riesce angoloso (abdomen
angulatum), e le loro pinne pettorali, co’ loro raggi
carinati anteriormente, ne sono disposte in modo
da potere ottimamente servire anche al volo del-
l’ individuo nell’ aria (pinnae pectorales maxime
volatiles).
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Pesce volante propriamente detto, o anche l’A-
ringa volante, e meglio poi l’Esoceto svolaz-
zante (E. volitans: fr. le Poisson volant – le
Poisson volant du Tropique?: ted. der fliegende
Häring: ing. the flying Tropic-fish? – flying
Exocoetus). – Questa specie ha l’abdomine ca-
rinato, così dall’ una, come dall’ altra parte (ab-
domine utrinque carinato).
Essa ci offre il più comune tra i Pesci volanti;
manca sempre affatto di denti; rinviensi in tutti
quanti i mari proprii de’ climi i più caldi, ove
incontrasi talora in torme quasi innumerevoli.
La specie la più rara di questo genere, vale a
dire l’Esoceto mesogastro (Exocoetus mesogaster),
per aver un’ idea della quale può vedersi la già
tante volte citata mia opera: Abbildungen ec.
Tab. 100, indigena propriamente delle plaghe oc-
cidentali dell’ Oceano Atlantico, distinguesi dalle al-
tre, soprattutto in forza delle sue mandibole fornite
di denti, e più ancora pel collocamento delle sue pin-
ne ventrali nella parte mezzana del basso ventre, e
in grazia che i raggi del mezzo di queste medesime
pinne, ne riescono anche i più lunghi di tutti.
GENERE LIX. Polinemo (Polynemus: fr. Po-
lynéme: ted. Polynäm?: ing. Polynem?). I Pe-
sci di questo genere hanno compresso il capo,
quamoso da per tutto, col grifo o grugno confor-
mato a foggia di becco, ma terminante ottusis-
simo alla punta; nella loro membrana branchio-
stega contansi da cinque fino a sette raggi; quanto
al corpo loro, più d’ogni altra cosa ne riescono
osservabili certe propaggini od espansioni delle loro
pinne pettorali, conformate a foggia di dita libere
(corpus digitis liberis ad pinnas pectorales).
SPECIE 1. ed UNICA qui ora per noi. Poline-
mo quinquario (P. Quinquarius: fr. le Polynéme
à cinq doigts: ted. der fünffinger-Polynäm?:
[Seite 193] ing. the five-fìngered Polynem?). – Questa spe-
cie ha, come caratteristiche, nelle pinne pettorali
cinque di quelle propaggini espanse che contrad-
distinguemmo col nome di dita ne’ caratteri del
genere. (Vedi Seba. Vol. III. Tab. 27 Fig. 2).
È dessa indigena propriamente de’ mari che ba-
gnano l’Indie occidentali.
GENERE LX. Clupea, o anche in generale Aringa
(Clupea: fr. Hareng – Clupée?: ted. Häring:
ing. Herring). I Pesci spettanti a questo genere
hanno, parlando del capo, munito il lembo della
mascella superiore di baffi o mustacchi dentico-
lati, o rammentanti quasi il tagliente d’una sega
(maxillarum superiorum mystacibus serratis);
nella loro membrana branchiostega contansi otto
raggi; le branchie della loro faccia interna ne rie-
scono come setolose (branchiae interne setaceae);
la carena abdominale n’è essa pure serrata, o sia
denticolata alla maniera del tagliente d’una sega
(abdominis carina serrata), e finalmente in ca-
dauna delle pinne loro ventrali contansi bene spesso
nove raggi distinti.
SPECIE 1. Aringa propriamente detta, o me-
glio la Clupea aringa (C. Harengus – già al-
tre volte Halec – e fors’ anche Membras?: fr.
l’Hareng proprement dit: ted. der eigentliche
Häring: ing. the proper Herring). – Questa
specie non ha macchia alcuna sul corpo, ed ha
[Seite 194] la mascella inferiore sensibilmente più lunga di
quello che noi sia la superiore. (Vedi Bloch. Tab. 29).
Forma dessa per le regioni settentrionali del
Globo una delle più importanti specie di Pesci
che il mare fornisca, in vista particolarmente di
ciò che, comunque inseguita costantemente e a
sommo studio, così dagli uomini, come da mol-
tissimi altri animali, e soprattutto dall’ Orca (Del-
phinus orca), da gran numero di specie di Lari,
o Gabbiani (Larus tridactylus, e altri parecchi),
non cessa di moltiplicarsi in un modo che fa real-
mente maraviglia, e sono oggimai scorsi dodici
secoli, dacchè, scopertesi le migrazioni estive pe-
riodiche e regolarissime di questi Pesci (circa alle
quali veggasi più addietro al §. 109) verso le
coste dell’ Europa nostra, e soprattutto verso le
isole Orcadi, verso la Norvegia, e simili, le mi-
gliaja di Europei sono annualmente occupate nella
lucrosissima loro pesca.
SPECIE 2. Sardellone, o anche la Sardella,
o lo Spratto; ma meglio poi la Clupea spratto
(C. Sprattus: fr. la Sardine: ted. die Sprotte
– der Breitling: ing. the Sprat). – In questa
specie contansi tredici raggi distinti nella pinna
dorsale (Vedi Bloch. Tab. 29. Fig. 2).
È dessa, del pari che la specie precedente, in-
digena soprattutto de’ mari settentrionali, ma però
rinviensi in certe epoche migrante anche nel no-
stro mare Mediterraneo. In fallo venne essa presa
[Seite 195] da parecchi Naturalisti come analoga, ed anzi
come affatto identica, colle giovani Aringhe vere.
SPECIE 3. Alosa, o anche la Laccia, la
Chieppa, la Cheppia, la Ghepia, o talora la Ma-
dre delle Aringhe, ma meglio poi la Clupea
alosa (C. Alosa: fr. l’Alose: ted. die Alse –
der Mutterhäring – Mayfisch: ing. the Shad).
– Questa specie ha le parti sue laterali macchiate
di nero, ed ha il grifo conformato a foggia di ro-
stro, e di color nero. (Vedi Bloch. Tab. 30. Fig. 1).
È dessa pure nel fatto indigena, almeno ori-
ginariamente, de’ mari i più settentrionali d’Euro-
pa, come a dire del Baltico, del così detto Mare
del Nord, e d’altri così fatti, ma frequentissima
poi in certi tempi nel nostro Mediterraneo.
SPECIE 4. Acciuga, o anche la Sardellina, e
meglio l’Encrasicolo, ma meglio ancora la Clu-
pea encrasicolo (C. Encrasicolus – Engraulis: fr.
l’Anchois: ted. die Sardelle – der Anchovis:
ing. the Anchovy?). – Questa specie ha sempre
la mascella superiore sensibilmente più lunga del-
l’ inferiore. (Vedi Bloch. Tab. 30. Fig. 2).
Si può dire in generale che questa specie ab-
bia comune la patria colla specie precedente; ma,
non meno frequente che quella nel nostro Medi-
terraneo, suol essere poi numerosissima soprattutto
ne’ dintorni dell’ isola Gorgona nel golfo di Li-
vorno, ove se ne fa una vistosissima pesca.
GENERE LXI. Ciprino (Cyprinus: fr. Carpe:
[Seite 196] ted. Karpfe: ing. Carp). I Pesci appartenenti a
questo genere hanno sempre la bocca affatto sprov-
veduta di denti; l’osso nasale ne è marcato da
due solchi distinti; nella loro membrana branchio-
stega contansi tre soli raggi; il corpo ne riesce
liscio, nudo, o glabro, e di color bianchiccio più
che altro, e spesso succede poi che in cadauna
delle loro pinne ventrali continsi nove raggi.
SPECIE 1. Barbio, o anche il Barbo, o il Bar-
bo di fiume, e talora la Reina, ma meglio ancora
il Ciprino barbo (C. Barbus: fr. le Barbeau?:
ted. die Flussbarbe: ing. the River-barbel?). –
Questa specie ha la pinna dell’ ano sostenuta da
sette raggi, e porta pure sette cirri o barbigli, e
quanto alla pinna dorsale, è da osservarsene sin-
golarmente il secondo raggio, che ne riesce serrato
o seghettato, vale a dire denticolato d’ambo le
parti a foggia del tagliente d’una sega. (Vedi Bloch.
Tab. 18).
È dessa, come tra di noi, indigena di tutta
quanta l’Europa più temperata, ed anche del-
l’ Asia occidentale. Le ova sogliono riuscirne ve-
lenose a chi le mangia, per modo tale che si può,
col fondamento di molte sperienze, osservare che
il volersene cibare ha spesse volte cagionato tri-
stissime conseguenze1.
SPECIE 2. Carpione, o il Ciprino carpione (C.
Carpio: fr. la Carpe: ted. der eigentliche Karpfe:
the proper Carp). – Nella pinna anale di questa
specie contansi nove raggi, con cinque cirri o bar-
bigli, e il secondo raggio della dorsale ne riesce
serrato lungo il lembo posteriore, o sia dentico-
lato alla maniera del tagliente d’una sega. (Vedi
Bloch. Tab. 16).
Essa può dirsi presentemente indigena, come lo
è fra noi, di quasi tutta quanta Europa; ma nelle
regioni sue le più settentrionali non fu dessa in-
trodotta se non se a poco a poco, e con artificio
a bello studio, da tre secoli in qua. Pretendesi
che dalla sua commistione colle specie affini e
congeneri, e segnatamente poi co’ Coracini, o Ca-
racini (Cyprinus carassius), ne emergano indi-
vidui ibridi o, come suol dirsi, bastardi. Tra que-
sti Carpioni incontratisi poi mostri assai più fre-
quentemente di quello che soglia accader mai in
qualsivoglia altra specie di Pesci. – I Carpioni
dallo specchio, ogni individuo de’ quali vien detto
talora il Re de’ Carpioni1 (rex Cyprinorum: fr.
le Carpe à miroir: ted. der Spiegelkarpfe), che
contraddistinguonsi dagli altri Carpioni, segnata-
mente in forza di certe parti del corpo loro che
hanno costantemente prive o denudate di squa-
me, sembrano non esser già, come alcuni aveano
[Seite 198] supposto, una semplice varietà accidentale, ma do-
ver formare piuttosto una specie particolare e di-
stinta del genere Ciprino.
SPECIE 2. Tinca, o meglio ancora il Ciprino
tinca (C. Tinca: fr. la Tanche: ted. die Schleihe:
ing. the Tench). – Questa specie ha la pinna
dell’ ano sostenuta da venticinque raggi; ha in-
tiera o non divisa la coda, ed ha poi il corpo
mucoso, o come spalmato d’un muco attaccatic-
cio, con due cirri o barbigli (corpore mucoso cir-
ris 2). (Vedi Bloch. Tab. 19).
È questa frequentissima nelle nostre acque dol-
ci, e può risguardarsi, fra le tante specie di Pesci
di fiume, come una delle più universalmente sparse
per tutto quanto il Globo, ed ha tra i rimanenti
Ciprini questo di particolare che, col mezzo de-
gli operculi delle sue branchie, può cagionare un
certo tal quale rumore alcuna volta a bastanza
sensibile. – La così detta Tinca dorata1 (die Gold-
schleihe de’ Tedeschi), propria di alcune acque
correnti della Germania, è realmente uno de’ più
bei Pesci che la Germania produca.
SPECIE 4. Coracino, o il Caracino, e meglio
poi il Ciprino carassio (C. Carassius: fr. le Ca-
rassin: ted. die Karausche: ing. the Crucian).
– Questa specie porta dieci raggi distinti nella
sua pinna dell’ ano; ha anch’ essa intiera o non
[Seite 199] fessa la coda, ed ha poi lungo le sue parti late-
rali una riga od una linea dritta affatto (linea
laterali recta). (Vedi Bloch. Tab. 11).
È dessa indigena fra noi, come lo è di quasi
tutta quanta l’Europa, ed anche delle regioni
centrali dell’ Asia.
SPECIE 5. Pesce d’oro, e talora il Pesce della
China, il Pesce d’India, o il Carpioncino dorato,
ma meglio poi il Ciprino dorato (C. Auratus:
fr. la Dorée: ted. das Schinesische Goldfischchen
– der Goldkarpfe – Kin-ju: ing. the Goldfish).
– Questa specie ha raddoppiata la pinna dell’ ano,
ed ha poi disposta in traverso, biforcuta, e anzi
divisa come in tre lembi o lacinie, quella della
sua coda (pinna caudae trifida transversa bifur-
ca). (Vedi Baster in Haarlem. Verhandel. VII. D. 1. St.
con figure illuminate).
È dessa indigena singolarmente del Giappone
e della China, ove questi bei Pesciatelli, che ivi
sono riguardati e tenuti quasi come animali do-
mestici, sogliono degenerare in molte varietà, non
solo rimarchevoli e strane, ma talora perfino mo-
struose a riguardo de’ loro superbi colori, del nu-
mero e della conformazione delle loro pinne, della
grandezza degli occhi, e simili. Essi possono, co-
me si sa, prosperare benissimo, e riprodurre la loro
specie, anche nelle regioni le più temperate del-
l’ Europa nostra; vivono gli anni intieri nell’ acqua
pura, senza pigliar mai alcun altro cibo, e con
[Seite 200] tutto ciò, di tempo in tempo, emettono dal corpo
loro qualche escremento.
SPECIE 6. Sanguinerola, o il Ciprino fossino
(C. Phoxinus: fr. le Vairon: ted. die Elritze:
ing. the Minow). – Questa specie ha la pinna
anale sostenuta da otto distinti raggi, con una
macchia di color fosco sulla coda, e il corpo ne
riesce quasi translucido. (Vedi Bloch. Tab. 8. Fig. 5).
È dessa molto comune nel fiume Weser.
SPECIE 7. Orfo, o meglio poi il Ciprino orfo
(C. Orfus: fr. l’Orphe?: ted. der Orf – Urf –
Würfling – Elfi: ing. the Orfus?). – Nella pinna
anale de’ Pesci di questa specie contansi tredici
raggi. (Vedi Bloch. Tab. 36).
È dessa indigena segnatamente delle regioni
meridionali della Germania, e riesce in complesso
di un color giallo rancio.
SPECIE 8. Argentino, o anche il Pesce argen-
tino, il piccolo Ghiozzo, talora l’Aulina, e forse
la Sfirena?, o finalmente l’Alburno, ma meglio
poi il Ciprino alburno (C. Alburnus: fr. l’Able
– l’Ablette: ted. der Ukley – Lauge – Weiss-
fisch – das Schneiderfischchen: ing. the Bleak).
– Nella pinna anale di questa picciola specie di
Pesci contansi fino a venti raggi. (Vedi Bloch. Tab.
8. Fig. 4)
È dessa, come pure la specie seguente, indigena,
non solo tra di noi, ma in tutta quanta l’Europa
temperata, ed eziandio nell’ Asia occidentale; l’in-
[Seite 201] dividuo non suole superar mai la lunghezza di un
dito. – Le squame di questo Pesce vengono ado-
perate con vantaggio nella preparazione di quelle
perle artificiali, che chiamansi in commercio false
perle1.
SPECIE 9. Brama, e meglio poi il Ciprino bra-
ma (C. Brama: fr. la Brème: ted. der Bley –
Brachsen: ing. the Brama?). – Nella pinna anale
di questa specie contansi perfino ventisette raggi,
e le pinne ne riescono tutte quante di color fosco.
(Vedi Bloch. Tab. 13).
È dessa indigena, come già s’è detto, tanto
fra di noi in tutta l’Europa temperata, quant’ an-
che nell’ Asia occidentale che parzialmente la con-
termina2.
Gli animali che comprendonsi nell’ ultime due
Classi (a norma di quanto già se ne è detto al
precedente § 40), vale a dire gl’ Insetti ed i Ver-
mi o Molluschi, distinguonsi tosto anche a prima
giunta da tutti quelli spettanti alle diverse Classi
infino ad ora percorse, per questo segnatamnete,
che il loro sangue non è mai, o quasi mai, di
color rosso, e che invece di sangue propriamente
detto, hanno ripieni i loro vasi di un suco, o
fluido liquido bianchiccio; una tale circostanza,
già altrove (§ 23) da noi rimarcata, fu che in-
dusse gli antichi a contraddistinguere appunto
questa maniera d’animali coll’ epiteto di esangui
(animalia exsanguia), o privi affatto di sangue.
Di recente però, sul fondamento che mancano
dessi di vertebre, come mancano eziandio di sche-
letro, vennero poi chiamati animali sprovveduti
di vertebre, o invertebrati (animalia invertebrata:
fr. animaux invertébrés).
A’ primi di questi animali di sangue bianco
fu compartito, come si disse, il nome significativo
[Seite 220] d’Insetti, soprattutto a motivo di certe tali quali
strangolature, profonde incisioni, o sezioni, onde
per lo meno quando sono giunti allo stato di
loro perfetta conformazione, la testa, il torace
o sia il corsaletto (fr. corselet), e l’abdomine o
il basso ventre, ne riescono separati l’un dall’ al-
tro, o così fattamente demarcati, che talora non
sembrano avere insieme comunicazione, se non
soltanto per mezzo d’un filamento che li riunisce
in un corpo o in un individuo solo. Oltre a ciò
sono poi caratterizzati ancora questi animali, in
generale, e a meno di poche eccezioni, gli esempii
delle quali occorrono segnatamente ne’ generi apte-
ri (aptera: fr. Insectes aptères), o sprovveduti
d’ale, mercè di certi organi alcuna volta sensi-
bilissimi, che diconsi palpi, o meglio ancora, an-
tenne (antennae: fr. antennes: ted. Fühlhörner),
e ch’ essi portano sul capo quando, subite tutte
le loro trasformazioni, sono giunti allo stato di
animali, giusta la loro condizione, perfetti; or-
gani che, oltre all’ essere sempre articolati alla
loro radice, o al luogo di loro inserzione, soglio-
no bene spesso avere nella loro estensione alcune
altre giunture od articolazioni, sicchè ne appari-
scono composti di parti diverse, per tal modo in-
sieme connesse. Finalmente gl’ Insetti distinguonsi
ancora assai manifestamente da tutti quanti i ri-
manenti animali, in grazia de’ piedi o delle zam-
pette, che hanno sempre di materia cornea, arti-
[Seite 221] colate anch’ esse, e costantemente in maggior nu-
mero di quello che osservisi mai nell’ altre Classi
d’animali, mentre, giunti a perfetta conformazione,
ne hanno per lo meno sei, ma alcune specie ne
hanno molte più, a tale che qualche volta arri-
vano perfino a centocinquanta.
A meno de’ tre pur testè addotti caratteri, si
può dire che, quanto al loro aspetto esteriore,
ben poche altre note occorrono negl’ Insetti, che
siano da ritenersi come comuni universalmente a
tutti. Il numero enorme delle loro specie, la in-
definita varietà delle rispettive loro destinazioni,
e quindi anche la estrema diversità del loro modo
di vivere, de’ loro bisogni, ec., non potevano
non esigere in essi una straordinariamente variata
conformazione, a riguardo della quale perciò le
specie ne differiscono moltissimo le une dalle al-
tre, a quel modo che ne differisce sommamente
eziandio la misura, o la mole relativa del corpo.
Perfino la loro pelle, o per dir meglio gl’ in-
tegumenti, onde osservarsene rivestiti i corpi, ne
vanno soggetti a diversità di gran lunga più nu-
merose e più manifeste di quello che non soglia
accader mai tra gli animali dell’ altre Classi. Molti
[Seite 222] ve n’ ha che portano una maniera di corazza, quasi
direbbesi imbricata, o sia compaginata d’un numero
più o meno grande di scaglie, o di parti lami-
nari connesse, e in parte ricoprentisi l’una l’al-
tra scorrevolmente, all’ uso de’ pezzi formanti una
così detta manopola, onde l’individuo, non solo ne
viene ad essere difeso da gran numero d’accidenti
o di circostanze, che in difetto non mancherebbono
di riuscirgli più o meno nocevoli, ma diventa in
qualche modo compensato della costante mancanza
delle ossa, che ne’ rimanenti animali servono di
appiglio a’ muscoli, di sostegno al corpo dal di
dentro, e così via discorrendo; alcuni ve n’ ha
che sono coperti di finissimo pelo, mentre altri,
quali sarebbono, per cagion d’esempio, le Far-
falle e simili, hanno le loro ali vestite di quel
tal quale piumino, che realmente è piuttosto da
riguardarsi come una congerie di minutissime squa-
me, facenti pompa bene spesso di superbi e sva-
riatissimi colori, che non formano al certo il più
spregievole de’ motivi, sul fondamento de’ quali si
può asserire che, appunto tra gl’ Insetti, effettiva-
mente diansi specie dotate d’una somma elegan-
za, e d’una quasi indescrivibile bellezza.
Differiscono poi ancora moltissimo gl’ Insetti, da
tutti quanti gli altri animali, a riguardo della strut-
[Seite 223] tura de’ loro organi sensorj1, e quindi assai pro-
babilmente eziandio per la maniera, nella quale
effettuansi e procedono le varie loro sensazioni,
o gli atti del sentire; a tale che parecchi Natura-
listi si lasciarono perfino indurre, comunque senza
fondamenti che bastino, a negar loro affatto al-
cuni de’ nostri soliti cinque sensi esterni, ed in
particolare quelli dell’ udito, e dell’ odorato o
dell’ olfatto, mentre i fatti provano il contrario,
sapendosi benissimo che molti fra essi, all’ epoca
de’ loro amori, effettivamente si chiamano o s’in-
vitano sesso con sesso, mercè della emissione di
una tal qual voce, d’un suono o d’un romore
speciale; come si sa del pari, in modo da non po-
terne dubitare, che moltissimi usano d’annasare o
fiutare attentamente le sostanze, che paransi loro
dinanzi, prima d’assumersele per cibo, e che
anzi ne sentono l’odore, tanto a qualche distanza
da loro, quant’ anche tenendole loro coperte e
con apposito artificio nascoste.
Gli occhi sono negl’ Insetti gli organi sensorj
che meritano d’essere con maggiore attenzione
esaminati, a riguardo segnatamente della loro con-
formazione, che può essere di due maniere. Di
fatto talora consistono essi in grandi e vistosi
emisferi, o mezzi globi, la superficie convessa
de’ quali è spesso tutta quanta, come suol dirsi,
faccettata minutissimamente, a segno che spesso
conterebbonvisi le migliaja di faccette, o in alcuni
casi è invece tutta coperta di punticine coniche,
spalmate nella loro faccia interna d’una tinta, ora
screziata, ed ora soltanto lucida o risplendente.
Di tal fatta sogliono essere appunto in generale,
non solo gli occhi della massima parte degl’ In-
setti forniti d’ali, ma quelli pure di parecchi In-
setti non alati, come a dire per esempio, quelli
del Gambero comune (Cancer astacus: fr. l’É-
crevisse: ted. der Flusskrebs: ing. the Craw-fish),
quelli dell’ Astaco vero, o Gambero di mare (Can-
cer cammarus: fr. l’Homard: ted. der Hummer:
ing. the Lobster), e parecchi altri. Gli occhi del-
l’ altra maniera, che riscontransi negl’ Insetti, e
che sogliono contraddistinguersi più volontieri col
nome di stemmi, o d’occhietti (stemmata – ocelli),
che non con quello d’occhi, riescono semplici,
piuttosto piccoli, e diversi poi, tanto a riguardo
[Seite 225] del loro numero, quanto anche a riguardo del
luogo ove sono collocati. I primi sembrano de-
stinati a veder meglio in distanza, e i secondi a
vedere più da vicino; o almeno questa conclu-
sione concorda a bastanza plausibilmente coll’ os-
servarsi che le Farfalle, svolte che abbiano le loro
ali, e giunte che siano così allo stato d’animali,
giusta la loro condizione, perfetti, sono sempre
munite di grandi occhi composti e telescopici,
mentre, finchè rimaneansi da prima nello stato di
bruchi, gli occhi ne furono sempre piccoli, e mio-
pi, o sia di vista cortissima. Ben poche sono le
specie d’Insetti che, come fanno per esempio i
Gamberi, ed alcuni altri, siano dotati d’occhi
mobili.
Que’ cornicini carnosi, o que’ tasti, che gl’ In-
setti portano sul capo, e che, sotto il convenuto
nome di Antenne1, in essi osservansi diversa-
mente conformati, non già soltanto nelle varie
specie, ma talora ben anche ne’ due sessi della
medesima specie, comunque alcuni Naturalisti ab-
biano voluto riguardarli quali organi speciali del-
l’ olfatto, del gusto o simili, sembrano altro non
[Seite 226] essere in fatto, come già l’accennatone nome di
tasti indicherebbe, se non i loro organi del tatto,
e potrebbero quindi contraddistinguersi, meglio
assai che col già tra di noi quasi universalmente
adottatone latino nome d’antenne, con quello di
tente o di tangenti, riescono di somma impor-
tanza per questi animali, a motivo del duro ed
insensibile loro esteriore integumento, e nella mas-
sima parte, molto più ancora in grazia della im-
mobilità de’ loro occhi. Sembra che, come noi
abbiamo all’ estremità delle dita delle mani l’or-
gono il più squisito del tatto, così gl’ Insetti ab-
bianlo appunto in queste così fatte loro antenne;
e poichè il più delle volte sono dessi destinati a
menare tutta, o gran parte della vita loro, allo
scuro o nelle tenebre, perciò, a quel modo che
veggiamo succedere ne’ ciechi, si direbbe che la
Natura abbia, al difetto dell’ azione della luce, vo-
luto in essi riparare, fornendoli di questo finissi-
mo tatto. Ma non può già dirsi la stessa cosa di
quegli altri organi, che gl’ Insetti quasi tutti, o
a meno di ben poche eccezioni, sogliono por-
tare presso alla bocca, e che chiamansi propria-
mente palpi (palpi), la precisa destinazione, o
il vero uso de’ quali rimane pur sempre dubbioso
assai, sebbene alcuni Naturalisti abbiano voluto
anche in essi scorgere speciali sensorj od organi
particolari de’ sensi.
Quanto all’ interna struttura o fabbrica del corpo
loro1, gl’ Insetti diversificano assaissimo da quella
degli animali di sangue rosso.
L’organo, per esempio, die si credette essere
il cuore de’ bruchi, non è altra cosa se non un
tubo o canale lunghetto d’ampiezza ineguale, e
situato lungo il filo della schiena, da cui non esce
però alcun vase arterioso, e quindi è affatto fuor
di dubbio, che anche la nutrizione deve in questa
maniera d’Insetti procedere in un modo tutto
particolare, e ben diverso da quello, secondo cui
procede ordinariamente la nutrizione negli animali
di sangue rosso.
Al contrario sono poi gl’ Insetti forniti d’innu-
merevoli vasellini aerei, che diconsi trachee, di
maravigliosa e finissima costruzione, e d’un nu-
mero straordinariamente grande di muscoletti, i
quali però non differiscono meno per la forma,
che pel colore, da quelli onde sogliono essere
provveduti gli animali di sangue rosso.
Comunque non sia meno indispensabile alla con-
servazione della vita negl’ Insetti, di quello che
per tutti quanti gli animali di sangue rosso, quella
continuata commutazione del gas acido carbonico
contro altrettanto gas ossigeno, della quale fem-
mo già precedentemente menzione al § 24, pure
pochissimi sono gl’ Insetti, ne’ quali scorgasi un
qualche movimento analogo a quello che negli al-
tri animali suol cagionare la respirazione, e tra
questi pochissimi, ci piace il citar qui ora come
esempii i Cancri, o i Gamberi (Cancer), i Grilli
e le Cavallette (Gryllus), alcune Cicale (Cicada),
e qualche Scarafaggio, o Scarabeo (Scarabaeus),
oltre a qualche altro ancora. Parlando così in ge-
nerale, gl’ Insetti non sogliono già respirare per
la bocca, ma bensì per mezzo di parecchi altri
appositi meati od aperture, che usiamo contrad-
distinguere col nome di spiracoli (spiracula)1.
I più di essi possono anche reggersi in vita nel
così detto vuoto, o vacuo Boyleano, per un tempo
di gran lunga maggiore di quello durante il quale
non vi reggerebbono gli animali di sangue rosso,
[Seite 229] e molti vivono eziandio a bastanza bene, quasi
come se si trovassero allora nel proprio loro ele-
mento, nella così detta moffetta, ossia nel gas azo-
to, e perfino in quel gas idrogeno carburato o
carbonioso, che non solo riesce sempre deleterio
per tutti quanti gli animali di sangue rosso e
caldo, ma che si sa benissimo quanto favorisca
sempre la putrefazione di tutte indistintamente le
sostanze così animali come vegetabili.
Il luogo sopra terra, o sotto terra1, ove gl’ In-
setti sogliono tenersi ad abituale dimora, è, par-
lando così in generale, di gran lunga meno limi-
tato di quello che nol sia mai in qualsivoglia altra
Classe d’animali. Gli stessi corpi di poco meno
che tutti gli animali di sangue caldo servono
bene spesso superficialmente d’abitazione a pa-
recchi Insetti parassiti, e perfino gl’ Insetti di mag-
gior mole, come a dire per esempio gli Scara-
faggi o Scarabei (Scarabaeus), le Api (Apis),
e altri così fatti, portano anch’ eglino sul corpo
[Seite 230] le loro tignuole, vermicelli od Acari (Acarus),
i proprj loro Pidocchi o Pedicelli (Pediculus),
e simili. Pochissime sono pure le piante che, co-
me forse il Tasso (Taxus), la Sabina? (Juniperus
sabina? ted. der Sevenbaum), o il Licopodio piano
(Licopodium planum), e la più parte de’ Muschi
foliacei o frondosi (Muscus frondosus), ed alcuni
altri, non prestino domicilio sopra di sè a qualche
specie cognita d’Insetti, e anzi parecchie, come per
esempio, la Quercia (Quercus robur), ne sogliono
essere abitate, o almeno visitate temporariamente,
da più di cento specie diverse. Sebbene però gli
Insetti, considerati in complesso, siano, come si
è detto, sparsi, disseminati e diffusi sopra tutta
quanta la superficie del Globo nostro terracqueo,
pure a molte specie isolate è stato invece asse-
gnato esclusivamente un domicilio ristretto e af-
fatto limitato, non solo sopra certi determinati ani-
mali, o sopra certe piante, ma talora perfino so-
pra alcune distinte parti di quegli animali o di
quelle piante medesime.
Piccolo assai è il numero delle specie d’Insetti
che usino di vivere in società, o in forma di as-
sociazioni, gl’ individui componenti le quali assi-
stansi vicendevolmente nell’ ordinarie loro faccende
comuni. Per la massima parte attendono essi, in-
dividualmente isolati, a’ fatti loro, ed alcuni ve ne
[Seite 231] ha che, come i Ragni (Aranea), sebbene tro-
vinsi, finchè sono piccini, in società copiosissime e
talora anzi quasi innumerevoli, pure ben presto si
separano per non riunirsi più mai, e per con-
durre poi affatto isolati tutto il rimanente della
loro vita, a meno dell’ epoca delle loro nozze o
de’ loro amori, che suol essere, precisamente la
sola occasione in cui l’uno coll’ altro gl’ individui
della medesima specie, ma di sesso diverso, s’in-
contrino ed abbiano che fare insieme.
Nel precedente § 36, all’ occasione ch’ ebbimo
a ragionare dell’ istinto industrioso degli animali, si
è già fatto parola delle mirabili costruzioni, e degli
edificii che molt’ Insetti sanno approntarsi ad uso
di abitazioni o d’altro, e qui ora soggiugneremo
essere ben pochi gli animali di questa Classe che,
almeno una volta, e in una certa determinata
epoca della loro vita, non si trovino alla necessità
di dare un saggio di questa loro naturale attitu-
dine ad un proprio loro artificio industrioso. Così
accade per esempio della Tarma comune, detta
anche Tarlo o Tignuola de’ vestiti (Phalaena sar-
citella), e delle Mosche farfalline, o delle Friga-
nee (Phryganea), che, quando sono ancora nel
loro stato di Larva, costruisconsi un edificio atto
a servir loro d’abituro e in qualche modo di
[Seite 232] difesa; così succede d’altri Insetti che, per subire
la loro metamorfosi, e per sostenere il lungo sonno
che ne precede lo svegliamento o il risorgimen-
to, approntansi una maniera di letto idoneo, o
veramente ravvolgonsi od inviluppatisi in un boz-
zolo, o simili; così veggionsene altri, alla maniera
de’ Formicaleoni, o de’ Mirmeleoni formichieri
(Mirmeleon formicarius), disporre trappole, altri
alla foggia de’ Ragni (Aranea), tender reti, onde
impossessarsi rispettivamente delle loro prede, ed
altri, come usan fare gl’ Idrocantari o Ditici (Dy-
ticus), ed anche alcuni Ragni (Aranea), colla
previdenza d’assicurare nel miglior modo possi-
bile la loro prole, approntar tasche, sacchi o nidi
vuoti, ne’ quali poscia depongono le loro uova,
colla fiducia che abbiano a riuscir salve. Alcuni
ve n’ ha alla perfine che, vivendo in società, a
forze riunite costruisconsi in comunione domicilii
od abituri, nell’ erezione regolare e sempre uni-
forme de’ quali sfoggiano una costante osservanza
delle leggi le più precise ed esatte d’una geome-
tria innata.
A riguardo poi della maniera di nutrirsi che
gl’ Insetti osservano, consta manifesto ch’ eglino
non hanno già soltanto per iscopo principale di
nutrirsi individualmente, come per la massima loro
parte fanno gli animali di sangue rosso, ma che
[Seite 233] sono in modo affatto speciale destinati a consu-
mare onninamente le materie organiche, mentre
è forza ch’ essi divorino o consumino quanto loro
si para dinanzi, ad un tempo per satollarsi, per
distruggere le putrescenti carogne, per diminuire
il numero soverchio d’altri dannosi Insetti viven-
ti, per minorare la quantità d’erbe nocive, e
così via discorrendo; destinazione importantissima,
appunto a soddisfazione della quale vedesi che,
oltre alla quasi innumerevole copia delle specie
che già ne esiste, moltissime si vanno propagando
a dismisura, molte ne sono dotate d’una indici-
bile e pressochè violenta voracità, e molte altre
offrono una inconfrontabile facilità di digerire quasi
sul fatto le materie ingeste; facilità che viene an-
che meglio comprovata dalla somma brevità del
loro canale alimentare. È notissimo, per esempio,
che un bruco può, nello spazio di sole ventiquat-
tr’ ore, consumare il triplo del proprio suo peso
d’alimenti. – Aggiungasi che gli organi della ma-
sticazione sono negl’ Insetti di gran lunga più sva-
riati essi stessi di quello che non sogliano esserlo
mai in qualsivoglia altra Classe d’animali, mentre
alcuni ne sono muniti di mandibole, o mascelle
(maxillae) mobili lateralmente e guernite di denti,
altri invece hanno un grifo o grugno corneo, ter-
minante in una punta quasi alla maniera di becco
carnoso (rostrum), altri portano una sorte di
proboscide (proboscis) di ampia apertura, ed altri
[Seite 234] finalmente ne sono forniti di quella che, comun-
que spiralmente ravvolta in sè, suole denominar-
sene la lingua o la linguetta, e così via discor-
rendo.
Perchè siano a portata di difendersi da’ loro
nemici, alcuni Insetti, come per cagion d’esempio,
le larve de’ Ragni, sono disposti in modo da in-
gannarli colla loro figura; altri li illudono del
pari in grazia del colore che hanno, analogo af-
fatto a quello delle piante sulle quali vivono1, e
dalle quali perciò, in certo qual modo occultati,
con somma difficoltà si distinguono; altri, quando
sono assaliti, diffondono all’ intorno di sè, e con-
tro al nemico, un odore forte assai e in sommo
grado spiacevole; altri trovano la loro difesa nella
possanza stessa della vita sociale che menano per
loro abitudine connaturale; altri difendonsi effet-
tivamente mercè della mirabile forza individuale
di che sono provveduti, e che all’ occasione svi-
luppano meglio che mai, e così via via; ritenendo
che molti di essi sono bene spesso stati dalla Na-
tura, appunto a tale effetto, provveduti d’armi
opportune, come a dire, per cagion d’esempio,
[Seite 235] di cornicini conformati a foggia di tenaglie, o di
un pungiglione, e finalmente in qualche speciale
circostanza, perfino di veleno.
La maniera di riprodurre la propria specie offre
anch’ essa negli Insetti moltissime singolarità degne
di essere conosciute. Così, a cagion d’esempio,
succede talora che il maschio e la femina della
medesima specie sono così diversamente confor-
mati che, lunge dal supporre che siano dalla Na-
tura destinati ad accoppiarsi insieme, quasi piglie-
rebbonsi per animali di specie affatto distinta l’uno
dall’ altro; e così pure accade che in certe altre
specie d’Insetti, come a dire nelle Api (Apis),
ed in alcuni altri Imenopteri, gl’ individui pel
massimo loro numero riescono neutri, o affatto
destituti di organi sessuali, vale a dire che sono
stati generati, e nacquero effettivamente, senz’ essere
perciò stati destinati essi stessi nè a concepire, nè
a generar mai, in qualsivoglia epoca della vita loro.
Anche sull’ atto stesso dell’ accoppiamento scor-
gesi in certi Insetti alcun che di loro proprio par-
ticolare. Così in un buon numero di specie questo
atto compiesi volando, e anzi in certune le fe-
[Seite 236] mine non trovansi munite d’ali se non precisa-
mente per quel tratto di tempo, durante il quale
sono elleno destinate ad attendere ad una tale
opera. Generalmente parlando, si può dire che
questa maniera d’animali viva quasi in uno stato
di monogamia sforzata, in quanto che a’ singoli in-
dividui non è dato d’accoppiarsi se non una volta
sola durante la vita loro, e la morte diviene in
essi una conseguenza così sicura della fruizione
venerea, che, volendo, si può prolungarne la vita
col semplice artificio d’impedirne l’accoppiamento.
Tra l’altre particolarità, che ci offre negl’ In-
setti il processo della propagazione della specie,
non è da tacersi tampoco la quasi mostruosa mole
a cui, durante la pregnazione, la femina ne per-
viene in molti, come accade, per pur citarne alcu-
ni, a cagion d’esempio, negl’ Insetti dalla Cocciniglia
(Coccus cacti, ed altri analoghi), nel Pulce delle
sabbie (Pulex penetrans), e simili, ma soprat-
tutto poi nelle così dette Formiche bianche, ossia
nelle Termiti (Termes fatalis), la femina delle
quali, al momento di metter giù le ova, contasi
che abbia la pancia fin oltre a duemila volte più
voluminosa, di quello che non l’avesse prima di
essere fecondata.
Gl’ Insetti sono per la massima parte ovipari,
e un mirabile istinto sembra guidarne costante-
mente le madri a deporre, con opportunissima pre-
videnza, le loro ova in certi determinati luoghi,
che si osserva essere sempre i più confacenti che
nelle circostanze attuali fosse possibile di trasce-
gliere pe’ bisogni della prole nascitura. Alcune ve
n’ ha che introducono l’ova, a cagion d’esem-
pio, nel corpo d’altri Insetti di specie diversa
dalla loro, o ne’ Bruchi, o nelle Crisalidi, e così
via discorrendo, e perfino nelle stesse ova d’In-
setti di specie affatto differente dalla loro; onde
è poi che effettivamente hannosi esempii di Mo-
scherini di diversa natura, sbucciati, invece de’ pic-
cioli Bruchi (Ringelraupe), dall’ ova che alcuni altri
Insetti avevano innicchiato nella corteccia, o in al-
tre parti d’una pianta arborea. Le ova di certi
Insetti, e segnatamente poi quelle delle Farfalle,
sono qualche volta assai stranamente conformate
e disegnate, e se la madre è costretta di deporli
all’ aria libera, ne vengono anche spalmate, e quasi
direbbesi, intonacate d’una sorte di vernice, allo
scopo che la pioggia non abbia a danneggiarle so-
verchiamente, e che le intemperie, o qualche altro ac-
cidente, non abbiano troppo agevolmente a distrug-
gerle, o a farle mancare dell’ effetto, al quale erano
[Seite 238] destinate. Soli ben pochi sono gli esempi cogniti
d’Insetti vivipari, o che partoriscano viva la prole
loro, ma ve n’ ha bensì parecchi che, come i così
detti Pidocchi delle piante, ossiano gli Afi (Aphis),
possono, a norma delle speciali circostanze nelle
quali si trovano, riprodurre la propria specie, tanto
nell’ uno, quanto nell’ altro modo.
Un altro fenomeno singolarissimo, e che può
dirsi quasi esclusivamente proprio di questa Classe
d’animali, con tanto maggior ragione che nelle
altre non accade d’osservarlo (come accennammo
già, tanto nella annotazione apposta al precedente
§. 72, generalità sugli Uccelli, quant’ anche al
§. 94, generalità sugli Anfibj, e parimenti al
§. 116, generalità sui Pesci), se non di gran
lunga più di rado e meno palmare, si è quella
loro trasformazione, o mutazione di forma, che
suole indicarsi col nome di metamorfosi. Non vi
ha esempio d’alcun Insetto alato, che sbucci tal
quale immediatamente dall’ uovo, ma tutti indi-
stintamente, e la stessa cosa si verifica poi anche
di alcuni altri Insetti non mai provveduti d’ali,
è forza che, in certe determinate epoche della vita
loro, soggiacciano ad una qualche maniera di tras-
formazione, o di questa così fatta metamorfosi, e
allora appunto con questo spediente, non solo
[Seite 239] l’esterna conformazione, ma ben anche l’organiz-
zazione interna di questi animali (tutto che tale
non sia l’opinione la più universalmente inval-
a in proposito), ravvisansi alterate o cangiate1
in un modo, che sarebbe troppo difficile di con-
ciliare2 coll’ opinione de’ germi preesistenti da noi
menzionata fino da bel principio al §. 7.
La prima forma che gl’ Insetti soggetti a qual-
che metamorfosi, assumono nell’ atto di sbuc-
[Seite 240] ciare dall’ uovo, è quella, come suol dirsi, di
Larva. In questa forma per lo più sono dessi da
principio estremamente piccoli, per modo che, a
cagion d’esempio, il Bruco del Salice, quand’ è
perfettamente ingrandito, si calcola pesare settan-
taduemila volte più di quel che pesasse quando
era appena uscito dall’ uovo in forma appunto di
Larva. Crescono però generalmente queste Larve
tanto più presto, quanto da principio sono più
piccole ed esili; e quindi è che, per esempio,
come suol dirsi, il baco, o la Larva della così detta
Mosca delle beccherie, o Mosca vomitoria (Musca
vomitoria: fr. la Mouche à viande: ted. die blaue
Schmeissfliege), ventiquattr’ ore sole dopo essere
sbucciata dall’ uovo, riesce già cento cinquanta-
cinque volte più pesante di quel che il fosse al
primo uscirne.
Qualche volta tali Larve sono munite di piedi,
e così sono effettivamente quelle che diconsi rughe,
o i Bruchi, ma talora non ne hanno tampoco la
traccia, come succede ne’ propriamente così detti
bachi o bacherozzoli. Esse non hanno mai svi-
luppate per anco le ali, e finchè restano in que-
sta forma, non possono riguardarsi come atte in
nessun caso alla riproduzione della propria specie;
di modo che altro desse non fanno, se non nu-
trirsi e crescere; ma in questo intervallo mutano
poi parecchie volte la loro pelle, o soggiacciono,
come appunto suol dirsi, a parecchie mute.
Le Larve nella prima loro metamorfosi, o tras-
formazione, si cangiano in Ninfe. Alcuni Insetti
soltanto in questo loro stato sono atti a muo-
versi ed a nutrirsi, ma gli altri, racchiudendosi in
forma di Crisalide (Chrysalis – Aurelia), passano
affatto inerti questa parte della loro vita dormen-
do costantemente assopiti od immersi in un pro-
fondo letargo, o come usano dire i Tedeschi,
sonno di morte (Todeschlaf), senza pigliare al-
cun nutrimento, e senza muoversi mai menoma-
mente dal luogo ove sono.
Però egli è precisamente in quel tempo, du-
rante il quale la Ninfa dell’ Insetto mostrasi af-
fatto insensibile, e quasi direbbesi, assiderata o ir-
rigidita per entro al suo guscio od involucro este-
riore, che succede quella grande Palingenesia, o che
hanno luogo quegl’ importantissimi cangiamenti,
che occorrevano per ridurre, dal primitivo suo stato
di Larva, l’individuo o la creaturina racchiusavi,
allo stato d’Insetto perfetto (Insectum declaratum
– imago), quale effettivamente a tempo oppor-
tuno esce poi desso da tale sua prigione. Alcuni
Insetti compiscono assai brevemente, e talvolta
[Seite 242] in poco d’ora, quest’ ultimo periodo della vita
loro, e parecchi, quand’ escono dal loro guscio
di Larva, non sono più tampoco provveduti della
bocca, e quindi, non potendo mangiare, non sono
più oltre suscettibili di crescere di mole; e di que-
sti si può ben dir con ragione, che fino dal loro
stato di Larva abbiano riempiute tali due destina-
zioni comuni ad ogni qualunque corpo organiz-
zato, sicchè, divenuti che siano Insetti perfetti,
non rimane più loro se non la terza, vale a dire
quella d’attendere alla propagazione della specie,
e a pena soddisfattovi, muojonsene, e cedono così
il luogo alla loro posterità.
Il vantaggio, onde si può in realtà ritenere che
gl’ Insetti siano sorgente immediata agli uomini,
o che rechino essi direttamente all’ uman genere,
è per verità assai poco complesso, e semplice af-
fatto1; ma la loro utilità per noi diviene invece
grandissima, e anzi, diremmo quasi, tale da non
potersene così di leggieri calcolare il grado d’im-
portanza, ove solo pongasi mente al gioco vi-
stosissimo, che animalucci, spesso cotanto esili,
e talora così poco da noi medesimi rimarcati e
conosciuti, esercitano in complesso sulla generale
[Seite 243] economia della Natura. Ed in vero son dessi prin-
cipalmente quelli che distruggono una indicibile
quantità d’erbe nocive, parte consumandone i ger-
mi, e parte mangiandosele quando sono sviluppate
e cresciute, onde n’è impedita, così la soverchia
moltiplicazione, come il crescere ulteriore di buon
numero delle già nate. Molti ve n’ ha poi, che ci
riescono d’un vantaggio assolutamente incompu-
tabile, perchè, nati a cibarsi di cadaveri o di ca-
rogne, menando la vita loro negli sterquilinj, nei
letamaj, ed in altre così fatte immondezze, si può
dire che consumino, disperdano, ed elaborino le
sostanze animali racchiusevi, correggendone l’in-
dole putrida, ripugnante e deleteria; di modo che,
così adoperando, impediscono da un canto che,
l’aria atmosferica circumambiente ne rimanga in-
fetta, mentre dall’ altro favoreggiano in generale
la migliore concimazione del terreno. Ed è precisa-
mente in tale riguardo che, per cagion d’esem-
pio, la Mosca delle macellerie, la Mosca de’ cac-
chioni, o la Mosca vomitoria (Musca vomitoria)
viene considerata come in sommo grado utile e
vantaggiosa ne’ paesi caldi.
D’altra parte moltissimi Insetti contribuiscono in
mirabil modo efficacissimamente a promuovere e fa-
cilitare la fecondazione di certe piante1; ed è ap-
[Seite 244] punto dietro a tale principio che possiam giovarci,
per esempio, d’un Insetto del genere de’ Cinips, o
de’ Gallwespen de’ Tedeschi, vale a dire del Cinips
psene (Cynips psenes) per sollecitare la maturazio-
ne de’ Fichi; parecchi ne sono spesso adoperati a
foggia d’esca da’ Pescatori per pigliare il Pesce
coll’ amo; alcuni, come a dire i Cancri, ossiano
i Gamberi ed i Granchj (Cancer cammarus – C.
astacus – C. squilla, ed altri diversi), e certe
Locuste, o vogliansi dire Cavallette, o specie di
Grilli (Gryllus migratorius, oltre a qualche al-
tro), e simili, servonci bene spesso di cibo, ora
per bisogno, ora per elezione, ed ora per con-
suetudine invalsa soltanto in qualche speciale lo-
calità. Così del pari, il mele fornitoci dalle Api
(Apis) viene adoperato, non meno in molti paesi
dell’ Europa nostra, di quello che nelle regioni
centrali dell’ Affrica, onde prepararne la bevanda
che chiamiamo usualmente Idromele; adoperiamo
la seta, che porgonci ne’ loro bozzoli specialmente
i così detti Bachi da seta, o le Falene del Gelso
(Phalaena Mori – olim Bombyx), ora per for-
marne del tutto, ed ora per ornarne le diverse
parti o i varj oggetti del nostro vestito, ed anche
per molti altri usi; ci approfittiamo con sommo
vantaggio de’ superbi ed eccellenti colori, de’ quali
certi altri Insetti porgonci la materia prima, come
succede dello Scarlatto, onde andiamo debitori
alla Cocciniglia, o precisamente a quel Gallin-
setto che porta ora il nome scientifico di Cocco
[Seite 245] del Cacto (Coccus cacti), e così via discorrendo.
Aggiungasi poi ancora a tutto questo, che il nostro
inchiostro, come eziandio i migliori bagni per tinte
nere, sogliono farsi principalmente con quelle galloz-
zole, che il volgo chiama Noci di galla, e che altro
non sono in fatto se non produzioni morbose di pian-
te intaccate dall’ Insetto della galla (Cynips quercus-
folii); che adoperiamo la cera, altra produzione
somministrataci dalle Api, per farne candele, tor-
cie, getti figurati, e per altri usi diversi; che alcuni
Cocchi o Gallinsetti ci servono, a quel modo me-
desimo della Lacca fornitaci da Cocchi indigeni del-
l’ Indie Orientali, a prepararne, oltre ad ottime ver-
nici, la così detta Cera lacca o Cera da sigilli, e al-
tre così fatte cose; che in uso medico vengono
spesso adoperati altri Insetti, perciò risguardati co-
me abbastanza importanti, vale a dire soprattutto
le Cantaridi, o Cantarelle, o il Meloe vescicatorio
(Meloe vesicatorius – aliter Lytta vesicatoria),
il così detto Millepiedi, ossia l’Onisco asello
(Oniscus asellus – olim Millepeda), ed alcune
Formiche (Formica nigra – F. rubra – F. rufa,
ed altre ancora); ch’ è stato in questi ultimi tempi
decantato quale ottimo alessifarmaco, o anzi spe-
cifico, contro l’idrofobia, lo Scarabeo untuoso, o
il Maggiolino untuoso, ossia il Meloe proscarabeo
(Meloe proscarabaeus), come diversi altri Sca-
rafaggi o Scarabei vengono ora raccomandati con-
tro l’Odontalgia o il mal de’ denti.
Comunque immensi siano effettivamente i van-
taggi di che in generale gl’ Insetti ci sogliono es-
sere cagione, non è però da tacersi d’altra parte,
che talora alcune loro specie ci producono danni
gravissimi. Egli è per esempio incontrastabile che
certe specie d’Insetti nuocono estremamente ai
frutti della terra, rendono trista, cattiva o misera
affatto la raccolta annuale, e distruggono, come
sogliono appunto fare le Locuste, o i Grilli di
passata (Gryllus migratorius), non solo ciò che
v’ ha di seminato, ma quanto mai parasi loro di-
nanzi. Alcuni Insetti danneggiano, più che altro,
le biade, mentre altri, come a dire i Bruchi, le
Mordelle (Mordella aculeata), o i Pulci terrestri
(Chrysomela oleracea: ted. die Erdflöhe), i
Maggiolini, o Scarabei melolonta (Scarabaeus me-
lolontha), gli Assilli (Asilus crabroniformis) e
i Grillotalpe (Gryllus gryllotalpa – per altri
Acheta), molte rughe, e simili, nuocono alle piante
d’orto, o di giardinaggio, che diconsi oleracee;
altre rughe, o Bruchi, o Bachi, o Larve di Sca-
rafaggi, e così via discorrendo, nuocono special-
mente a’ fruttaj o agli alberi da frutta; le Coccole,
o alcuni Gallinsetti, che diconsi ora Cocchi, nuocono
in particolare agli agrumi; le Larve di parecchie
specie di Dermesti (Dermestes typographus – D.
[Seite 247] piniperda, e altri varj), e i Bruchi lignivori, nuo-
cono in complesso a tutti i legnami; le Formi-
che (Formica), tutti quanti i Bruchi erbivori,
e altri così fatti Insetti, nuocono soprattutto alle
praterie; i nostri così detti Bordocchi, o Cacher-
lacchi, o Blatte orientali (Blatta orientalis) nuo-
cono, più che altro, alle vettovaglie, al pane bel-
l’ e fatto, e in generale a’ commestibili; le For-
miche bianche, o le Termiti (Thermes fatalis), e
simili, nuocono a’ mobili di casa, e agli utensili
di legname o d’altro; le tarme, o le tignuole, o
meglio le Falene de’ vestiti (Phalaena sarcitella
– P. pellionella, ed altre parecchie), nuocono
più che a qualsivoglia altra cosa, agli oggetti che
ci servono di vestito, come a dire a’ panni di la-
na, alle pelliccie e simili; le Larve di parecchi
piccoli Scarafaggi danneggiano di preferenza i libri,
e molti degli oggetti di Storia naturale che con-
servansi ne’ gabinetti e ne’ musei; finalmente han-
novi ancora alcune specie d’Insetti, nocive sem-
pre, le quali, a quel modo che i Francesi compren-
donle sotto la generica denominazione di Vermine,
sogliono da’ Tedeschi chiamarsi complessivamente
Ungeziefer, come, considerandoli in massa, po-
tremmo chiamarli noi pure Insetti parassiti, e che
hanno per indole propria di riuscire immediata-
mente d’incomodo, quale agli uomini, quale ai
cavalli, o alle pecore, o a’ polli, e agli altri ani-
mali domestici, e quale perfino a diversi Insetti
[Seite 248] utili, come a dire alle Api (Apis), a’ Bachi da
seta (Phalaena mori), e ad altri così fatti; e che
hannovene poi ancora alcuni pochi, che riescono
pericolosi, e talora terribili, a motivo del veleno
onde sono provveduti, come gli Scorpioni (Scor-
pio afer – S. europaeus), e simili.
Anche per questa Classe d’animali ho io creduto
ben fatto di attenermi, più volontieri che a quale
altra vogliasi, alla distribuzione sistematica propo-
stane già dal sommo Linneo, con questa diversità
però, che farò che qui ora, tenendo dietro alle
plausibilissime innovazioni introdotte dal valente
Lamarck, e da altri recenti Entomologisti francesi,
i Ragni, gli Scorpioni, i Cancri o Gamberi, e si-
mili, vale a dire gli Aracnidi ed i Crostacei (les
Arachnides, et les Crustacées appunto di quei
Francesi), effettivamente distinti affatto dagli altri
Insetti più propriamente detti, abbiano da chiu-
dere l’Ordine degli Apteri, che è il settimo, e
anzi l’ultimo della Classe.
Diremo pertanto che gl’ Insetti tutti possono
distribuirsi ne’ seguenti sette Ordini distinti:
Ordine I. Coleopteri, e così in generale anche
Scarafaggi, (Coleoptera: fr. les Coléopteres:
ted. die Coleopteren – Käfer: ing. the coleo-
pterous Insects). Il corpo ne suol essere quasi
[Seite 249] sempre rivestito esteriormente tutto quanto da
un integumento di sostanza cornea; quando non
volano, questi Insetti tengono chiuse l’ali loro
pieguzzate, che restano poi anche occultate,
e in certo tal qual modo riparate o difese da
due coperchj o da due fodere anch’ esse di
sostanza cornea, che diconsi Elitri (Elytra),
raggiugnentisi in una linea retta longitudinale
nel bel mezzo del corpo lungo la schiena, e
formanti così quasi come un astuccio che le
racchiude.
II. Emipteri (Hemiptera: fr. les Hémiptéres:
ted. die Hemipteren: ing. the hemipterous In-
sects). Questi portano sempre quattro ali, dure
soltanto per una loro metà, e del resto somi-
glianti alla pergamena, ora tutte quattro pro-
cedenti affatto dritte e distese secondo la me-
desima direzione, ed ora disposte a due per
due in senso opposto l’une alle altre, per modo
che vengono così a formar insieme, quasi di-
rebbesi, una croce. Un buon numero degl’ In-
setti compresi in quest’ Ordine va munito di
mascelle, o, come potrebbe dirsi più conve-
nientemente, di tanaglie (maxillae: ted. Fress-
zangen) alla bocca, mentre gli altri hanno in-
vece piuttosto un grugno, o un grifo acuminato,
più o meno lungo, e simile ad un becco (ro-
strum) propriamente detto.
III. Lepidopteri (Lepidoptera: fr. les Lépidoptères
– les Papillons: ted. die Lepidopteren – Schmet-
terlinge: ing. the lepidopterous Insects). Il cor-
po n’è sempre di sostanza molle, tenera e de-
licata, tutto quanto coperto d’una morbidis-
sima peluria, o d’una maniera di piumino so-
praffino, e portano dessi quattro ali costante-
mente spiegate o distese, tempestate d’un pol-
viscolo a squamette minute e screziate di più
colori.
IV. Nevropteri (Neuroptera: fr. les Nevroptéres:
ted. die Neuropteren: ing. the neuropterous
Insects). Questi portano costantemente distese
quattro ali membranose, pellucide e reticolate
nella loro compage, o traversate da nervature
lineari, dirette le une in senso opposto alle al-
tre, ed anastomosantisi ad angoli sempre ret-
tilinei, per modo che vengono a rappresentare
in piccolo una graticcia, o un’ inferriata.
V. Imenopteri (Hymenoptera: fr. les Hyméno-
ptéres: ted. die Hymenopteren: ing. the hi-
menopterous Insects). Gl’ Insetti di quest’ Or-
dine quinto sono muniti anch’ essi ciascuno di
quattro ali membranacee pellucide, ma tutte
quante venate, o attraversate da venuzze rami-
ficate, procedenti in senso mistilineo, e spesso
incrocicchiantisi vicendevolmente.
VI. Dipteri (Diptera: fr. les Diptéres: ted. die
Dipteren: ing. the dipterous Insects). Questa
[Seite 251] maniera d’Insetti porta, come carattere dell’ Or-
dine, d’aver sempre due sole ali nude, e non
ricoperte o difese mai da Elitri, o da qualsi-
voglia copertura.
VII. Apteri (Aptera: fr. les Aptéres: ted. die
Apteren: ing. the apterous Insects). Gl’ In-
setti appartenenti a quest’ ultimo Ordine sono
costantemente sprovveduti d’ali.
annotazione. A molti raccoglitori d’Insetti può
per avventura tornar gradita ed interessante la noti-
zia, che qui perciò loro procuro, vale a dire che
questo abilissimo fabbricatore di aghi, il Sig. Fehler,
appunto di Gottinga, non solo fornisce dalla propria
[Seite 254] fabbrica aghi squisitamente adattati per la prepara-
zione degl’ Insetti d’ogni maniera, ma si occupa
eziandio, con sollecitudine pari alla somma intelligenza
acquistatane, di raccogliere gl’ Insetti che frequentano
i nostri dintorni, facendone parte assai volentieri
agli Amatori e Dilettanti che gli se ne mostrino de-
siderosi.
Gl’ Insetti appartenenti a quest’ Ordine1,
sogliono così complessivamente chiamarsi
Scarabei, o anche Scarafaggi tutti quanti,
sebbene il nome di Scarabeo ritengasi co-
me più propriamente applicato soltanto al
primo genere d’Insetti racchiusivi; la Lar-
va ne ha la bocca armata di tanaglie o di
mascelle, e nella massima parte di tali In-
setti è munita di sei piedi o di sei zam-
pettine attaccate al torace, comunque in
alcune determinate specie, e segnatamente
poi ne’ Capricorni o Cerambici (Cerambyx),
sia dessa affatto senza piedi, e rappresenti
[Seite 256] quindi, più che altro, un Baco, come suol
dirsi, o un Verme; essa passa il più delle
volte allo stato di Ninfa o di Crisalide sot-
terra, e dentro alla terra che aveasi, ap-
punto a tal effetto, precedentemente sca-
vata di per sè, o veramente spingesi per
entro alla sostanza lignea degli alberi, co-
me fanno i qui sopra citati Capricorni o
Cerambici. Dalla Crisalide sbuccia poi a
suo tempo l’Insetto, perfetto bensì quanto
alle forme e alla vera sua destinazione,
ma molle, tenero e delicato assai da bel
principio; la pelle però rimanendo esposta
all’ aria, va facendosene sempre più densa
e resistente, di modo che entro breve spa-
zio di tempo rendesi dura quanto convie-
ne. L’Insetto perfetto ha esso pure munita
la bocca di mascelle o di tanaglie, come
dicemmo che avea già la sua Larva, ed è
in oltre provveduto di due coperchietti
dell’ ali, o secondo che suol dirsi scientifi-
camente, di due Elitri densi e duri, di
materia cornea.
GENERE I. Scarabeo, od anche Scarafaggio
(Scarabaeus: fr. Hanneton – e talora anche
Escarbot: ted. Käfer: ing. Beetle). Gl’ Insetti
[Seite 257] racchiusi in questo genere hanno sempre in forma
di clava le loro antenne, colla testicciuola fissile
(antennae clavatae capitulo fissili), e il più
delle volte hanno anche come denticolate le tibie
anteriormente (tibiae anticae saepius dentatae).
SPECIE 1. Scarabeo Ercole (S. Hercules –
Geotrupes hercules di Fabricius: fr. le Hanne-
ton Hercule: ted. der Hercules Käfer?: ing. the
Herculian Beetle?). – Questa specie è munita di
scudetto (Scar. scutellatus); ha il torace o, come
altri amano meglio di dire, il corsaletto, munito
d’un corno grandissimo, curvato all’ ingiù e verso il
di dentro, avente un solo dente per di sotto (tho-
racis corna incurvo maximo; subtus unidentato),
e porta poi sul capo un altro corno curvato al-
l’ indietro, e facente pompa di molti denti per di
sopra (capitis cornu recurvato; supra multiden-
tato). (Vedi Roesel, Vol. IV. Fig. 3.).
È dessa indigena del Brasile, e ci presenta uno
degli Scarabei più voluminosi, mentre la Larva non
ne suol essere men grossa d’un buon pollice.
Gli individui ne variano soprattutto a riguardo
del colore, che può esserne verde pallido, verde
sporco, verde scuro, e così via discorrendo.
SPECIE 2. Scarabeo Atteone (S. Actaeon –
Geotrupes acteon di Fabricius: fr. le Hanneton
Actéon: ted. der Acteon Käfer: ing. the Acteon
Beetle). – Questa specie è essa pure munita di
scudetto; ha armato di due corna il torace, come
[Seite 258] un altro ne porta in sul capo, avente un dente
solo, e terminante poi bifido alla estremità. (Vedi
Roesel Vol. II. Tav. A. Fig. 2. tra’ suoi Erdkäfer, ossiano
Scarabei terrestri.)
Ha dessa comune affatto la patria colla specie
precedente.
SPECIE 3. Scarabeo lunare (S. Lunaris – Co-
pris lunaris di Fabricius: fr. le Hanneton lunaire:
ted. der Mondkäfer?: ing. the Moon-beetle?).
– Questa specie non porta scudetto; ma ha in
vece il torace armato di tre corna, delle quali
quella che sta nel mezzo termina bifida all’ estre-
mità che n’è alquanto ottusa, ed ha poi un altro
corno dritto e verticale in sul capo, ed uno scudo
emarginato. (Vedi Frisch, P. IV. Tab. 7.).
Abita dessa, frequentissima tra di noi, or nelle
praterie ed ora ne’ pascoli, e soprattutto poi, e
ben più volontieri che altrove, ne’ balani di sterco
vaccino, colle abrasioni de’ quali, come fanno
eziandio diverse altre specie analoghe di Scarabei,
forma pallottole vuote nell’ interno, che, introdu-
cendovi un uovicino in ciascuna, seppellisce poi
sotterra isolate, affidandole ed assicurandole alle
radici de’ vegetabili erbacei.
SPECIE 4. Scarabeo nasicorno (S. Nasicornis
– Geotrupes nasicornis di Fabricius: fr. le
Scarabée nasicorne: ted. der Nashornkäfer:
ing. the nosehorned Beetle). – Questa specie
è munita dello scudetto; ha sul torace tre di-
[Seite 259] stinte prominenze (thorace prominentia triplici);
porta sulla testa un corno solo incurvato (capitis
cornu incurvato), ed ha le antenne compaginate
di sette foglietti (antennis heptaphyllis) – (Vedi
Roesel, Vol. II. Specie 1. de’ suoi Erdkäfer, ossiano Scarabei
terrestri. Tab. 7. Fig. 8. e 10.).
Ci offre questa il più grande degli Scarabei
indigeni de’ nostri climi, il quale ben di rado
mettesi al volo. Rinviensi desso frequentemente, in
forma di Larva, nella così detta vallonea o nel
materiale di cui si fa uso per conciar le pelli, e
ne’ vuoti che spesso incontrarsi ne’ tronchi degli
alberi. In molti paesi questo Scarabeo suol anche
recar danni gravissimi alle vigne.
SPECIE 5. Scarabeo Sagro (Scarabeus Sacer –
Ateuchus sacer di Fabricius: fr. le Scarabée sacré
– le Bousier sacré: ted. der heilige Käfer?: ing.
the holy Beetle?). – Questa specie non porta
scudetto alcuno, ma ha poi lo scudo armato di
sei denti (Scar. excutellatus, clypeo sex-dentato);
ha inerme e crenulato il torace (thorace inermi
crenulato), colle tibie o, vogliam dirle, gambette
posteriormente guernite come di ciglia, o di peluzzi
ciliari, ed ha alla perfine il vertice armato di due
protuberanze, che per poco scambierebbonsi con
due denti. (Vedi Sulzers Geschichte etc. Tab. I. Fig. 3.).
È dessa comunissima anche tra noi, ma più
che altrove in Egitto, ove gli antichi indigeni
onoravanla quale simbolo de’ loro Mondo supe-
[Seite 260] riore, e Mondo inferiore, e rappresentavanla, talora
anche in misure cubitali, tanto sugli Obelischi e
su’ Sarcofagi delle loro Mummie, quant’ anche
in qualsivoglia altro loro monumento1. L’imma-
gine incontrasene incisa, o scolpita, segnatamente
sul dorso o sulla parte convessa di quelle antiche
pietre incise di provenienza Egizia, sebbene qual-
che volta anche Etrusca, alle quali si suole at-
tribuire appunto il nome di Scarabei antichi.
SPECIE 6. Scarabeo Fimetario, o lo Scarabeo
del letame bovino (S. Fimetarius – Aphodius
fimetarius di Fabricius: fr. le Bousier du fumier
– le Scarabée bedeau: ted. der grossere Mist-
käfer – Dünger-käfer?: ing. the Cow-dung-bee-
tle?). – Questa specie porta lo scudetto, ma ha
poi inerme il torace, con un tubercolo sul capo
(capite tuberculato), cogli Elitri di color rosso,
e col corpo tutto di color nero. (Vedi Frisch, P. IV.
Tab. 19. Fig. 3.).
Frequenta dessa con una sorte di predilezione
lo sterco di vacca, e l’abbiamo anche fra di noi
comunissima nelle stagioni convenienti.
SPECIE 7. Scarabeo Stercorario, o lo Scara-
beo del letame di cavallo (S. Stercorarius: fr.
le Scarabée stercoraire – le Stercoraire propre-
ment dit: ted. der Ross-käfer: ing. the Horse-
[Seite 261] dung-beetle). – Questa specie è munita anch’ essa
di scudetto; non ha punta alcuna od aculeo (Scar.
scutellatus, muticus); riesce di colore nero scu-
ro, ed è glabra, che è quanto dire lucida e senza
pelo; ha gli Elitri scanalati, o disegnati a solchi,
col capo avente la forma quasi d’un rombo, col
vertice alcun poco prominente, e coll’ antenne di
color rosso. (Vedi Frisch, P. IV. Tab. 6. Fig. 3.).
Nell’ epoche che gli convengono, è comune que-
sto Scarabeo anche fra noi, ove, siccome fre-
quenta più che altro i balani o le pallottole di
sterco cavallino, perciò incontrasi spesse volte
lungo gli stradali molto battuti. Allorchè nelle
belle sere della state vedesi quest’ Insetto vagar
svolazzando, suole ciò ritenersi quasi come sicuro
indizio che anche all’ indomane avrassi una bella
giornata.
SPECIE 8. Scarabeo Vernale, o lo Scarabeo di
primavera (S. Vernalis: fr. le Stercoraire prin-
tannier: ted. der eigene Mist-käfer: ing. the Spring-
dung-beetle?). – Questa specie porta anch’ essa
lo scudetto, ed è mutica, o non ha punte nè acu-
lei; gli Elitri ne sono nudi affatto, piani e lucenti,
vale a dire glabri; ha poi dessa sul capo uno scudo
di forma analoga in certo modo a quella ben co-
nosciuta d’un rombo; il vertice ne riesce alcun
poco prominente, e l’antenne ne sono di color
nero. (Vedi Sulzers Geschichte, ec. Tab. 1. Fig. 6.).
È anch’ essa comune fra noi in certe determi-
nate epoche dell’ anno, e frequenta, più volentieri
ch’ ogni altra cosa, lo sterco pecorino.
SPECIE 9. Scarabeo Orticola, o anche lo Sca-
rabeo degli Orti (S. Horticola – Melolontha
horticola di Fabricius: fr. le Scarabée horticole
– le Scarabée des jardins: ted. der Gartenkä-
fer: ing. the Garden-beetle?). – Anche questa
specie è munita dello scudetto, ed è poi mutica,
o mancante affatto d’aculei e di spine; tanto la
testa, come il torace, ne riescono di color ceru-
leo, e quasi direbbonsene coperti d’una tal quale
lanuggine, o d’un mezzo pelo; gli Elitri ne sono
di color grigio, e i piedi, o le zampettine nere.
(Vedi Frisch, P. IV. T. 14.).
Noi pure l’abbiamo frequentissima, soprattutto
su i nostri fruttaj, o simili.
SPECIE 10. Scarabeo Melolonta, o anche il
Melolonta comune, o il Maggiolino, o lo Sca-
rabeo maggiolino (S. Melolontha – Melolontha
vulgaris di Fabricius: fr. le Hanneton vulgaire –
le Hanneton proprement dit: ted. der May-kä-
fer – Kreutz-käfer: ing. the May-chaffer – Cock-
chaffer). – Questa specie è pur essa munita di
scudetto, ed è poi, come le precedenti, mutica
o mancante affatto d’aculei e di spine; ma riesce
testacea, o del colore di terra cotta (Scar. scutel-
latus muticus testaceus); ha villoso, o coperto di
fino peluzzo, il torace (thorace villoso), e porta
[Seite 263] inflessa la coda, con bianche le incisure dell’ ab-
domine. (Vedi Roesel, Vol. II. Scarab. terr. I. Tab. 1.).
È questa una delle specie d’Insetti, che abbiamo
più comuni anche tra noi, come lo è del pari in
tutta quanta l’Europa; l’individuo ne vive sot-
terra, per ben quattro anni continui, nello stato di
Bruco o Larva, nutrendosi particolarmente delle
radici di diversi cereali e d’altre così fatte cose;
e non è raro il caso ch’ esso siaci stato cagione
poco meno che di carestia generale1; a capo di
quel tempo ne segue poi finalmente la metamor-
fosi, in grazia della quale esso diviene animale
perfetto, che prende fra di noi il nome di Mag-
giolino, come in Germania quello di Maykäfer, e
come in Inghilterra quello pure di Maychaffer,
appunto a motivo che l’ultima trasformazione suole
effettuarsene durante il mese di Maggio, e quando è
giunto a tale stato, nuoce sempre gravemente a’ getti
[Seite 264] nuovi, e alle fronde tenerelle, soprattutto delle piante
da frutta, o, come usiam dire, de’ nostri fruttaj.
SPECIE 11. Scarabeo Solstiziale, o anche lo
Scarabeo del s. Giovanni, non confondibile mai
collo Scarabeo estivo dell’ Olivier, che ne è specie
diversa (S. Solstitialis – Melolontha solstitialis di
Fabricius: fr. le Hanneton du solstice – le Sca-
rabée solsticial: ted. der Brachkäfer – Junius-
käfer – Johanniskäfer: ing. the Juny-chaffer?).
– Questa specie, come sponemmo anche delle
precedenti, è munita dello scudetto, ed è poi mu-
tica, e testacea, o del color di terra cotta, con vil-
loso il torace, cogli Elitri pellucidi, e di color
giallo pallido, con sopravi tre linee o striscie bian-
che parallele. (Vedi Frisch, P. IX. Tab. 15. Fig. 3.).
È dessa, come fra noi, comune in tutta Euro-
pa, e le sue Larve, o i suoi Bruchi, in qualche
annata recano alle seminagioni danni di ben poco
men gravi, che nol siano quelli cagionati dalle
Larve della specie precedente.
SPECIE 12. Scarabeo Dorato, o lo Scarabeo
de’ rosaj, o anche la Cetonia dorata (S. Aura-
tus – Cetonia aurata di Fabricius: fr. le Han-
neton doré – le Scarabée doré du rosier – le
Hanneton du rosier – la Cétoine dorée – e per
taluno anche l’Éméraudine: ted. der Goldkäfer
– Rosenkäfer: ing. the Rose-tree-beetle? –
Gold-chaffer?). – Questa specie porta essa pure
lo scudetto, ed è mutica, e di color dorato, col
[Seite 265] primo segmento dell’ abdomine armato d’un dente
solo ad ambo i lati; lo scudo ne riesce appianato
o quasi piatto. (Vedi Frisch, P. XII. Tab. 3. Fig. 1.).
È dessa indigena ed anzi comune anche fra noi,
ove vive ne’ giardini, negli orti e simili, facendo
assai bella pompa di sè, quando l’individuo ne è
pervenuto allo stato d’animale, giusta la natura sua,
perfezionato, vale a dire allo stato di Scarabeo o
di Scarafaggio; nel quale stato vi ha qualche esem-
pio che siasi riuscito a conservarlo in vita fin’ ol-
tre allo spazio di otto anni, nutrendolo colla cro-
sta di pane. Le Larve poi, e la stessa cosa dicasi
anche delle Crisalidi, di questa specie incontransi
frequentissime ora ne’ Formicaj, ed ora nelle ca-
vità ch’ esistono per accidente ne’ tronchi d’al-
beri, e così via discorrendo.
GENERE II. Lucano (Lucanus: fr. Lucane: ted.
Lukan?: ing. Lucanus?). Gl’ Insetti, non molto
numerosi, che compongono questo genere, han-
no per caratteri distintivi, le loro antenne con-
formate a foggia di una clava compressa o schiac-
ciata, di cui il lato più largo sia formato come un
pettine, e sia fissile (antennae clavatae; clava com-
pressa latere latiore pectinato fissili); le mascelle
poi ne sono ad un tempo affatto scoperte, spor-
genti molto all’ infuora, e dentate (maxillae por-
rectae, exsertae, dentatae).
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Lucano Cervo, o anche più comunemente il Cervo
[Seite 266] volante (L. Cervus: fr. le Cerf volant: ted. der
Hirschkäfer – Hornschröter – Weinschröter:
ing. the stag Beetle). – Questa specie è munita
dello scudetto, ed ha le mascelle sporte in fuora,
biforcute alla punta, e con un solo dente lateral-
mente (maxillis exsertis, apice bifurcatis, latere
unidentatis). (Vedi Roesel, Vol. II. Erdkäf. I. Tab. 5.).
È dessa indigena anche tra noi, ove sen vive
principalmente ne’ boschi di quercie. Il maschio
soltanto ne porta sul capo quelle pinzette o mol-
lette che, per una tal quale lontana rassomiglianza
co’ palchi del Cervo, procurarono a questo curioso
Insetto il nome specifico ora quasi da tutti attri-
buitogli.
GENERE III. Dermeste (Dermestes: fr. Der-
meste: ted. Schabkäfer – Dermest?: ing. Dermest?).
I varj Insetti compresi in questo genere hanno, per
caratteri distintivi, anche qui le antenne conformate
alla maniera d’una clava, col capo, ossia colla
estremità più grossa tutta quanta perfoliata, ed
aventi tre delle loro articolazioni più massiccie
dell’ altre (antennae clavatae; capitulo perfolia-
to; articulis tribus crassioribus); il torace con-
vesso e, quasi direbbesi, in certo qual modo orlato
o marginato (thorax convexus, vix marginatus),
e la testa inflessa, come chi dicesse, nascosta sotto
il torace1 (caput sub thorace inflexum latens).
SPECIE 1. Dermeste Lardario, o anche lo Sca-
rafaggio del lardo, o la Tignuola del lardo
(D. Lardarius: fr. le Dermeste du lard: ted.
der Speckkäfer: ing. the Lard-beetle?). – Questa
specie riesce tutta quanta di color nero, a meno
degli Elitri, che anteriormente ne sono nel fondo
di color grigio di cenere, ma tempestati anch’ essi
di punti neri. (Vedi Frisch, P. V. Tab. 9.).
È dessa indigena ed anche troppo frequente
fra di noi, ove, così la Larva, come l’Insetto
perfettamente sviluppato, nuocono molto al lardo,
nutrendosi continuamente delle parti molli ed adi-
pose o grasse degli animali morti, come de’ ca-
daveri, e simili.
SPECIE 2. Dermeste pellione, o il Dermeste
delle pelliccie, o la grande Tignuola delle pel-
liccie, o anche lo Scarafaggio delle pelliccie
(D. Pellio: fr. le Dermeste des pelletteries –
le Dermeste pelletier: ted. der Pelzkäfer: ing.
the Furrier-beetle?). – Questa specie è pur dessa
nera tutta quanta, se non che poi gli Elitri ne
sono amendue segnati da due punti bianchi.
È indigena anche fra noi, ove nuoce per l’or-
dinario moltissimo, così alle pelliccie, com’ eziandio
alle pelli degli animali, che, preparati, o come
suol dirsi, imbalsamati, conservansi ne’ Musei o
simili, per curiosità o per oggetto d’istruzione,
[Seite 269] forse non tanto pel guasto che dia ad esse l’In-
setto perfetto, come pel cibarsene che fanno poi
le Larve o i Vermicciuoli che sbucciano dalle ova
che la femmina vi depone ed intrude.
SPECIE 3. Dermeste Tipografo, o anche l’In-
setto tipografo, o fors’ ancora meglio il Bostrico
tipografo (D. Typographus – Bostrichus typo-
graphus di Fabricius: fr. le Dermeste typographe
– le Bostriche typographe?: ted. der Borken-
käfer – Fichtenkäfer – Fichtenkrebs – Holz-
wurm: ing. Fir-tree-moth? – typographical Der-
mestes?) – Questa specie riesce testacea ad un
tempo, o del color di cotto, e pelosa, cogli Elitri
striati, rintuzzati od ottusi, e premorso-dentati
(Derm. testaceus pilosus elytris striatis retusis prae-
morso-dentatis). (Vedi von Trebra, Vol. IV. degli Atti
della Società Berlinese degli Scrutatori della Natura. Tab. 4.).
È dessa indigena anche tra noi, ed è precisa-
mente quell’ Insetto medesimo che pochi anni sono
cagionò danni terribili agli Abetaj, tanto dell’ Er-
cinia (Harz), come quasi di tutta quanta la Ger-
mania, e che ha per istinto di stabilirsi a domi-
cilio nell’ alburno di certi Pini, ma soprattutto
poi degli Abeti (Pinus abies), in associazioni così
fattamente sterminate, che in una sola pianta di
mezzana grandezza ebbero a contarsene fin oltre
ad ottantamila Larve. Gli alberi, per tal modo
maltrattati da questo Insetto distruggitore, perisco-
no, quasi direbbesi, di gangrena secca, comin-
[Seite 270] ciando a morir dalla cima; allora le fronde ne
diventano rossiccie, e le piante, perdendo la resina
che è loro propria, non sono quasi più capaci di
servire, nè come legname da costruzione, nè come
legna da bruciare, sicchè a pena è più sperabile
di cavarne altro partito, fuorchè quello di ridurne
la parte legnosa in un ben gramo carbone.
SPECIE 4. Dermeste Piniperda, o il Dermeste
struggipino, detto anche talora il Verme volante
nero (D. Piniperda – Hylesinus piniperda di
Fabricius: fr. l’Ips – le Dermeste destructeur du
pin?: ted. der Tannenkäfer – schwarze fliegende
Wurm: ing. the Pine’s Moth? – Pine-destroyng
Dermestes?). – Questa specie è tutta di colore
nero, e soltanto leggermente villosa, cogli Elitri
compiuti, intatti od intieri affatto, e del color della
pece, e colle piante di color rufo o rosso lio-
nato (Derm. niger subvillosus, elytris piceis in-
tegris, plantis rufis).
Indigena fra noi, come lo è pure delle località
ove vive la specie precedente, gl’ individui della
presente non pervengono, in confronto, che sol-
tanto alla metà della mole propria abitualmente
degl’ individui dell’ altra.
SPECIE 5. Dermeste Paniceo, o il Dermeste
struggipane, o il Tonchio del pane, o anche
l’Anobio (D. Paniceus – Anobium paniceum di
Fabricius: fr. la Vrillette du pain – ma meglio
poi le Dermeste du pain: ted. der Brotkäfer:
[Seite 271] ing. the Bread-beetle – Dermestes of the bread?).
– Questa specie riesce di figura alquanto più al-
lungata in confronto colle precedenti, e di colore
in complesso ferrugineo, ma cogli occhi fulvi o
rufi, ossia di un color rosso volgente al liona-
to. (Vedi Frisch. P. I. Tab. 8.).
La Larva di questo Insetto, ch’ è pur esso in-
digeno anche fra di noi, attaccasi di preferenza al
pane, che forma il nostro principale alimento, e
lo divora avidissimamente; e quindi è che reca
poi un danno indicibile alla provvigione del Bi-
scotto, soprattutto quando trattasi di lunghe na-
vigazioni, come per cagion d’esempio ne’ casi di
viaggio per mare intorno al Globo e simili. A tutto
ciò aggiungasi che quest’ Insetto medesimo riesce
infestissimo anche a’ libri, che rode e trafora spie-
tatamente nelle Biblioteche, ecc.
GENERE IV. Ptino, o Trivellatore, o Fora-
legno (Ptinus: fr. Pannache – Vrillette: ted.
Kümmelkäfer: ing. Ptinus? – Wood-piercer-
worm?). Gl’ Insetti appartenenti a questo genere
hanno sempre filiformi le loro antenne, le ultime
articolazioni delle quali sono anche maggiori, o
più vistose dell’ altre; il torace ne riesce di for-
ma quasi rotonda, ma senza marginatura, e così
disposto, che può facilmente ammettere per entro
a sè, e nasconder quasi, il capo dell’ individuo.
SPECIE 1. Ptino Pertinace, o l’Anobio perti-
nace, o anche il Foralegno insistente (P. Per-
[Seite 272] tinax – Anobium pertinax di Fabricius: fr. la
Vrillette opiniâtre: ted. der hartnäckige Küm-
melkäfer?: ing. the insistent Ptinus?). – Questa
specie è tutta quanta d’un color fosco.
Indigena anche tra di noi, guadagnossi dessa
gli aggettivi specifici d’insistente e di pertinace, in
grazia che l’individuo, quando a pena viene toc-
cato, tira le gambe a sè, e stassene come se fosse
morto effettivamente, nè, per quanto si tenti di
stuzzicarlo in qualsivoglia maniera, si riesce più
a fare che rimuovasi dal suo posto.
SPECIE 2. Ptino Ladrone, o il Foralegno la-
dro, o anche talora lo Scarabeo ladro (P. Fur:
fr. la Vrillette voleuse: ted. der Dieb? – Raub-
kümmelkäfer: ing. the robbing Ptinus?). – Que-
sta specie è testacea, o riesce come del colore
della terra cotta; può dirsi quasi poco men che
aptera del tutto, vale a dire, non ha se non qual-
che traccia d’ali; ha dessa il torace armato di
quattro denti distinti, e gli Elitri ne sono mar-
cati da due fascie di color bianco. (Vedi Sulzer’s
Geschichte ec. Tab. 2. Fig. 8.).
Indigena anch’ essa tra di noi, può dirsi che rie-
sca uno degl’ Insetti i più ruinosi, tanto per la
parte zoologica delle nostre collezioni di Storia
Naturale, quanto eziandio per ogni maniera di
pelliccie.
SPECIE 3. Ptino Fatidico, o il Foralegno fa-
tidico, o talora l’Anobio tesselato, e per taluno
[Seite 273] anche l’Orologio de’ morti (P. Fatidicus –
Anobium tesselatum di Fabricius: fr. la Vrillette
fatidique? – la Montre des morts? – l’Horloge
de la mort: ted. die Todtenuhr – der Klopf-
käfer: ing. the Death-watch). – Questa specie
riesce di color fosco, o bruno scuro; può dirsi
quasi pelosa, ed è poi irregolarmente macchiata
di grigio. (Vedi le Philosophical Transactions, ed in parti-
colare i Numeri 271. 291.).
È dessa indigena fra di noi, e ci offre una
delle tante, e tanto fra di loro diverse, specie di
Insetti che, in grazia del ronzìo romoroso, o di
quel tal qual suono, che sogliono tramandare al-
l’ epoca delle loro nozze, per invitarsi a vicenda
gl’ individui d’un sesso con quelli dell’ altro, die-
dero ansa a gran numero di fole stravagantissime,
o di favolaccie che sentonsi spesso invalse negli
idioti, o nelle persone del basso volgo.
GENERE V. Istro, o anche per alcuni Volteg-
giola, e per altri poi Scarafaggio, assai più pro-
priamente, a quanto almeno ci sembra, di quello
che non adoprisi questo nome medesimo quale
semplice sinonimo di Scarabeo (Hister: fr. Escar-
bot: ted. Hister?: ing. Hister?). Gl’ Insetti for-
manti questo genere, de’ quali noi non accenne-
remo qui se non una specie soltanto, hanno le
loro antenne terminanti all’ estremità come in una
testicciuola solidetta o piuttosto soda, e resistente,
cui dassi il nome di capitulo, e che ha compressa
[Seite 274] o schiacciata, ed incurvata all’ ingiù, l’inferiore sua
articolazione, ossia quel suo membretto che ne e
situato più al basso degli altri; son dessi atti a
ritirare in certo modo il capo per entro al loro
tronco; la bocca ne è conformata a foggia d’un
forcipe (os forcipatum); gli Elitri ne riescono
sensibilmente più corti di quello che non ne sia
il corpo, e le zampette o, come suol dirsi, le tibie
anteriori ne sono in certo modo dentate.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi. Istro
Unicolore, o lo Scarafaggio tutto quanto del
medesimo color nero (H. Unicolor: fr. l’Escar-
bot noir?: ted. der einfarbige Hister? – schwarze
Hister? – schwarze Käfer? – schwarze Sand-
käfer?: ing. the black Beetle? – black Hister?
– Questa specie riesce tutta quanta di color
nero, ed ha gli Elitri che quasi direbbonsi striati.
(Vedi Sulzer’s Kennzeichen, Tab. 2. Fig. 8. e 9.).
Rinviensi dessa talora indigena anche fra noi,
e frequenta particolarmente i terreni arenosi o
sabbiosi, e alcuni pascoli1.
GENERE VI. Girino (Gyrinus: fr. Gyrin –
Tourniquet: ted. Gyrin? – Schwimmkäfer? –
ma forse meglio poi Drehkäfer?: ing. Gyrinus?
– Whirl-beetle?). Gl’ Insetti spettanti a questo
genere, che possono formar in tutto a un dipresso
una ventina di specie, tra le quali noi non cite-
remo qui se non quella sola che incontrasi più
di frequente tra noi, e che ritiensi come il tipo
del genere, hanno sempre durette o non pieghe-
voli le loro antenne, conformate alla foggia d’una
clava, più brevi che non ne sia il capo, e por-
tano costantemente quattr’ occhi distinti, due più
alti e due più bassi.
SPECIE 1. ed anzi UNICA, qui ora per noi.
Girino nuotatore, o anche lo Scarabeo nuota-
tore (G. Natator – Gyrinus aeneus di Leach:
fr. le Gyrin nageur: ted. der eigene Schwimm-
käfer – Drehkäfer: ing. the proper Whirl-beetle
– swimming Gyrinus?). – Questa specie riesce
per di sotto in certo qual modo striata. (Vedi
Sulzer’s Geschichte ec. Tab. 2. Fig. 10.).
È indigena anche tra di noi, come testè di-
[Seite 276] cemmo, e nuota con indicibile sveltezza e celeri-
tà, o per meglio dire, passeggia e corre velocis-
simamente sulla superficie delle acque; ad ogni
volta che quest’ Insetto tuffasi nell’ acqua, mostra
esso sempre per di dietro come una bulla d’aria,
o una vescichetta distesa che ne ha l’apparenza.
Le parti adjacenti lateralmente all’ ano ne ema-
nano di continuo una puzza, o un odore ripu-
gnante e disgustosissimo, che deriva da un umore,
di cui gli organi secretorj ne stanno ascosi nel-
l’ abdomine.
GENERE XVII. Birro (Byrrhus: fr. Byrrhe:
ted. Byrrhus? – Pillenkäfer?: ing. Byrrhus?).
I pochi Insetti che comprendonsi in questo gene-
re, e tra’ quali non menzioneremo qui pure che
una specie sola, hanno quasi sode le loro an-
tenne, conformate pur sempre a foggia di clava,
ma alcun poco compresse o schiacciatelle.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Birro de’ Musei (B. Museorum – Anthenus mu-
seorum di Fabricius: fr. le Byrrhe des Musées:
ted. der Museen-byrrhus? – eigene Pillenkäfer?:
ing. the Byrrhus?). – Questa specie riesce come
nebulosa, ed ha poi nebulosi del pari, ma di tinta
alquanto più chiara gli Elitri, con sopravi un
punto bianco.
È dessa indigena ed a bastanza frequente fra
di noi, ove vive, più volontieri che altrove, nelle
pelliccie, o nelle pelli degli animali preparati, o,
come si suol dire, imbalsamati per conservarle.
GENERE VIII. Silfo, o Silfa (Silpha: fr. Silphe:
ted. Silphe – Aaskäfer? – Grabkäfer? – Tod-
tenkäfer?: ing. Silpha). Gl’ Insetti compresi in
questo genere, de’ quali anche qui noi non cite-
remo se non un solo esempio, hanno per carat-
teri comuni le loro antenne alquanto ingrossate, o
quasi chi dicesse, rigonfiate all’ infuori (antennae
extrorsum crassiores), gli Elitri orlati o margi-
nati, la testa prominente (caput prominens), ed
il torace piuttosto appianato, e orlato o marginato
anch’ esso.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Silfo Becchino, o il Silfo vespillo, o anche lo
Scarafaggio seppellitore, o semplicemente il Bec-
camorti, il Becchino, il Tumulatore, il Necro-
foro (S. Vespillo – Necrophorus vespillo di Fa-
bricius: fr. le Fossoyeur: ted. der Todtengräber:
ing. the Grave-digger-beetle? – Ditcher-silpha?).
– Questa specie ha il corpo allungato o bislungo;
ed è tutta quanta di color nero cupo, con uno
scudo di forma orbiculare, ma ineguale, e cogli
Elitri marcati d’una doppia fascia o benda di co-
lor giallo rossiccio. (Vedi Frisch. P. XII. Tab. 3. Fig. 2.).
È dessa indigena anche fra noi, ove nelle sta-
gioni appropriate incontransene bene spesso gli
individui occupati in funzioni analoghe a quella,
onde, così la specie della quale qui trattasi pre-
cisamente, come in complesso quasi tutto quanto
il genere, trassero i varj nomi significativi qui ri-
[Seite 278] feritine. Ed è, a dir vero, mirabile molto la de-
strezza con cui quest’ Insetti adopransi nel sotter-
rare i cadaveri, o i corpi morti di certi anima-
letti, come per esempio di Talpe, di Sorci, di
Rane, di Rospi o simili, de’ quali da lontano
sentono l’odore o la puzza che ne li avverte;
se non che poi si sa benissimo ch’ essi il fanno,
spintivi soprattutto da quell’ istinto naturale che
ha il suo fondamento nell’ amore della prole na-
scitura, dacchè tali seppellimenti non sogliono
accader mai, senza che l’Insetto intruda le pro-
prie ova nel piccolo cadavere che accingesi a sot-
terrare; e tanto più mirabile fassi la cosa, in
quanto che risulta da fatti a bastanza ben con-
statati che, per sei di questi Becchini, bastano
quattr’ ore di tempo a seppellire una Talpa morta
a un buon piede sotterra in un terreno, come
suol dirsi, grasso o argilloso.
GENERE IX. Cassida (Cassida: fr. Casside: ted.
Schildkäfer: ing. Cassida?). Gl’ Insetti che com-
prendonsi in questo genere hanno le loro antenne,
quasi direbbesi, filiformi, se non che all’ infuori
riescono alquanto più rigonfie od ingrossate; gli
Elitri ne sono qui pure orlati o marginati, e la
testa ne rimane quasi al tutto nascosta per entro
allo scudo appianato del torace. Si sa poi benis-
simo che questo nome latino generico di Cassida
significa per noi Elmo od Elmetto.
SPECIE 1. Cassida verde (C. Viridis: fr. la
Casside verte: ted. der grüne Schildkäfer: ing.
the green Escutcheon-beetle? – green Cassida?).
– Questa specie è tutta quanta di color verde,
a meno del corpo che n’è nero. (Vedi Roesel. Vol.
II. Erdkäf. III. Tab. 6.).
È dessa indigena fra noi, ove frequenta di pre-
ferenza le piante di Cardo (Carduus – Centau-
raea), di Menta (Mentha), e simili. Le Larve,
e le Crisalidi o le Ninfe ne sono come schiac-
ciate od affatto appianate, ma il margine ne
riesce costantemente denticolato in un modo stra-
no, e guernito sempre di punte.
SPECIE 2. Cassida Murrea, o anche la Cassida
nera (C. Murraea: fr. la Casside noire – Cas-
side de la couleur du Murra: ted. der schwarze
Schildkäfer? – Murrhinische Schildkäfer?: ing.
the murrhine Cassida? – black Cassida?). –
Questa specie ha il corpo nero tutto quanto, se
non che poi lo scudo n’è rosso, e gli Elitri ne
sono in fondo del color rosso del sangue, ma
sparsi qua e là di punteggiature nere.
È dessa indigena e comune anche fra noi, e
rinviensi, più che altrove, sull’ Elenio, o sia sul-
l’ Enula campana (Inula elenium: ted. Alant).
GENERE X. Coccinella, e più volgarmente fra
noi or Madonnina, or Mosca d’oro, ed ora Gal-
linella (Coccinella: fr. Vache à Dieu – Bête de
la Vierge – Coccinelle: ted. Sonnenkäfer –
[Seite 280] Marienkuh – Sommerkind – Gotteslämmchen:
ing. Lady-cow – Lady-bird). Gl’ Insetti che rac-
chiudonsi in questo genere hanno costantemente
le loro antenne conformate quasi alla foggia di
una clava, ma tronche, e così pure hanno fatti a
somiglianza d’una clava, che termini nella figura di
un mezzo cuore, i palpi (antennae subclavatae,
truncatae. Palpi clava semicordata); il corpo ne
ha la forma emisferica, col torace marginato, con
orlati o marginati anche gli Elitri, e coll’ abdo-
mine appianato o piatto. – I Tedeschi danno il
nome di Blattlausfresser alle Larve degl’ Insetti
che appartengono a questo genere.
SPECIE 1. Coccinella da’ sette punti. (C.
Septempunctata: fr. la Coccinelle à sept points:
ted. der siebenpunktirte Sonnenkäfer?: ing. the
seven-pointed Lady-cow?). – Questa specie ha
di color rosso gli Elitri, con sopravi sette punti
di color nero. (Vedi Frisch. P. IV. Tab. 1. Fig. 4.).
SPECIE 2. Coccinella dalle due pustule (C.
Bipustulata: fr. la Coccinelle à deux pustules:
ted. der zweiblättrige Sonnenkäfer?: ing. the two-
blistered Lady-cow?). – Questa specie ha gli
Elitri di color nero, con sopravi due soli punti
rossi, ed ha poi l’abdomine di un color rosso
vivo, analogo a quello del sangue. (Vedi Frisch. P.
IX. Tab. 16. Fig. 6.).
GENERE XI. Crisomela (Chrysomela: fr. Chry-
somèle: ted. Blattkäfer: ing. Chrysomela?). Gli
[Seite 281] Insetti racchiusi in questo genere hanno costan-
temente le loro antenne conformate, quasi chi di-
cesse, a foggia di un monile o d’una collana (an-
tennae moniliformes), alquanto rigonfie od ingros-
sate all’ infuora, e non hanno orlati mai o mar-
ginati, nè il torace, nè gli Elitri.
SPECIE 1. Crisomela di Gottinga, o anche
la Crisomela dall’ ali sanguigne (C. Goettingen-
sis – Chrys. haemoptera di Fabricius: – Chrys.
hyperici di Degèer: fr. la Chrysoméle hémoptère
– la Chrys. du millepertuis: ted. der Göttin-
gische Blattkäfer: ing. the Chrysomela of Gottin-
ga? – Questa specie ha il corpo in complesso di
forma ovale, ed è tutta quanta d’un color nero cu-
po, a meno de’ piedi o delle zampettine, che ne rie-
scono di color violetto. (Vedi Panzer, Fauna Germa-
niae. Fasc. 44. t. 3.).
È dessa indigena anche fra noi, come lo è al-
trove, e segnatamente poi nell’ Hannover, secondo
che importerebbe il nome specifico qui ora ap-
plicatole. – La Larva nel forte della state ne fre-
quenta, più volentieri che qualsivoglia altra pianta,
il Millefoglio, ossia l’Iperico perforato (Hyperi-
cum perforatum: le Millepertuis de’ Francesi:
die Schafgarbe de’ Tedeschi).1
SPECIE 2. Crisomela Minutissima, o anche la
piccola Crisomela, o la Crisomela esile (C. Mi-
nutissima: fr. la Chrysoméle puce – la Puce de
terre: ted. der kleinste Blattkäfer – Erdfloh?:
ing. the very little Chrysomela – Earth-flea?).
– Questa specie ha il corpo di forma ovale (Chrys.
ovata), tutto quanto di color nero, ed è opaca
affatto.
Indigena tra di noi, essa ci presenta uno dei
più piccoli Scarafaggi che si conosca, mentre la
massa non ne è che a pena un terzo della gros-
sezza ordinaria d’una Pulce comune.
SPECIE 3. Crisomela Cereale, o anche il Pulce
delle biade, o l’Altiso delle piante graminacee
(C. Cerealis – Chrysomela graminis di Fabri-
cius?: fr. la Chrysoméle da gramen – la grande
Vertu-bleue di Geoffroy?: ted. der Getreidekäfer
– Getreidefloh?: ing. the Corn-chrysomela? –
Cow-grass-flea?). – Questa specie ha anch’ essa
il corpo di forma ovale, e riesce poi tutta quanta
come dorata, coll’ abdomine violaceo, e con cin-
que striscie o linee parimente di color violetto su-
gli Elitri, e tre soltanto sul torace.
Rinviensi indigena essa pure fra noi, come quasi
in tutta l’Europa, ove frequenta, appunto con una
[Seite 283] sorte di predilezione, tanto le piante Graminacee,
quant’ anche alcune Labiate.
SPECIE 4. Crisomela Oleracea, o anche il Pulce
terrestre, o lo Scarabeo pulce, o veramente ta-
lora l’Altiso delle crocifere (C. Oleracea –
Galleruca oleracea di Fabricius: fr. la Chryso-
méle des cruciféres – le Scarabée puce?: ted. der
Kreuzpflanzenkäfer – Kreuzpflanzenfloh?: ing.
the Grass-chrysomela? – Grass-beetle? – Com-
mon-grass-flea?). – Questa specie, munita, co-
me è a tale effetto, di robustissime coscie poste-
riormente, salta (Chrys. saltatoria) appunto a
un di presso come fanno le nostre Pulci comuni
(Pulex irritans), e riesce poi di un colore mi-
sturato, a un tratto, di verde e di azzurrognolo o
di ceruleo.
Indigena e a bastanza comune tra di noi, essa
ci offre nell’ individuo un piccolo Insetto bensì,
ma pur sempre nocevolissimo soprattutto a’ semi-
nati di Ravizzone, di Rape, di Navoni e di altre
piante Cruciformi, com’ anche d’alcune Rubiacee,
e, contemplata complessivamente con parecchie al-
tre specie affini, ebbe essa pure, come vedem-
mo, in più luoghi, comunque in lingue diversis-
sime, nomi atti a qualificarla, ora come una ma-
niera di Pulci, ed ora come una sorte partico-
lare di Mosche. Così per cagion d’esempio i
Francesi sogliono chiamar Puces de terre questi
Insetti, come i Tedeschi chiamanle ora Erdflöhe
[Seite 284] (Pulci terrestri), ed ora Erdfliegen (Mosche
terrestri).1
SPECIE 5. Crisomela Merdigera, o la Criso-
méla de’ gigli, o anche la Lema merdigera, se
però non fosse per avventura assai meglio chia-
marla la Crioceride de’ gigli (C. Merdigera –
Lema merdigera di Fabricius – Crioceris merdi-
gera – Crioceris rubra di Geoffroy: fr. la Crio-
cére du Lis – la Criocére rouge du Lis: ted.
der Lilienkäfer? – Lilien-blattkäfer?: ing. the
Lily-chrysomela? – Lily-flea?). – Questa specie
ha il corpo di forma allungata o bislunghetta, ed
è poi tutta quanta di color rosso, col torace di
forma cilindrica; se non che ha d’ambe le parti
una impressione, o una schiacciatura, che lo rende
più ristretto da’ lati, di quello che nol sia nell’ op-
posta direzione (thorace cylindrico utrinque im-
presso). (Vedi Sulzers Geschichte etc. Tab. 3. Fig. 14.).
Rinviensi essa pure indigena fra di noi, ove
frequenta segnatamente i Gigli, il Mughetto, ed
altre piante così fatte, come si suol dire, Liliacee.
La Larva di quest’ Insetto cuopresi tutta quanta,
a stagione opportuna, de’ proprii escrementi, onde
è che le ne venne l’epiteto comune e triviale di
merdigera, e il piccolo Insetto perfetto di color
[Seite 285] rosso, in cui questa si trasforma quando n’è tem-
po, pigliato nel cavo della mano, ed avvicinando
allora la mano all’ orecchio, lascia sentire un ro-
morìo, o piuttosto una maniera di suono a ba-
stanza chiaro, distinto e penetrante, che produce
desso dibattendo insieme gli Elitri, o le alettine.
GENERE XII. Ispa (Hispa: fr. Hispe: ted. Sta-
chelkäfer: ing. Hispa?). I non molto numerosi
Insetti compresi in questo genere, e de’ quali noi
qui non citeremo in esempio se non la specie la
più nota e la più comune fra noi, hanno sempre
fusiformi le loro antenne approssimate presso alla
base, e situate tra mezzo agli occhi; tanto il to-
race, come gli Elitri, ne sono il più delle volte
aculeati, o armati di pungoli.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Ispa nera (H. Atra: fr. l’Hispe noire – la Châ-
taigne noire di Geoffroy: ted. der schwarze Sta-
chelkäfer?: ing. the black Hispa?). – Questa spe-
cie è tutta quanta nera affatto.
È dessa indigena fra noi, come lo è di quasi
tutta l’Europa, e suol frequentar, più che altro,
le piante Graminacee.
GENERE XIII. Bruco, o Rodinocciolo – Rodi-
civaje ec., ed alcuna volta Punteruolo de’ legumi
e noccioli, sebbene meno opportunamente, o talora
anche Milabro (Bruchus: fr. Bruche: ted. Sa-
menkäfer? – Fruchtensteine-käfer?: ing. Bru-
chus? – Kernel-beetle? – Kernel-chaffer? – Kernel-
[Seite 286] worm? – Pulse-worm?). Gl’ Insetti, a bastanza
numerosi, racchiusi in questo genere, hanno co-
stantemente le antenne loro filiformi, ingrossan-
tisi però a poco a poco, a misura che procedono
innanzi (antennae . . . . . sensim crassiores). Noi
non ne citeremo che le due sole specie seguenti.
SPECIE 1. Bruco del pisello (B. Pisi: fr. la
Bruche du pois – le Mylabre à croix blanche
di Geoffroy: ted. der Erbsen käfer: ing. the Pease-
beetle? – Pease-worm?). – Questa specie ha gli
Elitri tempestati di punti bianchi, e ha poi di
fondo bianco il podice, con sopravi due macchie
nere.
Rinviensi indigena fra noi, ove le Larve ne
nuocono moltissimo appunto a’ Piselli, alle Fave,
alle Lenti e a così fatte altre civaje o camangiari,
ma nell’ America meridionale reca danni indicibili
soprattutto al così detto Grano turco, o Formen-
tone, vale a dire alla raccolta de’ grani di Zea
Mays.
SPECIE 2. Bruco de’ nocciuolj (B. Nucleorum:
fr. la Bruche des noyaux: ted. der eigene Stein-
käfer?: ing. the proper Kernel-chaffer?). – Que-
st’ altra specie ha il corpo in complesso del color
grigio della cenere, cogli Elitri rigati o striati,
co’ femori denticolati, ed aventi posteriormente la
forma quasi d’un uovo, e colle tibie incurvate o
curvate all’ indentro. (Vedi per quest’ Insetto la Tab. 2.
delle Mémoires de l’Académie des Sciences de Paris, per
l’anno 1771.).
È desso indigeno propriamente delle regioni
centrali del nuovo Continente. L’individuo ne
perviene quasi alla grossezza d’uno Scarabeo do-
rato nostrale (Scarabeus auratus), e fu troppo di
frequente pigliato in iscambio pel Bruco bactride,
o Bruco delle Palme, o Counana, come la chia-
mano alla Cajenna, (B. Bactris: fr. la Bruche
du palmier), che, comunque ci presenti una delle
specie più colossali fra’ Bruchi, debb’ esserne di
gran lunga più piccolo, e la di lui Larva appunto
alla Cajenna e nelle regioni più calde dell’ Ame-
rica meridionale, usa traforare i gusci ossei, quasi
petrosi, e spessi ben quanto un pollice, delle
così dette noci del Cocco di Guinea (Coccus Gui-
neensis di Linneo, e per altri Coccus lapidea),
con cui tornisconsi bottoni, pomelli, pomi di can-
na, ed altri così fatti lavori.
GENERE XIV. Gorgoglione, o anche Punte-
ruolo, o Tonchio, sebbene stimiamo che possa
convenir meglio il riserbare questi ultimi due no-
mi, onde indicar poi con qualche maggiore pre-
cisione, di quello che non si faccia presentemente
in lingua italiana, col primo la Falena del grano
(Phalaena granella), e col secondo la Falena
della farina (Phalaena farinalis), o finalmente
talora eziandio Tignuola, comunque Tignuole
(Tinea-Blatta) dicansi con più proprietà quei
Bacherozzoli che usano rodere i pannilani, o al-
cune particolari granaglie, (Curculio: fr. Charanson:
[Seite 288] ted. Rüsselkäfer – Kornwurm: ing. Weevil). I
numerosi Insetti che ascrivonsi a questo genere,
hanno costantemente le loro antenne conformate
quasi a foggia d’una clava, e situate sul loro
grugno o grifo allungato prominente, e tanto più
rammentante un piccolo becco d’uccello, in quanto
che è anche di sostanza cornea (antennae sub-
clavatae, rostro insidentes. Rostrum corneum pro-
minens). – Il corpo di questi Insetti suole es-
sere il più delle volte corto alquanto e ritondet-
to, ma come chi dicesse, loricato, o tutto quanto
ricoperto di un’ armatura singolarmente forte e
resistente, ed hanno poi più o meno incurvato,
e più o meno lungo, quel grugno o grifo, onde,
come s’è detto, hanno munita la bocca loro ro-
strata. Tutte le specie possono riguardarsene co-
me dal più al meno accagionanti sempre grave
danno all’ economia domestica, segnatamente ru-
rale, ma soprattutto poi quelle che hanno molto
lungo il becco, nuocono in indicibil modo alle
piante arboree, mentre l’altre s’accontentano di
dare il guasto alle produzioni campestri, agli er-
baggi, alle piante oleracee, eduli, di giardinaggio
e simili. – Alle Larve di parecchi fra questi Gor-
goglioni sogliono i Tedeschi, senza che se ne sap-
pia bene il perchè, applicar in complesso il no-
me di Pfeiffer, che in lingua Italiana corrispon-
derebbe a Pifferi.
SPECIE 1. Gorgoglione delle palme, o anche
la Calandra delle palme, o veramente il Rimorso
delle palme, da non confondersi in conto alcuno
col Counana o Bruco delle palme, citato già par-
lando della 2. specie del Genere precedente, che
ne è al tutto differente (C. Palmarum – Ca-
landra palmarum di Fabricius: fr. le Charanson
palmiste: ted. der Palmbohrer: ing. the Palm-
tree-worm? – Palm-tree-remorse?). – Questa
specie ha lungo molto il suo grugno o grifo in
forma di becco; l’individuo ne riesce di colore
decisamente nero, col torace di figura ovale al-
quanto appianata o compressa d’alto in basso
(thorace ovato planiusculo), e cogli Elitri rigati
o striati, piuttosto brevi o, come chi dicesse, ac-
corciati. (Vedi Sulzers Kennzeichen etc. Tab. 3. Fig. 20).
Rinviensi indigeno questo Insetto segnatamente
nelle regioni ove vengono spontanee le Palme,
come nelle così dette Indie meridionali, o Indie
del Sud, ed incontrasi poi frequente molto al
Surinam e in altre non dissimili località, ove vien
grosso quasi quanto il nostro Cervo volante co-
mune (Lucanus cervus). – La sua Larva nutresi,
più volentieri che d’altra cosa, del midollo del
Sagou, ed è poi mangiata anch’ essa, appunto al
Surinam, qual boccon ghiotto e saporitissimo.1
SPECIE 2. Gorgoglione Frumentario, o anche
il Gorgoglione rosso, o il Tonchio rosso del
grano, o finalmente l’Attelabo del grano (C.
Frumentarius – Attelabus frumentarius di Fa-
bricius: fr. le Charanson du froment? – l’At-
télabe du froment – l’Attélabe du blé: ted. der
rothe Kornwurm – Reiter – Wippel: ing. the
red Weevil?). – Questa specie ha essa pure
molto ben lungo il muso in forma di becco, e
riesce tutta quanta d’un bel color rosso di sangue.
Indigena anche fra noi, quasi al pari della
specie della quale ragioneremo qui tosto dopo,
questa può dirsi uno de’ più reali e ruinosi fla-
gelli de’ nostri granaj o magazzini di frumento,
mentre divora essa, e distrugge quasi onninamente,
[Seite 291] la parte utile farinacea ne’ grani de’ cereali, e
non ne lascia più se non soltanto il guscio, che
poi al molino risolvesi unicamente in pretta cru-
sca, poco men che disutile. Lo spediente ricono-
sciuto, per via di prove fattene, come il più sicuro,
onde almeno in qualche parte guarentirci dal so-
verchio danno che talora potrebbe da così fatta ca-
gione derivarci, consiste nel far nettar bene e con
ogni diligenza, e fregar poscia ed aspergere con la
liscìa forte de’ saponaj, tutto quanto il granajo,
compresovi le travature e simili.1 – Non di rado
[Seite 292] quest’ Insetto spingesi da’ granaj fino nelle nostre
stanze, e perviene ad infestar ben anche gli stessi
nostri letti, se gli vien fatto d’intrudervisi.
SPECIE 3. Gorgoglione Granario, o anche il
Gorgoglione nero, o il Tonchio nero del grano,
o finalmente, e meglio ancora, la Calandra del
[Seite 294] grano o del frumento (C. Granarius – Calan-
dra granaria di Fabricius: fr. la Calandre du
blé: ted. der schwarze Kornwurm: ing. the
[Seite 295] black Weevil?). – Questa specie ha anch’ essa
un tal qual grifo o becco lungo assai; l’indivi-
duo ne riesce bislungo ed alcun poco ristretto od
assottigliato, tutto quanto di un color bruno ne-
rastro che rammenta il color della pece, con al-
cune impressioni a foggia di punti sul torace,
che n’è lungo quasi quanto possono essernelo i
suoi Elitri striati profondamente.
È dessa, come si è detto già parlando della
specie precedente, indigena pur troppo, ed anzi
frequentissima anche tra di noi, e sgraziatamente
lo è pure di poco meno che in tutto quanto il Globo
terracqueo, riputata per ogni dove quale flagello
[Seite 296] potissimo quasi d’ogni maniera di granaglie im-
magazzinate, capace com’ è entro pochissimo tem-
po di distruggere irreparabilmente, moltiplican-
dosi, le intiere raccolte annuali di Frumento, di
Segale, d’Orzo e di Riso, che i particolari
tengono ammonticchiate ne’ rispettivi loro granaj.
SPECIE 4. Gorgoglione Paraplettico, o meglio
ancora il Lisso paraplettico, e talora anche il Lis-
so della Fellandria acquatica, ossia della così detta
Cicutaria (C. Paraplecticus – Lixus paraplecti-
cus di Fabricius: fr. le Charanson paraplectique
– le Charanson aquatique – le Lixe de la Phel-
landrie aquatique: ted. der Lixus? – Lähmer –
Pferdelähmer – Wuthschierlings Rüsselkäfer?:
ing. the Lixus? – Weevil of the Phellandria?).
– Questa specie ha essa pure lungo molto bene il
suo grifo, o vogliasi dir becco; il corpo ne riesce
di forma, più che altro, terete o cilindrica, ed è
tutto quanto d’un colore bruniccio, ma coperto
poi d’una lanugine giallognola che s’avvicina al
grigio di cenere, ed ha gli Elitri armati ciascuno
di una punta all’ estremità (elytris mueronatis).
(Vedi Sulzers Geschichte etc. Tab. 4. Fig. 7.).
È questa indigena anche fra noi, ove frequenta
di preferenza alcune piante acquatiche, e la Larva,
come già accennammo qui sopra, trovasene bene
spesso innicchiata soprattutto per entro alla so-
stanza parenchimatosa che riempie il fusto di quella
Umbellifera che usiamo denominare la Cicutaria
[Seite 297] de’ fossi (Phellandria aquatica). – Ritiensi al pre-
sente come destituta d’ogni fondamento, e al tutto
insussistente, l’incolpazione data in addietro, e
ammessa in certo tal qual modo anche dal Lin-
neo, appunto alla Larva di quest’ Insetto, d’ac-
cagionare di storpiatura per paraplegia i Cavalli
che per accidente abbianla trangugiata insieme
colla pianta acquatica qui sopra citata, e si ha
per più ragionevole assai l’incolparne piuttosto
la Cicutaria, che non la inchiusavi Larva di Gor-
goglione.
SPECIE 5. Gorgoglione Bacco, o il Gorgoglione
della vite, o talora il Tarlo delle vigne, o an-
che l’Attelabo bacco (C. Bacchus – Attelabus
bacchus di Fabricius: fr. le Charanson de la vigne
– le Charanson bacchus – l’Attélabe bacchus:
ted. der Rebensticher: ing. the Vine-weevil? –
Vineyard-weevil?). – Questa specie ha anche
essa il suo grifo o becco assai lungo; l’individuo ne
riesce tutto quanto di color giallo aureo, a meno
del becco, e delle piante de’ piedi, che ne sono
neri affatto. (Vedi Sulzers Geschichte etc. Tab. 4. Fig. 4.).
È dessa indigena anche fra di noi, ove fre-
quenta, più volentieri che le altre piante, i Meli,
le Viti e simili.
SPECIE 6. Gorgoglione de’ pomi, o il Punte-
ruolo de’ meli, ovvero il Gorgoglione de’ meli
(C. Pomorum: fr. le Charanson du pommier: ted.
der Apfelbaumsticher?: ing. the Apple-tree-wee-
[Seite 298] vii?). – Questa specie ha lungo molto anch’ essa
il suo grifo, o vogliasi dir becco, ed ha poi den-
tate le gambe anteriori (femoribus anticis den-
tatis); finalmente il corpo dell’ Insetto riesce qui
in complesso di color grigio, ma in certo tal qual
modo annebbiato o nebuloso. (Vedi Frisch. P. I.
Tab. 8.).
È dessa pure indigena fra noi, e anzi in certe
annate distrugge quasi tutte affatto le gemme o
i bottoni di fiora de’ nostri Meli.
SPECIE 7. Gorgoglione de’ noci, o il Punte-
ruolo delle avellane, il Tonchio delle noc-
ciuole, o anche il Rincheno de’ noci (C. Nucum
– Rhynchaenus nucum di Fabricius: fr. le Cha-
ranson des noisettes – le Rhynchène des noisettes:
ted. der Haselnüssensticher?: ing. the Hazle-nut-
weevil). – Questa specie ha lunghissimo il così
detto becco, ha tutte dentate le gambe (femori-
bus dentatis), ed ha di colore tutto quanto gri-
gio il suo corpo, lungo quanto può essernelo il
becco o grifo. (Vedi Roesel, Vol. III. Erdkäf. Tab. 67.).
Indigena, e frequente anche tra di noi, è quella
che rende tarlate appunto le nostre Avellane o
Nocciuole, le Noci, e simili.
SPECIE 8. Gorgoglione Imperiale (C. Impe-
rialis: fr. le Charanson impérial: ted. der Ju-
welenkäfer: ing. the Diamond-beetle). – Questa
specie ha, in confronto colle precedenti, breve molto
il grifo, o vogliasi dir becco; il corpo ne è in
[Seite 299] complesso di color nero, cogli Elitri dentati, sol-
cati, e mostranti alcune marche a foggia di punti
incavati, e in vero mirabili pel superbo loro color
d’oro, bellamente cangiante sovr’ altri colori di-
versi (elytris dentatis, sulcatis punctis excavatis,
auro versicolore distinctis), e coll’ abdomine di
un non meno appariscente color di rame, volgente
al verde (abdomine aeneo viridi). – (Vedi Olivier,
Entomologia etc. Tom. V. pag. 83. Tab. 1. Fig. 1.).
È dessa indigena propriamente del Brasile, ma
rinviensi anche a bastanza frequente alla Cajenna.
– L’individuo ci presenta in realtà uno de’ più belli
Insetti che si possano vedere, ed è fuori di dub-
bio che quello splendido color d’oro che, misto
ad altri colori, scorgesi nelle innumerevoli fossette
scolpite su i suoi Elitri, e dispostevi per serie
regolari, non può a meno di sorprendere assai
piacevolmente chi vi guarda col mezzo d’una
lente, soprattutto se l’Insetto trovisi situato in
una luce conveniente e favorevole.
GENERE XV. Attelabo (Attelabus – Rhyno-
macer: fr. Attélabe – Becmare: ted. Attela-
bus? – After-rüssel käfer: ing. Attelabus?). Gli
Insetti, non gran fatto numerosi, che attualmente
racchiudonsi in questo genere fatto dal Linneo
da prima estesissimo, debbono aver sempre il
capo come assottigliato per di dietro ed inclinato
(caput postice attenuatum inclinatum), e le loro
antenne poi ingrossantisi verso la punta (anten-
[Seite 300] nae apicem versus crassiores). Noi qui non ne
indicheremo che soltanto le due specie seguenti.
SPECIE 1. Attelabo del Corilo, o l’Attelabo
del nocciuolo (A. Coryli: fr. l’Attélabe du noi-
settier: ted. Hasselnussen-baum-After-rüsselkä-
fer?: ing. the Hazle-nut-tree-Attelabus?). –
Questa specie riesce tutta quanta di color nero,
a meno degli Elitri, che ne sono rossi. (Vedi Sul-
zers Kennzeichen etc. Tab. 4. Fig. 25.).
È dessa indigena anche tra di noi, ove, come
dallo stesso suo nome apparisce, frequenta più
volentieri d’ogni altra cosa, i Nocciuoli o gli arbu-
sti d’Avellane, de’ quali divora più che altro le
foglie, ed è precisamente ammesso da diversi
Autori, che sia questo un Insetto diverso dall’ At-
telabo delle nocciuole (Attelabus avellanae: fr.
l’Attélabe de la noisette), che si pasce del frutto.
SPECIE 2. Attelabo Apiario, o l’Attelabo
dell’ api, o anche l’Apiastro, comunque questo
nome convenga piuttosto all’ Uccello denominato
la Merope delle Pecchie, il Lupo delle pecchie,
o il Lupo dell’ api, l’Insetto dell’ api, il Ton-
chio dell’ api, il Punteruolo dell’ api, e forse
ancor meglio il Clero apivoro, o il Trichiode
apiario (A. Apiarius – Clerus apiarius di Oli-
vier – Clerus alvearius di Latreille – Trichodes
apiarius di Fabricius: fr. le Loup des abeilles –
l’Attélabe guépier – le Clairon apivore – le Clai-
ron à bandes rouges – l’Attélabe des abeilles:
[Seite 301] ted. der Immenwolf-käfer – Bienenfrass?: ing. the
Bee-wolf?). – Questa specie ha il corpo in
complesso tutto quanto di un color tendente al
ceruleo, a meno degli Elitri, che ne sono di color
rosso più o meno intenso, con tre fascie nere.
(Vedi Sulzers. Geschichte ec. Tab. 4. Fig. 4.).
È dessa indigena anche fra noi, come lo è della
Francia e della Germania, e frequenta soprattutto
le località ove tengonsi molte Pecchie per oggetto
di speculazione. In qualche annata reca essa danni
gravissimi agli alveari, quanto al raccolto che po-
teasene aspettare.1
GENERE XVI. Cerambice, o Capricorno (Ce-
rambyx – Capricornus: fr. Cérambice – Ca-
pricorne: ted. Bock-käfer – Holzbock: ing. Ce-
rambyx – Capricorn?). Gl’ Insetti racchiusi in
questo genere hanno, per caratteri comuni a tutti
quanti, le antenne loro assottigliate (antennae at-
tenuatae), il torace o spinoso o gobbo (thorax
spinosus aut gibbus), e gli Elitri affatto lineari.
Diverse delle specie de’ Cerambici hanno le an-
[Seite 302] tenne lunghe, quasi direbbesi, smodatamente, con
robustissimo poi lo scudo che ne difende il to-
race, e queste sogliono esser anche dotate d’una
vitalità così tenace, che alcuni individui se ne
veggiono talora vivere anche oltre ad un mese,
comunque infilzati nella spilla con cui configgonsi
nelle cassette per conservarli. Quest’ Insetti me-
nano per lo più la massima parte della vita loro
per entro ad un legno, ed emettono talora da sè
un tal quale romore, o vogliasi dire stridore o
cigolìo, che proviene dal fregare che fanno co’ loro
Elitri, duri a bastanza, la ben forte armatura che
portano sul petto.
SPECIE 1. Cerambice Longimano (C. Longima-
nus di Fabricius – Acrocinus longimanus di Il-
liger: fr. Acrocine à bras allongés – Prione à
bras longs – Capricorne à bras allongés: ted.
der langarmige Bock-käfer?: ing. the longarmed
Cerambyx?). – Questa specie porta in sul to-
race alcuni aculei, o spine mobili, ed ha gli Eli-
tri armati d’un dente solo alla loro base, ma poi
di due denti distinti presso all’ apice, e le an-
tenne lunghe molto. (Vedi Roesel. Vol. II. Erdkäfer II.
Tab. 1. Fig. a.).
È dessa indigena, al pari che la specie imme-
diatamente successiva, dell’ America meridionale,
e sembra essere precisamente quella che da’ viag-
giatori Francesi ci viene indicata sotto il nome
di Arlequin de Cayenne, qualificata da Thun-
[Seite 303] berg per un Macropus, e che in fatto poi do-
vrebb’ essere un Lamia.
SPECIE 2. Cerambice Cervicorno, o il Ceram-
bice dalle corna cervine, o il Capricorno cer-
vino, o finalmente il Prione Cervo-volante (C.
Cervicornis – Prionus cervicornis di Fabricius:
fr. le Capricorne cerf – le Prione cerf-volant:
ted. der fliegende Hirsch-holzbock: ing. the flying
Stag-cerambyx). – Questa specie ha il torace
marginato e dentato (thorace marginato denta-
to), colle mascelle sporgenti all’ infuori, confor-
mate a foggia di cono, e armate poi di spine o
di aculei d’ambe le parti, e con brevi molto le
antenne. (Vedi Roesel, alibi, Fig. 6.).
Questa specie, indigena, come s’ è detto, delle
regioni meridionali del nuovo Continente, viene
anche più grossa delle precedenti; il corpo ne è
bene spesso vagamente dipinto di splendidi co-
lori disposti a disegno, e l’individuo di qual si
sia de’ due sessi n’è sempre fornito di pinzette,
o di tenaglie atte ad afferrare gli oggetti, a quel
modo che già si disse del Cervo volante, o del
Lucano cervo (Lucanus cervus).
SPECIE 3. Cerambice moschiato, o il Capri-
corno rosa, detto talora la Macuba nelle Pro-
vincie Venete, e qui volgarmente fra di noi la
Moscardino (C. Moschatus – Callichroma mo-
schata di Latreille: fr. le Capricorne musqué –
le Callichrome musqué – le Cerambyx musqué:
[Seite 304] ted. der Rosenkäfer – Bisams-käfer?: ing. the
Musk-cerambyx?). – Questa specie ha il torace
armato di spine o d’aculei (thorace spinoso), co-
gli Elitri ottusi e tinti d’uno splendido color ver-
de, colle zampettine posteriori inermi, mutiche,
quasi chi dicesse troncate o non portanti gli
speroni (femoribus muticis), e finalmente colle
antenne di mezzana lunghezza (antennis medio-
cribus). (Vedi Frisch. P. XIII. Tab. 11.).
Rinviensi indigena anche fra noi, ove frequenta
più che altro i Salci, ed in particolare il Babilo-
nico o il così detto Salice piangente. – L’individuo
suole diffondere all’ intorno di sè un odore assai
grato, che rammenta a un tratto l’odor di rosa,
e quello del muschio.
SPECIE 4. Cerambice Edile, o anche il Ce-
rambice falegname, o il Capricorno legnaiuolo)
e meglio ancora il Lamia edile (C. Aedilis –
Lamia aedilis di Fabricius – Acanthocinus aedi-
lis di Olivier: fr. le Capricorne charpentier – le
Lamie charpentier: ted. der tischler Holzbock? –
Zimmermann-käfer?: ing. the carpenter Ceram-
byx?). – Questa specie ha armato di spine o di
punte il torace (thorace spinoso), ed ha poi lunghis-
sime le antenne; il corpo ne è in complesso di un
colore che ricorda il grigio della cenere, con al-
cuni punti di color bruno, e più due fascie pa-
rimenti brune, disposte in traverso sugli Elitri,
che ne riescono ottusi o smussati, e con quattro
[Seite 305] macchiette gialle allineate trasversalmente sullo
scudetto del torace. (Vedi Frisch. P. XIII, Tab. 12.).
È dessa indigena, ed anzi comunissima, nelle
regioni più settentrionali d’Europa, rara però as-
sai in Francia, e rinviensi talora anche presso di
noi. – Le antenne, o come usasi dir volgarmente,
le corna, ne riescono bene lunghe sei volte quanto
possa esserne la lunghezza dell’ intiero corpo del-
l’ Insetto.
GENERE XVII. Leptura, o Donacia? (Leptura
– Donacia?: fr. Lepture – Donacie?: ted. Af-
terholzkäfer? – Afterbockkäfer?: ing. Lepture?).
I non molto numerosi Insetti spettanti a questo
genere, e de’ quali non citeremo qui se non un
esempio soltanto, hanno le antenne loro filiformi,
quasi come se fossero di seta (antennae setaceae),
gli Elitri assottigliantisi verso la punta loro, ed il
torace poi di forma quasi cilindrica o terete (tho-
rax teretiusculus).
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Leptura acquatica, o anche la Donacia da’ piè
grossi (L. Aquatica – Donacia crassipes di Fa-
bricius: fr. la Lepture aquatique – la Donacie
crassipéde di Dègéer – le Stencore doré di Geof-
froy: ted. der Wasserbockkäfer?: ing. the Water-
cerambyx? – Water-lepture?). – Questa specie
riesce, come chi dicesse indorata, con nere af-
fatto le antenne, e con le gambette posteriori molto
[Seite 306] vistose, armate per di dietro di denti lungo le
coscie (femoribus posticis dentatis).
Vive dessa, comunissima anche tra di noi, sulle
così dette piante acquatiche; è soggetta a variar
molto quanto al colore, e le Ninfe rinvengonsene
frequenti sulle radici della Fellandria, ravvolte co-
me entro ad un guscio.
GENERE XVIII. Necidale, o Molorco (Necy-
dalis – Molorchus di Fabricius: fr. Nécydale:
ted. Afterholzbock: ing. Necydale?). Gl’ Insetti
compresi in questo genere, d’una sola specie del
quale ci faremo qui carico, hanno a foggia di fili
di seta le loro antenne (antennae setaceae); gli
Elitri ne riescono più corti, ed anche più ristretti,
di quello che non siano le alettine sottopostevi,
e la coda ne è semplice.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi. Ne-
cidale maggiore, o anche il Molorco accorciato
(N. Major – Leptura abbreviata – Molorchus
abbreviatus di Fabricius – Musca cerambyx ma-
jor di Schneider: fr. la Nécydale majeure – la
grande Nécydale: ted. der grosse Afterholzbock:
ing. the greatest Necydale?). – Questa specie ha,
come chi dicesse, accorciati i suoi Elitri, che rie-
scono di colore ferrugineo, ma senza macchie, ed
ha poi le antenne piuttosto brevi (antennis bre-
vioribus). (Vedi per questa Schoefer. Tom. 10. Fig. 10 e 11.).
Essa può dirsi indigena di gran parte d’Euro-
pa, e rinviensi, frall’ altre località, in Francia
[Seite 307] ne’ dintorni di Lione, come rinviensi talora, seb-
ben di rado, anche fra noi, ma non si può dire
che sia frequentissima in alcun luogo. – Pare che
le Larve ne vivano per entro alla sostanza stessa
del legno, e nulla si sa poi di positivo circa alle
varie metamorfosi di quest’ Insetto.
GENERE XIX. Lampiride, o anche Lucciola1
(Lampyris – Nitedula, – e per altri ancora Ci-
[Seite 308] cindela, sebbene troppo impropriamente, mentre
quest’ ultima, col nome appunto di Cicindela, forma
genere da sè, come poscia si vedrà: fr. Lampyre
– e talora, comunque a voce quasi del volgo, e
quindi sempre meno opportunamente, Ver luisant,
Mouche lumineuse, Mouche à feu, ec.: ted. Leucht-
käfer? – e per mero abuso poi, tanto Johannis-
käfer, che crediamo debba riserbarsi propriament
per indicarne la specie noctiluca, di cui qui sotto,
quant’ anche Johannis-würmchen, che tutt’ al più
potrebbe valere ad indicare la femina di molte
specie, la quale, com’ è senz’ ali, suol presentarsi
in forma appunto di Verme o di Bacherozzolo:
ing. Glow-wurm, – ma meglio assai Lampyris?).
Gl’ Insetti numerosi a bastanza, che comprendonsi
in questo genere, hanno tutti costantemente le
loro antenne filiformi, gli Elitri flessibili, ed il
torace appianato, quasi emisferico o conformato,
come chi dicesse, in un mezzo globo che cinge il
capo dell’ individuo, e lo nasconde intieramente
[Seite 309] per di sotto (thorax planus, semiorbiculatus,
caput subtus occultans cingensgue); essi hanno
inoltre pieguzzate ad un tempo, e tempestate di
piccole papille, le parti laterali del loro abdomine,
che presso alla sua estremità posteriore, in certe
epoche dell’ anno, riesce fosforescente.
I soli individui maschi della massima parte
delle specie formanti questo genere, sogliono es-
sere muniti d’ali, e al di sotto del ventre hanno
essi poi due punti che tramandano, sotto certe
determinate circostanze, una luce azzurrognola fo-
sforescente. Quanto alle loro femine che, ad ec-
cezione di qualche caso speciale, e fra gli altri, di
quello della nostra Lucciola propriamente detta,
ossia della Lampiride d’Italia (Vedi la Nota precedente
del Traduttore), sono il più delle volte aptere o prive
d’ali, segnatamente all’ epoca del loro accoppia-
mento, tramandan esse, quasi da tutto il loro ab-
domine una luce, di gran lunga più intensa e vi-
vace, al risplendere della quale è assai probabile
che i maschi siano abilitati a scorgerle in tempo
di notte anche da lontano, per correr loro all’ in-
contro, e attendere così con maggiore frequenza,
e di comune accordo, allo scopo naturale della
riproduzione della loro specie. Ed effettivamente
è noto a bastanza come, alcun tempo dopo che
la femina abbia messo giù le sue ova, da prin-
cipio fosforescenti anch’ esse o lucenti allo scuro,
amendue i sessi perdano affatto questa loro qua-
lità d’emetter luce fosforica dal ventre.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Lampiride nottiluca, o la Lampiride che fa lume
di notte tempo, e talora anche la Lucciola not-
tiluca, sebbene a torto, (L. Noctiluca: fr. le Lam-
pyre luisant – e anche le Ver luisant, nome
però che non ne indica se non soltanto la fe-
mina: ted. der erleuchtende Käfer – Leuchtkäfer
– e anche das Johannis-würmchen, volendone
accennare unicamente la femina: ing. the common
Glow-worm?). – Questa specie riesce di forma
piuttosto allungata o bislunga, porta due mac-
chiette semilunari e come pellucide sul suo scu-
detto emisferico ch’ è del color grigio della cenere,
ed è poi tutta di color bruno scuro in complesso,
se non che il ventre n’è nero, cogli ultimi anelli
di color giallo pallido.
Rinviensi dessa anche tra noi, e può dirsi anzi
indigena propriamente di tutta quanta l’Europa
da un capo all’ altro; suol frequentare di prefe-
renza i cespugli di Ginepro, i Rosai, e simili altri
arbusti. – Un semplice pajo di quest’ Insetti, ser-
bato in un bicchiero o in altro adattato vaso tra-
sparente, basta a produrre tanta luce da potere
col suo mezzo leggere allo scuro.
GENERE XX. Cantaride, o Cantarella (Can-
tharis – olim Meloë cantharis: fr. Cantharide –
Mouche cantharide: ted. Cantharis? – e talora in
parte, Spanische Fliege? – Blasenkäfer?: ing.
Cantharis? – Spanish-fly?). Gl’ Insetti che com-
[Seite 311] prendonsi in questo genere, e tra’ quali noi qui
non citeremo se non un esempio, hanno sempre
le antenne loro filiformi e sericee, o come se fos-
sero di seta (antennae setaceae); il loro torace,
più corto di quello che non siane tutta la testa,
riesce orlato o marginato; gli Elitri ne sono fles-
sibili, e le parti laterali dell’ abdomine ne sono
anche qui pieguzzate ad un tempo, quasi chi di-
cesse rugose, e tempestate di verruchette o di
papille (abdominis latera plicato-papillosa).
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Cantaride Fosca, o la Cantaride bruna (C. Fu-
sca – Cicindela fusca di Geoffroy: fr. la Can-
tharide brune – le Téléphore ardoisé di Dégéer:
ted. der braune Blasenkäfer? – braune Can-
tharis?: ing. the brown Cantharis?). – Questa
specie ha depresso, o quasi direbbesi schiacciato
d’ alto in basso, il suo torace orlato o marginato,
e di color rosso nel fondo, con sopravi una mac-
chia nera, e gli Elitri ne sono foschi o bruni.
Rinviensi dessa quasi per tutta Europa, e può
ritenersi come molto comune in Francia, sebbene
incontrisi non di rado anche tra noi. – Le Larve
se ne rimangono durante l’inverno appiattate e
quasi tramortite sotterra, d’onde poi talora quando
ha nevicato escono a migliaja, e si sa bene a
quante, e quanto assurde dicerìe abbia dato ori-
gine presso agli idioti questa loro improvvisa com-
parsa sulla neve candida caduta di fresco.
GENERE XXI. Elatere, che forse potrebbe dirsi
opportunamente in Italia Saltamartino (Elater:
fr. Taupin: ted. Springkäfer – Schmid: ing. Ela-
ter? – Schmid?). Gl’ Insetti racchiusi in questo
genere hanno anch’ essi le loro antenne rammen-
tanti, più che altro, due fili di seta (antennae
setaceae); hanno il torace formante un angolo
per di dietro, e portano in sul petto una punta
ch’ esce come di sbalzo da un pertugio apposita-
mente a tale effetto esistente nel loro abdomine
(mucro pectoris e foramine abdominis resiliens).
Questi Insetti riescono mirabili soprattutto a
motivo della destrezza veramente singolare con
cui, collocandoli supini, o colla schiena rivolta al-
l’ ingiù, sanno dessi, mercè d’un salto, slanciarsi
in alto, per ricaderne poscia in piedi nella posi-
zione loro naturale. Ad assisterli in così fatto slan-
cio torna ad essi opportunissimo uno spuntone
od aculeo, o vogliasi dire stilo, che portano sal-
damente impiantato sul petto all’ indietro della por-
zione anteriore dello sterno, e che possono a loro
beneplacito spingere in una cavità o doccia corri-
spondentevi, situata nel petto immediatamente al
di sopra dell’ inserzione del secondo para di zam-
pettine, dalla quale poi, nell’ alto del rimbalzo, esce
impetuosamente questo stilo, per servire come di
punto d’appoggio all’ individuo che vuol saltare;
giova eziandio a tale effetto la concorrenza di que-
gli altri aculei, che ne sorgono all’ indietro da
[Seite 313] ambedue i lati dello scudo toracico, e che fanno
un gioco consimile, e anzi, quasi direbbesi, lo stesso
gioco affatto, cogli Elitri.
SPECIE 1. Elatere Nottiluco, o anche il Cu-
cujo (E. Noctilucus: fr. le Cucuyo – le Taupin
des Caraïbes: ted. der Cucuyo – Caraïben Spring-
käfer?: ing. the Cucuyo – springing Beetle?).
– Questa specie ha, ad ambe le parti laterali del
torace, una macchia gialla ritondetta e nuda af-
fatto o glabra.
È dessa indigena propriamente delle regioni
centrali del nuovo Continente, come a dire del
paese dei Caraibi e d’altre quinci non molto di-
scoste, e non affatto dissimili contrade, ove gl’ in-
dividui ne pervengono fin oltre alla lunghezza to-
tale di due pollici. Quanto poi a quelle due mac-
chie tonde e di color giallo, che accennammo por-
tar quest’ Insetto presso alle punte laterali dello
scudo toracico, risplendono desse d’una viva luce
fosforica nelle tenebre, ed era in vista di tale pro-
prietà, che appunto i Caraibi usavano per l’ad-
dietro giovarsi, non meno del Cucujo, che di
altri consimili Insetti fosforescenti, in sostituzione
alle nostre candele, lampade, lucerne, o a quale
si fosse altra foggia di luci artificiali, onde il più
delle volte mancavano.
SPECIE 2. Elatere Nero, o veramente l’Ela-
tere nostrale (E. Niger: fr. le Taupin noir:
ted. der schwarze Springkäfer: ing. the common
[Seite 314] Springchaffer – black springing Beetle?). –
Questa specie ha liscio affatto, e senza pungoli,
il torace, ed ha poi di colore al tutto nero, così
gli Elitri, come in complesso il corpo, e perfino
i piedi o le zampettine.
Dessa rinviensi frequentissima anche fra di noi
in alcuni pascoli, ma non ha la proprietà di fo-
sforeggiare allo scuro.
GENERE XXII. Cicindela, o Scarafaggio della
sabbia, e talora anche Lucciola, sebbene a tutto
torto, giacchè in tutto il genere non si conosce pure
una specie che allo scuro risplenda di luce fosfo-
rica, come il nome di Lucciola precisamente im-
porterebbe, (Cicindela: fr. Cicindéle: ted. Sand-
käfer: ing. Sand-beetle?). Gl’ Insetti che com-
prendonsi in questo genere, e de’ quali non cite-
remo qui che una specie soltanto, hanno sempre le
antenne rammentanti, più che altro, un filo di
seta, le mascelle prominenti e guernite di minuti
denticini, gli occhi protuberanti o sporti all’ infuora,
e il torace ad un tempo di forma arrotondata o
tondeggiante, ed orlato o guernito d’un margine.
Dessi, finchè rimangono nello stato di Larve,
si ficcano nella sabbia, quasi a quel modo che
sogliono fare i Formicaleoni (Myrmeleon formi-
carius), onde potere poi così pigliare a tradimento
altri Insetti, de’ quali vannosi cibando; ma, ridotti
che siano allo stato d’Insetti perfetti, usano d’inse-
guire la loro preda, ora al volo, ed ora correndogli
dietro con una celerità veramente maravigliosa.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Cicindela Germanica (C. Germanica: fr. la Ci-
cindéle d’Allemagne: ted. der eigene Sandkäfer:
ing. the Germanic Sand-beetle?). – Questa specie
ha il corpo tutto quanto di color verde, se non
che su i due Elitri scorgonvisi un punto bianco, e
verso l’estremità poi, una mezza luna bianca an-
ch’ essa.
È dessa indigena del Nord d’Europa, incon-
trasi talora anche fra di noi, e riesce poi più
frequente in Germania che per tutto altrove, come
già sembra farne testimonianza il nome specifico
applicatole.
GENERE XXIII. Bupreste (Buprestis: fr. Bu-
preste – Richard: ted. Prachtkäfer: ing. Buprest?).
Gl’ Insetti compresi in questo genere hanno anche
essi filiformi o setacee le antenne loro, lunghe a
un di presso quanto può essernelo in complesso
il torace, e portano la testa mezzo innicchiata o
nascosta per entro al torace.
SPECIE 1. Bupreste Gigante, o il Bupreste mag-
giore (B. Gigantea – Buprestis gigas di Linneo:
fr. le Bupreste géant – le Richard des Indes?:
ted. der Riesen-prachtkäfer? – Indianische
Prachtkäfer?: ing. the Indian Buprest? – giant
Buprest?). – Questa specie ha gli Elitri ad un
tempo aguzzi o tirati in punta, bidentati e rugosi,
col torace orlato o marginato e liscio, e col corpo
tutto quanto bellamente dorato. (Vedi Sulzers. Kenn-
zeichen ec. Tab. 6. Fig. 38.).
È dessa, a quanto pare, indigena d’amendue
le Indie, più che altrove frequente alla Cajenna,
ed esotica sempre per noi. – L’individuo ne per-
viene quasi alla lunghezza d’un dito.
SPECIE 2. Bupreste Nostrano, ma meglio poi
il Bupreste Crisostigma, o il Bupreste dalle stimi-
te dorate (B. Chrysostigma – Buprestis affinis di
Fabricius?: fr. le Bupreste à fossettes – le Richard
à fossettes: ted. der Goldnarben-tragende Pracht-
käfer – gemeine Prachtkäfer?: ing. the two-gold-
marks-bearing Bupresti?). – Questa specie ha gli
Elitri serrati, o guerniti in su i lembi di minuti
denti a foggia del tagliente di una sega, e longi-
tudinalmente solcati, con impressevi due macchie,
o quasi direbbesi, due stimite dorate, e col torace
tempestato di punti (thorace punctato). – (Vedi
Sulzers. Kennzeichen ec. Tab. 6. Fig. 39.).
È dessa indigena anche fra di noi, ma rinviensi
ancora più frequentemente in Francia.
SPECIE 3. Bupreste Verde (B. Viridis: fr. le
Bupreste vert – le Richard vert?: ted. der grüne
Prachtkäfer?: ing. the green Buprest?). – Que-
sta specie ha, quasi chi dicesse, lineati e punteg-
giati, o tempestati di punti, i suoi Elitri, d’altronde
intatti od integri, che è quanto dire non tronchi,
non laceri, non orlati e non guerniti, nè di denti
a foggia di sega, nè di frastagli (elytris integer-
rimis sublinearibus punctatis); il torace ne riesce
lunghetto anzi che no, di color verde, e in certo
[Seite 317] tal qual modo chino od incurvato all’ ingiù (tho-
race deflexo, viridi elongato).
È dessa indigena anche fra di noi, ma rinviensi
più frequente nel Nord della Germania. – L’in-
dividuo in forma d’Insetto perfetto non ne viene
più lungo di due linee, ed ha precisamente i co-
lori della nostra Cantarella, o Cantaride da ve-
scicanti (Meloë vesicatorius). – Non sono scorsi
ancora molti anni dacchè le Larve di questo In-
setto, moltiplicatesi un po’ troppo nel Regno An-
noverese, ebbero a cagionare, segnatamente nei
dintorni di Gottinga, guasti di molto rilievo sopra
i tronchi o pedali di Faggio rosso (Rothbuchen-
stämmen pe’ Tedeschi) colà assai comuni, che
faceano dessi perire rodendone l’alburno, per entro
al quale praticavansi innumerevoli passaggi tortuosi
o serpeggianti.
GENERE XXIV. Ditico, o Ditisco, o anche talora
Scarafaggio acquatico (Dyticus – Dyticus Hydro-
cantharus – Hydrophilus di Fabricius: fr. Dytique
Colymbète: ted. Wasserkäfer – Fischkäfer: ing.
– Dyticus? – Water-beetle? – Water-chaffer?).
Gl’ Insetti racchiusi in questo genere hanno le an-
tenne, or filiformi o, come suol dirsi, setacee, ed ora
ad un tempo conformate a modo d’una clava, e
perfogliate o fronzutissime, quasi chi dicesse, ab-
bondantemente fogliose (antennae setaceae, aut cla-
vato-perfoliatae), e le zampettine posteriori, o i
piè di dietro ne riescono come pelosi o vellutati,
[Seite 318] conformati in modo da servir loro ottimamente per
la natazione, e quasi troncati a un tratto, o ter-
minanti senza punte (pedes postici villosi, nata-
torii submutici).
SPECIE 1. Ditico Piceo, o il Ditico nero, o
anche lo Scarafaggio acquatico nero (D. Piceus
– Hydrophilus piceus di Fabricius: fr. l’Hy-
drophile brun – le Dytique noir – le grand Hy-
drophile di Geoffroy – l’Hydrophile à antennes
rousses di Dégeer – l’Hydrochare di Leach: ted.
der pechschwarze Wasserkäfer?: ing. the Hy-
drous – Hydrochare? – pitch-black Water-chaf-
fer?). – Questa specie ha le antenne assai fo-
gliose o, come suol dirsi, perfogliate, ed ha nudo
e liscio affatto o glabro il corpo, collo sterno con-
formato a modo della carena d’un vascello, e
terminante in una punta spinosa dalla parte con
cui protraesi verso l’abdomine (sterno carinato
postice spinoso). – (Vedi Frisch. P. II. Tab. 6. Fig. 1.).
È dessa una delle specie di più vistosa mole
che conti tutto quanto il genere, l’individuo, nero
lucente appunto come la pece per di sopra, e bru-
no scuro poi per di sotto, pervenendone fino alla
lunghezza di un pollice e mezzo. Si sa ch’ essa è an-
che carnivora, come per lo più il sono eziandio le
altre specie affini, e rinviensi non di rado fra di
noi, ove suol viversene tralle acque dolci sta-
gnanti. – Quando la femina dell’ Insetto perfetto
intende di metter giù le ova, suol essa comin-
[Seite 319] ciar dal disporre una buccia, un bozzolo, o una
maniera di guscio assai vago e leggiadro, e di
forma lunghetta, che tappezza e cuopre tutto at-
tentamente d’una lanuggine sericea di color bru-
no, e che insieme appunto coll’ ova entropostevi,
galleggia poi costantemente sull’ acqua a foggia di
una barchetta, finchè le Larve sbucciatene siano
venute in condizione di poterne saltare oltra le
sponde, per abbandonarsi all’ elemento in cui
debbono condurre la vita loro.
SPECIE 2. Ditico Marginale, o il Ditico or-
lato, o anche lo Scarafaggio acquatico marginale
(D. Marginalis: fr. le Dytique marginal: ted. der
gemeine Fischkäfer?: ing. the little Water-beetle?).
– Questa specie è tutta quanta di color nero, a
meno de’ margini, tanto del torace, come degli Eli-
tri, che negl’ individui maschi ne riescono gialli.
(Vedi Sulzers. Kennzeichen. Tab. 6. Fig. 42.).
Rinviensi indigena anche fra noi, e riesce dan-
nosissima, come pare che il siano assai probabil-
mente per la massima parte anche le rimanenti
specie comprese in questo genere medesimo, alle
nostre peschiere artificiali, o agli stagni ove usia-
mo di conservare il pesce vivo per i casi di bi-
sogno. – Le femine hanno la metà anteriore dei
loro Elitri solcata pel verso della loro lunghezza.1
GENERE XXV. Carabo, o anche Scarafaggio
corridore (Carabus: fr. Carabe: ted. Laufkä-
fer: ing. Carabus? – running Beetle?). I nu-
merosissimi Insetti, che comprendonsi in questo
genere ben vasto ancora, ma che eralo di gran
lunga più in addietro, hanno essi pure filiformi
o, come usasi dire, setacee le loro antenne; il to-
race n’è conformato a foggia d’un cuore mar-
ginato od orlato, che abbia come troncata la pun-
ta, e anche gli Elitri ne riescono orlati o mar-
ginati.
Sono dessi sempre da riguardarsi, tra gl’ In-
[Seite 321] setti come veri animali da preda, e con molta
ragione potrebbero denominarsi in fatto Insetti di
rapina. Parecchi ve n’ ha che, pigliati fra le dita,
emettono dal corpo loro, per la bocca, o anche per
l’ano, un sugo o un umore nerastro d’odore acuto,
penetrante e disgustosissimo. Radi sono tra essi
quelli che possano sostenersi buon tratto al volo,
ma tutti quanti poi corrono invece velocissima-
mente.1
SPECIE 1. Carabo Coriaceo, o anche il Carabo
zigrinato (C. Coriaceus: fr. le Carabe chagriné:
ted. der gänsehautige Laufkäfer? – reibledrige
Laufkäfer?: ing. the shagreen-running Beetle?).
– Questa specie, avente il corpo tutto quanto di
un colore intensamente nero, manca dell’ ali pro-
priamente dette (Carabus apterus ater opacus),
e non ha se non gli Elitri confusamente pieguz-
zati, quasi direbbesi rugosi, e tempestati poi di
punti salienti o rilevati a guisa di papilluzze (eli-
tris intricatis subrugosis). – (Vedi Sulzers. Kennzei-
chen etc. Tab. 6. Fig. 44.).
È dessa indigena propriamente delle regioni
settentrionali della nostra Europa, come a dire
della Germania, e in parte anche della Francia,
[Seite 322] ma è rado molto in Italia, ove non accade di
rinvenirne qualche individuo, se non soltanto nelle
valli intermontane le meno calde.
SPECIE 2. Carabo Dorato, e talora anche,
sebbene non troppo appropriatamente, la Galli-
nella dorata (C. Auratus: fr. le Carabe doré –
le Jardinier – le Vinaigrier – le Bupreste doré
et sillonné à larges bandes di Geoffroy: ted. der
Goldhahn: ing. the gold-running Beetle?). –
Questa specie manca essa pure dell’ ali propria-
mente dette, ma ha bensì gli Elitri che riescono
leggermente solcati o striati, co’ solchi o colle
striscie dorate e rilucenti.
È dessa frequentissima su i campi, nelle prate-
rie, e su pe’ pascoli nelle regioni alquanto setten-
trionali d’Europa, come a dire in Francia, nella
Svizzera e in gran parte della Germania; ma tosto
che scendasi in contrade un po’ più meridionali,
come per esempio nella Spagna, nell’ Italia, e
così via discorrendo, essa non rinviensi più oltre
se non fralle montagne.
SPECIE 3. Carabo Sicofanta, o anche il Ca-
rabo barattiere, o il Calosomo frodatore (C.
Sycophanta – Calosoma sycophanta di Fabricius:
fr. le Carabe sycophante – le Calosome sycophan-
te – le Bupreste carré couleur d’or di Geoffroy:
ted. der Siphokant-laufkäfer: ing. the sycophant-
running Beetle?). – Questa specie ha tutto il corpo
risplendente in complesso d’un bel color d’oro, a
[Seite 323] meno del torace, che ne volge all’ azzurrognolo od
al ceruleo, degli Elitri, che ne riescono striati e
misti di verde e di giallo aureo, e finalmente del-
l’ abdomine, che n’è poco meno che nero af-
fatto. (Vedi Sulzers. Geschichte ec. Tab. 7. Fig. 1.).
È dessa indigena e non infrequente anche fra
di noi, ove se ne vive sulle Quercie, dando avi-
dissima e fiera caccia a’ Bruchi, alle Larve e ad
altri Insetti che vi rinviene, fra quali è d’anno-
verarsi soprattutto la specie successiva di Carabo,
struggendone e divorandone, se il può, in tanta
copia, da non essere più in istato di muoversi
pure d’un passo; ma, ridotto che sia poi l’indi-
viduo in questo stato di ripienezza, le Larve della
sua stessa specie lo uccidono e ne fanno il loro
pasto più ricercato. – Quest’ Insetto medesimo
costituisce la più vistosa tralle specie di Carabi
che frequentano i dintorni di Gottinga.
SPECIE 4. Carabo Crepitante, o anche talora
lo Scarabeo bombardiere, o veramente, e forse
meglio, il Brachino crepitante (C. Crepitans –
Brachinus crepitans di Fabricius: fr. le Pétard –
le Carabe pétard – le Brachine pétard: ted. der
Bombardierkäfer: ing. the Petard-beetle? – cra-
cker Beetle?). – Questa specie ha di color fer-
rigno, tanto il torace, quanto il capo, e perfino
le zampettine o i piedi, cogli Elitri di un color
verde che volge al nero (Vedi Rolander, Acta Stoc-
kholm., o veramente Schwedische Abhandlungen, per l’an-
no 1750. Tab. 7. Fig. 2.).
È dessa indigena quasi di tutta Europa, ma
più frequente in Francia ed in Germania, di quello
che non sialo nella Spagna e nell’ Italia, e pre-
senta un Insetto piccolo assai. – La specie da noi
pure testè descritta qui sopra le dà costantemente
una caccia fierissima, siccome già accennammo. –
Ciò che ha, più d’ogni altra circostanza, contri-
buito a far conoscere a dovere quest’ Insetto, può
dirsi che sia effettivamente il modo affatto straor-
dinario e suo proprio, con diligenza descritto dal
Dott. Rolander, con cui esso s’ingegna di difen-
dersi da’ suoi nemici, e fra gli altri soprattutto
dal Carabo inquisitore (Carabus inquisitor), lan-
ciando cioè loro all’ incontro, con uno strepito
forte e davvero sorprendente, un denso fumo, o
vogliasi dir vapore di color turchiniccio.
SPECIE 5. Carabo Spinipede, o anche il Ca-
rabo gobbo, o il Carabo dalle zampettine spi-
nose (C. Spinipes – Carabus gibbus di Fabri-
cius: fr. le Carabe à pattes épineuses: ted. der
Saatfresser: ing. the thorny-claw-running Beetle?
– Seed-devourer?). – Questa specie ha il corpo
tutto quanto del color della pece; ha, come chi
dicesse, infossata o scavata una linea per lo lungo
in sul torace, ed ha poi armate di spine od acu-
lei le mani, ossiano le estremità delle sue zam-
pettine anteriori. (Vedi Olivier. T. III. Tab. 12. Fig. 142.).
Le Larve di quest’ Insetto, ch’ è indigeno pur
troppo anche fra noi, rimangonsene sotterra, e in
[Seite 325] certe annate recano danni terribili alle recenti se-
minagioni di biade e di cereali, siccome avvenne,
a cagion d’esempio, trall’ altre volte, in sulle terre
della Lombardia nell’ anno 1776, e sul territorio
di Halla nel Circolo della Saal nell’ anno 1812. –
Gl’ Insetti perfetti poi adunansi di notte tempo a
falangi su per le spiche di così fatte pianticine,
che alla mattina se ne veggono talvolta coperte
affatto, o cariche in modo da non dire.
GENERE XXVI. Tenebrione (Tenebrio: fr. Té-
nébrion: ted. Schlupfkäfer?: ing. Tenebrio?).
Gl’ Insetti compresi in questo genere hanno sem-
pre le loro antenne fatte a mò di collana, o come
suol dirsi, moniliformi, con questo però che l’ul-
timo membretto o l’articolazione terminale ne è
alquanto rotondata, quasi a foggia di globetto; il
torace ne riesce per di sotto piatto, e per di sopra
poi convesso, e marginato o guernito d’una ma-
niera d’orlatura tutt’ all’ intorno; il capo ne è
scoperto, indifeso e sporgente molto all’ infuora
(caput exsertum), e gli Elitri ne sono duretti e
resistenti anzi che no (elytra rigidiuscula).
SPECIE 1. Tenebrione Molitore, o il Tene-
brione architetto, o anche semplicemente l’Ar-
chitetto, lo Scarafaggio architetto, e talora
l’Insetto mugnajo, o il Tonchio de’ mulini (T.
Molitor: fr. le Ténébrion architecte – le Téné-
brion des moulins – le Ténébrion de la farine:
ted. der müller Schlupfkäfer? – mühlen Schlupf-
[Seite 326] käfer? – Mehlkäfer?: ing. the miller Tene-
brio? – Mill-beetle? – Mill-chaffer?). – Que-
sta specie è munita d’ali, col corpo nero tutto
quanto, e colla parte superiore delle zampettine
davanti più grossa, forte e robusta di quello che
non sialo quella delle posteriori (femoribus an-
ticis crassioribus). – (Vedi Frisch. P. III. Tab. 1.).
È questa indigena anche qui fra noi, e le sue
Larve se ne stanno di preferenza nella farina,
ond’ è che frequentissime rinvengonsi poi, tanto
ne’ mulini, quanto presso a’ panattieri, o nelle of-
ficine de’ fornaj da pane, e che dal volgo chia-
mansi trivialmente or Vermi della farina, ora
Bacherozzoli della farina, or Tarme ed ora Tar-
li, conosciutissime soprattutto per l’uso che se
ne fa, dandole come pasto di regalo agli ussignuoli
in gabbia, per farli cantare.
SPECIE 2. Tenebrione Mortisago, o veramente
il Tenebrione mortinuncio, il Tenebrione presago
di morte, e meglio forse il Blaps mortisago, o il
Blaps mucronato (T. Mortisagus – Blaps mor-
tisaga di Fabricius: fr. le Ténébrion porte-mal-
heur – le Ténébrion annonce-mort – le Blaps
mucroné: ted. der Todtenkäfer: ing. the death-
announcing Beetle? – death-warning Tenebrio?).
– Questa specie manca affatto d’ali, ha liscio,
inerme, e da per tutto uguale, il torace (thorace
aequali), cogli Elitri lisci e armati di punte. –
(coleopteris laevibus mucronatis). – (Vedi Frisch.
P. XIII. Tab. 25.).
È dessa indigena propriamente delle regioni al-
quanto più settentrionali d’Europa, ma però rin-
viensi non infrequente anche fra noi.
GENERE XXVII. Meloe, o Maggiolino (Meloë:
fr. Méloè: ted. Maywurmkäfer?: ing. Meloë? –
May-bug?). Gl’ Insetti che racchiudonsi in questo
genere, hanno essi pure moniliformi o conformate
a foggia di collana le antenne loro, con questo
però che il membretto terminale, o l’ultimo ar-
ticolo ne riesce di forma piuttosto ovale; il to-
race n’è arrotondato; gli Elitri ne sono molli e
flessibili, ed il capo n’è inflesso, o ripiegato al-
l’ innanzi, e gobbo o gibboso.
SPECIE 1. Meloe Proscarabeo, o il Maggiolino
untuoso (M. Proscarabaeus: fr. le Scarabé on-
ctueux – le Méloè proscarabé – anticamente la
Cantarelle: ted. der eigene Maywurmkäfer: ing.
the Oil-beetle – proper May-bug?). – Questa
specie ha il corpo in complesso tutto quanto ne-
ro, punzecchiato però o tempestato come di mi-
nuti punti sovra il capo, e sulla parte superiore
del torace o del corsaletto, e d’un nero che volge
al violaceo, così le parti laterali della testa e del
torace, com’ anco le antenne e perfino le zam-
pettine; manca essa affatto d’ali, e gli Elitri ne
riescono alquanto raggrinzati o rugosi. (Vedi Frisch.
P. VI. Tab. 6. Fig. 5.).
È dessa indigena di tutta l’Europa, e rinviensi
a bastanza frequente anche fra noi. – Quest’ In-
[Seite 328] setto molle e tenero ha un’ apparenza molto de-
licata, e toccato che sia soltanto con un po’ di
forza, spreme fuori dalle giunture od articola-
zioni, che ne corrispondono alle ginocchia, un sugo
proprio puzzolente.
SPECIE 2. Meloe Vescicatorio, o la Litta
vescicatoria, e volgarmente poi, com’ anche in
uso comune medicinale, la Cantarella, o la Can-
taride, che pigliansi per lo più al numero plu-
rale (M. Vesicatorius – Lytta vesicatoria di
Fabricius – vulgo Cantharis officinarum: fr. la
Cantharide des boutiques – la Cantharide vésica-
toire – la Mouche vésicatoire – le Méloè vési-
catoire: ted. die eigene Spanische Fliege – e
talora, ma a quanto ci sembra, assai meno oppor-
tunamente, der Blasenkäfer? ing. the Blistering
Beetle? – Blister-may-bug? – Spanish Fly?).
Questa specie è munita d’ali; il corpo n’è tutto
quanto d’un bel verde quasi dorato e risplenden-
te, e le antenne ne sono nere affatto.
È dessa indigena delle regioni calde d’Europa,
e rinviensi frequente anche fra di noi. – L’In-
setto ci riesce di qualche importanza, segnata-
mente per l’effetto salutare che presta, a quel
modo medesimo che il fa al Bengala il Meloe
triantemo (Meloë trianthema)1, levando la ve-
[Seite 329] scica dalla pelle, quando ne’ modi convenienti siavi
stato applicato per un certo determinato intervallo
di tempo.
GENERE XXVIII. Mordella (Mordella: fr. Mor-
delle: ted. Mordelle? – Blumenkäfer?: ing. Mor-
delle? – Flower-beetle?). Gl’ Insetti appartenenti
a questo genere, tra’ quali ci terremo qui ora
paghi di citare un esempio soltanto, hanno le
loro antenne filiformi, e denticolate sul lembo
alla maniera del tagliente d’una sega; quando
piglian paura portano essi tosto il capo chino
fin sotto al collo; i palpi ne sono ad un tempo
alquanto compressi o schiacciatelli, e conformati
a modo di clava, e riescono come troncati obbli-
quamente; gli Elitri verso la punta ne sono cur-
vati all’ ingiù, e finalmente portan essi sempre
una larga lamina per davanti a’ femori, o alle co-
scie loro, presso alla base dell’ abdomine (ante
femora lamina lata ad basin abdominis).
Quest’ Insetti sono come piccoli Scarafaggi. –
L’intiero genere non racchiude se non un ben
ristretto numero di specie, che sembra anche non
siano per crescere gran fatto più oltre.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Mordella Aculeata, o la Mordella dal pungi-
glione, o forse meglio ancora la Mordella dal
succhiello (M. Aculeata: fr. la Mordelle à ta-
riére – la Mordelle veloutée à pointe di Geof-
froy: ted. der Stachel-blumenkäfer? – die Stachel-
[Seite 330] mordelle?: ing. the Wimble-flower-beetle? – stin-
ged Mordelle?). – Questa specie è tutta quanta ne-
ra e lucente, senza la più piccola macchia d’altro
colore, ma rivestita come d’una lanuggine mor-
bidissima di seta; porta dessa armato l’ano d’un
aculeo, o vogliasi dir pungiglione, lungo quanto
può essernelo il torace, e l’individuo non supera
in complesso la lunghezza di due linee. (Vedi
Sulzers. Kennzeichen ec. Tab. 7. Fig. 46.).
È dessa indigena quasi di tutta l’Europa, e
rinviensi anche fra noi, ove suol frequentare i
fiori più che altra cosa.
GENERE XXIX. Stafilino (Staphylinus:1 fr.
Staphylin: ted. Staphylin? – Raubkäfer? –
Traubenkäfer?: ing. Staphyline?). Gl’ Insetti
compresi in questo genere, tra’ quali noi non ac-
cenneremo qui che una specie sola, hanno le loro
antenne moniliformi, o fatte quasi a foggia di una
collana; gli Elitri ne riescono, come chi dicesse,
smezzati, ma pure cuoprenti intieramente l’alet-
tine che stanno loro al di sotto. Oltre a ciò hanno
poi dessi ancora una coda semplice sporgente, o
mostrante all’ aperta, due bislunghe vescichette.
Questi Insetti meritano d’essere pigliati in qual-
che considerazione, segnatamente a motivo delle
[Seite 331] praccennate due vescichette ch’ essi spingono fuori
del basso ventre, quand’ appena temono, o s’ac-
corgono di alcun imminente pericolo, e l’uso
delle quali non è per anche ben determinato.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Stafilino Mascelloso, o lo Stafilino munito di
mascelle (S. Maxillosus: fr. le Staphylin à ma-
choires: ted. der backentragende Traubenkäfer?:
ing. the jaw-bearing Staphyline?). – Questa
specie è tutta quanta nera e pubescente, o vestita
di un pelo fino assai, con diverse fascie del color
grigio della cenere, e le mascelle ne riescono lun-
ghe a un di presso quanto possa essernelo la in-
tiera testa.
Dessa rinviensi indigena qua e là anche fra noi.
GENERE XXX. Forficula, o Forbicina, e per
alcuni Pinzajola, e fors’ anco Forfecchia, seb-
bene paja questo nome da riserbarsi per indicare
piuttosto un tal quale Bacherozzolo non alato, che
frequenta assai volontieri i Fichi fiori, (Forficula:
fr. Forficule: ted. Zangenkäfer? – Forficula?:
ing. Vice-beetle? – Pincers-chaffer? – Forficu-
la?). Gl’ Insetti a bastanza numerosi, che rac-
chiudonsi in questo genere, e de’ quali noi non
citeremo qui se non un esempio soltanto, hanno
anch’ essi setacee, o simili a fila di seta, le loro
antenne; gli Elitri scorgonsi anche in essi smez-
zati, come accennamo esser proprio degl’ Insetti
spettanti al genere qui sopra immediatamente pre-
[Seite 332] cedente, ma bastanti però a coprir l’alettine che
stanno loro al di sotto, e la coda poi ne termina
bifida o biforcuta, quasi a modo d’un para di
forbici aperte.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Forficula Auricularia, o la Forbicina fora-oreo-
chj (F. Auricularia: fr. la Forficule auricu-
laire – le Perce-oreille: ted. der Ohrwurm –
Oehrling – Ohrhöhler: ing. the Ear-wig). –
Questa specie ha gli Elitri che terminano bian-
chi alla punta. (Vedi Frisch. Tab. 15. Fig. 1. e 2.).
È dessa indigena di quasi tutta l’Europa e
rinviensi frequentemente anche tra noi. – I di-
versi nomi co’ quali fuor d’Italia suole contrad-
distinguersi questa maniera d’Insetti, e che tutti
dal più al meno equivalerebbono in lingua Italiana
a quello appunto di Fora-orecchj, fanno pruova
dell’ opinione, tuttochè senza buon fondamento,
invalsa presso agl’ idioti, ch’ essi volontieri, e anzi
di proposito determinato, cerchino d’intrudercisi
nelle orecchie; ma il fatto assolutamente non sus-
siste, se non in quanto possan eglino entrarvi per
caso, e smarrirvisi, come può succedere a qualsivo-
glia altro Insetto. Sta però invece, ch’ essi riescano
talora di più o meno grave nocumento, tanto alle
nostre civaje, o alle giovani piante leguminose,
quanto a certi fiori delicati, come a dire a’ bottoni
dei garofani (Dianthus), agli agrumi in fiore, e così
via discorrendo, e che il siano poi anche, quando
[Seite 333] giungono a moltiplicarsi di troppo, pe’ pali da pa-
lafitte, e in somma pe’ legnami che servono di
fondamento agli edificii, pe’ telaj d’invetriata o
altri delle finestre, e simili.
Gl’ Insetti che comprendonsi in questo se-
cond’ Ordine hanno, almeno per la mas-
sima loro parte, la testa ripiegata all’ ingiù,
e quasi direbbesi, schiacciata, o anzi com-
pressa contro il petto; alcuni pochi ve ne
ha che hanno la bocca munita di mascelle
o mandibole, mentre i più ne sono prov-
veduti d’una Tromba, o vogliasi dire Pro-
boscide curvata verso il basso ventre, e
quindi è poi che questi ultimi vengono da
qualche Naturalista contraddistinti col no-
me d’Insetti proboscidei (Insecta probo-
scidea). Generalmente hanno dessi quattro
ali distinte, delle quali quelle segnatamente
che rimangono al di sopra, presso alla loro
inserzione, o in vicinanza della radice, so-
gliono essere sode, dure e di natura cor-
nea, mentre che al di fuori, e verso alla loro
estremità, vanno invece rendendosi sempre
più sottili, molli, cedenti e pieghevoli.
[Seite 335] Queste loro ali, in qualche specie, procedo-
no dritte affatto tutte quattro, mentre nelle
specie rimanenti, le superiori procedendo-
ne in un senso, e le inferiori in un altro,
vengono desse ad incrociarsi insieme le
prime colle seconde, in modo da rappre-
sentar quasi appunto una croce; e alcune
ve n’ ha poi che, oltre alle quattro ali
preaccennate, portano ancora una traccia
d’Elitri, o d’alettine cornee o coriacee ri-
coprenti l’ali sottoposte, o quasi direbbesi
un embrione di astucchi dell’ ali, come
hannovi alcune poche specie che non van-
no abitualmente munite se non soltanto
di due ali, e come finalmente in certune
le sole femine ne mancano affatto. La me-
tamorfosi regolare di questi Emipteri nulla
ha di singolare, o di veramente straordina-
rio; tanto più che le loro Larve somiglie-
rebbero in tutto agl’ Insetti perfetti, che
sono per risultarne rispettivamente al tem-
po debito, se non fossero l’ali, che in ge-
nerale mancano affatto alle prime, e non
sviluppansi se non se a poco a poco, e col
tratto successivo, nell’ Insetto, a misura che
si va desso perfezionando.
GENERE XXXI. Blatta, o Tignuola1 (Blatta:
fr. Blatte: ted. Schabe: ing. Cock-roak). Le ben
numerose specie, che connumeransi attualmente in
[Seite 337] questo genere d’Insetti, hanno sempre la testa in-
flessa o ripiegata all’ ingiù e all’ indietro, e quasi
intieramente nascosta al di sotto del protorace; han-
no lunghe molto, e anzi più lunghe di quello che
non siane il corpo dell’ Insetto, filiformi e setacee, le
loro due antenne maggiori, accompagnate da altre
quattro più piccole, più fine ancora e più corte,
ma pur sempre lunghette; tanto gli Elitri, quanto
l’ali, ne riescono piatte o piane, più o meno
liscie, e di sostanza quasi coriacea; il torace n’è
ad un tempo orbiculato, schiacciatello ed orlato,
o, come suol dirsi, marginato; i piedi ne sono
corridori, o tali da costituire l’animaletto atto
molto bene al corso. In aggiunta poi a tutti que-
sti caratteri generici, nelle Blatte o Tignuole os-
servasi anche questo di più, ch’ esse sogliono por-
tare come due cornicini sopra la coda (cornicula
duo supra caudam).
SPECIE 1. Blatta Orientale, o la Tignuola
orientale, o lo Scarafaggio del pane, o la Blatta
di cucina, la Blatta del pane, o la Tignuola
della cucina, la Tignuola del pane, o ancora il
[Seite 338] Cacherlack, il Kakerlak, e volgarmente nella Lom-
bardia ’l Bordocc, in qualche località delle Pro-
vincie Venete Panaroto, e nel vicino Piemonte
Boja panatera (B. Orientalis: fr. la Blatte des
cuisines – le Cancrelas – le Ravet – le Ka-
kerlac – le Kakerlaque: ted. die Brotschabe –
Küchenschabe – Haussschabe – der Kakerlake –
Tarokan: ing. the black Beetle – proper Cock-
roach). – Questa specie riesce in complesso di
un colore che sta tra il bruno di ferro e il nero,
o sia d’un colore ferrigno fosco, cogli Elitri in
certo modo accorciati, ed aventi sovr’ essi impresso
o scolpito un solco bislungo. (Vedi Frisch. P. V. Tab. 3.)
Al presente può dessa ritenersi come indigena
quasi di tutto quanto il Globo terracqueo, e rin-
viensi pur troppo frequentissima anche fra noi du-
rante tutta la state, e del pari che alcune altre
specie sue affini, quali sono, per cagion d’esem-
pio, quella che, quando pure non sia la stessa
colla Blatta della Lapponia (Blatta lapponica)
specie 3 qui sotto, alcuni Naturalisti, non si sa
bene per qual motivo, hanno voluto denominare
Blatta di Germania (Blatta germanica), quella del-
l’ America (Blatta americana), che è il vero Ka-
kerlac delle Antille e delle regioni meridionali del-
l’ America, ora divenuto comune poco men che per
tutto, oltre a qualche altra ancora, costituisce at-
tualmente un vero flagello domestico, almeno per
i paesi ove le riuscì d’intrudersi; e come assai
[Seite 339] appropriatamente usano dire i Francesi, d’acclima-
tarsi, moltiplicandovisi poco meno che all’ infinito,
mentre divora essa in modo nefando ogni maniera
di vettovaglie, e più volontieri poi di qualsivoglia
altra cosa, quando può arrivarvi, il pane ed il
biscotto; ond’ è che diviene talora cagione potis-
sima della miseria e della fame la più terribile e
la più desolante per l’equipaggio di que’ basti-
menti che sono destinati a sostenere lunghe e pe-
nose navigazioni in paraggi inospiti affatto e lon-
tanissimi, quali sono, a cagion d’esempio, i viaggi
intorno al Globo e altri così fatti1. – Gli spe-
dienti, infino ad ora suggeriti come più decisa-
mente efficaci e possenti, per ostare, in quanto sel
possa, almeno in parte, a tanta rovina, consistono
principalmente nell’ uso dell’ Arsenico, de’ vapori
di Zolfo, dell’ Assa fetida, dell’ acqua bollente, e
così via discorrendo; e quando non trattasi che
d’un certo numero di questi schifosi Insetti (de-
vastatori anco de’ panni e delle massarizie di ca-
sa, ove di meglio non trovino alla mano), infe-
stante una stanza, una cucina, o, in somma, un
locale isolato, potrà bastare, a liberarsene, il te-
nervi rinchiuso in tempo di notte un Porco-riccio
[Seite 340] (Erinaceus europaeus), o veramente un Anitroc-
colo (Anas boschas)1.
SPECIE 2. Blatta Eteroclita, o la Blatta ir-
regolare, o anche la Tignuola di Tranquebar
(B. Heteroclita – e forse meglio Blatta etero-
clita: fr. la Blatte hétéroclite – le Ravet hété-
roclite – le Cancrelas hétéroclite: ted. der un-
regelmässige Kakerlake?: ing. the heteroclit Cock-
roach?) – Questa specie riesce tutta quanta di
color bruno fosco, a meno degli Elitri, che ne
sono neri, e de’ quali il sinistro intiero e perfetto
porta quattro verruchette, o pustule ben distinte,
mentre in vece il destro non porta che tre pustu-
lette sole, e lungo il lembo suo più interno è in
parte translucido, o quasi diafano. (Vedi Pallas. Spi-
cileg. zoologic. IX. Tab. 1. Fig. 5.).
È dessa indigena propriamente a Tranquebar,
e in altre analoghe, e non gran fatto di quinci
discoste, località delle Indie orientali. – Appunto
la costante, e sensibilissima differenza che osser-
vasene, così nelle forme, come nel disegno de’ due
Elitri, non può non aver reso questo Insetto me-
ritevole d’una speciale considerazione.
SPECIE 3. Blatta di Lapponia, o la Tignuola
lappona (B. Lapponica, – che dovrebb’ essere,
per avventura, la stessa cosa colla Blatta germa-
nica: fr. la Blatte de Lapponie – le Ravet de
Lapponie?: ted. die Lappländische Brotschabe?:
ing. the Laplander Cock-roach?). – Questa spe-
cie riesce d’un color bruno che volge al giallastro,
ed ha poi gli Elitri tempestati di macchiette nere.
Sembra dessa essere originaria delle terre le più
settentrionali d’Europa, d’onde, per mezzo d’una
tal quale annua metodica migrazione verso il Mez-
zogiorno, spinsesi in Germania, in Francia e nella
Svizzera, ma è rado infino ad ora che mostrisi
in copia ne’ paesi alquanto più australi, come a
dire, nell’ Italia, in Ispagna, e via discorrendo.
GENERE XXXII. Mante, o anche Insetto in-
dovino, o veramente Grillo indovino, Grillone,
e per taluno, sebbene senza plausibili fondamenti,
Grillaccio (Mantis: fr. Mante: ted. Fangheu-
schrecke? – wandelndes Blatt?: ing. Mantis?). Gli
Insetti di questo genere portano il capo loro bar-
collante, munito di mascelle, e di palpi o ten-
[Seite 342] tacoli (caput nutans, maxillosum, palpis instruc-
tum); le antenne ne sono filiformi e setacee; le
ali, in numero di quattro, ne sono membrana-
cee, come chi dicesse ravvolte in sè, e anzi le
inferiori ne riescono pieguzzate; i piè d’innanzi,
o, se così si voglia, le zampettine anteriori ne sono
compresse, serrato-denticolate per di sotto (pedes ...
subtus serrato-denticulati), ed armate ciascuna
d’ un’ unghia isolata o solitaria, e d’un dito la-
terale setaceo articolato, mentre le posteriori, o
come suol dirsi, i piè di dietro, ne sono lisci af-
fatto (pedes . . . laeves), e conformati in modo da
servire ottimamente all’ Insetto per pedonare, o
per procedere innanzi camminando (pedes . . . .
gressorii), e finalmente il torace ne riesce quasi
lineare, stretto e bislungo (thorax linearis elon-
gatus angustatus).
Tutti quanti indistintamente quest’ Insetti, così
come sogliono essere lunghi e sottili, mostrano
sempre una conformazione insolita, e che ha qual-
che cosa di strano1; lo stesso loro abituale porta-
mento, l’inusitata loro andatura, secondo che si
suol dire, e altre circostanze ancora, sono così
unici, ed esclusivamente a qualsivoglia altro In-
setta, proprii di loro soltanto, e al tempo stesso
[Seite 343] così decisamente vistosi e rimarchevoli, che non
debbe destare grande maraviglia quella tal quale
divozione, affatto superstiziosa, che diverse spe-
cie di questo genere giunsero effettivamente a con-
ciliarsi soprattutto tra gli Orientali.
SPECIE 1. Mante gigantesca, o il grande In-
setto indovino, o il Fasma gigante, o anche il
Grillone propriamente detto (M. Gigas – Man-
tis gigantea – Phasma gigas di Fabricius1: fr. la
Mante gèante – la grande Mante – la grande
Feuille-séche – le Phasme géant: ted. die rie-
sene Fangheuschrecke? – das Riesengespenst?:
ing. the giant Mantis?). – Questa specie ha il
torace di forma quasi terete, o subcilindrica, e
superficialmente aspro, ineguale o scabro, ed ha
poi brevissimi gli Elitri, e i piè muniti di spine.
(Vedi Roesel. Vol. II, de’ suoi Grilli, o Heuschrecke. Tab. 19.
Fig. 9 e 10.).
È dessa indigena propriamente dell’ Isola Am-
boina, e di ben poche altre quinci non molto
lontane località; vien lunga a un dipresso una
spanna, ma grossa appena quanto può esserlo il
cannone d’una penna d’Oca. Gli Isolani, presso
a’ quali rinviensi indigena ed a bastanza comune,
usano di farla cuocere, e se la mangiano poscia
con molto piacere.
SPECIE 2. Mante Gongilodea, o la Mante glo-
bosa, o anche il Grillone della Guinea, o il
Grillo indovino orbiculare. (M. Gongylodes:
fr. la Mante gongylode: ted. die kugelige Fan-
gheuschrecke?: ing. the globulous Mantis?). –
Questa specie ha il torace, quasi direbbesi, guer-
nito di ciglia (thorace subciliato), ed ha i fe-
mori anteriori terminanti in una spina, mentre
gli altri ne terminano in vece in una massa in-
forme, o sia in un lobo (femoribus anticis spina
terminatis, reliquis lobo). (Vedi Roesel. Vol. II. Heu-
schreck. Tab. 7. Fig. 1, 2 e 3.).
È dessa indigena propriamente della Guinea, e
di qualche altra non gran fatto dissimile località
dell’ Affrica.
SPECIE 3. Mante religiosa, o la Mante prega-
dio, il Grillone divoto, il Grillo indovino no-
strano, o anche l’Insetto inginocchiatorio. (M.
Religiosa – Mantis oratoria var. B. di Fabri-
cius – Grillus religiosus di Scopoli: fr. la Mante
proprement dite – la Mante réligieuse – talora
la Sorcière – o l’Insecte dévin – l’Insecte
Prie-Dieu – la Mante Prie-Dieu – Prega-
Diou pe’ Provenzali: ted. die Gottes Anbetherinn
– das eigene wandelnde Blatt – der Weinha-
sel: ing. the God-praying Mantis? – praying-
desk-Insect?). – Questa specie che è in com-
plesso verde tutta quanta, ha nudo, inerme e
liscio il torace, conformato in sul dorso alcun
[Seite 345] poco alla foggia della carena d’una nave (tho-
race laevi subcarinato), e di color giallo bruniccio,
lungo il suo margine leggermente denticolato; gli
Elitri ne riescono verdi anch’ essi, senza sopravi
pure una minima macchia, se non che poi sono
orlati di un color verde gialliccio. (Vedi Roesel.
Vol. II. Heuschreck. Tab. 1 e 2.).
È dessa indigena anche fra noi, comunque non
ci accada d’incontrarla molto frequentemente;
l’individuo ne vien lungo circa due pollici, e suole
aver sempre tutte quante le zampettine di un co-
lore lionato o bruniccio chiaro, a meno delle due
anteriori, che portano una macchietta nero-azzur-
rognola al lato interno delle anche. – Quest’ In-
setto può vivere fin’ oltre a dieci anni. – Il più
delle volte esso non si vale per camminare e pro-
cedere innanzi, se non soltanto delle quattro zam-
pettine posteriori, e intanto tiene sollevate in alto
le due anteriori, lo che gli contribuisce in certo
tal qual modo l’apparenza di persona che stia-
sene in orazione, o in atto di pregare. – I Te-
deschi applicarono a questa specie nostrana di Gril-
lone, o di Mante, il nome significativo di wan-
delndes Blatt, che equivale tra noi a foglia am-
bulante, in riguardo segnatamente delle sue sovra
ali che, tanto per la forma, quant’ anche pel co-
lore, ricorderebbon quasi una foglia di Salcio
(Weidenblatt) semovente (wandelnd), o sia che
si mova e cammini.
SPECIE 4. Mante precaria, o la Mante ora-
toria, il Grillone predicatore, il Grillone del
Capo di Buona Speranza, o anche finalmente il
Grillo indovino predicatore. (M. Precaria –
Mantis oratoria di Linneo: fr. la Mante prê-
cheuse: ted. die predigerinn Fangheuschrecke?:
ing. the preaching Mantis? – preacher Insect?).
– Questa specie ha, quasi direbbesi, cigliato o
guernito come di ciglia il torace (thorace subci-
liato), ed ha poi gialli in pieno gli Elitri, con
sopravi un occhietto o una macchia occellare di
color ferrigno (elytris flavis ocello ferrugineo).
(Vedi le mie Abbildungen Naturhistorisch. Gegenstände ec.
Tab. 88.).
È dessa indigena propriamente de’ dintorni del
Capo di Buona Speranza, ove gli Ottentotti ten-
gonsela, e anzi la venerano, come cosa sacra. –
É stata per troppo grande tratto confusa colla
specie precedente, malgrado che Linneo abbiacele
date tuttaddue come specie distinte, ma alla per-
fine l’Entomologista francese Draparnaud sembra
avere, non ha ancora gran tempo, sciolta ogni dub-
biezza, dandoci egli pure una esatta figura della
in fino allora contestata Mante precaria, o Mante
oratoria, nel N.° 69 del Bulletin de la Société
Philomatique.
GENERE XXXIII. Grillo, e in molti casi an-
che Acheta, Cavalletta o Locusta (Gryllus:
fr. Grillon – Sauterelle: ted. Heuschrecke: ing.
[Seite 347] Grashopper). Gl’ Insetti, numerosi molto, che
comprendonsi in questo genere, hanno costante-
mente il capo loro ripiegato all’ indentro, munito
di vistose mascelle, e guernito di palpi (caput
inflexum, maxillosum, palpis instructum); le an-
tenne ne sono filiformi affatto, o come si suol
dire, setacee; le ali ne sono in numero di quat-
tro, ripiegate all’ ingiù, ravvolte in sè o quasi di-
rebbesi arrotolate, con questo di più poi, che le
inferiori ne sono anche pieguzzate od increspate
(alae 4 deflexae, convolutae, inferiores plicatae);
le zampettine posteriori, o i piedi propriamente
detti, ne sono, come usiam di dire, saltatorii, o
sono conformati in modo da prestarsi assai bene
all’ Insetto nel saltare, o nello slanciarsi di salto,
e l’unghie ne sono sempre due da per tutto.
È questo un ben copioso genere d’Insetti che
quasi tutti, dal più al meno nuocono, talora an-
che troppo gravemente, alle praterie, ed a’ campi
di biade o di cereali. I maschi di certe specie de-
terminate, nell’ epoca de’ loro amori, o anche
quando il tempo sta per cambiarsi, sogliono stri-
dere, secondo che si suol dire, o emettere un tal
quale suono o romore stridulo ed acuto, che tutti
conosciamo, e che essi sanno produrre, ora fre-
gando insieme o contro altre parti del corpo loro
le zampettine saltatorie posteriori, or confricando
l’uno contro l’altro gli Elitri loro, conformati a
bella posta per quest’ uso, o dibattendoli insieme
[Seite 348] coll’ alettine che ne stanno immediatamente al di
sotto.
SPECIE 1. Grillo Grillotalpa, o anche sol-
tanto la Grillotalpa, la Zuccajuola, la Talpa
dell’ imperato (G. Gryllotalpa – Acheta gryl-
lotalpa di Fabricius – Gryllotalpa vulgaris di
Latreille: fr. la Courtiliére – la Courtiliére com-
mune – la Jardiniére – le Taupe-grillon –
le Gryllon-taupe: ted. die Werre – Maulwurfs-
grille – der Riehwurm – Reitwurm – Schrot-
wurm – Ackerwerbel – Erdkrebs: ing. the
Mole-crick). – Questa specie ha come arroton-
dato il torace; ha sensibilmente più lunghe degli
Elitri, che ne sono sempre corti ne’ maschi, e
cortissimi poi nelle femmine, le sue alettine termi-
nanti in una maniera di coda, ed ha palmati ad
un tempo e tomentosi, o rivestiti di lanuggine;
i piè d’innanzi. (Vedi Roesel. Vol. II. Heuschreck.
Tab. 14 e 15.).
Frequentissima anche tra di noi, e in certe parti-
colari località poi, come nella Turingia, ed altrove,
talora strabocchevolmente copiosa, può dessa riguar-
darsi come indigena, non solo di tutta Europa,
ma ben anche del nuovo Continente, ed in par-
ticolare poi dell’ America settentrionale, mentre
quella molto più piccola, che rinviensi alla Cajen-
na e al Surinam, e che tennesi per l’addietro co-
me una semplice varietà della nostrana, viene ora
considerata come formante una specie distinta, sotto
[Seite 349] il nome di Grillotalpa didactila (Gryllotalpa di-
dactyla: fr. la Courtiliére didactyle – le Taupe-
grillon de Cayenne). – Passa quest’ Insetto la mas-
sima parte del suo tempo sotterra, ed è un vero e
reale flagello, tanto pe’ camangiari, o per gli er-
baggi che ci servono di cibo, quanto eziandio pei
nostri campi coltivati a biade, o a cereali, come a
dire ad orzo, a frumento, a segale, e a così fatte
altre granaglie.
SPECIE 2. Grillo domestico, o anche il Grillo
volgare, il Grillo delle case, o per alcuni l’A-
cheta domestica (G. Domesticus – Acheta do-
mestica di Fabricius: fr. le Gryllon proprement
dit – le Gryllon domestique – vulgo le Cri-Cri:
ted. die Grylle – Zirse – Heimchen: ing. the
Cricket). – Questa specie ha anch’ essa il to-
race in certo tal qual modo arrotondato; ha co-
me terminanti in una maniera di coda le sue alet-
tine sensibilmente più lunghe di quello che non
ne riescano gli Elitri destinati a ricoprirle in parte,
e a difenderle; ha le zampettine, o come suol
dirsi, i piedi semplici affatto, e il corpo tutto quanto
glauco, o piuttosto giallo pallido in complesso, ma
sparso d’alcun po’ di bruniccio. (Vedi Roesel. Vol. II.
Heuschreck. Tab. 12.).
Rinviensi dessa frequente a bastanza anche fra
noi, e può dirsi indigena di tutta Europa; vive,
stridendo spesso più il maschio che non la femina,
e cibasi, a quel che pare, di farina, bricioli di
[Seite 350] pane, Insetti minori, e altre così fatte cose, nelle
nostre abitazioni, ove preferisce d’innicchiarsi nei
pertugi o nelle fenditure delle muraglie, in vici-
nanza del forno, del focolare o d’altre parti, nelle
quali accendasi abitualmente il fuoco, d’ ond’ è
rado che esca di pieno giorno, ma in sull’ imbru-
nire poi dassi a vagare per cercar cibo. L’indi-
viduo in istato d’Insetto perfetto, vale a dire dopo
d’aver subita la quarta muta, circa quattro mesi
dal suo uscire dall’ uovo, ne vien lungo circa due
terzi d’un pollice. In qualche paese, come per
cagion d’esempio in Ispagna, i contadini usano
pigliarne special cura, e tengonlo anche d’inverno
entro piccole gabbie in luoghi caldi, a quel modo
a un dipresso che fanno tra di noi i fanciulli col
Grillo nero di campagna, che passiamo ora qui
tosto a descrivere.
SPECIE 3. Grillo campestre, o anche il Grillo
propriamente detto, il Grillo nero de’ Campi,
il Grillo cantajuolo, o l’Acheta campestre
(G. Campestris – Acheta campestris di Fabri-
cius: fr. le Gryllon champêtre – le Gryllon
noir – le Gryllon des champs: ted. die Feld-
grylle: ing. the Country-cricket – rural Cri-
cket). – Questa specie, di mole alquanto mag-
giore che nol sia mai il Grillo domestico, ha essa
pure il torace arrotondato, come s’è detto delle
due specie precedenti; ha grosso molto il ca-
po, ed ha poi, presso allo stilo suo lineare, co-
[Seite 351] me una coda formata di due setole (cauda biseta
stylo lineari); ha le alettine più corte di quello
che non ne siano i due Elitri apparentemente con-
fusi quasi in uno solo; il corpo n’è nel fondo
nero tutto quanto, se non che poi gli Elitri ne
riescono giallognoli presso alla base, e le coscie
posteriori ne riescono rosse per di sotto. (Vedi
Frisch. P. I. Tab. I.).
È dessa indigena, non solo di tutta l’Europa
meridionale, ma anche dell’ Affrica, ed è frequen-
tissima tra di noi ne’ pascoli, e nelle praterie ben
soleggiate, ove durante la state stride quasi di con-
tinuo, fino a rendersi nojosissima.
SPECIE 4. Grillo verdissimo, o anche la Ca-
valletta verdona, e meglio forse la Locusta
verdona (G. Viridissimus – Locusta viridissima
di Fabricius: fr. le Gryllon tout-à-fait vert –
la Sauterelle tout-à-fait verte – la grande Sau-
terelle: ted. der Baumhüpfer: ing. the very green
Locust – greatest green Grashopper?). – Que-
sta specie ha anch’ essa arrotondato il torace; ha
verdi affatto, e senza macchie mai, le sue ali, ed
ha poi lunghissime le antenne sue filiformi, e come
suol dirsi setacee. (Vedi Roesel. Vol. II. Heuschreck.
Tab. 10 e 11.).
È dessa indigena, e a bastanza frequente, ezian-
dio fra di noi, ove se ne vive abitualmente su
pe’ cespugli, o anche sulle macchie di piante er-
bacee elevantisi a ragguardevole altezza, d’onde
[Seite 352] slanciasi, talora a grandi distanze, con salti ne’ quali
giovasi anche dell’ ali. È poi tutta quanta d’un
bellissimo color verde.
SPECIE 5. Grillo verrucivoro, o veramente il
Grillo-locusta tigrato, o anche la Cavalletta
della sabbia (G. Verrucivorus – Locusta ver-
rucivora di Fabricius: fr. le Gryllon verruci-
vore – la Sauterelle tachetée – la Sauterelle
du sable: ted. das Heupferd: ing. the Sand-lo-
cust – Sand-grashopper?). – Questa specie ha,
quasi chi dicesse, di forma riquadrata, e liscio
poi affatto il torace; l’ali ne sono verdi nel
fondo, ma macchiate di bruno scuro, e le an-
tenne filiformi e setacee ne sono lunghe quanto
possa esser lungo il corpo dell’ Insetto. (Vedi Roe-
sel. Vol. II. Heuschreck. Tab. 8.).
È dessa indigena anche fra di noi, ove du-
rante l’estate frequenta in generale i luoghi aridi
e sabbiosi molto soleggiati.
SPECIE 6. Grillo crestato, o il Grillo-locu-
ste crestato, o anche la Locusta crestata, la
Cavalletta crestuta (G. Cristatus – Gryllus
umbriculatus d’alcuni? – Gryllus monstrosus
d’altri?: fr. le Gryllon crété – le Gryllon cri-
quet? – le Gryllon umbriculé? – la Saute-
relle umbriculée? – le Gryllon monstrueux?
– la Sauterelle monstrueuse?: ted. die Kamm-
heuschrecke: ing. the crested Locust? – cre-
sted Grashopper?). – Questa specie ha guernito
[Seite 353] d’una maniera di cresta il torace, ed ha poi la
carena fessa, o come divisa, in quattro parti (carina
quadrifida). (Vedi Roesel. Vol. II. Heuschreck. Tab. 5.).
È dessa indigena propriamente del Levante, e
rinviensi poi anche nell’ Egitto, e in altre analo-
ghe contrade dell’ Affrica1.
SPECIE 7. Grillo migratorio, o anche la Lo-
custa migratoria, o veramente la Cavalletta di
passata (G. Migratorius: fr. la Sauterelle de pas-
sage – la Sauterelle migratoire: ted. die Zug-
heuschrecke – Strichheuschrecke – Heerheu-
schrecke: ing. the migratory Grashopper? –
wandering Locust?). – Questa specie ha, quasi
[Seite 354] direbbesi, carenato, o conformato alla foggia della
carena d’una nave, il torace, che non ha se non
un solo segmento (thorace subcarinato; segmento
unico), ed ha poi ottuso, e come rintuzzato, il
capo (capite obtuso), colle mascelle nerissime.
(Vedi le mie Abbildungen ec. Tab. 29.).
Indigena, e frequentissima anche tra di noi in
certe determinate stagioni, è questa una specie
di Locusta, o di Cavalletta, che può a tutto buon
dritto riguardarsi talora come terribile, desola-
trice e ruinosa, siccome quella che, irrumpendo
a un tratto, nelle sue migrazioni, per torme ster-
minatamente numerose, quasi universale flagello,
ha bene spesso distrutte le speranze del raccolto,
e cagionato quindi in Europa carestie le più mi-
serande con fame generale. – È dessa originaria,
al pari dell’ altra specie che le è molto affine,
che di tempo in tempo moltiplicasi anch’ essa stra-
bocchevolmente, e che suole dagl’ Insettologi con-
traddistinguersi col nome speciale di Grillo Ta-
tarico, o Locusta Tatarica, o anche Cavalletta
di Tartaria (Grillus Tataricus), appunto della
così detta Tartaria Asiatica, ma però rinviensi
quando a quando, per individui isolati o dispersi,
anche in Germania, sebbene già fino dal 1750
ivi non abbiansene avute più invasioni così vi-
stose, come il fu appunto quella di quell’ anno
medesimo1. – Pretendono alcuni che questa Lo-
[Seite 355] custa (se pure può dirsi che sia precisamente la
stessa), rinvengasi indigena anche in amendue le
Americhe, settentrionale cioè e meridionale; ma
quello di che non è oggimai più lecito dubitare si
è che, tanto in Arabia, quanto in parecchie re-
gioni settentrionali dell’ Affrica, gli uomini ne
fanno anche attualmente pasto, come il soleano
fare già in tempi remotissimi; e s’ egli è vero, co-
me sta in fatto, che alcun novello viaggiatore per
que’ paesi medesimi abbia voluto, non solo rivo-
care in dubbio una tale verità riconosciuta e co-
stantissima, ma spacciarla perfino come una fa-
vola, ciò potrà provar tutt’ al più, ch’ egli non
abbia saputo procurarsi sulla faccia de’ luoghi in-
formazioni esatte, e che abbia emesso sulla cosa
un giudizio precipitato, e varrà a noi come un
esempio di più della necessità in cui siamo di
guardarci attentamente dagli effetti di quella troppo
ardita presunzione, che guida spesso a mostrarsi
meno che veritieri gli Scrittori, che si fanno a
spacciarci narrazioni relative a’ costumi che os-
[Seite 356] servansi nelle regioni, poco attualmente conosciute
da essi percorse, e a tenerci lontani da quello
spirito di sfacciato ultrascetticismo che non è in-
frequente nè meno a’ tempi nostri.
SPECIE 8. Grillo stridulo, o la Locusta stri-
dula, e anche la Cavalletta stridula, o la Ca-
valletta dall’ ali rosse (G. Stridulus: fr. la Sau-
terelle à ailes rouges: ted. die Holzheuschrecke:
ing. the woods Locust? – timbers Locust? –
timbers Grashopper? – woods Grashopper? –
red-winged Grashopper?). – Questa specie ha essa
pure presso che carenato, o quasi direbbesi con-
formato a foggia della carena d’una nave, il to-
race, ed ha poi l’ali tutte di color rosso, eccetto
che presso alla loro estremità, ove riescono in-
vece d’un colore grigio nerastro sporco, quasi
chi dicesse, nebuloso. (Vedi Roesel. Vol. II. Heuschreck.
Tab. 21. Fig. 1.).
È dessa indigena, e alla debita stagione non
infrequente anche tra noi, ove suole viversene
quasi sempre ne’ luoghi boschivi. – I maschi di
questa specie, nel loro volare, producono sempre
un tal quale strepito a bastanza sensibile ed anzi
piuttosto acuto, che può dirsi benissimo stridore,
e d’onde appunto trassesi per essa la qualifica-
zione di stridula.
GENERE XXXIV. Fulgora, o Lanterniere (Ful-
gora1: fr. Fulgore – Porte-lanterne: ted. Lan-
[Seite 357] ternträger: ing. Lanthorn-fly). Gl’ Insetti spet-
tanti a questo genere hanno la testa acuminata,
che prolungasi in una maniera di grifo, o di bec-
co, o di tromba rivolta verso il petto, e guernita
di tre setole, ed hanno inoltre una protuberanza
frontale vuota, che spingesi visibilmente all’ in-
nanzi (caput fronte producta inani); le antenne
ne sono impiantate al di sotto degli occhi, e com-
poste per lo più di due membretti, o vogliansi dire
articoli, l’ultimo de’ quali riesce in confronto gran-
dissimo, di forma quasi globosa, zigrinato ed
avente un tubercoletto che porta come un peluzzo
sericeo isolato, e finalmente i piedi, o le zam-
pettine ne sono così fattamente costituite da ser-
vir bene a bastanza all’ individuo per procedere
innanzi col semplice loro soccorso, o secondo
che suol dirsi, a riguardo segnatamente degli Uc-
celli, per pedonare (pedes gressorii).
Il carattere potissimo di questo genere consiste
appunto in quella maniera di bulla o vescica di
sostanza cornea che le specie ne portano davanti
[Seite 358] in sulla fronte, e dalla quale l’Insetto, non solo
finchè vive, ma eziandio per qualche tempo dopo
d’aver cessato di vivere, diffonde, ad una certa
distanza da sè, una luce di natura fosforica, a ba-
stanza viva e risplendente.
SPECIE 1. Fulgora Lanternaria, o anche il
Lanterniere del Surinam, o il Lanterniere del-
l’ Indie occidentali (F. Lanternaria – Fulgora
laternaria di Linneo – Laternarius della fa-
mosa Sibilla Merian: fr. la Fulgore porte-lan-
terne – le grand Porte-lanterne des Indes oc-
cidentales – le Porte-lanterne du Surinam –
vulgo la Mouche luisante – la Mouche à feu:
ted. der Surinamische Lanternträger – Leyer-
mann: ing. the proper Lanthorn-fly). – Que-
sta specie ha la fronte sporgente dritta all’ insù
e di forma ovale (fronte ovali recta); ha l’ali
di color livido, se non che poi quelle che ne
sono poste più all’ indietro, ne sono ocellate,
ch’ è quanto dire riescono disegnate alla foggia
dell’ estrema parte delle lunghe penne caudali del
Pavone. (Vedi Roesel. Vol. II. Heuschreck. Tab. 28 e 29.).
È dessa la specie la più grande che conoscasi
di Fulgore, o d’Insetti lanternieri, ed è indi-
gena propriamente del Surinam e della Gujana,
ma non è rara poi molto, nè alla Cajenna, nè
alla Guadalupa. – Quella singolare rigonfiatura,
di natura cornea più che altro, ma conformata a
foggia d’una vescica, o d’una bulla, che dessa
[Seite 359] porta sul capo, è grande quasi quanto possa es-
sernelo insieme tutto il rimanente del corpo del-
l’ individuo, e talora tramanda, soprattutto in
tempo di notte, tanta luce, che vuolsi usassero
già altre volte i selvaggi della Gujana giovarsene
in vece delle candele, o dell’ altre lampade o luci
artificiali, che forse allora non conoscevano ancora.
SPECIE 2. Fulgora candelaria, o la Fulgora
Chinese, o anche il Lanterniere della China,
detto pure da certuni la Cicala lanternaria della
China (F. Candelaria: fr. la Fulgore porte-chan-
delle – la Fulgore Chinoise – la Cigale Chi-
noise porte-lanterne de Stoll: ted. der Schinesi-
sche Lanternträger: ing. the Chinese Lanthorn-
fly – Chinese lanthorn-bearing Cicade?). –
Questa specie ha la fronte conformata quasi a
foggia d’un becco subulato o lesiniforme che
sporge all’ insù (fronte rostrato-subulata adscen-
dente), ed ha gli Elitri verdi nel fondo, ma poi
macchiati di giallo, coll’ ali sottopostevi gialle af-
fatto, meno la punta estrema, che ne riesce nera.
(Vedi Roesel. Vol. II. Heuschreck. Tab. 39, quando pure non
fosse piuttosto da leggersi qui, Tab. 30. Fig. 1, 2 e 3.).
È dessa propriamente indigena della China,
ov’ è più frequente ancora di quello che non sialo
nell’ altre regioni Orientali le più vicine ed ana-
loghe a quell’ Impero medesimo1.
GENERE XXXV. Cicala o Cicada (Cicada: fr.
Cigale: ted. Cicade? – Schwätzerinn? – Baum-
grylle? – Heuschreckengrylle?: ing. Cicade? –
Balm-cricket? – cherping Grashopper?). Gl’ In-
setti componenti questo genere hanno tutti costan-
temente il muso o grifo loro conformato a foggia
di becco inflesso, o ripiegato all’ indentro; le an-
tenne ne sono filiformi e setacee, e l’ali, in nu-
mero di quattro, tutte quante membranacee, ne sono
deflesse, ch’ è quanto dire inclinate l’una in con-
fronto coll’ altra per modo che formano insieme
un angolo rammentante il declivio che si suol dar
a’ tetti delle nostre abitazioni, e i piedi, o le zam-
pettine per lo più ne sono saltatorie, ossia ne
sono così fattamente costituite da servir bene al-
l’ animaletto perchè possa giovarsene a slanciarsi
per salti.
Gl’ individui maschi producono, come i Grilli
e le Locuste, uno stridore particolare, che usiamo
[Seite 361] indicare col troppo improprio nome di canto, e
che procede in essi, non già dalla bocca, ma bensì
da uno speciale organismo, invero complicatissimo,
che tengono nell’ abdomine.
Merita di farne qui ora menzione, la circostanza
particolare che alcune specie di quelle Criptogame,
o di que’ Funghetti, che i Botanici contraddistin-
guono col nome di Clavarie (Clavaria: fr. Cla-
varie: ted. Keulenschwamm), nascono spontanee,
e crescono frequentissime sulle Ninfe o Crisalidi
delle Cicale, e perfino sul vivo corpo delle loro
Larve, a quel modo che altre ne nascono e cre-
scono eziandio su’ Bruchi, sulle Crisalidi d’alcune
Farfalle, su i Carabi, e via discorrendo.1
SPECIE 1. Cicala dell’ Orno, o veramente la
piccola Cicala comune, la Cicala nera, la Cicala
nostrana, la piccola Cicala canora, la Cicala
della manna, o la piccola Cicala europea, e forse
anche meglio la Tettigonia dell’ orno (C. Orni –
Tettigonia orni di Fabricius: fr. la Cigale de l’or-
me – la Cigale panachée di Geoffroy – la Cigale
ordinaire d’Europe di Stoll: ted. die Manna-
Cicade: ing. the little European Cicade?) – Que-
[Seite 362] sta specie riesce in pieno di color nero, se non
ch’ è poi macchiata di giallo, ed ha pellucide l’ali,
che presso alla loro inserzione sono nel fondo di
color giallo, ma come tempestate di macchiette
nere. (Vedi Roesel. Vol. II. Heuschreck. Tab. 25. Fig. 1 e 2.).
È dessa indigena propriamente delle regioni più
calde d’Europa, e anche dell’ Affrica più settentrio-
nale, e rinviensi pure, comunque non frequentis-
sima, nel mezzodì della Francia e in Lombardia,
su per certi Frassini, e segnatamente appunto sul-
l’ Orno, da cui, mercè delle punture che vi pra-
tica, fa spesso scaturire la Manna. – Ritiensi gene-
ralmente che, tanto questa specie di Cicala, quanto
l’altra specie, del doppio più grande, e ben più
comune della prima in Lombardia e in tutta Ita-
lia, rappresentata da Roesel, loc. cit. alla fig. 4,
e a cui competonsi i nomi di Cicala plebea, di
grande Cicala comune, o di grande Cicala Eu-
ropea (Cicada plebeia: fr. la Cigale plébéïenne –
la Cigale à bordure jaune di Geoffroy – la grande
Cigale Européenne di Stoll: ted. die grosseste
Europäische Cicade: ing. the greatest European
Cicade?) siano precisamente le Cicadae che so-
leano pur tanto apprezzare gli Antichi.1
SPECIE 2. Cicala spumaria, o anche la Cicala
bidella, e meglio poi la Cercope schiumosa (C. Spu-
maria – Cercopis spumaria di Fabricius: fr. la
Cercope écumeuse – la Cigale bedaude di Geof-
froy: ted. der Schaumwurm – Gäschtwurm: ing.
the frothy Cicade?) – Questa specie riesce in com-
plesso di color bruno scuro, se non che ha poi
due macchie bianche presso al lembo esteriore dei
suoi Elitri, con una doppia fascia bianchiccia par-
zialmente interrotta. (Vedi Frisch. P. VIII. Fig. 12.).
Rinviensi essa indigena e non infrequente anche
fra di noi nella stagione appropriatale, ove, seb-
bene non dissenta dallo starsene anche su’ fusti-
cini di parecchie Medicaggini, quale si è, per esem-
pio, quella che volgarmente vien detta Erba me-
dica o Cedrangola, (Medicago sativa: fr. la Lu-
zerne cultivée), com’ eziandio sulla lupulina (Me-
dicago lupulina: fr. la Minette), e sull’ arborescente
(Medicago arborea: fr. la Luzerne en arbre), pur
sembra prediligere il Salcio, da cui, del pari che
dalle preaccennate piante, la Larva di quest’ Insetto
trae in primavera molto sugo, che poscia, in forma
di quella tal quale saliva spumosa, bianco-gial-
[Seite 364] lognola, o leggermente verdiccia, che il volgo de-
nomina tra noi ora sputo di Ranocchi, ed ora
sputo del Cuculo, come usan dirla i Francesi Cra-
chat de Coucou, o Crachat de Grenouille, o Écu-
me printanniére, e come diconla poi i Tedeschi
Kuckucks-speichel, emette essa dall’ ano e da al-
tri particolari meati, per tutta ravvolgervisi, e ri-
pararvisi dentro, e che, siccome talora esubera e
cade giù da così fatte piante, potè così dar moto
all’ invalsa favola appunto di Salci, o di altri vege-
tabili, che piangano, o da’ quali piova quell’ umore
medesimo.
SPECIE 3. Cicala lanata, e meglio poi la Li-
stra lanata (C. Lanata – Lystra lanata di Fa-
bricius: fr. la Cigale laineuse – la Lystre lai-
neuse: ted. die wollige Cicade?: ing. the woolly
Cicade?) – Questa specie ha l’ali deflesse, o ripie-
gate all’ ingiù; ha di color rosso le parti laterali
della fronte, e di color nero poi la parte estrema
degli Elitri, con sopravi alcuni punti cerulei. Le sole
femine ne vanno inoltre munite come d’una cioc-
ca di peli, o d’una lana filamentosa candidissima,
intorno all’ ano, che a giudizio d’alcuni moderni
sembrerebbe, più che ad altro uso, destinata ad av-
vilupparne a suo tempo le ova. (Vedi Stoll. Tab. X.
Fig. 49 e D.).
È dessa esotica sempre per noi, nè riesce in-
digena se non all’ Indie occidentali, e segnatamente
poi alla Cajenna e alle Antille. – L’aggettivo la-
[Seite 365] nata, che ne demarca e caratterizza propriamente
la specie, derivale appunto da que’ ben lunghi e
problematici fiocchi filamentosi, bianchi ad un tem-
po e solubili nell’ acqua come la neve, onde già
accennammo qui poco sopra averne le femine or-
nata o difesa la parte loro deretana.1
GENERE XXXVI. Notonecta, o anche Cimice
acquajuolo, o Cimice d’acqua (Notonecta: fr. No-
tonecte – Punaise d’eau – Mouche à bateau: ted.
Wasserwanze: ing. Water-bug? – Boatfly). Gl’ In-
setti pochissimo numerosi che formano questo ge-
nere, e de’ quali qui non accenneremo se non sol-
tanto la specie tipo, hanno inflesso o ripiegato al-
l’ ingiù il loro grifo, o vogliasene dire tromba, o
anche proboscide, conformata quasi a foggia di
becco (rostrum inflexum); hanno le antenne più
corte di quello che non ne sia il torace; portano
quattro ali anteriormente coriacee, o come chi di-
cesse di cuoio, complicate, e disposte, le une in
confronto colle altre, a modo quasi d’una croce
(alae 4 cruciato-complicatae, antice coriaceae), e
le zampettine posteriori, o i piedi propriamente
detti, ne sono pelosi, e disposti a servire ottima-
[Seite 366] mente all’ Insetto per la natazione, o all’ uso di
nuotare.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi, No-
tonecta glauca, o anche più volgarmente la Ci-
mice d’acqua nostrana (N. Glauca – Notonecta
capite luteo di Geoffroy – Nepa notonecta di De-
géer: fr. le Notonecte glauque: ted. die eigene
Wasserwanze – Ruderwanze: ing. the common
Water-bug? – proper Boatfly?) – Questa specie
riesce in complesso di color grigio, ed ha grigi
anche gli Elitri, bifidi all’ apice, se non che poi
il colore ne inclina un cotal poco più al verdic-
cio, e il lembo loro laterale al bruniccio, con so-
pravi tempestati alcuni punterelli neri. (Vedi Frisch.
P. VI. Tab. 13.).
È dessa indigena quasi di tutta quanta l’Eu-
ropa, e rinviensi non infrequente anche fra noi
nelle stagioni convenienti. – Vien lunga tutt’ al più
mezzo pollice; ha grigio-verdiccia la testa; bruno-
chiari gli occhi, e il corsaletto ossia il torace grigio
gialliccio per davanti, e grigio carico per di dietro;
ha lo scudetto nero, e nero per di sopra anche
l’abdomine, che all’ estremità ne diviene grigio ver-
diccio, come la parte centrale degli Elitri; ha bian-
che poi affatto l’ali propriamente dette, e nero in
complesso il corpo per di sotto, colle zampettine
glauche o lievemente verd’ azzurre. – Suol dessa
galleggiar sempre supina a fior d’acqua, ossia col
dorso all’ ingiù, che servegli così come di barchetta,
[Seite 367] e in tale posizione sa adoperarsi con indicibile de-
strezza a predare i piccoli Moscherini, o altri così
fatti Insetti, che volangli d’intorno, e de’ quali va
poi mano mano cibandosi, galleggiando quasi co-
stantemente sull’ acqua a quel modo.
GENERE XXXVII. Nepa, o Scorpione acquatico
(Nepa: fr. Népe – Scorpion d’eau: ted. Wasser-
scorpion: ing. Water-scorpion?). Gl’ Insetti non
gran fatto numerosi (da che non se ne conoscono in
tutto quanto il Globo terracqueo se non quattro o
tutt’ al più cinque specie diverse), che racchiudonsi
in questo genere, in riguardo a cui non citeremo
qui se non tre specie sole, delle quali la prima,
che è anche nostrana, può servir come di tipo
del genere, hanno anch’ essi inflesso, o ripie-
gato, e curvo all’ ingiù, il loro grifo simile ad
un becco, e che può a piacere denominarsi gru-
gno, tromba o proboscide, ed hanno, come gli
Insetti del genere precedente, complicate ad un
tempo, e quasi chi dicesse attraversantisi a foggia
d’una croce, le loro ali in numero di quattro,
le anteriori delle quali sono coriacee (alae 4 cru-
ciato-complicatae, anticae coriaceae), ma hanno
poi in vece cheliformi, ch’ è quanto dire terminanti
in una grande scarpa, e a foggia di morse o tana-
gliuole, le due loro zampettine anteriori (pedes an-
teriores cheliformes), mentre l’altre quattro ne
sono ambulatorie, o conformate in modo da ser-
vire ottimamente ali’ individuo per procedere in-
[Seite 368] nanzi passeggiando, o, come suol dirsi, pedonando.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Nepa cinerea, o la Nepa del color grigio della
genere, o anche il vero Scorpion d’acqua, lo Scor-
pione acquajuolo nostrale (N. Cinerea – Scor-
pio palustris di Degéer: fr. la Népe cendrée –
le Scorpion d’eau – le Scorpion aquatique:
ted. der eigene Wasserscorpion – aschgrauer
Wasserscorpion: ing. the ash-grey Water-scor-
pion?). – Questa specie perviene fino alla lun-
ghezza di circa otto linee; riesce in pieno di co-
lore grigio di cenere, se non che l’abdomine ne
è rosso per di sopra; il torace n’è diseguale
(thorace inaequali); il corpo, di forma ovale,
n’è alcun poco bislunghetto, e la coda ne riesce
più corta di quello che non ne sia il corpo. (Vedi
Frisch. P. VII. Tab. 15.).
Rinviensi dessa anche tra di noi ne’ pantani e
frall’ altre acque stagnanti, e può dirsi frequentis-
sima in Francia, come in altri paesi analoghi. –
Punge assai fortemente quest’ Insetto con quella
maniera di becco, onde lo dicemmo essere mu-
nito. – Le ova poi ne hanno un’ apparenza af-
fatto strana, siccome quelle che ad una delle loro
estremità sono munite d’uncinetti, a quel modo
a un dipresso che il sono le sementi di quella
specie di Centuria, o Centaurea, che viene spon-
tanea ne’ campi di frumento, e che i Botanici de-
nominano Centaurea ciano (Centaurea cyanus:
[Seite 369] fr. le Bluet – le Bleuet des champs – l’Aubifoin
– le Barbeau – le Bleuet des blés: ted. die Korn-
blume), e anche d’altre così fatte.
SPECIE 2. Nepa cimicoidea, o lo Scorpione d’
acqua cimiceo, e presentemente poi meglio an-
cora il Naucoride cimicoideo (N. Cimicoides –
Naucoris cimicoides di Fabricius: fr. la Népe
cimicoïde – la Népe punaise – le Naucore
cimicoïde: ted. der wanzeförmige Wasserscor-
pion?: ing. the bug-like Water-scorpion? –
bug-resembling Water-scorpion? – bug-water-
scorpion?). – Questa specie, diversa a bastanza
dalla precedente per venir ora considerata come
appartenente ad un genere distinto affatto, non
vien lunga più di sei linee; è anch’ essa in pieno
del color grigio proprio della cenere, colla testa,
del pari che il corsaletto, misturati di giallo e di
bruno, ed ha i lembi laterali e marginali del-
l’ abdomine, come suol dirsi, serrati, o denti-
colati alla maniera del tagliente d’una sega. (Vedi
Frisch. P. VI. Tab. 14.).
È dessa indigena, come tra noi, così quasi di
tutta quanta l’Europa; se ne vive nell’ acque
dolci e correnti, nelle quali nuota, o piuttosto
galleggia, con sorprendente agilità, servendosi, a
modo di remi, delle sue zampettine posteriori;
ma vola ben anche spesso dall’ uno ad un altro
luogo, ed è poi voracissima, e distrugge grande
copia d’altri Insetti per cibarsene.
SPECIE 3. Nepa piana, o anche la Nepa piat-
ta, la Nepa compressa, la Nepa schiacciata, la
Nepa rustica, o lo Scorpione acquajuolo di Tran-
quebar (N. Plana – Nepa rustica di Fabricius:
fr. la Népe platte – la Népe rustique – le
Scorpion d’eau de Tranquebar?: ted. der Tran-
quebarische Wasserscorpion – platte Wasser-
scorpion?: ing. the flat Water-scorpion? – Wa-
ter-scorpion of Tranquebar?). – Questa specie
riesce in complesso di colore leggermente bru-
niccio, cogli occhi neri affatto, coll’ ali bianchic-
cie, e colla schiena appianata, o quasi direbbesi,
schiacciata.
È dessa indigena propriamente del Tranque-
bar, ove una sorte di Zecca acquatica, che deb-
b’ essere un’ Idracua (Hydrachna: fr. Hydra-
chne – Mite aquatique: ted. Wassermilbe), ha per
costume di piantarle sulla schiena le proprie ova1.
GENERE XXXVIII. Cimice (Cimex: fr. Punai-
se: ted. Wanze: ing. Bug). I ben molti Insetti,
che racchiudonsi in questo genere, hanno costante-
mente il grifo conformato a foggia di becco, di
tromba o di proboscide, e ripiegato ad un tempo
[Seite 371] all’ ingiù e all’ indentro; portano quattro alettine
pieguzzate ed incrociantisi l’une colle altre, delle
quali le superiori riescono anteriormente coriacee
(alae 4 cruciato-complicatae, superioribas antice
coriaceis); hanno la schiena compressa od appia-
nata, quasi direbbesi schiacciata d’alto in basso,
col torace orlato lateralmente da lembi marginali,
ed hanno alla perfine i piè corridori, o le zam-
pettine conformate in modo da servire ottima-
mente all’ Insetto per procedere con essi di corsa1.
SPECIE 1. Cimice lectularia, o la Cimice co-
mune de’ nostri letti, e forse meglio l’Acanzia
lectularia (C. Lectularius – Acanthia lectula-
ria di Fabricius: fr. la Punaise commune – la
Punaise des lits: ted. die Bellwanze – Wand-
laus: ing. the Bed-bug – common Bug – Wall-
louse). – Questa specie riesce tutta quanta di
colore giallognolo, e manca poi onninamente di
ali. (Vedi Sulzers. Kennzeichen ec. Tab. 10. Fig. 69).
Nulla si sa di ben positivo sulla vera patria
primitiva, onde in istato di sua piena libertà,
debb’ essere originario quest’ Insetto schifosissimo
e rifuggente per l’ordinario la luce diurna; ma
è certo che presentemente, a quel modo che lo
veggiamo indigeno e anche troppo frequente tra
[Seite 372] di noi, può dirsi ch’ esso il sia quasi di tutto
quanto il Globo terracqueo, mentre rinviensi del
pari in Siberia, e perfino all’ Indie Orientali, co-
me rinviensi nell’ America settentrionale, nella me-
ridionale, e così via discorrendo. – Pochi indi-
vidui d’amendue i sessi, a’ quali, per effetto di
mero accidente, venga fatto d’intrudersi in una
casa, bastano, moltiplicandosi presto assai ed in
copia, ad infestarla in breve tutta quanta, se da
bel principio non facciasi uso diligentissimamente
di que’ più gagliardi mezzi, o di quelli spedienti1,
[Seite 373] che vengonci suggeriti come qualificati dalla spe-
rienza per i più efficaci a distruggerli, o a debel-
larli; lo che riesce poi estremamente difficile ad
ottenersi ove, trascurando un tratto que’ rimedii,
abbiasi loro dato agio d’impossessarsi affatto del
locale, e di moltiplicarvisi oltre misura.
SPECIE 2. Cimice corticale, o la Cimice delle
corteccie, o anche l’Acanzia corticale, o ve-
ramente l’Arado, così delle Betulle, come pure di
qualche altra pianta arborea (C. Corticalis-Acan-
thia betulae, con qualche altra, di Fabricius-Ara-
dus corticalis di Wolff: fr. la Punaise des écorces
– l’Arade du bouleau, con qualche altro: ted.
die Birkenwanze?: ing. the Birch-bug?). – Que-
sta specie è così fattamente appianata, schiacciata
o compressa, che può dirsi quasi affatto mem-
branacea; ha il margine dell’ abdomine tagliato
a foggia dell’ embrici, o delle tegole colle quali
usiamo coprire i tetti delle nostre case (abdomi-
nis margine imbricatim secto), ed ha il corpo
tutto scuro o quasi nero affatto. (Vedi Wolff. Icones
Cimicum ec. Fasc. III. Tab. 9. Fig. 81.).
È dessa indigena anche fra di noi, e rinviensi
talora su pe’ tronchi degli alberi nelle Foreste,
[Seite 374] se non che è il più delle volte difficile assai lo
scorgerla ben distintamene, a motivo della forma
ingannevole, e del colore che ha analogo appunto
alle scorze, sulle quali essa stassene, o colle quali
perciò la confonde chi vi guarda un po’ da lontano.
SPECIE 3. Cimice delle bacche, o la Cimice di
giardino, o anche il Cimicione (C. Baccarum:
fr. la Punaise des baies – la Punaise des Jar-
dins – la Punaise du Groseiller: ted. der Qual-
ster: ing. the Currant-bug? – Gooseberry-bug?).
– Questa specie riesce in pieno di color grigio,
e di forma quasi ovale, ed ha poi neri e mac-
chiati i lembi marginali dell’ abdomine (abdominis
margine nigro maculato).
È dessa indigena anche tra di noi, ove frequen-
ta, più che altra quale si voglia località, gli orti ed
i giardini, e soprattutto poi le bacche di quella
Grossularia, o di quel Ribes, che i Tedeschi usano
denominare Johannis-beere. – Puzza essa pure
sommamente, ma però soltanto quando vien toc-
cata con qualche asprezza; lo che tornerebbe quasi
in prova, che l’attitudine a putire, o a tramandare
quel fetore, che è loro proprio, sotto la concor-
renza di certe determinate condizioni, è stata dalla
Natura accordata a quest’ Insetto, com’ eziandio a
diverse altre specie di Cimici, più che per altro,
siccome mezzo di difesa.
SPECIE 4. Cimice personata, o anche la Ci-
mice dalla maschera, o forse meglio poi il Re-
[Seite 375] duvio mascherato (C. Personatus – Reduvius
personatus di Fabricius: fr. la Punaise masquée
– le Reduve masqué – le Reduve à masque:
ted. die entlarvte Wanze: ing. the masked Bug?).
– Questa specie ha il grifo conformato quasi a
foggia di becco inarcato (rostro arcuato), ha le
antenne che all’ apice terminano in forma di ca-
pelli (antennis apice capillaceis), ed ha bislun-
ghetto alquanto il corpo, pressochè vellutato e di
color bruno scuro (corpore oblongo subvilloso
fusco). (Vedi Frisch. P. X. Tab. 20.).
È dessa pure indigena tra di noi, ed usa star-
sene sempre negli angoli. – La Larva ne apparisce
come coperta costantemente di polvere e di sco-
pature.
SPECIE 5. Cimice Aptera, o la Cimice senza
ali, o anche il Ligeo Aptero (C. Apterus –
Lygaeus apterus di Fabricius: fr. la Punaise ap-
tére – la Lygée aptére: ted. die ungeflügelte
Wanze: ing. the apterous Bug?). – Questa spe-
cie ha il corpo, quasi direbbesi, di forma ovale
alquanto allungata, screziato, o variegato di rosso e
di nero, e cogli Elitri di color rosso, marcati di due
tacchettine rotonde, o di due punti di color nero.
(Vedi Stoll, ec. Tab. 15. Fig. 103.).
È dessa indigena e anzi comune molto anche
fra noi, ove suole svernar, quasi chi dicesse, am-
monticchiata per masse d’individui, distribuite qua
e là su per le radici, e talora anche su pel tronco,
[Seite 376] di certe piante arboree, e frall’ altre su i Tigli,
o come usa dirsi più volgarmente, sulle Tiglie
(Tilia Europaea: fr. le Tilleul: ted. der Linde:
ing. the Linden-tree1). – Gl’ Individui effettiva-
mente ne sono per la massima parte sprovveduti
d’ale, ma però da quando a quando taluno rin-
viensene anche alato.
GENERE XXXIX. Afide, o Afi, e talora an-
che, tutto che assai meno appropriatamente, Car-
bone – Nebbia – Golpe – Pidocchio – Gor-
goglione, o Bacherozzolo da prima, e poscia a
suo tempo, Moscherino, di certe determinate piante
(Aphis: fr. Puceron – Thryps – Aleyrode – e
talora fors’ anco Nielle?: ted. Blattlaus – Neffe –
e volgarmente poi, almeno in qualche caso, Mehl-
thau: ing. Plant-louse). Gl’ Insetti compresi in que-
sto genere hanno sempre il loro grifo o becco, o
se pur vogliasi dir così, la loro tromba o probo-
scide inflessa, ossia pendente all’ ingiù e rivolta
all’ indentro; le antenne ne sono composte di sette
od otto membretti distinti, e in complesso più lun-
ghe di quello che non ne riesca il torace; por-
tano dessi quattro ali dritte e quasi verticali,
sebbene spesso accada d’incontrarne individui che
ne mancano onninamente; l’abdomine ne termina
[Seite 377] il più delle volte, all’ indietro, in una maniera di
appendice bicorne o biforcuta, e i piedi final-
mente, o le zampettine ne sono costituite in modo
da servire ottimamente all’ individuo per proce-
dere con esse di passo, o come suol dirsi, per
pedonare (pedes ambulatorii).
Merita d’essere notata la già da noi rimarcata
circostanza speciale, che bene spesso in una de-
terminata famiglia, e anzi nelle specie medesime
degli Insetti formanti questo genere, accada di rin-
venire individui alati, ed anche individui affatto
sprovveduti d’ali, senza che ciò si possa ascri-
vere costantemente alla diversità del sesso loro
rispettivo. I maschi ne riescono sempre più pic-
coli in confronto colle femine, e il numero dei
primi è costantemente minore di gran lunga, che
non siane in complesso quello delle seconde; con
questo di più poi, che i maschi non sogliono com-
parirne alla luce, e svilupparsi perfettamente, se
non tardi assai, ed anzi per la massima parte
delle specie, presso al termine estremo dell’ ulti-
ma generazione annuale, che ha luogo d’ordi-
nario in sul finir della state1, e non vivono poi
se non un tempo brevissimo, o per meglio dire
quanto può bastare a fecondare le loro femine,
[Seite 378] le quali poi poco dopo dimettono l’uova, o piut-
tosto certe loro buccie, che hanno apparenza, me-
glio che d’altro, di gusci o di bozzoletti, racchiu-
denti i piccoli Insetti già perfettamente formati,
che però non sono per isbucciarne prima della
primavera successiva, ma che, a misura che vanno
schiudendo la loro prigione, e n’escono mano ma-
no, si trovano essere sempre femine tutti quanti
senz’ eccezione, mentre non vedesi sbucciar mai
neppure un maschio, fino, appunto come già s’è
detto, al termine estremo dell’ ultima generazione
di cadaun anno. A malgrado di ciò, tutti quanti gli
individui di sesso feminino, comunque apparente-
mente vergini fino dal nascer loro, trovansi in
condizione d’attendere anche di per sè soli, e
senza la concorrenza del maschio, alla riprodu-
zione effettiva della propria specie; così che è
qui forza dire che, quando l’accoppiamento di
sesso con sesso ha avuto luogo una volta in au-
tunno, l’efficacia della forza fecondatrice protrag-
gasene, non solo durante tutta la primavera suc-
cessiva, ma perfino al di là di tutta quanta la
state, e perseveri ad essere operativa, almeno per
molte specie, fino inclusivamente, da quanto ne
apparisce, alla nona generazione di sole femine.
SPECIE 1. Afide del Ribes rosso, e anche ta-
lora il Gorgoglione del Ribes rosso, o veramente
il Pidocchio del Ribes rosso (A. Ribis rubri:
fr. le Puceron du Groseiller commun – le Pu-
[Seite 379] ceron du Ribes: ted. die Johannisbeeren Blatt-
laus – der Krausbeeren Neffe: ing. the Red-
ribes-louse?).
Di questa specie, indigena anche tra noi, può
vedersi la figura nella P. xi. Tab. 14 di Frisch, ec.
SPECIE 2. Afide dell’ Olmo, o anche talora
il Gorgoglione dell’ Olmo, o veramente il Pi-
docchio dell’ Olmo (A. Ulmi campestris: fr. le
Puceron de l’Orme: ted. die Ulmenbaumlaus –
Rüster-blattlaus: ing. the Elm-louse?).
Questa specie rinviensi del pari indigena anche
fra di noi.
SPECIE 3. Afide del Sambuco, o anche talora
il Gorgoglione del Sambuco, o veramente il Pi-
docchio del Sambuco (A. Sambuci nigrae: fr. le
Puceron du Sureau: ted. die Hohlunder-blattlaus:
ing. the Elder-tree-louse?).
Di questa terza specie d’Afidi, indigena anche
tra noi, può vedersi la figura nella P. xi. Tab. 18
di Frisch, ec.
SPECIE 4. Afide de’ Rosaj, o anche il Gor-
goglione della Rosa, o veramente il Pidocchio
della Rosa (A. Rosae: fr. le Puceron de la
Rose: ted. die Rosenstocklaus – Rosenstrauch-
blattlaus – der Rosenstrauch-neffe: ing. the Rose-
tree-louse).
Di questa quarta specie d’Afidi, indigena anche
tra di noi, può vedersi la figura nel Sulzers Kenn-
zeichen, ec. Tab. 12. Fig. 79.
SPECIE 5. Afide Bursaria, o anche il Gor-
goglione del Pioppo nero, o veramente il Pi-
docchio del Pioppo nero (A. Bursaria – Aphis
populi nigrae: fr. le Puceron du Peuplier noir:
ted. die Schwarzpappel-blattlaus – der Schwarz-
pappel-neffe: ing. the black-poplars Louse?).
Di questa quinta specie d’Afidi, indigena an-
che fra noi, ove frequenta più che altro le così
dette Albere, ossiano i Pioppi neri, a’ quali ca-
giona poi quelle strane escrescenze tuberose e ber-
noccolute, che conosconsi qui volgarmente sotto
il nome di Rose dell’ Albere, di Nodi del Piop-
po nero, o di Occhi di Pioppa, come i Fran-
cesi diconle les yeux de Peuplier, e come usano
chiamarle i Tedeschi, or Pappelrosen, ora Al-
berknospen, ed ora altramente, può vedersi la
figura nella Biblia Naturae dello Swammerdam
alla Tavola 45. Fig. 22. e segg.
SPECIE 6. Afide del Pistacchio (A. Pista-
ciae: fr. le Puceron du Pistachier: ted. die Pista-
zienlaus: ing. the Pistacho-tree’s Louse?). –
Questa specie, quasi affatto esotica per noi, fre-
quenta soprattutto gli alberi che portano i Pistac-
chi, varii Lentischi, come quello che produce il
Mastice, detto l’albero del Mastice (Pistacia len-
tiscus), il Terebinto (Pistacia terebinthus), e al-
tri così fatti, ne’ luoghi appunto ov’ essi trovansi
indigeni, ne’ quali questi Insetti sogliono starsene
in una maniera di bozzolo, o di buccia, lunga
[Seite 381] bene un palmo, e di forma consimile ad un gu-
scio o ad un baccello.
GENERE XL. Chermes, o Psilla, o Suggifoglia,
e talora, sebbene troppo impropriamente, Cocco,
Grana, o Coccola (Chermes – Psylla di Geof-
froy: fr. Kermes – faux Puceron di Degéer:
ted. Blattsauger: ing. Leaves-sucker? – Ker-
mes?). Gl’ Insetti che racchiudonsi in questo ge-
nere, portano in sul petto il loro grifo confor-
mato a foggia di becco (rostrum pectorale); han-
no le antenne più lunghe di quello che non siane
il torace, il quale ne riesce gobbo, o gibboso;
sono muniti di quattro ali spiegate e volgenti al-
l’ ingiù (alae 4 deflexae), ed hanno poi i piedi,
o le zampettine costituite in modo da prestarsi
ottimamente all’ individuo, perchè abbia a giovar-
sene nello slanciarsi di salto (pedes saltatorii).
Per ciò che ne spetta alla generale conforma-
zione, hanno questi Insetti, quando sono giunti
allo stato d’animale perfetto, una grande analo-
gia cogli Afidi alati, ma finchè rimangonsene nello
stato di Larve, somigliano piuttosto alle Cicale,
al par delle quali slanciansi anche di salto a rag-
guardevole distanza.
SPECIE 1. Chermes del Busso, o anche la
Psilla del Bosso, o finalmente il Suggifoglie del
Bossolo (Chermes Buxi: fr. le Kermes du Buis –
la Psille du Buis: ted. der Buxbaum-blattsauger?
ing. the Box-kermes?).
SPECIE 2. Chermes dell’ Alno, o anche la
Psilla dell’ Ontano, o finalmente il Suggifoglie
delle Betulle (Chermes Alni: fr. le Kermes de
l’Aune – la Psille de l’Aune: ted. der Erlen-
baum-blattsauger?: ing. the Alder-tree-kermes?).
Così per l’una, come per l’altra di queste due
specie d’Insetti, indigene tuttadue anche fra noi,
potranno vedersene le figure rispettive nella già
più volte citata opera di Frisch, P. viii, Tab. 131.
GENERE XLI. Cocco, o Coccola, o anche Gal-
linsetto, e bene spesso poi volgarmente Grana
(Coccus: fr. Gallinsecte – Cochenille: ted. Schild-
laus – Schildfliege: ing. Shield-fly? – Gallin-
[Seite 384] sect?). Gli Insetti che comprendonsi in questo gene-
re hanno filiformi e setacee, o quasi fossero di seta,
le loro antenne, composte per lo più di 15 mem-
bretti; portano anch’ essi in sul petto il loro grifo
conformato a foggia di becco (rostrum pectorale),
lo che però non vale che soltanto parlando delle
femine, che ne riescono aptere o senz’ ali, da
che i maschi non hanno becco; hanno essi l’ab-
domine terminante all’ indietro in due setole o ap-
pendici sericee (abdomen postice setosum); i tarsi
non ne constano se non d’una sola articolazio-
ne, o d’un solo membretto, che all’ estremità ter-
mina come in un uncino, e i maschi soli ne vanno
muniti da ambe le parti di due ali diritte, le quali
in certo modo ricopronsi orizzontalmente. – I Gal-
linsetti propriamente detti hanno inoltre questo
di particolare e di strano, che le femine, allorchè
sono state fecondale da’ maschi, s’attaccano fer-
mamente alla pianta su cui si trovano, e comin-
cian tosto a gonfiarsi, poi seccansi per mantenere
coperte finchè schiudansi le loro ova, conforman-
dosi così in escrescenze tondeggianti, o globulari,
in forma analoga a un dipresso a quelle Galle,
che usiamo denominar volgarmente Noci di Galla.
In nessuna altra maniera d’animali accade di
scorger mai una differenza così marcata e così vi-
stosa tra gl’ individui di sesso diverso, come os-
servasi negli Insetti del presente genere, de’ quali
il maschio rassomiglia, più che ad altro, ad un
[Seite 385] Culice pigolante, o come suol dirsi, ad una Zan-
zara comune (Culex pipiens: fr. le Cousin: ted.
die kleine Mücke), mentre la femina, oltre al-
l’ essere sempre sprovveduta d’ali, spogliatasi che
sia, o cambiata che abbia la pelle, e poste giù
l’ova a pena, piantasi, secondo che già accen-
nammo, sulla pianta ove trovasi, fissandovisi so-
pra quasi immobilmente, per modo che, quella
in particolare di certe determinate specie, piglie-
rebbesi allora, più volontieri che non per un In-
setto pur tuttavia vivente, per una semplice cica-
trice superficiale dell’ albero, aspra alquanto o gra-
nellosa, e intanto il maschio, ronzandole d’intorno,
e svolazzando liberamente or qua or là, aspetta il
momento d’esservi spinto dal niso generativo, o
dal bisogno d’accoppiarsi, e trovata la femina così
romita ed isolata, immobilmente disposta, vi si
getta sopra, e ne feconda l’ova.
SPECIE 1. Cocco dell’ Esperidi, o anche la Coc-
cola degli agrumi, o veramente il Gallinsetto
dell’ Arancio, la Grana dell’ Arancio, o la Coc-
ciniglia della pianta dell’ Arancio (C. Hespe-
ridum – Coccus hybernaculorum – Coccus he-
speridus: fr. la Cochenille de l’Oranger – le
Gallinsecte de l’Oranger – la Graine de l’O-
ranger – le Gallinsecte des Serres: ted. die Ora-
nien Schildlaus? – Pomeranzenbaumen Schildlaus?
– Oranien Schildfliege?: ing. the Orange-tree’s
Shield-fly? – Orange’s Gallinsect?). – In tutta
[Seite 386] quanta la Germania non accade d’aver esempio
d’Insetti di questa specie, se non nelle serre degli
Agrumi. (Vedi Sulzer’s Kennzeichen ec. Tab. 12. Fig. 81.).
Le femine di questa specie usano di starsene
il più delle volle in sul rovescio delle foglie del-
l’ alberetto che porta per frutto gli Aranci.
Frequenta dessa, non già soltanto le piante dei
Melaranci, ma ben anche gli Agrumi d’ogni ma-
niera, tanto se siano tenuti in piena terra, o nei
vasi pe’ nostri giardini, come se tengansi riparati
nelle serre o nelle stufe, ove il clima non con-
senta di lasciarli esposti alle intemperie, e spesso
succede in amendue i casi, che l’Insetto molti-
plichisi, alla perfine, a segno tale da nuocere gra-
vissimamente alle piante medesime, in riguardo del
prodotto che altramente darebbono.
SPECIE 2. Cocco delle Adonidi, o la Coc-
cola dell’ Adonidi, la Cocciniglia delle Ado-
nidi, la Grana delle Adonidi, il Gallinsetto
delle Adonidi (C. Adonidum: fr. la Cochenille
des Adonides – la Graine des Adonides – le
Gallinsecte des Adonides: ted. die Caffeebaumen
Schildlaus? – Caffee-schildfliege?: ing. the Cof-
fea-shield-fly? – Coffea-gallinsect?). – Questa
specie riesce di color rufo, o bruno scuro, ed
apparisce ad un tempo come farinacea e pelosa.
Rinviensi dessa unicamente nelle serre, e in
quelle poi segnatamente sugli arbusti che portano
il Caffè, o sovr’ altri consimili, ove si tratti di
[Seite 387] paesi alquanto settentrionali e freddi; e siccome
reca loro sempre danni riflessibilissimi, così è bene
avvertire che si può pervenire a distruggerla con
sufficiente facilità, cospargendo di fiori di zolfo
così fatte pianticine, subito dopo di averle an-
naffiate.
SPECIE 3. Cocco del Lecce, o il Cocco del-
l’ Elcio, la Coccola dell’ Elcio, il Chermes vero,
o anche il Chermes del Lecce, la Cocciniglia
del Lecce, la Grana dell’ Elcio, o il Gallinsetto
dell’ Elcio (C. Ilicis – Chermes ilicis di Geof-
froy: fr. le Kermés du petit Chène – le Kermés
proprement dit – la Graine de Kermés – la Co-
chenille du petit Chène: ted. das eigene Kermes:
ing. the proper Kermes). – Questa specie se ne
sta, più volontieri che sovra qualsivoglia altro ve-
getabile, appunto sul Lecce, o com’ altri dicono,
sull’ Elcio (Quercus ilex), o ben piuttosto ancora
sulla Quercia appunto perciò detta coccifera (Quer-
cus coccifera: fr. le petit Chène à feuilles épi-
neuses).
È dessa indigena propriamente delle regioni le
più meridionali d’Europa, e in particolare poi
della Grecia, della Spagna, della Provenza, e
delle contrade più calde d’Italia, ove frequenta,
come già accennammo, con ispeciale predilezione
certe piante, e soprattutto il così detto Agrifo-
glio, o l’Alloro spinoso, o la Quercia coccifera
(Quercus coccifera: fr. le Houx – le Bois franc:
[Seite 388] ted. die Stechpalme: ing. the Holly-oak – Holm).
– I nidi delle sue ova, che i Francesi contraddi-
stinguono col nome di Vermillon, mentre i Te-
deschi chiamanli semplicemente Kermes-eyer-ne-
ster, aventi in certo tal qual modo la forma di
bacche, e somiglianti nella forma, più che ad
altra cosa, alle così dette Noci di galla, asper-
gonsi d’aceto forte, e quindi poi se ne trae il
così detto Cremisi o Chermisino, o il materiale
d’un colore rosso acceso, conosciutissimo.
SPECIE 4. Cocco Polonico, o la Grana Po-
lacca, la Coccola Polacca, o la Cocciniglia di
Polonia, la Cocciniglia Tedesca, o finalmente
il Gallinsetto di Polonia (C. Polonicus: fr. la
Cochenille de Pologne – la Graine de Pologne
– le Gallinsecte de Pologne: ted. die Deutsche
Cochenille – Polnische Schildlaus – das Johan-
nisblut: ing. the Polander Cochineal?). – Que-
sta specie frequenta, più volontieri che qualunque
altra pianta, le radici dello Scleranto perenne
(Schleranthus perennis: fr. le Sclèranthe vivace
– la Gnavelle vivace). (Vedi Frisch. P. V. Tab. 2.).
È dessa indigena, ed anzi comune affatto parti-
colarmente nella Polonia, e lungo le sponde del
Don, o del Tanai, ove, appunto come le pre-
cedenti specie di Cocco, mette giù i suoi nidi
d’ova sovr’ alcune piante, ma di preferenza poi
sulle radici del qui sopra citato Scleranto peren-
ne, che alcuni vorrebbero forse perciò chiamare
[Seite 389] la Sanguinella, ed ove raccogliesi con cura per
farne poi la materia prima d’un certo colore rosso
carico non sopraffino, ma però utile in servigio
dell’ arte tintoria.
SPECIE 5. Cocco del Cacto, o la Coccini-
glia propriamente detta, la Cocciniglia Ameri-
cana, la Cocciniglia del Messico, o la Cocci-
niglia dello Scarlatto, la Grana dello Scar-
latto, la Cocciniglia del Nopal, o finalmente il
Gallinsetto del Nopal (C. Cacti: fr. la Cochenille
– la Graine de Cochenille fine – la Cochenille
d’Amèrique – la Cochenille du Nopal: ted. der
Scharlachwurm: ing. the Cochineal-fly). – Que-
sta specie sembra frequentare, più volontieri che
qualunque siasi altra pianta, il perciò appunto così
detto Nopal, od il Cacto coccinellifero (Cactus
coccinellifer – Nopalli de’ Messicani). (Vedi Ellis
nelle Philosophical Transactions. Vol. LII. P. II.).
È dessa sempre esotica per noi, e sembra origi-
ria del Messico, ov’ è più comune che nel resto
dell’ America, e dove per ciò si fanno grandiose
piantagioni di tutte quelle specie di Cacto sulle
quali suole piacerle di stabilirsi e moltiplicarsi.
Ivi allevasi essa, quasi con altrettanta cura, quanta
ne usiam noi nell’ allevare i Bachi da seta, e se
ne fanno poi annualmente fino a tre diverse rac-
colte, calcolandola come materiale di tintura ap-
prezzatissimo e sommamente lucrativo1.
SPECIE 6. Cocco Lacca, o la Grana della
Lacca, la Coccola della Lacca, la Cocciniglia
della Lacca, il Gallinsetto della Lacca, o anche
[Seite 391] l’Insetto della Gommalacca (C. Lacca: fr. la
Cochenille laque – la Graine de la Laque – le
Gallinsecte de la Laque – la Cochenille du Fi-
guier d’Inde – le Gallinsecte du Croton porte-
laque: ted. der Gummi-lackwurm: ing. the Gum-
lack’s Worm?). – Questa specie frequenta se-
gnatamente le piante, esotiche sempre per noi,
contraddistinte da’ Botanici co’ diversi nomi di Fi-
cus Indica, Ficus religiosa, Croton lacciferum,
oltre a qualche altra ancora; le quali piante Indiane,
[Seite 392] ed aventi un sugo d’apparenza latticinoso, punte
che siano dall’ Insetto, ne trasudano quello stesso
sugo loro proprio, che va poi mano mano rap-
pigliandosi ivi d’appresso in una sostanza colo-
rante concreta, avente assai del resinoso. (Vedi
in proposito lo scritto del Dottor Roxburgh nel Vol. VIII.
del Voigts Magazin; 4. St. Tab. 1.).
È dessa indigena propriamente delle regioni mon-
tane dell’ Indostan, ma rinviensi frequente, tanto
al di qua, quant’ anche al di là del fiume Gan-
ge. – La così detta Gommalacca del commercio
non è altra cosa che appunto il sugo rappigliato-
si, e concreto, tratto in forza delle punture ope-
rate da questo Cocco nelle piante qui sopra men-
zionate1.
GENERE XLII. Tripe, o Rodi-alberi (Thrips:
fr. Thrips – Thryps – Rongeur d’arbres: ted.
Blasenfuss? – Blasenfliege? – Holzstecher? –
Baumstecher? – ed anche talora, sebben molto
meno propriamente, Erdfloh?: ing. Tree-remorse –
tree-gnawing Worm? – Thrips?). I pochi Insetti
[Seite 393] appartenenti a questo genere, de’ quali noi non
citeremo qui se non una specie soltanto, hanno
sempre il grifo, o vogliasene dir becco, oscuro, o
confusamente configurato (rostrum obscurum);
le antenne ne riescono lunghe a un dipresso quan-
to il torace; l’abdomine ne è ripiegabile all’ insù
(abdomen sursum reflexile), e l’ali ne sono quat-
tro, dritte, appoggiate lungo il dorso, disposte se-
condo la loro lunghezza, strette molto, e quasi
si direbbe vicendevolmente incrociantisi (alae 4
rectae, dorso incumbentes, longitudinales, an-
gustae, subcruciatae).
Sono dessi costantemente Insetti piccolissimi, che
sogliono viversene, in forma d’associazioni, per en-
tro a’ fiori di certi determinati vegetabili, segna-
tamente arborei, e che spesso non si ravvisano se
non in grazia della singolare sveltezza e velocità,
con cui vanno svolazzando o saltellando qua e là
intorno al loro covile.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi,
Tripe Fisapo, o anche il Tripe nero, o vera-
mente il Rodi-alberi fisapo (T. Physapus: fr.
le Thrips physape – le Thrips noir: ted. der
schwarze Baumstecher?: ing. the black Thrips?).
Questa specie ha nero tutto quanto il corpo,
eccettone gli Elitri, che ne sono di colore glauco.
(Vedi Degéer negli Atti svezzesi, o Schwedisch. Abhandlun-
gen, per l’anno 1744. Tab. 4. Fig. 4.).
È dessa indigena anche fra di noi, ove anzi
rinviensi frequentissima e numerosissima ne’ campi
di Cereali, su i fiori della Fava, e sovr’ altre così
fatte pianticine.
Lepidopteri, o Farfalle (Lepidoptera – Glos-
sata di Fabricius: fr. les Lépidoptéres: ted. die
Schmetterlinge: ing. the lepidopterous Insects1.
I Lepidopteri, o le Farfalle, formano un Ordine
estesissimo d’Insetti, i quali sono caratteriz-
zati, in confronto di quanti altri n’esistono,
segnatamente per le quattro ali aperte e di-
stese, onde vanno sempre muniti, coperte
d’un piumino, o vogliasi dire piuttosto,
pulviscolo, risultante di squamette screzia-
te, o variamente, e talora assai vagamente,
[Seite 396] colorate, e pel corpo, che sogliono aver
tutti dal più al meno peloso. Finchè ri-
mangonsene allo stato di Larve, o come
suol dirsi di Bruchi, trovansi muniti di
mascelle, e di dodici occhi in sul capo,
con un corpo bislunghetto, ma in certo
tal qual modo cilindrico e dritto disteso,
nella lunghezza del quale contansi dodici
segmenti, sezioni, ritagli, o membrature
anulari, con nove spiracoli, o meati aerei
da ogni parte, con tre para di zampettine,
o di piedi uncinati, posti loro lungo il petto,
e per lo più cinque altre para di piedi car-
nosi, rotondati e piuttosto torosi, dipen-
denti dall’ abdomine. Queste tali loro Larve
[Seite 397] poi subiscono diverse mute, ossia cangia-
no variamente la loro pelle, o l’esteriore
integumento, in certe determinate epoche
della vita che conducono appunto in istato
di Larve, e poscia trasformansi in Aurelie,
o secondo che usiam dir piuttosto, in Ru-
ghe, o in Crisalidi, le quali per l’ordinario
rimangonsene immobili affatto; tutto che di
alcune, come, a cagion d’esempio, di quella
del così detto Cosso guastalegna, proprio
del Salcio (Phalaena bombyx cossus),
si sappia che possono benissimo cangiare
spontaneamente di luogo. Finalmente dopo
un tempo determinato, sbuccia poi dalla
Crisalide la Farfalla, come Insetto dichia-
rato e perfetto, munita per lo più d’an-
tenne ben lunghe, con tre soli para di pie-
di, con una maniera di tromba, o di pro-
boscide spiralmente ravvolta in sè stessa,
e cui suol darsi il nome di linguella, di
linguetta, o anche di lingua, in sostitu-
zione alle due mascelle che la Larva da
prima ne avea, e con due ben grandi oc-
chi quasi emisferici, oltre a tre altri più
piccoli (rileggasi a questo proposito il §. 126
a pag. 224 del presente volume 3), in so-
stituzione a’ dodici, tutti piccoli, che aveane
[Seite 398] del pari la Larva. – Le quasi innumere-
voli specie d’Insetti, che concorrono a for-
mare quest’ Ordine ricchissimo, sono già
state assai opportunamente da Linneo di-
stribuite ne’ seguenti soli tre Generi, ca-
dauno de’ quali viene poscia ripartito, co-
me vedrassi, in diverse sezioni, o vogliansi
dire famiglie o falangi.
GENERE XLIII. Parpaglione, o anche Papi-
glione, o veramente Farfalla diurna (Papilio:
fr. Papillon du Jour: ted. Tagvogel: ing. But-
ter-fly). Gl’ Insetti compresi in questo genere hanno
sempre le loro antenne ingrossantisi verso l’apice,
di modo che il più delle volte potrebbero dirsi,
avere ad un tempo la forma d’una clava, e ter-
minar poi in una capocchia (antennae .... sae-
pius clavato-capitatae), e l’ali ne stanno dritte
in piedi, e conniventi all’ insù, quando l’Insetto
non se ne giova per volare (alea erectae sursum-
que conniventes).
I Bruchi, o per dir meglio le Larve, ne sono
il più delle volte, quasi chi dicesse spinose, o co-
perte superficialmente come di setole, o di pe-
luzzi distinti, dritti, irti e in certo tal qual modo
pungenti, e sogliono per l’ordinario cangiare ben
quattro volte la pelle, o andar soggette a quattro
diverse mute. Esse trasformansi poi a suo tempo
[Seite 399] in Crisalidi, o in Aurelie (Chrysalis – Aurelia),
senza perciò aver bisogno di formarsi una buc-
cia, o un bozzolo, entro cui racchiudersi indivi-
dualmente; e queste loro Crisalidi riescono come
merlate o denticolate, talora bellamente dorate,
e rimangono appese bene spesso per la loro estre-
mità posteriore. I Parpaglioni, o le Farfalle diur-
ne, che poscia ne sbucciano come Insetti perfetti
(Insectum declaratum – Imago), non usano vo-
lare intorno se non soltanto in pieno giorno, e
quando si soffermano, tengono poi sempre dritte
in piedi l’ampie loro ali distese, o spiegate, e rav-
vicinate l’una all’ altra, per modo che ne vengono
quasi a vicendevole contatto le faccie superficiali
superiori delle destre con quelle delle sinistre;
con questo di più da rimarcarsi, che tali faccie
superficiali superiori dell’ ali, nella massima parte
degli Insetti di questo genere, riescono ben di-
verse, tanto pel colorito, quanto a riguardo del
disegno, dalle opposte loro faccie superficiali in-
feriori.
Linneo, volendo consultare alla possibile mag-
giore chiarezza, compatibilmente col vistosissimo
numero delle specie conosciutene, ha, come di
già annunciammo, proposto assai opportunamente
di ripartire l’intiero genere de’ Parpaglioni, e
così appunto praticheremo qui noi pure, nelle se-
guenti cinque Falangi (Phalanges), o vogliansi
dire famiglie.
A. Parpaglioni Cavalieri (Papiliones equites:
fr. les Papillons chevaliers: ted. die Reiter-
schmetterlinge – Reiter-tagvögel: ing. the Knight-
butterflies). Gl’ Insetti compresi in questa falange
prima, costituita da’ Parpaglioni cavalieri, hanno
le due ali anteriori, che ne sono anche le prin-
cipali, più lunghe dall’ angolo posteriore alla punta,
di quello che non sianlo da quell’ angolo mede-
simo alla base (alis primoribus ab angulo postico
ad apicem brevioribus, quam ad basin), e per lo
più le antenne ne riescono filiformi. – La sem-
pre bene applicata, fecondissima ed elegante, im-
maginazione dello stesso Linneo, lo indusse a sud-
dividere ulteriormente questa falange
a) in Cavalieri Trojani (Troes: fr. les Troyens),
che portano in sul petto alcune macchie san-
guigne, e che riescono il più delle volte in
complesso di color nero, e
b) in Cavalieri Achivi, od Achei (Achivi:
fr. les Grecs), che non hanno in sul petto così
fatte macchia sanguigne, e che portano invece
una macchia ocellata in sull’ angolo dell’ ano
(ocello ad angulum ani).
B. Parpaglioni Eliconii (Papiliones heliconii:
fr. les Papillons héliconiens: ted. die helicone-
rinnen Schmetterlinge – heliconer Tagvögel:
ing. the Helicon-butterflies). Gl’ Insetti che rac-
chiudonsi in questa seconda falange, costituita dai
Parpaglioni eliconii, hanno ristrette molto, e af-
[Seite 401] fatto intiere ed intatte, non mai frastagliate, scisse
od incise, le loro ali, che spesso riescono nude
o mancanti di quel piumino o pulviscolo a squa-
mette, che più sopra accennammo come proprio
della maggior parte delle Farfalle diurne, e delle
quali le anteriori o le principali sono bislunghe, in
confronto delle posteriori, che ne sogliono essere
sempre cortissime. – Linneo ripartì del pari que-
sta falange
c) in Eliconii Danai (Danai: fr. les Danaïdes),
che hanno l’ali onninamente intatte od intiere,
suddividendoli ancora in
1.° Candidi, i quali hanno l’ali bianchic-
cie, e in
2.° Festivi, ornati, pomposi o screziati, i
quali hanno l’ali loro appunto screziate di più
colori, o variegate.
d) in Eliconii Ninfali (Nimphales: fr. les Nym-
phales), che hanno l’ali denticolate, od or-
nate d’una tal quale merlatura marginale, sud-
dividendoli poi in
1.° Gemmati, o gemmarj, i quali hanno
l’ali ocellate, o portanti macchie circolari, a
zone concentriche, rammentanti i così detti oc-
chi delle penne caudali del Pavone, e in
2.° Falerati, o bardati, i quali hanno l’ali,
quasi direbbesi, cieche, perchè mancanti di così
fatte ocelli, o macchie occhi-formi;
e) in Eliconii Plebei (Plebeii: fr. les Plébeïens),
[Seite 402] che riescono sempre più piccoli di tutti i pre-
cedenti, e de’ quali la Larva suol essere bene
spesso, come chi dicesse, attratta (larva sae-
pius contracta), suddividendoli ulteriormente in
1.° Rurali, o contadini, i quali hanno più
oscure di quello che non riescane il fondo, le
macchie sull’ ali, e in
2.° Urbicoli, o cittadini, i quali hanno sem-
pre translucide o diafane le macchiette in sulle
loro ali.
Seguono le specie de’ Parpaglioni:
SPECIE 1. Priamo (P. Priamus: fr., ted., ing.
Priam?). – Parpaglione Cavaliere Troiano, avente
l’ali denticolate, tomentose, per di sopra verdi,
con fascie nerissime lungo i lembi marginali, e con
questo di più poi, che l’ali posteriori, più piccole,
ne portano sei macchie nere. (Vedi Clerck. Tab. 17.).
È desso indigeno d’Amboina, com’ anche di
qualche altra analoga, e quinci non gran fatto
distante, località. – Può questo dirsi realmente
un ben grande e superbo Parpaglione.
SPECIE 2. Ulisse (P. Ulysses: fr., ted., ing. Ulys-
ses?). – P. Cavaliere Achivo, avente l’ali caudate,
di color fosco o bruniccio, con un disco ceruleo,
lucente e dentato, e con questo di più, che le po-
steriori ne portano sulla loro faccia inferiore sette
distinte macchie ocellari cadauna. (Vedi Clerck. Tab. 23.
Fig. 1.).
È indigeno anch’ esso d’Amboina, come lo è
[Seite 403] in generale delle Indie Orientali, e non cede al
certo la mano al Priamo, nè in grandezza, nè in
bellezza.
SPECIE 3. Macaone (P. Macaon: fr. le Page
de la Reine – le Macaon: ted. der Schwalben-
schwanz: ing. the Machaon?). – P. Cavaliere
Achivo, avente anch’ esso l’ali caudate, tutte quante
del medesimo colore giallo, a meno del lembo
marginale, che n’è bruno scuro, e delle mezze-
lune, gialle pur esse, che vi stanno sopra; oltre
di che poi, l’angolo posteriore estremo del corpo,
presso all’ ano, ne riesce di color fulvo o lionato.
(Vedi Roesel. Vol. I de’ suoi Tagvögel, ch’ è quanto dire ap-
punto Parpaglioni, o Farfalle diurne, Tagvögel II. Tab. 1.).
È desso indigeno anche fra noi.
SPECIE 4. Podalirio (P. Podalirius: fr. le Page
du Roi – le Podalyre: ted. der Segelvogel: ing.
the Podalyrius?). – P. Cavaliere Achivo, avente
pur esso l’ali caudate, quasi tutte quante d’un
medesimo colore gialliccio, a meno di certe dop-
pie fascie nericcie, che vi stan sopra, e con questo
di più, che le posteriori, più piccole, portano per
di sotto una striscia lineare di color giallo rancio.
(Vedi Roesel. Vol. I. Tagvögel II. Tab. 2.)
È pur desso indigeno anche fra noi.
SPECIE 5. Apollo (P. Apollo: fr. l’Apollon
– l’Apollon des Alpes: ted. der rothe Augen-
spiegel: ing. the Apollo?). – Parpaglione Elico-
nio, avente l’ali bislunge, bianche, ed intatte o
[Seite 404] intiere affatto, non scisse e non frastagliate in conto
alcuno; sull’ alettine posteriori, rosse presso alla
base, porta esso quattro distinte macchie ocellari
sole, invece che sulla faccia inferiore di queste
stesse alettine contansi sei macchie così fatte. (Vedi
Sulzers. Kennzeichen. Tab. 13. Fig. 41.).
Rinviensi talora anche tra di noi, e può dirsi
indigeno propriamente delle regioni calde d’Europa.
SPECIE 6. Parpaglione del Cratego, o il Par-
paglione delle siepi, o anche talora il Papiglione
dello Spin-bianco – dello Spin-cervino – de’ Frut-
taj ec., la Farfalla del Loto? la Farfalla delle
siepi, la Farfalla del Bianco-Spino – del Ber-
beris – del Bagolaro ec. (P. Crataegi: fr. le Pa-
pillon de l’Alizier: ted. der Lilienvogel – Baum-
weissling – Heckenweissling: ing. the lote-tree’s
Butterfly?). – P. Eliconio, avente l’ali affatto
intiere, o non scisse, nè fesse lungo il margine,
da per tutto arrotondate e bianche, a meno delle
venature, che ne sono nere. (Vedi Roesel. Vol. I. Tag-
vögel II. Tab. 3.).
È desso indigeno e anzi comunissimo tra noi. –
I Bruchi, o le Larve, che in Lombardia ne sono
bene spesso chiamate Gattine, riescono in som-
mo grado nocive a’ Fruttaj. Finchè sono ancor pic-
cine, queste dannose Larve usano di vivere ac-
cumulate in associazioni, più o meno numerose,
per entro ad una buccia, a una maniera loro pro-
pria di Bozzolo, o per dirla così a un tratto, in
[Seite 405] un involucro comune, quasi analogo per sua na-
tura alla bambagina, o al cotone pettinato bianco,
ma alquanto sporco.
SPECIE 7. Parpaglione della Brassica, o il Pa-
piglione del Cavolo, o anche la Farfalla ver-
ziera, la Farfalla delle verze (P. Brassicae:
fr. le Papillon du Chou: ted. die Kohleule – der
Kohlweissling – Buttervogel: ing. the proper But-
terfly – cabbage’s Butterfly?). – Parpaglione Da-
nao candido, avente, come già il precedente, l’ali
intiere, o affatto intatte lungo i lembi, vale a dire
non fesse, nè scisse, nè denticolate, ma come ar-
rotondate, o curvilinee quasi per tutto, e bianche
di colore, se non che sulle anteriori principali
o primarie, che terminano poi nere alla punta,
scorgonsi sempre due macchie nere anch’ esse. Gli
individui di questa specie, riescendo sempre più
grandi che nol siano mai quelli della specie qui
sotto immediatamente successiva, a’ quali del re-
sto somigliano moltissimo, ciò fa sì, che la spe-
cie ne assuma in confronto l’epiteto qualificativo
e caratteristico di maggiore. (Vedi Herold’s Entwi-
ckelungsgesch. der Schmetterling. Tab. 1.).
Frequenta questo anche tra noi, del pari che
le due, ad esso molto analoghe, susseguenti spe-
cie, soprattutto, e con marcata predilezione, i
cavoli o le verze, e i campi seminati di rape o di
altre cruciformi, com’ anche qualche altra pianta
erbacea. – I Tedeschi contraddistinguono talora
[Seite 406] questa specie, ed eziandio le consimili od analo-
ghe, col nome di Buttervogel, suonante per noi,
quasi, uccello avente l’ali, o parte dell’ ali, del
color giallo proprio del burro, a quel modo me-
desimo, e per lo stesso motivo, per cui denomi-
nano comunemente Butterblume, o fiore avente
il color del burro, il fiore giallo di quel Dente di
Leone, che noi diciamo Tarassaco (Leontodon ta-
raxacum: fr. le Dent de lion – le Pisse-en-lit),
appunto dal colore giallognolo, o giallo chiaro,
ch’ è proprio delle loro due ali minori, e che è
precisamente tale da rammentarci, meglio che al-
tra cosa, il colore del burro. Di questo nome, già
di per sè a bastanza improprio, abusarono poscia i
Tedeschi, per indicare alcuna volta, con esso, a
un tratto ogni maniera di Parpaglioni, o di Far-
falle diurne, siccome fecero eziandio gl’ Inglesi
comprendendo in generale tutti quanti i Parpa-
glioni, od ogni maniera di Farfalle così fatte, sotto
il loro nome di Butterfly, che altro realmente
non dovrebbe suonare per noi, se non tutt’ al più,
Mosca dall’ ali del colore del burro.
SPECIE 8. Parpaglione della Rapa, o la Far-
falla delle Rape (P. Rapae: fr. le Papillon de
la rave: ted. der Rübenweissling: ing. the Ra-
dish-butterfly?). – P. Danao candido, avente
intatte anch’ esso, e arrotondate l’ali, le due mag-
giori delle quali, che sono le poste più da presso
al capo, ne terminano coll’ apice di color nero,
[Seite 407] e sono marcate di due macchie nere del pari;
ogni cosa appunto, come già s’ è detto della
specie precedente, in confronto di cui il Parpa-
glione della rapa, di cui propriamente qui trat-
tasi, riesce soltanto sempre assai più piccolo;
ond’ è che ne viene qualificato coll’ epiteto di mi-
nore. (Vedi Roesel. Vol. I. Tagvögel II. Tab. 45.).
È desso indigeno e comunissimo tra di noi,
ove frequenta di preferenza i campi di rape.
SPECIE 9. Parpaglione del Navone, o la Far-
falla del Navone (P. Napi: fr. le Papillon du
Navet: ted. der Repsweissling? – der Steckrü-
ben-buttervogel?: ing. the turneps Butterfly?). –
P. Danao candido, avente arrotondati e intatti
onninamente, o non laceri, i lembi dell’ ali sue, nel
fondo bianche, ma portanti al di sotto manifeste
venature verdiccie dilatantisi.
È indigeno e comune molto fra noi, ove fre-
quenta, più che altro, appunto i campi di navoni.
SPECIE 10. Parpaglione del Cardamine, o la
Farfalla del Cardamine, o ancora la Farfalla
Aurora (P. Cardaminis: fr. le Papillon aurore
– le Papillon de la cardamine des prés – la
Piéride de la cardamine – la Piéride aurore:
ted. der Aurora-vogel: ing. the Aurora-butterfly?).
– P. Danao candido, avente l’ali affatto intiere, a
margini arrotondati o curvilinei, in complesso bian-
che tutte quante, se non che le due anteriori che,
secondo il solito, sono anche le maggiori, nel bel
[Seite 408] mezzo riescono fulve o lionate, e le più piccole o
posteriori, per di sotto, ne sono d’un color verde,
in certo tal qual modo annebbiato, torbidetto o
nuvoloso. (Vedi Roesel. Vol. III. Tab. 46.).
È desso indigeno, ed a bastanza comune, anche
fra noi, ove su pe’ prati, o pe’ pascoli mostra di
prediligere quell’ erba, che dicesi Cardamine (Car-
damine pratensis).
SPECIE 11. Parpaglione del Ranno, o la Far-
falla della Spina da Crocefissi, la Farfalla del
Prugnuolo (P. Rhamni: fr. le Papillon canicu-
laire – le Papillon du Nerprun?: ted. der Ci-
tronen-papilion – Citronenvogel? – das flie-
gende Blatt: ing. the buskihorn’s Butterfly? –
buckthorn’s Butterfly?). – P. Danao candido,
avente, come i precedenti, l’ali intiere, a lembi
marginali, intatti bensì, ma angolosi, e d’un co-
lore giallo citrino, con sopravi un solo marcatis-
simo punto giallo per cadauna, il quale poi per
di sotto riesce invece ferruginoso, o color della
ruggine. (Vedi Roesel. Vol. III. Tab. 46.).
È indigeno anch’ esso fra noi, e frequenta, me-
glio che qualsivoglia altra pianta, quel frutice
spontaneo, che chiamiamo comunemente Ranno,
Prugnuolo, o Spina da Crocefissi (Rhamnus fran-
gula, ec., oltre qualche altra: fr. le Nerprun).
SPECIE 12. Parpaglione Iperanto (P. Hype-
rantus: fr. le Papillon Hyperanthe: ted. der Hy-
perantus-tagvögel?: ing. the hyperanthus But-
[Seite 409] terfly?). – P. Danao festivo, avente intatte ed
intierissime lungo il margine le sue ali di color
fosco o bruno scuro, colle due principali od an-
teriori marchiate per di sotto costantemente da tre
macchie ocellari distinte, mentre le posteriori, più
piccole, sebbene talora ne portino anch’ esse tre,
il più delle volte però non ne hanno se non
due sole.
È anch’ esso indigeno tra di noi.
SPECIE 13. Parpaglione Io, o la farfalla pa-
vona, o talvolta anche l’Occhio di Pavone (P. Io:
fr. le Papillon Io – le Paon du jour: ted. das
Pfauenauge – der Pfauenspiegel: ing. the Pea-
cock-butterfly?). – P. Ninfale gemmato, avente
l’ali ad un tempo angoolse e denticolate, di co-
lor fulvo o bruno scuro nel fondo, ma macchiate
poi di nero, e portanti tutte quante per di sotto,
come suol dirsi, un occhio, o una macchia ocel-
lare di color ceruleo. (Vedi Roesel. Vol. I. Tagvögel II.
Tab. 3.).
È anch’ esso indigeno tra di noi. – La Crisa-
lide ne riesce come dorata.
SPECIE 14. Parpaglione Galatea, o la Far-
falla Galatea (P. Galatea: fr. le Papillon Gala-
tée: ted. das Bretspiel: ing. the Galatea-butterfly?).
– P. Ninfale gemmato, avente l’ali dentate, di
color bianco, screziate però variamente di nero,
delle quali le anteriori non portano che una sola
[Seite 410] macchia ocellare, mentre sulle posteriori ne hanno
cinque, un cotal po’ confuse, o marcate alquanto
oscuramente. (Vedi Roesel. Vol. III. Tab. 37.).
È indigeno esso pure, e non gran fatto infre-
quente, anche fra noi.
SPECIE 15. Parpaglione del Cardo, o la Far-
falla del Cardo (P. Cardui: fr. le Papillon du
Cardon: ted. der Distelvogel: ing. the Cardoon’s
Butterfly). – P. Ninfale gemmato, avente l’ali
dentate, di color fulvo o bruno scuro nel fondo,
ma screziate ad un tempo di bianco e di nero,
delle quali le sole posteriori sono d’ambe le parti
marchiate di quattro macchie ocellari, cieche il
più delle volte, o non portanti nel centro quella
macchia che ne dovrebbe corrispondere alla pu-
pilla. (Vedi Roesel. Vol. I. Tagvögel I. Tab. 10.).
È anch’ esso indigeno fra di noi, ove frequenta
molto le piante di Cardo. – La Crisalide ne rie-
sce d’uno splendido giallo dorato. – In certe
annate questo Insetto riesce stranamente copioso
e anzi comunissimo.
SPECIE 16. Parpaglione Iride, o la Farfalla
Iride (P. Iris: fr. le Papillon Iris: ted. der Schil-
lervogel: ing. the Iris-butterfly?). – P. Ninfale
gemmato, avente l’ali alcun poco dentate, e gri-
gie per di sotto, con una fascia bianca interrotta,
o non seguente, da ambe le parti; con questo poi
di più, che cadauna dell’ ali posteriori o minori
ne porta per di sopra, come suol dirsi, un oc-
[Seite 411] chio, o una macchia ocellare sola. (Vedi Roesel.
Vol. III. Tab. 42.).
É anch’ esso indigeno fra di noi.
SPECIE 17. Parpaglione Antiopa, o anche la
Farfalla vestita a lutto (P. Antiopa: fr. le
Deuil – le Papillon du deuil – le Papillon
Antiope: ted. der Trauermantel: ing. the An-
tiopa-butterfly?). – P. Ninfale falerato, avente
l’ali angolose, di color nero, ma quasi che dicesse
gallonate, od orlate d’un lembo marginale bianco.
(Vedi Roesel. Vol. I. Tagvögel I. Tab. 1.).
È desso pure indigeno, ed a bastanza comune
anche tra noi.
SPECIE 18. Parpaglione Policloro, o anche
la Farfalla a più colori (P. Polychloros: fr. le
Papillon polychlore – le Papillon-renard: ted.
der grosse Fuchs: ing. the great Fox-butter-
fly? – polychlore Butterfly?). – P. Ninfale
falerato, avente l’ali angolose, di color fulvo o
bruno scuro, pezzate o macchiate di nero, con
questo di più, che le anteriori o principali ne sono
per di sopra marcate cadauna di quattro punti
neri ben distinti. (Vedi Roesel. Vol. I. Tagvögel II. Tab. 2.).
È indigeno anch’ esso fra noi. – Il Bruco, o
la Larva ne suol tramandare un odore suo pro-
prio, e non ingrato, che sente molto del Muschio.
SPECIE 19. Parpaglione Ortichiere, o anche
la Farfalla dell’ Ortica (P. Urtica: fr. le Pa-
pillon de l’Ortie: ted. der kleine Fuchs – Nessel-
[Seite 412] vogel: ing. the nettle’s Butterfly?). – P. Nin-
fale falerato, avente l’ali angolose, di color fulvo
o lionato scuro, macchiate di nero, le anteriori
delle quali riescono inoltre marcate cadauna di tre
punti neri. (Vedi Roesel. Vol. I. Tagvögel I. Tab. 4.).
Rinviensi pur desso indigeno fra noi.
SPECIE 20. Parpaglione C bianco, o la Far-
falla dal C bianco (P. C album: fr. le Pa-
pillon C blanc: ted. der C-vogel: ing. the white
C’s Butterfly?). – P. Ninfale falerato, avente
l’ali angolose, nel fondo fulve, o di colore bru-
niccio scuro, e macchiate poi di nero, con la marca
d’un C bianco al di sotto di ciascuna delle due
minori o posteriori. (Vedi Roesel. Vol. I. Tagvögel I.
Tab. 5.).
Rinviensi non di rado indigeno anch’ esso fra noi.
SPECIE 21. Parpaglione Atalanta, o anche
il Parpaglione Marte, o la Farfalla ammira-
bile (P. Atalanta: fr. le Papillon Mars – le
Papillon Atalante: ted. der Mars – 980-vogel:
ing. the admirable Butterfly). – P. Ninfale fa-
lerato, avente l’ali dentate, di color nero nel
fondo, ma macchiate di bianco, con di più una
benda, o fascia purpurea, comune a tutte quante;
che però occupa da ambe le parti le due ante-
riori o principali, mentre non interessa se non
soltanto il lembo marginale delle due minori o
posteriori. (Vedi Roesel. Vol. I. Tagvögel I. Tab. 6.).
Rinviensi talora anche fra di noi, ma viene a
[Seite 413] ragione considerato come offerenteci una delle più
belle specie di Parpaglioni, che siano indigene
della Germania.
SPECIE 22. Parpaglione Paffio, o la Farfalla
dj Paphos (P. Paphia: fr. le Papillon de Paphos
– la Bande d’argent?: ted. der Silberstrich:
ing. the Papho’s Butterfly – Silver-band-but-
terfly?). – P. Ninfale falerato, avente l’ali den-
tate, nel fondo di color giallo, con macchie nere
sopra tempestatevi, e portanti poi per di sotto, in
traverso, diverse striscie lineari bianco-lucenti ar-
gentine. (Vedi Roesel. Vol. I. Tagvögel I. Tab. 7.).
È desso indigeno anche fra noi; viene di mez-
zana grandezza, e può dirsi che ci offra una as-
sai bella specie di Parpaglione, la quale cede ben
di poco alla precedente.
SPECIE 23. Parpaglione Aglaja, o anche sem-
plicemente l’Aglaja, o la Farfalla dalla Ma-
dreperla (P. Aglaja: fr. le grand Papillon na-
cré – le Papillon Aglaïe?: ted. der grosse Per-
lenmuttervogel – Violenvogel: ing. the mother
of pearl-butterfly – Aglaïa-butterfly?). –
P. Ninfale falerato, avente l’ali dentate, gialle
nel fondo, ma macchiate poi di nero, e per di
sotto portanti ventuna macchie bianco-lucenti ar-
gentine ben distinte.
Rinviensi desso non gran fatto infrequente an-
che tra noi.
SPECIE 24. Parpaglione del Prugno, o anche
[Seite 414] la Farfalla de’ Prugni (P. Pruni: fr. le Papillon
du Prunier: ted. der Pflaumenbaums Tagvogel:
ing. the Plum-tree’s Butterfly?). – P. Plebeo ru-
rale, avente l’ali, quasi direbbesi, in certo tal qual
modo caudate, e di color losco o bruno scuro per
di sopra; le posteriori però ne portano per di sotto
una fascia marginale fulva o lionata, tempestata
di punticini neri. (Vedi Roesel. Vol. I. Tagvögel II.
Tab. 7.).
È questo indigeno anche fra noi, ove dimostra
una tal quale predilezione pe’ Prugni, e per gli
altri alberi così detti dal nocciuolo.
SPECIE 25. Parpaglione Argo, o la Farfalla
da’ cent’ occhi, e anche la Farfalla Argo (P. Ar-
gus: fr. le Papillon Argus – l’Argus bleu:
ted. der Argus-schmetterling – Argus-tagvogel,
e per taluni anche der Kreuzdornvogel, sebbene
molto impropriamente, da che questo nome com-
pete assai meglio al Parpaglione gialliccio del
Ranno: ing. the Argus – Argus-butterfly?). –
P. Plebeo rurale, avente l’ali non caudate in
conto alcuno, e di colore piacevolmente ceruleo-
violacee nel fondo, colle posteriori mostranti per
di sotto un lembo marginale orlato, o un lembo
come gallonato di giallo bruno ocraceo, o ferrugi-
noso, e tempestate poi, più o meno, tutte quante
di piccolissime macchie ocellari, miste ad un tempo
di ceruleo, e di bianco argentino. (Vedi Roesel. Vol. I.
Tagvögel II. Tab. 37.).
È questo pure indigeno, ed anzi comunissimo,
a stagione conveniente, anche fra noi, ove fre-
quenta, più che altro, la Spina da Crocefissi, o
la Spina cervina (Rhamnus catharticus – R. fran-
gula ec.: fr. le Nerprun: ted. der Kreuzdorn),
e altre piante analoghe.
SPECIE 26. Parpaglione della Malva, o an-
che la Farfalla della Malva (P. Malvae: fr. le
Papillon de la Mauve? – le Papillon du Peu-
plier? – le Papillon de la Guimauve?: ing. the
Mallow’s Butterfly?). – P. Plebeo urbicola,
avente l’ali denticolate, divaricate, o molto di-
vergenti tra loro, e di color nero nel fondo, ma
tempestate poi di frequenti macchie bianche. (Vedi
Roesel. Vol. I. Tagvögel II. Tab. 10.).
È desso pure indigeno, ed anzi comune a ba-
stanza anche fra noi, ove frequenta con tal quale
predilezione appunto la Malva, e il Malvavischio
in fiore, e altre così fatte piante.
GENERE XLIV. Sfinge, o anche Farfalla della
sera, Farfalla Serotina, o Farfalla Vespertina
(Sphynx: fr. Sphinx: ted. Abendvogel: ing. eve-
ning’s Butterfly? – Sphynx?). Gl’ Insetti che
comprendonsi in questo genere, sogliono aver
sempre le loro antenne più grosse verso la loro
metà, di quello che non sianlo a’ due capi, o,
per dir meglio, sogliono averle assottigliate ad a-
mendue le loro estremità, e quasi, direbbesi, di
forma in certo tal qual modo prismatica, colle
[Seite 416] ali deflesse, o aperte ad un tempo, e volgenti
all’ ingiù.
I Bruchi o le Larve degli Insetti appartenenti
a questo genere, il più delle volte hanno splen-
didi e bellissimi colori, e sogliono portare, in fondo,
direm così, al filo della schiena, una tal quale pro-
minenza, uncinata e rammentante, quanto alla for-
ma, meglio che altra cosa, un cornicino, traccie
del quale ne conserva poi a bastanza manifeste
anche la Crisalide. La loro trasformazione appunto
in Crisalidi, o in Ninfe, fassi sotterra, e succede
senza alcuna preventiva preparazione, per parte
de’ Bruchi, di quella buccia, o di quel guscio od
involucro, che denominammo bozzolo, in cui han-
no generalmente per costume d’innicchiarsi i Par-
paglioni, o le Farfalle diurne, in così fatta circo-
stanza. Queste Sfingi contraddistinguonsi poi an-
che bene spesso, secondo che abbiamo accennato,
co’ diversi nomi generici, ma alquanto triviali, di
Farfalle vespertine, Farfalle serotine, Farfalle
della sera (Papiliones serotini – P. vespertini:
fr. les Papillons du soir: ted. die Abendvögel:
ing. the Sphinx – Evening-butterflies?), per que-
sto principalmente, che assai di rado fannosi desse
vedere qua e là svolazzanti, in modo che si può
dire loro proprio, e che spesse volte riesce lento
e pesante, pe’ giardini, od anche altrove, prima
dell’ imbrunire, nè escono quasi mai da’ loro co-
vili, se non verso l’ora del tramonto.
Linneo, colla sua solita eleganza, consigliò di ri-
partire le specie, non però gran fatto numerose,
che compongono il presente genere delle Sfingi,
nelle seguenti due sezioni, vale a dire: in
A. Sfingi legittime (Sphinges legitimae), che
hanno l’ali angolose,
a) aventi l’ali intiere, non lacere, non dentico-
late, non scisse e non frastagliate, e coll’ ano
semplice,
b) aventi del pari l’ali intiere ed intatte, ma col-
l’ ano poi barbato; e in
B. Sfingi adottive, spurie od illegittime (Sphin-
ges adscitae), che diversificano sensibilmente dalle
legittime, così a riguardo delle abitudini e della
complessiva conformazione dell’ Insetto perfetto,
com’ eziandio per rispetto alla Larva (habitu et
larva diversae).
Seguono le specie delle Sfingi:
SPECIE 1. Sfinge ocellata, la Sfinge Pavona,
o anche talora il Pavone della sera (S. Ocellata:
fr. le Paon du soir: ted. das Abendpfauenauge
– der Pfauenaugenschwärmer?: ing. the eve-
ning’s Pea-cock?). – Sfinge legittima, avente curvi
e mollemente flessuosi i lembi marginali dell’ ali
(alis repandis), sulle posteriori delle quali scor-
gesi disegnata alcuna macchia rotonda, ocellare,
o rammentante assai bene i così detti occhi delle
penne caudali del Pavone. (Vedi Roesel. Vol. I. Far-
falle notturne, o Nachtvögel I. Tab. 1.).
È dessa indigena, o non gran fatto infrequente
anche fra di noi.
SPECIE 2. Sfinge del Nerio, o veramente la
Sfinge del Leandro, la Farfalla del Leandro
(S. Nerii: fr. le Sphinx du Léandre – le Sphinx
du Laurier-rose: ted. der Oleandervogel – Olean-
derschwärmer?: ing. the Nerium-sphinx?). –
S. legittima, avente l’ali leggermente angolose,
di color verde nel fondo, ma poi screziate da
diverse fascie or verdi chiare, or verdi cariche,
ed ora perfino giallognole. (Vedi Roesel. Vol. III.
Tab. 16.).
SPECIE 3. Sfinge del Convolvulo (S. Convol-
vuli: fr. le Sphinx du Convolvulus – le Sphinx
du Liseron: ted. der Windenschwärmer – Win-
devogel?: ing. the Convolvulus’s Sphinx?). –
S. legittima, avente intiere, o come suol dirsi, on-
ninamente intatte l’ali, le posteriori delle quali
ne sono fasciate di nero, mentre all’ indietro poi
hanno l’estremo lembo marginale tempestato di
punterelli bianchi; l’abdomine invece n’è in pieno
di color rosso, con sopravi alcune cinture nere af-
fatto. (Vedi Roesel. Vol. I. Nachtvögel I. Tab. 7.).
È anch’ essa indigena fra di noi, e frequenta
segnatamente i Convolvuli, e fra gli altri, il così
detto Vilucchio (Convulvulus tricolor – C. sol-
danella – C. cneorum – C. sepium, e altri).
SPECIE 4. Sfinge del Ligustro (S. Ligustri:
fr. le Sphinx du Ligustre – le Sphinx du Troène
[Seite 419] – le Sphinx de la Livèche?: ted. der Rainweide-
schwärmer – Rainweidevogel? – Hartriegelvo-
gel? – Hundsbeerenvogel?: ing. the white-pri-
vet’s Sphinx?). – S. legittima, avente al solito
l’ali intatte od intiere, le posteriori delle quali
riescono nel fondo di colore incarnato o carnicino,
con sopravi alcune fascie nere; l’abdomine n’è
rosso, con varie cinture nere, come nella specie
precedente.
È indigena essa pure tra di noi, ove suol fre-
quentare, frall’ altre piante, il Ligustro.
SPECIE 5. Sfinge Atropa, o la Sfinge dalla
testa di morto, o anche la Farfalla della morte
(S. Atropos: fr. le Sphinx Atropos – le Sphinx
tète-de-mort: ted. der Todtenkopf: ing. the Atro-
pos-sphinx?). – Sfinge legittima, avente l’ali in-
tiere, o a margine assolutamente non frastagliato,
ed intatto, le posteriori delle quali riescono gial-
lastre nel fondo, con sopravi diverse fascie fosche
o bruno-scure, e coll’ abdomine giallo, ma cinto
poi d’alcune fascie nere. (Vedi Roesel. Vol. III. Tab. 2.).
È dessa indigena anche fra noi, ove suol bene
spesso recar danni gravissimi alle arnie, o agli
alveari delle Pecchie. – Il Bruco, o la Larva ne
sembra dilettarsi particolarmente delle piante di
Gelsomino, ma vive poi soprattutto dell’ erba di
parecchi Solani, com’ è quello, per esempio, che
ci fornisce i così detti Pomi di terra, le Patate,
e simili.
SPECIE 6. Sfinge Celerio, o anche la Sfinge
Fenice (S. Celerio: fr. le Sphinx célério – le
Sphinx-phoenix: ted. der Phönix: ing. the Phoe-
nix-sphinx?). – S. legittima, avente pur sempre
intatte o non frastagliate le sue ali, tutte quante
di color grigio, meno una striscia lineare bianca
e nera, che vi sta sopra descritta; le inferiori però
ne riescono rosse presso alla loro base, e portano
inoltre al di sopra sei distinte macchie di questo
medesimo colore (alis inferioribus basi rubris ma-
culis sex). (Vedi Roesel. Vol. IV. Tab. 8.).
Rinviensi pur dessa indigena, da quando a quan-
do, anche fra noi.
SPECIE 7. Sfinge Elpenore (S. Elpenor: fr.
le Sphinx Elpénor – le grand Sphinx de la vi-
gne?: ted. der grosse Weinschwärmer? – die
Weinraupe, finchè se ne vive allo stato di Larva o
di Bruco, ma invece der grosse Weinvogel, quando
è poi ridotta allo stato d’Insetto perfetto: ing.
– the greatest Wineyard-sphinx?). – S. legittima,
avente non punto frastagliate in su i lembi le sue
ali, le anteriori delle quali ne sono nel fondo di
colore leggermente verdiccio, con sopravi diverse
fascie di color rosso porpora, mentre invece le po-
steriori ne riescono rosse in pieno, e nere poi presso
al luogo di loro inserzione. (Vedi Roesel. Vol. I.
Nachtvögel I. Tab. 4.).
È anch’ essa indigena fra di noi, ed a bastanza
frequente ne’ vigneti.
SPECIE 8. Sfinge Porcella, o anche la pic-
cola Sfinge della vite, o il Tarlo delle viti,
il Punteruolo delle vigne ec. (S. Porcellus:
fr. le Sphinx-pourceau – le petit Sphinx de la
vigne: ted. der kleinere Weinschwärmer? – die
kleine Weinmotte: ing. the Vineyard-moth? –
small Vine-sphinx?). – S. legittima, avente in-
tiere o non frastagliate l’ali, rosse in sul mar-
gine, le posteriori delle quali riescono fosche, o
di color bruno scuro presso alla loro base. (Vedi
Roesel. Vol. I. Nachtvögel I. Tab. 5.).
È indigena essa pure tra di noi, ed infesta vo-
lontieri le viti come la specie precedente.
SPECIE 9. Sfinge dell’ Euforbia, o anche la
Sfinge del Titimalo (S. Euphorbiae: fr. le Sphinx
de l’Éuphorbe – le Sphinx du Tithymale: ted.
der Wolfsmilchschwärmer? – die Wolfsmil-
chraupe, finchè stassene allo stato di Bruco o di
Larva, ma poi der Wolfsmilchvogel? quando è
giunta allo stato d’Insetto, secondo la natura sua,
perfetto: ing. the milk-thistle’s Sphinx?). –
S. legittima, avente al solito l’ali affatto intiere od
intatte, di color fosco o bruno scuro nel fondo,
con una benda o fascia alquanto più pallida sulle
due principali, e invece poi con una benda o fa-
scia rossa sull’ altre due minori od inferiori. (Vedi
Roesel. Vol. I. Nachtvögel I. Tab 3.).
Rinviensi indigena essa pure, e frequente a ba-
[Seite 422] stanza anche fra noi, particolarmente sul Titimalo
o Titimaglio, o vogliasi dire sull’ Esula.
SPECIE 10. Sfinge del Pinastro, o anche la
Sfinge del Pino salvatico (S. Pinastri: fr. le
Sphinx du pin sauvage – le Sphinx du pin: ted.
der Fichtenschwärmer: ing. the Pine-tree’s-sphinx?
– Fir-tree’s-sphinx? – Deal-tree’s-sphinx?). –
S. legittima, avente pur sempre l’ali intiere, o
non frastagliate, sul margine, e di colore grigio
bianchiccio, quasi chi dicesse incanutite, col lembo
loro marginale posteriore macchiato di bianco, e
coll’ abdomine di color fosco, o bruno scuro, or-
nato poi di cinture o fascie bianche. (Vedi Roesel.
Vol. I. Nachtvögel I. Tab. 6.).
Riesce dessa comune molto anche fra noi nei
Pinetaj, e soprattutto poi nelle selve di Larici,
ne’ quali il Bruco o la Larva di questa Sfinge, che
suole abitarne la cima più alta, reca non di rado
danni gravissimi.
SPECIE 11. Sfinge delle Stellate, o anche
il Moro-sfinge, o la Sfinge dalla coda di pic-
cione, o finalmente la Sesia delle Stellate
(S. Stellatarum – Sesia stellatarum di Fabri-
cius: fr. le Moro-sphinx – la Sésie des Ru-
biacées – la Sésie des plantes étoilées – le
Sphinx queue-de-Pigeon?: ted. der Taubensch-
wanz – Karpfenkopf: ing. the Pigeon’s tail-
sphinx?). – S. legittima, avente, in certo tal
qual modo, la barba in sull’ abdomine, colle parti
[Seite 423] sue laterali screziate o variegate di bianco e di
nero, e coll’ ali posteriori di colore ferrugineo.
(Vedi Roesel. Vol. I. Nachtvögel I. Tab. 8.).
È dessa indigena eziandio fra di noi, ove fre-
quenta appunto le Rubiacee, le piante Stellate, e
simili.
SPECIE 12. Sfinge della Filipendula, o la
Sfinge della Spirea filipendula, o finalmente
anche la Zigena della Filipendula (S. Filipen-
dulae – Zygaena fìlipendulae di Fabricius: fr. le
Sphinx de la Filipendule – la Zygéne de la Spi-
rée filipendule: ted. die Zirkelmotte: ing. the
Circle-moth? – Circle-sphinx?). – S. adottiva,
avente l’ali superiori o principali di colore cia-
neo o turchiniccio, con sopravi sei punti rossi di-
stinti, e l’altre due rosse tutte quante, e senza
alcuna macchia. (Vedi Roesel. Vol. I. Nachtvögel II.
Tab. 62.).
È dessa pure indigena fra noi, e frequenta, più
volentieri che qualsivoglia altra pianta, appunto la
così detta Spirea filipendula (Spiraea filipendula).
SPECIE 13. Sfinge Fegea, o la Sfinge delle
corteccie, e meglio poi ancora la Zigena della
Quercia (S. Phegaea – Zygaena quercus di Fa-
bricius: fr. le Sphinx à ceinture jaune – le
Sphinx de l’écorce de chêne – la Zygéne du
chêne: ted. die Ringelmotte: ing. the oak’s
Sphinx – oak’s Moth?). S. adottiva, in com-
plesso tutta quanta di colore [...], colle
[Seite 424] ali principali portanti sei diversi punti ben di-
stinti, che pajono quasi pertugi, o vogliansi dire
finestruole, mentre l’altre due non portano se non
due punti consimili cadauna, e con una cintura
gialla in sull’ abdomine.
È indigena anch’ essa fra noi, ove frequenta,
più che altro, appunto le Roveri, ossiano le Quer-
cie (Quercus robur).
GENERE XLV. Falena, Farfalla notturna (Pha-
laena: fr. Phaléne – Papillon de nuit: ted.
Nachtvögel: ing. Moth). Gl’ Insetti compresi in
questo genere hanno, secondo che si suol dire, se-
tacee e filiformi, o come se fossero fila di seta, le
loro antenne, assottigliantisi insensibilmente, e per
gradi, sempre più, quasi a modo di un subbio o
d’una lesina, a misura che, partendo dalla base,
vanno procedendo verso la punta. – Quando poi
essi rimangonsene in istato di quiete, l’ali ne sono
sempre in certo tal qual modo subaperte ad un
tempo, deflesse, e declivi, o volgenti alquanto al-
l’ingiù, a foggia quasi del così detto doppio pio-
vere de’ nostri tetti.
Il genere delle Falene è, senza contrasto, il più
numeroso di tutti quanti i generi degl’ Insetti. Le
Larve, generalmente parlando, ne sogliono essere
quasi tutte quante pelose, e quando si trasfor-
mano in Crisalidi, il fanno nascondendosi, indi-
viduo per individuo, in una tal quale buccia co-
me di [...] disposta,
[Seite 425] che chiamiamo usualmente Bozzolo o Follicolo,
(Folliculus), e talora tra noi più trivialmente Ga-
letta, appunto per la preparazione del quale ten-
gono desse lungo il filone della schiena, e per di
sotto, in vicinanza del ventricolo, pronta una ap-
propriata materia vischiosa per entro a due pic-
coli otri budelliformi, la quale, per mezzo d’un
apposito tubo o condotto, che apresi appunto in
queste Larve presso alla bocca, ma alquanto al-
l’ indietro, esce poi nella forma d’un filamento
continuo, in sommo grado fino e sottile, il quale
rappigliasi sul momento, e si fa tosto resistente a
segno di poterle servire a differenti usi, e fra gli al-
tri a quello a bastanza importante di concedere al-
l’ Insetto di calarsi giù con esso, senza cadere, a quel
modo che veggiamo talora così praticare i Ragni1.
Questi così fatti ricoveri, involucri o covili in-
dividuali degli Insetti di questo genere, riescono
meritevoli sempre di speciale attenzione, sia in
certe specie, come, per esempio, nella Falena pa-
vonia, o nel Pavone notturno (Phalaena pa-
vonia), a motivo della ingegnosissima loro strut-
tura, sia in certe altre specie, come a dire so-
prattutto nella [...] del Gelso, o nel così detto
[Seite 426] Baco da seta (Phalaena mori), a motivo della
utilità di che ci sono, o degli indicibili vantaggi
che ci somministrano.
Le Falene, che per lo più non usano andar
attorno, attendere alle cose loro o svolazzare, se
non in tempo di notte, sono state da Linneo, col
solito suo ingegno, distribuite nelle seguenti otto
diverse famiglie:
A. Falene Attaci (Phalaenae Ataci: fr. les
Phalénes à miroir: ted. die Spiegel-nachtschmet-
terlinge: the mirror’s Mothes), aventi l’ali aperte
e poste in pendìo (alis patulis inclinatis); e que-
ste suddividonsi in
a) Pettinicorni (Pectinicornes: fr. Pectinicor-
nes), che hanno l’antenne pettiniformi, o con-
formate a foggia di pettine.
b) Seticorni (Seticornes: fr. Seticornes), che
hanno l’antenne filiformi setacee, o come se
fossero fila di seta.
B. Falene Bombici (Phalaenae Bombyces: fr.
les Phalénes bombyces: ted. die Bombyx-nacht-
schmetterlinge: ing. the Bombyx-mothes), aventi
l’ali incumbenti, o cadenti all’ ingiù penzoloni
quasi fino a terra, e l’antenne pettiniformi, o
conformate a foggia di pettine; e queste suddi-
vidonsi in
a) Elingui (Elingues: fr. Elingues), ch’ è quanto
dire mancanti affatto di lingua chiaramente spi-
rale, ed in
b) Spirilingui (Spirilingues: fr. Spirilingues), o
munite della così detta lingua, ravvolta spiral-
mente in sè stessa.
C. Falene Nottue (Phalaenae Noctuae: fr.
les Phalénes noctuelles: ted. die eigene Nacht-
schmetterlinge: ing. the night’s Mothes), aventi
l’ali incumbenti, come le Bombici, e l’antenne
filiformi e setacee, o come se fossero fila di seta, ma
non mai pettiniformi, o conformate a pettine; e
queste suddividonsi, appunto come le Bombici, in
a) Elingui (Elingues: fr. Elingues), ed in
b) Spirilingui (Spirilingues: fr. Spirilingues).
D. Falene Geometre (Phalaenae Geometrae:
fr. les Phalénes géomètres – les Phalénes arpen-
teuses: ted. die Fliedervögel?: ing. the geometri-
cal Mothes), aventi l’ali aperte affatto, e situate
orizzontalmente anche quando stanno in perfettis-
sima quiete; e queste suddividonsi, come gli At-
taci, in
a) Pettinicorni (Pectinicornes: fr. Pectinicornes),
ed in
b) Seticorni (Seticornes: fr. Seticornes).
E. Falene Tortrici (Phalaenae Tortrices: fr.
les Phalénes tordeuses – les Phalénes tortrices:
ted. die wolldreheren Nachtvögel? – Wolldrehe-
rinnen? – e talora anche, sebbene troppo impro-
priamente, die Blattwickleren?, questo nome do-
vendosi riserbare alla seguente specie: ing. the
wringing Mothes?), aventi l’ali talmente ottuse,
[Seite 428] che per poco direbbonsi quasi tronche o rintuz-
zate, col lembo marginale esteriore curvilineo.
F. Falene Piralidi (Phalaenae Pyralides: les
Phalénes pyralides: ted. die Blattwickleren? –
pyraliden Nachtvögel?: ing. the Pyralis-mothes?),
aventi l’ali tra di loro conniventi all’ insù, in
modo da rappresentare, meglio che altra cosa,
una forbice deltoidea (alis conniventibus in figu-
ram deltoideam forficatam).
G. Falene Tignuole (Phalaena Tineae: fr.
les Phalénes teignes: ted. die eigene Mötte –
Mötte-nachtvögel?: ing. the proper Mothes), aventi
l’ali ravvolte sopra di sè stesse, o convolute quasi
in una massa o in un volume cilindrico, e colla
fronte alquanto prominente.
H. Falene Alucite (Phalaenae Alucitae: fr.
les Phalénes alucites: ted. die aluciten Nacht-
vögel?: ing. the Alucit-mothes?), aventi l’ali
come chi dicesse digitate, o conformate alla fog-
gia delle dita d’una mano, e fesse infino alla
loro base.
Seguono le Specie delle Falene:
SPECIE 1. Falena Atlante (P. Atlas – Bom-
byx atlas di Fabricius: fr. l’Atlas – la Phaléne
Atlas: ted. der Atlas? – Atlas-nachtvögel: ing.
the Atlas – Atlas-moth?). – Falena Ataco petti-
nicorne elingue, avente l’ali falcate, o confor-
mate a modo d’una falce, tutte quante del me-
desimo colore gialliccio screziato, a meno d’una
[Seite 429] macchia, o quasi direbbesi, d’una finestruola so-
vra cadauna; con questo di più poi, che sull’ ali
maggiori o superiori pare che, di così fatte mac-
chie o finestruole, siavene invece una e mezzo
(alis falcatis concoloribus luteo-variis, macula fe-
nestrata, superioribus sesquialtera). (Vedi Sibilla
Merian. Insectes du Surinam. Tab. 32.).
È dessa indigena, tanto dell’ Indie orientali,
quanto delle occidentali. – Le ali ne riescono ben
più ampie di quello che nol siano quelle delle nostre
Nottole comuni, o del nostro così detto Pipistrello
murino (Vespertilio murinus), ma il corpo n’è
invece a confronto piccolissimo. – Del Bozzolo,
così di questa, come eziandio di qualche altra spe-
cie di grandi Falene, suole in più luoghi dell’ Im-
pero della China trarsi partito, preparandone quella
seta, che contraddistinguesi poi col nome di Seta
salvatica.
SPECIE 2. Falena Cecropia (P. Cecropia –
Bombyx cecropius di Fabricius: fr. la Phaléne
cecropienne?: ted. der Cecrops-nachtvögel?: ing.
the Cecrops-moth? – cecropian Moth?). –
F. Attaco pettinicorne elingue, avente l’ali con-
formate quasi a foggia di falce, e di color grigio,
con una fascia fulva o lionata, e con questo di più
poi, che le principali o superiori portano eziandio
ciascuna una macchia ferruginosa, secondo che suol
dirsi, ocellare, e rammentante, comunque da lon-
tano, l’idea in tal qual modo d’una finestruola.
(Vedi Abbot. Vol. I. Tab. 45.).
È dessa sempre esotica per noi, mentre non
rinviensi indigena che soltanto nell’ America set-
tentrionale1.
SPECIE 3. Falena Pavonia, o anche talora il
Pavone della Notte (P. Pavonia – Bombyx
pavonius di Fabricius: fr. le Paon de la Nuit:
ted. das Nachtpfauenauge: ing. the Pea-cock-
moth?). – F. Attaco pettinicorne elingue, avente
l’ali come arrotondate, di color grigio annebbiato
nel fondo, ma con qualche traccia di fascie, e
portanti ciascuna, quasi a foggia di finestruola,
una di quelle così dette macchie ocellari, in certo
tal qual modo ammiccante, od occhieggiante (ocello
nictitante subfenestrato). (Vedi Roesel. Vol. I. Nacht-
vögel II. Tab. 4 e 5.).
Dessa rinviensi talora indigena anche fra noi. –
Il bozzolo, ch’ essa approntasi, o, come usiamo
dire volgarmente, la sua Galetta, suol averne quasi
la forma d’un fiasco rotondo, che abbia il collo,
almeno in apparenza, aperto molto e troncato,
ma di cui l’ingresso sia poi così esattamente al
di dentro guardato da certi aculei, o vogliansi
dir spine, assai bellamente disposte, elastiche e con-
vergenti tutte quante come in una punta sporgente
[Seite 431] all’ infuora, che, giuntone il momento, allorchè
l’animaletto è divenuto Falena, o sia quando si
è desso trasformato in Insetto perfetto e dichiarato,
può benissimo uscirne egli, ma nessun altro Insetto
nimico sarebbe mai possibile che per quella mede-
sima via riuscisse a penetrarvi o ad intrudervisi1.
SPECIE 4. Falena Quercifoglia (P. Quercifo-
lia – Bombyx quercifolius di Fabricius: fr. la
Phaléne feuille-de-chéne: ted. das Eichblatt:
ing. the Oak’s leaf-moth?). – F. Bombice elin-
gue, avente l’ali come rovesciate (alis reversis),
mezzo coperte, dentate, e di colore ferruginoso, ma
nere poi sul lembo loro marginale posteriore. (Vedi
Roesel. Vol. I. Nachtvögel II. Tab. 41.).
È dessa indigena, e comune a bastanza fra di
noi, su pe’ roveri, o per le quercie. – Quando
essa se ne rimane in istato di perfetta quiete, que-
sta Falena, così scrignuta o gobba, com’ essa si
mostra, ha per verità un aspetto strano molto ed
anzi singolare.
SPECIE 5. Falena del Pino (P. Pini – Bom-
byx pini di Fabricius: fr. la Phaléne du pin –
la Piquante?: ted. der Kiefernspinner – e fin-
chè rimane in forma di Bruco o di Larva, die
Fichtenraupe – Föhrenraupe: ing. the Pine’s
moth?). – F. Bombice elingue, avente anch’ essa
l’ali come rovesciate (alis reversis), di color gri-
gio, con sopravi due strie piombine, o del color
grigio proprio della cenere (strigis duabus cine-
reis), oltre ad un punto bianco di figura trian-
golare. (Vedi Roesel. Vol. I. Nachtvögel II. Tab. 59.).
È dessa indigena anche fra noi ne’ pineti. –
La Larva ce ne offre uno de’ flagelli più terribili,
che si conosca, pel così detto Pino salvatico, o
per la Peccia (Pinus picea).
SPECIE 6. Falena Vinula (P. Vinula –
Bombyx vinulus di Fabricius: fr. la Phaléne vi-
nule – la Double-qûeue – la Qûeue-fourchue?:
ted. der Gabelschwanz – Hermelinvogel: ing.
the double-tailed Moth?). – F. Bombice elin-
gue, di colore nel fondo bianchiccia, ma tem-
pestata di punti neri, coll’ ali quasi rovesciate
(alis subreversis), venate ad un tempo, e striate
di bruniccio. (Vedi Roesel. Vol. I. Nachtvögel II. Tab. 19.).
È anch’ essa indigena qui fra noi. – Il Bruco
o la Larva di questa Falena ha un aspetto strano
e singolare, in grazia segnatamente della testa, che
ha grossa, pesante e ad un tempo come tronca
o rintuzzata, e delle due punte in che ne ter-
[Seite 433] mina la coda; punte, od appendici, che tengonte
quasi luogo d’un ultimo paro di zampettine po-
steriori. Questa Larva, quand’ è inseguìta, o co-
munque, quando è posta nella necessità di difen-
dersi1, ha potere di schizzare, appunto a tale effetto,
un sugo acre da un meato che scorgeglisi in sul
collo presso alla gola.
SPECIE 7. Falena del Faggio (P. Fagi –
Bombyx fagi di Fabricius: fr. la Phaléne du
hétre: ted. der Buche-nachtvögel?: ing. the beech-
tree’s Moth). – Falena Bombice elingue, avente
l’ali, quasi chi dicesse rovesciate (alis reversis),
di colore che sta tra il rufo, o bruno scuro, ed
il grigio di cenere, con due fascie gialliccie lineari
flessuose. (Vedi Roesel. Vol. III. Tab. 12.).
È dessa pure indigena qui fra noi, e frequen-
tissima appunto ne’ Faggeti. – La Larva di que-
sta Falena è affatto anomala anch’ essa, e può
dirsi conformata in un modo affatto strano e sin-
golare, con quelle sue lunghe zampette anteriori,
colle due punte di sostanza cornea che ne ten-
gono il luogo della coda, e così via discorrendo.
SPECIE 8. Falena del Morone, o anche la Fa-
lena del Gelso, la Falena del Baco da seta,
o il Bombice setifero propriamente detto (P. Mori
– Bombyx mori di Fabricius: fr. la Phaléne du
[Seite 434] ver à soie: ted. der Seidenwurm, finchè se ne rimane
allo stato, come suol dirsi, di Bruco, di Bigatto,
di Filugello, di Baco o di Larva; ma poi molto
più esattamente der Seidennachtvogel – Seiden-
nachtschmetterling?, quand’ è ridotto in Insetto
volante, perfetto o dichiarato: ing. the Silk-worm,
finch’ è pur sempre Baco, ma poi meglio assai
the silk-worm’s Moth, quando è divenuto ani-
male, giusta la propria natura sua, perfetto). –
F. Bombice elingue, avente l’ali come rovescia-
te, o voltate a rovescio (alis reversis), di co-
lore biancastro pallido, con sopravi tre striscie
lineari fosche o bruno-scure, e mezzo consunte,
oltre ed una macchia quasi a mezza luna. (Vedi
Roesel. Vol. III. Tab. 7 e 8., – e vedi eziandio Jac. L’Ad-
miral. Tab. 9.)
È dessa propriamente originaria della China1, e
d’altre consimili località affatto orientali; ma, stanti
le molte cure che si suole pigliarne, si può dire che
siasi dessa in certo tal qual modo adattata, non
solo al clima di questi nostri paesi, e segnata-
mente de’ più meridionali d’Europa, ove la col-
[Seite 435] tivazione, in grazia dell’ ottima seta che se ne trae,
è oggimai divenuta un argomento importantissimo
di pubblica e privata economia, ma eziandio a
quello dell’ America settentrionale, ove già da
qualche anno vassene a tutto studio tentando, e
non senza qualche buon successo, l’introduzione.
– Il Bombyx dell’ Assiria, di cui, con Plinio, parla
qualche altro Autore antico, è senza dubbio la
stessa nostra seta; ma a que’ tempi essa non per-
veniva in Europa se non di già bella e lavorata
od operata, e ridotta in drappi o in pezze di
stoffa, e l’Insetto, o il Baco da Seta, o il vero
Filugello non vi fu sicuramente recato prima dell’
epoca di Giustiniano Imperatore. – Quest’ Insetto,
dal momento del suo primo sbucciar dalla semenza
o dall’ uovo fecondato, suol rimanersene, per uno
spazio di sei in sette settimane, appunto nello stato
di Baco, di Filugello, di Cavaliere, di Bruco,
o per dire ancor meglio, di Larva, e durante
questo intervallo va soggetto a ben quattro diverse
mute, superate le quali finalmente esso si appronta,
racchiudendovisi per entro, un bozzolo, una buc-
cia, o un involucro, di natura sericea, or bianco,
ed ora giallo, che i Francesi chiamano Cocon,
e che in Lombardia dicesi usualmente Galetta, la
quale, quando di per sè sola pesa due grani e mezzo,
si trova esser composta d’un semplice filo di seta,
sottile a segno che ve ne vorrebbero da cent’ ottanta,
l’uno presso agli altri, per riempirne perfettamente
[Seite 436] lo spazio d’una linea, e lungo poi novecento buoni
piedi, o presso a trecento metri. Dopo d’essere
stato così imprigionato pel corso di tre settimane
nel suo bozzolo, l’Insetto n’esce alla perfine in
forma di Farfalla, o, per parlar più esatto, di Fa-
lena, vale a dire nel suo stato d’animale, giusta
la particolare natura sua, perfetto o dichiarato, e
in questo stato ne ha poi luogo l’accoppiamento
di sesso con sesso, in conseguenza del quale ogni
singola femina, che, posta a confronto col maschio,
ne riesce di gran lunga più voluminosa, depone
poscia a tempo debito da circa cinquecento ova,
destinate a schiudersi nelle primavera successiva,
quando cioè comincieranno a rivestirsi di frondici-
ne, o di fogliuzze verdi e dilicate, i Gelsi o Moroni
(Morus alba), che all’ Insetto, in ogni suo stato
in cui mangi, servono costantemente e quasi uni-
camente di cibo o d’alimento.
SPECIE 9. Falena Neustria, o anche il Bom-
bice neustrio, o la Falena anulare (P. Neustria
– Bombyx neustrius di Fabricius: fr. la Pha-
léne annulaire – le Bombyx de Neustrie, e per
taluni la Livrée des arbres?: ted. die Ringelraupe,
finchè l’Insetto se ne sta in forma di Bruco o
di Larva, ma poi die Ringelmotte, quand’ è pas-
sato allo stato d’Insetto perfetto e dichiarato:
ing. the annular Moth? – Ringmoth?, e per al-
cuni the Lackey?). – F. Bombice elingue, avente
l’ali come rovesciate, e portanti al di sopra, quasi
[Seite 437] chi dicesse, una fascia e mezza, mentre per di
sotto non ne hanno che una soltanto (alis rever-
sis: fascia sesquialtera; subtus unica). (Vedi Roesel.
Vol. I. Nachtvögel II. Tab. 6.).
È dessa indigena, e comune anche di troppo
fra di noi, ove, finchè stassene in forma di Bruco
o di Larva, riesce, al pari della specie qui sotto
immediatamente successiva, uno degli Insetti no-
strani i più decisamente nocivi. – Le femine di
questa sorte di Falena usano depositare le loro
ova, seguentisi assai da presso, in una linea spi-
rale, e quasi anulare, tutt’ all’ intorno di qualche
ramo.
SPECIE 10. Falena Pitiocampa, o anche la Fa-
lena de’ Pineti, o il Bombice del Pino (P. Pi-
tyocampa – Bombyx pityocampus di Fabricius:
fr. la Phaléne pityocampe – la Phaléne du pin
– le Bombyx du pin: ted. der Fichtenbohrer –
die Fichtenmotte, e talora anche, sebbene troppo
impropriamente, der Fichtenspinner, come vedrassi
parlando della specie seguente: ing. the Pine-
tree’s Moth?). – F. Bombice elingue, avente
l’ali di color grigio nel fondo, con tre striscie
alquanto più scure; l’ali posteriori e minori ne
riescono però sensibilmente più pallide in con-
fronto; l’Insetto porta poi inoltre come un punto
fosco o bruno scuro presso all’ ano.
Essa è indigena anche fra noi, e danneggia
sempre gravissimamente, o anzi devasta e rovina,
[Seite 438] ogni maniera d’alberi resinosi, o come suol dirsi,
ragiosi.
SPECIE 11. Falena Caja, o il Bombice Cajo,
o anche la Falena-martora, o la Falena ursina
(P. Caja – Bombyx cajus di Fabricius: fr. la
Phaléne-marte, e quindi poi la Chenille-marte,
volendo indicarne particolarmente la Larva: ted.
die haarige Raupe – schwarze Bärenraupe, finchè
si tratti soltanto del Bruco, ma poi der Bärennacht-
vogel?, ovveramente die Bärenraupen motte? ove
intendasene l’Insetto perfetto: ing. the Caja-moth?).
– F. Bombice elingue, avente l’ali deflesse, o
spiegate e rivolte alquanto all’ ingiù, con declivio
analogo a quello che usiamo dare a’ nostri tetti, e
del resto poi fosche in complesso, o di color bruno
carico, con sopravi alcune striscie anfrattuose bian-
che; se non che le inferiori ne riescono invece nel
fondo di un colore rosso purpureo, e tempestate
di punti neri (alis deflexis fuscis; rivulis albis in-
ferioribus purpureis nigro punctatis). (Vedi Roesel.
Vol. I. Nachtvögel II. Tab. 1.).
È dessa pure indigena, e non infrequente an-
che tra noi.
SPECIE 12. Falena monaca, o anche soltanto
la Monachella (P. Monacha – Bombyx mona-
chus di Fabricius: fr. la Nonne – la Phaléne
nonne: ted. die Nonne – e talora anche questa
der Fichtenspinner, come si è già detto per la
precedente Falena pitiocampa, sebbene anche qui
[Seite 439] sempre troppo impropriamente, dovendosi riser-
bare quest’ ultimo nome tedesco, ond’ indicarne
la susseguente Falena piniaria: ing. the Nun-
moth?). – F. Bombice elingue, avente l’ali de-
flesse, ed oppostamente declivi, le superiori delle
quali, o le maggiori, sono in fondo bianche, ma
variegate di nero cupo, a macchie distribuitevi so-
pra in forma d’onde; con questo poi di più, che
quelle suture o commissure, che ne marcano in
tal modo le diverse sezioni dell’ abdomine, ne rie-
scono di colore sanguigno, o rosso cruento. (Vedi
Jördens Geschichte der kleinen Fichtenraupe. Fig. 17, 18 e 19.).
Rinviensi essa pure indigena, e frequente anche
di troppo, fra noi, ove infesta nelle selve i Pini,
i Larici, gli Abeti, e in somma gli alberi ragiosi,
a’ quali reca danni bene spesso gravissimi.
SPECIE 13. Falena dispari, o il Bombice di-
spari (P. Dispar – Bombyx dispar di Fabri-
cius: fr. la Phaléne dissemblable? – la Phaléne
hétéroclyte? – la Phaléne zigzag? – o anche
soltanto le Zigzag?: ted. die Zickzackraupe,
finchè non trattasi che soltanto della Larva, ma
poi der Zickzackspinner?, quando s’intenda d’in-
dicarne l’Insetto volante, perfetto o dichiarato:
ing. the unlike Moth? – Zigzag? – Gipsy-
moth?). – F. Bombice elingue, avente anch’ essa
l’ali, quanto alla sua forma e disposizione, de-
flesse, ed inclinate quelle d’una parte in oppo-
sizione con quelle dell’ altra, a modo quasi del
[Seite 440] così detto piovere de’ nostri tetti; con questo di
più poi, che ne’ maschi riescono desse nel fondo
di color grigio, ma come annebbiate da nubecole
fosche o di color bruno scuro, mentre nelle femine
sono in pieno bianchiccie, con alcune sgorbiature, o
macchie affatto irregolari nere. (Vedi Roesel. Vol. I.
Nachtvögel II. Tab. 3.).
É indigena essa pure fra noi, e vien chiamata
dispari, a motivo soprattutto della diversità ri-
marchevolissima che passa tra gl’ individui ma-
schi, e gli individui femine, tanto a riguardo
della generale conformazione, quanto eziandio a
riguardo della loro grandezza relativa.
SPECIE 14. Falena Crisorea, o il Bombice
crisoreo, o la Farfalla del Bruco nero d’in-
verno (P. Chrysorhoea – Bombyx chrysorhoeus
di Fabricius: fr. la Phaléne chrysorhée – la
Phaléne de la chenille noire d’hyver: ted. die
schwarze Winterraupe, finchè non intendasi par-
lare che soltanto della sua Larva, ma poi der
schwarzen Winterraupenachtvogel, quando vo-
gliasi indicarne l’Insetto volante perfetto: ing. the
fruit-tree’s gilded Moth?). – F. Bombice elin-
gue, avente essa pure l’ali deflesse, o declivi l’una
in senso opposto coll’ altra, e di colore bianchic-
cio, con gialla ad un tempo, e barbata l’estrema
punta dell’ abdomine. (Vedi Roesel. Vol. I. Nachtvö-
gel II. Tab. 22.).
È dessa indigena, e frequente anche troppo
[Seite 441] fra di noi, ove il Bruco o la Larva, che sbuccia
dall’ uovo in autunno, e passa in numerose asso-
ciazioni tutto l’inverno in buccie cotonnose, for-
mate in gran parte di foglie appassite, e fisse sui
ramicelli, ne riesce uno degl’ Insetti più nocivi
che si conosca, segnatamente per i così detti Frut-
taj, o per gli alberi da frutta. – In Lombardia
vengono queste Larve chiamate, con nome com-
plessivo, i Gattinn, ed ivi, come anche altrove
in moltissimi luoghi, diventano tanto più dannose,
in quanto che il freddo invernale il più intenso
non ne fa perire pur una.
SPECIE 15. Falena Antica, o anche il Bom-
bice antico (P. Antiqua – Bombyx antiquus
di Fabricius: fr. la Phaléne antique? – la Pha-
léne ancienne? – la Phaléne étoilée? – le Bom-
byx ancien?, e parlandosi unicamente della Larva,
anche talora la Chenille-à-brosses du Prunier?:
ted. der uralte Nachtvogel – alle Nachtfalter?
– Sonderling?: ing. the ancient plum-tree’s
Moth? – Vapourer?). – F. Bombice elingue,
avente l’ali quasi affatto piane, o poste orizzon-
talmente, delle quali le superiori, essendo di co-
lore ferrugineo, portano poi una mezzaluna bianca
in sul loro angolo posteriore. (Vedi Roesel. Vol. I.
Nachtvögel II. Tab. 39.).
È dessa indigena anche fra di noi. – Le fe-
mine ne mancano dell’ ali.
SPECIE 16. Falena ceruleocefala, o la Fa-
[Seite 442] lena dalla testa turchiniccia, o anche il Bom-
bice cap’ azzurro (P. Caeruleocephala – Bom-
byx caeruleocephalus di Fabricius: fr. la Pha-
léne céruleocéphale? – la Phaléne à tête bleue?:
ted. der Blaukopfnachtvogel?: ing. the Blue-
head-moth?). – F. Bombice elingue, portante
una maniera di cresticina turchiniccia in sul capo,
ed avente l’ali deflesse come le specie prece-
denti, e di color grigio, ma sopra tempestate di
stimite bianchiccie, coadunate, o riunite per masse
irregolari. (Vedi Roesel. Vol. I. Nachtvögel II. Tab. 16.).
È dessa pure indigena, e frequente anche di
troppo fra noi, ove, al pari d’alcuna delle specie
qui sopra descritte, nuoce anch’ essa moltissimo
alle nostre piante di frutta.
SPECIE 17. Falena Cosso, o la Falena sciu-
palegno, o anche il Cosso guastalegna, il Cosso
sperdilegno, il Cosso della quercia, o finalmente
il Cosso ligniperda (P. Cossus – Cossus ligni-
perda di Fabricius: fr. la Phaléne du saule –
la Phaléne du chéne – la Rongeuse du bois
– la Phaléne gâte-bois – le Cossus gâte-bois
– le Cossus ligniperde: ted. der Weidenbohrer
– Weidenraupenachtvogel: ing. the Cossus –
Goat?). – F. Bombice elingue, avente essa pure
l’ali deflesse, e come chi dicesse annebbiate o ne-
bulose, con inoltre una fascia nerissima posterior-
mente sul torace, e colle antenne formate a fog-
gia quasi di lamelle (antennis lamellatis). (Vedi
Roesel. Vol. I. Nachtvögel II. Tab. 18.).
È dessa indigena, e frequente anche troppo fra
di noi, ove segnatamente la sua Larva sciupa, fa-
cendone strazio davvero, devasta e rovina, non
meno il Rovere, e parecchie altre Quercia, che
il Salcio, e molte altre piante arboree atte a som-
ministrarci ottimo legname da costruzione. – Gli
è precisamente la Larva di quest’ Insetto quella,
che assunse di notomizzare Lyonnet; nel che fare
adoperossi poi egli con tale maestria, da doversi rite-
ner veramente come superiore ad ogni encomio. –
Se ne sta dessa, come già annunciammo, ora su pei
Roveri, o su per qualche altra Quercia, ed ora su
per gli Olmi, e via discorrendo, ma più volon-
tieri ancora, e quindi ben più di spesso, su pei
Salici, divorandoli per ogni verso, a segno tale che
entro brevissimo tempo, o ne periscono in piedi,
o ne rimangono poi così fievoli, che alla prima
procella, al primo uracano, o al primo spirar
d’un vento un po’ forte, è forza ne cadano atter-
rati. Il danno, già di per sè sempre gravissimo,
che questa Larva cagiona ne’ boschi agli alberi
infestatine, viene ancora a dismisura cresciuto, in
grazia di ciò che, a differenza di quasi tutti quanti
i così detti Tarli, o le Tarme, o le Larve del-
l’ altre Falene, questa passa in questo medesimo
stato di Bruco, o di Larva, tre intiere annate, pri-
ma che giunga per essa il tempo di ridursi in Cri-
salide; tanto più poi ch’ essa è anche dotata di tale
vitalità, o tenacità di vita, da potere, come risulta
[Seite 444] da sperienze fattene, reggere benissimo una buona
mano d’ore nel così detto vacuo o vuoto Boy-
leano, senza risentirne alcun nocumento, e da po-
terla durare benissimo, rimanendo talora continua-
mente, nel forte della state, immersa affatto sot-
t’ acqua, anche pel corso di tre intiere settimane.
È inoltre cosa degna d’esser notata, che la Cri-
salide di questa Falena è suscettibile di muoversi
da luogo a luogo; così che, quando avvicinasi il
tempo in cui debbe poi sbucciarne l’Insetto per-
fetto o dichiarato, dessa va mano mano pratican-
dosi, dalla parte centrale del tronco, una ma-
niera di cunicolo interiore, o quasi direbbesi una
via coperta, per entro alla sostanza stessa del le-
gno, fino alla scorza dell’ albero, d’onde poi esce,
forando anche questa, giunta che sia l’epoca di
sua ultima trasformazione.
SPECIE 18. Falena della Gramigna, o anche
il Cosso della Gramigna (P. Graminis – Cos-
sus graminis di Fabricius: fr. la Phaléne du gra-
men – le Cossus du gramen: ted. der Gras-
bohrer – Grasraupenachtvogel: ing. the Cow-
grass-moth?). – F. Bombice spirilingue, avente
l’ali depresse, in complesso di colore grigio, ma
con sopra marcatavi una striscia lineare trifida o
triforcuta, ed anche un punto, ogni cosa di co-
lor bianchiccio. (Vedi l’opera già citata = Schwedisch.
Abhandl. pel 1742. Tab. 2.).
È indigena anch’ essa tra di noi, e in qualche
annata nuoce gravissimamente alle praterie.
SPECIE 19. Falena dell’ Ischio, o la Falena
dell’ Ippocastano, o anche il Cosso dell’ Ischio,
e meglio ancora il Cosso dell’ Ippocastano (P.
Aesculi – Cossus aesculi di Fabricius: fr. la Pha-
léne du Marronier d’Inde – le Cossus de l’Ae-
scule – le Cossus de l’Hippocastano – le Cossus
du Marronier d’Inde – la Noctuelle du Marro-
nier d’Inde: ted. der wilden Kastanienbaums
Nachtvögel? – Rosskastanienbaumbohrer – Ross-
kastanienbaums Dämmerungsfalter?: ing. the In-
dian chesnut-tree’s Moth? – Hippocastanum’s
Moth?) – F. Nottua elingue, liscia, nuda e can-
dida, avente l’antenne più corte di quello che non
riescane il torace, coll’ ali tempestate da un gran
numero di macchiettine o di punti di color nero
turchiniccio, mentre di questi così fatti punti non
se le ne contano che sei soli in sul torace.
È dessa indigena anche fra noi, ove frequenta
in particolare l’Ischio, l’Olmo e l’Ippocastano?
SPECIE 20. Falena del Luppulo, o anche la
Falena dell’ Umulo, o l’Epialo del Luppulo
(P. Humuli – Hepialus humuli di Fabricius: fr.
la Phaléne de l’houblon – l’Hépiale de l’hou-
blon: ted. der Hopfenbohrer?: ing. the Hops-
moth?) – F. Nottua elingue, di color fulvo o lio-
nato, coll’ antenne più brevi del torace. – Il ma-
schio solo ne ha l’ali bianco-candide.
È dessa pure indigena anche fra noi, ed infesta
[Seite 446] segnatamente il Luppulo (Humulus luppulus),
detto volgarmente in Lombardia ’l Luvertis.
SPECIE 21. Falena la Sposa, o la Falena pat-
tuita, o anche la Falena fidanzata, che potrebbe
dirsi, alla maniera Veneziana, la Falena novizza
(P. Pacta – Noctua pacta di Fabricius: fr. la
Phaléne fiancée: ted. die Braut-motte?: ing. the
bride Moth?) – F. Nottua spirilingue, avente in
sul capo una maniera di cresticina, coll’ ali an-
teriori, in pieno, d’un colore che volge al gri-
gio, mentre le inferiori ne son rosse, con sopravi
due fascie nere, e coll’ abdomine rosso per di so-
pra (abdomine supra rubro).
È indigena anch’ essa fra di noi.
SPECIE 22. Falena Meticulosa, o anche la
Nottua paurosa (P. Meticulosa – Noctua meti-
culosa di Fabricius: fr. la Phaléne méticuleuse:
ted. der ängstliche Nachtvogel – der Achatflü-
gel? ing. the fearfull Moth?) – F. Nottua spiri-
lingue crestuta, coll’ ali, quasi chi dicesse, corrose
e pallide, ad eccezione delle superiori, che ne rie-
scono di color carnicino od incarnato presso alla
base, e che contengono una maniera di triangolo
bruno scuro o fosco.
È questa pure indigena fra noi, ove frequenta
indistintamente ogni sorta di civaje, d’erbaggi edu-
li, o di piante oleracee, ma più d’ogni altra cosa
poi le fragole (Fragaria vesca).
SPECIE 23. Falena Piniaria, o veramente la
[Seite 447] Falena del Pino, o la Falena de’ Pini, o anche
la Falena geometra (P. Piniaria: fr. la Phaléne
du pin – l’Arpenteuse du pin – la Phaléne géo-
mètre piniaire: ted. der eigene Fichtenspinner –
e bene spesso poi die Spannraupe, come dicesi
anche di quasi tutte l’altre Falene geometre, fin-
chè rimangonsene allo stato di Larve, e soprat-
tutto se in questo stato usino di vivere in tal qual
modo in società: ing. the geometrical pine-tree’s
Moth?) – F. Geometra pettinicorne, avente l’ali
fosche, o bruno-scure nel fondo, ma macchiate
di giallo, e per di sotto poi nebulose, con due
fascie di color fosco, o bruno scuro, come sopra.
È indigena anch’ essa fra noi, ove spesso rie-
sce, quasi al pari d’alcune delle specie summen-
zionate, di grave nocumento a’ boschi di Pini.
SPECIE 24. Falena Wavaria, o la Falena
del Ribes, la falena della Grossularia (P. Wa-
varia: fr. la Phaléne du Groseiller – l’Arpen-
teuse du Groseiller, – e talora eziandio, almeno
finchè stassene allo stato di Larva, sopra e per
entro al Ribes e alla Grossularia, la Mite du Gro-
seiller?; nome che dassi anche in tal caso alla
specie seguente, sebbene diversifichi assai da quella
di cui è qui ora discorso: ted. die aschgraue
Johannisbeeren-motte? – der aschgraue Stachel-
beeren Nachtvogel?: ing. the ashgrey Gooseberry’s
Moth?) – F. Geometra pettinicorne, avente l’ali
cenerognole, o quasi chi dicesse del colore del
[Seite 448] piombo, le anteriori delle quali portano quattro
fascie nere, accorciate e disuguali. (Vedi Roesel.
Vol. I. Nachtvögel III. Tab. 4.).
È dessa indigena anche fra di noi, e frequenta
con marcata predilezione i cespugli di Ribes, co-
me l’Uvaspina, la Grossularia spinosa, e simili.
SPECIE 25. Falena Grossulariata, o la Fa-
lena dell’ Uvaspina (P. Grossulariata: fr. la Pha-
léne du Groseiller épineux?: ted. der blassgraue
Stachelbeerenböhrer? ing. the pale grey currant’s
Moth?) – F. Geometra seticorne, avente l’ali
bianchicce, tempestate di macchie nere e, quan-
to alla forma, tondeggianti, se non che poi sulle
anteriori scorgonvisi anche alcune striature gial-
lognole. (Vedi Roesel. Vol. I. Nachtvögel III. Tab. 2.).
È pur dessa indigena anche fra di noi, e fre-
quenta a un di presso le medesime piante, o vo-
gliasi dire gli stessi arboscelli fruttiferi, che suol
frequentare la specie precedente.
SPECIE 26. Falena Brumata, o anche la Fa-
lena invernale (P. Brumata: fr. la Phaléne de
la gelée – la Phaléne du givre: ted. der Frost-
schmetterling – Blüthenwickler, – e finchè stas-
sene in forma di Larva, bene spesso anche die
Spannraupe, al pari di quasi tutte l’altre Falene
Geometre, come poco sopra accennammo: ing. the
Frost-moth?) – F. Geometra seticorne, avente
l’ali di color grigio bruniccio scuro, con una stri-
scia nera, quasi a modo di solco, in sulle poste-
[Seite 449] riori, che del rimanente ne riescirebbono alquanto
più sbiadate, in confronto colle anteriori (alis gri-
seo-fuscis: striga nigra postice pallidioribus;) –
Le femine ne riescono sempre aptere o mancanti
affatto d’ali. (Vedi Reaumur. Tom. II. Tab. 30.).
È questa indigena, e frequente anzi di troppo,
anche fra noi, e può ritenersi come uno degl’ In-
setti che cagionano i più gravi danni alle nostre
piante da frutta. – La femina, aptera sempre,
come già s’ è detto, ne ha per costume di deporre
le sue ova nelle gemme florali della pianta frut-
tifera, ossia per entro a’ così detti Bottoni de’ fiori.
SPECIE 27. Falena Viridana, o la Falena
verde, la Piralide viridana (P. Viridana – Py-
ralis viridana di Fabricius: fr. la Phaléne verte
– la Pyralide verte: ted. der grüne Nachtvogel?:
ing. the green Moth?) – F. Tignuola, avente
l’ali in figura di rombo, le superiori delle quali
riescono tutte affatto di color verde, senz’ alcuna
macchia. (Vedi Roesel. Vol. I. Nachtvögel IV. Tab. 3.).
Rinviensi anch’ essa indigena, e non gran fatto
infrequente, fra di noi.
SPECIE 28. Falena farinale, o anche la Pi-
ralide farinale, o la Tarma della farina, la
Tignuola della farina, o finalmente il vero Ton-
chio della farina (P. Farinalis – Pyralis fari-
nalis di Fabricius: fr. la Phaléne de la farine
– la Pyralide de la farine – la Teigne de la fa-
rine: ted. die Mehlmotte?; – das Mehls Feuer-
[Seite 450] thierchen?: ing. the meal’s Moth?) – F. Pira-
lide, avente i palpi curvati all’ indietro (palpis
recurvatis), coll’ ali pulite e lustre o lucenti, ma
d’un colore bruniccio nel fondo, con sopravi al-
cune striscie bianchicce, a modo di solchi fles-
suosi, frammezzo alle quali scorgesi interposta un’ a-
rea, una macchia larghetta, o in somma uno spazio
di color glauco (albis, ma ritenghiamo alis po-
litis fuscescentibus, strigis repandis albidis area
interjecta glauca. (Vedi Clerck. Phalaenae. Tab. 2.
Fig. 14.).
È dessa indigena anche fra noi, e frequente so-
prattutto nella farina di frumento.
SPECIE 29. Falena Erciniana, o anche la Fa-
lena dell’ Harz, la Piralide della Selva Ercinia,
la Tarma pinivora della Selva ercinia (P. Her-
cyniana – Pyralis Hercyniana di Uslar e d’altri:
fr. la Phaléne du Harz – la Pyralide pinivore
du Harz: ted. die Harz-phaläne? – Harz-
fichtenmotte? – der Fichtenwickler vom Harz?:
ing. the pine-tree’s Moth of the Harz?) – F.
Piralide, avente l’ali superiori di color bruno o
fosco, con sopravi una fascia bianchissima, quasi
direbbesi interrotta, oltre a diverse altre mac-
chiette candide del pari; l’ali posteriori ne rie-
scono invece di color piombino chiaro, o piuttosto
del color grigio proprio della cenere. (Vedi J. von
Uslar. Pyralis Hercyniana. Fig. a.b.c.).
È dessa indigena, generalmente parlando, delle
[Seite 451] località ove hannovi foreste vistose di Pini; ma
rinviensi poi frequentissima soprattutto ne’ vasti
Pineti dell’ Harz, o della selva Ercinia, e quindi
appunto se n’è tratto il nome specifico.
SPECIE 30. Falena Pinetella, o anche il Cram-
bo del pino, la Tarma del pino, o più volgar-
mente poi la Tignuola del pino (P. Pinetella
– Crambus pineti di Fabricius: fr. la Phaléne
du pin – la Teigne du pin – la Teigne du sa-
pin – e meglio poi ancora le Crambe des pins:
ted. der Fichten Crambus?: ing. the Pine-tree’s
Crambus?) – F. Tignuola, avente l’ali superiori
giallognole, con sopravi due macchie argentine,
delle quali l’anteriore riesce bislunghetta alquanto,
mentre quella, che n’è posta più all’ indietro, riesce
di forma piuttosto ovale. (Vedi Clerck. Phalaenae.
Tab. 4. Fig. 15.).
Rinviensi anche tra noi, ove, come la specie pre-
cedente, frequenta singolarmente le selve di Pini
in fra le montagne.
SPECIE 31. Falena Pellionella, o anche la
Tarma delle pelliccie, la Tignuola delle pel-
liccie (P. Pellionella – Tinea pellionella di Fa-
bricius: fr. la Teigne pelletiére – la Teigne des
pelisses – la Phaléne des pelléteries: ted. die
Pelzmotte: ing. the Furr-skin’s Moth?) – F. Ti-
gnuola, avente l’ali grigio-chiare, quasi chi di-
cesse, canute, con sopravi un punto nero nel bel
mezzo; la testa ne riesce d’un color grigio an-
[Seite 452] cora sensibilmente più pallido di quello che non
ne siano l’ali. (Vedi Roesel. Vol. I. Nachtvögel IV.
Tab. 17.).
È dessa indigena, e frequentissima anche fra
di noi, segnatamente nelle Pelliccie, che talora ro-
vina, come sciupa bene spesso anche le pelli in-
tiere degli animali preparati, o come si suol dire,
imbalsamati, ad uso delle Ostensioni per le scuole
di Storia Naturale, o simili.
SPECIE 32. Falena Sarcitella, o la Tarma
de’ vestiti, la Tignuola de’ pannilani, e figura-
tamente quasi per ironia la Tignuola emendatrice,
e pe’ Lombardi poi Tarma mendadora, come ne
importerebbe in fatto il nome specifico latino
(P. Sarcitella – Tinea sarcitella di Fabricius:
fr. la Teigne du drap – la Teigne des habits
– la Phaléne des habits: ted. die Kleidermotte:
ing. the cloath’s Moth? – Woollen-moth?). –
F. Tignuola, avente l’ali del color grigio proprio
della cenere, con un punto bianco da ambe le
parti del torace.
È dessa indigena, e frequente anche di troppo
fra di noi, ove riesce talora ruinosa affatto pe’ pan-
nilani, e soprattutto pe’ vestiti che ne son fatti.
SPECIE 33. Falena Mellonella, o anche la
Falena del Miele, la Tignuola delle Api, la
Tarma delle Api, il Tonchio delle Pecchie, e
simili (P. Mellonella – Tinea mellonella di Fa-
bricius: fr. la Phaléne des Abeilles, la Teigne
[Seite 453] des Abeilles: ted. die Bienenmotte?: ing. the Bee’s
Moth?). – F. Tignuola, avente l’ali grigio-
bianchiccie, quasi chi dicesse, incanutite, se non
che poi nella loro parte posteriore riescono d’un
tal qual rosso porpora, con sopravi una striscia
bianca, rammentante, più che altro, un solco, e con
nero da per tutto lo scudetto, ad eccezione del-
l’ apice, che ne è bianco. (Vedi Roesel. Vol. III. Tab. 41.).
È anch’ essa indigena fra di noi, e può ben
dirsi uno de’ più terribili nemici che abbiano le
Pecchie, o le Api dal miele.
SPECIE 34. Falena Granella, o la Falena del
Grano, o la Tarma del Grano, o anche meglio
l’Alucita del Grano, e più comunemente poi,
ora la Tignuola bianca del Grano, ora il Ton-
chio del Frumento, ora il Tonchio del Grano,
ora il vero Punteruolo del Grano (P. Granella
– Alucita granella di Fabricius: fr. la Phaléne
des grains – la Teigne du froment – l’Alucite
du grain: ted. der Wolf – Kornwolf – weisse
Kornwurm: ing. the Corn-moth? – Wheet’s
Moth?). – F. Tignuola, avente l’ali tempestate
di macchiette nere e bianche, colla testa bianca
affatto. (Vedi Roesel. Vol. I. Nachtvögel IV. Tab. 11.).
È pur essa indigena, e frequente anche di troppo
fra noi ne’ granai, o in altri così fatti magazzini di
grani, ove si ficca per entro alle sementi, che ro-
sicchia, spoglia o sguscia, e sfrantuma, ond’ è poi
[Seite 454] che da’ danni accagionatine tosto se ne riconosce
la presenza1.
SPECIE 35. Falena Goedartella, o la Falena
del Goedart, o anche la Tarma dorata, la Ti-
gnuola dorata (P. Goedartella – Tinea Goe-
dartella di Fabricius: fr. la Teigne dorée – la
Phaléne dorée: ted. die Goldmotte: ing. the Gold-
moth). – F. Tignuola, avente l’ali d’uno splen-
dido giallo dorato, con sopravi due fascie bianco-
argentine, l’anteriore delle quali forma o descrive
un arco all’ innanzi, mentre la fascia posteriore
ne descrive uno all’ indietro. (Vedi Clerk. Phalaenae.
Tab. 12. Fig. 14.).
È anch’ essa indigena, e non gran fatto infre-
quente tra di noi.
SPECIE 36. Falena Linneella, o la Falena
di Linneo, o anche la Tarma argentina, la Ti-
gnuola d’argento (P. Linneella – Tinea Lin-
neella di Fabricius: fr. la Teigne de Linné: – la
Teigne argentée – la Phaléne argentée: ted. die
Silbermotte: ing. the Silver-moth.) – F. Ti-
gnuola, avente l’ali fosche, o bruno-scure, con
sopravi tre punti argentini quasi in rilievo. (Vedi
Clerck. Phalaenae. Tab. 11. Fig. 8.).
Anche questa rinviensi a bastanza di frequente
indigena fra noi.
SPECIE 37. Falena Pentadattila, o la Falena
dalle cinque dita, la Tarma quinquedigitata, il
Pteroforo pentadattilo, o finalmente l’Alucita
quinquedigitata (P. Pentadactyla – Pterophorus
pentadactylus di Fabricius: fr. la Phaléne penta-
dactyle – la Teigne aux cinq doigts – le Ptéro-
phore pentadactyle: ted. die Fünffeder – der
Fünffederflügler?: ing. the Five-feather-moth?). –
F. Alucita, avente l’ali apertissime, quasi direb-
besi, spalancate, e profondamente fesse in cinque
lembi o lacinie, che paragonansi alle dita d’una
mano, bianche quanto la neve, e col quinto dito
distinto, o assai bene isolato o manifesto.
È pur essa indigena fra di noi. – Le sue ali, così
profondamente divise, o anzi spaccate, come di-
cemmo, non poco contribuiscono a dare un aspetto
non comune a questa Falena, quale hannolo già,
per altri motivi, tutti quanti gli Insetti che entrano
a far parte della sua stessa famiglia.
Gl’ Insetti che racchiudonsi in quest’ Ordine,
piccolo assai, distinguonsi tosto, anche al
primo vederli, da tutti gli altri, in grazia
specialmente delle loro quattro ali mem-
branacee, reticolate o fatte, quasi direb-
besi, a graticcio, d’apparenza sempre dili-
catissima, e risplendenti il più delle volte
d’ogni maniera di colori assai vaghi. – La
loro Larva è costantemente munita di sei
piedi, o vogliansi dire zampettine.
GENERE XLVI. Libellula, e più volgarmente
poi Damigella (Libellula: fr. Demoiselle – Li-
bellule: ted. Wasserjungfer – Spinnejungfer –
Teufelsnadel: ing. Dragon-fly). Gl’ Insetti che com-
prendonsi in questo genere, hanno la bocca mu-
nita di parecchie mascelle (os maxillosum, ma-
xillis pluribus); le antenne ne riescono sempre,
in confronto, più corte di quanto ne importa la
lunghezza totale del torace, e l’ali ne rimangono
costantemente distese, od espanse tutto quel tanto
che possano esserlo mai. – I maschi loro poi por-
[Seite 457] tano la coda, ad un tempo terminante in un un-
cino, o quasi direbbesi, in un amo, e forcipata
o conformata a modo d’una morsetta, o d’un
paro di tanagliuole (cauda hamoso-forcipata).
Finchè rimangonsene allo stato di Bruchi o di
Larve, vivono dessi continuamente nell’ acqua, e
portano allora, davanti alla loro bocca, come chi
dicesse, una maschera, un cappello, un cappuccio
o una maniera di coperchio movibile, col mezzo
del quale possono, all’ occorrenza, afferrare la pro-
pria loro preda. – L’accoppiamento del maschio
colla femina, tra gl’ Insetti perfetti ed alati di que-
sto genere, oltre che succede quasi sempre men-
tre se ne stanno amendue volando per l’aria,
presenta poi molte altre particolarità, dalle quali
crediamo di potere qui ora prescindere1.
SPECIE 1. Libellula depressa (L. Depressa –
Libellula Friedrickdalensis di Müller: fr. la Li-
bellule déprimée – e quanto all’ individuo ma-
schio, la Philinte di Geoffroy, che chiama poi la
femina l’Éléonore: ted. die niedergedrückte Was-
serjungfer?: ing. the depressed Dragon-fly? –
Questa specie ha le sue quattro ali in complesso
trasparenti, con una macchia ben grande di color
giallo bruniccio presso alla nera loro base, e con
un’ altra piccola macchia nera bislunga verso la
punta; ha poi dessa ancora alcune membranelle
accessorie, che riescono bianche affatto, e porta
sul torace due righe gialle; l’abdomine ne è,
quanto alla forma, allargato e depresso, come chi
dicesse, schiacciatello, e quindi lanceolato, e quanto
a’ colori, ne riesce al di sopra turchino ne’ ma-
schi, ed olivastro nelle femine, ma sempre in ogni
caso con una macchia gialla da ambe le parti.
(Vedi Roesel. Voi II de’ suoi Insetti acquatici, o Wasserin-
sekten II. Tab. 6. e 7. Fig. 3.).
È dessa indigena anche fra noi, e da quando
a quando, vale a dire in qualche annata, e in
certe determinate località, fassi vedere migrante
per immense falangi, o per stormi affatto innu-
[Seite 459] merevoli1, siccome accadde per esempio nell’ Er-
cinia, o vogliasi dire nell’ Harz, nella Turingia, ed
anche altrove, frall’ altre volte, tanto nella prima-
vera del 1806, quant’ eziandio in quella del 1807.
SPECIE 2. Libellula vergine, o anche la Dami-
gella vergine, ma meglio poi quindi innanzi l’A-
grione verginella (L. Virgo – Agrion virgo di Fa-
bricius: fr. la Libellule vierge – la Demoiselle vierge
– la Demoiselle aux ailes peintes – l’Agrion
vierge – e per Geoffroy, ad un tempo, la Louise,
l’Ulrique e l’Isabelle: ted. die gemalte Wasser-
jungfer?: ing. the virgin Dragon-fly? – painted
wrings Dragon-fly?). – Questa specie ha l’ali
dritte, od erette, e colorate, o dipinte vagamente
a più colori. (Vedi Roesel. Vol. II. Wasserinsekten II.
Tab. 9.).
È pur dessa indigena anche fra di noi.
SPECIE 3. Libellula fanciulla, o anche la
Damigella fanciulla, ma ora assai meglio, l’A-
grione pulcella (L. Puella – Agrion puella di
Fabricius: fr. la Libellule fillette – la Demoiselle
fillette – la petite Demoiselle – l’Agrion fillette –
e per Geoffroy, ora l’Amélie, ed ora la Dorothée:
ted. das junge Mädchen? – die ganz kleine Was-
ser jungfer?: ing. the very little Dragon-fly?). –
Questa specie ha anch’ essa l’ali erette, o dritte
in piedi, come chi dicesse, verticali, ma jaline,
[Seite 460] diafane, o tutt’ affatto pellucide. (Vedi Roesel. Vol. II.
Wasserinsekten II. Tab. 10 ed 11.).
Rinviensi indigena essa pure tra di noi alla sta-
gion conveniente.
GENERE XLVII. Effemera (Ephemera – Diaria
per taluni – ed anche Hemerobius, sebbene questo
ultimo nome troppo impropriamente, per essere già
adoperato ad indicare un genere a parte: fr. Éphé-
mère: ted. Uferaas – Hafft – Geschwäder –
Lorenzfliege – Rheinschnacke – Augst?: ing.
ephemeral Fly?). Gli Insetti che comprendonsi
in quest’ ordine, hanno costantemente corte assai
le antenne; la bocca ne apparisce affatto sdentata,
quasi senza mandibole, e non guernita tampoco
di palpi o di tentacoli ben marcati; hanno eglino
due grandissime macchie ocellari, immediatamente
al di sopra degli occhi (ocelli 2 maximi supra ocu-
los); portano dritte, ed orizzontali l’ali loro trian-
golari e reticolate, essendone però piccine piccine
le due posteriori, ed hanno finalmente lungo molto,
e quasi cilindrico, l’abdomine che, segnatamente
nelle femine, suol terminare in alcune appendici
filiformi, quasi fila di seta, che ne formano una
maniera di coda.
Le Effemere vivono anche talora, pel corso di
parecchi anni sempre nell’ acqua, in forma di Lar-
ve, e scorso che abbiano in tale forma il tempo
conveniente, nel bel mezzo della state, in alcuni
paesi, ed entro pochissimi giorni, veggonsi tutt’ a un
[Seite 461] tratto uscire per milioni e milioni dall’ acqua,
ridotte oggimai in Insetti, giusta la propria natura
loro, perfetti e dichiarati, i quali però, a diffe-
renza degli altri Insetti, vanno ancora soggetti ad
una nuova muta; ed è quanto dire che, per lo
meno i maschi, a quanto ne pretende lo Swam-
merdam, poco stante dalla trasformazione, in grazia
della quale sono in tale stato pervenuti, cangiano
ancora una volta tutta quanta la loro pelle. Gene-
ralmente parlando però, non vivono le Effemere,
ridotte che siano allo stato d’Insetti perfetti, come
qui ora s’è detto, se non un tempo brevissimo,
che talora si limita a sole poche ore.
SPECIE 1. Effemera comune, o l’Effemera vol-
gare (E. Vulgata: fr. l’Éphémère à trois filets,
et à ailes tachetées di Geoffroy: ted. das gemeine
Uferaas?: ing. the common ephemeral Fly?).
– Questa specie ha la coda composta di tre fila-
menti distinti, che sembrano esser di seta, ed ha
le ali, come chi dicesse, nuvolose, con diverse
macchie (cauda triseta, alis nebuloso-maculatis).
(Vedi Sulzer’s Kennzeichen. Tab. 17. Fig. 103, – e vedi
poi eziandio lo scritto, che di P. Collinson può leggersi analogo
all’ argomento a pag. 329 e segg. del N.° 481 delle Philoso-
phical Transactions ec., giuntevi la relativa Tab. 2, ed ivi
in particolare le Figure 2, 3 e 4.).
La femina ha per costume di metter giù, a suo
tempo, un tal quale grumo oviforme, che si trova
essere un ammasso d’ovicini sempre numerosissimi.
È dessa indigena anche fra di noi, come lo è
quasi di tutta l’Europa, e rinviensi poi frequen-
tissima e numerosissima, a stagione opportuna,
lungo le spiagge de’ laghi, le sponde de’ fiumi,
e via discorrendo.
SPECIE 2. Effemera oraria, o l’Effemera vi-
vente a pena qualche ora (E. Horaria: fr. l’É-
phémère horaire: ted. das Stundenhafft? – Haft?:
ing. the one hour’s ephemeral Fly?). – Questa
specie ha all’ estremità dell’ abdomine come una
coda composta di due soli filamenti sericei; ed ha
poi l’ali bianche in complesso, a meno del lembo
marginale più spesso, o più denso, che ne va mano
mano annerendosi. (Vedi Swammerdam. Biblia Naturae
Tab. 13. Fig. 13.).
Dessa rinviensi indigena anche fra noi, al
pari della specie precedente, e come alcune altre
ancora.
GENERE XLVIII. Friganea, o anche Mosca
della Tignuola acquatica (Pryganea: fr. Phry-
gane – Mouche des teignes aquatiques: ted.
Frühlingsfliege: ing. Caddice – Water-moth).
Gl’ Insetti che racchiudonsi in questo genere, han-
no la bocca sdentata affatto, ma guernita di quat-
tro palpi, o tentacoli distinti; hanno tre ocelli
(ocelli 3); le antenne ne riescono ben più lun-
ghe che non importi la lunghezza totale del loro
torace, e l’ali ne sono, come suol dirsi, incum-
benti, o appoggiantisi quasi a terra, essendone
[Seite 463] pieguzzate le inferiori (alae incumbentes, infe-
rioribus plicatis).
Le Larve di queste maniera d’Insetti stanno-
sene, come quelle delle Effemere, continuamente
nell’ acqua, ma le rende poi rimarchevoli, più
d’ogni altra circostanza, quel molto curioso, ed
in vero artificiosissimo guscio od astuccio, o quella
buccia, cilindrica il più delle volte, sebbene talora
quadrangolare, ch’ esse costruisconsi, e che trag-
gonsi dietro qua e là, a un dipresso come fanno
del proprio loro guscio terreo le così dette Chioc-
ciole, o le Lumache comuni dalla conchiglia,
(Helix pomatia, ed altre), le quali portano con
seco continuamente la loro casa. Ve n’ha di quelle
che approntansi quest’ astuccio, o questo così
fatto ricovero portatile, co’ frantumi di canne o di
giunchi, mentre altre usan farselo d’erbe, come
a dire di gramigna o simili, e mentre altre se lo
fanno, ora di granellini di sabbia, ora di minu-
tissime pietruzze, ed or finalmente di piccole con-
chiglie, e via discorrendo, in che per caso vanno
qua e là abbattendosi.
SPECIE 1. Friganea bicaudata, o anche la Fri-
ganea dalle due code, ma meglio poi il Sem-
blis bicaudato (P. Bicaudata – Semblis bicau-
datus di Fabricius: fr. la Phrygane à double
queue – le Semblis à double queue: ted. die
doppelgeschwänzte Frühlingsfliege?: ing. the dou-
ble-tailed Water-moth?). – Questa specie ha
[Seite 464] l’estrema parte posteriore del corpo terminante
in due sete distinte, che ne formano la coda (cauda
biseta), ed ha poi l’ali ad un tempo reticolate
e venose (alis venosis reticulatis). (Vedi Sulzer’s
Kennzeichen. Tab. 17. Fig. 6.).
È dessa indigena anche fra di noi.
SPECIE 2. Friganea striata, o anche la Fri-
ganea dall’ ali striate (P. Striata: fr. la Phry-
gane striée: ted. die ausgekehlte Frühlingsfliege:
ing. the Band-caddice?). – Questa specie riesce
in complesso tutta quanta nera, ed ha poi l’ali,
come si suol dire testacee, ossia di colore laterizio,
o del color proprio della terra cotta, ma piene
di nervature, e di solchetti (alis testaceis, ner-
voso-striatis). (Vedi Frisch. P. XIII. Tab. 3.).
Rinviensi indigena anch’ essa tra noi.
SPECIE 3. Friganea rombifera, o anche la Fri-
ganea da’ rombi in sull’ ali (P. Rhombica: fr. la
Phrygane rhombée – la Phrygane à losanges:
ted. die rautenträgerinn Frühlingsfliege: ing. the
rhomb-bearing Caddice?). – Questa specie ha
l’ali in pieno giallognole, ad un tempo defles-
se, o ripiegate all’ ingiù, e compresse, con so-
pravi lateralmente una macchia bianca, di figura
romboedra. (Vedi Roesel. Vol. II. Wasserinsekten II.
Tab. 16.).
È dessa pure indigena fra di noi.
GENERE XLIX. Emerobio, od anche Emerobo,
o Scannaragni (Hémérobe – Mouche du Lion
[Seite 465] des Pucerons – Demoiselle du Lion des Puce-
rons – Mouche papilionnaire: ted. Florfliege –
Landlibelle: ing. Hemerobius? – Spider-killer?
– spider-killing Dragon-fly?). Gli Insetti spet-
tanti a questo genere hanno in bocca due denti, con
quattro palpi o tentacoli poi al di fuori, e man-
cano affatto d’ocelli (ocelli nulli); l’ali ne sono
deflesse, o ripiegate all’ ingiù, e non mai pie-
guzzate (alae deflexae: nec plicatae), e le an-
tenne, ad un tempo setacee, o come se fossero
fila di seta, e sporgenti o prodotte molto all’ in-
nanzi (antennae ... setaceae), ne riescono sen-
sibilmente più lunghe, di quel che non siane il
convesso loro torace.
Le Larve ne vivono sempre fuor d’acqua, in
secco, o all’ asciutto; ma l’Insetto perfetto ne so-
miglia molto alle Friganee, delle quali femmo
menzione nel genere precedente.
SPECIE 1. Emerobio perla, o anche lo Scanna-
ragni verde gialliccio (H. Perla: fr. l’Hémé-
robe perle – l’Hémérobe vert-jaunatre: ted. die
Perlfliege: ing. the Pearl-fly? – yellow-green
Hemerobius?). – Questa specie riesce in pieno
di color verde giallo, coll’ ali, come suol dirsi,
jaline o pellucide, aventi i vasi, le nervature, o
le così dette coste, di color verde (alis hyalinis;
vasis viridibus). (Vedi Roesel. V. III. T. 21. F. 4 e 5.).
È dessa indigena benissimo di questi nostri
paesi. – La femina ne ha per costume d’assi-
[Seite 466] curare, in modo che fa veramente stupore, le pro-
prie ova in sulle foglie degli alberi, o in sul Mo-
scolo, o vogliasi dir Mosco o Muschio, o altro,
per mezzo d’un piccolo peduncolo o picciuolo,
che sta su dritto disteso1.
SPECIE 2. Emerobio pulsatorio, o anche il
Pidocchio del Legno, il Pidocchio delle Carte,
e meglio poi il Psoco pulsatorio (H. Pulsato-
rius – Psocus pulsatorius di Fabricius: fr. le
Pou du bois – le Pou des cartes – l’Hémé-
robe pulsatoire – le Psocus pulsatoire: ted. die
Papierlaus – Holzlaus – Papierfliege?: ing. the
paper’s Louse? – Wood-hemerobius?). – Que-
sta specie ne apparisce aptera affatto, o priva al
tutto d’ali, ed ha rossa la bocca, cogli occhi
giallognoli. (Vedi Sulzer’s Geschichte ec. Tab. 29. Fig. 3.).
È dessa indigena, e anzi molto frequente an-
che fra di noi, ove rinviensi, ora ne’ libri, or
per entro alle carte vecchie, ed ora perfino nel
legno. – Si credette in addietro, quasi universal-
mente, che ne fossero sempre tutti quanti gl’ in-
dividui mancanti d’ogni qualunque traccia d’ali;
e per verità anche que’ pochissimi, che accade ora
d’incontrarne alati, o forniti d’ali, è forza dire
che nol siano se non per un intervallo di tempo
estremamente breve, mentre ben tosto smarrisconle.
[Seite 467] (Vedi in questo proposito quanto già s’ è notato
più addietro nel §. 136, e precisamente a pag. 236
del presente volume, allorchè stavansi per noi
sponendo le generalità sugli Insetti).
GENERE L. Mirmeleone, o anche Leone delle
Formiche (Myrmeleon: fr. Myrméléon: ted.
Afterjungfer: ing. Myrmeleon?). I pochissimi In-
setti che entrano a far parte di questo genere, e
circa a’ quali ci terrem paghi d’addurre qui ora,
come esempio unico, la specie-tipo, hanno la bocca
armata di mascelle effettive, con due denti dentro-
vi, e con quattro palpi, o tentacoli allungati al di
fuori; mancano dessi onninamente d’ocelli (ocelli
nulli); le antenne ne sono conformate a foggia di
clava, e lunghe poi quanto possa appunto essernelo
il torace, e in fine l’ali ne sono, come suol dirsi,
deflesse, o ripiegate all’ ingiù. – I maschi soli
ne hanno la coda fatta a morsa, o a modo di
tanaglie, risultanti da due filamenti, che quasi po-
trebbero indicarsi come dritti (cauda maris for-
cipe e filamentis duobus rectiusculis).
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi. Mir-
meleone formicario, o il Leone formichiere, o
meglio ancora, e assai propriamente, il Formica-
leone (M. Formicarius: fr. le Fourmi-lion – le
Lion des fourmis – le Hémérobe fourmi-lion:
ted. der Ameisenlöve: ing. the Ant-lion – pro-
per Myrmeleon?). – Questa specie porta, in sul
lembo marginale posteriore dell’ ali, una macchia
bianca. (Vedi Roesel. Vol. III. Tab. 17 e segg.).
È dessa talora indigena anche fra di noi, ed
è precisamente quell’ Insetto tanto decantato che,
finchè rimane allo stato di Larva, ha per costume
di scavarsi ne’ terreni sabbiosi, ove stassene, una
fossetta imbutiforme, e molto ingegnosa, nella
quale, come in una specie di trappola, ricovrasi
immerso fino al collo, rimanendovi in agguato, fino
a tanto che qualche Formica, o altro piccolo In-
setto qualunque siasi, che vi passi sopra, venga a
precipitarvisi per entro insieme colla sabbia smossa,
e a servirgli così di preda e d’alimento.
GENERE LI. Panorpa, o anche Scorpione vo-
lante, o Scorpion-mosca, o finalmente Mosca-scor-
pione (Panorpa: fr. Mouche scorpion: ted. Scor-
pionfliege: ing. Scorpion-fly). I non gran fatto
numerosi Insetti, che racchiudonsi in questo ge-
nere, e fra’ quali ci terremo paghi di citar qui
unicamente la specie che serve di tipo al genere,
hanno sempre una maniera di grifo, o vogliasi
dir becco, di natura cornea, e di forma cilindri-
ca; presso alla bocca sono muniti di due palpi
o tentacoli, con tre ocelli (ocelli 3); le antenne
ne riescono più lunghe di quello che non siane
il torace, e finalmente negli individui maschj la
coda n’è, secondo che suol dirsi, chelata, o con-
formata a modo di morsa, di branche, o di ta-
naglie (cauda maris chelata).
SPECIE 1 ed anzi UNICA qui ora per noi. Pa-
norpa comune, o lo Scorpion volante nostrano
[Seite 469] (P. Communis: fr. le Scorpion volant proprement
dit – la Panorpe commune: ted. die gemeine
Scorpionfliege: ing. the common Scorpion-fly –
proper Scorpion-fly?) – Questa specie ha l’ali
tutte quante uguali, e tempestate di macchie nere
(alis aequalibus nigro-maculatis). (Vedi Frisch. P. IX.
Tab. 14. Fig. 1.).
È dessa indigena anche fra noi.
GENERE LII. Rafidia, o anche Cammellicollo
(Raphidia: fr. Raphidie: ted. Kamelhals: ing.
Camel’s neck? – Raphidia?). I pochi Insetti che
formano questo genere, e fra’ quali non accenne-
remo qui, se non soltanto la specie-tipo che rin-
viensi indigena fra di noi, portano nella bocca
due denti, ed hanno la testa depressa, ch’è quanto
dire schiacciata d’alto in basso, e di natura cor-
nea (os dentibus 2 in capite deflexo corneo);
sono muniti di quattro distinti palpi o tentacoli
presso alla bocca, e di tre ocelli (palpi 4, ocelli 3);
hanno l’ali deflesse, o spiegate, e volgenti obbli-
quamente all’ ingiù, a quel modo che rammenta,
meglio d’ogni altra cosa, i due declivj formanti il
così detto piovere de’ nostri tetti, e le antenne
ne riescono lunghe a un dipresso quanto può es-
serlo il loro torace, alcun poco prolungato anterior-
mente, e di forma cilindrica. – Finalmente nelle
femine la coda è costituita da una setola, o da
un filamento sericeo, curvato all’ indietro, e molle
affatto o rilassato.
SPECIE 1 ed anzi UNICA qui ora per noi. Ra-
fidia ofiopsidea, o anche la Rafidia a muso di
serpente, o il Cammellicollo serpentino (R. Ophi-
opsis: fr. la Raphidie ophiopside: ted. der schlan-
genförmige Kamelhals?: ing. the snake-like Ca-
mel’s neck?) – Questa specie ha di forma terete
o cilindrica il torace. (Vedi Roesel. Vol. III. Tab. 21.
Fig. 6 e 7.).
È dessa, come di già accennammo poco stante,
indigena anche tra noi.
Imenopteri, o Mosche (Hymenoptera – Pie-
zata di Fabricius – Aculeata per altri: fr. les Hy-
ménoptères: ted. die hautflügelige Insekten: ing.
the Hymenopterous Insects).
Gl’ Insetti, che concorrono a formare il pre-
sente Ordine quinto, quando sono per-
fetti, hanno costantemente quattro ali af-
fatto membranacee, più o meno cosperse,
per entro alla loro propria sostanza, di
quelle tali nervature che soglionsi chia-
mar vene, e che, generalmente parlando, rie-
scono in questi sempre molto meno nume-
rose, ma di gran lunga più forti, di quello
che nol siano mai negl’ Insetti del prece-
dente Ordine quarto; con questo anche di
più, che queste così fatte ali membranacee
negl’ Imenopteri sono il più delle volte ad
un tempo, e più corte, e più strette e più
sottili, che non ne’ medesimi Nevropteri.
Nel maggior numero delle specie poi, tanto
le femine, quanto eziandio gl’ individui
neutri, o privi d’ogni sesso, sogliono qui
essere armati nella parte posteriore estrema
del basso ventre, e precisamente presso al-
[Seite 472] l’ ano, d’ un’ arme offensiva in forma d’a-
culeo, o vogliasi dire di pungolo o pun-
giglione, con cui feriscono all’ occasione il
nimico, e insieme col quale que’ che ne
sono forniti, immettono eziandio nella pra-
ticata ferita un proprio loro umore acre
molto e velenoso; e quindi fu poi che ad
alcuni Entomologisti piacque di contraddi-
stinguere da ogni altro, appunto col nome
qualificativo, e in qualche modo caratteri-
stico, di Aculeati (Aculeata), tutti quanti
gl’ Insetti, de’ quali imprendiamo a favel-
lare qui ora partitamente. – Le Larve di
questi Imenopteri sono, le une in confronto
coll’ altre, talora in modo molto diverso
conformate, mentre in alcune, che hanno
l’apparenza abituale de’ Bruchi propria-
mente detti, contansi fin venti gambette,
piedi o zampettine, in altri che tengono più
del Bacherozzolo, del Baco, o dell’ aspetto
proprio de’ Vermi, non iscorgonsi tampoco
traccie di zampettine o di piedi, e così via
via discorrendo1.
GENERE LIII. Cinipe, o Mosca della galla,
o anche Vespa della galla (Cynips: fr. Cynips
[Seite 473] – Diplolépe di Geoffroy: ted. Gallwespe – Gall-
fliege?: ing. Gallwasp – Cynips?). Gl’ Insetti
racchiusi in questo genere, sono bensì forniti di
mascelle, ma mancano affatto di proboscide, e
quanto al loro aculeo, la forma ne è spirale, e
l’Insetto lo tiene por la più parte del tempo na-
scosto.
Le femine di questo genere d’Insetti hanno per
istinto di porre giù le ova loro in certe parti se-
gnatamente d’alcune piante, che ivi, in causa ap-
punto di ciò, vanno a poco a poco gonfiandosi
sempre più, fino a formarvi talora que’ strani
bernoccoli o tumori, che chiamiamo abitualmente,
così in generale o in complesso, Galle, o Noci di
Galla, e che i Francesi, a norma di loro diversa
conformazione o provenienza, contraddistinguono
poi co’ varj nomi di Galle en pomme, Galle en
groseille, Galle en pépins, Galle en forme de
Nefles, Galle chevelue, Galle en Artichaut, Galle
de Chène, Galle à teinture, Galle en champi-
gnon, Galle Bédéguar, Galle du commerce, e
via via discorrendo; tumori, rigonfiature od escre-
scenze che servono continuamente di covile, di ri-
covero o di domicilio alle Larve de’ Cinipi, fin-
chè abbianvi subìta l’ultima loro metamorfosi, e
[Seite 474] possano quindi, ridotte, mercè di quella, in In-
setti, secondo la propria natura loro, perfetti e di-
chiarati, uscirne in tale stato come dal loro car-
cere. – Ciò che rendesi davvero straordinario,
e rimarchevole, come affatto particolare di questa
maniera d’Insetti, si è che le loro ova, dopo che
la madre le ha deposte in quelle parti della pianta
che poi risolvonsi in così fatte Galle, continuino
a crescere ancora, prima che ne sbuccino le Larve,
fin del doppio del volume che avevano, quando
furono a pena deposte.
SPECIE 1. Cinipe della Rosa (C. Rosae – Di-
plolepis rosae di Olivier: fr. le Cynips du Ro-
sier: ted. die rosenstrauchen Gallwespe: ing. the
rose-tree’s Gallwasp?). – Questa specie è tutta
quanta nera, ove se ne eccettuino l’abdomine
che, nero soltanto per di dietro, ne riesce in ogni
altra sua parte di colore ferruginoso, e i piedi o
le zampettine che ne sono esse pure di colore fer-
rigno. (Vedi Frisch. P. VI. Tab. 1.).
È dessa indigena anche fra noi, e anzi comu-
nissima in tutta l’Europa, ove frequentando, più
volontieri che altro, gli arbusti della Rosa salva-
tica (Rosa eglanteria – Rosa canina, ed altre),
suol cagionarvi quell’ escrescenze quasi muschiose,
ma crespe o ricciute, che nominiamo precisamente
Galle della rosa, o anche Bedeguar (Spongia cy-
nosbati: fr. la Galle de la rose – la Galle du
Rosier – le Bédéguar: ted. der Rosenschwamm
[Seite 475] – Schlafapfel – Bedeguar: ing. the Bedeguar?),
e delle quali faceasi pure in addietro alcun uso
in medicina.
SPECIE 2. Cinipe Quercifoglio, o anche il Ci-
nipe delle foglie di Quercia (C. Quercus-folii:
fr. le Cynips des feuilles du Chéne: ted. die Ei-
chenlauben Gallwespe?: ing. the oak-leaf’s Gall-
wasp?). – Questa specie riesce nera anch’ essa in
complesso, se non che poi il torace n’è rigato,
o lineato (thorace lineato), i piedi o le zampet-
tine ne sono di color grigio, o i femori ne sono
neri almen per di sotto (femoribus subtus ni-
gris). (Vedi Frisch. P. II. Tab. 3. Fig. 5.).
È indigena essa pure fra noi, ove frequenta di
preferenza le fronde di Quercia, sulle foglie delle
quali produce poi, com’è noto universalmente, quelle
gallozzole liscie e rotonde, e più o meno vistose,
che corrono in commercio sotto il nome comune
di Galle, o veramente sotto gli altri di Vallonea,
di Noci di Galla, di Galle di Rovere, di Galle
della Quercia, ec.; gallozzole od escrescenze che ta-
lora, abbandonate anche dalla posterità de’ Cinipi,
che pe’ primi aveanle costruite, finiscono per ser-
vir poi di ricovero o d’abituro ad altre piccole
Vespe, Mosche od Insetti di specie affatto di-
versa1.
SPECIE 3. Cinipe Psene, o anche il Cinipe
Caprificatore, o il Cinipe del Fico comune, o
l’Insetto della Caprificazione, o finalmente la
Vespa caprificatrice (C. Psenes – Cynips Ficus
caricae di Latreille: fr. le Cynips du Figuier com-
mun – le Cynips pséne: ted. der Feigenbohrer?:
ing. the Fig’s Gallwasp?).
La Larva di questa specie vive buon tratto nu-
trendosi della sostanza di que’ granellini, che scor-
gonsi dentro al frutto segnatamente del Fico sal-
vatico, indigeno, non meno di gran parte del Le-
vante, come a dire per esempio dell’ Isole gre-
che e di tutta la Grecia, che delle regioni le più
meridionali d’Europa. Pretendesi, e non sappiam
bene con quanta ragione, che, ove vengan posti al-
cuni di questi Fichi salvatici, contenenti in buon
numero gl’ Insetti de’ quali ora qui stiamo ragionan-
do, a stagion conveniente, sulle piante nostre di
Fico domestico, i Cinipi, che da quelli vanno pas-
sando mano a mano nelle frutta piccole ancora,
e affatto immature di quest’ ultime, ciò valga a sol-
lecitarne a un tratto, e l’ingrossamento, e la ma-
[Seite 477] turazione, e perfino a migliorarne, o renderne più
squisito, il sapore. Pare che gli antichi usassero
molto questo processo che dicesi la Caprificazione,
e v’ha chi sostiene praticarsi esso ancora al pre-
sente appunto in alcune contrade dell’ Oriente.
GENERE LIV. Tentredine, o Mosca dalla sega
(Tenthredo: fr. Tenthrédine – Mouche à scie:
ted. Blattwespe – Sägenfliege: ing. Beetlewasp?
– Tenthredine?). Gli Insetti, non gran fatto
numerosi, che compongono questo genere, hanno
costantemente guernita di mascelle la bocca, ma
senza proboscide; l’ali ne sono ad un tempo tu-
mide ed appianate (alae planae tumidae); gli
aculei, ond’ essi vanno armati, e che sporgono a
pena alcun poco all’ infuora, ne portano due la-
mine, secondo che suol dirsi, serrate, o denti-
colate alla maniera d’una lama di sega (aculeis
laminis duabus serratis, vix prominentibus), e
finalmente sul loro scudetto (scutellum) scorgonsi
come sovrapposti, e situati a qualche distanza l’uno
dall’ altro, due grani.
Le Larve di questi Insetti hanno le forme, e
in complesso tutta l’apparenza, de’ così detti Bru-
chi comuni delle Farfalle, e fu appunto in grazia
di ciò ch’ era piaciuto a Reaumur di contraddistin-
guerle col nome di falsi Bruchi, o in francese di
fausses Chenilles. Vivono desse, siccome quelli, di
foglie, germogli e frondicine tenerelle, e rinven-
gonsi più spesso su pe’ cespugli di Rose, e su pei
[Seite 478] Salci, di quello che sopra alcun’ altra pianta, ma
riduconsi poi sotterra per trasformarvisi in Cri-
salidi.
SPECIE 1. Tentredine lutea, o il Cimbice gial-
liccio, o anche la Mosca gialla dalla sega (T.
Lutea – Cimbex lutea di Fabricius: fr. la Ten-
thrédine jaune – le Frelon jaune – la Mouche-
à-scie jaune: ted. die gelbe Blattwespe: ing. the
yellow Beetlewasp?). – Questa specie ha le an-
tenne di color giallo, e conformate a foggia d’una
clava, ed ha poi in oltre gialle, il più delle volte,
le sue cinture, o i così detti segmenti abdomi-
nali (abdominis segmentis, plerisque flavis). (Vedi
Frisch. P. IV. Tab. 24.).
È dessa indigena anche fra noi, ove, come già
s’è detto, suol frequentare, più che altro, i Salci
ed i Rosaj.
SPECIE 2. Tentredine della Caprea, o anche
la Mosca dalla sega del Salcio (T. Capreae –
Tenthredo salicis – forse la stessa cosa col Cimbex
amerinae, e colla Clavellaria amerinae di Leach?:
fr. la Tenthrédine du Saule – le Cimbex du
saule? – le Frelon roux? – la Mouche-à-scie
rousse di Dégéer?: ted. die rothgelbe Blattwespe:
ing. the red Beetlewasp?). – Questa specie di-
stinguesi dalla precedente soprattutto in forza del
diverso colore, così delle sue antenne, come delle
cinture abdominali. (Vedi Frisch. P. VI. Tab. 4.).
È dessa pure indigena fra noi, ove sembra fre-
[Seite 479] quentare con marcatissima predilezione quella spe-
cie di Salice, che contraddistinguesi coll’ aggiunto
latino di caprea (Salix caprea).
GENERE LV. Sirice, o anche la Vespa dalla
coda, o la Vespa del legname (Sirex: fr. Sirex
– Guépe du bois: ted. Holzwespe – Schwanz-
wespe – Sägenfliege?, sebbene quest’ ultimo no-
me, stando alla sua corrispondenza etimologica
colle altre lingue dotte, ne sembri spettar piut-
tosto al precedente genere Tentredine: ing. tim-
ber’s Wesp? – Sirex?). I ben pochi Insetti che
questo genere comprende, e fra’ quali una specie
sola, indigena fra noi, ci accontenteremo di ci-
tare qui ora in esempio, hanno sempra la bocca
armata di due assai robuste mascelle; hanno due
palpi, come chi dicesse, troncati alla sommità; le
antenne ne riescono filiformi, ma ad onta di ciò
composte ciascuna d’oltre a ventiquattro mem-
bretti od articoli; l’aculeo n’è, ad un tempo,
sporgente in fuori allo scoperto, saldamente fis-
sato sul luogo, e serrato, o conformato lungo i
lembi a foggia del tagliente d’una sega; l’abdo-
mine ne è sessile, quasi chi dicesse senza picci-
nolo, od attaccato, per tutta l’estensione della sua
base, al termine del torace, e mucronato, o for-
nito d’una punta (abdomen sessile mucronatum),
e finalmente l’ali ne sono lanceolate, o fatte a
lancetta, e piane sempre in tutti quanti gl’ indi-
vidui (alae lanceolatae planae omnibus).
Le femine di quest’ Insetti hanno per istinto di
traforare molto ingegnosamente il legname tene-
ro, col mezzo del serrato loro aculeo, o, se così
vogliasi dire, della loro tromba, destinata a ri-
porre nel miglior modo conciliabile le ova, e che
perciò chiamasi scientificamente l’Ovidutto, il quale
lungo i lembi marginali è denticolato, come dicem-
mo, a modo d’una sega, e tanto fanno appunto per
poscia depositarvi le proprie ova, dalle quali emer-
gono a suo tempo altrettante Larve, che sogliono
rimanere durante il corso di alcuni anni per en-
tro alla sostanza stessa del legno1.
SPECIE 1 ed anzi UNICA qui ora per noi. Il
Sirice gigante, o anche la gigantesca Vespa del
legname (S. Gigas: fr. la Sirex géant: ted. die
Riesenholzwespe? ing. the giant Sirex?). – Que-
sta specie ha l’abdomine di colore ferruginoso,
ed ha nere le cinture, o i così detti segmenti lungo
il corpo, col torace villoso, o peloso vellutato.
(Vedi Frisch. Vol. II. Hümmel. und Wesp., ch’è quanto
dire Calabroni e Vespe. Tab. 9.).
È dessa indigena anche fra di noi.
GENERE LVI. Icneumone, o anche Ammazzaragni
(Ichneumon: fr. Ichnéumon: ted. Schlupfwespe
– Spinnenstecher – ed anche talora, come pure
il seguente genere Sfeccia o Vesponcino, Rau-
[Seite 481] pentdöter, ch’ equivalerebbe per noi ad Ammaz-
zabruchi: ing. Ichneumon – Ichneumon-fly? –
Ichneumon-wasp? – Spider-killer?). Gl’ Insetti
che comprendonsi in questo genere numerosissimo,
portano armata di mascelle la bocca loro, ma
sono poi senza lingua; in cadauna delle loro an-
tenne contansi talora fin oltre a trenta articoli o
membretti distinti; l’abdomine riesce nella mag-
gior parte di essi come attaccato all’ imbusto per
mezzo d’un tal quale appiccagnolo, sottile a se-
gno, che per poco direbbesene veramente un pic-
ciuolo (abdomen petiolatum plerisque), e final-
mente l’aculeo, o se si voglia, il trapano, o la
trivella, composta di tre fila, che portano all’ estre-
mità posteriore dell’ abdomine, ne sta sporgente
manifesta all’ infuora, ed uscente come da una
guajna bivalve di figura cilindrica (aculeus exser-
tus vagina cylindrica, bivalvi).
Poco meno di settecento, se volessimo tutte
quante enumerarle, troveremmo essere le specie
attualmente conosciute di questi, vogliansi dire Mo-
sche-icneumoni, o Vespe-icneumoni, i quali ci
riescono in complesso vantaggiosi a motivo dell’ in-
dicibile quantità di Bruchi, di Ragni, e d’altra
ragione Insetti, che vanno continuamente distrug-
gendo. – Le loro femine, avendo, per proprio
loro istinto naturale, di porre giù, quando n’è
giunto il tempo, le ova nel corpo stesso delle
Larve viventi di certi altri Insetti, queste non
[Seite 482] possono a meno di non risentirne un così fatto
nocumento, che le costituisce ammalate, e le fa
ben anche perire, o prima che avvengane la tra-
sformazione in Crisalidi, o tosto dopo che abbia
questa avuto luogo. – Contansi anche parecchie
sorta d’Icneumoni, le femine de’ quali, per in-
trudervi od innicchiarvi le loro ova, preferiscono
a quale altro si voglia, il corpo delle Larve di
altre specie d’Icneumoni; di modo che, giusta il
riflesso fatto da Rolander, sembrerebbe quasi che,
delle tante specie formanti questo estesissimo ge-
nere d’Insetti, per avventura una sola siane stata
creata coll’ espresso e positivo incarico d’atten-
dere alla distruzione dell’ altre.
Per maggior brevità, noi però non citeremo qui
ora che soltanto le seguenti tre specie nostrali di
Icneumoni.
SPECIE 1. Icneumone luteo, o anche l’Ammaz-
zaragni gialliccio, o altrimenti l’Ofione luteo
(I. Luteus – Ophion luteus di Fabricius: fr.
l’Ichnéumon jaune – l’Ophion jaune: ted. die
gelbe Spinnenstecher?: ing. the yellow Ichneu-
mon?). – Questa specie ha in complesso il corpo
tutto quanto di colore gialliccio, con alcune stri-
scie o striature in sul torace; l’abdomine poi ne
è conformato a modo quasi d’una falce (abdo-
mine falcato).
È dessa indigena anche fra noi. – Le femine
prediligono le Larve di certe Falene per intru-
[Seite 483] dervi, come in un nido adattatissimo, le loro ova.
SPECIE 2. Icneumone glomerato, o l’Ammaz-
zaragni aggomitolato, o forse meglio assai il Cripto
ammassato, e anche per avventura l’Icneumone
suggillatore d’altri? (I. Glomeratus – Cryptus
glomeratus di Fabricius – e forse lo stesso col-
l’ Ichneumon suggillatorius pure di Fabricius, e di
Schoeffer?: fr. l’Ichnéumon ramassé – le Crypte
gloméré – l’Ichnéumon sugillateur?: ted. die
knäulige Schlupfwespe?: ing. the collected Ichneu-
mon?). – Questa specie riesce in pieno di color
nero, eccettone i piedi, o le zampettine, che ne
sono giallastre. (Vedi Reaumur. Vol. II. Tab. 33.).
È indigena essa pure tra di noi. – La femina
di questo Icneumone suol preferire, come il mi-
glior nido per intrudervi le proprie ova, il corpo
della Larva del Parpaglione bianco de’ Cavoli
(Papilio brassicae).
SPECIE 3. Icneumone globato, o l’Ammazza-
ragni globoso, o anche il Cripto globoso (I. Glo-
batus – Cryptus globatus di Fabricius: fr. l’Ich-
néumon globeux – le Crypte globaire: ted. die
kugelförmige Schlupfwespe: ing. the globe-like Ich-
neumon?). (Vedi Frisch. P. VI. Tab. 10.).
È dessa indigena fra di noi, e rinviensi bene
spesso su pe’ fuscelli, o fusticini dell’ erbe nei
prati. – È mirabile quella buccia, o quella ma-
niera di bozzolo cotonoso, soffice e morbidissimo,
grosso quanto può esserlo un uovo di Piccione,
[Seite 484] che costruisconsi le femine di questa specie, per
riporvi la prole, che ivi coadunata in falangi nu-
merosissime di piccole Crisalidi, soggiace poi alla
ordinaria sua metamorfosi, onde a tempo debito
n’ escono altrettanti Icneumoni in forma d’Insetti
perfetti o dichiarali.
GENERE LVII. Sfeccio, o Vesponcino, o an-
che più volgarmente Ammazzabruchi (Sphex: fr.
Sphex: ted. Raupentödter – Afterwespe: ing.
Afler-wasp? – Sphex?). Gl’ Insetti, che com-
prendonsi in questo genere, hanno essi pure ar-
mata la bocca di mascelle, ma senza lingua; nelle
loro antenne non soglionsi contare che tutt’ al più
dieci articoli, o membrature; l’ali ne riescono
negl’ individui d’amendue i sessi, ad un tempo
appianate, e quasi strascicanti a terra, non però
mai pieguzzate, o crespe (alae plano-incumben-
tes; nec plicatae); finalmente portano essi d’or-
dinario nascosto l’aculeo feritore, o il pungiglione,
di che hanno provveduta la parte posteriore estre-
ma dell’ abdomine (aculeus punctorius recon-
ditus).
Le femine di parecchie delle specie attenenti a
questo genere d’Insetti predaci, hanno per istinto
di scavarsi nel terreno sabbioso certe fossette, nelle
quali trascinano poi, quando possono afferrarlo,
ora un Ragno ben grosso, ed ora qualche Larva,
soprattutto di Falena, che s’accontentano di mor-
secchiare, ferire e storpiare, senz’ ammazzarla,
[Seite 485] ponendovi giù insieme un loro ovo, collo scopo
che la Larva novella, a suo tempo sbucciatane,
suggendo l’umor di quel Ragno, o altro anima-
letto che siasi, dalla madre insieme col proprio
ovo da prima sotterrato, come s’è detto, abbia a
ritrarne ciò che può occorrerle, onde costruirsi un
Bozzolo o una buccia cotonosa o sericea, che ser-
vale di ricovero in cui subire la solita sua prima
metamorfosi.
SPECIE 1. Sfeccio sabbioso, o il Vesponcino
della Sabbia, o finalmente l’Ammazzabruchi are-
nario (S. Sabulosa: fr. le Sphex du sable: ted. der
Sandraupentödter – Sandafterwespe: ing. the
Sand-sphex? – sand’s After-wasp?). – Que-
sta specie riesce vellosa, ispida e nera tutta quanta,
a meno dell’ abdomine, che n’è fulvo o lionato,
ma nero però anch’ esso per di dietro, ed ha
poi lunghissima quella maniera di picciuolo, che
stabilisce la comunicazione tra l’imbusto, o vo-
gliasi dire il torace, e l’abdomine. (Vedi Frisch. P. II.
Tab. 1. Fig. 6 e 7.).
È dessa indigena anche fra noi, in certe sta-
gioni, appunto su per le sabbie.
SPECIE 2. Sfeccio cribrario, o il Vesponcino
cribrario, o finalmente l’Ammazzabruchi dal cri-
vello (S. Cribraria – Crabro cribrarius di Fabri-
cius: fr. le Sphex au tamis – le Sphex cribraire –
la fausse Guêpe cribleuse – le Sphex porte-
crible: ted. die Sieb-biene: ing. the Sieve-bee?
[Seite 486] – Questa specie è nera essa pure in complesso,
ove soltanto se ne eccettuino le striature, o le ri-
ghe gialle, che ha in sull’ abdomine; ha dessa inol-
tre la parte terminale estrema delle sue tibie, o
gambette anteriori, fornita come d’uno scudetto
concavo pertugiato (tibiis anticis clypeis conca-
vis fenestratis). (Vedi Goeze, im Naturförscher. P. II.
Tab. 2.).
Rinviensi anch’ essa indigena e non gran fatto
infrequente fra di noi. – Opinossi per l’addietro
che, ne’ maschi di questa specie, que’ dischi, o
quelle rotelle nelle quali ne terminano le zam-
pettine anteriori, riuscissero traforate o pertugiate,
come s’è detto teste, e quindi non si ommise di
attribuire pomposamente a questi così fatti loro
supposti crivelli, o stacci, una qualche mirabile
funzione, non disgiunta da una supposta impor-
tantissima destinazione, dicendo molte belle cose
in proposito dello sfarzo di sapienza, con cui do-
vevano essere costrutte e disposte queste parti, che
poscia si riconobbero non essere in conto alcuno
conformate al modo che credevasi.
GENERE LVIII. Criside, o anche Mosca d’oro,
o Vespa d’oro, o se vogliasi Doratella (Chry-
sis: fr. Chrysis – Chryside – Guêpe dorée –
– Mouche dorée: ted. Chrysis? – Goldwespe:
ing. golden Fly – Gold-wesp?). Gl’ Insetti, non
gran fatto numerosi, spettanti a questo genere,
tra’ quali noi qui non faremo menzione che sol-
[Seite 487] tanto della specie-tipo indigena eziandio fra di noi,
hanno anch’ essi la bocca armata di mascelle, ma
senza proboscide; le antenne ne riescono filiformi,
e composte di dodici o tredici membretti, od ar-
ticoli, se così vogliasi chiamarli, de’ quali il primo
è sempre sensibilmente più lungo di quello che
non sialo cadauno de’ rimanenti undici o dodici;
l’abdomine n’è per di sotto, come suol dirsi,
fornicato, o conformato a volta, ed è da ambe
le parti ornato d’una squama; l’ano, o la parte
posteriore estrema dell’ abdomine ne è dentata,
ed armata poi d’un aculeo o pungiglione sporgente
alquanto manifestamente all’ infuori o alla scoperta;
l’ali ne riescono orizzontali, e come chi dicesse
appianate, e finalmente il corpo n’è sempre tutto
quanto risplendente d’un bel giallo dorato me-
talloideo.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi. Cri-
side Ignita, o la Criside infocata, ed anche poi
la Mosca d’oro infiammata, o la Vespa d’oro
verde cremisina (C. Ignita: fr. le Chrysis enflam-
mé – la Chryside enflammée – la Guêpe do-
rée à ventre cramoisi di Dégéer – la Guêpe do-
rée à corselet vert et derniers anneaux du ventre
épineux di Geoffroy: ted. die Brandgoldwespe?
– erhitzte Goldwespe? – feurige Goldwespe?:
ing. the burning Gold-wasp? – red-hot Chry-
sis?). – Questa specie è glabra, o nuda affatto,
polita, e nitida o lucente di splendore metallico,
[Seite 488] col torace verde, e coll’ abdomine dorato; l’acu-
leo, il pungiglione, o la punta, ond’ essa è ar-
mata per di dietro, ha quattro denti distinti (apice
quadridentato). (Vedi Frisch. P. IX. Tab. 10. Fig. 1.).
È dessa indigena anche fra noi, e frequenta par-
ticolarmente i luoghi sabbiosi, o talora le mura-
glie, com’ eziandio qualche volta il vecchio le-
gname che rimane esposto lungamente al sole, allo
splendore diretto del quale ama essa molto di
starsene di società per buoni tratti di tempo. È
rado che fermisi sopra qualche fiore, a meno che
non sia questo lungo i margini delle strade pol-
verose. L’individuo ne suole tramandar quasi sem-
pre da sè un odore, ad un tempo piuttosto acuto
ed ingrato. – Nulla può dirsi per anche di posi-
tivo sulle diverse metamorfosi, alle quali debbono
queste Crisidi andar soggette, e solo in ciò conven-
gono i Naturalisti, che le femine ne abbiano in co-
stume di porre giù le loro ova ne’ nidi di certi
determinati Imenopteri, e fra gli altri delle Ten-
tredini, e d’alcune Api, come a dire dell’ Odinera,
od Ape muratora solitaria, dell’ Ape cementaria, e
via discorrendo.
GENERE LIX. Vespa (Vespa: fr. Guêpe: ted.
Wesp: ing. Wasp). Gl’ Insetti che racchiudonsi
in questo genere, hanno anch’ essi la bocca lo-
ro armata di mascelle, e d’una linguetta dritta,
corta e generalmente trifida, ma mancano poi di
proboscide; l’ali superiori ne riescono pieguz-
[Seite 489] zate, e quasi direbbesi increspate, tanto ne’ ma-
schi, come nelle femine; l’aculeo o il pungiglione
feritore, onde vanno provveduti nell’ estrema parte
posteriore dell’ abdomine, ne rimane nascosto af-
fatto, quando l’individuo non istia nell’ atto di
giovarsene per offendere il nimico; gli occhi ne
sono conformati quasi a foggia di mezzaluna (oculi
lunares), e il corpo n’è glabro, o liscio tutto
quanto e nudo, senza pure un peluzzo.
La più gran parte delle specie, tanto di questo
genere, quant’ anche di quello dell’ Api o delle
Pecchie, che qui per noi gli tien tosto dietro, me-
rita una speciale considerazione dal canto de’ Na-
turalisti, a motivo segnatamente di quella maniera
di colleganza rigorosamente sociale, per famiglie,
nella quale gl’ individui ne vivono insieme riuniti,
talora a migliaia, e colla quale, cooperandovi tutti
quanti di universale accordo, e a forze combinate,
sanno dessi costruirsi nidi ed abitazioni in co-
mune; nel che fare valgonsi di diverse sostanze,
come a dire le Vespe propriamente dette, di bri-
ciole sperdute, o di frantumi di legno, e simili
altre cianciafruscole, le Pecchie, della cera e del
miele che traggono de’ fiori, l’Api muratore, e le
cementarie, di ghiaia, del cemento d’antiche mu-
raglie sfasciate, e via discorrendo; e tutti quanti
poi indistintamente, comunque non operino se non
in virtù dell’ istinto naturale, sfoggianvi sempre
un sommo artificio, e quasi direbbesi, decisamente,
una intelligenza industriosa.
SPECIE 1. Vespa Calabrone, o anche sempli-
cemente il Calabrone, o il Calavrone (V. Cra-
bro: fr. la Guêpe frelon – le Frelon: ted. die
Hornisse: ing. the Hornet). – Questa specie ha
la testa per di dietro fulva o lionata, e per da-
vanti gialla, ed ha poi nero in complesso il torace,
macchiato del pari di color lionato, se pure non
piuttosto di rosso bruno, segnatamente per davanti,
ov’ anzi non ha più tampoco traccia di nero; le
anella, che ne demarcano l’abdomine come in di-
verse sezioni, o in varj compartimenti, ne sono
d’un color bruno nericcio, con una benda gialla,
su cui stannosi, or due, ed ora tre punti neri, tra
di loro così fattamente avvicinati, che per poco
direbbonsi contigui. (Vedi Frisch. P. IX. Tab. 11. Fig. 1.).
È dessa indigena e comunissima anche tra di
noi, ove vive in società composte tutt’ al più di
circa duecento individui, in parte maschi, in parte
femine, e in parte neutri, lunghi ciascuno poco
meno d’un pollice, ora ne’ granai vuoti, ora nelle
cavità de’ tronchi d’alberi vecchi, ed ora nelle
fenditure delle rupi, degli scogli e simili. – I
nidi, a cellette uguali e regolarmente esagone, col-
l’ apertura rivolta all’ ingiù, ne sogliono essere pa-
piracei, o come chi dicesse vestiti d’un cartoncino,
ch’ è poi formato del tritume della corteccia fibrosa
secca di Salcio o anche di Frassino, che quest’ In-
setti, giovandosi delle loro mandibole, impastano,
o misturano, più o meno esattamente, con un sugo
[Seite 491] viscido, che aggiungonvi allora del proprio. – In
autunno veggonsene talora individui maschi, e in-
dividui femine, come dispersi su per quegli alberi,
che emanano un sugo acido o zuccherino; ma
questi individui, che più non tornano al nido, dal
quale sembra che siano stati sbanditi, rimangono
poi condannati a cader vittime del primo freddo
che faccia, e a perir quindi senz’ ulteriore suc-
cessione.
SPECIE 2. Vespa volgare o la Vespa comune
nostrana (V. Vulgaris: fr. la Guêpe commune:
ted. die gemeine Wespe: ing. the common Wasp).
– Questa specie può dirsi nel fondo tutta di color
nero, a meno della testa che per davanti n’è gial-
la, con sopravi un punto nero nel mezzo, a meno
di varie macchie, parimenti gialle che ha in sul to-
race, quattro delle quali ne spettano allo scudetto
toracico, e a meno d’una fascia, anch’ essa gialla,
portante tre punti neri distinti sul lembo posterio-
re d’ogni singolo anello. (Vedi Reaumur, Insectes, ec.
Tom. IV. Tab. 10. Fig. 9., e Tom. VI. Tab. 18. Fig. 1., –
o veramente Vedi Frisch. P. IX. Tab. 11. Fig. 1.1).
SPECIE 3. Vesta Nidulante, o anche la Vespa
dal nido di cartone, e forse meglio poi la Po-
liste nidulante (V. Nidulans – Polistes nidu-
[Seite 493] lans di Fabricius: fr. la Guêpe cartonnière –
la Poliste nidulante: ted. die Pappendeckelwe-
spe?: ing. the Past-board-wasp?). – Questa spe-
cie è tutta quanta nera, con una striscia bianca
sul torace per davanti, oltre a qualche altra, bianca
del pari, in sulla parte più bassa dello scudetto,
e cogli anelli, demarcanti le ripartizioni o i seg-
menti dell’ abdomine, di color bianco in sul mar-
gine. (Vedi Reaumur. Vol. VI. Tab. 20.).
È dessa esotica sempre per noi, nè rinviensi
indigena altrove, che si sappia, fuorchè soltanto
alla Guiana. – L’involucro esteriore de’ nidi, ve-
ramente industriosi ed artificiosissimi, di questa
maniera di Vespe, somiglia, più che ad altra
cosa, ad una pastina, o ad uno straterello di colla
fina che, spalmatavi sopra, siavisi poscia seccata,
in modo da rammentare così quasi un foglio di
carta da scrivere.
GENERE LX. Ape (Apis: fr. Abeille: ted. Bie-
ne: ing. Bee). Gl’ Insetti che comprendonsi in
questo genere, hanno sempre la bocca munita, ad
un tempo di mascelle, e d’una proboscide inflessa
o rivolta all’ indentro, con inoltre due distinte
guajne, o vogliansi dire astucci, bivalvi; l’ali ne
sono piane ed orizzontali, così negl’ individui ma-
schi, come nelle femine, e come ancora negl’ in-
dividui neutri o non aventi sesso marcato, e final-
mente portano dessi nascosto ed occulto, per l’or-
dinario, il loro aculeo, che nelle femine e negli
[Seite 494] individui neutri può davvero chiamarsi pungitojo
o pungiglione, mentre punge e ferisce effettiva-
mente il nemico all’ occasione.
SPECIE 1. Ape Mellifica, o anche l’Ape del
miele, ma più comunemente poi la Pecchia (A.
Mellifica: fr. l’Abeille mellifique – l’Abeille
commune: ted. die Honigbiene – Imme: ing. the
Honey-bee – common Bee). – Questa specie ha
le antenne filiformi, e quasi chi dicesse, rotte o
sfrantumate; il corpo ne riesce in generale pube-
scente, o come ricoperto d’un pelo di color gri-
gio, non ben deciso, in sul torace, e fosco poi
o bruno scuro in sull’ abdomine, colle zampettine
posteriori pelose anch’ esse, o ciliate, e striate o
rigate in traverso per di dentro, segnatamente
nelle così dette operaje, ossia nell’ Api neutre1.
Debb’ essere noto oggimai quasi universalmente
a ciascuno, per poca cultura ch’ egli abbiasi, come
nelle Api, nelle Vespe, nelle Formiche e nelle
Termiti, la massima parte degl’ individui è, quanto
al sesso, di genere neutro, e che questi tali indi-
vidui numerosissimi, comunque nati da una ma-
[Seite 495] dre, che era stata fecondata da un maschio della
propria specie, mancano poi al tutto, e sempre,
d’organi sessuali dichiarati o sviluppati a dovere1.
Nella specie, della quale propriamente stiamo
ora noi qui ragionando, la femina, che dicesi an-
che talora l’Ape regina, la Regina dello sciame,
la madre dell’ Api, o l’Ape madre, ha sempre il
corpo svelto, snello, stretto e sottile, un po’ più lungo
di quello che soglia esserne abitualmente il corpo
di tutte quante l’altre Api dello sciame, ed an-
che poi degl’ individui maschi, che taluni contrad-
distinguono spesso alla foggia francese col nome
particolare di falsi-bordoni (Faux-bourdons), i
quali sono più grossi e più forti dell’ Api operaje
o neutre; ha cortissime l’ali, coperta di lunghi
peli come sericei la testa, che perciò appunto se
ne direbbe volontieri capelluta, le mascelle tron-
che, ed armate all’ apice, cadauna, al paro de’ ma-
schi, di due denti, minuti sì, ma forti a bastanza,
[Seite 496] le zampettine brune, le più posteriori delle quali
hanno costantemente la prima articolazione, quasi
direbbesi, palmata e di forma quadrilunga, e così
via discorrendo. I maschi hanno, in confronto,
l’ali assai più lunghe di quello che non abbianle,
così la femina, che le ha sempre cortissime, come
gl’ individui neutri, ma sono poi mancanti di quel-
l’ aculeo o pungitojo, che tutte indistintamente le
altre Pecchie portano quasi sempre nascosto per
di dietro. Infine gl’ individui neutri, che vengono
denominati, ora Muli, ora Api lavoratrici, or Pec-
chie operaje, ora Balie ed ora Pecchie nutrici, sono
senza contrasto più piccoli di tutti gli altri, quanto
alla loro mole corporea rispettiva, ma, comun-
que abbianle più corte de’ maschi, può dirsi che,
a confronto della statura, l’ali ne siano anzi che
no lunghette; dessi, per trasandarne qui ora ogni
altra meno importante particolarità, hanno le ma-
scelle liscie e affatto sdentate, e non combacian-
tisi esattamente in tutta la loro lunghezza l’una
coll’ altra, quando vengono a contatto; hanno le
zampettine di color nero, con una fossetta parti-
colare alla parte interna delle coscie posteriori, e
precisamente su quell’ allargamento palmato, di for-
ma quadrilunga, che ne accennammo pur testè cor-
rispondente alla prima articolazione appunto dei
piè di dietro; tali fossette servono all’ animale
molto opportunamente per appoggiarvi, e tener
saldo, nel tornarsene di volo all’ alveare, il carico
[Seite 497] di propolis, di miele e di cera, che gli è venuto fatto
di raccogliere su pe’ fiori in ogni singola gita esplo-
rati. Fino anche oltre a diecimila di così fatte Pec-
chie neutre conterebbonsi talora in un solo alveare,
per poco che sia esso vistoso, ma i loro ufficii,
che sono ben molti e continuati, non estendonsi
mai al di là di quanto importino gli approvvigio-
namenti de’ quali recansi in cerca, il trasporto ad
ogni volta del raccolto bottino al proprio alveare,
la costruzione del favo, e le cure occorrenti al col-
locamento dell’ ova, che la sola Ape regina ha de-
poste, e quindi poi all’ allevamento de’ Bacheroz-
zoli, o delle Larvicine, a mano a mano sbuccianti,
a tempo debito da quelle ova medesime. Le più
giovani di tali Pecchie neutre, o l’ultime nate,
ben inteso però che debbono sempre aver subìta
quella loro ultima metamorfosi che, se non fossero
riuscite muli, avrebbe bastato a ridurle in animali,
secondo la loro natura, perfetti, o in Insetti, come
suol dirsi, dichiarati, sono specialmente incaricate
di recarsi, col mezzo di metodiche e regolari pere-
grinazioni, a raccogliere nel polline, e in altre parti
de’ fiori, il propolis, il miele e la cera, che formano il
materiale occorrente a’ bisogni del proprio sciame,
o della speciale repubblichetta di cui fanno parte,
e a trasportar quindi quel materiale, quasi come
se ciascuna avesse allora due ceste o due barili
indosso, all’ alveare, ove, appena giunte, le al-
quanto più attempate di loro ne le sollevano, per
[Seite 498] accingersi tosto esse medesime a separarne dili-
gentemente il miele dalla cera, e dal polline re-
siduo, onde destinar ogni cosa all’ uso conveniente,
intanto che parte delle prime passa tostamente a
porgere, appunto nel già preparato e purgato pol-
line de’ fiori, il cibo opportuno alle neonate ed
oggimai crescenti Larvicine, e parte occupasi di
mantener pulite le cellette, e ben netta tutta quanta
l’arnia o l’alveare, trascinandone fuori le Api
morte, ed esercitando in vantaggio dell’ intiera co-
munità, a norma del bisogno, ogni maniera di
altri ufficii così fatti, e sempre unicamente servili.
Come già accennammo, l’Api mancanti di un
sesso determinato, sono per di dietro munite, al
pari della femina o dell’ Ape regina, d’un pun-
giglione, onde, quale arma atta a ferire, si gio-
vano per offendere chiunque s’attenti a recar
loro molestia; se non che allorquando spingono
questo loro velenoso aculeo troppo oltre nella in-
flittane, a bastanza dolorosa, ferita, perdonvelo
desse assai facilmente, per inettitudine a ritrarlo
a sè, sicchè vuolsi che poscia ben presto ne muo-
jano. – Quanto all’ Api di sesso maschile, che
chiamansi anche con molta proprietà Fuchi, pos-
sono d’ordinario contarsene fin circa a settecento
in uno de’ maggiori alveari, e questi non ad altro
ufficio sembrano essere destinati tutti quanti, fuor-
chè ad accoppiarsi colla loro regina per fecon-
darla; operazione che si ha luogo a credere suc-
[Seite 499] cedane volando. Alcuni di essi muojono tosto dopo
effettuato l’accoppiamento, altri pare che ne siano
condannati a morir poscia dalla fame, e il resto
ne viene in seguito ammazzato dalle Pecchie ope-
raje nella, perciò appunto così dettane, battaglia dei
muli dell’ Api, o strage de’ Fuchi (le massacre
des Faux-bourdons pe’ Francesi, die Drohnen-
schlacht pe’ Tedeschi). – L’Ape regina, così am-
plamente fecondata, accingesi quindi a deporre le
sue ova, sempre numerosissime, ripartendole il più
delle volte ad una per una nelle già approntate
rispettive loro cellette, o vogliansi dire alveoli,
circa a’ quali osservasi che quelli, che erano de-
stinati a servir di ricetto alle Larve de’ Fuchi, o
degl’ individui maschi nascituri, sono stati sem-
pre appositamente, nell’ atto stesso di costruirli,
tenuti alquanto più grandi e più capaci in con-
fronto degli altri, e ciò proporzionatamente alla
costante, e già da noi accennata, maggior gran-
dezza corporale di questi medesimi Fuchi, rispetto
alle Pecchie neutre o all’ Api operaje. – Allor-
chè poi, trascorsa, dall’ epoca della deposizione
dell’ uova, una ventina di giorni, dal più al me-
no, la prole novella trovasi pervenuta alla con-
veniente maturità, e fatta forte a bastanza, sepa-
rasi dessa dalla repubblica, o dalla famiglia ove
ebbe i natali, e abbandonando l’arnia natìa, sen
vola via per sempre, e recasi, quasi a foggia di
colonia, a stabilire altrove un altro sciame, affatto
[Seite 500] indipendente da quello onde s’è così dipartita. –
Le Pecchie, quando vivonsene in piena loro po-
testà, o per dir meglio in istato di salvatichezza,
costruiscono i loro favi, ora nelle cavità che of-
fronsi loro nel tronco di qualche albero, o anche
talora sotterra, e così via discorrendo. Ma l’uo-
mo seppe in certo modo ammansarle, e ridurle
anzi in veri Insetti domestici, de’ quali, moltipli-
candone quasi ad arbitrio, a norma dell’ occorren-
za, il numero, mercè delle ben molte speculazioni
consecratevi, e della opportuna applicazione dei
risultatine ingegnosissimi ritrovati, riuscì egli a
trarre tutto il partito che mai ne potesse sperare.
– Resterà finalmente da notarsi qui ora, come
osservazione che non lascia d’essere curiosissima,
che, sebbene le Api di per sè isolate non dimo-
strino mai un calor animale maggiore di quello
ch’è proprio degli altri Psicrematozoi, o siano
animali di sangue freddo, pure ne sviluppano ta-
lora nell’ alveare uno così grande, che, per poco
che ancora crescesse, agguaglierebbesi quasi al ca-
lore abituale del corpo umano vivente1.
SPECIE 2. Ape Centunculare, o anche la Pec-
chia delle rose, l’ape de’ rosai, l’ape dalla
schiavina, l’Ape dalla Gualdrappa, l’Ape sal-
vatica, o finalmente l’Antofora dalla Gual-
drappa (A. Centuncularis – Anthophora centuncu-
laris di Fabricius – Xylocopa centuncularis forse
per altri?, fr. l’Abeille centunculaire – l’Antho-
phore centunculaire – l’Abeille coupeuse des ro-
ses – l’Abeille noire sauvage – la Xylocope cen-
tunculaire?: ted. die Rosenbiene: ing. the Rose-
bee?). – Questa specie è nera tutta quanta, a
meno che sul ventre, ov’è coperta d’una lanug-
gine di color fulvo o lionato. (Vedi Frisch. P. XI.
Tab. 2.).
Dessa rinviensi indigena anche tra noi, ove sen
vive isolata e solitaria, la più parte del tempo sot-
terra, formandovisi per propria abitazione, o per
covile, colle foglie delle Rose, una buccia, o una
maniera di bozzolo, che non lascia d’essere bello
ed elegante a bastanza.
SPECIE 3. Ape Violacea – l’Ape trivellino
– l’Ape foralegno, o anche meglio la Xilo-
copa violacea (A. Violacea – Xylocopa viola-
cea di Fabricius: fr. l’Abeille perce-bois – l’A-
beille perce-violette – l’Abeille violette – la
Xylocope des violettes: ted. die Holzbiene: ing.
the timber’s Bee?). – Questa specie riesce pe-
losa molto, e d’un pelo irto o piuttosto duro,
intensamente nero (Apis hirsuta atra), coll’ ali
che ne volgono al turchiniccio (alis caerulescen-
tibus). (Vedi Reaumur. Vol. VI. Tab. 6. Fig. 1 e 2.).
È dessa indigena anche tra noi, e rinviensi per
l’ordinario entro a’ vecchi tronchi d’alberi, nei
quali scavasi per abitazione un cunicolo, o vera-
mente un nido per lo lungo, vale a dire a se-
conda delle fibre del legno, separandone con bel-
l’ artificio, l’una dall’ altra, le cellette, nelle quali
ogni singolo individuo sta, o la madre depone un
uovo, col mezzo di una ben sottile tramezza di
quel legno medesimo.
SPECIE 4. Ape terrestre, o l’Ape di terra,
o anche l’Ape sotterranea, o veramente il Bombo
terrestre, o soltanto il Pecchione (A. Terre-
[Seite 503] stris – Bombus terrestris di Fabricius – e per
taluno qualche volta, comunque a tutto torto, Bom-
bylius: fr. l’Abeille terrestre – l’Abeille souter-
raine – le Bombus terrestre: ted. die Hummel:
ing. the humble Bee). – Questa specie è tutta
coperta d’un pelo ispido o duro, e riesce in com-
plesso nera, se non che scorgevisi in sul torace
un cinto giallo, e l’ano poi, o la parte poste-
riore estrema dell’ abdomine, n’è bianca. (Vedi
Frisch. P. IX. Tab. 13. Fig. 1.).
È anch’ essa indigena fra noi, e pone il suo
nido assai profondamente sotterra.
SPECIE 5. Ape del Musco, o anche il Bombo
de’ Muschi (A. Muscorum – Bombus muscorum di
Fabricius: fr. le Bourdon des mousses: ted. die
Moosbiene: ing. the Moss-drone?). – Questa
specie è anch’ essa tutta quanta pelosa, col pelo
irto o ruvido, di colore lionato, ma poi l’abdomine
ne riesce invece giallo affatto. (Vedi Reaumur. Vol. VI.
Tab. 2. Fig. 3 e 4.).
È anch’ essa indigena fra di noi, ed ha per co-
stume di tappezzare, od ornar al di fuori il suo
nido con quella Criptogama, che denominiamo co-
munemente Musco, Muschio, o Moscolo, pi-
gliando tali nomi dal latino Musci, sorta d’erbe
che rinvengonsi frequentissime presso alle fonti.
SPECIE 6. Ape Cementaria, o anche l’Ape
muratora, e infine poi l’Antofora delle mura-
glie, e meglio forse ancora la Megilla delle
[Seite 504] pareti (A. Caementaria – Anthophora caemen-
taria – Megilla parietina di Fabricius: fr. l’A-
beille des murailles – l’Abeille maçonne –
l’Antophore des murs – la Mégille des parois?:
ted. die Mauerbiene: ing. the Wall-bee?). –
Questa specie è, in complesso, di color fulvo o
lionato, a meno dell’ abdomine, che ne è nero
affatto ne’ maschi, e d’un nero che volge al violetto
nelle femine, e a meno de’ piedi, o delle zampet-
tine, che, soltanto però nelle femine, ne riescono
di color fosco o bruno scuro.
Essa è pure indigena fra di noi, ed ha per na-
turale istinto di costruirsi lungo le cadenti muraglie,
ma in modo che piglino sempre quanto mai Sole sia
possibile, con artificio veramente maraviglioso e sor-
prendente, di sabbia e rottami di vecchio cemento,
solidissimi nidi, in cadauno de’ quali le cellette,
costantemente di forma ovale, sogliono essere per
l’ordinario dieci all’ incirca, e con tutta diligenza
tappezzate, come chi dicesse d’un cotone filato,
o piuttosto d’una fina e soffice calugine. – Ta-
lora accade di trovar domiciliato in alcuna di que-
ste cellule qualche Insetto predace, di specie affatto
diversa dall’ Ape cementaria che avealo fabbri-
cato, come a dire, per cagion d’esempio, il Lupo
dell’ Api, o l’Attelabo apiario (Attelabus apia-
rius), o qualche Icneumone (Ichneumon luteus
– glomeratus – globatus), o altro consimile.
GENERE LXI. Formica. (Formica1: fr. Fourmi:
ted. Ameise – Emse: ing. Ant). Gli Insetti com-
presi in questo genere, hanno sempre lungo mol-
to, nocchieroso, o munito d’una piccola squa-
ma, che sta su dritta, come chi dicesse in piedi,
o verticale, quel tal quale picciuolo che ne col-
lega l’abdomine all’ imbusto. (Petiolus abdomi-
nis elongatus, nodulosus, aut munitus squamula
erecta). Le loro femine, al pari de’ loro Muli,
o degli individui che fra essi non hanno sesso mar-
cato, portano abitualmente nascosto l’aculeo, o
il pungiglione feritore, onde sono armate per di
dietro. Tanto i maschi, come le femine, sogliono
esserne forniti d’ali; ma non può dirsi la stessa
cosa de’ loro Muli, o degli individui neutri che,
essendone costantemente mancanti, o essendo al
tutto apteri, ne riescono inetti al volo, per quanto
possa esser lunga la vita loro.
La massima parte delle Formiche indigene di
questi nostri paesi, o delle regioni conterminanti,
stassene, generalmente parlando, ne’ boschi, o su
per le praterie, e incontransene talora fin oltre a
quattromila congregate in una sola associazione,
[Seite 506] vogliasi poi dirla famiglia o repubblica. La sin-
golare attività, o la solerzia davvero sorprendente,
che regna continuamente tramezzo a questi stormi,
in onta alla tanta moltitudine d’individui, e soprat-
tutto poi la cura diligentissima, con cui vi si scor-
gono assiduamente tenute quelle neonate loro
Ninfe o Crisalidi, che al tutto erroneamente, a
sommo torto ed abusivamente, seguitano taluni a
riguardar pur sempre come le loro ova, e chia-
manle quindi ova di formiche, giungono tant’ ol-
tre, che troppo difficile sarebbe il prestar fede agli
esempi che ne sono recati innanzi, se in pieno
moltissimi de’ fatti, che se ne adducono maravigliosi,
non fossero oggimai constatati da persone di tutta
fede, ed in modo da non ammetter più dubbio
che riescane ragionevole. E per verità chi vi sarebbe
che, senz’ esserne con tutta positività accertato,
volesse ammettere, così di sbalzo e alla cieca, che
una Formica operaja, o una Formica balia, ch’ è
quanto dire una Formica-mulo, o una Formica
neutra, cui era stato tagliato via netto il ventre,
sia stata decisamente veduta occuparsi a tutta possa
nel riporre in salvo da dieci delle Ninfe alla sua
cura affidate, prima che disporsi a soccombere alla
morte, che inevitabile dovea necessariamente pre-
sagirle lo stesso dolorosissimo stato nel quale al-
lora trovavasi?
SPECIE 1. Formica Erculanea, o anche la For-
mica rodi-legno (F. Herculanea: fr. la Fourmi
[Seite 507] ronge-bois: ted. die Rossameise: ing. the timber-
piercing Ant? – Herculean Ant?). – Questa
specie, così generalmente parlando, è di color nero;
ha l’abdomine di forma ovale, colla parte supe-
riore delle zampettine, e segnatamente poi delle
posteriori, ch’ è quanto dire delle coscie, di colore
rosso ocraceo, o ferruginoso (femoribus ferrugi-
neis). (Vedi Sulzers. Kennzeichen. Tab. 19. Fig. 125.).
È dessa propriamente indigena piuttosto delle regioni
meridionali, che non delle più settentrionali, e quindi,
comunque non sia rarissima in Italia, nella Spagna e
simili, lo è di più in Germania, in Francia ec., e va
poi facendosi sempre meno frequente, a misura che pro-
cedasi più verso il Nord. – L’individuo potendo pervenirne
fino oltre alla lunghezza d’un mezzo pollice, è dessa
da ritenersi come la specie maggiore delle Formiche Eu-
ropee. – Vive questa in società assai poco numerose,
quasi sempre per entro alle parti morte degli alberi vec-
chi, mentre è rado che accada d’incontrarla vagante o
dispersa in fra terra, su pe’ campi o per le campagne. –
Gl’ Individui neutri, o le Formiche-muli, nere del resto
anch’ esse, hanno di colore rosso sanguigno scuro, tanto
il corsaletto, come le coscie, e a riguardo del colore,
a ben poca cosa riduconsi le differenze che ne passano
co’ maschi e colle femine. – N. del T.
SPECIE 2. Formica Rufa, o anche la Formica
rossastra, o la Formica rosso-bruna (F. Rufa: fr.
la Fourmi fauve, – ma non mai la Fourmi brune,
ch’è un’ altra specie: ted. die falbe Ameise –
rothlichfalbe Ameise?: ing. the fallow Ant?). –
Questa specie ha compresso, o come chi dicesse
[Seite 508] ristretto e schiacciato in sui lati, il torace, che n’è
tutto quanto ferrugineo, o di un color d’ocra
bruna (thorace compresso toto ferrugineo), ed
ha poi neri, tanto il capo, quanto l’abdomine.
È dessa indigena di tutta Europa, ed è forse una delle
più frequenti fra noi – Il maschio e la femina, alati amen-
due, sebbene la femina nol sia se non fino a feconda-
zione operata, ne sono lunghi da circa quattro linee,
mentre gl’ individui neutri, sempre apteri, non supe-
rano mai in lunghezza le tre linee. Quanto poi all’ altre
differenze, mercè delle quali queste tre maniere d’in-
dividui si possono l’una dall’ altra distinguere, sog-
giugneremo: che il maschio ha più spessa, e di forma
quasi quadrata, la squametta del così detto suo pic-
ciuolo, con curvato presso all’ ano l’abdomine, che ne
riesce nero, e con gialliccie poi le nervature dell’ ali;
che la femina ha bruno lionati, non meno il corsaletto,
che la squametta del picciuolo, ovata e più grande che
nel maschio, com’ anche la testa, la quale fassene poi nera
affatto intorno alla bocca, con corto e quasi globulare
l’abdomine che, in pieno d’un nero volgente al bron-
zato metallico, non si fa lionato se non per davanti,
coll’ ali, come chi dicesse, affumicate, colle zampettine
nericcie, e con rosso-brune le coscie; e finalmente che
il Mulo, o l’individuo neutro, ad eccezione della sua
picciolezza in confronto, e della costante mancanza as-
soluta d’ali, somiglierebbe molto alla femina, se non
che non ha poi quella macchia nera intorno alla bocca,
che accennammo come propria soltanto di essa. – Cu-
riosissime sono le cose che sposero come ineccepibili
molti Naturalisti, e più ancora degli altri, il francese Hu-
ber, circa alle abitudini sociali di questa, e di varie altre
specie di Formiche, non meno a riguardo dell’ organiz-
[Seite 509] zazione singolare delle loro repubblichette, e della strana
costruzione da’ loro covili, o nidi che vogliansi dire, di
quello che a riguardo degli eserciti che spesso condu-
cono, e delle accanite battaglie, talora sanguinosissime,
e al tutto distruttive, che dannosi quasi di continuo
l’una coll’ altra, degli assedii, e de’ positivi assalti, co’ quali
offendonsi le repubbliche d’una specie colle repubbliche
d’una specie diversa, fino alla totale espulsione della
debellata dall’ abituale sua dimora, e perfino a riguardo
de’ giuochi ginnastici, e de’ simulati combattimenti pub-
blici, co’ quali sogliono talora divertirsi a tu per tu, o a
corpo per corpo, ed allegrare la brigata in tempo di pace.
Ma troppo lungo sarebbe il volerci qui ora in così fatti
sminuzzamenti intrattenere partitamente, e quindi ci
adattiamo al partito di rimettere i curiosi all’ Opere che
ne parlano di proposito. – N. del T.
SPECIE 3. Formica rossa, o anche la Mirmice
rossa, che non è però mai da confondersi colla
Formica sanguigna, pur essa nostrana, la quale,
non solo è tutt’ altra cosa, ma anzi, sembrerebbe
quasi a taluni da ritenersi piuttosto quale ben vi-
stosa varietà della stessa nostra precedente Formica
rufa (F. Rubra – Myrmica rubra di Latreille
– Manica rubra di Jurine: fr. la Fourmi rouge
– la Myrmice rouge: ted. die rothe Ameise:
ing. the red Ant?). – Questa specie è testacea,
ossia di colore laterizio, o rosso di mattoni, con
nere le orbite, e con nero eziandio un punto al di
sotto dell’ abdomine. (Vedi Latreille. Monographie des
Fourmis, o la sua Histoire naturelle des Fourmis. Tab. 10.
Fig. 63.).
Rinviensi dessa indigena ed a bastanza comune anche
[Seite 510] fra noi, ma è ancora più frequente nelle regioni al-
quanto più settentrionali, come a dire in Francia, e ana-
loghi altri paesi, ove tiene sempre i suoi nidi o covili,
o sotterra, o veramente ne’ pertugi e nelle fenditure dei
tronchi d’alberi antichi molto. – Huber ce la qualifica,
ad un tempo per abile muratora, e scultora o scolpi-
trice, ed è poi ora da soggiugnersi, ch’ essa sfoggia una
singolarissima destrezza nel raccogliere certe piccole goc-
cie di sostanza, analoga al miele, che alcune Afidi la-
sciansi da quando a quando scappar per di dietro, al
quale uopo giovasi delle antenne, che passa e ripassa
sull’ animaletto, e così intrisele o spalmatole di quel-
l’ umore, le sugge poscia o lecca colla bocca. – A fare
in modo che si possa distinguerne a dovere, direm così,
i tre sessi, basterà accennare: che i Muli, o gl’ individui
neutri ne sono in pieno nericci, in certo modo finissi-
mamente zigrinati a un tratto, e pelosi, con due spine
od aculei per di dietro alla fine del corsaletto, oltre ad un
altro più piccolo al di sotto del primo nodo del così detto
picciuolo dell’ abdomine, che ne riesce liscio, lucente
ed avente bruno il primo anello; che le femine ne sono,
quanto al colore, consimili a’ neutri, coll’ aggiunta delle
ali di color bruno scuro, e d’alcune stimite bruno-giallic-
cie, e che finalmente i maschi ne sono in complesso
bruno-nericci, colle zampettine bruno-giallognole, del
qual color hanno eziandio le antenne. – N. del T.
SPECIE 4. Formica nera, e fors’ anco la For-
mica fosca, o la Formica nero-piombina? (F. Ni-
gra – Lasius niger pel solo Fabricius, e pro-
babilmente la stessa cosa colla Formica fusca di
Latreille?: fr. la Fourmi noire – le Lasie noir
– la Fourmi noir-cendrée?: ted. die schwarze
Ameise?: ing. the black Ant?). – Questa specie
[Seite 511] è tutta quanta d’un bel nero lucente, ad ecce-
zione delle tibie, o delle zampettine, che ne sono
d’un grigio volgente al color della cenere (tibiis
cinerascentibus). (Vedi, se pure è precisamente la sua
Fourmi noir-cendrée, come ora il supponghiamo, Latreille, Hi-
stoire naturelle des Fourmis. Tab. 6. Fig. 32.).
Sempre nella supposizione che questa specie sia iden-
tica colla Formica fusca di Latreille, indigena tra di
noi, noteremo per l’opportuna distinzione, direm così,
de’ tre sessi, che gl’ individui femine ne sono i soli che,
giuntovi una tal quale tendenza al metalloideo bron-
zato, ne riescano di quel bel nero che qui accenna il
testo, mentre gl’ individui maschi, col corpo nero,
combinano d’aver l’ano e le zampettine d’un color
rosso pallido, e mentre i muli, o gl’ individui neutri,
giugnenti a pena ad una lunghezza alquanto mag-
giore di due linee, e in pieno d’un color nero, che
volge sensibilmente al grigio di cenere, o al color piom-
bino, hanno poi rossiccie, tanto la parte inferiore delle
antenne, quant’ eziandio le zampettine. – Huber con-
sidera questa specie anch’ essa come muratora, o costrut-
trice d’ingegnosi nidi a vôlto, di diversi piani, sostenuti
per di dentro, con una tal quale apparenza di propor-
zione, da massicci e solidi pilastri, ec. ec., sebbene ogni
cosa siane fatta di terra. – N. del T.
Le precedenti quattro specie di Formiche so-
gliono accoppiarsi per stormi, o per intieri sciami
a un tratto, in sul finir della state, nella quale
epoca appunto accade alle volte di scorgere nel
medesimo istante fin oltre a venti così fatti sciami,
composti cadauno talora d’innumerevoli Formiche,
maschi e femine, in amore, e presentanti forme
[Seite 512] stravagantissime e variabili, quasi come di colonne,
ora ascendenti, ed ora discendenti che, vedute in
distanza, potrebbero rammentar, forse meglio di
qualsivoglia altra cosa, un’ Aurora boreale1.
SPECIE 5. Formica de’ cespiti, o la Formica
de’ cespugli, o fors’ anche la Formica bruna? (F.
Caespitum – probabilmente la stessa cosa colla
Formica brunnea di Latreille, se pure non è
un’ Atta per questo medesimo Naturalista, come ci
sembra più verosimile: fr. la Fourmi du gazon – la
Fourmi des buissons – la Fourmi des broussail-
les – la Fourmi brune: ted. die Büschenameise
– braune Ameise?: ing. the Bush-ant? – brown
Ant?). – Questa specie ha il così detto picci-
uolo dell’ abdomine sostenente due nodi, il primo
de’ quali, che ne sta posto al di sotto, è biden-
tato, come n’è poi anche bidentato per di sopra
il torace (abdominis petiolo binodi: priore sub-
tus, thoraceque supra bidentato). (Vedi Sulzers, Ge-
schichte ec. Tab. 27. Fig. 20.).
Pur sempre nel supposto che questa specie 5 corri-
sponda effettivamente alla Formica brunnea di La-
treille, la quale, indigena tra di noi, è una delle For-
miche qualificate da Huber come muratore, o costrut-
trici d’ingegnosissimi nidi o covili a più piani, non di-
visi che soltanto da sottilissime tramezze, pensiamo che non
disgradi chi legge il dirne alcun che più di quel pochis-
[Seite 513] simo che il Testo ne spone. Ecco il perchè ci facciamo
a soggiugnere qui brevemente, esserne in pieno il colore
bruno rossiccio chiaro, ad eccezione dell’ abdomine, che
n’è bruno scuro, e non passare una troppo rimarche-
vole differenza, a riguardo de’ colori, tra i tre diversi
sessi, che la specie ammette anch’ essa, come tutte quante
le altre Formiche, e tra i quali non vi suol essere indi-
viduo che superi una linea e mezza in lunghezza totale.
– Ma ciò che sembra più proprio di questa specie, che
delle rimanenti nostrali, si è che le Formiche non so-
gliono escir mai fuor del nido, o del covile, se non di
notte tempo, tenendovisi di pieno giorno racchiuse, e
che prediligono di attendere quando piove, alle, per
verità, asciugate che abbiale il Sole, assai solide loro
costruzioni, probabilmente perchè l’acqua rendesi neces-
saria, onde collegare colla necessaria stabilità il cemento
terreo, che serve loro di materia prima. – I nidi, o co-
vili di queste Formiche, o come suol dirsi, i loro For-
micaj, incontransi sempre in frall’ erbe, nelle praterie
e lunghesso il lembo o l’orlo de’ sentieri. – N. del T.
SPECIE 6. Formica Cefalote, o anche la For-
mica visitatrice, la Formica del Surinam, o final-
mente l’Atta cefalote (F. Cephalotes – Atta
cephalotes di Fabricius: fr. la Fourmi de visite –
l’Atte de visite – la Fourmi du Surinam: ted.
die Surinamische Ameise? – Surinamische Emse?:
ing. the Surinam-ant?). – Questa specie ha il
torace armato di quattro spine od aculei, ed ha
la testa didima, quasi chi dicesse doppia, o ag-
geminata, grande molto, e per di dietro da ambe
le parti mucronata, od aguzza. (Vedi Sibilla Merian.
les Insectes du Surinam. Tab. 18, corrispondente alla pag. 18
dell’ edizione del 1726.).
È dessa indigena del Surinam, e d’altre con-
trade analoghe a quella, tanto dell’ America me-
ridionale, quant’ anche delle così dette Indie oc-
cidentali. L’individuo ne viene grande a un di-
presso quanto la nostra Vespa comune o volgare.
Penso che anche di questa singolare specie di For-
miche, pigliata da altri a tipo del nuovo genere Atta, non
sia per dispiacere a’ nostri leggitori di trovar qui qual-
che cenno più esteso, e per avventura più esatto, di
quanto ce ne porga il nostro Testo. Dirò pertanto asse-
gnarlesi ora a caratteri distintivi, il così detto picciuolo
dell’ abdomine, formato di due nodi, le antenne scoperte
affatto alla loro base, cortissimi tutti i palpi, tra’ quali
mascellari costituiti sempre di membretti od articoli
in numero minore di sei, e una testa voluminosissima, se-
gnatamente negl’ individui neutri, i quali, com’ anche
le femine, vanno per di dietro muniti d’un pungiglio-
ne, a differenza de’ maschi, che ne mancano sempre.
– E quanto alle abitudini, è da sapersi che questa ma-
niera d’Insetti scavasi sotterra covili, nidi o Formicaj,
che vi si sprofondano finanche a più di otto piedi, e che una
volta l’anno essi li abbandonano, senza che ve ne ri-
manga pure un solo individuo, recandosi tutti quanti
indistintamente a visitare le abitazioni degli uomini colà
domiciliati ne’ dintorni, nelle quali occupansi a distrug-
gere ogni sorta d’Insetti nocivi, o d’altri consimili ani-
maletti incomodi e molesti. Quando poi, ne’ viaggi che
intraprendono, avvengonsi queste così fatte Formiche in
ostacoli, che non possano in altro modo sormontare,
usano per singolarissimo istinto, onde varcarlo, di forma-
re, fissata che se ne sia la prima, per esempio, ad un
albero ivi vicino, attaccandosi l’una dietro all’ altra, una
catena più o meno lunga, secondo che può richiederlo
[Seite 515] la specialità del caso, la quale rimane così pendente
finchè venga un colpo di vento a spingerla al di là di
quell’ arduo passo, e possa allora la Formica formante
l’ultimo membro di tale catenella, fissarsi anch’ essa in
un punto conveniente, perchè la catenella stessa distesa
venga a trasformarsi in una foggia di ponte lineare,
su cui passano talora a migliaja e migliaja gl’ individui,
procedenti oltre nel loro viaggio, finchè non accada di
ripeter poi l’operazione medesima, onde superare qual-
che altro passo della medesima natura. – N. del T.
GENERE LXII. Termite, o anche Termete, e
più volgarmente poi Formica bianca (Termes: fr.
Termite – Termes – Fourmi blanche – Poux
de bois: ted. weisse Ameise – Holz-emse – Ter-
mit: ing. white Ant –Wood-ant – Wood-louse
– Termites?). Negli Insetti di questo genere, co-
me spettanti al quale non conosconsi infino ad
ora che cinque specie sole, non riscontrasi mai
sul picciuolo abdominale quella squametta dritta
in piedi, e disposta quasi a foggia di setto o di
tramezza, che accennammo come caratteristica delle
precedenti Formiche (squamula intergerina nulla);
tanto i maschi, quanto le femine, ne sono muniti
d’ali, però soltanto temporariamente, mentre,
compiute le funzioni conducenti alla propagazione
della specie, perdonle così i primi, come le se-
conde; i muli invece, ossiano gl’ individui di sesso
neutro, è certo che non ne sviluppano mai tam-
poco un indicio.
SPECIE 1 ed anzi UNICA qui ora per noi. Ter-
[Seite 516] mite fatale, o anche la Formica bianca bellicosa
(T. Fatalis – Termes bellicosus di Solander: fr.
la Termite fatale – le Termes belliqueux: ted.
die eigene weisse Ameise – verhängnissvolle Holz-
emse? – ungluckbringende Termit?: ing. the
fatal Termites – proper white Ant? – warlike
Wood-ant?). – Questa specie ha in complesso il
corpo di color fosco o bruno scuro, coll’ ali bru-
niccie, aventi la costa di colore ferrugineo, o giallo
d’ocra, con alcuni stemmi posti, quasi chi dicesse,
superiormente, ma certo in vicinanza dell’ occhio,
e con un punto centrale alquanto prominente,
(corpore fusco, alis fusce scentibus, costa ferrugi-
nea, stemmatibus subsuperis oculo propinquis, pun-
cto centrali prominulo). (Vedi le mie Abbildungen
naturhistorischen Gegenstände. Tab. 9, ove a Tab. 10 pos-
sono anche vedersi rappresentate le singolari costruzioni, o
gli edifici della Termite di Guinea).
La specie qui ora da noi unicamente descritta
di Termite (giacchè al presente, come accennam-
mo, se ne conoscono per lo meno altre quattro
specie ben distinte, che tutte sempre incontransi
indigene qua e là fra i due Tropici, quale partico-
larmente nell’ Indie orientali, quale nelle occiden-
tali, quale nelle contrade occidentali della parte
più meridionale dell’ Affrica, e quale infine della
Nuova Olanda), rinviensi frequente, più che altro-
ve, tanto nell’ Indie orientali, quant’ anche appunto,
come si disse, nella Guinea, ove ha per istinto suo
[Seite 517] naturale, d’ergere, valendosi a tale effetto d’argilla,
sabbia, fango e simili, come di materia prima, certi
edifizii di forma conica, terminanti in alto il più
delle volte in un gran numero di piramidi o di
guglie, e per di dentro vuoti, e fornicati o con-
formati a vôlta, alti talora fin oltre a dieci, ed
anche dodici piedi, misurandoli dal loro pavimento,
o fondo interiore; edifizii o costruzioni, che quando
trovansi, come non di rado succede, numerosis-
sime e in piccolo spazio ravvicinate, a chi scor-
gale un po’ da lontano, effettivamente non rap-
presentano male l’idea d’un nostro villaggio, ab-
bondante di torri acuminate, o di campanili aguzzi.
Col decorrer poi degli anni, succede benissimo al-
cuna volta, che questi così fatti covili delle Ter-
miti copransi al di fuori d’erba, come a dire di
gramigna o altro, ed allora diventano saldi a se-
gno di poter sostener benissimo a un tratto parec-
chi uomini che vi camminino sopra, e ciò ad onta
che le pareti ne siano tutte quante pertugiate o
traforate da numerosissimi, grandi e lunghissimi
cunicoli, o gallerie che vogliansi dire, con inter-
na vicendevole comunicazione, la ampiezza delle
quali supera bene spesso la misura d’un mezzo
braccio, tanto in larghezza, quanto in altezza. – È
singolare l’osservazione che in questi così vistosi
Formicaj, le Termiti, che li abitano, non cessino
mai dal lavoro; cosìchè ora distruggono esse le cel-
lette anticamente stabilitevi, ora ne aggiungono altre
[Seite 518] di nuovo, ora ne allargano alcune, e così via via
discorrendo. Le celle destinate particolarmente al
Re e alla Regina, (e di queste non ve n’ha mai
se non due sole in ogni Formicajo), stanno sempre
riposte nella più interna e recondita parte del fab-
bricato. Tutt’ all’ intorno di queste stanze reali,
scorgonsi stabilite le abitazioni delle Termiti ope-
raje, delle balie, o parlando ancora più esattamente,
de’ Muli, degli Eunuchi, degl’ individui neutri, o
delle Termiti di terzo sesso, ed oltre queste, o
più presso alla periferia del Formicajo, incontransi
finalmente le cellette destinate al collocamento del-
l’ ova, e al riparo della novella prole, con attigui
a quelle poi i magazzini. – Questi Insetti rodono,
fino a distruggerle onninamente, le nostre opere
di legname, come a dire attrezzi, mobili, travi
d’armatura, tramezze e simili, distruggendo per-
fino le intiere capanne fatte di legno, e sono così
attivi nell’ operar tali distruzioni, che nello spazio
di poche settimane, possono non lasciar più nem-
meno vestigia de’ tronchi d’alberi i più colossali,
a’ quali siansi attaccati. – Ripeteremo qui, poichè
n’è positivamente il luogo, ciò che ebbimo già ad
accennare nel § 137, a pag. 236, del presente vo-
lume, quando stavamo sponendo le generalità sugli
Insetti, vale a dire, che la pancia d’una Termite
regina, o della pregnante Regina d’un Formicajo
di Termiti, si calcola duemila volte più volumi-
nosa, di quello ch’ essa potesse esserne prima, e
[Seite 519] solo soggiugneremo qui, ch’ essa mette giù allora
fino ad ottantamila ova nel breve spazio di ven-
tiquattro ore.
GENERE LXIII. Mutilla, o anche Ape aptera
(Mutilla: fr. Mutille: ted. Afterbiene – unge-
flügelte Biene? – Mutilla?: ing. Mutilla? –
After-bee?). I numerosi Insetti, che concorrono
a formar questo vistoso genere, comunque qui non
se n’accenni se non soltanto una specie, delle
cinque o sei dozzine che per lo meno se ne co-
noscono, e questa sia poi anche esotica, sono per
lo più aptere, o affatto mancanti d’ali, lo che ve-
rificasi in particolare delle loro femine (alae nul-
lae in plerisque); il corpo n’è pubescente, o co-
perto come d’una lanuggine pelosa; il torace ne
riesce per di dietro ottuso, quasi direbbesi rin-
tuzzato (thorax postice retusus), e nelle femine
vien desso a rammentar in complesso, più che al-
tro, un cubo; sono essi finalmente per di dietro
muniti, come l’Api, d’un aculeo feritore, o d’un
pungiglione, che portar sogliono d’ordinario na-
scosto, e le di cui punture riescono dolorosissime.
SPECIE 1 ed anzi UNICA qui ora per noi. Mu-
tilla occidentale, o anche la Mutilla scarlat-
tina, o l’Ape aptera coccinea (M. Occidentalis
– Mutilla coccinea di Fabricius: fr. la Mutille
occidentale – la Mutille écarlate – la Mutille
de l’Amérique septentrionale: ted. die Scharlach-
afterbiene – Nordamericanische ungeflügelte Bie-
[Seite 520] ne?: ing. the coccineal After-bee – Nord-ame-
rica’s Mutille?). – Questa specie è tutta quanta
d’un bel colore rosso di scarlatto, ad eccezione
d’un cinto nero, che essa porta in sull’ abdomine.
È dessa esotica sempre per noi, nè rinviensi
indigena mai, se non appunto nell’ America set-
tentrionale1.
Dipteri (Diptera – Antliata di Fabricius: fr.
les Diptéres: ted. die Zweiflügler – zweiflügelige
Insekten: ing. the Dipterous Insects1.
Entrano a comporre quest’ Ordine tutti quegli
Insetti, che sono muniti ad un tempo di
due ali propriamente dette, venate e di-
stese, con dietro a queste, e situate in sul
petto, due piccole appendici, vogliasi poi
chiamarle nodi o bottoncini, contraddi-
stinte in latino col nome di Halteres, che
noi potremmo denominar contrappesi del-
l’ ali, o bilancieri dell’ ali, a quel modo
che i Francesi chiamanle balanciers des
ailes, e che i Tedeschi diconle, ora Flü-
gelkölbchen, ed ora Balancirstangen, le
quali, membranose o semicornee che siano,
il più delle volte procedono un buon tratto
in forma di propaggini lineari, che termi-
[Seite 522] nano ciascuna appunto in un bottoncino,
o in una rigonfiatura mobilissima, e sono
poi coperte o riparate in parte anch’ esse
da una alietta o sommola (aileron de’ Fran-
cesi) per cadauna, in forma di piccola
squama membranosa o papiracea, e meglio
d’ogni altra cosa rammentante i così detti
Elitri de’ Coleopteri e degli Emipteri. Non
si sa ancora bene a quali usi sia qui stato
positivamente dalla Natura ordinato un così
fatto organismo speciale, in forza del quale
propriamente, ad alcuni Entomologisti era
piaciuto di contraddistinguere latinamente
da tutti quanti gli altri Insetti, col nome
di Insecta halterata, che per noi suone-
rebbe quasi muniti di Bilancieri, quelli
che racchiudonsi nell’ Ordine presente. Del
resto la Larva, nel maggior numero dei
casi, può dirsene piuttosto un Baco o un
Bacherozzolo, che non un Bruco1, e la Ninfa
[Seite 523] o la Crisalide, ne suol esser quasi sempre
di color bruno e di forma cilindrica; men-
tre l’Insetto perfetto o dichiarato, in alcuni
generi, porta una foggia di succiatojo duro
ed aguzzo, od un aculeo spinoso, che gli
serve a modo di tromba, atta a forare
prima, e poscia a succiare; in altri porta
un molle sorbitojo, che diremmo una pro-
boscide o un grugno polposo, di cui gio-
vasi appunto per sorbire ciò che può tor-
nargli opportuno onde nutrirsi; in alcuni
altri non ha, se non soltanto un’ apertura
semplice, o una bocca come al solito, con
cui cibarsi, e così via discorrendo. – Al-
cune specie ne sono vivipare.
GENERE LXIV. Estro, e sempre poi affatto im-
propriamente, tanto Assillo, quanto Tafano o Ta-
[Seite 524] bano, essendo questi due nomi riserbati ad espri-
mere cadauno un genere di Insetti affatto distinto
da quello che intendiamo qui ora d’indicare, (OE-
strus1: fr. Oestre: ted. Bremse: ing. Breeze).
– Gl’ Insetti a bastanza numerosi, che com-
prendonsi in questo genere, hanno la bocca con-
sistente in una semplice apertura, munita però
d’una tromba, che ascondevisi tutta per entro, e
munita eziandio di due palpi, o tentacoli, im-
piantati, tanto a destra, quanto a sinistra, colà dove
appunto l’apertura della bocca mostrasi depressa
od infossata, che constano amendue di due mem-
bretti, o vogliansi dire articoli, e che terminano
alle loro estremità come in un globetto (palpi
duo, biarticulati, apice orbiculares in depressione
oris utrinque siti).
Nelle specie, che sto per descriverne nominata-
mente tosto qui sotto, la femina suole avere sempre
per naturale istinto di metter giù le sue ova nella
cute, o dentro alla sostanza formante la pelle di qual-
che animale vivente, e per riuscire in questo suo
intento, applica essa a quell’ animale medesimo in
[Seite 525] certo modo, e sicuramente non senza dolore, un
cauterio, e vi stabilisce, quasi chi dicesse un fonti-
colo, o una enfiagione ulcerosa, che i Francesi
dicono Tetin, e che i Tedeschi denominano in
questi casi propriamente Dasselbeule, in cui vi-
vono poi le neonate Larve, nutricandosi del pus,
o delle marcie, che ne vanno emergendo o ge-
mendo continuamente.
SPECIE 1. Estro bovino, o anche l’Estro dei Bo-
vini (OE. Bovis: fr. l’Oestre du Beuf – l’Oestre
de la peau: ted. die Ochsenbremse – Wiehfliege:
ing. the Gad fly – proper Breeze). – Questa
specie ha l’ali fosche o bruno-scure, senz’ alcuna
macchia, ed ha poi in sul bel mezzo dell’ abdo-
mine come una cintura, o una fascia nerastra
(abdomine fascia atra media), e il corpo ne ter-
mina finalmente per di dietro in una punta tutta
quanta coperta di peluzzi d’un colore giallastro,
che volge al fulvo o al lionato (apice pilis ful-
vo-flavis). (Vedi le mie Abbildungen naturhist. Gegenständ.
Tab. 47. Fig. 1 e 2.).
Dessa rinviensi indigena anche fra noi, e spesso
tormenta crudelmente i nostri Bovini.
SPECIE 2. Estro del Tarando, o anche l’E-
stro Rangiferino (OE. Tarandi: fr. l’Oestre de
la Renne: ted. die Rennthierbremse: ing. the Rein-
deer’s Breeze?). – Questa specie ha anch’ essa
senza pure una macchia le sue ali; ha giallo il
torace, con sopravi una fascia, o vogliasi dire cin-
[Seite 526] tura nera, ed ha poi fulvo, bajo scuro, o di co-
lore lionato, l’abdomine, che va facendosi sem-
pre più giallo verso l’estrema posteriore sua punta.
Dessa non è indigena mai, se non de’ luoghi
stessi ove vive attualmente indigeno il Rangifero,
come a dire delle Terre poste al di là del Cir-
colo polare artico, o almeno di quelle che sono
più da presso al Polo settentrionale, quali sono,
per cagion d’esempio, l’ultima Siberia, la Lappo-
nia, la Finlandia, la Groenlandia, ec. ec., fino
inclusivamente all’ Islanda, ove l’umana industria
riuscì ad acclimatare quest’ utilissimo mammifero,
che non esisteavi da prima.
SPECIE 3. Estro Equino, o anche l’Estro del Ca-
vallo (OE. Equi – Oestrus bovis di Linneo: fr.
l’Oestre du cheval: ted. die eigene Pferdebremse:
ing. the Horse’s Breeze?). – Questa specie ha
sempre l’ali bianchiccie, con in mezzo una fascia,
benda, o striscia nera, e con inoltre due punti
neri del pari. (Vedi le mie Abbildungen naturhistorisch.
Gegenständ. Tab. 47. Fig. 3, 4 e 5.).
Questa specie, indigena e frequente anche di
troppo fra noi, ha per istinto di deporre le sue
ova in sulle spalle, ed anche lungo le zampe an-
teriori de’ Cavalli, che, spintivi dal prurito, lec-
candosi queste parti, inghiottiscono spesso le già
nate Larve, non meno di questa, che della spe-
cie qui sotto immediatamente successiva, le quali
effettivamente quasi sempre, e bene spesso nume-
[Seite 527] rosissime, rinvengonsi poi nel ventricolo de’ Cavalli
morti, ove stannosene molto saldamente attaccate
all’ interna membrana colla acuminata loro estre-
mità anteriore, emulando per la forma, e per poco
direbbesi eziandio a riguardo della loro grossezza,
altrettanti nocciuoli di Dattero; nella quale circo-
stanza speciale ebbero desse dagli Inglesi il pro-
prio nome di Botts.
SPECIE 4. Estro Emorroidale, o anche, se si
voglia, l’Estro delle labbra (OE. Haemorrhoi-
dalis: fr. l’Oestre hêmorrhoïdal: ted. die After-
bremse – Goldaderbremse – Goldaderpferde-
bremse: ing. the hemorrhoidal Breeze?). – Que-
sta specie ha l’ali di color fosco, o bruno scuro,
senz’ alcuna macchia, e con nero affatto l’abdo-
mine, ad eccezione della base, che n’è bianca, e
della punta, che ne riesce di color fulvo o lionato.
(Vedi le Fig. 12 e 13, che accompagnano la Memoria del
Dott. Bracy Clark, citate nella precedente ultima nota del-
l’ Autore).
È dessa indigena anche fra noi, e suole porre
giù le ova precisamente sulle labbra de’ Cavalli,
che ne inghiottono bene spesso le Larve, come
accennammo già qui sopra.
SPECIE 5. Estro ovino, o anche l’Estro delle
Pecore (OE. Ovis: fr. l’Oestre des brébis – l’Oe-
stre des moutons: ted. die Schafbremse: ing. the
Sheep-breeze? – Mutton-breeze? – Wether-
fly?) – Questa specie ha l’ali diafane, o pellu-
[Seite 528] cide e scolorate, fuorchè presso all’ apice, ove rie-
scono punzecchiate, e l’abdomine ne è come mi-
sturato di bianco e nero, quasi direbbesi cangiante
(abdomine albo nigroque versicolore). (Vedi le mie
Abbildungen naturhistorisch. Gegenstände. Tab. 27. Fig. 6 e 7.).
È dessa pure indigena fra noi, ove molesta par-
ticolarmente i Montoni, le Pecore ed i Castrati,
se bene non tormenti poi meno di tali quadrupedi,
anche i Cervi, i Cavriuoli, gli Arieti e le Capre,
ne’ quali animali tutti ama di ficcarsi, rimanere
e deporre le proprie ova, ne’ seni frontali.
GENERE LXV. Tipula, ed anche meglio Tip-
pola (Tipula: fr. Tipule: ted. Schnake – Schna-
cke – Erdschnacke: ing. Crane-fly). Gl’ Insetti
compresi in questo genere, hanno il capo allun-
gato, e quasi direbbesi bislungo, ornato d’antenne
composte di molti articoletti, o membricini che
vogliansi dire, ed anzi per lo più di quattordici,
o di sedici, come hannole anche i Culici, colla
bocca avente conformata a vôlta la mascella su-
periore (os capitis elongati maxilla superiore for-
nicata), e munita inoltre di due palpi incurvati,
più lunghi di quello che non siane l’intiera testa,
e d’una proboscide cortissima ricurvata, o curva
all’ indietro.
Questi Insetti possono durare in vita lunghis-
simo tempo, siccome quelli che sono dotati d’una
straordinaria vitalità, o secondo che suol dirsi, te-
nacità di vita. – Le loro Larve possono vivere
[Seite 529] benissimo persino nelle acque sulfuree. Il celebre
De Luc ebbe ad incontrarsi in Tippole vispe e vi-
vacissime, sulle montagne, a mille cinquecento ses-
santa tese, ossia a poco meno di novemila e quat-
trocento piedi d’altezza dal livello del mare.
SPECIE 1. Tipula oleracea, o anche la Tip-
pola delle erbe, la Tippola delle civaje, la
Tippola de’ camangiari (T. Oleracea: fr. la Tipule
des herbes potagères – la Tipule des légumes:
ted. die Gemüsenschnake?: ing. the Pulse-cra-
ne-fly?) – Questa specie ha patenti od aperte, ed
anzi allargate sempre, le sue ali jaline, o scolorate
e trasparenti, la costa marginale delle quali rie-
sce di color fosco o bruno scuro. (Vedi Frisch. P. IV.
Tab. 12.).
È dessa indigena e comune fra di noi, ove,
com’ anche altrove in moltissimi luoghi, reca danni
di sommo rilievo alle radici delle piante bulbose
o tuberose, ma segnatamente poi alle civaje, o alle
piante leguminose, e agli erbaggi che usiamo con-
traddistinguere col nome di camangiari.
SPECIE 2. Tipula distruggitrice, o anche la
Tippola struggitrice (T. Destructor – Tipula
destructrix?: fr. la Tipule destructrice: ted. die
nordamerikanische Waizenschnake? – Hessian-
schnake?: ing. the Hessian-fly1). – Questa spe-
[Seite 530] cie ha neri, tanto il capo, quanto il torace, ed
avrebbe al tutto nere anco l’ali, se presso alla
loro base non riuscissero piuttosto di color fulvo
o lionato. (Vedi Philadelphia’s Journal of natural Scien-
ces, per l’anno 1817. Tab. 3.).
Può dirsi ch’ essa sia indigena unicamente degli
Stati Uniti dell’ America settentrionale, ove ca-
giona grandissime devastazioni, soprattutto ne’ Ce-
reali, al frumento, e ne’ campi d’altre biade, e via
discorrendo.
SPECIE 3. Tipula piumosa, o la Tippola piu-
mata, ed anche poi al presente il Chironomo piu-
mato (T. Plumosa – Chironomus plumosus di Fa-
bricius: fr. la Tipule plumeuse – le Chironome
plumeux di Meigen e di Fabricius, come qui so-
pra – le Tanype plumeux di Latreille?: ted. die
federige Schnake – gefiederte Schnacke?: ing. the
feather’s full Crane-fly – downy Crane-fly?) –
Questa specie porta l’ali, come suol dirsi, in-
cumbenti, o cadenti giù fino rasente terra; il torace
ne riesce d’un colore che inclina sensibilmente al
verdastro, e l’ali ne sono jaline, o scolorate e pel-
lucide, con sopravi un punto nero. (Vedi Frisch.
P. XI. Tab. 3 e 12.).
Rinviensi essa pure indigena fra di noi. – Le
Larve rosso-sanguigne di questa Tippola vivono
abitualmente nell’ acqua, e per tal modo servono
poi di pastura all’ Idre; o a’ così detti Polipi dalle
molte braccia.
SPECIE 4. Tipula Falenoidea, o la Tippola
conformata a foggia di Falena, o anche la Psi-
coda faleniforme (T. Phalaenoides – Psychoda
phalaenoides di Fabricius: fr. la Tipule phalé-
noïde – la Psychode phalénoïde: ted. die nacht-
vogelartige Schnake: ing. the moth-like Crane-
fly?). – Questa specie ha l’ali deflesse, o ri-
piegate all’ ingiù, di color piombino, o grigio di
cenere, ciliate, o guernite di peluzzi dritti lungo
il lembo marginale, e di forma che, se da un canto
inclina all’ ovale, dall’ altro rammenta piuttosto
una piccola lancia. (Vedi Frisch. P. XI. Tab. 3 e 11.).
È pur dessa indigena fra noi, ed appiattasi nei
luoghi umidi molto e pantanosi, ma di preferenza
poi nelle latrine, ne’ cessi, nelle cloache ec.
GENERE LXVI. Mosca (Musca: fr. Mouche: ted.
Fliege: ing. Fly). Gl’ Insetti in questo copioso
genere racchiusi, hanno sempre la bocca munita
d’una proboscide carnosa, con due labbra situate
lateralmente, e con inoltre due palpi, o tentacoli
che vogliansi dire.
SPECIE 1. Mosca vomitoria, o anche il Moscone,
o la Mosca schifosissima, la Mosca delle carogne,
la Mosca dello sterco, e talora eziandio, ma a quel
che sembra troppo impropriamente, la Mosca delle
maccellerie (M. Vomitoria: fr. la grande Mou-
che – la Mouche à ver – la Mouche bleue de
la viande – la Mouche des charognes: ted. die
Schmeissfliege: ing. the bleu Flesh-fly – greatest
[Seite 532] Fly?). – Questa specie porta la testa di color
bruno, misto di giallo dorato, con piumate le an-
tenne, ed è poi tutta, quanta pelosa intorno ai
segmenti abdominali, o alle cinture, con nero il
torace, e coll’ abdomine d’un bel colore azzurro
molto vistoso e risplendente.
È dessa indigena, come tra di noi, così di tutta
Europa, e vien lunga un po’ meno di cinque linee.
– D’estate gira volontieri intorno alle carni per
deporvi le ova, lo che ne sollecita di molto la
putrefazione.
SPECIE 2. Mosca Carnaria, o anche la Mosca
delle carni, la vera Mosca de’ maccelli, la Mo-
sca delle maccellerie, o finalmente la Mosca
vivipara (M. Carnaria: fr. la Mouche carnas-
sière: ted. die Fleischfliege? – fleischfressende
Fliege: ing. the proper Flesh-fly?). – Questa
specie ha la parte anteriore della testa di un bel
colore giallo dorato, cogli occhi rossi; le antenne
ne terminano in una appendice piumoso-sericea;
il corpo n’è tutto quanto coperto d’una densa
lanuggine nera, che non si saprebbe decidere se
sia piuttosto piumosa che pelosa, o viceversa; il
torace n’è di color grigio, con sopravi quattro ri-
ghe, o linee a pena nericcie, longitudinalmente
descrittevi; l’abdomine ne riesce nero e lucente
nel fondo, ma scaccato poi in grazia delle quat-
tro macchie quadrate bianchiccie, che ne stanno
segnate sopra ogni singolo anello, fuori dell’ ulti-
[Seite 533] mo, che all’ estremità ne riesce di color rossiccio.
(Vedi Frisch. P. VII. Tab. 14.).
È dessa pure indigena di tutta quanta l’Eu-
ropa, e comunissima eziandio tra di noi, come rin-
viensi anche in Pensilvania, nell’ America setten-
trionale. – Questa Mosca, che vien lunga circa
mezzo pollice, è precisamente quella che a ra-
gione può chiamarsi vivipara, mentre, invece di
ova, depone vive le Larve in sulle carni, che
suole frequentare con marcatissima predilezione;
e queste Larve poi, quando trovansi compiuta-
mente cresciute, vanno a ficcarsi sotterra per ivi
subire quella loro trasformazione, o metamorfosi,
che debbe cangiarle in Ninfe, o Crisalidi.
SPECIE 3. Mosca domestica; o anche la Mo-
sca comune (M. Domestica: fr. la Mouche do-
mestique – la Mouche des maisons?: ted. die
Stubenfliege – Hausfliege?: ing. the House-fly?).
– Questa specie ha nere le antenne, fatte a fog-
gia di piuma, e pelose, quasi direbbesi barbate,
d’un pelo che tiene della seta più che d’altro;
gli occhi ne sono di color rosso volgente al bru-
no; la testa ne riesce nera in complesso, ad ec-
cezione della parte sua anteriore, che n’è invece
bianca, e lucente, come se fosse di raso; il torace
n’è nel fondo di un color nero volgente al gri-
gio della cenere, con sopravi quattro righe, o
striscie longitudinali nericcie; l’ali ne sono pel-
lucide e scolorate per tutto, fuorchè soltanto presso
[Seite 534] alia loro base, ove riescono d’un colore giallo-
gnolo sparuto assai, e finalmente l’abdomine n’è
come scaccato, per di sopra bruno nericcio, con al-
cune macchie nere bislunghette, mentre per di sotto
è poi giallo pallido, con una riga o striscia bruna
per lo lungo nel bel mezzo. (Vedi von Gleichen. Ge-
schichte der gemeinen Stubenfliegen; Nürnberg. 1783 in 4.).
Rinviensi dessa indigena, si può dir quasi, da
per tutto, come lo è tra di noi, ed hannovi anzi
alcune località, quali sarebbono, per cagion d’esem-
pio, Otahiti, la Nuova Olanda, il Capo di Buona
Speranza, ed altre diverse, nelle quali il numero
di queste così fatte Mosche riesce così sterminato,
da renderle incomode molto e affatto insoffri-
bili, come accade bene spesso anche nelle regioni
le più meridionali dell’ Europa, soprattutto duranti
i mesi di Luglio e d’Agosto, ed in particolare
poi ne’ luoghi abbondanti di bestiame. – L’in-
dividuo ne vien lungo tutt’ al più tre linee e mezzo.
– È degna d’essere qui accennata la speciale cir-
costanza, che, per effettuare l’accoppiamento, la
faccenda in questa specie procede quasi a rove-
scio di quello che per l’ordinario avvenga negli
altri animali, mentre ne è precisamente la femina
quella che introduce nel corpo del maschio l’or-
gano della generazione, ond’ è provveduta, con-
formato a foggia d’un tubo lungo molto, in con-
fronto coll’ altre proporzioni dell’ Insetto. Dessa
poi, fecondata che sia, mette giù le sue ova in
[Seite 535] numero di ottanta all’ incirca, ora nel letame, ora
nello sterco, or nelle stalle, ed ora in altri così
fatti luoghi umidi, fangosi, e il più delle volte
sporchissimi, ove vivono le sue Larve, fino a quando
giunga l’epoca della loro trasformazione in Ninfe,
o Crisalidi, dalle quali allorchè stanno per isbuc-
ciare gli Insetti perfetti e dichiarati, o le Mosche
precisamente dette, l’animaletto gonfia poi la pro-
pria fronte, per rompere con essa il guscio, o la
buccia, ove stavasi racchiuso1.
SPECIE 4. Mosca cellare, o la Mosca cel-
liera, o anche la Mosca cantiniera, o la Mo-
sca delle cantine, e più propriamente poi il Mo-
scione (M. Cellaris – Mosillus cellaris di La-
treille? – passim Vinulus – Cenops – Conops
– Culex vinarius: fr. la Mouche cellière – le
Cousin des caves?: ted. die Weinschnake? –
Weinfliege? – Kellerfliege? – Kellermücke?:
ing. the Vine-fly? – little Fly – unwounding
Gnat?). – Questa specie ha le antenne setolose
[Seite 536] (antennis setariis); riesce nera tutta quanta, e ad
un tempo pelosa, coll’ ali zeppe di nervature (alis
nervosis), e cogli occhi ferruginosi, o del color
giallo dell’ ocra (oculis ferrugineis). (Vedi Reaumur.
Vol. V. Tab. 8. Fig. 7.).
È dessa pure indigena fra di noi, e ci presenta
un Moscherino assai piccolo, che frequenta in gran
numero le cantine, ove tenghiamo il vino, i labo-
ratorj di vinificazione, e soprattutto poi que’ luoghi,
ove tengonsi frutti dolci in istato di fermentazione,
e così via discorrendo.
SPECIE 5. Mosca meteorica (M. Meteorica:
fr. la Mouche mètéorique: ted. die witterungs
Fliege? – meteorische Fliege?: ing. the meteoric
Fly?). – Questa specie ha anch’ essa le antenne
setolose (antennis setariis); è nera tutta quanta e
pelosa, ad eccezione dell’ abdomine, che ne rie-
sce d’un grigio plumbeo, quasi analogo al color
della cenere, e della base dell’ ali, che n’ è gial-
lognola; gli occhi poi ne sono bruni.
Rinviensi anch’ essa tra di noi, ora ne’ giardini,
ed ora nelle selve. – È strano molto il modo
che tiene questa Mosca nel volare, mentre quasi
si direbbe che vada procedendo piuttosto per salti.
SPECIE 6. Mosca putre, o la Mosca del fra-
cidume, o anche il Mosciolino del cacio, o la
Tefrite del formaggio, o forse meglio final-
mente, il Mosillo del cacio? (M. Putris – Te-
phrites putris di Fabricius – Mosillus casei di
[Seite 537] Latreille: fr. la Mouche du fromage? – le Mo-
sille du fromage?: ted. die Käsefliege?: ing. the
cease’s Fly?). – Questa specie ha, come le due
precedenti, essa pure setolose le antenne (anten-
nis setariis); è tutta quanta nerissima, e alquanto
pelosetta; ha nera affatto la costa dell’ ali (ala-
rum costa nigra), ed ha finalmente gli occhi di
colore ferruginoso. (Vedi Frisch. P. I. Tab. 7.).
È dessa indigena, ed anzi comune molto an-
che fra di noi, ove depone di preferenza le ova
nel formaggio marcito o putrefatto, di cui le Larve
o i Bachi, sbucciati che siano, vivono quasi uni-
camente, finchè giungane il tempo d’una meta-
morfosi ulteriore.
GENERE LXVII. Tabano, Tavano o Tafano
(Tabanus: fr. Taon: ted. blinde Fliege – Bre-
me: ing. Gad-fly? – Gab-bee? – Ox-fly? –
Whame?). Gl’ Insetti che racchiudonsi in questo
genere, tra’ quali noi qui non accenneremo che
una specie sola, hanno una proboscide carnosa,
terminante in due labbra (os proboscide carnosa,
terminata labiis duobus); oltre di che poi la bocca,
conformatane a foggia di becco, n’è ancora mu-
nita di due palpi, o tentacoli paralleli, e lesiniformi,
che restano posti lateralmente alla proboscide (ro-
stro palpis duobus, subulatis, proboscidi latera-
libus).
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Tabano bovino, o il Tavano de’ buoi (T. Bo-
[Seite 538] vinus: fr. le Taon des boeufs – l’Oestre des
bétes à corne: ted. die Ochsenbremse: ing. the
Brize – proper Ox-fly – Ox-gad-bee? –
Ox-whame?). – Questa specie ha gli occhi di
un colore che volge sensibilmente al verde, e sulla
parte del dorso, che ne corrisponde all’ abdomine,
veggonlesi parecchie macchie triangolari, bianche,
e disposte per lo lungo (abdominis dorso macu-
lis albis trigonis longitudinalibus). (Vedi Reaumur.
Vol. IV. Tab. 17. Fig. 8.).
È dessa indigena e frequentissima tra di noi,
ove tormenta i Bovini, segnatamente nelle stalle in
campagna.
GENERE LXVIII. Culice, o Zanzara, o anche
Zenzara (Culex: fr. Cousin – Moucheron: ted.
Mücke: ing. Gnat). Gl’ Insetti, numerosi e sva-
riati a bastanza, che comprendonsi in questo ge-
nere, di due sole specie de’ quali terremo qui
conto per ora, hanno sempre le antenne filiformi,
composte di quattordici articoli o membretti, con-
formate ne’ maschi a foggia di piume, e soltanto
pelose nelle femine; hanno munita la bocca di
una lunga tromba, fatta di cinque pezzi, ed ar-
mata inoltre di cinque aculei setolosi, o pungiglio-
ni, che stannosene racchiusi come in una guajna
pieghevole (os aculeis setaceis intra vaginam fle-
xilem); ed hanno l’ali colcate quasi orizzontalmente
sul corpo, con qualche scaglia sulle nervature.
SPECIE 1. Culice pipiente, o ben più italiana-
[Seite 539] mente il Culice pigolante, o la Zanzara pigolante,
la Zenzara comune (C. Pipiens: fr. le Cousin com-
mun – le Moucheron commun: ted. die eigene
Mücke – gemeine Mücke – e talora Schnake,
sebbene quest’ ultimo nome, come già adoperato
per sinonimo di Tipula o di Tippola, non possa
più convenir ora alle Zanzare: ing. the common
Gnat – proper Gnat?: Mosquito in lingua Por-
toghese). – Questa specie è tutta quanta di co-
lor cenerognolo, ad eccezione dell’ abdomine, ove
contansegli otto anelli foschi, o bruno-scuri, di-
stintissimi. (Vedi Kleemanns Beyträge zu Roesel. Tom. I.
Tab. 15 e 16.).
Questo Insetto, talora estremamente incomodo
e molesto, e indigeno anche fra di noi, sta
molto volontieri in vicinanza delle acque, ove
bene spesso rinvengonsene copiosissimi gl’ indivi-
dui. In un gran numero di località, ma soprat-
tutto poi nelle regioni calde, ove d’altronde le
punture di quasi tutti gl’ Insetti aculeati, o mu-
niti di pungiglione, bastano, come frequentemente
accade anche fra di noi, nel forte della stagione
estiva, a cagionarci infiammazioni più o meno
violente, sempre però in confronto di gran lunga
più dolorose che non in altre stagioni, non sono
che appunto semplici Culici pigolanti, o Zanzare
comuni; e tali in fatto sono que’ che i navigatori
Europei, con nome preso da’ Portoghesi, chiamano
generalmente Mosquitos, o Moschiti, e che, quando
[Seite 540] sono insieme coadunati a stormi d’innumerevoli
individui, possono davvero riguardarsi, come una
decisa peste, che riesce alcuna volta perfino peri-
colosa, o come un flagello terribilissimo. È però da
avvertirsi, che sotto questo medesimo nome di
Mosquitos confondono bene spesso gl’ inesperti,
diverse altre foggie d’Insetti Culiciformi, e mu-
niti anch’ essi d’aculeo puntorio, o, come suol
dirsi, di pungiglione.
SPECIE 2. Culice reptante, o il Culice arram-
picantesi, la Zanzara arrampicantesi, o lo Sca-
topso arrampicantesi (C. Reptans – Scatopsis
reptans di Fabricius: fr. le Moucheron rampant
– le Cousin rampant – le Scatopse rampant:
ted. die Beissfliege – Columbachische Mücke –
Colombatz: ing. the creeping Gnat?). – Questa
specie è tutta quanta nera, coll’ ali jaline, o pel-
lucide e scolorate, e co’ piedi neri anch’ essi, ec-
cettone un anello bianco. (Vedi Niemann’s. Taschen-
buch für Hausthierärtzte. II. Tab. 1. Fig. 1.).
Esotica sempre per noi, non può dessa chia-
marsi indigena, se non propriamente delle regioni
montagnose della Lapponia, della Siberia meri-
dionale, e segnatamente poi del Bannato di Te-
miswar, ove suol farsi vedere anche due volte
l’anno, vale a dire in primavera, ed in estate,
per stormi affatto innumerevoli, intrudendosi in
tutte quante le aperture del corpo, tanto de’ Ca-
valli, come di quale si voglia altra specie di que-
[Seite 541] gli animali, che costituiscono il nostro così detto
bestiame domestico, che ammazza bene spesso in
pochi minuti. Allora riesce dessa per lo meno
molestissima anche agli uomini.
GENERE LXIX. Empe, Empis, o Empite (Em-
pis: fr. Empis – Mouche-bécasse: ted. Tanz-
fliege – Hüpfer?: ing. Empis? – dancing Fly?).
Gl’ Insetti compresi in questo genere, racchiu-
denti bene una ventina di specie all’ incirca, tutto
che qui non facciasi menzione se non di due sole,
e somiglianti molto agli Assilli, hanno sempre la
bocca munita di una tromba, o proboscide che
vogliasi dire, prominente o sporgente molto allo
infuori, quasi cilindrica e verticale, più lunga di
quanto non riescane l’intiero torace dell’ indivi-
duo, inflessa e bivalve, a valve orizzontali, con
inoltre un succiatojo, o sorbitojo, composto come
di quattro filamenti sericei; le antenne ne sono
compaginate di tre articoli, o membrature prin-
cipali ben distinte, l’ultima delle quali ne riesce
conica, e lunghetta anzi che no, quasi lesinifor-
mi, ed aculeate poi alla loro sommità; la testa
ne è piccina, ritondetta e sostenuta da un collo
lungo e sottile; gli occhi ne appariscono grandi
assai; il corsaletto ne è rotondato ad un tempo
e gibboso; l’ali ne sono di forma ovale, d’ordi-
nario più grandi dell’ abdomine, curve ed incro-
cicchiantisi, e i così detti bilancieri ne sono lun-
ghetti e terminanti, come al solito, in un botton-
[Seite 542] cino globoso; l’abdomine ne è terete o cilindrico,
o veramente conico alcuna volta, e le zampettine
ne sono piuttosto lunghe, co’ tarsi armati di due
uncinetti, e con unitivi lì presso due gomitoli.
SPECIE 1. Empe pennipede, o l’Empis da’ piedi
pennuti (E. Pennipes: fr. l’Empis aux pieds em-
plumés: ted. die federfüssige Tanzfliege?: ing. the
feather-foot’s Empis?). – Questa specie ha le an-
tenne, quasi chi dicesse filate, o conformate a foggia
di filamenti equabili e filati (antennis filatis);
è tutta quanta nera, ed ha lunghe molto le zam-
pettine posteriori, che nelle sole femine riescono
poi anche pennute (pedibus posticis longis: alterius
sexus pennatis). (Vedi Sulzers Kennzeichen. Tab. 21.
Fig. 137.).
Rinviensi essa indigena anche tra di noi, e ci
offre un Insetto predace e carnivoro, pascentesi di
Mosche, e d’altri così fatti animaletti, che afferra
co’ piedi. – È dessa soggetta a variare sensibil-
mente a riguardo della grandezza.
SPECIE 2. Empe Maura, o anche l’Empis moro,
l’Empite mora (E. Maura: fr. l’Empis maure –
l’Asile noir à pieds de devant en massue di Geof-
froy: ted. die maure Tanzfliege: ing. the moore
dancing Fly?). – Questa è anch’ essa nera tutta
quanta, ma ha spessi molto, e grossi, e di forma
ovale, i suoi tarsi anteriori (tarsis anticis incras-
satis ovatis). (Vedi Panzer. Tab. 54. Fig. 3.).
Rinviensi essa pure indigena fra di noi, verso
[Seite 543] sera talvolta su pe’ fiori, ed ama poi di svolaz-
zare presso all’ acque stagnanti. Nelle belle serate
di primavera veggonsene anzi da quando a quando
stormi o sciami così fattamente innumerevoli, ap-
punto in vicinanza degli stagni o dell’ acque morte,
che è avvenuto qualche volta di trovarne le sponde
coperte di milioni e milioni di questi medesimi
Insetti morti, che formavano tutt’ intorno un orlo
stendentesi fin oltre a dodici piedi in larghezza,
ed alto bene un pollice.
GENERE LXX. Conope, o Stomosso, o anche Ve-
spa cavallina, o Mosca cavallina (Conops: fr.
Conops – Mouche-guêpe – Stomoxe – e talora
anche, sebben meno acconciamente, Frélon; que-
sto nome essendo già stato in altri casi adoperato
molto più a proposito: ted. Stechfliege – Pfer-
destecher: ing. Horse-fly? – Conops? – Stomo-
xis?). I pochi Insetti formanti questo genere,
circa al quale non citeremo qui ora se non una
sola specie, hanno grossa molto la testa, a para-
gone del corto e cubico loro torace, colla bocca
conformata a foggia di becco duro acuminato,
sporgente per davanti molto all’ infuora, ed arti-
colato alla sua base, in modo che forma ivi quasi
un ginocchio (os rostro porrecto geniculato);
hanno le antenne dritte, alquanto clavate, com-
poste di tre articoletti, e più lunghe di quello che
nol sia tutta quanta la testa; hanno l’ali strette e
divaricate, con lunghe e sottili le zampettine, mu-
[Seite 544] nite d’uncinetti e di gomitoli, a un dipresso come
s’ è detto del genere precedente, ed hanno final-
mente l’abdomine attaccato all’ imbusto con una
maniera di picciuolo, e terminante poi per di die-
tro in una tal quale ringonfiatura.
SPECIE 1 ed anzi UNICA qui ora per noi. Co-
nope calcitrante, o Stomosso calcitrante (C. Cal-
citrans – Stomoxys calcitrans di Fabricius: fr. le
Conops régimbant – le Stomoxe calcitrant: ted.
die Herbstfliege? – ausschlagende Stechfliege: ing.
the kicking Horse-fly? – wincing Stomoxis?).
– Questa specie ha le antenne, quasi direbbesi
pennute, ed è poi tutta quanta piombina, o del co-
lor grigio proprio della cenere, glabra, o nuda
e senza pelo, ed ha il corpo in complesso di for-
ma ovale. (Vedi Sulzers Kennzeichen. Tab. 21. Fig. 138.).
Rinviensi essa indigena anche fra di noi, e so-
miglia moltissimo alla nostra Mosca domestica co-
mune; se non che invece della tromba o probo-
scide, onde ha questa munita la bocca, la prima
ha quel succiatojo, o sorbitojo, conformato alla
maniera di un becco duro, acuto, pungente e spor-
gente all’ infuora, che già indicammo siccome pro-
prio di tutti quanti i Conopi. – Dessa non suole
ricoverarsi nelle nostre abitazioni, se non quando
la pioggia è imminente; vola sempre presso a ter-
ra, e posasi poi, ed attaccacisi quasi unicamente
alle gambe, a quel modo ch’ essa suol fare su pei
pascoli, fuori nella campagna, attaccandosi alle
[Seite 545] zampe del bestiame domestico, che, irritato dalle
punture, colle quali essa lo va continuamente tor-
mentando, ne diventa, come si sa, affatto irre-
quieto, e batte quindi senza posa i piè sul suolo.
GENERE LXXI. Assillo (Asilus: fr. Asile –
Mouche-loup: ted. Raubfliege: ing. Horse-fly?
– Asilus?). Gl’ Insetti a bastanza numerosi, che
compongono questo genere, circa al quale noi qui
non citeremo se non soltanto la specie-tipo, ch’ è
nostrana, hanno costantemente la bocca loro con-
formata in un becco o rostro acuminato, duro
molto, e di sostanza cornea, dritto, bivalve o com-
posto di due pezzi, e sporgente innanzi orizzon-
talmente molto all’ infuori; hanno la testa ante-
riormente convessa, ma poi piana od anche con-
cava all’ indietro; hanno le antenne lunghe quanto
la loro testa, disgiunte fino alla base, e compo-
ste di tre diversi articoli, o membretti che vo-
gliansi dire; portano l’ali orizzontali; hanno lun-
ghetto l’abdomine, che nelle femine soltanto ter-
mina a foggia di punta per di dietro, ed hanno
poi le zampe piatte, dritte e spinose, terminanti
in piedi armati di speroni.
SPECIE 1 ed anzi UNICA qui ora per noi. As-
sillo crabroniforme, o anche l’Assillo calabrone,
o l’Assillo vero, o l’Assillo nostrano (A. Cra-
broniformis: fr. l’Asile-frélon – l’Asile brun à
ventre de deux couleurs di Geoffroy: ted. die
Hornissartige Raubfliege?: ing. the Hornet-horse-
[Seite 546] fly? – common Horse-fly – proper Asilus?).
– Questa specie ha l’abdomine tomentoso, o co-
me chi dicesse, coperto d’una borra cotonosa,
con sopravi per davanti tre segmenti, o tre stri-
scie nere poste in traverso, e giallo poi, ed in-
flesso, o rivolto all’ indentro per di dietro. (Vedi
Frisch. P. III. Tab. 8.).
È dessa indigena e piuttosto frequente anche fra
noi. – Gli Assilli sono in generale tutti quanti In-
setti predaci e carnivori, che sogliono dar sem-
pre la caccia, per poi mangiarseli, a moltissimi altri
Insetti, tanto Dipteri, quant’ anche Imenopteri e
Coleopteri. Essi volano con molta rapidità, produ-
cendo in quell’ atto un sensibilissimo ronzamento
loro proprio, e incontransi, più frequenti che al-
trove, ne’ boschi, e in fra’ campi, sul finire della
state, e durante la stagione autunnale.
GENERE LXXII. Bombiglio, o anche Volucel-
la? (Bombylius: fr. Bombylle – Volucelle –
Mouche-bourdon – Bourdon: ted. Schwebfliege:
ing. Buzz-fly). – Gl’ Insetti, piuttosto numerosi,
che appartengono a questo genere, e tra’ quali ci
terremo paghi d’accennare qui ora unicamente la
specie, che ne riesce la più comune tra di noi,
hanno sempre la bocca conformata in una tromba,
o in un becco filiforme e setoloso, ma poi saldo,
duro e forte, sporgente all’ innanzi, bivalve o com-
posto di due parti poste orizzontalmente, tra le
quali rinvengonsi alcune setole spinose, e più lungo
[Seite 547] di quello che non siane il capo tutto quanto; han-
no pelosissimo il loro corpo allargatello, schiacciato
ad un tempo ed inquartato, colla testa tonda e
piccola, colle antenne quasi cilindriche, più corte
del capo e composte di tre articoli, col torace
ben rilevato, coll’ ali grandi, divaricate e disposte
orizzontalmente, coll’ abdomine piuttosto largo, al-
quanto piatto, e di forma quasi triangolare, e final-
mente con lunghe molto, ed esili o sottilissime, le
zampettine.
SPECIE 1 ed anzi UNICA qui ora per noi. Bom-
biglio maggiore, o anche la Volucella maggiore?
(B. Major – Bombylius variegatus di Degéer –
Bombylius sinuatus di Mikan: fr. le grand Bom-
bylle – le Bombylle-bichon – le Bichon di Geof-
froy: ted. die grosseste Schwebfliege: ing. the
greatest Buzz-fly?). – Questa specie ha l’ali nel
mezzo nere (alis dimidiato-nigris). (Vedi Sulzers
Kennzeichen. Tab. 28. Fig. 22.).
È dessa indigena anche fra noi, e volando pro-
duce un tal quale ronzìo, analogo a quello che in-
dicammo produrre anche l’Assillo.
GENERE LXXIII. Ippobosca, Moscaragno, o an-
che talora, tutto che troppo impropriamente, Pi-
docchio volante (Hippobosca: fr. Hippobosque –
Mouche-araignée: ted. Lausfliege: ing. Louse-fly?
– Spieder-fly?). Gl’ Insetti che racchiudonsi in
questo genere, hanno costantemente la bocca con-
formata a foggia di tromba, o piuttosto di becco
[Seite 548] bivalve, ch’è quanta dire composto di due ma-
scelle, di forma cilindrica, terminante ottuso alla
estremità, e vacillante o mal fermo in base; hanno
le antenne in forma di due tubercoli, ed hanno
molte unghie a’ loro piedi; la loro testa suol es-
sere articolata immediatamente sulla estremità an-
teriore del corsaletto, e portano poi una setola in
sulla schiena.
SPECIE 1. Ippobosca cavallina, o anche il Pi-
docchio volante de’ cavalli, o il Moscaragno dei
cavalli (H. Equina: fr. l’Hippobosque du che-
val – l’Hippobosque des chevaux – la Mouche à
chiens – la Mouche Bretonne: ted. die Pferde-
laus: ing. the Horseleech). – Questa specie ha
l’ali ottuse, col torace bianco nel fondo, ma scre-
ziato o variegato di qualche altro colore (thorace
albo variegato), e co’ piedi muniti di quattro dita
cadauno. (Vedi Sulzers Kennzeichen. Tab. 21. Fig. 141.).
È dessa, a quanto pare, la sola vera Ippobosca
che abbiamo indigena anche fra noi. – La femina,
fecondata che sia, ne viene mostruosamente grossa
o voluminosa, sebbene poi non faccia che un uovo
solo, o ben piuttosto una sola Ninfa o Crisalide,
in cui, duranti le prime settimane, altro non iscor-
gesi se non un umore bianchiccio, il quale poscia
conformasi in un essere vivente che, quand’ è cre-
sciuto a dovere, esce poi dal proprio guscio, od in-
viluppo, già bello e formato, coll’ ali sviluppate, e
in qualità d’Insetto perfetto e dichiarato.
SPECIE 2. Ippobosca ovina, o l’Ippobosca pe-
corina, o anche il Moscaragno delle pecore, o
finalmente talora il Pidocchio delle pecore, o
forse meglio assai il Melofago pecorino? (H. Ovi-
na – Melophagos ovinus di Latreille?: fr. l’Hip-
pobosque des brébis – la Mouche-araignée des
brébis – le Mélophage des brébis?: ted. die Schaf-
laus: ing. the Sheep-tik – Sheep-fagg). – Questa
specie è sempre aptera, o affatto sprovveduta d’ali.
(Vedi Frisch. P. V. Tab. 18.).
Rinviensi indigena anch’ essa fra noi, ove suol
molestare i Pecorini. – Comunque sia dessa un
Insetto aptero, come s’è detto, pure, in vista delle
rimanenti sue forme, analoghe a quelle d’una Ip-
pobosca, s’è giudicato che convenisse farne men-
zione in questo luogo, almeno interinalmente; ma
in oggi è cosa riconosciuta come di fatto, ch’ essa
debbe appartenere al nuovo genere Melofago di
Latreille.
Apteri (Aptera: fr. Aptéres: ted. Apteren –
ungeflügelte Insekten: ing. Apterous Insects).
Sotto il nome d’Apteri raccolgonsi in que-
st’ Ordine settimo tutti quanti i rimanenti
Insetti, che sono, durante la vita loro, man-
canti affatto d’ali. Variano questi talmente
tra di essi, a riguardo della statura, della
massa, o della grossezza loro rispettiva,
della loro particolare conformazione, dei
luoghi diversi ove stabilisconsi ad abituale
dimora, delle varie materie onde nutronsi,
della forma degli organi co’ quali mangiano
e masticano i cibi loro appropriati, del nu-
mero e della lunghezza delle loro zampet-
tine o, se così vogliasi, de’ loro piedi, del
numero degli occhi, e simili, che, appunto
in vista di ciò, nella già da noi in addie-
tro citata novella distribuzione metodica de-
gli animali in complesso, o nella sistema-
zione dell’ intiero Regno Animale, recen-
temente proposta da’ Zoologisti francesi, gli
Insetti Ragniformi (les Arachnides), gl’ In-
setti Gammariformi, o Crostacei (les Crusta-
[Seite 551] cés), del pari che i così detti Millepiedi
(les Myriapodes), e altri di tal fatta, qui
per ora da noi collocati, almeno interinal-
mente, come sezioncine aggiunte all’ Ordine
racchiudente gli altri Insetti propriamente
detti apteri, come nel fatto il sono certa-
mente anch’ essi, debbono esserne assoluta-
mente staccati, per collocarli in più com-
petente luogo del sistema. Per quanto ra-
gionevole possa a taluno apparire la pro-
gettata riforma, penso ciò non per tanto, che
non sia per recar danno alcuno il mio per-
severare ora nel metodo di ritener pur sem-
pre i qui nominati viventi fra gli Insetti
Apteri, collocandoveli semplicemente in
coda, come aggiunti, come formanti Ordini,
dirò così, soprannumerarj, in forma, se si
voglia, di Sott’ ordini posticci. – Del resto
tra gl’ Insetti Apteri, ve n’ha che sono ovi-
pari, e ve n’ha pure parecchi che sono
vivipari; ed ove se ne eccettui il Pulce,
non ve n’ha tampoco una sola specie, che
vada soggetta nel corso della vita, come
vedemmo accadere in generale a tutti gli
altri Insetti, ad una di quelle trasforma-
zioni, o metamorfosi, che possa propria-
mente riguardarsi come tale.
GENERE LXXIV. Lepisma, o Forbicina, o for-
s’ anco Forfecchia (Lepisma: fr. Lépisme – Forbi-
cine: ted. Lepisma? – Zuckergast?: ing. Sugar-
guest? – Lepisme?). Gl’ Insetti, non gran fatto
numerosi, che compongono questo genere, hanno
costantemente sei piedi cursori, o adattati, perchè
l’individuo possa giovarsene onde procedere di
corsa; hanno presso alla bocca quattro palpi, o
tentacoli distinti, due de’ quali filamentosi e se-
tacei, mentre gli altri due ne sono clavati, o ter-
minano in una capocchia, e con di più due an-
tenne filiformi e sericee anch’ esse; hanno gli oc-
chi piccolissimi, molto distanti l’uno dell’ altro, e
composti di pochi granellini; hanno il corpo bi-
slungo, compresso, o schiacciato d’alto in basso,
molle, e coperto tutto quanto di squamette sottili,
lucenti, quasi argentine e morbide al tatto, che
danno loro, in certo modo, qualche somiglianza con
i Pesci, ed hanno finalmente una codicina for-
mata di tre sole setole, o filamenti sericei, uguali,
dritti, distesi e dipartentisi dalla medesima lineetta
orizzontale. Noi qui non ne accenneremo se non
la specie che serve di tipo al genere.
SPECIE 1 ed anzi UNICA qui ora per noi. Le-
pisma zuccherina, o la Forbicina dello zucchero,
o fors’ anche finalmente la Forfecchia dello zuc-
chero (L. Saccharina – olim Forbicina: fr. la
Lepisme du sucre – la Forbicine plate di Geof-
[Seite 553] froy: ted. der eigene Zuckergast – Zuckerlecker
– das Fischchen – Zuckerthierchen: ing. the
proper Sugar-guest? – sugar’s Lepisma?). –
Questa specie è appunto tutta quanta vestita di
squamette fine, molli e morbidissime, d’un colore
ed’ una risplendentezza, che partecipano ad un tem-
po dell’ argento e del piombo, senza che scorga-
visi mai sopra alcuna macchia; il corpo ne ter-
mina sempre precisamente in una coda composta
di tre sole setole distese, e tra loro uguali. L’in-
dividuo non ne suole superare mai in lunghezza
le quattre linee. (Vedi Geoffroy. Ins. H. XX. 3, come
anche Schaeffer, Elem. Entomol. LXXV.).
È dessa realmente originaria dell’ America, ove
incontrasi ancora ben più frequente, che per tutto
altrove, ma attualmente può riguardarsi come di-
venuta indigena oggimai di tutta quanta l’Europa.
GENERE LXXV. Podura, o Codipiede (Podura
– Thysanura?: fr. Podure: ted. Fussschwanz-
thier?: ing. Spring-tail). I pochi Insetti, che rac-
chiudonsi in questo genere, d’una sola specie dei
quali faremo qui cenno, sono anch’ essi muniti
costantemente di sei piedi corridori; hanno in te-
sta due occhi composti, e disposti a otto per otto;
la coda n’è biforcuta, ed inflessa, o rivolta al-
l’ indentro, e costituita poi in modo da poter gio-
vare all’ individuo nello slanciarsi di salto, e fi-
nalmente le antenne ne sono filiformi e setacee,
piuttosto lunghette.
Alcune tra le specie di questo medesimo ge-
nere, e frall’ altre segnatamente la Podura delle
nevi, o il così detto Pulce della neve (Podura
nivalis: fr. la Puce de la neige: ted. der Schnee-
floh: ing. the Snow-flea), mostransi talora in-
numerevoli sulla neve di recente caduta1.
SPECIE 1 ed anzi UNICA qui ora per noi. Po-
dura Fimetaria, o il Codipiede de’ letamaj (P.
Fimetaria: fr. la Podure du fumier: ted. der Mi-
stfussschwanzthier? – Düngersfloh?: ing. the
muck’s Spring-tail?). – Questa specie riesce tutta
quanta di color bianco, e se ne sta sempre nella
terra, ovvero sulla terra (Podura terrestris alba).
È dessa indigena anche fra noi, e rinviensi bene
spesso ammucchiata, per masse di numerosi indi-
vidui, al di sotto de’ vasi, ove usiamo tenere i fiori.
GENERE LXXVI. Pidocchio (Pediculus: fr. Pou:
ted. Laus: ing. Louse). Gl’ Insetti che compon-
gono questo genere, hanno anch’ essi due occhi in
[Seite 555] testa, e sei piedi passeggiatori, ovvero sei zam-
pettine, che possono dirsi piuttosto ambulatorie,
che non corritrici; la loro bocca è munita d’un
aculeo capace d’essere sporto, all’ occorrenza, molto
all’ infuora (os aculeo exserendo); le antenne ne
riescono lunghe a un dipresso quanto possa es-
sernelo il torace, e l’abdomine finalmente n’è in
certo tal qual modo depresso, o schiacciato al-
quanto d’alto in basso, e quasi direbbesi confor-
mato in un lobo (abdomen depressum sublo-
batum).
È questo per avventura, di tutti quanti gli ani-
mali, il genere il più universalmente disseminato
per ogni dove, mentre, a quel modo che la Spe-
cie umana ha i suoi proprii Pidocchi, anche i
Mammiferi ne hanno per la massima parte ciascuno
la specie sua, e così succede anche, non solo de-
gli Uccelli, ma eziandio di molti Pesci e di certi
Insetti, come, per cagion d’esempio, dell’ Api, e
d’altri così fatti, che talora ne sono in istrano
modo tormentati1.
SPECIE 1. Pidocchio umano (P. Humanus: fr.
le Pou de l’espèce humaine: ted. die Menschen-
laus – eigene Laus: ing. the proper Louse –
human Louse – man’s Louse). – Questa spe-
cie, propria come è, ed anche troppo diffusa, e
anzi comunissima, tra gli uomini, sul corpo dei
quali rinviensi molto frequentemente stabilita, e
moltiplicasi alcune volte a dismisura, non ha bi-
sogno d’esserci fatta conoscer meglio di quello che
ne succeda nominandola semplicemente.
Questa precisa specie di Pidocchio, ad un tempo
molestissima, schifosa e nauseabonda, oltre che sul
corpo umano, su cui vive abitualmente parassita,
non è stata finora rinvenuta, ch’ io sappia, se non
soltanto sul corpo della Scimmia troglodite, o Chim-
pansée che vogliasi chiamarla (Simia toglodytes),
e del Cercopiteco panisco, detto volgarmente il
Coaita, (Cercopithecus paniscus). – Merita d’es-
sere qui notata la speciale circostanza, che questi
medesimi Pidocchj riescano di color nero ne’ Ne-
gri, o Mori, che vogliansi dire; ma che poi sul
corpo di coloro che, navigando, oltrepassano, per
via di mare, la linea Equinoziale, scompariscano
affatto i Pidocchi, come il sostenne Oviedo, in
questo seguìto da parecchi altri scrittori, ciò per
[Seite 557] verità ha pur troppo più della favola, che non
del vero1.
SPECIE 2. Pidocchio del pube, o anche alla
francese il Morpione, e in Italia poi, proprio affatto
volgarmente la Piattola, o il Piattone (P. Pubis
– Morpio per taluni: fr. le Pou du pubis, e
bassamente poi le Morpion: ted. die Filzlaus?
– Klebelaus? – Plattlaus?: ing. the Crab-
louse). – Questa specie somiglia molto alla pre-
cedente, ma è più grossa, e a circostanze pari, un
po’ meno bislunga, e ne ha più lunghe ed inarcate
le zampe, sicchè viene a rammentare alcun poco
la forma quasi d’un Ragno, o d’una di quelle
Squille, che diconsi in Italia Ragni di mare, Palpi
[Seite 558] di mare, Granchiolini, o Granciporri comuni,
e che sono conosciute a Venezia generalmente
sotto il proprio nome di Masenette, e quando
hanno tenerella la scorza, sotto quello di Mollec-
che. (Vedi Redi. Opusc. citato già nella nota appiè di pa-
gina dall’ Autore apposta al genere Pidocchio. Tab. 10. Fig. 1.).
È dessa indigena, e frequente anche fra noi, più
che non si vorrebbe, e suol piantarsi, quasi a do-
micilio stabile, più volontieri che non altrove, tra
il pelo che guernisce il Pube nella Specie umana.
GENERE LXXVII. Pulce (Pulex: fr. Puce:
ted. Floh: ing. Flea). Gl’ Insetti ch’ entrano a
comporre questo genere, hanno costantemente sei
piè saltatorii, o sei zampettine disposte in modo
che l’individuo può giovarsene assai bene per
slanciarsi di salto; hanno la testa munita di due
occhi, e di due antenne filiformi, colla bocca ar-
mata quasi d’una proboscide, o d’un becco in-
flesso, o rivolto all’ indentro, setaceo, o fatto a
foggia d’una setola, e racchiudente, ed anzi oc-
cultante, un aculeo feritore, o un pungiglione;
l’abdomine ne riesce compresso, o alquanto schiac-
ciato lateralmente.
SPECIE 1. Pulce irritante, o anche la Pulce
comune (P. Irritans: fr. la Puce commune – la
Puce irritante: ted. der gemeine Floh – rei-
zende Floh?: ing. the common Flea). – Questa
specie ha la proboscide alquanto più corta, di quello
che non ne riesca tutta quanta in complesso la
[Seite 559] lunghezza del corpo. (Vedi Roesel. Vol. II de’ Culici o
delle Zanzare – Mücken ec. Tab. 2, 3 e 4.).
È dessa indigena e comunissima anche fra noi,
soprattutto nella stagion calda ed, oltre al vessarvi
la Specie umana, tormenta essa, bene spesso in
modo affatto miserando, i Cani, le Volpi, i Gatti,
le Lepri, i Conigli, gli Scojattoli, i Porcelletti
ricci, e così via via discorrendo. Ciò però non
succede nell’ estremo Nord dell’ America, ove pare
che assolutamente non esistano Pulci, come rarissimi
vuolsi che ne siano, anche gl’ Individui isolati, in
parecchie Isole appartenenti alle Indie occidentali,
come a dire, per cagion d’esempio, alla Martinica
e in altre analoghe località quinci non gran fatto
lontane. – L’esperienza ha provato, in modo da
non poterne più dubitare oggimai, che queste Pulci,
sebbene siano tenute in istato di schiavitù, possono,
anche incatenate, vivere fin oltre a sei anni.
SPECIE 2. Pulce penetrante, o anche la Pulce
della sabbia (P. Penetrans: fr. la Puce péné-
trante – la Puce du sable – la Chique – e
per taluni forse eziandio le Pou de Pharaon?:
ted. der Sandfloh – die Tschike – Nigua –
Ton – Attun: ing. the Sand-flea? – Attown?
– Chique?: e generalmente poi al Brasile il Bi-
cho, e il Tunga nel resto dell’ America). –
Questa specie ha la sua tromba, o vogliasi dirla
proboscide, pari precisamente in lunghezza alla
misura di tutto il rimanente del suo corpo.
[Seite 560] (Vedi Catesby’s. Natural history of Carolina. Vol. III.
Tab. 10. Fig. 3.).
Dessa è sempre esotica per noi, non essendo in-
digena che propriamente delle regioni centrali delle
due Americhe, cominciando dal Brasile, ove, e so-
prattutto presso a Rio-Janeiro, riesce un Insetto
davvero tormentosissimo, che v’ha chi, forse non
senza buon fondamento, prediligerebbe d’ascri-
vere al genere dagli Acari, anzi che al genere
delle Pulci; tutto che, ad eccezione dell’ esserne
assai più piccolo di mole, somigli esso moltis-
simo a quest’ ultime, tanto a riguardo delle forme
del corpo, quant’ anche a motivo della somma
sua attitudine a slanciarsi di salto. – Del resto
stassene abitualmente il Bicho, o la nostra Pulce
penetrante, ben più volontieri che per tutto al-
trove, in mezzo alla polvere, e dilettasi di tra-
forare a’ Cani que’ rigonfiamenti quasi callosi che
hanno sotto le dita, detti Fussballen da’ Tedeschi,
e sui quali questi Quadrupedi procedono cammi-
nando; invece che agli uomini trafora, di pre-
ferenza, quelle callosità, che sogliono avere sotto
le dita de’ piedi, soprattutto in vicinanza dell’ un-
ghie, e la sua femina fecondata giovasi poi, in
amendue i casi, di tali fori o pertugi, per im-
mettervi un sacchettino d’ova, grande a un di-
presso quanto può esserlo un Pisello nostro co-
mune, che sempre vi cagiona una violenta infiam-
mazione, e che, se non venga estratto, termina
bene spesso prestamente in gangrena.
GENERE LXXVIII. Acaro, o Zecca, o fors’ anche,
e non senza molta proprietà Ticchio? (Acarus:
fr. Tique: ted. Milbe – Zecke: ing. Tick). Gli
Insetti, che racchiudonsi in questo genere, vanno
costantemente muniti d’otto piedi; hanno due oc-
chi posti a’ lati della testa, ed hanno inoltre due
tentacoli articolati, e dimostranti una forma ana-
loga a quella che dimostrano gli stessi loro piedi.
(tentacula 2 articulata, pediformia).
Questo genere è ricco di copiosissime specie
d’Insetti1, un buon numero de’ quali ha per co-
stume di vivere un tratto parassiticamente, come
fanno i Pidocchi, sovra diversi altri animali.
SPECIE 1. Acaro Ricino, o l’Issode ricino,
o anche La Zecca canina, o il Ticchio de’ Cani
(A. Ricinus – Ixodes ricinus di Latreine: fr.
la Tique ricine – l’Ixode ricin – la Tique
des chiens di Geoffroy – la Mite reduve di
Degéer: ted. die Zangenlaus – Zäcke – eigene
Zecke – Hundsmilbe – der Holzbock: ing. the
dog’s Tick?). – Questa specie riesce in com-
plesso di forma tale, che partecipa ad un tempo
della globosa e della ovale; ha clavate le antenne,
ed ha i palpi, ossiano tentacoli, rivestienti, quasi co-
me in una guajna, il suggitojo; è tutta quanta d’un
[Seite 562] colore rosso sanguigno scuro, che sulla piastra
squamosa, onde l’individuo va fornito, mostrasi
ancora più carico, e quasi direbbesi anzi più cupo,
sicchè esso ne apparisce aver per base una mac-
chia rotonda (macula baseos rotunda); le parti
laterali del corpo ne sono quasi come orlate, ed
alcun poco pelose. (Vedi Frisch. P. V. Tab. 19.).
È dessa indigena di tutta quanta Europa, e rin-
viensi a bastanza frequente anche fra noi, soprat-
tutto ne’ boschi, ne’ quali attaccasi segnatamente
ai Cani che vi si recano in sulle caccie.
SPECIE 2. Acaro telario (A. Telarius: fr.
le Tisserand d’automne – l’Acarus tisserand
– la Tique tisserande: ted. die Spinnmilbe –
Spinnzecke?: ing. the weawer Tick?). – Que-
sta specie è in complesso translucida, o jalina,
ma alquanto manifestamente rosseggiante, con
una macchia di color fosco, o bruno scuro, ad
ambe le parti dell’ abdomine. (Vedi Hermann. Tab. 2.
Fig. 15.).
È dessa indigena anche fra noi, ove trall’ al-
tre piante, frequenta molto volontieri anche il Ti-
glio, ed è uno de’ più formidabili Insetti nocivi
che si conoscano, per le piante che tenghiamo nei
tepidarj, o nelle stufe, Gewächshäuser in tedesco.
SPECIE 3. Acaro Siro, o anche il Pellicello,
il Verme del Cacio – il Bacherozzolo del Ca-
cio, il Baco del Formaggio (A. Siro: fr. le Ci-
ron – la Mite du fromage: ted. die Käsemilbe
[Seite 563] – Miete: ing. the Mite). – Questa specie ha
i fianchi sublobati, o conformati quasi a foggia di
lobi, co’ palpi o cortissimi, o nascosti, co’ quat-
tro piedi posteriori lunghi assai, co’ femori di co-
lore ferrugineo, al pari del capo, e coll’ abdomine
setoloso (abdomine setaceo).
È dessa indigena anche fra noi, ove frequenta
più che altro, la farina, le croste de’ formaggi, i
prosciutti grezzi e crudi, e simili. – L’indi-
viduo non ne sbuccia mai dall’ uovo con più di
tre paja di zampettine, e quindi risulta provato
manifestamente che il quarto paro non gli spunta
se non col tratto successivo1.
GENERE LXXIX. Idracna, o Ragno d’acqua,
o anche Ragno acquajuolo (Hydrachna: fr. Hy-
drachne: ted. Wasserspinne – Wassermilbe:
ing. Water-tick? – Water-mite?). Le varie spe-
cie d’Insetti, che racchiudonsi in questo genere,
e delle quali noi qui non faremo menzione se non
d’una soltanto, sono sempre munite d’otto di-
stinte zampettine, o piedi che vogliansi dire, ci-
liati, ed atti alla natazione, con due palpi, o
[Seite 564] tentacoli articolali ed aventi in cima una appen-
dice mobile, e con occhi, il numero, de’ quali
può variare da due a quattro, ed anche a sei;
la bocca ne è essenzialmente composta di laminette
formanti un succiatojo prominente, o produ-
centesi molto all’ infuora. Del resto il capo, il
torace, e l’abdomine non sembrano formare in
questo genere se non una sola massa continua
(caput, thorax, abdomenque unita).
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Idracna despiciente, o il Ragno d’acqua dispre-
giatore, o anche l’Acaro acquajuolo (H. Despi-
ciens – Acarus aquaticus di Linneo – Acarus
holosericeus di Dégéer – Limnocharis aquati-
cus di Latreille – Trombidium aquaticum, già
prima, di Fabricius – e poscia per lui medesimo
Atax aquaticus – Hydrarachnes aquaticus di Her-
mann: fr. l’Hydrachne méprisante – le Limno-
chare aquatique – la Mite d’eau méprisante: ted.
die verachtende Wassermilbe?: ing. the disdainfull
Water-mite?). – Questa specie è di forma quasi
direbbesi arrotondata, ed è poi tutta quanta rossa
nel fondo, ma tempestata di spesse macchie, cogli
occhi situati inferiormente. (Vedi Frisch. P. VIII.
Tab. 3.).
È dessa indigena, sebbene non frequentissima,
tra noi, e piglierebbesi quasi a prima giunta per
un piccolo Ragno di color rosso cruento.
Racchiuderemo qui ora interinalmente, così in
complesso, a norma di quanto già se n’è detto
in addietro al § 145, pag. 248 del presente Vo-
lume, quando stavamo sponendo le generalità su-
gli Insetti, e di quanto ripetemmo poi di bel nuovo
a pag. 550, allorchè notavamo i caratteri appunto
di quest’ Ordine VII, in particolari Sott’ ordini, o,
se così piacerà meglio di dire, in Ordini acces-
sorii, e subordinati agl’ Insetti Apteri: A, gli Arac-
nidi, e B, i Crostacei, che distribuiremo come
segue:
A. Aracnidi, Aracnoidei, o Insetti Ragni-
formi (Insecta Arachnidea: fr. les Arachnides:
ted. die spinnenförmige Insekten – Spinnen-
artige Thiere: ing. the spider-like Insects –
Arachnides?).
GENERE LXXX. Falangio, o l’Insetto fal-
ciatore, o anche il falso Ragno (Phalangium:
fr. Phalange – Araignée sauteuse – Faucheur
– Faucheux: ted. Afterspinne – Sichelspinne
– Sichelthier – e talora anche Habermann:
ing. spinner Spider – mower Spider?). Gl’ In-
setti, che comprendonsi in questo genere, hanno
sempre otto piedi ambulatorii, passeggiatori, o
servienti all’ animaletto unicamente perchè possa
coll’ uso loro procedere di passo; hanno due oc-
[Seite 566] chi posti in sul vertice, e contigui fra loro; hanno
munita la fronte d’antenne, quanto alla loro forma,
rammentanti più che altro due piedi, o due zam-
pettine (frons antennis pediformibus), e final-
mente hanno l’abdomine, come chi dicesse arro-
tondato.
SPECIE 1. Falangio Opilio, o il Falangio
delle muraglie, o anche il falso Ragno peco-
rajo (P. Opilio: fr. le Faucheur des murailles
– le Faucheur pasteur – le Faucheux des bré-
bis: ted. der Weberknecht – Schuster – Geist
– Geiss? – Tod – die Holzspinne: ing. the
Shepherd). – Questa specie ha l’abdomine di
forma ovale, e per di sotto di color bianco. (Vedi
Sulzers Kennzeichen. Tab. 22. Fig. 140.).
È dessa indigena anche fra noi. L’individuo
può dirsi che ne sia, ad un tempo un animale not-
turno, ed uno de’ pochissimi Insetti che, vivendo
in fra terra, bevano acqua. – Troncatone le zam-
pettine, seguitano queste, talvolta per giorni in-
tieri, a moversi spontaneamente di per sè, e quindi
a dar prove di vitalità, o di quella forza, che ac-
cennammo già altre volte sotto il nome di tena-
cità di vita. Il secondo paro di queste così fatte
zampettine sembra destinato a servire, piutto-
sto a foggia di antenne, di palpi o di tentacoli,
che non di piedi. Gli occhi poi vengono ad es-
serne collocati, quasi chi dicesse, tra le spalle.
– Latreille, contro l’opinione di Treviranus e
[Seite 567] d’altri Entomologisti, vorrebbe pur farci credere,
che l’Insetto qui ora descritto altro in realtà non
sia, se non l’individuo femina del suo Falangio
cornuto (Phalangium cornutum), che rinviensi
del pari indigeno fra noi.
SPECIE 2. Falangio cancroideo, o anche il
falso Scorpione, e più volgarmente poi lo Scor-
pione de’ libri, lo Scorpione delle carte, e si-
mili (P. Cancroides – Scorpio cancroides di
Fabricius; fr. le Scorpion-araignée – le faux
Scorpion: ted. der Bücherscorpion: ing. the
Scorpion of the books – false Scorpion – pa-
per’s Scorpion?). – Questa specie ha, per ca-
ratteri distintivi, l’abdomine depresso, o schiac-
ciato d’alto in basso, e quasi di forma ovale (ab-
domine obovato depresso), le chele, o serre che
se ne dicano, o branche, o pinze, o tanaglie, o
morse, o forbici, liscie affatto (chelis laevibus),
e le dita pelose. (Vedi Roesel. Vol. III. Tab. 64.).
È indigena anch’ essa fra noi, e frequenta, più
volontieri di qualsivoglia altra cosa, le bibliote-
che, rosicchiando i vecchi libri, i codici, le carte
antiche e simili. – L’individuo, che suole stra-
scinarsi anche per terra innanzi e indietro, ha una
figura, che riesce strana davvero, a motivo segna-
tamente del suo corpo largo, appianato, ed anzi
depresso, come accennammo, e di quelle lunghe
morse, o tanaglie, onde va armato.
SPECIE 3. Falangio delle Balene, o anche
[Seite 568] il Ciamo de’ Cetacei, e più trivialmente il Pi-
docchio della Balena (P. Balaenarum – Cya-
mus balaenarum – Cyamus ceti di Latreille:
fr. le Pou de la baleine – le Cyame des ba-
leines – le Faucheur des baleines: ted. die ei-
gene Wallfischlaus, per differenziarlo così dal-
l’ Onisco de’ Cetacei, che fu pure così chiamato:
ing. the Whale-louse?). – Questa specie ha l’ab-
domine dilatato ad un tempo e muricato, colla
bocca armata come d’un becco lesiniforme (ab-
domine dilatato muricato, rostro subulato). (Vedi
Pennant’s British Zoology. P. IV. Tab. 18. Fig. 7.).
Non è dessa indigena se non soltanto de’ pa-
raggi, o di quelle regioni marittime, ove vivono
abitualmente le Balene, ed altri consimili colos-
sali Cetacei, e talora rinviensi anche sugli Scom-
beri, e sovra qualche altro Pesce, sul corpo de’ quali
suole essa viver sempre parassita.
SPECIE 4. Falangio araneoideo, o anche il
Falangio-ragno, e presentemente poi assai me-
glio la Galeoda araneoidea (P. Araneoides di
quasi tutti gli antichi Entomologisti, eccettone
forse Pallas, che debbe sotto un tal nome aver
inteso un Insetto diverso – Solpuga araneoides di
Fabricius e di Herbst – Galeodes araneoides di Oli-
vier: fr. le Faucheur-araignée – le Tetragnathe
– la Lucifuge – la Solpuge aranéoïde – la Ga-
léode-araignée – la Galéode arachnoïde: ted. die
spinnenförmige Afterspinne?: ing. the Spider-
[Seite 569] phalangium?). – Questa specie ha le sue chele,
o morsette, dentate e vestite tutte quante di pe-
luzzi radi e ben distinti, col corpo lunghetto al-
quanto e vellutato. (Vedi Olivier, Encyclop. mèthod.
T. VI. a pag. 580. Tab. 341. Fig. 6 e 7. – oppur Vedi
Herbst, Monograph. Solpug. Tab. 1. Fig. 2. – e finalmente
pel Phalangium araneoides di Pallas, Vedi l’Opera di lui
Spicileg. zoolog. Fascic. IX. Pag. 37. Tab. 3. Fig. 7, 8 e 9.).
È dessa sempre esotica per noi, e solo rin-
viensi in Levante, nelle parti meridionali dell’ Im-
pero Russo, al Capo di Buona Speranza, e in
somma or qua or là ne’ climi caldi dell’ Antico
Continente. – Pretendono alcuni, che la morsi-
catura di quest’ Insetto riesca velenosa, o cagioni
almeno sempre una infiammazione più o meno
violenta, accompagnata talora da accidenti, o da
fenomeni pericolosissimi; noi però non siamo an-
cora in grado di guarentire la verità di tali as-
serzioni.
GENERE LXXXI. Ragno (Aranea: fr. Arai-
gnée: ted. Spinne – Kanker: ing. Spider). Gli
Insetti, che comprendonsi in questo vistoso ge-
nere, sono sempre muniti di otto piedi, o zam-
pettine, che voglian dirsi; i più tra essi hanno
poi anche d’ordinario otto occhi distinti; la bocca
loro è inoltre, quasi direbbesi, demarcata, o rite-
nuta da due unghie ben discernibili (os ungui-
bus, seu retinaculis 2), e portano dessi all’ ano
alcune papille, che servono loro ottimamente per
[Seite 570] filar prima, e tesser quindi con esse le loro tele,
che diconsi propriamente ragnatele (anus papillis
textoriis).
È questo un genere ragguardevolissimo d’In-
setti, composto d’un assai vistoso numero di spe-
cie1, che tutti quanti indistintamente, non solo
cibansi d’animali, e soprattutto poi d’altri In-
setti viventi, ma mangiansi perfino gli uni gli al-
tri a vicenda, senza pur eccettuarne maschio e fe-
mina della specie medesima. Dessi, per la massima
parte, elaboransi, o una tela semplicemente tes-
suta, come sempre fanno i nostri Ragni domestici
(Aranea domestica), e questi perciò contraddi-
stinguonsi dagli altri col nome di Ragni tessitori,
o fabbricatori di tele (Araneae textores – Ara-
neae telariae), o veramente una rete a maglie
regolari, come usano fare, tra gli altri, i nostri
Ragni dal diadema, o siano Ragni di giardino
(Aranea diadema), che perciò contraddistinguonsi
col nome particolare di Ragni geometrici, o fabbri-
catori di reti (Araneae geometricae – Araneae
retiariae); tessuti, segnatamente questi ultimi,
che riescono effettivamente mirabili2, così a ri-
[Seite 571] guardo della regolarissima proporzione e dispo-
sizione delle maglie, onde constano, e dell’ oppor-
tuno loro collocamento, come della loro singolare
solidità, in forza appunto della quale regger pos-
sono all’ impeto de’ venti, e quasi ad ogni altra
maniera d’intemperie non affatto straordinarie.
Vi fu già ne’ tempi addietro, le molte volte, chi
ebbe concepita l’idea, veramente bizzarra, di uti-
lizzare, per farne seta filata, anche soltanto con
piccoli sperimenti, le Ragnatele o le tele de’ Ra-
gni, e soprattutto poi quel tessuto, che fa il Ra-
gno dal diadema, o il nostro Ragno de’ giardini
(Aranea diadema). – Quelle singolari produ-
zioni che il volgo denomina in Francia Filets de
Saint-Martin, o Cheveux de la Vierge, ec., in
Germania Mädchen-sommer, o Mariengarn, o an-
che fliegender Sommer, ec., in Inghilterra Gos-
samer, e che in Italia, ove, ritenendole appunto
come inviluppi naturali di seta de’ Ragni, potrebbero
in conseguenza dirsi analogamente del pari Capelli
della Vergine, Filo di Maria, o Reti di San Mar-
tino, pare che, il più delle volte, altro non sia-
no, se non gli elaborati d’un Ragno di specie
piccolissima, che segnatamente in primavera rin-
viensi frequentissimo su per le siepi, per le mac-
[Seite 572] chie e pe’ cespugli, vale a dire del Ragno oste-
tricante (Aranea obstetrix: fr. l’Araignée accou-
cheuse: ted. die gebuhrtshelferinn Spinne?: ing.
the midwife Spider?).
SPECIE 1. Ragno dal diadema, o anche il Ra-
gno dalla Croce, o il Ragno di giardino (A.
Diadema – Epeira diadema di Latreille: fr. l’A-
raignée porte-croix – l’Araignée des jardins
– l’Êpèïre diadéme: ted. die Kreuzspinne: ing.
the Cross-spieder?). – Questa specie ha l’ab-
domine di forma quasi globosa, e di colore rosso
scuro, e porta una croce, fatta tutta di punti
bianchi (cruce alba punctata). (Vedi Roesel. Vol. IV.
Tab. da 35 a 40).
È dessa indigena, e comune fra di noi, segna-
tamente ne’ giardini. – Quatremère d’Isjonval
ci vorrebbe pure a tutta possa rendere persuasi
che, tanto questa specie di Ragni, quant’ anche
la successiva, presagiscano sempre, e senza fallo,
le intemperie e le varie mutazioni di tempo.
SPECIE 2. Ragno domestico, o anche il Ragno
delle stanze (A. Domestica – Tenegeria dome-
stica di Walcknaer: fr. l’Araignée des maisons –
la Ténégérie domestique: ted. die Fensterspinne
– Hausspinne: ing. the House-spider). – Que-
sta specie ha l’abdomine di forma affatto ovale,
e di color fosco, o bruno scuro, e porta poi cin-
que macchie nere, che quasi quasi si toccano insieme
(maculis nigris 5 subcontiguis), delle quali le più
[Seite 573] anteriormente situate riescono anche maggiori del-
l’ altre. (Vedi Martyn’s. Tab. 2. Fig. 10.).
È indigena essa pure fra noi, e frequente nelle
nostre stanze.
SPECIE 3. Ragno scenico, o il Ragno sce-
neggiatore, o anche il Ragno saltatore (A. Sce-
nica: fr. l’Araignée histrionne, e per taluni l’A-
raignée sauteuse?: ted. die springende Spinne: ing.
the leaping Spider? – springing Spider?). –
Questa specie, effettivamente saltante, riesce in
complesso di colore nerastro, a meno di tre li-
nee, o striscie bianche e semicircolari, che porta
in traverso. (Vedi Martyn’s. Tab. 6. Fig. 1.).
È indigena anch’ essa fra di noi, ove frequenta,
più che altro, i tetti delle nostre abitazioni. –
Salta dessa realmente, come ne importano alcuni
de’ suoi nomi, ma non costruisce poi tele, o non
fa ragnatele, a quel modo che tessonsele, gene-
ralmente parlando, l’altre specie di Ragni.
SPECIE 4. Ragno saccato, o il Ragno dal
sacchetto, o anche il Ragno dal bottone (A.
Saccata – Phalangium saccatum: fr. l’Araignée
à sac – l’Araignée porte-sac – le Phalange
proprement dit?: ted. die Sackspinne – sackträ-
gerinn Spinne?: ing. the sack-bearing Spider?).
– Questa specie ha l’abdomine di forma per-
fettamente ovale, e d’un colore ferrugineo scuro,
o giallo bruno carico. (Vedi Frisch. P. VIII. Tab. 3.).
È dessa pure indigena fra di noi. – La fe-
[Seite 574] mina ne ha per costume di recarsi addietro con-
tinuamente le sue ova entro ad un sacco, che
tiene attaccato alla pancia, e di vegliar poi con
una ostinata assiduità, e con una perseveranza, a
cui pochi esempii pari raffronterebbonsi, per ricu-
perarlo, anche a costo della vita, quando accada
che questo suo prezioso sacco vengale colla forza
tolto1.
SPECIE 5. Ragno aviculare, o il Ragno uc-
cellatore, o anche il Ragno degli uccelli, ed ora
finalmente la Migala aviculare (A. Avicularia
– Aranea hirtipes di Fabricius – Mygale avi-
cularia di Latreille – Aranea monstrosa?: fr.
l’Araignée aviculaire – la Mygale aviculaire
– l’Araignée des oiseaux – l’Araignée mon-
strueuse?: ted. die Buchspinne – Vogelspinne:
ing. the birds hunting Spider? – Bird spider?).
– Questa specie ha il suo corsaletto toracico de-
presso, grande, e di forma ovale, per di dietro
troncata, con una piccola incavatura traversale
nel bel mezzo, oltre a diversi altri leggieri infos-
samenti radiati, o dispostivi a foggia di raggi,
ed ha poi ovale l’abdomine, munito di due pori
cilindrici e lunghetti, per mezzo de’ quali l’In-
setto fila in seta finissima la sua bava; il corpo n’è
vellutato, e pelose ne sono poi decisamente le zam-
pettine, per di sopra rigate, e di color rosso sbia-
[Seite 575] dato nelle giunture (thorace orbiculato convexo:
centro transverso excavato). (Vedi Kleemanns Bey-
träge zu Roesel. Tom. I. Tab. 11 e 12.).
Esotica sempre per noi, non pare essa indigena,
che soltanto dell’ Indie occidentali, e rinviensi,
più frequente che altrove, alla Cajenna, al Suri-
nam, e in altre regioni da queste non gran fatto
dissimili. – Vien lunga per fino due pollici, e
grossa in complesso quanto può esserlo il pugno
d’un bambino. – Le piante de’ piedi ne risplen-
dono di bei colori screziati, tra’ quali il giallo me-
talloideo dorato non è certo il meno appariscente.
– Si pretende che questa maniera di grandi Ragni
abbia per istinto, o per costume dettatogli dalla
Natura, d’ammazzare i Colibrì, e di sorbirne le
uova, e vuolsi poi che la sua morsicatura riesca
pericolosa anche per gli uomini, a motivo della
violenta infiammazione che cagiona. – È bene
però andare avvertiti, grande troppo essere an-
cora la confusione che regna nella Storia naturale
de’ Ragni esotici, perchè non abbia a dubitarsi di
quanto qui ora notossi; parte di tali abitudini po-
tendo per avventura appartenere al Nhamdu, o
Nhamdu-guacu de’ Brasiliani, parte al Mathou-
tou de’ Caraibi, e parte ad altri Ragni, che non
conosciamo ancora a bastanza.
SPECIE 6. Ragno spitameo, o anche il Ragno
d’una spanna (A. Spithamea: fr. l’Araignée spi-
thamée – l’Araignée empaumée – l’Araignée
[Seite 576] d’un empan: ted. die Spannenspinne?: ing. the
Span-spider). – Questa specie ha bislungo l’ab-
domine, e lunghissime poi tutte quante le sue zam-
pettine. (Vedi Seba. Thesaur. Vol. IV. Tab. 90. Fig. 9.).
È dessa pure esotica sempre per noi, e pare
anzi che non rinvengasi se non all’ Indie orien-
tali. – Quando l’individuo, compiutamente cre-
sciutone, tiene distese le sue lunghissime zampet-
tine, occupa in giro uno spazio analogo a quello
che potrebbe comprendere aperta una nostra mano.
SPECIE 7. Ragno Tarantola, o anche sempli-
cemente la Tarantola, o talora la Tarantella
(A. Tarantula: fr. la Tarentule – l’Araignée
tarantule: ted. die Tarantel: ing. the Taran-
tula?). – Questa specie è tutta quanta di color
fosco, o bruno scuro, e nera anzi affatto per di sotto,
con alcune fascie, nerissime del pari, sotto alle zam-
pettine. (Vedi le mie Abbildungen naturhistorischen Ge-
genstände, Tab. 38.).
Dessa rinviensi indigena particolarmente nella
Puglia. Le favole, un tempo quasi universalmente
invalse, portanti da un lato le conseguenze inevi-
tabilmente derivanti dalla morsicatura della Ta-
rantola, e dall’ altro il vantaggio, riputato, non
solo sicuro ed efficacissimo, ma quasi direbbesi
unico ed esclusivo, de’ musicali presidj da propi-
narsi in tali casi, per guarirne poi ballando, sono
oggimai al tutto sventate ed obsolete, nè in altro
si risolsero finalmente, se non, parte in meri gio-
[Seite 577] chi, o in aberrazioni della fantasia riscaldata di
uomini ipocondriaci, o di donne isteriche; ma
forse più spesso ancora, in finzioni intieramente
gratuite, o in basse imposture, colle quali debb’ es-
sersi alcuna volta, ne’ tempi addietro, pigliato giuoco
qualche, non meno miserabile che furbo, terraz-
zano Pugliese d’infinocchiare, non senza scopo di
trarne guadagno, certi viaggiatori scimuniti, come
ancora ve n’ ha, a’ quali, per poco artifizio che si
usasse, farebbesi di leggieri credere ogni più stra-
nia cosaccia. Non è però che con questo inten-
diamo di rigettare anche ciò che è, o può es-
sere vero, di questa tanto decantata specie di Ra-
gni, che esiste colà effettivamente, vivendosene in
fra i campi, ove dimora nelle crepature, nelle
fenditure o ne’ buchi del terreno, e d’onde uscendo
talora, incomoda, o molesta segnatamente i mie-
titori all’ epoca del raccolto, mordendoli e rimor-
dendoli, a misura che vanno essi inquietandola sem-
pre maggiormente collo stesso loro continuare nel
proprio loro lavoro. E come si sa benissimo, che
le punture degli Insetti nuocono sempre più, fino
a cagionar qualche volta ne’ feriti o morsicati la
così detta Chorea Santi Viti, e a diventar anche
molto pericolose in altro modo, nell’ ardente estate,
che non in altra stagione, così è pure possibilis-
simo che alcun chè di simile possa allora acca-
dere eziandio in causa del morso della Tarantola.
SPECIE 8. Ragno Edule, o il Ragno mangiabile
[Seite 578] (A. Edulis: fr. l’Araignée mangeable: ted. die
essbare Spinne? ing. the catable Spider?). – Que-
sta specie riesce di colore intieramente grigio per
di sopra; ha bislunghetto l’abdomine, striato, o
rigato lateralmente, ed ha fulve o bruno-scure
le zampettine, che all’ estremità loro vanno fa-
cendosi nericcie. (Vedi Labillardiére. Voyage, Tab. 12.
Fig. 4, 5 e 6.).
È dessa propriamente indigena soltanto, che sap-
piasi, della Nuova Caledonia, ove anzi quegli Iso-
lani usano d’arrostirne le centinaja e le centinaja,
per mangiarsele poscia avidissimamente come cibo
prelibato e squisitissimo.
GENERE LXXXII. Scorpione (Scorpio: fr. Scor-
pion: ted. Skorpion: ing. Scorpion). Gl’ Insetti,
di specie ben poco numerose, che compongono
questo genere, sono sempre muniti d’otto piedi
distintissimi, con inoltre due chele, serre, morse
o tanaglie che vogliansi dire, frontali (chelae 2
frontales), con due occhi in sul tergo (oculi 2,
in tergo), e con inoltre due palpi, o tentacoli che-
liformi, o conformati anch’ essi a foggia di morse
o di tanaglie, con una coda assai lunga, fatta di
parecchi pezzi, o membretti insieme articolati, e
terminante in un pungiglione curvo o adunco, e
finalmente con due così detti pettini, posti loro al
di sotto tra il petto e l’abdomine.
Gli Scorpioni, sia che guardisi alla particolare
loro conformazione, o sia che si consideri il modo
[Seite 579] loro di vivere, sempre si troverà che hanno una
qualche analogia co’ Granchj, tanto più che, ap-
punto come fanno questi, gettano anch’ essi ad
ogni anno la loro scorza, detta propriamente cro-
sta, onde i Granchj, considerati in massa con altri
analoghi animali, pigliano poi il nome comune di
Crostacei. Del resto, nutronsi gli Scorpioni di pa-
recchj altri Insetti, e le femine ne sono vivipare.
– La puntura de’ nostri piccoli Scorpioni Europei
comuni, non suole esser mai accompagnata da pe-
ricolo deciso; a meno che la concorrenza di spe-
ciali circostanze aggravanti, come a dire, per esem-
pio, l’ardore eccessivo della stagione estiva, l’a-
zione protratta sovr’ essi de’ raggi diretti del Sole,
e simili, non vengano a crescerne fuor di misura la
potenza deleteria del veleno, che stassene raccolto
nel loro follicolo terminale della coda, e che,
compresso nell’ atto stesso della puntura, n’esce
poi pel pungiglione tubuloso, e stilla per quello
nella praticatane ferituccia1.
SPECIE 1. Scorpione Affricano (S. Afer: fr.
le Scorpion d’Afrique: ted. der Afrikanische
Skorpion: ing. the African Scorpion?). – Que-
ste specie ha i suoi due così detti pettini, for-
mati cadauno di tredici denti ben distinti (pecti-
nibus 13-dentatis), ed ha poi le mani, o per
dir meglio le serre, o le branche a morsa pelose,
e conformate quasi a foggia di cuore (manibus
subcordatis pilosis). (Vedi Roesel. Vol. III. Tab. 65.).
È dessa indigena unicamente dell’ Affrica, come
già ce lo indica lo stesso suo nome specifico.
SPECIE 2. Scorpione Europeo, o lo Scorpione
nostro comune (S. Europaeus: fr. le Scorpion
d’Éurope – le Scorpion vulgaire: ted. der Eu-
ropäische Skorpion – gemeine Skorpion: ing. the
European Scorpion – common Scorpion). –
Quest’ altra specie ha i suoi così detti pettini,
formati cadauno di diciotto denti ben distinti (pec-
tinibus 18-dentatis), ed ha poi le sue serre, o
le sue branche a morsa, che diconsi mani, ango-
lose (manibus angulosis). (Vedi Roesel. Vol. III. Tab. 66.
Fig. 1 e 2.).
È dessa indigena e comune, e quindi conosciuta
a bastanza anche fra noi, perchè possiamo esi-
merci dal soggiugnere più altro a suo riguardo.
B. Crostacei (Crustacea: fr. les Crustacées:
ted. die gelenkschäligen Insekten: ing. the Cru-
staceous Insects).
GENERE LXXXIII. Cancro, o Granchio (Can-
[Seite 581] cer: fr. Cancre – Crabe: ted. Krebs: ing. Crab).
Gl’ Insetti, che racchiudonsi in questo assai ben
grande e numeroso genere, vanno sempre muniti
di otto piedi o zampettine, con inoltre due mani
chelate, che potranno dirsene, a beneplacito, le ser-
re, le morse o le tanaglie, con due occhi allungatelli
anzi che no, mobili, distanti molto l’uno dall’ altro,
e per lo più pedunculati, o sostenuti cadauno da
un proprio picciuolo, con di più ancora due palpi
o tentacoli, in cima a’ quali stassene un’ altra chela,
serra o morsettina (palpi 2 cheliferi), e final-
mente con una coda inerme e composta di pa-
recchi pezzi insieme articolati (cauda articulata
inermis).
È questo un genere, come già enunciammo,
estessisimo e diffusissimo, di cui piacque al som-
mo Linneo di ripartire le specie troppo numerose,
nelle tre seguenti Famiglie distinte: I, di Bra-
chiuri; II, di Parassitici, e III, di Macrouri, piglian-
done a tale uopo i caratteri, principalmente dalla
varia lunghezza della loro coda, e da’ tegumenti
che la cuoprono o la rivestono1. Ora, venendo
a tali Famiglie, diremo che:
I. i Brachiuri (Brachyuri: fr. les Brachyures:
ted. die Krabben – Taschenkrebse – Seespin-
[Seite 582] nen: ing. the Crabs), vengono così a compren-
dere in una sola Famiglia quelle specie di Cancri,
che hanno la coda corta, quali, per cagion d’e-
sempio, sono le seguenti:
SPECIE 1. Cancro Pinnotere (C. Pinnotheres:
fr. le Cancer pinnothére – le Crabe pinnophile –
le petit Crabe pinnothére?: ted. der Steckmuschel-
wächter – Pinnenwächter: ing. the pinnotheres
Crab?). – Questa specie ha corta la coda, ed è
glabra affatto, o nuda, liscia e senza pelo; il to-
race n’è pure onninamente liscio, ma ne riesce,
come chi dicesse, alquanto appianato, per davanti,
verso amendue i lati (thorace laevi lateribus an-
tice planato), e finalmente la coda, verso la metà,
ne è ad un tempo nocchierosa o bernoccoluta, e
carinata, o conformata a foggia della carena di
una nave (caudae medio noduloso carinato).
È dessa esotica sempre per noi. – La storiella
portante, che questo piccolo Granchio stiasene di
proposito nelle così dette Pinne di mare (Pinna
rudis – nobilis), per quinci tenere avvertiti, al-
l’ occorrenza, i Molluschi d’altre Conchiglie, che
stanno d’intorno, dell’ avvicinarsi che fa a quei
luoghi la Seppia propriamente detta (Sepia of-
ficinalis), o la Seppia lolligine, detta comune-
mente il Totano, o il Pesce calamajo (Sepia lo-
ligo), è stata oggimai relegata con ragione tralle
favole, come insussistente ed erronea. Sta però,
che bene spesso esso s’impiccia, e s’avviluppa
[Seite 583] nelle barbe delle Pinne, e vi rimane imbrogliato,
come pure può succedere a qualsivoglia altra spe-
cie di Granchio, e anche ad altri Insetti analoghi,
a’ Molluschi ed a’ Pesci; ma ciò nulla viene a pro-
var più di così.
SPECIE 2. Cancro Ruricola, o anche il Gran-
chio coltivatore, o il Granchio di terra (C. Ru-
ricola – Gecarcinus ruricola di Leach? – quando
pure non sia piuttosto il Grapsus cruentatus di
Latreille, il quale corrisponde esattamente al Grap-
sus ruricola di Dégéer?: fr. le Crabe ruricole rouge-
foncé – le Crabe de terre – le Crabe boursier
– e forse le Gérarcin tourlourou – se pur non
piuttosto le Grapse rouge de sang?: ted. die schwar-
ze Landkrabbe – rothe Landkrabbe: ing. the
earthy Crab? – Husband-crab?). – Questa
specie, avente anch’ essa cortissima la coda, ha il
torace liscio, ed integro affatto, o intatto, vale a dire
non punto frastagliato, scisso nè lacero in sui lembi
marginali, nè in alcuna sua parte, anteriormente
alquanto rintuzzato, o come chi dicesse tronco
(thorace laevi integerrimo, antice retuso), ed ha
in fine, tanto l’ultime, quanto le penultime mem-
brature, o gli articoli de’ piedi, o delle sue zampet-
tine, spinosi da per tutto (pedum articulis ultimis
penultimisque undique spinosis). (Vedi Catesby. Vol.
II. Tab. 32.).
È dessa esotica sempre per noi, nè rinviensi indi-
gena, se non alle Indie occidentali, e nelle regioni
[Seite 584] a quelle più vicine. – Vive essa colà la più parte
del tempo in fra’ cespugli, od anche nelle fossette
sotterranee (ted. sie lebt im Gebüsch in Erdhöhlen);
ma poi in primavera recasi, e bene spesso per
stormi numerosissimi, o come suol dirsi in sciami,
al mare, ove le femine ne depongono giù, così
portandone l’istinto, le loro ova nelle sabbie.
SPECIE 3. Cancro Vocante, o anche il Gran-
chio della sabbia (C. Vocans – forse la stessa
cosa col Cancer sabulosus di Herbst – e colla
Dromia sabulosa di Bosc?: fr. le Crabe du sa-
ble – la Drome sabuleuse?: ted. die Sandkrab-
be: ing. the Sand-crab). – Questa specie ha pur
sempre corta la coda, ed ha poi inerme affatto
il suo torace, di forma quadrata; una delle due
sue chele, o mani, o serre che vogliansi dire,
ne riesce costantemente, e senza paragone, molto
più grande dell’ altra. (Vedi Catesby. Vol. II. Tab. 33.).
È sempre esotica anch’ essa per noi, mentre
non rinviensi che all’ Indie orientali, e nelle re-
gioni le più calde dell’ America settentrionale. –
Il maschio1 n’è particolarmente rimarchevole, se
pure la differenza ne è costante, a motivo ap-
punto della somma disuguaglianza delle due sue
serre, chele o mani, l’una delle quali non suole
superar in grossezza le rimanenti zampettine, men-
tre l’altra ne riesce grossa e pesante a segno che,
[Seite 585] quando l’individuo vuole procedere innanzi sopra
terra, gli è forza riporsela in sulla schiena, e così
portarsela dietro di peso.
SPECIE 4. Cancro Menade, o anche il Gran-
chio propriamente detto, e qua e là talora per
l’Italia, il Granchio Menola, il vero Gran-
chio, il Granciporro, il Grancio, il Granciolo,
la Grancella (C. Maenas: fr. le Crabe ménade:
ted. die eigene Krabbe: ing. the proper Crab).
– Questa specie ha corta anch’ essa la coda; ha
quasi liscio o levigato il suo torace, portante cin-
que denti, ben distinti, ad ambo i lati (thorace lae-
viusculo, utrinque quinquedentato), co’ carpi ar-
mati ciascuno d’un solo dente (carpis unidenta-
tis), co’ piedi ciliati, e con questo poi di più, che
i posteriori ne riescono subulati, o lesiniformi.
È dessa indigena anche fra noi.
SPECIE 5. Cancro Dromio, o anche il Gran-
chio dromone, o semplicemente il Dromio, il Dro-
mone (C. Dromia – forse la stessa cosa col Can-
cer pinnophylax – e col Cancer caput-mortuum
di Linneo – o colla Dromia clypeata di Latreille?:
fr. le Crabe dromon – le Cancer dromie – la
Dromie tête de mort?: ted. die Dromkrabbe: ing.
the Drom-crab?). – Questa specie ha anch’ essa
corta molto la coda, ed è tutta quanta irsuta, o
coperta d’un pelo irto, vale a dire duro e ruvido;
il torace ne è da ambe le parti dentato, e i piè
posteriori ne hanno le unghie doppie o aggemel-
[Seite 586] late. (Vedi le mie Abbildungen naturhistorischen Gegen-
stände. Tab. 67.).
Esotica sempre per noi essa non può dirsi in-
digena che propriamente dell’ Oceano Indiano. –
Ha dessa, come hannole anche diverse altre spe-
cie di Granchj, che diconsi allora più propria-
mente, appunto, Dromii (Dromus), o Dorippe
(Dorippe), od Omole (Homola), quattro delle
sue zampettine situate al di sopra della schiena,
delle quali si giova poi per afferrare una qualche
Conchiglia vuota, con cui piglia ora un Pesce, ed
ora un qualche altro Granchio, onde nutrirsi.
SPECIE 6. Cancro Paguro, o anche semplice-
mente il Paguro, e alcuna volta, ma a torto, co-
munque così accenni anche la Crusca, il Granci-
porro (C. Pagurus – Cancer fimbriatus dell’ O-
livi: fr. le Pagure – le Poupart – le Crabe
monade – le Cancer à poche – le Cancer tour-
teau – le Crabe tourteau – la Boursiére? – e
talora perfino le Crabe de rivière, sebbene poi troppo
impropriamente: ted. der Taschenkrebs – die
Tasche – Strandkrabbe?: ing. the Punger). –
Questa specie ha cortissima pur sempre la coda; il
torace ne porta da ambe le parti, come chi dicesse,
nove pieguzze alquanto confuse (thorace utrinque
obtuse novem-plicato), e le chele, le così dette
mani, o le serre ne riescono atre affatto, o di
color nero intenso, presso all’ apice loro.
È dessa indigena anche de’ nostri mari Europei,
[Seite 587] e mangiasi bene spesso sulle nostre tavole, segna-
tamente presso a’ porti di mare.
II. i Parassitici (Parasitici: fr. les Parasites: ted.
die Schneckenkrebse – Schmarotzerziefer?: ing.
the spungers Insects? – parasitical Crabs?),
vengono così a comprendere in una sola Famiglia
le non gran fatto numerose specie di Cancri, o
Granchj, nei quali la coda manca affatto di scheg-
gie o di squame (cauda aphylla).
SPECIE 7. Cancro Bernardo, o anche il Ber-
nardo-eremita, o Bernardo l’eremita, o final-
mente il Paguro Bernardo-eremita (C. Bernhar-
dus – Pagurus Bernhardus – Bernhardus here-
mita:? fr. le Bernard l’hermite – le Pagure
bernard-l’hermite: ted. der Einsiedler – Bernhar-
dus-heremita?: ing. the Bernhardus-heremita?).
– Questa specie ha anch’ essa cortissima, ma poi
senza scheggie, la coda, colle chele, mani o serre,
che vogliansi dire, conformate alla foggia d’un
cuore, e muricate, o superficialmente piene tutte
quante di prominenze pungenti, e con questo poi
di più, che la chela destra ne riesce costantemente
maggiore dell’ altra. (Vedi Sulzers Geschichte. Tab. 31.
Fig. 5.).
Se ne sta dessa, a domicilio quasi continuo, nei
Nicchj, o nelle Conchiglie vuote, senza curarsi af-
fatto, a quello che sembra, di dare perciò la pre-
ferenza ad alcun genere particolare, nè ad alcuna
determinata specie di così fatte spoglie di Mollu-
[Seite 588] schi. Di fatto accade a bastanza frequentemente
di rinvenire Conchiglie vuote, con entrovi uno ap-
punto di questi Granchj romiti, e aventi per di
sopra impiantati uno o più Alcioni, o altri Co-
ralli consimili.
III. i Macrouri, o i Gamberi propriamente detti
(Macrouri: fr. les Macroures: ted. die Macro-
uren? – langgeschwänzten Krabbe? – eigentlich
sogenannten Krebse: ing. the Macroures? – long-
tailed Crabs?), vengono così a comprendere in
una sola Famiglia tutte quante le rimanenti specie
di Cancri o Granchj aventi lunga la coda; specie
che già, in complesso, per abitudine invalsa uni-
versalmente, contraddistinguonsi in Italia appunto
col nome di Gamberi.
SPECIE 8. Cancro Cammaro, o il Gambero di
mare, il Gambero marino, l’Astaco, e talora an-
che, in qualche luogo d’Italia, comunque affatto
inopportunamente, il Leone marino, o il Lupo
marino, da non confondersi però mai colla rossa
nostra Arragosta comune, o col così detto Cancro
locusta, che appartiene al novello genere Pali-
nurus di Latreille, qui non contemplato affatto
(C. Cammarus – C. Gammarus, sebbene a torto,
dovendosi quest’ ultimo nome, come scorgerassi
più sotto, riserbare per altri – Astacus mari-
nus di Fabricius: fr. le Homard – l’Ecrevisse
homard: ted. der Hummer: ing. the Lobster).
– Questa specie ha lunga assai bene la coda;
[Seite 589] ha liscio affatto, o levigato il torace, ed ha la
bocca terminante, quasi chi dicesse in un becco
lateralmente dentato, con inoltre un doppio dente
alla parte superiore dalla sua radice (rostro la-
teribus dentato: basi supra dente duplici); il co-
lore ne suol essere azzurrognolo nel fondo, ma
tempestato poi di macchie bianche; l’individuo ne
perviene qualche volta ad una statura, che può
dirsi gigantesca.
È dessa indigena propriamente de’ mari spet-
tanti al Nord del Globo, ma rinviensi poi, non in-
frequentissima, anche nel grande Oceano, e per-
fino nel nostro mare Mediterraneo, dalle quali lo-
calità migra essa or qua or là, in certe determinate
stagioni, per poscia ritornarvi a tempi dati, a quel
modo che usano fare anche molte specie di Pesci.
SPECIE 9. Cancro Astaco, o l’Astaco flu-
viatile, l’Astaco di fiume, o il Gambero di
fiume, o anche semplicemente il Gambero (C.
Astacus – Cancer fluviatilis di Rondelet –
Astacus fluviatilis di Fabricius: fr. l’Ecrevisse
commune – l’Ecrevisse de riviére: ted. der Fluss-
krebs – Edelkrebs: ing. the Craw-fish). –
Questa specie ha anch’ essa lunga molto la coda,
ha liscio affatto, o levigato il torace, ha la bocca
conformata in una maniera di rostro, o di becco
lateralmente dentato, con un dente raddoppiato
presso all’ inserzione della sua parte superiore
(rostro lateribus dentato: basi utrinque dente uni-
[Seite 590] co); le chele, o le serre anteriori, ne sogliono
il più delle volte essere disuguali di mole, tutte
quante zigrinate, e minutissimamente denticolate,
o come suol dirsi, finamente serrate lungo il lato
loro interno. (Vedi Roesel. Vol. III. Tab. 54–16.).
È dessa indigena, e comunissima anche fra di
noi, e rinviensi in moltissimi fiumi, tanto d’Eu-
ropa, quanto dell’ Asia settentrionale. – Il co-
lore ne varia moltissimo nelle diverse località; di
modo che, comunque, generalmente parlando,
questo Gambero divenga rosso mercè della bol-
litura nell’ acqua, è da sapersi, che ve n’ha dei
rossi naturalmente, come ve n’ha de’ neri, che ri-
mangono affatto neri anche dopo bolliti, e come
altri ve n’ hanno di colore più o meno bruno,
volgente alcuna volta perfino al verdastro. – Il
fatto ha provato oggimai, che l’individuo ne può
vivere fin oltre all’ età di venti anni, ed è noto
che spogliasi sempre annualmente della sua ar-
matura, o crosta ossea, o di quel suo guscio so-
lido, che alcuni dicono anche testa, per vestirne
a poco a poco, ma però prestissimo, uno nuovo;
nella quale occasione cambia poi esso eziandio i
suoi tre denti, e perfino lo stomaco, se pure non
sia da ritenersi, come taluni opinano, ch’ esso rin-
novi del pari annualmente fors’ anche tutte le al-
tre parti sue interiori. – Quelle due produzioni,
o piuttosto concrezioni di sostanza affatto calcare,
che in estate rinvengonsegli situate ad ambo i lati
[Seite 591] dello stomaco, e che sono universalmente cono-
sciute sotto il nome affatto improprio, ed incom-
petentissimo d’occhi di Gambero, sono destinate
a fornire la massima parte della materia terrosa,
mercè di cui indurasene poi così prontamente l’in-
tegumento esteriore rinnovato. – Ogni qualvolta
accada, tanto ad uno di questi Gamberi, quanto
eziandio a qualsivoglia individuo di diverse altre
specie di Cancri, d’aver perduto una serra, un
piede, ed anche più, o qualche altro consimile
organo esteriore, queste tali parti d’ordinario ven-
gono loro a poco a poco naturalmente risarcite con
somma facilità, per effetto di quella forza di ripro-
duzione, della quale in altre occasioni parlammo,
e che in questa maniera d’animali è sempre po-
tentissima. Essi gettano anzi spontanei, e quasi
si direbbe che scoccano lunge da sè, tanto le
chele, quanto alcuna delle zampettine loro, solo
che, a qualche distanza però dal tronco, queste
parti vengan loro ammaccate, schiacciate o frat-
turate, o solo che ne vengano loro tocche con un
ferro rovente; e si pretende perfino che ciò faccia
talora l’Astaco, o il Cancro cammaro, anche al
semplice sentire un forte colpo di tuono, o il non
troppo lontano scoppiar d’un fulmine.
SPECIE 10. Cancro squilla, o anche il Gran-
chiolino di mare, il Palpo di mare, o il piccolo
Granciporro comune, e meglio ancora il Palemone
squilla, ed a Venezia poi la Masenela, quando
[Seite 592] non è in muta, e la Mollecca, quand’ ha appena
gettato il suo guscio osseo esteriore (C. Squilla
– Palaemon squilla di Fabricius: fr. la Che-
vrette – la Crevette de mer – le Salicoque –
le Barbot: ted. die Granate – Edelgarneele:
ing. the Shrimp). – Questa specie ha lunghetta
essa pure la coda, col torace liscio o levigato,
colla bocca conformata a foggia di becco, per di
sopra serrato, seghettato, o denticolato, come
lo suol essere il tagliente d’una sega, e per di
sotto poi armato di tre denti distinti (rostro su-
pra serrato: subtus tridentato), e colle mani,
se pur tali si possono dire, aventi uguali le dita
(manum, ma da leggersi piuttosto manuum digi-
tis aequalibus). (Vedi Mémoires de l’Académie des
sciences de Paris, per l’anno 1772. P. II. Tab. 1. Fig. 1 e 2.).
È dessa indigena così del nostro Mediterraneo,
como dell’ Adriatico, e di molti altri mari.
SPECIE 11. Cancro Crangone, o la falsa
Squilla, il Crangone comune, o fors’ anche, non
non so però quanto acconciamente, la Sparnoc-
chia?, o come taluno pure vorrebbe, il Gran-
chio camerugia? (C. Crangon – Crangon vul-
garis di Fabricius: fr. le Crangon vulgaire –
e talora le Cardon – com’ anche qua e là, ma
a tutto torto, poichè tali nomi ne sono già ap-
plicati alla specie precedente, che n’è ben diversa,
e molto migliore a mangiarsi, la Chevrette – la
Crevette de mer: ted. die gemeine Garneele:
[Seite 593] ing. the Crangon?). – Questa specie ha lunghetta
la coda, col torace liscio o levigato, colla bocca
conformata a foggia di rostro, o di becco liscio
anch’ esso, e senza frastagli, come pure senz’ alcuna
asperosità (rostro integerrimo), e finalmente colle
mani aventi quella parte, che ne rappresenta il
pollice, più lunga di quello che non ne riescano
l’altre dita, se pure mani o dita possono chia-
marsi questi organi esteriori dell’ animale, di cui
trattasi. (Vedi Roesel. Vol. III. Tab. 63. Fig. 1 e 2.).
È dessa comunissima lungo le coste dell’ Ocea-
no, e de’ mari d’Europa, nelle località ove il fondo
ne riesce sabbioso, ma è forse più frequente an-
cora, che per tutto altrove, nel così detto mare
del Norte, ove pescasi, tanto per mangiarla, seb-
bene il sapore non siane certo così grato, come
lo è quello della specie precedente, o anche per
approntarne esca con cui pigliar poi altri Pesci.
– Questa maniera di Granchj, che pure arrossa
mercè della bollitura, o non ha un colore mar-
cato, o se pure ne ha uno, è desso tale, che
nel fondo volge al verdastro, con sopravi moltis-
simi punti, e molte strie di color nero.
SPECIE 12. Cancro Arcto, o il Granchio ri-
stretto, o anche lo Scillaro ristretto (C. Ar-
ctus – Seyllarus arctus di Fabricius: fr. le Crabe
resserré – le Scyllare resserré – la Sauterelle
de mer retrécie: ted. der zugezogene Krebs –
die zugezogene Seeheuschrecke?: ing. the strait
[Seite 594] Crab?). – Questa specie ha anch’ essa lunga la
coda, col torace armato d’aculeo per davanti
colla fronte che sfogliasi come in due foglie (fronte
diphylla), e in fine colle così dette mani quasi
totalmente mancanti di dita (manibus subadacty-
lis). (Vedi Gesner, Historia aquatil. a pag. 1097.).
È dessa indigena anche de’ nostri mari, come
lo è di tutte quante le regioni dell’ Oceano, che
trovansi ne’ climi più temperati.
SPECIE 13. Cancro Mante, o il Granchio man-
tide, o la Squilla mantide (C. Mantis – Squilla
mantis di Fabricius: fr. le Crabe mante – la
Squille mante – e troppo poi impropriamente la
Mante de mer?: ted. der Schwanenkrebs?: ing.
the Mantis-craw-fish? – Mantis-shrimp?). –
Questa specie ha pur sempre lunga la sua coda,
e riesce articolata (Cancer macrourus articularis);
le così dette mani ne sono compresse, conformate
a foggia d’una falce, serrate, o guernite di den-
tini minuti, come può esserlo il tagliente d’una
sega, e affatto mancanti di dita (manibus adac-
tylis compressis falcatis serrato-dentatis). (Vedi
Sulzers Geschichte. Tab. 32. Fig. 2.).
È questa indigena propriamente de’ mari situati
in fra i Tropici, ma rinviensi però anche nelle
località le più calde del nostro Mediterraneo.
SPECIE 14. Cancro Pulce, o anche il Gam-
maro pulce, o il Granchiolino de’ ruscelli (C.
Pulex – Gammarus pulex di Fabricius – Gam-
[Seite 595] marus marinus di Leach: fr. le Crabe-puce –
la Crevette des ruisseaux – la Squille aquatique
di Dégéer: ted. die Flussgarneele: ing. the Stream-
shrimp?). – Questa specie ha anch’ essa lunga
discretamente la coda, ed è tutta quanta artico-
lata (C. macrourus articularis), ed è munita di
quattro così dette mani larghe, compresse, munite
d’un robusto uncino mobile, prive affatto di dita,
con dieci piedi, terminanti ciascuno in un’ unghia
semplice, lievemente incurvata. (Vedi Roesel. Tom. III.
Pag. 62. da Fig. 1. a Fig. 7.).
Esiste dessa anco fra noi, ed è particolarmente
frequente frammezzo al Nasturzio, o al così detto
Crescione delle fontane (Nasturtium officinale:
fr. le Cresson de fontaine: ted. die Brunnen-
kresse); rinviensi però anche per sciami, o per
torme d’innumerevoli individui, lungo certe spe-
ciali Coste marittime, ed è un Insetto voracissimo,
che ingegnasi di consumar anche le carogne.
SPECIE 15. Cancro degli stagni, o l’Apo pi-
sciforme, o il Gammaro degli stagni, o anche
il Granchiolino dell’ acque morte (C. Stagnalis
– Gammarus stagnalis di Fabricius – Apus
pisciformis di Schaeffer, e d’altri: fr. le Crabe
des étangs – la Crevette des étangs: ted. die
Teichengarneele?: ing. the Poud-shrimp?). –
Questa specie ha lunga essa pure la sua coda,
di forma cilindrica, e bifida poi all’ apice, essendo-
ne l’individuo articolato tutto quanto, come pur
[Seite 596] quello delle due specie precedenti; ha le mani
prive d’ogni apparenza di dita (manibus adac-
tylis), co’ piedi apertissimi (pedibus patentibus).
(Vedi Schaeffer’s fischförmiger Kiefenfuss. 1754 in 4.).
È dessa indigena anche fra di noi, ove fre-
quenta, più che altro, le paludi, l’acque sta-
gnanti, e simili.
GENERE LXXXIV. Monoculo, o anche Bran-
chiostega, Branchiopoda, e per altri, Entomo-
strace (Monoculus – Branchiostega – Bran-
chiopoda – Entomostrace: fr. Monocle – Bran-
chiostége – Entomostrace: ted. Kiefenfuss: ing.
Monoculus?). Gl’ Insetti compresi in questo ge-
nere, hanno sempre i piedi natatorj, col corpo
vestito tutto quanto d’una crosticina, e cogli occhi
approssimati, o posti vicino l’uno all’ altro, come
innati nella testa, o più tosto crosta, che li riveste.
Tutte assolutamente le specie, infino ad ora note
d’Insetti a questo medesimo genere ascritti, non
rinvengonsi che soltanto, e sempre nell’ acqua1.
SPECIE 1. Monoculo Polifemo, o anche il Li-
mulo ciclope, o l’Insetto Polifemo (M. Poly-
phemus – Cyclops di Müller – Limulus poly-
phemus – Limulus cyclops di Fabricius – Limulus
Sowerby di Leach: fr. le Polyphéme di Lamarck
– le Monocle polyphéme – le Limule geant?
[Seite 597] – le Limule polyphéme: ted. der Moluckische
Krebs – Polyphäm?: ing. the Horse-shoe – Hel-
medfish: e per gli Americani poi il King-krab). –
Questa specie ha il suo guscio, la scorza, la cro-
sta, o quell’ integumento quasi petroso, che suole
alla latina dirsene teca, od eziandio testa, in parte
appianato ed in parte convesso, con marcatavi, per
davanti, una tal quale commessura a mezza luna,
ed un’ altra poi denticolata per di dietro (testa
plana convexa sutura lunata, postica dentata),
e con lunghissima poi la sua coda, conformata an-
ch’ essa quasi a mezza luna.
Esotica sempre per noi, e non indigena che o del-
l’ Indie orientali, o delle Coste orientali dell’ Ame-
rica settentrionale, fino inclusivamente allo stretto
di Bahama, ov’ è anzi frequentissima, ci presenta
essa il più colossale degl’ Insetti infino ad ora co-
nosciuti, mentre l’individuo può pervenirne anche
ad una lunghezza di quattro piedi, ed oltre. – Del
resto è bene lo stare avvertiti, che assai difficil-
mente avrebbesi potuto applicare, con ironia stu-
diata, più sconvenientemente che a quest’ Insetto,
il nome generico di Monoculo, mentre in ogni sin-
golo individuo contanvisi almeno duemila occhi.
SPECIE 2. Monoculo Apo, o il Monoculo apode,
o anche l’Apo produtto, o il Limulo lacustre
(M. Apus – Apus productus per alcuni – Limu-
lus lacustris di Müller: fr. l’Apus prolongé: ted.
der verlängerte Apus – krebsartige Kiefenfuss?
[Seite 598] – gelenkschalige Kiefenfuss?: ing. the prolon-
gated Apus? – Product-apus?). – Questa specie
ha la sua corteccia tegumentale, come chi dicesse,
alcun poco compressa, anteriormente smussata o
rintuzzata, e per di dietro troncata (testa subcom-
pressa, antice retusa, postice truncata), colla
coda portante due setole (cauda biseta). (Vedi
Schaeffer’s, krebsartiger Kiefenfuss. Tab. 1.).
Rarissima in Italia, come in tutti gli altri paesi
meridionali, non si può dire frequente nemmeno
in Germania, se non che appunto colà poi, in
ben poche località, dopo le inondazioni, e nelle
annate molto umide, se ne veggiono talora falangi
affatto innumerevoli. – Gl’ individui ne sembrano
tutti quanti veri ermafroditi, e in cadauno di essi
ha creduto il qui sopra citato Schaeffer1 di poter
calcolare, che sianvi da circa due milioni di arti-
colazioni.
SPECIE 3. Monoculo Pulce, o anche talora la
Pulce acquajuola, o la Dafnia pennuta (M. Pu-
lex – Pulex arboreus di Swammerdamm –
Daphnia pennata di Müller – Daphnia pulex di
Lamark e di Latreille: fr. la Daphnie puce –
la Puce des arbres – le Monocle-puce – le Per-
roquet d’eau di Geoffroy: ted. der Wasserfloh:
ing. the Water-fly?). – Questa specie ha le an-
tenue dicotome, ossia suddivise in rami, che pro-
[Seite 599] cedono sempre a due per due, ed ha la coda in-
flessa, o rivolta all’ indentro (antennis dichoto-
mis, cauda inflexa). (Vedi Sulzers Geschichte. Tab. 30.
Fig. 10.).
È dessa indigena anche fra di noi, tanto nei
fiumi, ne’ rigagnoli e negli stagni, quant’ eziandio
nelle acque sorgenti, nelle fontane e simili, ove talora
ne sono tanti individui, e questi così strettamente
insieme stipati, da poterci far supporre, che quinci
appunto, in grazia del color rosso laterizio, o rosso
di tegole, ch’è proprio di questo Insetto, abbiano
per avventura avuto origine le tante dicerìe d’ac-
qua cangiatasi in sangue, o altre così fatte.
SPECIE 4. Monoculo concaceo, o anche la Ci-
pride pubescente (M. Conchaceus – Cypris pu-
bera di Müller: ted. der weichhaarige Cypris? –
weichhaarig-gelenkschalige Kiefenfuss?: ing. the
fine-heared Cypris? – fine-heared Monoculus?).
– Questa specie ha bivalve, di forma ovale, e to-
mentosa, o vestita di lanuggine, la sua teca, o
scorza tegumentale. (Vedi Müller. Tab. 5. Fig. da 1 a 5).
Dessa rinviensi indigena da quando a quando
anche tra di noi nelle acque dolci. – Gl’ Insetti,
tanto di questa specie precisa, quanto eziandio
delle specie, che nel genere presente le riescono le
più affini, se ne stanno per entro ad un guscio
assai dilicato, che male non rammenterebbe una
Conchiglia bivalve socchiusa, e meglio poi d’ogni
altra, la così detta Tellina jante (Tellina hyans:
[Seite 600] fr. la Telline béante: ted. das Klaffmüschel).
GENERE LXXXV. Onisco, ma poi non mai, nè
Aselluccio, nè Asello terrestre, nè anche Porcel-
lino terrestre, che sono nomi propriamente da ri-
serbarsi come sinonimi del nostro Julo, o Giulo, o
Centogambe comune, e non tollerabili tampoco, ad
eccezione forse de’ due primi, per indicare la specie
seconda di questo genere medesimo (Oniscus – in
parte Millepeda, o Millipeda, o Myriapoda – ed
in parte Cymothoa: fr. Onisque – Cymothoè –
in parte Cloporte: ted. Oniscus? – Tausendbein:
ing. Oniscus? – Thousand-legs). Gl’ Insetti, che
connumeransi in questo genere, hanno costante-
mente le loro antenne filiformi e setacee, o come
se fossero filamenti di seta, ed hanno poi il corpo
di forma ovale, con quattordici piedi, o zampet-
tine che vogliansi dire.
SPECIE 1. Onisco de’ cetacei, o la Cimotoa
de’ cetacei, e più trivialmente poi, ma non troppo
acconciamente, il Pidocchio delle Balene, così es-
sendo già stata chiamata anche una specie distinta
di Falangio (O. Ceti – Cymothoa ceti di Fa-
bricius: fr. l’Onisque des eétacées – l’Onisque
de la baleine – le Pou de mer – l’OEstre des
poissons – l’Asile des poissons – la Cymothoé des
cétacées – e vulgo talora anche le Pou des ba-
leines: ted. der Wallfisch-oniscus? – die falsche
Wallfischlaus?: ing. the Whale’s Oniscus? –
Whale’s Louse? – Questa specie riesce in com-
[Seite 601] plesso di forma ovale, a segmenti molto distinti,
e col terzo e quarto para di piedi, ad un tempo
lineari, e tendenti alla medesima forma ovale
(pedibus tertii quartique paris linearibus ovaticis)
(Vedi Pallas, Spicileg. Zoolog. Fasc. IX. Tab. 4. Fig. 14.).
È dessa sempre esotica per noi, e ci presenta
un Insetto tormentosissimo per le Balene, e per al-
tri Cetacei, sulle braccia o natatoje de’ quali, come
anche sulle loro parti genitali, usa soprattutto di
innicchiarsi, rimanendovi poi ostinatissimamente
attaccato.
SPECIE 2. Onisco Asello, o fors’ anche, seb-
bene per errore, Onisco asilo? ch’ è tutt’ altra cosa,
e talora semplicemente l’Aselluccio, il Mille-
piedi, e simili (O. Asellus – già altre volte Mil-
lipeda – Millepeda – Myriapoda: fr. la Clo-
porte ordinaire – le Porcellion commun – e per
taluni le Louche-pois?: ted. der Kelleresel: ing.
the Wood-louse). – Questa specie ha anch’ essa
il corpo in pieno di forma ovale, colla coda ot-
tusa, e cogli stili semplici.
È dessa indigena, e non infrequente anche fra
di noi, ed è animaletto viviparo, notturno, che
rifugge dalla luce, e che rinviensi nelle cantine
e in altri luoghi umidi, sotto le pietre, sotto i vasi
dei fiori, ec.
GENERE LXXXVI. Scolopendra, o anche Cen-
togambe, ma poi troppo male a proposito, secondo
che pure usano alcuni, Millepiedi (Scolopendra:
[Seite 602] fr. Scolopendre: ted. Assel – Skolopender?: ing.
Scolopendra?). Gl’ Insetti, che racchiudonsi in
questo genere, sono sempre muniti d’un numero
assai vistoso di piedi, o di zampettine, cadaun
paro delle quali corrisponde ad uno de’ segmenti,
che scorgonsi lungo il corpo loro depresso, o
schiacciato d’alto in basso (pedes numerosi, toti-
dem utrinque quot corporis segmenta); le anten-
ne ne riescono setolose, ossia filiformi ad un tem-
po e setacee; hanno due palpi articolati, o com-
posti di diversi membretti distinti e giunti insieme.
SPECIE 1. Scolopendra Lagura, o la Scolo-
pendra dal pennicillo, o anche il Centogambe
dalla coda a peli, o il centogambe-lepre (S.
Lagura: fr. la Scolopendre à pinceau: ted. die
Hasenassel – der Pinselschwanz?: ing. the pen-
cill’s Scolopendra?). – In questa specie contansi
costantemente ventiquattro piedi da ambe le parti;
ha poi essa il corpo di forma ovale, e porta alla
coda come un pennelletto bianco. (Vedi Leach. Vol. III.
Tab. 135. B.).
È dessa indigena anche fra noi, ove rinviensi,
più frequentemente che per tutto altrove, fra le
scorze d’albero invecchiate, fra i muschi, o sul
moscolo, come anche sovra certe specie di fun-
ghi, e così via discorrendo. – È circostanza degna
d’essere qui ora notata, che diverse specie di Sco-
lopendre, e la stessa cosa dicasi poi anche d’al-
cune specie del susseguente genere Iulo, mentre
[Seite 603] nel loro primo sbucciare dall’ uovo, non hanno che
pochissime paja di piedi o di zampettine, ne vanno
poi col tratto successivo sviluppando le rimanenti,
finchè il numero ne sia pervenuto a quello pre-
cisamente, che suol essere proprio a cadauna loro
singola specie.
SPECIE 2. Scolopendra gigantesca, o la Sco-
lopendra maggiore, o la Scolopendra americana
(S. Gigantea: fr. la grosse Scolopendre: ted. die
grosseste Assel – westindianische Skolopender?:
ing. the greatest Scolopendra?). – In questa spe-
cie contansi ventidue piedi o zampettine per parte.
È dessa indigena specialmente dell’ Indie oc-
cidentali, e di qualche altra località da quelle
non gran fatto disparata. – L’individuo ne so-
miglia molto, quanto alla forma del corpo e alle
sue abitudini, alla Scolopendra di cui parleremo
tosto qui sotto, ma la presente può pervenire fino
alla lunghezza d’un piede, e anche di più.
SPECIE 3. Scolopendra morsitante, o la Sco-
lopendra morseggiante (S. Morsitans: fr. la Sco-
lopendre morsitante?: ted. die anbeissende Assel?
– anbeissende Skolopender?: ing. the biting Sco-
lopendra?). – In questa specie contansi per ogni
parte venti zampettine, o piedi che vogliansi dire.
(Vedi Sulzers Geschichte ec. Tab. 30. Fig. 14.).
Dessa rinviensi indigena, parlando così in ge-
nerale, nelle zone calde, ma incontrasi eziandio
non gran fatto infrequente in Ispagna. – La sua
[Seite 604] puntura, o morsicatura, suol cagionare violenti in-
fiammazioni parziali, che non lasciano d’essere
anche qualche volta pericolose.
SPECIE 4. Scolopendra elettrica (S. Electrica:
fr. la Scolopendre électrique: ted. die Feuerassel
– der Feuerwurm: ing. the electrical Scolopen-
dra?). – In questa specie contansi fino a settanta
piedi, o zampettine per parte. (Vedi Frisch. P. XI.
Tab. 2, 8. Fig. 1.).
Dessa rinviensi indigena anche fra di noi. –
È Insetto in sommo grado fosforescente; a tale che
perfino il luogo stesso, ove esso ristette, risplende
poi di luce fosforica anche dopo per buon tratto;
predilige, parlando in generale, a quale altra si vo-
glia, le plaghe umide, per condurvi la vita, ma però
scorre talora, striscia o si strascina su pe’ fiori,
e quindi ne apparisce, come abbiano benissimo
potuto darsi in fatto que’ casi che contansi, non
molto rari, d’Insetti appunto di questa specie me-
desima, che si osservarono innicchiati ne’ seni fron-
tali di certe persone, le quali ebbero alcuna volta
per anni intieri, e finchè vissero, a risentirne fie-
rissimi e decisamente insopportabili dolori di capo,
o altri consimili malori.
GENERE LXXXVII. Iulo, o il Julo, o anche
più volgarmente il Centopiedi, il Millepiedi, e
con assai minor convenienza, il Centogambe, men-
tre è questo un nome che s’affà assai meglio alle
Scolopendre, per alcuna delle quali è già stato
[Seite 605] adoperato (Iulus – e già prima Myriapoda-Mil-
lipoda – Millepeda: fr. Iule: ted. Vielfuss: ing. Iu-
lus? – Hundred-legs). Gl’ Insetti, che compren-
donsi in questo genere, e tra quali noi qui non
citeremo ad esempio se non una specie sola no-
strana, hanno sempre anch’ essi un grande nu-
mero di piedi, più vistoso ancora che non abbianlo
le Scolopendre, e doppio ad ambo i lati di quello
che non ne riesca il numero de’ segmenti, nei
quali scorgesi come ripartito superficialmente il
loro corpo semicilindrico; hanno le antenne moni-
liformi, o conformate quasi a foggia d’una col-
lana, o d’altro consimile ornamento da donna,
con due palpi composti di diversi membretti, od
articoli, insieme collegati mercè delle apposite loro
giunture (palpi 2 articulati).
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi. Iulo
terrestre, o anche il Porcellino terrestre, il
Millepiedi comune, il Millepiedi nostrano, o il
Millepiedi delle Spezierie (Iulus Terrester: fr. le
Iule terrestre – le Iule de la terre – le Mil-
lepieds – le Millepattes, ec.: ted. der gemeine
Vielfuss – erdige Tausendfuss – die Sonnen-
strahlkrabbe?). – In questa specie contansi preci-
samente davvero cento piedini per parte. (Vedi Sulzers
Geschichte, ec. Tab. 30. Fig. 16.).
È dessa indigena, e frequente molto anche fra
noi, ove la rinvenghiamo, più spesso che altrove,
sotterra, o veramente nel letame o concime, e
[Seite 606] suol danneggiare assai le piantagioni di cavoli, ver-
ze, gambusi e simili. (Brassica). – Soggiugnere-
mo qui finalmente, che nell’ America meridionale
hassi indigena qua e là una strana e assai ben di-
stinta specie di Iulo, che troppo a buon dritto vien
detto Iulo massimo (Iulus maximus: fr. le Iule
très-grand – le très-grand Iule: ted. der gros-
seste Vielfuss: ing. the greatest Hundred-legs),
mentre l’individuo ne vien grosso anche oltre ad
un pollice, e lungo poi a proporzione, in com-
plesso tutto quanto di color giallo scuro, e nel
quale contansi senza fatica centotrentaquattro para
di piedi, o di zampettine1.
Ebbi cura di versare io stesso, e credo a bastanza dif-
fusamente, sopra questo argomento nel mio Specimen Phy-
siologiae comparatae inter animantia calidi et frigidi sangui-
nis nell’ VIII Volume delle Commentat. Soc. Reg. Scientiarum
Gottingens.
Volli qui soggiugnere la condizione naturalmente sani,
[Seite 20] per dar luogo all’ eccezione, che mi parrebbe dover qui
fare per quell’ altro terribile veleno che cagiona l’idro-
fobia. – N. del T.
Veggasi a questo proposito l’opera intitolata Joh. Gottl.
Schneiders Naturgeschichte der Schildkröten. Leipzig 1783.
in 8.° grande, con rami. – E veggasi eziandio la Historia
Testudinum iconibus illustrata di J.D. Schoepff. Erlang.
1792 in 4.°.
Vedasi a questo proposito lo scritto: Beckmanns Vorberei-
tung zur Waarenkunde, alla pag. 68 e seguenti della Parte
Prima.
Possono consultarsi con vantaggio a riguardo di questi ani-
mali, tanto l’opera intitolata: F.M. Daudin, Histoire naturelle
des Rainettes, des Grenouilles et des Crapauds. Paris 1803,
con rami, quant’ anche l’altra intitolata: Röesels, natürlich.
Historie der Frösche hiesigen Landes, Nürnberg. 1758, in
folio grande *.
* L’Autor nostro benemeritissimo s’attenne, come qui
scorgesi, intieramente alla Classificazione Linneana, la
quale non istabili se non l’unico genere Rana, per racchiu-
dervi indistintamente tutti quanti gli Anfibj scodati (Ecau-
dati o les Anoures di Duméril), o i Rettili aventi il corpo
nudo affatto e privo di coda, con quattro piedi, i due
posteriori de’ quali più lunghi degli anteriori. Le specie
però, che in oggi se ne conoscono, sono a segno tale cre-
sciute dopo Linneo, che anche soltanto il numero ne ren-
derebbe già troppo arduo lo studio, quando altre ragioni
non s’avessero di ripartirle, se non in quattro, come avrebbe
voluto il Duméril stesso, almeno in due generi distinti,
vale a dire 1.° nel genere Rospo (Bufo: fr. Crapaud:
ted. Kröte: ing. Toad), e 2.° nel genere Rana (Rana:
fr. Grenouille: ted. Frosch: ing. Frog), ricchi il primo
oggimai di ben trenta specie, e di circa una ventina il
secondo.
Caratteri generici del Rospo saranno in tal caso: le
zampe posteriori non eccedenti mai la lunghezza del cor-
po; le dita de’ piedi anteriori riunite, corte molto, appia-
nate e disuguali; la lingua attaccata soltanto a’ margini
[Seite 29] della mandibola inferiore, e quindi assai più libera che
non lo è quella delle Rane; le verruche, onde n’è sem-
pre quasi per tutto coperta la ruvida e coriacea pelle lo-
ro, due delle quali, più voluminose dell’ altre, ne stanno
lungo i lati del collo, e perciò soglionsi chiamare Pa-
rotidi. Bory de S.t Vincent, suggerirebbe di dividere an-
cora ulteriormente le specie di questo genere in tre sezioni,
prese dalle seguenti diversità rimarcabili.
a). Dita delle zampe posteriori affatto libere, come
il sono quelle delle zampe anteriori, o, tutt’ al più, se-
mipalmate; ed in questa sezione racchiuderebbonsi le
specie:
Bufo calamita di Laurenti – B. terrestris foetidus di
Roesel – Rana Bufo di Linneo, di Gmelin e di Blumen-
bach – la Calamite – le Crapaud des Jones de’ Fran-
cesi. Europeo.
Bufo variabilis di Gmelin – B. Schreberianus di Lan-
renti – le Rayon vert de’ Francesi. Della Germania, ove
mangiasi.
Bufo obstetricans di Laurenti – Rana bufo, var. di
Gmelin – l’Accoucheur de’ Francesi. De’ dintorni di Pa-
rigi, e d’altre non dissimili località.
Bufo spinosus – le Crapaud épineux di Bosc. Spe-
cie che vien grande molto, ed è indigena specialmente
della Francia temperata.
Bufo Surinamensis di Daudin; con altre undici specie.
b). Dita delle zampe posteriori palmate sempre,
e dita delle zampe anteriori costantemente libere; e in
questa seconda sezione racchiuderebbonsi le specie:
Bufo vulgaris di Daudin – Rana bufo di Linneo, di
Gmelin e di Blumenbach – Bufo terrestris, dorso tu-
berculis exasperato, oculis rubris di Roesel – le Cra-
paud commun de’ Francesi. Comune anche tra di noi.
Bufo cinereus di Daudin – le Crapaud cendré dei
[Seite 30] Francesi. Indigeno anche tra noi, ne’ luoghi secchi e sab-
biosi, soprattutto de’ paesi di montagna, intrudentesi ezian-
dio nelle case.
Bufo fuscus di Laurenti – Rana bombina, var. di
Gmelin – Bufo aquaticus, allium redolens, maculis fu-
scis di Roesel – le Crapaud brun de’ Francesi. Indigeno
dell’ Europa nostra.
Bufo bombinus di Daudin – B. igneus di Laurenti
– B. vulgo igneus dictus di Roesel – Rana bombina
di Blumenbach – le Crapaud sonnant – le C. pluvial
– le C. à ventre jaune – le C. couleur de feu – le
C. d’eau de’ Francesi. Indigeno anche fra di noi.
Bufo chlorogaster di Daudin; con qualche altra specie
ancora.
d). Dita tutte quante palmate, o almeno semipal-
mate, tanto delle zampe posteriori, come delle anteriori;
e in questa terza sezione racchiuderebbonsi le specie:
Bufo Arunco, di Molina, del Chili,
Bufo spinipes, di Schneider, della Nuova Olanda, e
infine,
Bufo Roeselii di Daudin – le Crapaud de Roesel di
alcuni Francesi, sebbene quest’ ultimo non sembri essere
altra cosa che il Bufo vulgaris – le Crapaud commun
de’ Francesi, frequente ne’ dintorni di Parigi, ove si
mangia.
Caratteri generici della Rana saranno invece: le zampe
posteriori lunghissime, o per lo meno lunghe quanto può
esserlo tutto il corpo dell’ animale; i piedi posteriori mu-
niti di cinque dita perfettamente palmate; uno speciale
ringonfiamento al pollice delle zampe anteriori, non mu-
nite se non soltanto di quattro dita libere o non palmate,
il quale ringonfiamento sviluppasi negl’ individui maschi
all’ epoca de’ loro amori; una rastelliera di denti minutis-
[Seite 31] simi tutt’ all’ intorno dell’ orlo della mascella superiore,
con altra simile posta in traverso, ed interrotta poi verso
alla parte mezzana del palato; una lingua visibile; il
collo sprovveduto di glandole o di verruche glandolose,
e finalmente tutte quante le dita loro terminanti senza
alcuna speciale ringonfiatura o viscosìtà, com’ è proprio
della nostra Rana arborea, o del Ranocchio di S. Mar-
tino, che il sullodato Duméril avrebbe voluto costituire
tipo del suo novello genere Raine, Rainette, o Grais-
set. – Or questo genere Rana, così staccato dal genere
Rospo, verrebbe a racchiudere le specie:
Rana esculenta di Linneo, di Gmelin e di Blumenbach
– R. viridis acquatica di Roesel – la Grenouille verte
de’ Francesi. Indigena e frequente fra noi.
Rana temporaria di Linneo, di Gmelin e di Blumen-
bach – R. fusca terrestris di Roesel – R. muta di Lau-
renti – la Grenouille rousse de’ Francesi. Indigena ed
edule anche fra noi.
Rana punctata di Daudin – la Grenouille ponctuée
de’ Francesi. Indigena, sebben rara, ne’ dintorni di Parigi.
Rana plicata di Daudin – la Grenouille plissée dei
Francesi. Indigena delle parti più meridionali della Francia.
Rana alpina di Laurenti – la Grenouille alpine dei
Francesi. Indigena segnatamente dello Schneeberg, in Ger-
mania.
Rana clamitans di Bosc – la Grenouille criarde dei
Francesi. Indigena della Carolina settentrionale.
Rana pipiens di Linneo e di Gmelin – R. aquatica
di Catesby. Tab. 2 pag. 72 – la Grenouille mugissante
– la Grenouille taureau de’ Francesi. Indigena dell’ A-
merica settentrionale; la più grande di tutte le Rane co-
nosciute, lunga fino dieciotto pollici dall’ estrema parte
del muso all’ estremità delle zampe posteriori distese; mug-
gente appunto alla foggia de’ Tori, o de’ Buoi, e tale da
[Seite 32] inghiottirsi, a un tratto, non solo un pesce ben grosso, ma
perfino, a quanto almeno pretendesi, gli Anitroccoli, i
Papèri e l’Oche piccole bell’ e vive come le trova.
Rana halecina di Daudin – R. pipiens, ma per mero
abbaglio, di Schneider – la Grenouille piaulante – le
Pitpit de’ Francesi. Indigena e comune nella Carolina.
Rana grunniens di Daudin – la Grenouille grognante
de’ Francesi. Indigena delle Floride, e anche de’ luoghi
umidi ed ombrosi delle Antille, ove, sebbene si mangi qual
boccon ghiotto, chiamata co’ nomi di Rospo, o di Cra-
paud, allevasi ed educasi domestica, e vien grande a un
dipresso quanto la Rana pipiens, di cui poco sopra.
Rana ocellata di Linneo, di Blumenbach e di Gme-
lin, che raddoppiolla poi ancora per isbaglio sotto l’altro
nome di R. pentadactyla – la Grenouille occellée dei
Francesi. Indigena delle Floride e della Gujana.
Rana marginata di Linneo, raddoppiata da Gmelin
sotto l’altro nome di R. Typhonia, e fors’ anche da Lau-
renti sotto il nome di R. Virginica – la Grenouille ga-
lonnée de’ Francesi. Indigena della Gujana.
Rana paradoxa di Linneo, di Gmelin, di Daudin e di
Blumenbach – Proteus raninus di Laurenti – la Jackie
de’ Francesi. Indigena della Gujana, di Cajenna, e del
Surinam; circa alla quale vedi a pag. 36 la specie 4 nel
Testo.
Rana maculata di Maugé – Rana rubella – Rana
tigerina – Rana squamosa; oltre a qualche altra ancora,
su cui, come su queste, non hannosi ancora sufficienti
notizie. – N. del T.
Può consultarsi a tale proposito lo scritto del Camper,
che sta nella IX Parte dell’ opera intitolata Commentat. Soc.
Reg. Scientiar. Gotting. a pag. 129 e segg.
Mi permetterò di notare, circa questa specie, la pos-
sibilità che sia incorso per avventura qualche abbaglio
non nuovo, inducente a confonderla con alcuna altra
specie presentemente riconosciutane come affatto distinta;
abbaglio che dovrebbe aver poi cagionata quella soverchia
concisione, con cui l’Autor nostro benemeritissimo accon-
[Seite 36] tentossi di caratterizzarla. Intanto sembra essere oggimai
fuor di dubbio, come accennammo già nella sinonimia di
questa specie medesima nel Testo, che Gmelin non la de-
signò sotto i due diversi nomi di Rana ocellata e di Rana
pentadactyla, se non fidandosi troppo alle due, invero
inesatte e affatto dissimili, figure, sotto le quali Seba volle
rappresentar pur sempre questa stessa nostra Rana ocel-
lata, la quale, ad eccezione della pancia che n’è bianca,
ha la pelle nel fondo di color bruno, tempestata, segna-
tamente su i fianchi, di macchie conformate quasi alla
foggia de’ così detti occhi nella coda del Pavone. Dopo
ciò mi reputo in dovere di soggiugnere ulteriormente,
che questa Rana, capace d’emular quasi la statura co-
lossale della Rana muggente (Rana pipiens: fr. la Gre-
nouille mugissante – la Grenouille taureau: e propria-
mente the bull-Frog degli Inglesi), indigena dell’ Ame-
rica settentrionale, e pervegnente fino ad un piede e mezzo
di lunghezza, misurandola dall’ apice del muso alla estre-
mità delle dita de’ piè di dietro, e della Rana grugnente
(Rana grunniens: fr. la Grenouille grognante), indi-
gena delle Floride, e de’ luoghi umidi o paludosi ed om-
breggiati delle Antille, che ne vien grande poco meno,
non mi risulta poi come cosa di fatto, che abbia nè la
proprietà di mugghiare alla maniera d’un Toro, come fa la
prima, nè di grugnire quasi alla foggia del Porco, come
fa la seconda di queste due specie di Rane qui ora citate,
e che indicai già nella precedente mia Nota al genere
Rana del Testo, che vedi qui poco sopra a pag. 28 e
segg. – N. del T.
Intanto, per far conoscere alquanto meglio questo cu-
rioso animaletto, di quello che nol consenta la estremamente
concisa descrizione datacene dall’ Autor nostro, reputo
non siavi chi possa aversi a male ch’ io qui soggiunga,
aver esso la pelle nel fondo di color verdiccio, tutta
quanta tempestata di macchie brune, a meno delle coscie
[Seite 38] e delle gambe, che ne riescono come rigate o striate ir-
regolarmente di quello stesso color bruno; non esser so-
lito di superar gran fatto la lunghezza totale di due pol-
lici, quando, divenuto animale perfetto, abbia lasciato giù
la coda da Girino, ed avere esso poi a un dipresso, e solo
alcun poco più arrotondate, le forme medesime che sono
proprie delle nostre Rane comuni; e quindi a riguardo
della favola a cui diede motivo, dirò che da prima l’a-
nimaletto fu preso per una Lucertola, e che all’ epoca
in cui pubblicassi la sesta edizione del Systema Naturae,
la famosa Sibilla Merian, rappresentandolo nella Tav. 71,
il ritenne appunto per una Rana che si trasformasse in Pe-
sce, inerendo così alla strana illusione, alla quale Seba erasi
già prima abbandonato, al vedere che il Girino della Ja-
ckie, in confronto molto voluminoso e rassomigliantissimo
ad un Pesce, non resta più che un Ranocchio assai più
picciolo, allorchè, uscitegli le quattro zampe, ei mette giù
anche la ben lunga e assai robusta sua coda. Questo sin-
golare fenomeno, posto oggimai fuori di contingenza, po-
trebbe per avventura, giusta l’avviso del celebre Bory
de S.t Vincent (Dictionnaire Classique d’Histoire Na-
turelle, Paris 1825, Tom. VII, pag. 499, al vocabolo la
Jackie), lasciarci scorgere nella specie, della quale qui ora
trattasi, quasi un manifesto passaggio dalle Rane a’ Tri-
toni, nel supposto che questi ultimi altro in fatto non
siano se non Girini permanenti di qualche altra specie
d’animale che non abbia potuto ottenere un compiuto svi-
luppamento. Il bravo Gmelin, a cui è da credere che mai
non fossero caduti sott’ occhi se non individui di questa
Rana paradossale, sempre forniti ancora della ben vistosa
e robusta loro coda, instituì precisamente per essa, al se-
guito del genere Rana, una sezione apposita, contenente
le sue Ranae caudatae. – N. del T.
Potrà in questo proposito consultarsi con vantaggio lo
scritto intitolato: Fr. Tiedemann’s Anat. und Naturgeschichte
des Drachen: stampato a Norimberga. 1811, in 4.°.
Le favole e superstizioni d’ogni maniera, alle quali
già fino da tempi immemorabili ha dato luogo un animale
effettivamente volante, ed analogo in qualche modo alle
Lucertole, erano giunte a tale, non è ancor gran tempo,
di ridurre molti a non credere più tampoco alla sua esi-
stenza. Parmi quindi che possa esservi il prezzo dell’ opera
nel soggiugnere qui ora che, non già soltanto la specie
qui in qualche modo dall’ Autor nostro accennata, real-
mente ne esiste, ma che i più moderni Naturalisti non
hanno più difficoltà ad ammetterne perfino due generi
[Seite 45] distinti, Dragone e Basilisco, racchiudenti ciascuno più di
una specie di così fatti Rettili volanti.
Il primo di questi due generi, ossia il Dragone (le
Dragon de’ Francesi, Draco di Linneo, di Blumenbach,
ed oggimai di tutti quanti i Naturalisti, che il ritengono
come uno de’ generi de’ Sauri, e come spettante alla fa-
miglia delle Iguane), viene caratterizzato particolarmente
dalla speciale disposizione delle sue prime sei coste spu-
rie che, invece di adattarsi, come al solito, all’ andamento
naturale dell’ abdomine, stendonsene in linea retta, allo
scopo di sostenere una propaggine o un prolungamento
della pelle, che viene così a distendersi quasi a foggia
d’ali, a un dipresso come abbiamo detto succedere nello
Scojattolo volante, senza però implicar per niente le zampe
anteriori; ali che non servono già al volo, ma che gio-
vano benissimo, alla maniera di paracadute, per facilitare
all’ individuo i salti che va facendo frequenti, e sempre
rapidissimi, di ramo in ramo su per gli alberi, ove suol di-
morare, dandovi la caccia agli insetti onde si ciba; la lin-
gua n’è carnosa molto, alquanto scissa, fessa o spaccata
all’ apice, e ben poco estensibile; il sottogola ne riesce
come gozzuto, e quasi direbbesi deturpato da una tal quale
ben lunga giogaja o pagliolaja; lunga e svelta, e agevolmente
maneggevole n’è la coda; il corpo n’è coperto tutto quanto
di squame imbricate, o disposte alla foggia dell’ embrici
su pe’ nostri tetti; le coscie ne riescono nude, o non hanno
almeno la superficie granosa per porri o verruche, che val-
gano a renderne aspro il tatto; amendue le mandibole ne
sono munite di denti incisivi minuti assai, a’ quali sono
d’aggiugnersi un dente canino, lungo ed acutissimo, per
parte, e circa una dozzina di denti mascellari, di forma
triangolare e trilobati tutti; le cinque dita d’ogni piede,
tanto anteriore, quanto posteriore, ne sono disuguali, e
libere affatto, ossia non palmate, e la nuca ne suole es-
[Seite 46] sere ornata come d’un dentello, o d’una maniera di cre-
sta lavorata, secondo che suol dirsi, a merlatura. L’indivi-
duo suole procedere sempre assai male di passo e a bi-
stento, ma nuota poi a maraviglia; riesce sempre debole
molto, e si vuole che sia affatto affatto innocente. La fe-
mina mette giù le ova il più delle volte ne’ pertugi, che
trova belli e pronti ne’ vecchi tronchi d’alberi, ove a suo
tempo schiudonsi di per sè. Le tre specie, che se ne co-
noscono infino ad ora, sono indigene tutte quante o del-
l’ Affrica orientale, o dell’ Indie orientali, o degli Arci-
pelaghi che vi stanno dicontro, e sono
Specie I. Il Dragone striato (Draco lineatus di Dau-
din: fr. le Dragon rayé). Dell’ isola Java, ma anche ivi
rarissimo, avente grande molto e rotondo il capo, cogli
occhi in confronto piccioli e protuberanti, o sporgenti al-
l’insù, colla pelle per di sopra grigia e bruniccia, striata
in traverso da striscie di colore azzurro, con bruniccie
poi nel fondo le sue così dette ali, ma rigate anch’ esse
da nove linee bianche, con alcune macchie in forma di
occhi lungo i lati del collo, mentre poi per di sotto è di
colore azzurrognolo verso la testa, con bianchiccia la pan-
cia, al pari della parte delle membra che ne riguarda
all’ indentro.
Specie II. Il D. verde (Draco viridis di Daudin –
D. volans di Linneo, di Gmelin e del nostro Blumen-
bach – D. major di Laurenti: fr. le Dragon vert). Del-
l’ isole della Sonda, e anche del Madagascar, ma non già
del nuovo Continente, come Seba sei credette, avente la
pelle tutta quanta in generale d’un bel color verde, col-
l’ ali floscie molto, aderenti alla base delle coscie, e scisse
in sei luoghi differenti; ad un tempo il più picciolo, il più
comune, il più bello a vedersi, il più assolutamente inno-
cuo di tutti i Dragoni, e quello che si conosce da più
lunga data, socievole a bastanza perchè gl’ Indiani sei
[Seite 47] tengano bene spesso ne’ loro abituri, e il pasto prediletto
de’ Serpenti delle selve.
Specie III. Il D. fosco, o anche il Dragone bru-
no (Draco fuscus di Daudin: fr. le Dragon brun).
A un di presso delle medesime località, ove rinvengonsi
le due specie precedenti; riesce desso un po’ più lungo
degli altri, sebbene abbia sempre la coda alquanto più
corta di quello ch’ essi non l’abbiano; i colori ne sono
anche più cupi o più foschi, e più monotoni, mentre
non v’ ha se non alcuno macchie a foggia di bende o di
fascie, che diano un qualche risalto al fondo bruno scuro,
onde n’è quasi universalmente tinto il corpo, coperto di
squame minutissime.
Il secondo di tali due generi poi, ossia il Basilisco (Basili-
cus di Daudin: fr. Basilic), ammesso od indicato pel primo
da Laurenti, stabilito da Daudin come appartenente ai
Rettili sauri, sottraendolo dal troppo numeroso genere La-
certa di Linneo, e adottato da Cuvier che poi lo riunì
alla famiglia delle Iguane, viene caratterizzato particolar-
mente da una coda lunga e compressa, quasi chi dicesse,
schiacciata, e da un corpo tutto quanto coperto di squame, che
poi al di sotto della coda, e sotto al ventre, riescono come
di forma quadrilatera; i denti ne sono robusti, compressi
e non frastagliati nè sinuosi; lungo le coscie le specie por-
tano, quasi direbbesi, una serie di porri; la pelle del sotto-
gola ne riesce floscia, ma non però al segno di formare
una giogaja marcata, come ne’ Dragoni. I Rettili di que-
sto genere hanno inoltre, lungo la parte superiore del corpo
loro, alcune cresticine squamose rammentanti le pinne o
natatoje de’ Pesci, le quali sono realmente sostenute da
alcune propaggini delle apofisi spinose delle vertebre. Po-
chissimo si sa circa alle abitudini proprie degli animali
spettanti a questo genere, ma si ha ragion di credere che
prediligano d’abitare lungo le ripe, o le spiaggie delle
[Seite 48] acque, ove le loro appendici membranacee dovrebbono gio-
var loro per la natazione, cui sembrano destinati. Infino
ad ora non si conoscono precisamente, se non due sole spe-
cie di Basilischi, che sono:
Specie I. Il Basilisco dal Cappuccio, o il Basilisco
mitrato (Basilicus mitratus di Daudin – Lacerta basi-
licus di Linneo – B. Americanus di Laurenti: fr. le
Basilic di Seba – le Basilic à capuchon). Del nuovo
Continente; in altra cosa effettivamente alla perfine non
si risolve questo curioso Rettile, se non in una semplice
Lucertola, che si può dire innocua e piuttosto grandicella,
analoga molto alle Iguane, e soprattutto poi ai sempre fie-
voli, e più sicuramente innocenti Dragoni, de’ quali ho te-
stè fatto menzione, avente fosca o scura tutta quanta la
pelle, portante sul capo come una cresta conformata a
foggia di cappuccio, che non lascia di contribuire all’ in-
dividuo un aspetto strano a bastanza, e cresciuto ancora da
una tal quale pinna o natatoja, lunga assai, che ha lungo
il dorso, e lungo la schiena, e che Seba credette buona-
mente dovergli servir per volare.
Specie II. Il B. crestuto, il Basilisco d’Amboina, o il
Basilisco dalla cresta (Basilicus cristatus di Bory de
S.t Vincent – Lacerta Amboinensis di Gmelin: fr. le Ba-
silic porte-crête). È desso indigeno dell’ isola Amboina;
perviene fin anche ad una lunghezza totale di quattro
piedi, stando a quanto ne asserisce Schlosser, e quindi
giugnerebbe senza dubbio a molto maggior mole di quel-
lo, che non faccia mai la specie precedente; la pelle ne
è screziata di più colori; non ha fornita di pinna, o di
una natatoja continuata, se non soltanto la coda, e sulla
schiena porta invece una tal quale rigonfiatura di pelle
coriacea, conformata, come suol dirsi, a dentelli, e ram-
mentante, più che altro, una merlatura. Vogliono che la
carne ne riesca di squisitissimo sapore. Da ciò che Cuvier
[Seite 49] nel notomizzarne un individuo, ebbe a rinvenire nel suo
ventricolo traccie d’insetti, e di foglie vegetabili, s’in-
feri, e non senza molta apparenza di verità, che appunto
di così fatte cose questo Rettile singolare abbia costume di
cibarsi.
La così detta Lucertola di Java (Lacerta Javanicus di
Hornstedt, Nov. Act. Stock, Tom. V), dataci da Gmelin
come una semplice varietà della seconda specie qui da
noi accennata di Basilisco, potrebbe per avventura essere
una specie a parte, che farebbe così la terza del genere.
È assai probabile che un qualche individuo di questo ge-
nere, vedutosi in addietro, abbia in grazia dello strano or-
namento di capo che gli è proprio, e che in qualche
modo può rammentare una corona regale, dato motivo
di chiamarlo grecamente βασιλευς che, come si sa, vuol
dir Re, o piuttosto di attribuirgli, siccome ad animale
incoronato, l’epiteto βασιλικος – βασιλειος, che significa
regio o regale, e che ritenuto poi tal quale, e fatto so-
stantivo in altre lingue, avrà fornito il nome, con cui
vollesi da principio effettivamente indicare un animaletto
esistente, ma la di cui rarità somma ad esser veduto tra
noi, anche soltanto imbalsamato, debbe aver dato ansa
alle immaginazioni goffamente romantiche, e portate per lo
stravagante, a spacciar su di esso quelle tante fole, affatto
incredibili e fuor di natura, che pur tuttavia sussistono ra-
dicate nell’ animo degli idioti, e tosto ora di bel nuovo
risveglianvisi al semplice pronunciare il nome di Basilisco;
fole che crebbero anche più in forza dell’ artificio, con cui
alcuni cerretani usarono in addietro d’appiccicar ali coria-
cee ed altre parti, alle così dette Razze di mare (Raia),
fatturandone a piacere or Dragoni, or Basilischi pre-
parati, che per tali vendevano alle troppo credule perso-
ne, fra le quali duole veramente il dover annoverare ap-
punto un Seba, un Aldrovandi, ed altri non pochi uo-
[Seite 50] mini di garbo, che, senza pensar più in là, veduto al-
cuno di que’ mostri artificiali in una qualche raccolta di
oggetti di mera curiosità, si pigliarono la cura di rap-
presentarcelo come un oggetto naturale effettivo. Del resto
si può osservare oggimai, che non esiste alcun Basilisco de-
cisamente venefico, e che molto meno è poi da prestarsi
fede alla esistenza d’un Basilisco terribile a segno d’am-
mazzar l’uomo anche semplicemente guardandolo da lon-
tano, o ad altre baje di simile tempra. E tornando un
tratto a’ Dragoni, che qualificammo tutti come animaletti
fievoli affatto e sempre innocentissimi, vogliamo osservare
come ben curiosa la circostanza del contrasto, che v’ ha
tra il fatto e la favola, mentre questa, presa ora come
Poesia, ed ora come la Mitologia di molti antichi e mo-
derni popoli, pare che si faccia costantemente uno studio
di descriverci il Dragone come un animale terribilissimo,
affatto straordinario, e poco meno che invincibile. Ciò
ci sembra indicare che il Dragone della favola è sempre
simbolico od emblematico, e debb’ essere per avventura
la figura sotto cui parve all’ antichità di poterci rappre-
sentare a bastanza sensibilmente gli enormi trambusti, i
rovesciamenti parziali, e gli scombussolamenti che i fuo-
chi sotterranei debbono avere anticamente occasionato qua
e là nel Globo che abitiamo. Il Dragone, guardiano dei
giardini Esperidi nell’ Atlantide, ed altri così fatti, po-
trebbero di leggieri essere qui ora da noi citati in esempio.
Les Sauriens di Brongniart racchiudono propriamente
tutte quante le Lucertole, coll’ aggiunta de’ Dragoni, de’ quali
ragionammo nel genere precedente, ma non comprendono poi
del pari le Salamandre, delle quali noi parleremo in fine del
genere presente.
Circa alle varie specie di Coccodrilli, che sono attualmente
da ammettersi, possono con profitto consultarsi negli Anna-
les du Muséum d’Histoire naturelle, Tom. X, per l’anno
1807, non meno la memoria analoga del sommo Cuvier, di
quello che l’altra del bravo Geoffroy de S. Hilaire sullo
due specie distinte de’ Coccodrilli del Nilo.
Si sa che appunto da questo vocabolo latino stellio, si
fè poi l’altro di stellionatus, che incontrasi fra gli altri libri
nelle Pandect. L. 47. Tit. 20.
In Italia usiamo chiamar ora Scinco, ed ora Ramarro,
un Lucertolone verde quasi affatto, svelto assai, e fre-
quente molto ne’ cespugli, al quale, come in Lombardia
[Seite 58] si dà il nome di Ghezz, così ogni singola provincia at-
tribuisce un nome diverso, e più o meno strano. Io ri-
tengo benissimo che questo Rettile, indigeno fra noi, non
abbia niente che fare collo Scinco vero, e che corrisponda
in vece alla Lacerta occellata di Daudin, al Seps viri-
dis di Laurenti, e che sia stata pigliata da Linneo e da
Gmelin, comunque a tutto torto, per una semplice va-
rietà della loro specie Lacerta agilis, che è la stessa spe-
cie 9 delle nostre Lucertole Blumenbachiane nel Testo,
ma volli citarlo a motivo dell’ uso, che si credette farne
vantaggiosissimo in alcuni di questi nostri paesi, per curare
le idropisie, prescrivendo d’inghiottirne, ancora palpitanti,
i brani o bocconcini, ne’ quali riducevasi l’animaletto
scorticato vivo. Un così fatto uso, del di cui buon effetto
sono lunge assai dal costituirmi qui ora risponsabile, penso
che non ad altro fondamento potesse essere appoggiato,
fuorchè soltanto al nome di Scinco, con cui volle taluno
chiamare il Ramarro nostrale, mentre si sa, che il vero
Scinco era un tempo raccomandato come un sommo ri-
storativo, e che appunto come tale è anche attualmente
adoperato quasi universalmente ne’ paesi ove vive indigeno.
Mi assumerei l’impegno di diffondermi troppo nella
presente Nota, se volessi intraprendere di far distintamente
conoscere tutte quante le innovazioni sistematiche intro-
dottesi in questi ultimi tempi da’ più valenti Erpetologi-
sti, onde pervenire alla migliore possibile Classificazione
de’ Rettili, in confronto con quella, giusta la quale volle
accontentarsi di presentarceli nel Testo il nostro sempre
[Seite 63] benemeritissjmo Blumenbach; e poichè non mi parve di
dover deturpare il Testo medesimo con una soverchia far-
raggine di Note aggiunte ad ogni genere, e talora anche
a taluna delle specie, in quello dateci, come avrebbemi
occorso di fare, se avessi ceduto all’ intenzione che da
prima n’ebbi effettivamente, perciò, onde ad un tempo
soddisfare alle mie promesse, e schivare di stendere qui
ora un trattato, che sarebbe al tutto fuor di luogo, non
farò che accennare soltanto, ommettendone pel momento
i Serpenti, de’ quali avrassi a ragionare in progresso, il
metodo di distribuzione che di questi animali ci diè il va-
lorosissimo Latreille nell’ aureo suo libro intitolato: Fa-
milles naturelles du rêgne animal, pubblicato in Parigi
nell’ anno 1825 in 8.°.
Il primo Ramo (la I Branche) de’ suoi Emacrimi, o
animali di sangue freddo, che nomineremmo più volon-
tieri ancora Psicrematozoi, nome di greca composizione
che tanto appunto più esattamente importerebbe, sotto la
qualificazione di Pulmonei (Pulmonea: fr. les Pulmo-
nés), racchiude in complesso propriamente tutte quante
le specie animali comprese dal nostro Blumenbach, alla
maniera del grande Linneo, negli Anfibj che compongono
la Sezione VI del presente di lui Manuale. Ripartisce po-
scia egli assai naturalmente questi suoi Pulmonei:
I. in non soggetti ad alcuna muta, ch’ ei chiama inexu-
viabili (inéxuviables), e di tal fatta sono poi, nella di
lui classe de’ Rettili, nella loro sezione de’ Catafratti
(Cataphracta: fr. les Cuirassés), e nell’ ordine primo dei
Chelonii (Chelonii: fr. les Chéloniens), i generi Tarta-
ruga o Testuggine (Testudo di Linneo), Emide (Emys
di Brongniart – Testudo Europaea di Linneo), e Ter-
rapene (Terrapène – la Tortue à boîte de’ modernissimi
Naturalisti francesi), componenti la famiglia de’ Cripto-
podi (Cryptopodi: fr. les Cryptopodes), non che i ge-
[Seite 64] neri Saurochelide (Saurochelis – la Tortue à longue
queue de’ francesi), Chelonea (la Chelonée), e Che-
lide (Chelys di Duméril), componenti la famiglia dei
Gimnopodi (Gymnopodes: fr. les Gymnopodes); men-
tre nell’ ordine secondo degli Emidosauri (Emydosauri
di Blainville: fr. les Emydosauriens), formano l’unica
famiglia dei Crocodilei (Crocodilei: fr. les Crocodiliens),
i generi Gavial (Gavial di Cuvier – Lacerta Gangetica
di Blumenbach), Coccodrillo (Lacerta Crocodilus di
Blumenbach), e Caiman (Lacerta Alligator di Blumen-
bach – Crocodilus Alligator di Cuvier: fr. le Kaiman
vulgo).
II. in soggetti bensì ad una muta, ma senza cangiare
perciò sensibilmente la loro forma, ch’ ei chiama exuvia-
bili (exuviables), e di tal fatta sono nella sezione degli
Squamosi o Scagliosi (Squamosa: fr. les Écailleux), e
nell’ ordine terzo de’ Saurii (Saurii: fr. les Sauriens), i
generi Monitore (Lacerta Monitor di Blumenbach: Tu-
pinanbis), non trascurando tampoco il nuovo Monitore ter-
restre dell’ Egitto, che sembra doversi riguardar come un
genere a parte e distinto, Dragona (Dragonne di La-
treille), Salvaguardia (Sauve-garde di Latreille, diverso
dal Lacerta Monitor di Blumenbach, che li considera
come identici), Ameiva (Ameiva di Daudin – Lacerta
Ameiva di Linneo), Lucertola (Lacerta di Cuvier, che
vi confondeva insieme anche i Tachidromi), e appunto
Tachidromo (Takidrome di Daudin: Lacerta takydroma,
o Lucertola corridora) formanti la famiglia de’ Lacer-
tini (Lacertini: fr. les Lacertiens), gli ultimi due dei
quali s’accostano a bastanza naturalmente agli Scinchi,
de’ quali in appresso, e quindi i generi Cordilo (Cor-
dyle: Stellio Cordylus), Stellione (Stellio di Cuvier),
Batticoda (Stellio Caudiverbera: fr. le Fouettequeue di
Bory de S.t Vincent), Agame (Agame di Daudin, e di
[Seite 65] Cuvier – Lacerta Agama di Linneo), Tapaye (Tapaye
di Latreille e altri), Trapelo (Trapéle di Latreille ed al-
tri), Galeota (Galéote: Colotes per taluni: Agame Co-
lotes per altri), Lofiro (Lophyre: Agame Lophyrus),
Basilisco (Basilic: Basilicus di Laurenti – Lacerta Ba-
silicus per altri), Dragone (Draco di Linneo, di Lau-
renti, di Daudin e di Blumenbach: fr. le Dragon),
Iguana (Iguana di Cuvier: Lacerta Iguana di Blumen-
bach), Policra (Polychre di Latreille e altri), Iguane
marbré vulgo per alcuni Francesi, Anolide (Anolis di
Daudin e di Cuvier), e fors’ anco Pterodattilo (Ptero-
dactylus di Cuvier), formanti la famiglia degli Iguanii
(Iguanii: fr. les Iguaniens), poi ancora i generi Fillura
(Phyllure di Latreille), Emidattilo (Hémidactyle di La-
treille), Gecko (Ptyodactylus di Cuvier – Lacerta Ge-
cko di Blumenbach e di Hasselquist – Stellio Hassel-
quisti di Schneiders), Uroplata (Uroplate di Latreille),
Tecadattilo (Thecadactylus di Latreille), e Platidattilo
(Platydactylus di Latreille), formanti la famiglia de’ Ge-
ckozii (Geckotii: fr. les Geckotiens), successivamente il
genere Camaleonte (Chamaeleon di Cuvier – Lacerta
Chamaeleon di Blumenbach), costituente di per sè solo
la famiglia de’ Cameleonii (Chamaeleonii: fr. le Camé-
léoniens), poi i generi Scinco (Scincus di Daudin – La-
certa Scincus di Blumenbach – Crocodilus terrester per
altri), Seps (Seps di Brongniart e di Daudin), Calcide
(Chalcide di Laurenti, di Daudin, di Cuvier e altri),
formanti la famiglia de’ Tetrapodi (Tetrapodi: fr. les
Tetrapodes), i generi Bipede (Bipes di Latreille ed al-
tri – Hysterope di Bory de S.t Vincent: fr. Bipéde), e
Bimano (Bimanus di Latreille – Chirotes di Bory de
S.t Vincent: fr. Bimane), formanti la famiglia de’ Dipodi
(Dipodi: fr. les Dipodes), e finalmente i tre generi So-
lifuga, o il Serpentello fragile (Anguis fragilis di Blu-
[Seite 66] menbach: fr. l’Orvet), Ofisauro (Ophisaurus di Dume-
ril: fr. Ophisaure), e l’Aconzia (Acontias di Cuvier,
che separolla dall’ Anguis fragilis), formanti insieme la
famiglia degli Apodi (Apodes: fr. les Apodes); famiglia
che collegasi naturalissimamente cogli Ofidiani (Ophidii
– Serpentes: fr. les Ophidiens, circa a’ quali ci riser-
biamo di parlar di proposito a miglior tempo);
III. in soggetti positivamente ad una vera e reale me-
tamorfosi, ch’ egli perciò contraddistingue col nome di
polimorfi (polymorphes), e di tal fatta sono, nella di lui
classe degli Anfibj (Amphybia), i generi Pipa (Bufo
Pipa d’alcuni – Rana Pipa di Blumenbach: fr. Pipa),
Rospo (Bufo ora per molti – Rana Bufo di Blumen-
bach: fr. Crapaud), Rana (Rana di Blumenbach, in
parte: fr. Grenouille), e Raccola o Rana arborea (Rana
arborea di Blumenbach: fr. Rainette – Graisset), for-
manti insieme la famiglia degli Anouri (Ecaudati: fr. les
Anoures di Duméril), i generi Salamandra (Lacerta Sa-
lamandra di Blumenbach: fr. Salamandre), Tritone
(Tritones fr. Triton), Axolotl (Axolotl di Cuvier),
formanti insieme la famiglia degli Urodeli (Urodela: fr.
les Urodeles di Duméril), e finalmente i generi Proteo
(Proteus di Blumenbach, di Schreibers e altri: fr. Pro-
tée), e Sirena (Syraena di Blumenbach, d’Ellis, d’Hun-
ter e altri: fr. Sirène), formanti insieme la nuova fa-
miglia degli Ictioidi (Ichtyoida: fr. les Ichtyoïdes).
Potrà in questo proposito consultarsi con vantaggio l’o-
pera intitolata: Blas. Merrem, Beytrage zur Geschichte der
Amphibien. Duisb. 1790–1821. III Hefte in 4.° – e Patr.
Russel’s, Account of Indian Serpents – together with expe-
riments on their several poisons. London 1786, in folio
grande.
Potrà riuscir utile il consultare in tale argomento l’o-
pera intitolata: Aug. Hellmann ueber den Tastsinn der
Schlangen. Göttingen. 1817, in 8.°.
La proporzione in cui stanno le specie infino ad ora co-
nosciute di Serpenti velenosi, in confronto co’ non velenosi,
vien calcolata essere a un dipresso come 1 a 6.
A riguardo delle rimanenti note caratteristiche, col soc-
corso delle quali possono riconoscersi, da’ non velenosi, i Ser-
penti forniti di veleno, (note o caratteri che, sebbene non
[Seite 71] siano senza qualche eccezione, pure sogliono riscontrarsi nel
maggior numero di casi), diremo qui esser essi: 1.° una te-
sta in confronto più ampia, più larga e più schiacciata, rap-
presentante a bastanza bene la forma d’un cuore, ricoperta
di squamette piane, in vece che di scudetti o di lastricine
fornicate; 2.° un corpo vestito di squame, per così dire, cu-
neiformi, o formanti all’ indietro un angolo saliente, o un
canto vivo acuto, e 3.° una coda in confronto manifestamente
quasi sempre più corta, vale a dire, corrispondente anche a
qualche cosa meno d’una quinta parte della lunghezza totale
dell’ individuo. – In questo proposito può consultarsi util-
mente l’analoga memoria del Dottor Gray, inserita nelle Phi-
losophical Transactions. Vol. LXXIX. P. 1.
Tali specie si riducono alle seguenti che, trattandosi
di Serpenti rinomati assai per la forza del loro veleno, ho
creduto bene d’enumerare, anche perchè sono ben poche:
GENERE Crotalo. Sp. I. Il Boiquira (Crotalus hor-
ridus, ec.); precisamente quello descritto nella specie 1
ed unica del Testo; indigeno dell’ America meridionale,
come del Brasile, ec.
Sp. II. Il Crotalo codinero (C. atricaudatus di Bosc:
fr. le Crotale à queue noire); pervegnente solo ad una
lunghezza di tre, o al più di quattro piedi; dell’ America
meridionale.
Sp. III. Il Durisso (C. durissus di Linneo e di Gme-
lin – Caudisona durissus di Laurenti: fr. le Durissus
– Questo è realmente, e non già qui la specie 1, e
l’unica del Testo, da riguardarsi come il tipo del genere,
ed è quello cui spetta propriamente il nome di vero Ser-
pente dal sonaglio; troppo spesso però, e a torto, venne
esso confuso col Boiquira); pervegnente ad una lunghezza
che non eccede mai i cinque piedi, ma capace d’inghiot-
tirsi intiero un Lepre; dell’ America meridionale, ove
distendesi fin oltre al 45.° grado di latitudine australe, e vi
dimora di preferenza presso all’ acque, sulle quali nuota
egregiamente. – È desso di color grigio gialliccio, con
venti fascie nere irregolari in traverso sulla schiena.
Sp. IV. Il Drinas (C. drynas di Linneo e di Gmelin
– Caudisona drynas di Laurenti: fr. le Drynas – le
Teuthlaco); pur sempre dell’ America meridionale. – Il
colore n’è bianco affatto nel fondo, con quattro serie
longitudinali di macchie bruno-chiare ovali.
Sp. V. Il Simo, o anche il Crotalo camuso (C. si-
mus di Latreille: fr. le Camard); datoci da Seba come
indigeno dell’ isola Ceylan, ma pure anch’ esso dell’ Ame-
rica meridionale, come il sono eziandio le tre specie se-
guenti, e che vien grande quanto il Boiquira, al quale
somiglia molto anche nel resto, fuorchè nel muso, che il
Simo ha tronco stranamente.
Sp. VI. Il Crotalo rombifero (C. rhombifer: fr. le
Crotale à losange).
Sp. VII. Il Crotalo strepitante (C. strepitans di Dau-
din: fr. le Crotale bruyant).
Sp. VIII. Il Crotalo immaculato, o anche per taluni
il Crotalo orientale (C. immaculatus – orientalis di
taluni – Caudisona orientalis di Laurenti: fr., e segna-
tamente poi per Latreille, le Crotale sans tache).
Avvertasi che le precedenti otto specie hanno tutte la
testa coperta di squame, a differenza della specie seguente,
che l’ ha coperta di lastricine o di scudetti; circostanza
che diè luogo a Bory de St. Vincent di ripartire il ge-
nere in due diverse sezioni.
Sp. IX. Il Crotalo miglio, o il Crotalo migliario (C.
miliarus di Linneo e di Gmelin: fr. le Millet – le Cro-
tale millet; noto più comunemente in alcune località
dell’ America settentrionale, sotto il nome di Vipera della
Luigiana); frequentissimo nella Carolina, e di là fin an-
che ne’ deserti che stendonsi all’ occidente della Nuova
Orleans, lungo circa un piede e mezzo, sottile molto,
impavido, cibantesi di Ranocchi soprattutto, insidioso trop-
[Seite 74] po, e che passa pel più pericoloso de’ Crotali, assicuran-
dosi che niun animale morsicatone siasi mai potuto sot-
trarre alla morte. – Quasi direbbesi, in miniatura, somi-
glia esso moltissimo al Boa constrictor. – N. del T.
Reputo conveniente il qui riferire, non già soltanto
come cosa che meriti d’esser saputa da tutti, ma più
ancora come fatto che può divenire istruttivo, che, posti
alle strette in conflitto, una di queste Vipere nostrali nel forte
della state, sicuramente velenosa, con uno de’ nostri Sorci
o Ratti della specie più grossa, tutto che la Vipera morda
il Sorcio a più riprese con accanimento tale da lasciarlo
come morto sul campo di battaglia, pur pure il Sorcio alla
fine, quasi che si risvegliasse da un sopore, sogguarda
senza muoversi la nemica, e veduto propizio il momen-
to, le s’avventa contro, ed afferrata la Vipera co’ denti,
[Seite 80] lascia che essa lo morda e rimorda a sua posta, senza ces-
sar mai dall’ assalto, finchè giuntole, morsicandola sem-
pre, fino all’ inserzione della testa sul corpo, le sugge
il sangue dal collo, onde la Vipera ne cade poi estinta
del tutto, rimanendone il Sorcio vispo quanto il fosse mai,
e libero onninamente da qualsivoglia indicio d’avvelena-
mento. Non ho riguardo ad asserire il fatto come costante,
perchè da me le più e più volte, coll’ assistenza di scelta
brigata, ripetuto sempre coll’ esito stesso. – N. del T.
Troppe cose mi rimarrebbono da aggiugnere parti-
tamente ad ogni genere, e spesso anche alle specie, dei
Serpenti indicati nel Testo, se avessi la pretesa di volere
[Seite 86] qui ora far conoscere quanto di nuovo s’ è detto nel de-
corso di questi ultimi anni sulla Storia Naturale di questa
speciale divisioncina del Regno animale; ma la volontà
di non rendermi soverchiamente prolisso mi fece astenere
perfino dall’ applicare speciali mie Note a cadaun genere,
come avrei di leggieri potuto praticare, in quella medesima
forma che adoperai pel genere Crotalo. Pur veggendo che,
ove lasciassi correre la mia traduzione così, senza più, co-
me il Testo sta, taluno avrebbe forse giusto motivo di tac-
ciarmi d’incuria, o di negligenza, nel soddisfare come
meglio io il possa alle assuntemi obbligazioni, ho divisato
che mi convenisse supplire in questo luogo, con pochi
cenni, alle ommissioni, nelle quali per caso fosse chiun-
que per imputarmi d’essere incorso su tale argomento.
Dirò pertanto, a riguardo del genere Boa, che, sebbene
nel Testo non ci si dia se non soltanto la specie Boa con-
strictor, la quale può avere fino a centoquarantotto lastre
o scudetti abdominali, ed è poi adorata al Messico sotto
i due nomi di Xaxathua o di Xalxathua, che amendue
significano Imperatore, e presso i Brasiliani sotto i nomi
di Boiguacu, di Giboya o Jiboya, e di Jauca-Acanga,
indicante la Regina delle Serpi, pure se ne conosce at-
tualmente per lo meno una dozzina d’altre specie, che
sono:
1. Il Boa gigante (Boa gigas di Latreille: fr. le Boa
géant); indigeno della Cajenna, ove pare che si conosca
sotto il nome francese di Dépone; il più grande di tutti
i Boa, avente le squame di forma quadrilatera, con una
serie di grandi macchie ovali, bruno-nericcie, disposte per
traverso, a due per due, lungo il dorso, con 250 scudetti
abdominali, e 178 sottocaudali.
2. L’Aboma (Boa cenchris di Linneo e di Seba: fr.
l’Aboma – le Porte-anneau di Daudin); indigeno del
Surinam, con 263 scudetti abdominali, e 57 sottocaudali
[Seite 87] o anali, col capo di forma ovale, segnato per tutta la lun-
ghezza da cinque strie brune, col corpo di fondo giallo
chiaro, tempestato di macchie rotonde, scure, circondate da
un margine o da una zona grigia.
3. Lo Scitale (Boa scytale di Linneo: fr. le Scytale
– le Mangeur de chevres – precisamente l’Anacondo
di Daudin); indigeno del nuovo Continente, avente il
capo bislungo, subcilindrico, anteriormente assottigliato;
vivente di Ranocchi ed altri animaletti acquatici, ben più
che di Capre o simili; abilissimo nuotatore, e quindi abi-
tante sempre nelle maremme; aggrappantesi colla sua coda
a qualche cosa di sodo sott’ acqua, per così attendere alla
caccia, ed afferrare con più sicurezza la propria preda;
più picciolo sempre anche dell’ Aboma, non mai veleno-
so, ed edule anzi con piacere per gli uomini di quelle
regioni; avente 250 scudetti abdominali, e da 26 fino a 70
anali o sottocaudali; col corpo di color verde mare, e
tempestato sul dorso di macchie semicircolari, bianche
nel centro.
4. Il Mangia ratti (Boa murina di Linneo e di Seba:
fr. le Mangeur de rats); analogo molto a quello della
specie precedente, con cui ha comuni la patria e le abi-
tudini, e al quale volle Cuvier ravvicinarlo, a malgrado
che le macchie integumentali ne diversifichino assai, così
per la forma, come per la loro disposizione rispettiva.
5. Il Boa elegante, od anche il Serpe pantèra (Boa
hortulana di Linneo e di Seba: fr. la Panthère – la
Broderie di Lacépéde – l’Élégant di Daudin); pur sem-
pre dell’ America meridionale; effettivamente il più bello
di tutti i Boa pel suo mantello pezzato d’ogni maniera
di colori, e pel capo tutto quanto marcatone di striscie li-
neari a bastanza regolari; avente 234 scudetti abdominali,
con altri da 65 a 69 anali. Vive desso soprattutto di Sorci
o di Ratti, come lo accennano alcuni de’ suoi nomi.
6. Il Mangia cani (Boa canina: fr. le Mangeur de
chiens – le Bojobi di Lacépéde; specie alla quale Cu-
vier vorrebbe che fosse riunito anche l’Hipnale del me-
desimo Lacépéde, unicamente come individuo ancora gio-
vine affatto; ma si sa che l’Hipnale di Linneo è indigeno
dell’ Asia, e quindi converrebbe ammettere in tal caso due
diversi Hipnale); indigeno del Brasile, avente la testa di
forma cordata, il labbro superiore scisso o fesso vicino ad
ambo i canti della bocca, e il tegumento verdiccio, con
frequenti macchie annulari, ed avente da 203–208 scu-
detti abdominali, con altri da 77–79 anali. Vive desso
più che d’altro di Cani, a’ quali dà una caccia sem-
pre diligentissima.
Oltre queste sei specie, a bastanza ben distinte di Boa,
altri diversi trovansene enumerati qua e là da’ Naturalisti,
come sarebbono, a cagion d’esempio, i Boa Phrygia – B.
carinata – B. ocellata – B. viperina – B. reticulata –
B. amethystina – B. orbiculata – B. Tigris, menzio-
nati da Schneider e da Russel, e già prima disegnati da
Seba. Quanto poi al Boa Turc di Olivier, è desso at-
tualmente considerato far parte del novello genere Erix,
come il Boa di Merrem forma il nuovo genere Corallo,
e come il Boa anguiforme costituisce il nuovo genere Clo-
tonia. Finalmente il così da taluni denominato, Boa dalle
palpebre enfiate, (Boa palpebrosa di Shaw: fr. le Boa
à grosses paupiéres), di patria non per anche ben deter-
minata, ed avente il tegumento di color grigio pallido nel
fondo, con parecchie fascie o bende nere in traverso sulla
schiena, e punteggiato di nero per di sotto, con 112 grandi
scudi sotto l’abdomine, 38 sotto la base della coda, e 13
doppi sotto l’apice della medesima, è desso stato ultima-
mente considerato, sotto il nome di Cerastino, come tipo
del nuovo genere Acanthophis, nel quale seco altre specie
fino ad ora non connumeransi, fuorchè l’Acantofi di Brown
[Seite 89] (A. Brownii di Leach: fr. l’Acanthophis de Brown);
indigeno della Nuova Olanda, lungo non mai più di dieci
pollici, tutto quanto nero, a meno del labbro inferiore
che ne riesce bianco, e avente la coda, non solo in pro-
porzione men grossa di quel che non abbiala l’Acantofi
cerastino, ma ben anche ristretta o compressa da’ lati.
Circa al genere Colubre, dirò poscia che ben presso
a dugento sono le specie cognite in esso racchiuse, onde,
non potendo a meno di non riuscir soverchio anche il
qui soltanto tutte distintamente enumerarle, faremo che
ci basti quanto il Testo ne spone, non senza però sog-
giugnere così in generale, che attualmente alcune delle
specie, date in esso Testo come appartenenti al genere Co-
lubre, ne sono state ultimamente sottratte, onde formarne
il tipo di generi novelli; così accadde, per cagion d’esem-
pio, del Colubre Naja, del Colubre Vipera ec., col fon-
damento de’ quali si stabilirono appunto i generi Naja,
Vipera ec., come con altre specie in addietro ascritte a
questo medesimo, s’ è ora fondato anche l’altro nuovo ge-
nere Bongaro, ec.
Rispetto poi al genere Angue, ben a ragione sottratto
già dal genere Cecilia, da che effettivamente le specie
racchiuse in quest’ ultimo citato genere hanno gli organi
della visione assai poco sviluppati, mentre gli Angui, o
poco o molto, hannoli sempre sviluppati meglio, dirò sol-
tanto che il Serpe, nel Testo datoci come semplice specie,
sotto il nome d’Angue platuro (Anguis platuros – Pe-
lamys di Cuvier – Hydrus bicolor di Schneider), è
ora divenuto anch’ esso tipo del novello genere Platuro,
e con tanto maggiore buon dritto, in quanto che dispa-
rati troppo da quelli del genere Angue ne sono in com-
plesso i caratteri tutti.
Relativamente al genere Anfisbena, soggiugnerò, che
le poche specie conosciutene, due sole delle quali il sono
[Seite 90] a dovere, cioè a dire la bianca (A. alba: fr. le Blan-
chet di Linneo e di Lacépéde), e la fuligginosa, unica
menzionata nel Testo, sono indigene del nuovo Conti-
nente, e soprattutto della Gujana e del Brasile, come il
sono eziandio l’altre specie meno esattamente cognite,
vale a dire l’A. rosea di Shaw, l’A. flava – magni-
fica – varia di Laurenti, le quali potrebbero forse ri-
solversi in semplici varietà delle due prime, e che quindi
niuna di esse può corrisponder mai all’ Anfisbena ma-
ravigliosa, o per dir meglio al tutto favolosa, che veg-
giamo citata bene spesso dagli antichi; e poichè penso, che
possa per avventura da taluno ritenersi concisa troppo la
descrizione dataci, soprattutto del genere nel Testo me-
desimo, mentre trattasi qui ora del primo genere de’ veri
Serpenti, come tali non riguardandosi più oggimai, nè gli
Angui, nè gli Ofisauri, nè le Aconzie, che vengono col-
locati tutti, come Apodi, tra i Rettili squamosi Saurii
(Reptiles écailleux Sauriens apodes di Latreille), perciò
mi faccio a soggiugnere ancora, che le Anfisbene in genere
hanno per caratteri, cilindrici affatto, tanto il corpo, come
la coda loro, rivestiti di numerosi anelli, distinti gli uni
dagli altri per mezzo di spazii coperti di squamette o di
scaglie, una serie di porri presso all’ ano, in sostituzione
agli sproni che hannovi alcuni altri Serpenti, la lingua
corta, spessa, e scissa alcun poco all’ estremità, la bocca
non suscettibile di grande dilatazione, e gli occhi appena
appena discernibili. Somiglian desse, più che ad altro,
a prima giunta, a Lombrici di una mole colossale, nè si
distingue, se non con somma difficoltà, quale ne sia la te-
sta, e quale la coda, tanto più che strisciano o si strasci-
nano per terra, non solo tanto procedendo all’ innanzi,
quanto procedendo all’ indietro, ma comunque siano po-
ste giù, sul ventre, sul dorso o sui lati, con pari facilità.
Desse sono poi sempre animali innocentissimi, ovipari,
[Seite 91] ficcantisi sotterra, e viventi di formiche, e d’altri così
fatti insetti.
Finalmente a riguardo del genere Cecilia, dirò che se
ne conoscono ora esattamente da quattro specie ben di-
stinte, indigene anch’ esse tutte quante del nuovo Conti-
nente, e più che d’altrove, segnatamente della Gujana.
Tali specie sono, oltre all’ Ibiara, ch’ è la sola descrittaci
nel Testo (Caecilia tentaculata di Linneo, di Gmelin e
di Blumenbach – C. Ibiara di Daudin e di Buffon – fr.
l’Ibiare – vulgo Ibiaram al Brasile, ov’ è indigena, come
anche al Surinam); nera tutta quanta, lunga un piede, e
grossa un pollice, colla bocca posta in traverso al di sotto
dell’ apice, in cui ne termina il muso, con trentacinque
ripiegature integumentali da ambe le parti, e con due
verruche, a foggia di palpi, o di tentacoli, davanti alle na-
rici; tali altre specie sono, come stava dicendo, la Ceci-
lia vischiosa (C. gelatinosa di Linneo e di Gmelin – Ser-
pens Caecilia Ceylanica di Seba, ma per errore, men-
tre non si sa ch’ esista alcuna Cecilia al Ceylan: fr. la
Cécilie visqueuse), la Cecilia dal ventre bianco (C. al-
biventris di Daudin: fr. le Ventre blanc), e la Cecilia
lumbricoidea (C. lumbricoides di Daudin – Caecilia
gracilis di Shaw).
Ciò premesso così in generale, in aggiunta a’ generi e
alle specie de’ Serpenti citate nel nostro Testo, onde,
come s’ è veduto, se volessimo attenerci alle più recenti
distribuzioni proposte, sarebbe al tutto da sottrarsi il ge-
nere Angue, già da noi riportato (pag. 65, Nota del
Trad.), insieme cogli Ofisauri e colle Aconzie tra i Ret-
tili squamosi Saurii apodi (Reptiles écailleux Sauriens
apodes), giusta il bravo Latreille (Familles naturelles
du Régne Animal. Paris 1825), veggiamo ora come, a
giudizio di questo espertissimo Sistematico francese, ab-
biansi a ripartire nelle rispettive loro famiglie naturali,
[Seite 92] anche i Serpenti, o secondo ch’ ei li denomina, gli Ofi-
dii (Ophidii: fr. les Ophidiens), ordine nella sua classe
de’ Rettili distinto per la mancanza assoluta de’ piedi,
delle omoplate o scapole, dello sterno, della terza pal-
pebra, e del timpano, per essere muniti d’un polmone
solo, con appena talora alcun rudimento d’un secondo, e
per la pelle o il tegumento che alcuni di essi hanno, o
nudo affatto, o almeno non loricato, e ordine ch’ egli di-
vide in due sezioni, la prima racchiudente gli Idiofidi
o i Serpenti propriamente detti (Idiophides: fr. les Idio-
phides), e la seconda racchiudente i Batracofidi (Ba-
trachophides: fr. les Batrachophides). – La prima di
tali sezioni poi è composta da’ generi Anfisbena (Am-
phisboena: fr. Amphisbéne), e Tiflope (Typhlops: fr. Ty-
phlops), formanti la famiglia degli Anfìsbenii (Amphi-
sboenii: fr. les Amphisbéniens), da’ generi Rotolo (Volu-
men?: fr. Rouleau), e forse Elaps? (Elaps di Schneider:
fr. Èlaps), formanti la famiglia de’ Cilindrici (Teretes:
fr. les Cylindriques), da’ generi Acrocordo (Acrochordus:
fr. Acrochorde), Erpetone (Erpeton: fr. Erpéton),
Erice (Erix: fr. Erix), Boa (Boa: fr. Boa), Pitone
(Python: fr. le Python), Urria (Hurria: fr. Hurria),
Colubre (Coluber: fr. Couleuvre), e Dipsas (Dipsas:
fr. Dipsas), formanti insieme la famiglia de’ Coluberini
(Coluberini: fr. les Colubériens), da’ generi Bongara
(Bongara: fr. Bongare), Trimenesuro (Trimenesurus
di Lacépéde: fr. Triménésure: ted. die Kleinkopfschlange),
Idrofi (Hydrophis: fr. Hydrophis), Pelamida (Pelamys
di Cuvier: fr. Pélamide), e Chersidro (Chersydrus di
Cuvier: fr. Chersydre: ted. Plattschwanz), formanti
insieme la famiglia dell’ Anguivipere (Anguiviperae:
fr. les Anguivipéres), e i generi Crotalo (Crotalus:
fr. Crotale), Scitale (Scytalus: fr. Scytale), Acantofi
(Acanthophis: fr. Acanthophis), Langaha (Langaha:
[Seite 93] fr. Langaha), Trigonocefalo (Trigonocephalus di Op-
pel: fr. Trigonocéphale), Cobra (Cobra: fr. Cobra),
Vipera (Vipera: fr. Vipére), Platuro (Platurus – Hy-
drus bicolor? di Schneider: fr. Plature), Naja (Naja
di Laurenti: fr. Naja: ted. die Brillenotter – Brillen-
schlange), ed Elaps, caso che, come velenoso, non si
voglia lasciarlo far parte della non velenosa, ed anzi sem-
pre innocentissima, famiglia precedente de’ tereti o Cilin-
drici (Elaps di Schneider: fr. Élaps), formanti tutti
insieme la famiglia de’ Viperidi (Viperides: fr. les Vi-
pérides). – La seconda sezione poi de’ Batracofidi consta
dell’ unico genere Cecilia (Coecilia: fr. Cécilie), for-
mante di per sè solo la picciola famiglia de’ Gimnofidi,
o vogliam dire, de’ Serpenti nudi (Gymnophides: fr. les
Gymnophides). – N. del T.
Può consultarsi segnatamente frall’ altre, tanto sul mec-
canismo della natazione ne’ Pesci, quant’ anche sul meccani-
smo del volo negli uccelli, l’opera di Aug. W. Zachariae, in-
titolata: Elemente der Luftschwimmkunst, stampata a Wit-
temberga nel 1807 in 8.° a pag. 34 e segg., com’ eziandio a pag.
89 e segg. – Come sull’ influenza, che la respirazione per mezzo
delle branchie (vedi più addietro al precedente §. 101), debbe
esercitare sulla natazione ne’ Pesci, può con profitto leggersi lo
scritto intitolato: S.J. Bruggmans, over de Middelen. door
welke de Visschen zich bewegen ec. Amsterd. 1813 in 4.°
Può a questo proposito vedersi quanto ne sposero Son-
nerat, nel Journal de Physique di Rozier pel mese d’Apri-
le 1774, a pag. 256 e segg. – e Buffon, nel Supplément.
Vol. V. a pag. 540 e segg.
Consultisi a questo proposito la Carta di Gilpin nelle
Transactions of the American Philosophical Society at Phi-
ladelphia. Vol. II Tab. 5. B. *
* Oltre a molte altre migrazioni di Pesci qua e là note
nell’ Italia nostra, una n’è costantissima anche nel nostro
[Seite 102] naviglio, appena fuor di Milano, e così universalmente co-
nosciuta, che ci basterà il rammentare esser dessa la così
detta Passada d’ i Ciapitt. – N. del T.
A questo riguardo penso che si possa con profitto con-
sultare l’altra mia, già altre volte citata opera, intitolata:
Handbuch der vergleichende Anatomie a pag. 423 e segg.
della 3. Ediz.
Veggasi in tale proposito ciò che ne dice Baster nel
Tomo I Lib. II de’ suoi Opuscula subseciva, a pag. 88.
Veggasi quanto spose a questo proposito il Capitano Ja-
cobi nello scritto che di lui leggesi nell’ Hannover Magazin
del 1765, a pag. 978 e segg.
Veggasi su di ciò quanto sta scritto nelle Philosophical
Transactions. Vol. LVII a pag. 280.
Tanto a riguardo di questo genere e de’ due seguenti,
Squalo e Lofio, quanto a riguardo del genere Chimera, vedi
l’Opera: Ed. Eichwald, de Selachis Aristotelis, stamp. a
Vilna 1819 in 8.°
A questo riguardo può, per esempio, vedersi quello che
il Padre Cavazzi, Cappuccino, narra del Pesce-donna nella
sua Descrizione di Congo ec., alla pag. 52.
Può perciò consultarsi opportunamente quanto è ripor-
tato a pag. 519 del Vol. XII dell’ opera intitolata: Voigts neues
Magazin.
Veggasi quanto sta sposto appunto in tale proposito a
pag. 220 dell’ opera intitolata: Sammlung seltener und merk-
wurdig. Reisegeschichten. Vol. I. Memmingen 1789, in 8.°
Merita d’esser letta la descrizione veramente pittoresca
del maraviglioso metodo, usato dagl’ Indiani, di spingere in
frotta Muli e Cavalli per entro alle maremme bulicanti di
Gimnoti, allo scopo che, questi scaricando sopra que’ qua-
drupedi l’elettricità onde sono sopraccarichi, possano dessi poi
tosto dopo recarsi a pescarli, e pigliarseli allora senza peri-
colo. Tale descrizione rinviensi a pag. 37 e segg. dell’ Opera
intitolata: Alexander von Humboldt’s Ansichten der Natur.
Può vedersi a tale riguardo quanto ne sta sposto a pa-
gine 1321 e segg. dell’ Opera: Götting. Gelehrt. Anzeig. per
l’anno 1771.
Veggansi a questo proposito le Sicula di Jac. Ph. d’Or-
ville, a pag. 272 e segg. del Tomo I.
D’una specie analoga molto a quella qui da me descritta
di questo genere ben singolare di Pesci, e provegnente poi
dalle coste dell’ Affrica meridionale, vado io obbligato alla
bontà del sig. Pastor prim. Hesse, che me la inviò.
Sopra di ciò può vedersi quanto ne sta sposto a p. 417
e segg. del Vol. I dell’ Opera: Osiander’s Denkwürdigkeiten
für die Heilhunde, und Geburtshülfe.
Consultisi a tale proposito l’Opera intitolata: Du Hamel,
Traité génèral des Péches. P. II. Sect. I. a pag. 36 e segg.
Può vedersi ciò che dice a questo medesimo proposito, ed
[Seite 170] in particolare poi sur l’affection mutuelle de quelques ani-
maux, il bravo Geoffroy-Saint-Hilaire, nelle sue Mémoires
d’Histoire naturelle, a pag. 5 e segg.
Circa alla importantissima pesca del Tonno, potrà, vo-
lendo, consultarsi con soddisfazione il Voyage pittoresque de
[Seite 172] Sicile par Houel, ec., stampato a Parigi nel 1782, in folio,
ed in particolare poi il Vol. I, coll’ appoggio delle Tavole
XXVIII, XXIX e XXX.
Veggasi a questo proposito l’Opera intitolata: Detm.
W. Soemmering, de oculorum hominis, et animalium sectione
horizontali, stampata a Gottinga nel 1818 in folio, a p. 68
e segg., consultandone anche la Tavola III.
Veggasi ciò che sta scritto a questo riguardo da Leisler,
a pag. 139 nel Sylvan, von Laurop, und Fischer, per l’an-
no 1814.
Può a cagion d’esempio consultarsi, onde sempre più
convincersene, lo scritto intitolato: Jul. H. Gottl. Schlegels
Materialien für die Staats – A. – Seconda Collezione a pag.
150 e segg.
Può in tale proposito consultarsi l’opera intitolala: Beck-
manns, Beytrage zur Geschichte der Erfìndungen, particolar-
mente a pag. 325, e segg. del Vol. II.
Due circostanze concorsero a farmi una legge di eco-
nomizzare possibilmente le Note che, come adoperai nelle
precedenti Sezioni, non mi sarebbe mancata occasione di
aggiugnere frequenti a’ generi e alle specie descritte in que-
sta Sezione settima de’ Pesci nel Testo; una ne fu la mole
forse eccedente, che l’opera sarebbe con ciò andata acqui-
stando, sproporzionata allo scopo prefissoci, e l’altra ne
è stata una tal quale inquietudine, palesata da qualche
associato all’ edizione, sulla indeterminazione del numero
di volumetti che costituirebbe il presente Manuale, per-
venutami all’ orecchio. Queste due possenti cagioni che
hanno indotto gli Editori a concertarsi meco, perchè,
[Seite 202] consultata ad un tempo la più opportuna distribuzione
delle materie, e la possibilmente uniforme misura de’ volu-
metti comodamente portatili, il numero di questi ne fosse
inalterabilmente fissato a cinque, oltre all’ indice gene-
rale o repertorio che se ne darà a parte, poterono bene
determinarmi a restringere quind’ innanzi la massa delle
mie note od addizioni, quando non le reputi affatto im-
prescindibili, sicchè, comprendendosi in questo terzo Vo-
lume, oltre agli Anfibj ed a’ Pesci, eziandio gli Insetti,
nel successivo racchiudansi, oltre a’ Vermi od ai Mollu-
schi, che termineranno il Regno animale, anche le poche
cose che occorrerà di dire circa alle sostanze vegetabili,
e il quinto od ultimo si riserbi intiero pel trattamento del
Regno minerale nel modo assuntoci fino da bel princi-
pio; ma non faranno perciò ch’ io manchi all’ impegno
positivamente presomi di non lasciar ignorare a’ nostri
Leggitori le più importanti innovazioni di recente intro-
dottesi qua e là nella Scienza che abbiam fra le mani. E
quindi è che mi sono veduto sforzato talora, come per
esempio nel trattare della Fistularia tabaccaria, ed anche
in qualche altro caso, rispettando meno religiosamente di
quello che non facessi per l’addietro la concisione del
Testo, ad intrudervi alcun che di più atto a rendere
migliore e più esatto conto del soggetto che vi si andava
caratterizzando, e quindi è ancora che, terminato il Te-
sto a riguardo de’ Pesci, mi stimo ora in dovere di far
conoscere, alquanto più universalmente di quello che fi-
nora nol sia, l’ultima distribuzione naturale, recentissi-
mamente anche per i Pesci proposta, comunque in modo
sommario affatto, dal già lodato Latreille, da pag. 105
e segg. fino a 143, dell’ altre volte citato aureo suo libro
intitolato: Familles Naturelles du Règne animal. – Sotto
la generale denominazione di Solibranchii (Solibranchia
– Pisces: fr. Solibranches), considera egli come for-
[Seite 203] manti il secondo ramo (la II Branche) de’ suoi Ema-
crimi, od animali di sangue freddo, pe’ quali alla prece-
dente pag. 63 proponemmo, come forse ancora più ap-
propriato, il nome di Psicrematozoi, appunto questa
maniera d’animali costantemente acquatici, respiranti
tutti quanti e sempre, vale a dire in ogni epoca della
vita loro, per mezzo delle branchie, aventi nel loro cuore
una sola orecchietta, e moventisi, ossia guizzanti nell’ a-
cqua, coll’ unico soccorso delle loro pinne o natatoje.
Divide poi egli questi suoi Solibranchii in due diverse
Classi, la prima delle quali, sotto il nome di Ictioderi
(Icthiyodera: fr. Ichtyodères di Geoffroy de Saint-Hi-
laire – Poissons chondroptérygiens à branchies fixes
in gran parte di Cuvier), racchiude quelli de’ quali lo
scheletro riesce cartilaginoso, o anche talora membrana-
ceo e formato di strati concentrici, de’ quali il cranio
manca affatto di suture, ne’ quali o mancano del tutto,
o non esistono che in forma di semplici rudimenti, così
le ossa mascellari, come le intermascellari, e come anche
gli operculi branchiali, che hanno sempre le branchie
saldamente attaccate alla pelle pel loro lembo esteriore,
e che generalmente portano poi, da ambe le loro parti
laterali, manifesti alcuni fori o spiracoli destinati, siccome
lo stesso nostro Testo c’ insegnò, a dar esito all’ acqua
da questi auimali inghiottita per trarne l’aria inserviente
alla loro respirazione; mentre poi la Classe II, sotto il
nome di Pesci propriamente detti (Pisces: fr. Poissons –
Poissons chondroptérygiens à branchies libres, et Pois-
sons osseux di Cuvier), comprende quegli altri che
hanno osseo e ad un tempo fibroso, lo scheletro, che
mostrano evidenti suture nel loro cranio, che sono mu-
niti di ossa mascellari, o di ossa intermascellari, che han-
no munite sempre d’un operculo le loro branchie, delle
quali il lembo esterno riesce libero affatto, e che per
[Seite 204] l’uscita dell’ acqua, come sopra, non hanno mai più di
due aperture o spiracoli, sia uno per parte, sia amendue
sul dorso, od amendue al di sotto, e talora, sebbene as-
sai di rado, hannoli riuniti in uno soltanto.
A formare la prima di queste sue due Classi concor-
rono le famiglie: a) degli Squalidi o Squaloidei (Squa-
lides: fr. Squalides), ove stanno compresi i generi Squalo
(Squalus: fr. Requin), Lamia (Amia: fr. Lamie), Mar-
tello (Squalus zygaena del Testo: fr. Marteau), Ros-
setta (Squalus rubellus?: fr. Roussette), Milandro (Squa-
lus galeus di Cuvier: fr. Milandre), Emissola (Squalus
émissole di Cuvier: fr. Èmissole), Grisetto (Squalus
notidianus di Cuvier: fr. Griset), Pellegrino (Squalus
peregrinus?: fr. Pellerin), Cestracione (Squalus cestra-
cio di Cuvier: fr. Cestracion), Acanzia (Squalus acan-
thias del Testo: fr. Aguillat), Umantina (Squalus cen-
trina – Humantinus di Cuvier: fr. Humantin), Scimno
(Squalus scymnus di Cuvier: fr. Léiche), Angelo o
Pesce angelo (Squalus squatina di Linneo – Squatina
di Duméril: fr. Ange – Dicérobate di Blainville), Pesce
sega (Squalus pristis del Testo: fr. Scie); b) De’ Plati-
somi (Platysoma: fr. Platysomes), ove racchiudonsi i
generi Rinobato (Rhinobatus di Schneider: fr. Rhinobate),
Rina (Rhina di Cuvier: fr. Rhine), Ragia, o Razza, o
Raggiata (Raia: fr. Raie), Torpedine (Raia torpedo del
Testo: fr. Torpille), Murina (Murina di Cuvier: fr.
Mourine) e Cefaloptero (Cephalopterus: fr. Cephalo-
ptére); c) degli Acantorini (Acanthorhina: fr. Acantho-
rhines), ove comprendonsi i generi Chimera (Chimaera:
fr. Chimére), e Callorinco (Calloryncus: fr. Callorynque);
le quali tre famiglie, prese insieme, compongono l’ordine
de’ Selacii (Selacii: fr. Sélaciens – Plagiostomes di
Duméril. – Poi vengono le famiglie: a) degli Auledi-
branchii (Auloedibranchia: fr. Auloedibranches), ove
[Seite 205] comprendonsi i generi Lampreda (Petromyzon del Te-
sto: fr. Lamproie), ed Ammoceta (Ammocoetes di Du-
méril: fr. Ammocéte), e b) de’ Diporobranchii (Diporo-
branchia: fr. Diporobranches), composto dell’ unico
genere Gastrobranchio (Gastrobranchus del Testo: fr.
Gastrobranche), le quali due famiglie costituiscono l’Or-
dine de’ Succhiatori (Cyclostoma di Duméril: fr. Su-
ceurs).
A formar poi la seconda delle preaccennate due Classi
concorrono le famiglie: a) de’ Gimnorinchi (Gimnor-
rynci: fr. Gymnorhinques), ove racchiudesi l’unico ge-
nere Storione (Acipenser sturio, ed altri del Testo: fr.
Esturgeon), e b) de’ Fillorinchi (Phyllorhynci: fr. Phyl-
lorhynques), in cui non è compreso se non il solo ge-
nere Poliodonte (Polyodon di Cuvier: fr. Polyodon),
le quali due famiglie, nella Sezione de’ veri Pesci anomali,
costituiscono l’Ordine degli Sturionii (Sturionii: fr. Sturio-
niens). – Vengono quindi le famiglie: a) de’ Gimno-
donti (Gymnodonta: fr. Gymnodontes), ove compren-
donsi i generi Mola (Tetrodon mola del Testo: fr. Mole),
Diodonte (Diodon del Testo: fr. Diodon), e Tetro-
donte (Tetrodon hispidus etc., del Testo – Orbis te-
traodon di Linneo: fr. Tetrodon), e b) degli Sclero-
dermi (Scleroderma: fr. Sclérodermes), ove racchiu-
donsi i generi Triacanto (Triacanthus di Cuvier: fr. Tria-
canthe), Alutero (Aluterus di Cuvier – olim Balistes:
fr. Alutére), Monacanto (Monacanthus di Cuvier: fr.
Monacanthe), Balista o Balliste (Balistes del Testo: fr.
Baliste), ed Ostracione (Ostracion del Testo: fr. Coffre),
le quali due famiglie, prese insieme, sempre tra’ Pesci ano-
mali, costituiscono l’Ordine de’ Plectognati (Plectognatha:
fr. Plectognathes). – Poscia vengono le due famiglie:
a) degli Ipostomidi (Hypostomides: fr. Hypostomides)
in cui non è compreso se non il solo genere Pegaso (Pe-
[Seite 206] gasus del Testo: fr. Pégase), e b) de’ Prostomidi (Pro-
stomides: fr. Prostomides), ove racchiudonsi i generi
Solenostomo (Solenostomus: fr. Solénostome), Ippo-
campo (Syngnathus hippocampus del Testo: fr. Hippo-
campe), e Singnato (Syngnathus acus del Testo: fr. Syn-
gnathe), le quali formano, sempre nella medesima Sezione
degli Anomali, l’Ordine de’ Lopobranchii (Lopobranchia:
fr. Lopobranches). – Vengono successivamente, a) la fa-
miglia de’ Salmonidi (Salmones di Cuvier: fr. Salmo-
nides), ove racchiudonsi i generi trotiformi, Sermone
(Salmo salar del Testo: fr. Saumon), Eperlano (Salmo
eperlanus del Testo: fr. Èperlan), Temolo, od anche
Ombrina (Salmo thymallus del Testo: fr. Ombre), ed
Argentina od Alburno, o fors’ anche Sfirena (Argentina
sphyraena? – A. glossodonta? di Linneo – Argentina?
genere, e Cyprinus alburnus?, specie del nostro Testo:
fr. Argentine hautin? – A. bonuk?), i generi caracini,
Eurimate (Eurimas di Latreille: fr. Eurimate) Anostomo
(Salmo anostomus di Linneo: fr. Anostome), Tetrago-
noptero (Tetragonopterus di Latreille: fr. Tetragono-
ptére), Calceo (Chalceus di Latreille: fr. Chalceus),
Piaruco (Piarucus di Latreille: fr. Piaruque) Serra-
salme (Serrasalme: fr. Serrasalme), Mileto (Miletus
di Latreille: fr. Miléte), ed Idrocino (Hydrocynus di
Latreille: fr. Hydrocin), e i generi ciprinosalmi, Citarino
(Citharinus – Salmo citharinus di Cuvier: fr. Citha-
rine), Sauro (Elops saurus del Testo: fr. Saurus), Sco-
pela (Scopela di Latreille: fr. Scopéle), Aulope (Aulo-
pus – Salmo aulopus di Cuvier: fr. Aulope), Serpe, o
Roncone (Falx? – Serpis? di Latreille: fr. Serpe), e
Sternoptice (Sternoptix: fr. Sternoptix), b) la famiglia
de’ Clupeidi (Clupeides: fr. Clupéïdes – Clupes di Cu-
vier), ove comprendonsi i generi armicipiti, Poliptero
Polyptherus del Testo: fr. Polyptére), Lepisosteo (Le-
[Seite 207] pisosteus: fr. Lèpisostée), Eritrino (Erythrinus: fr.
Erythrin), Amia (Amia: fr. Amie), e Vastrè (Vastreus:
fr. Vastrè), e i generi nudicipiti, Chirocentro (Chirocen-
trus di Cuvier: fr. Chirocentre), Elope (Elops del Te-
sto, in parte: fr. Èlope), Aringa (Clupea harengus del
Testo: fr. Hareng), Megalope (Megalops clupea –
Megalops di Cuvier: fr. Mégalope), Acciuga (Clupea en-
crasicolus del Testo: fr. Anchois), Trisso (Thrissus:
fr. Thrisse), Odontognato (Odontognatus: fr. Odonto-
gnathe), Pristigastro (Pristigaster: fr. Pristigastre),
e Notoptero (Notopterus: fr. Notoptére), c) la fami-
glia degli Esocii (Esocii: fr. Èsociens – Èsoces di Cu-
vier), ove racchiudonsi i generi Luccio (Esox lucius
del Testo: fr. Brochet), Salance (Salanx: fr. Salanx),
Orfia (Esox belone del Testo: fr. Orphie), Sgombre-
soce (Scombresox: fr. Scombrésoce), Emiranfo (Hemi-
ramphus di Cuvier: fr. Demi-bec), Microstomo (Micro-
stomus: fr. Microstome), Stomias (Stomias: fr. Stomias),
Cauliodo (Chauliodus: fr. Chauliode), Galanxia (Galan-
xia: fr. Galanxie), Esoceto (Exocoetus volitans del
Testo, ed altri: fr. Exocet), Mormiro (Mormyrus: fr.
Mormyre), e forse Alepocefalo di Risso (Alepocephalus:
fr. Alépocéphale), d) la famiglia de’ Ciprinidi (Cypri-
nides: fr. Cyprinides – Cyprins di Cuvier), ove coa-
dunansi il genere bipupillato Anableps (Cobitis ana-
bleps del Testo: fr. Anableps), e i generi unipupillati,
Pecilia (Poecilia: fr. Poecilie), Lebias (Lebias: fr.
Lebias), Ciprinodonte (Cyprinodon: fr. Cyprinodon),
Carpione (Cyprinus carpio del Testo: fr. Carpe), Bar-
bo o Barbione (Cyprinus barbus del Testo: fr. Barbeau),
Cirrino (Cirrhites? di Commerson: fr. Cirrhine), Gobio,
o Gobbio (Gobius, genere del Testo: fr. Goujon – Gres-
se), Tinca (Cyprinus tinca del Testo: fr. Tanche), Bra-
ma (Cyprinus brama del Testo: fr. Bréme), Labro, o
[Seite 208] Labbro (Labrus? del Testo: fr. Labion), Alburno, od
anche Aulina, o piccolo Ghiozzo (Cyprinus alburnus del
Testo: fr. Able – Ablette), Gonorinco (Gonorhyncus di
Gronovio: fr. Gonorhynque), Locca, o Cobite (Cobitis,
genere del Testo: fr. Loche – Dormille), e) la famiglia
de’ Siluroidi (Siluroides: fr. Siluroïdes), nella quale
racchiudonsi i generi glani, Callicte (Callichtes: fr. Cal-
lichte), Dorade, o Dorata (Doras di Cuvier: fr. Doras),
Schal (Schal?: fr. Schal), Pimelode (Pimelodes di La-
treille: fr. Pimelode di Cuvier), Bagro (Silurus ba-
gre di Linneo: fr. Bagre), Ageneiose) Silurus – Age-
neiose di Lacépéde: fr. Agénéiose), Siluro) Silurus
del Testo, in parte: fr. Silure), Schilbè) Silurus schilbè:
fr. Schilbè), e Siluro elettrico, o Malapteruro (Mala-
pterurus di Lacépéde: fr. Malaptèrure), i due generi
eterobranchi, Macropteronoto (Macropteronotus: fr.
Macroptéronote), e Plotoso (Plotosius di Cuvier: fr.
Plotose), e finalmente i tre generi anesipomi, Loricaria
(Loricaria del Testo: fr. Loricaire), Ipostomo (Hypo-
stomes di Lacépéde: fr. Hypostome), ed Aspreda (Si-
lurus aspredo di Linneo: fr. Asprède), le quali cinque
famiglie, prese insieme, formano, nella Sezione de’ Nor-
mali, l’Ordine de’ Pesci Abdominali (Abdominalia: fr.
Abdominaux). – Quindi succedono: a) la famiglia dei
Gaditi (Gadites: fr. Gadites – Gades di Cuvier), in cui
stanno racchiusi i generi Morva (Gadus morrhua del Te-
sto: fr. Morue), Merlango (Gadus merlangus del Testo:
fr. Merlan), Merluzzo (Gadus merlucius di Cuvier: fr.
Merluche), Lota (Gadus lota del Testo: fr. Lotte),
Mustella (Mustela di Cuvier: fr. Mustèle), Ficis (Phycis
di Schneider – Gadus phycis di Cuvier – e per altri
poi Blènnius phycis – B. gadoides – Phycis mediter-
ranea – P. tinca – P. blenoides – Gadus albidus:
fr. Phycis), Ranicipite (Raniceps: fr. Raniceps), b) la
[Seite 209] famiglia de’ Diprosopi (Diprosopa – Pisces plani: fr.
Diprosopes – Poissons plats) in cui comprendonsi i
generi Sogliola vera, o Platessa, o vero Passero di mare
(Pleuronectes platessa del Testo: fr. Plie), Ippoglosso
(Pleuronectes hippoglossus del Testo: fr. Flétang),
Rombo, o Soglione (Pleuronectes maximus del Testo –
Rhombus di Cuvier: fr. Turbot), Soglia (Pleuronectes,
altri del Testo, oltre a’ prenominati – Solea di Cuvier:
fr. Sole), Achiro (Achirus di Lacépéde: fr. Achire),
e Plagusia (Plagusia di Latreille: fr. Plagusia), c) la
famiglia de’ Discoboli (Discobola: fr. Discoboles),
ove stanno racchiusi i generi Oficefalo (Ophicephalus di
Latreille: fr. Ophicéphale), Echeneide (Echeneis del
Testo: fr. Echèneis), Scodellifero (Echeneis scutellife-
ra?: fr. Porte-ècuelle), Gobiesoce (Gobiesox: fr. Go-
biésoce), Cicloptero (Cyclopterus del Testo: fr. Cy-
cloptére), Lumpo, o Lepre di mare (Cyclopterus lum-
pus del Testo: fr. Gras-mollet – Lump), e Liparide
(Cyclopterus liparis di Linneo, e Gmelin: fr. Liparis)
le quali tre diverse famiglie, prese insieme, costituiscono,
sempre nella medesima Sezione de’ Pesci normali, l’or-
dine de’ Subbrachiani (Subbrachiata: fr. Subbrachiens).
– Vengono successivamente: a) la famiglia degli Aulo-
stomidi (Aulostomides: fr. Aulostomides – Bouches-
en-flûte di Cuvier), in cui comprendonsi i generi Cen-
trisco (Centriscus del Testo: fr. Centrisque), Amfisilo
(Centriscus amphisilus di Duméril: fr. Amphisile),
Aulostomo (Aulostomus di Lacépéde: fr. Aulostome),
e Fistularia (Fistularia del Testo: fr. Fistulaire), b) la
famiglia degli Squamipenni (Squamipennes: fr. Squa-
mipennes), nella quale racchiudonsi i generi Chetodonte
Choetodon del Testo: fr. Choetodon), Chelmone (Chel-
mon di Latreille – Chaetodon rostratus? del Testo: fr.
Chelmon), Platace (Platax di Latreille: fr. Platax),
[Seite 210] Enioco (Choetodon heniochus di Cuvier, e altri): fr. Hé-
niochus), Efippo (Choetodon ephippus di Cuvier e altri:
fr. Ephippus), Chetodiptero (Choetodipterus di Lacé-
péde e Plumier: fr. Choetodiptère), Olacanto (Hola-
canthus di Lacépéde: fr. Holacanthe), Pomacanto (Po-
macanthus di Lacépéde: fr. Pomacanthe). Osfronemo
(Osphronemus di Commerson, e altri: fr. Osphronème),
Tricopodo (Trichopodus di Latreille: fr. Trichopode),
Archero (Archerus toxotes di Cuvier: fr. Toxotés –
Archer), Curte (Kurtus di Bloch e Gmelin: fr. Kurte),
Anabaso (Anabasis di Cuvier – Anthias testudineus di
Bloch: fr. Anabase), Cesione (Caesio di Commerson:
fr. Caesio), Castagnola (Brama di Schneider e Cuvier:
fr. Castagnole), Plectorinco (Plectorhyncus di Lacépéde:
fr. Plectorhynque), Glifisodone (Glyphisodon di Lacé-
péde: fr. Glyphisodon), Pomacentro (Pomacentrus di
Lacépéde: fr. Pomacentre), Anfiprione (Amphiprion di
Schneider: fr. Amphiprion), Premnade (Premnas di La-
treille: fr. Premnade), Pimeleptero (Pimelepterus di La-
cépéde: fr. Pimeleptère), Cifoso (Kiphosus di Lacépéde:
Kiphose), Acantopodo (Holocentrus acanthops di Lacé-
péde: fr. Acanthopode), Stromateo (Stromateus del Testo:
fr. Stromatée), Seserino (Seserinus di Latreille: fr. Sè-
serin), Polinemo (Polinaemus del Testo: fr. Polinéme),
Temnodonte (Temnodon di Latreille: fr. Temnodon),
e Cavaliere (Eques? di Cuvier – Chaetodon eques di
Linneo: fr. Chevalier), c) la famiglia de’ Teutidi (Teu-
thides: fr. Teuthides), alla quale ascrivonsi i generi
Acanturo (Acanthurus di Bloch – Theutis di Linneo
– Harpurus di Forskahl: fr. Acanthure), Nasone (Na-
seus di Commerson – Monoceros di Willbourough, e di
Schneider: fr. Nason), e Sidiano (Sidjanus di Lacépéde:
fr. Sidjan), d) la famiglia de’ Corifenidi (Coryphaeni-
des: fr. Coryphénides), in cui connumeransi i generi
[Seite 211] Corifena, o Dorada (Coryphaena del Testo: fr. Coriphéne
– Dorade), Centrolofo (Coryphaena centrolophus di
Lacépéde: fr. Centrolophe), Leptopodo (Coryphaena
leptopoda di Lacépéde: fr. Leptopode), ed Oligopodo
(Coryphaena oligopoda di Lacépéde: fr. Oligopode),
e) la famiglia degli Zeidi (Zeides: fr. Zeïdes), nella
quale annoveransi i generi, Atropo (Atropus di Cuvier,
ed altri: fr. Atropus), Trachicto (Trachictus di La-
treille: fr. Trachicte), Crisotoso (Chrysotoses di Cu-
vier – Zeusluna di Linneo: fr. Chrysotose), Meno
(Mene di Lacépéde, e pochi altri: fr. Méne), Poulain
(Zeus pullus? di Bloch: fr. Poulain), Capros (Capros di
Lacépéde – Zeus di Linneo – Aper: fr. Capros – San-
glier nel Mediterraneo), e Dorea, o Pesce d’oro, o Car-
pioncino dorato (Cyprinus auratus del Testo: fr. Dorée),
f) la famiglia de’ Xifirinci (Xiphyrhinchi: fr. Xiphy-
rhinques), in cui non contansi se non soltanto i due ge-
neri, Xifia spadone (Xiphias gladius del Testo: fr.
Espadon), e Veleggiatore (Istiophorus? di Lacépéde:
fr. Voilier), g) la famiglia degli Scomberoidi (Scom-
beroides: fr. Scombéroïdes), alla quale ascrivonsi i ge-
neri, Macrognato (Macrognathus di Lacépéde: fr. Ma-
crognathe), Mastacemblo (Rhynchobdella mastacembe-
lus di Gronovio – Mastacembelus, genere di Lacépéde:
fr. Mastacemble), Spinello o Gasterosteo (Gasterosteus
aculeatus del Testo: fr. Èpinoche), Gastreo, o Spina-
chia (Gasterosteus spinachia di Linneo: fr. Gastrè),
Centronoto (Gasterosteus centronotus di Lacépéde: fr.
Centronote), Liche o Lichia (Gasterosteus lichia di
Linneo: fr. Liche), Ciliare, o Blefaride (Gasterosteus
blepharis di Bloch: fr. Ciliaire), Scombero, o Sgombro
(Scomber scomber del Testo: fr. Maquereau), Tonno
(Scomber thynnus del Testo: fr. Thon), Germone, od
Orcino (Scomber orcynus di Linneo: fr. Germon),
[Seite 212] Carance, o Scombero carance (Scomber caranx di La-
cépéde: fr. Caranx), Citula (Zeus faber? – Scomber
citula di Linneo: fr. Citule), Seriola (Scomber seriola
di Lacépéde: fr. Sériole), e Pastore (Scomber pastor
di Bloch, e altri: fr. Pasteur), h) la famiglia de’ Vo-
meridi (Vomerides: fr. Vomérides), in cui compren-
donsi i generi Tetragonuro (Tetragonurus di Lacépéde:
fr. Tetragonure), Seleno (Selene di Lacépéde, e qualche
altro. fr. Sélène), Gal, o Gall (Zeus gallus di Linneo –
Vomer gallus di Cuvier: fr. Gal), Argireioso (Argy-
rejosus di Lacépéde: fr. Argyreïose), e Vomere (Vomer,
genere di Cuvier – Zeus vomer? del Testo: fr. Vomer),
i) la famiglia de’ Labroidi (Labroides: fr. Labroïdes),
nella quale annoveransi i generi, Scaro (Scarus di Lin-
neo: fr. Scare), Rasone (Raso di Lacépéde, e d’altri
ancora: fr. Rason), Gomfoso (Gomphosus di Lacépéde,
e d’alcuni altri: fr. Gomphose), Girella (Labrus julis
del Testo: fr. Girelle), Labrace (Labrax di Klein,
Pallas e Cuvier: fr. Labrax), Labro (Labrus del Te-
sto: fr. Labre), Cheilino (Labrus cheilinus di Bloch –
Cheilinus di Lacépéde: fr. Cheïline), Crenilabro (La-
brus crenilabrus di Cuvier – Crenilabrus, genere di La-
treille fr. Crénilabre), Subleto (Labrus subletus: fr.
Sublet), Filou, o Epibulo (Labrus epibulus di Linneo:
fr. Filou), Cromide (Chromis di Cuvier – Labrus chro-
mis: fr. Chromis), e Plesiope (Plesiops di Latreille:
fr. Plésiops), k) la famiglia degli Sparoidi (Sparoides:
fr. Sparoïdes), a cui ascrivonsi i generi pristipomidi, Stel-
lifero (Sparus stellifer: fr. Stellifére), Gremillo (Ace-
rina di Cuvier, di Gmelin e altri: fr. Grèmille), Gram-
miste (Grammistes orientalis di Cuvier e di Schneider,
con due altre specie soltanto: fr. Grammiste), Soldaggine
(Solidago di Cuvier: fr. Soldago), Poliprione (Poly-
prio di Lacépéde: fr. Polyprion), Priacanto (Priacan-
[Seite 213] thus di Lacépéde: fr. Priacanthe), Microptero (Micro-
pterus di Lacépéde, nella famiglia de’ Percoidi: fr. Mi-
croptère), Diagramma (Diagramma, genere di Cuvier,
tra gli Acantopomi di Duméril: fr. Diagramme), Sco-
lopside (Scolopsis di Lacépéde: fr. Scolopsis), Pristi-
pomo (Pristipomus di Lacépéde: fr. Pristipome), Ciclo
(Ciclus – Cichla di Schneider: fr. Cichle – Cicle),
Cantero (Cantharus di Cuvier: fr. Canthére), e Chei-
lodactilo (Cheilodactylus di Cuvier: fr. Cheïlodactyle),
e i generi bodianiti, Cirrite (Cirrites di Cuvier, e altri:
fr. Cirrhite), Plectopomo (Plectopomus di Cuvier, e
qualche altro: fr. Plectopome), Serrano (Serranus
di Cuvier – Holocentrus gigas di Schneider: fr. Ser-
ran), Bodian, Bodiano (Bodjanus di Bloch – Baenak
di Schneider: fr. Bodjan), Diacopo (Diacopus di Cuvier
– Holocentrus di Lacépéde: fr. Diacope – Bengali),
Lutiano (Lutjanus di Bloch e di Lacépéde: fr. Lutjan),
Dentice (Dentex di Cuvier – Sparus dentex: fr. Den-
tex), e i generi crisolepidi, Pagro (Sparus pagrus del
Testo: fr. Pagre), Sparo (Sparus aurata del Testo:
fr. Spare – Daurade di Cuvier), Sargo (Sparus sar-
gus del Testo: fr. Sargue – Sarguet), Bogue o Boops
(Boops di Linneo, e Bloch: fr. Bogue), e Picarello o
Smaride (Smaris di Cuvier: fr. Picarel), l) la famiglia
de’ Percoidei (Percoides: fr. Persèques – Percoïdes),
nella quale racchiudonsi i generi mulliti, Aterina (Athe-
rina di Linneo: fr. Athérine), Sfirena (Sphyraena di
Lacépéde: fr. Sphyréne), Paralepide (Paralepis di La-
cépéde: fr. Paralépis), Muggine (Mugil di Linneo, ed
altri: fr. Muge), Pomatomo (Pomatomus di Lacépéde,
fr. Pomatome), e Mullo (Mullus di Linneo e del no-
stro Testo: fr. Mule), i generi cefalaceni, Perca o Pesce-
persico (Perca del Testo: fr. Perche), Schiavo, o Te-
rapone (Terapon di Cuvier: fr. Térapon – Esclave),
[Seite 214] Centropomo (Centropomus di Lacépéde: fr. Centropome),
Enoploso (Enoplosis di Lacépéde: fr. Enoplose), Apo-
gone (Apogon di Lacépéde – Mullus imberbis di Lin-
neo; fr. Apogon), Sandra (Sandra di Lacépéde – Perca
sandra di Cuvier: fr. Sandre), Prochilo (Prochilus di
Lacépéde: fr. Prochile), Pogoniade (Pogonias di La-
cépéde: fr. Pogonias), Cinglo, o Zingel (Sciaena cin-
glus di Lacépéde: fr. Cingle), Ombrina (Umbrina di
Cuvier – Sciaena umbrina di Lacépéde: fr. Ombrine),
Loncuro o Lonchiuro (Sciaena lonchiurus di Lacépéde:
fr. Lonchure – Lonchiure), Sciena (Sciaena di Cuvier,
e anche del nostro Testo: fr. Sciéne), Otolite (Otolithes
di Lacépéde, fr. Otolithe), Ancilodonte (Ancylodon
di Latreille – Lonchurus ancylodon di Schneider: fr. An-
cylodon), Percide (Percis di Latreille: fr. Percis), e
Viva (Trachinus draco del Testo: fr. Vive), m) e fi-
nalmente la famiglia degli Armigeni, o a gote armate (Ar-
migenae: fr. Armigènes), in cui comprendonsi i generi
Tenianote (Taenianotis di Latreille: fr. Taenianote),
Pteroide (Pterois di Latreille: fr. Pteroïs), Sinancea
(Synancaea di Latreille: fr. Synancée), Rascasso (Ra-
scassus di Latreille: fr. Rascasse), Triglia (Trigla di
Linneo e anche del Testo: fr. Trigle – Grondin?),
Malarmato (Trigla malarmat? di Cuvier: fr. Malar-
mat), Pirabelo (Pirabaelus di Lacépéde e di Latreille:
fr. Pirabéle), Cefalacanto (Cephalacanthus di Lacépéde
– Trigla cephalacanthus di Cuvier: fr. Cephalacanthe),
Lepisacanto (Lepisacanthus, genere de’ Percoidei per Cu-
vier – Gasterosteus japanensis di Houttuyn – Sciaena
cataphracta di Thunberg – Monocentris carinata di
Schneider: fr. Lépisacanthe), Gobbio fluviatile, o Cotto
gobbio, o Ghiozzo (Cottus del Testo: fr. Chabot), Aspi-
doforo (Aspidophorus di Lacépéde – Cottus cataphra-
ctus di Linneo e del nostro Testo – Agonus di Schnei-
[Seite 215] der: fr. Aspidophore), Platicefalo (Platycephalus di
Lacépéde: fr. Platicèphale), Uranoscopo (Uranoscopus
del Testo: fr. Uranoscope), e Batracoideo (Batrachus
di Lacépéde e di Bloch – in parte Gadus, Blennius,
Cottus, e Gallus d’altri autori). – Poi vengono ancora,
formanti la Sezione degli Acistici (Akystica: fr. Aky-
stiques), o vogliansi dire Pesci a’ quali manca la vescica
natatoria, n) la famiglia de’ Lofidi (Lophides: fr. Lo-
phides), in cui comprendonsi i generi Malteo (Lophius
maltheus: fr. Malthée), Chironecte (Lophius chiro-
nectes: fr. Chironecte), e Diavolo di mare, o Lofio pe-
scatore, o anche Rana pescatrice (Lophius piscatorius
del Testo – Lophius di Linneo: fr. Baudroie), o) la
famiglia de’ Gobioidei (Gobioides: fr. Gobioïdes), nella
quale racchiudonsi i generi Gobbio, o Gobio (Gobius, e
Gobius niger del Testo ec.: fr. Gobie – Boulereau),
Gobioideo (Gobius anguillaris di Gmelin – Gobius me-
lanurus – Gobius smirnensis – e Gobius Broussone-
tii di Lacépéde – Gobius oblongatus di Schneider: fr.
Gobioïde), Tenioideo (Taenioides di Schneider – Ce-
pola caecula? – Taenioides Hermanni? di Lacépéde:
fr. Taenioïde), Perioftalmo (Periophtalmus di Schnei-
der e di Lacépéde – Gobius Schlosseri – Gobius Köhl-
reuteri di Gmelin – Gobius striatus – Periophtalmus
ruber, e Papilio di Schneider: fr. Periophtalme), Eleo-
tride (Eleotris di Schneider – Gobius Pisonis? di Gme-
lin: fr. Eléotris – Gobiomoroïde-pison – Gobiomore-
taiboa di Lacépéde – Amore-pixuma – Amore-guara
di Marcgraaf), Silago o Sillago – (Silago – Sillago
di Cuvier – Sciaena malabarica? di Schneider: fr.
Silago – Sillago – Pêche-Bicout – Pêche-madame?),
Callionimo (Callionymus del Testo: fr. Callionyme),
Triconoto (Trichonotus di Schneider e di Lacépéde:
fr. Trichonote), Comeforo (Comephorus di Lacépéde
[Seite 216] – Callionymus baikalensis di Pallas: fr. Coméphore),
Blennio, o Gatto-ruggine (Blennius di Lacépéde, e
anche di Cuvier, di Linneo e del Testo, in parte: fr.
Blennie), Folide (Pholis di Lacépéde – Blennius
pholis – Blennius viviparus di Bloch – Blennius Bo-
scianus – Blennius ovoviparus di Lacépéde – Blennius
cavernosus di Schneider – Gadus salarius di Forskahl:
fr. Pholis – Baveuse), Salaria (Salarias di Cuvier: fr.
Salarias – Boujaron de mer), Clino (Clinus? di Cuvier
– Blennius mustelaris – Blennius superciliosus di Linneo
– Blennius spadiceus – Blennius acuminatus di Schnei-
der – Blennius punctatus di Otho-Fabricius – Blennius
Audifredi di Risso: fr. Clinus – Blennie-bélette – Blen-
nie-sourcilier, etc.), Opistognato (Opistognathus Sonne-
ratii di Cuvier: fr. Opistognathe), Gonnella, o Gouello
(Gunellus di Lacépéde e di Latreille – Blennius gunellus
di Bloch – Blennius muraenoides di Gmelin – Blennius
lumpenus di Linneo: fr. Gonelle – Gunnel – Blennie
pointillé di Lacépéde, in particolare), ed Anarrica, o
Lupo di mare, o anche Gatto di mare (Anarrhichas del
Testo: fr. Anarrhique), e finalmente p) la famiglia dei
Tenioidei (Thaenioides: fr. Taenioïdes), nella quale
connumeransi i generi Nastro, o Cepola tenia (Cepola
taenia del Testo: fr. Ruban), Lofoto (Lophotus Lace-
pedianus di Cuvier, specie unica infino ad ora, e indigena
del nostro Mediterraneo: fr. Lophote), Regalec (Regalec?
di Latreille: fr. Regalec), Gimnetro (Gymnetrus di
Bloch – Gymnetrus Cepedianus di Risso, specie indigena
del nostro Mediterraneo, e che sembra finora unica an-
ch’ essa nel suo genere: fr. Gymnétre), Sciabola (Ensis? di
Latreille – Trichiurus ensiformis? di Vandelli: fr. Sabre),
Vogmaro (Vogmarus di Latreille: fr. Vogmare), Le-
pidopo, od anche Giarrettiera (Lepidopus di Gouan, di
Cuvier, e d’altri – Lepidopus Gouanianus di Lacépéde,
[Seite 217] Trichiurus caudatus d’Euphrasen – Vandellius lusi-
tanicus di Shaw – Ziphotheca tetradens di Montagu,
fr. Jarretiére – Lépidope), Trichiuro (Trichiurus del
Testo: fr. Trichiure), e Stileforo (Stylephorus? di La-
treille; fr. Styléphore); le quali quindici diverse fami-
glie, prese insieme, costituiscono l’Ordine sesto de’ Pesci,
giusta la distribuzione del nostro Latreille, vale a dire i
suoi Pesci acantopterigii (Acanthopterygia: fr. Acan-
thoptérygiens). – Vengono poi alla fine le poche quat-
tro famiglie di Pesci apodi (Apodes: fr. Apodes), o sia
mancanti sempre, così di pinne o natatoje ventrali, come
anche di raggi spinosi nella loro pinna dorsale, e queste
sono: a) la famiglia de’ Lanceolati (Lanceolata: fr. Lan-
céolés), nella quale comprendonsi i generi Ammodite
(Ammodytes tobianus del Testo: fr. Èquille – Appat
de vase), Donzella od Ofidio (Ophidium di Linneo,
del Testo, e di Cuvier: fr. Donzelle – Ophidie), Fieras-
fero (Fierasfer? di Latreille: fr. Fiérasfer), e Lepto-
cefalo (Leptocephalus del Testo: fr. Leptocéphale);
b) la famiglia de’ Gimnotidi (Gymnotides: fr. Gimnoti-
des), ove connumeransi i generi Apteronoto (Apteronotus
di Lacépéde, Gymnotus apteronotus di Cuvier: fr. Apté-
ronote), Carape (Carapus di Lacépéde – Gymnotus
carapus di Cuvier: fr. Carape), e Gimnoto (Gymnotus
del Testo); c) la famiglia degli Anguilloidei (Anguil-
loides: fr. Anguilloïdes), nella quale contansi i generi
Anguilla (Muraena anguilla del Testo: fr. Anguille),
Congro (Muraena conger di Linneo – Conger, specie
di Cuvier: fr. Congre), Ofisuro (Ophisurus di Cuvier,
e di Lacépéde: fr. Ophisure), Murena (Muraena di
Cuvier – Muraena helena del Testo: fr. Muréne), e
Gimnomurena (Gymnomuraena di Lacépéde, – specie
del genere Muraena di Linneo, del Testo, ecc.: fr. Gymno-
muréne), d) e finalmente la famiglia de’ Jugulibranchii
[Seite 218] (Jugulibranchii: fr. Jugulibranches), in cui contansi
i generi Sfagebranchio (Sphagebranchius di Lacépéde:
fr. Sphagébranche), Aptericto (Apterichtus di Latreille
e di Duméril: fr. Aptérictus), Alabe (Alabes di Cuvier:
fr. Alabés), e Sinbranchio (Synbranchius di Cuvier e
Latreille: fr. Synbranche). – Nota del Tradutt.
Potranno con vantaggio, ove si voglia, consultarsi a que-
sto proposito le due opere intitolate: M. Ch. Gottl. Leh-
mann, De sensibus externis animalium exsanguium, commen-
tatio praemio regio ornata, stampata a Gottinga nel 1798,
in 4.°; e Fr. Jos. Schelvers, Versuch einer Naturgeschichte
der Sinneswerkzeuge bey den Insecten und Würmern, del pari
stampata a Gottinga nel 1789, in 8.°
Veggasi a questo proposito lo scritto: M. Ch. Gottl.
Lehmann, de antennis insectorum. Diss. I e II, stampato a
Londra nel 1800, in 8.°
Potrà con profitto consultarsi a questo proposito, tanto
la Biblia Naturae dello Swammerdam. Leida. 1737, in foglio,
quant’ anche l’opera di Lyonet intitolata: Traité anatomique
de la chenille qui ronge le bois de saule, stampata all’ Aja,
nel 1762, in 4.°
Consultisi a questo proposito il già altre volte citato mio
Handbuch der vergleichenden Anatomie, segnatamente alla
pag. 276 e segg.
Questa Classe ha invece, a proporzione della quasi in-
numerabile moltitudine delle sue specie, ben pochi animali
acquatici, e pochissimi incontrarsene anche nell’ Oceano, che
è pure il soggiorno abituale e costante della massima parte
degli animali racchiusi, tanto nella precedente Classe de’ Pe-
sci, quant’ anche nella successiva de’ Vermi o Molluschi.
Alcuni esempii assai rimarchevoli di questo fatto hannosi
nel Volume I alla Tav. 5, e nel Volume II alla Tav. 99
dell’ opera di Abbot, intitolata: Lepidopterous Insects of Geor-
gia, che possono opportunissimamente consultarsi.
Veggasi anche a questo soggetto il già citato Scritto di
Lyonet, sur la Chenille du saule, a pag. 585 e segg.
E realmente, se la Farfalla preesistesse già bella e for-
mata nel bruco che ne precede lo sviluppamento, sarebbe
da aspettarsi costantemente, che da bruchi simili fra loro, aves-
sero a sbucciar del paro Farfalle simili tra di loro; ma suc-
cede invece, che parecchi bruchi Americani, rassomiglianti
nella maniera la più illudente che sia possibile ad altri bru-
chi Europei, emettono poi, a tempo debito, Farfalle affatto af-
fatto dissomiglianti da quelle che fra di noi sbucciano costan-
temente da questi ultimi; mentre poi al contrario sbucciano
talora Farfalle somigliantissime, e quasi per niun modo di-
stinguibili da certe nostre, da bruchi Americani al tutto di-
versi, almeno esternamente, da quelli che fra noi le producono.
Veggasi a questo proposito, sulla già da noi precedentemente
citata opera di Abbot, intitolata: Lepidopterous Insects of
Georgia, Vol. I. a pag. 5, quanto spone il Dott. J. Ed. Smith,
e veggasi del pari la Storia dello sviluppamento delle Far-
falle, di Herold, pubblicatasi a Marburg, nel 1815 in 4.°,
con 33 Rami, a pag. 115 e segg.
Può consultarsi a questo proposito l’Opera pubblicata da
Kirby, and Spence. Vol. I. a pag. 250, e segg.
Può a riguardo di ciò consultarsi utilmente l’opera in-
titolata: Ehr. conrad. Sprengels entdecktes Geheimniss der
Natur in Bau und in Befruchtung der Blumen, pubblica-
tasi in Berlino, nel 1793 in 4.°
Possono a questo proposito consultarsi molto opportuna-
mente le seguenti opere: Jo. Eusebe Voet, Catalogue systé-
matique des Coléoptéres, stampato all’ Aja cominciando dal
1766 in avanti, in 4.° – Gu. Ant. Olivier, Entomologie,
pubblicata a Parigi già fino dal 1789; in 4° – L’Opera mede-
sima, tradotta in lingua tedesca, con aggiunte ed annotazioni
di C. Illiger, stampata a Brunswick già fino dal 1800, in 4.°
– e Jo. Ch. Fabricii, Systema Eleutheratorum, pubblicato
a Colonia, nel 1801. Vol. II in 8.°
Veggasi sopra questo particolare l’opera intitolata: G.
Zorca, De origine et usu Obeliscorum, a pag. 446 e segg.
Un esempio degno, tra gli altri, d’essere di ciò rammen-
tato, può porgercelo l’opera intitolata: Mich. Stettlers,
Schweitzer-Chronick, ove a pag. 278 e segg. leggesi, che nel-
l’ anno 1479, i Bruchi, o le Larve, precisamente di questo In-
setto medesimo furono, a motivo degli immensi danni cagio-
nati alle campagne, citati, mediante un Monitorio in tutte le
forme, a comparire davanti al Tribunal spirituale di Losanna,
assegnando loro in difensore un Avvocato di Friburgo; per
modo che, sentite come conveniva le due parti, e discussa la
causa colle debite formalità, per effetto di una ben ponderata
deliberazione, vennero desse in fatto condannate solennemente
ad un perpetuo bando da quelle terre.
Sotto la generica denominazione di Dermesti, tanto
Linneo, quanto il nostro Blumenbach, stanti i qui ripor-
[Seite 267] tatine caratteri del genere, si trovarono come sforzati a
comprendere molti Insetti tra di loro assai differenti, non
meno per le rispettive loro abitudini, o pe’ loro costumi,
di quello che per la loro organizzazione, e che perciò dai
più recenti Entomologisti sono stati, e per quanto ci sem-
bra, a tutto buon diritto, ripartiti, o in generi affatto se-
parati, o almeno in diverse sezioni di genere; se non che
Geoffroy largì poi con maggiore abuso questo medesimo
nome generico di Dermeste ad Insetti che assolutamente
nol possono comportare, quali sono, a cagion d’esempio,
il Necroforo (Silpha vespillo del Testo), il Becchino o
Seppellitore, o Silfo maggiore (Silpha inhumator), al-
cuni Driopi, l’Eloforo acquatico, la Nitidula discoidea, la
Sferidia marginata, parecchie Litte, e via discorrendo. –
L’Ips de’ Francesi, che era esso pure ritenuto in addie-
tro come un Dermeste (Dermestes typographus – D.
[Seite 268] abietinus), a quel modo ch’ eranlo eziandio i novelli ge-
neri Dacne, Scolite, Bituro, Nitidula ed altri in parte, e
che prestò poi il nome anch’ esso ad un genere distinto e
indipendente, può fornirci un esempio palmare della con-
fusione che fecero in quest’ argomento gli Entomologisti,
solo che ci facciamo a sporre qui ora le principali Sino-
nimie, sotto le quali intesero essi a mano a mano di con-
traddistinguerne una specie di mole piccolissima, tutta
quanta di color bruno lionato, punzecchiata e pubescente,
o rivestita d’una fina lanuggine, ed armata come di due
piccoli denti d’ambe le parti, la quale ebbe dall’ Olivier
il nome di Ips cellario (Ips cellaris), e corrisponde al
Dermestes cellaris di Scopoli, al Dermeste du fumier del
precitato Geoffroy, al Cryptophagus cellaris di Paykull,
al Cryptophagus crenatus di Herbst, al Dermestes fan-
gorum di Panzer, e forse a qualche altro nome ancora.
– N. del Tr.
Inutilmente adoperatomi onde rilevare con qualche
positività, col soccorso de’ pochissimi caratteri dal Testo
fornitici, quale sia l’Insetto qui descritto, confesserò in-
genuamente di non averlo saputo raffrontare ad altro, fuor-
chè alla specie indicata da Paykull sotto il nome di Ho-
lolepta depressa, e da Fabricius sotto quello di Hister
depressus, se non che questa poi, non più lunga d’una
linea, tutta quanta d’un bel color nero lucentissimo,
[Seite 275] avente il torace marginato, a lembo rilevato e tempestato
da un tal quale minutissimo punteggiamento, cogli Elitri
portanti cinque strie longitudinali progressivamente sem-
pre più corte l’una dell’ altra, non ci vien data che come
indigena della Svezia da’ più recenti Entomologisti, co-
munque incontrisi talora anche ne’ dintorni di Parigi, e
perfino nell’ America settentrionale. – N. del Tr.
Potrà con qualche profitto vedersi nell’ opera periodica,
intitolata: Voigt’s neues Magazin al Tomo IX., a pag. 201
e segg., quanto in apposita Dissertazione critica spone il Pro-
fessore Gravenhorst nello scopo di determinare con tutta la
[Seite 282] precisione augurabile questo Insetto infino ad ora troppo male
conosciuto, e spesse volte confuso con parecchie altre specie
affatto diverse.
Può in questo proposito consultarsi opportunamente, nel-
l’ Hannoverische Magazin per l’anno 1801, la Memoria in-
seritavi col titolo: G.H. Ritter’s Göttingische Preisschrift.
Questa Larva, che i Francesi sogliono contraddistin-
guere da qualsivoglia altro Insetto col nome proprio di Ver
palmiste (Baco palmista, o Verme delle Palme), e di
[Seite 290] cui la figura può vedersi alla Tav. 48. degli Insectes de
Surinam par Mademoiselle Merian, suole nutrirsi indi-
stintamente del midollo ond’ è ripieno il tronco, non solo
della pianta del Sagou, ma anche di parecchie Palme,
colle fibre delle quali, a tempo conveniente, forma un
bozzolo per racchiudervisi in forma di Crisalide o di Nin-
fa. Tanto gl’ Indiani nativi del Surinam, e di quell’ altre
non lontane regioni, come i Creoli, e perfino gli Europei,
fattala arrostire sulla graticola, la riguardan tutti oggimai
come una assai delicata e anzi squisita pietanza; ed è
probabilissimo che appunto di questa medesima Larva, e
non già di quella del Cosso, o della Falena del Salcio
(Phalaena cossus), come parve voler sostenere Linneo,
fossero un tempo ghiottissimi i Romani, che nutricavanla
appositamente colla farina. – N. del Tr.
Finchè l’idea della possibilità d’una certa tal quale
generazione spontanea ebbe modo di mantenersi viva,
opinossi che questa maniera d’Insetti distruggitori si gene-
rasse propriamente di per sè ne’ cereali, in forza della so-
verchia umidità, onde per avventura fossero ancora in-
[...]uppati all’ epoca del loro immagazzinamento; ma caduta
che fu poi quell’ idea, si dovette immaginar piuttosto che
la causa vera ne consistesse nell’ ova, che la madre ne
avesse depositato nelle spiche ancora verdi in sul campo,
le quali, trasportate poi inerenti al grano ne’ mucchi che
se ne ne suol fare ne’ granaj, a tempo opportuno, col fa-
vore d’una tal quale fermentazione, venissero a svilupparsi
in Larve di Gorgoglioni, Tonchj e via discorrendo. Le
belle osservazioni fatte in tale proposito da Lewenhoek, e
consegnate nella sua Continuatio epistolarum, segnata-
mente alla pag. 56, sventarono ogni falsa opinione gra-
tuitamente preconcepitane, e posero in chiarissima luce
quanto può risguardare, così l’accoppiamento e la depo-
sizione dell’ ova di quest’ Insetti, come le varie meta-
morfosi alle quali sono dessi regolarmente soggetti. Ora,
[Seite 292] poichè tra le altre cose risulta da queste provato che in
un singolo grano isolato di frumento non suole intrudersi
mai se non una sola Larva di Gorgoglione, perciò è da
ritenersi che, in un intiero granajo, il danno dovrà riuscire
proporzionato al numero di tali Larve, che può realmente
divenire immenso sotto la coincidenza di certe speciali
circostanze, come appunto succede ne’ casi non infrequenti
di guasti quasi ruinosi ne’ nostri granaj da questa mede-
sima cagione derivanti. Ma i calcoli i più moderati por-
tano a circa sei mila e quarantacinque, (sebbene altri ab-
bianli fatti giugnere fino a ventitre mila e seicento), gli
individui che possono, nell’ intiero corso d’una annata,
emergere da una semplice coppia di così fatti Insetti, ed
è quindi ben ragionevole che gli Agricoltori e gli Econo-
misti siansi a gara, e non senza qualche buon successo,
adoperati onde trovar il come riparare possibilmente, al-
meno in parte, un tanto flagello. Moltissimi sono in fatto
i suggerimenti a tale effetto proposti, comunque pochi
siano poi quelli che l’esperienza abbia potuto qualificar
come decisamente efficaci e giovevoli. Prescinderemo quin-
di dal citor qui, come praticabili con vantaggio su i grani,
le affumicazioni collo zolfo ardente, i suffumigi da farsi
con certe piante aventi un odor speciale, o l’improvvisa
esposizione del grano ad una temperatura più o meno ele-
vata; mentre, quand’ anche così fatti spedienti possano per
un verso giovare all’ intento, d’altra parte recan seco tali
e tanti inconvenienti, che al tutto ne obbliterano o ne di-
struggono onninamente il poco beneficio; e quanto al sug-
gerimento, datoci qui nel Testo dall’ Autore come il mi-
[Seite 293] gliore che si conosca, ci accontenteremo di notare ch’ esso
può effettivamente esser tale, ma che non può praticarsi a
dovere se non prima d’immagazzinare il grano, e che
poco o nulla è poi da sperarsene quando il flagello viene
a manifestarsi d’improvviso nel grano già immagazzinato.
Abbiamo pertanto creduto che possa essere qui il caso di
soggiugnere, non senza soddisfazione e plauso fors’ anche
de’ nostri leggitori, stante l’importanza somma del sogget-
to in queste stesse nostre terre, qualche ulteriore indica-
zione d’analoghi processi, che siansi di recente qua o là
riconosciuti decisamente vantaggiosi e praticabili in qua-
lunque momento. Quando, per esempio, accada d’accor-
gerci che un magazzino di grano comincii ad essere infe-
stato da’ Gorgoglioni, si avrà motivo di riconoscere come
cosa assai ben fatta il destinare una piccola massa di quel
grano medesimo a rimanersene ammontonata ivi da presso
in un cumulo parziale da non toccarsi più, intanto che col
mezzo d’una pala anderassi smovendone frequentemente, e
di continuo, per lunghi tratti di tempo, durante il corso di
parecchi giorni consecutivi, la massa principale, dalla
quale i Gorgoglioni, per tal modo inquietati, si scoste-
ranno mano mano per passarsene nel monticello sepa-
rato, che trovano ivi vicino lasciato in perfetta quiete;
e a tale loro passaggio gioverà anche di contribuire a
bello studio, riconducendo con una scopa a questo mon-
ticello appartato gl’ Insetti, che per ventura si scor-
gessero in terra non rivolgervisi direttamente. Ottenuto
che abbiasi così l’intento che una grande quantità di
Gorgoglioni siasi ridotta nel monticello, coll’ aequa bollente
[Seite 294] sopravversatavi a diverse riprese, si ammazzan tutti, e si
ripete poscia l’operazione medesima finchè ne sia cessato
il bisogno. Questo processo però, siccome scorgesi dal con-
testo di sua stessa esposizione, se vale a distruggere la
massima parte de’ Gorgoglioni che nel grano esistono in
forma d’Insetti perfettamente sviluppati, non può dirsi
che giovi del pari a liberare il frumento dalle Larve di
tali Insetti, che se ne stanno accovacciate per entro a’ sin-
goli grani, e quindi sarebbe da usarsi, con più profitto
che in qualsivoglia altro momento, prima che le femine
abbiano posto giù le loro ova, vale a dire propriamente
ne’ primi caldi di primavera, e riescirà meglio ancora in
quell’ epoca se, in sostituzione al monticello appartato di
frumento, si avrà il comodo di disporne espressamente
uno di grani d’orzo, da che si sa per esperienza che i
Gorgoglioni prediligono sempre, ad ogni altro, quest’ ul-
timo cereale. – Un altro spediente, a tale scopo anch’ esso
utilissimo, avrassi ancora potendo mantener nel granajo,
col mezzo d’un ben concertato ventilatore, una tempera-
tura talmente bassa che i Gorgoglioni, esistentivi nello
stato d’animali perfettamente sviluppati, abbiano ad es-
servi tenuti agghiadati o in certo modo assiderati, e non
possano quindi attendere, nè a nutrirsi, nè molto meno
poi ad accoppiarsi sesso con sesso; e in realtà se fosse con-
ciliabile di mantenere costantemente ne’ nostri granaj, du-
rante la state, una temperatura che non oltrepassasse il
5.° grado positivo della Scala Termometrica di Reaumur,
potremmo viver sicuri d’impedire così con tutta la desi-
derabile efficacia la moltiplicazione d’Insetti cotanto no-
[Seite 295] civi, mentre risulta dalle precitate osservazioni di Lewen-
nhoek, ch’ essi non s’accoppiano con buon successo se
non se in una temperatura corrispondente al grado 8.° o
al 9.° di quella Scala medesima. – Aggiugneremo alla
perfine, per non ometter cosa di qualche importanza,
che siaci giunta a cognizione in tale proposito, essere po-
chi anni sono risultato da tentativi appositamente esperiti
dall’ ingegnoso Clément francese che, asciugando a do-
vere, coll’ ajuto della calcina viva, l’aria che costituisce
l’ambiente abituale d’un granajo, quest’ aria così condi-
zionata ha virtù di far perire a un tratto e l’ova, e le
Larve de’ Gorgoglioni del grano, e perfino gl’ Insetti già
ridotti al loro stato di perfetto sviluppamento. Su di ciò
potrà, volendo, consultarsi molto opportunamente il To-
mo LXXXIX del Journal de Physique, ove a pag. 358
e segg. è reso conto a bastanza circostanziato degli spe-
rimenti analogamente instituiti. – N. del Tr.
Somma è la confusione che dominò per l’addietro
in questo genere, di che lo stesso Linneo ci volle preve-
nire, dicendo: Genus Attelabi etiamnum inter obscura
est, nec aptius reperi, e troppo incerta riesce quindi la
determinazione precisa delle specie, perchè imprendiamo
qui di voler accorrere al riparo. Ben si può scorgere quanto
misera sia nel nostro Testo la descrizione della specie pri-
ma, e quanto sia soggetta ad abbagli! – N. del Tr.
Abbiamo in lingua Italiana i due vocaboli Lucciola
e Lucciolato, che taluno potrebbe per avventura sinda-
carci di non avere qui sostituito decisamente all’ assunto
nome generico di Lampiride, siccome quello che in fatto
senta troppo del Greco. Scorgerà però di leggieri, non
aver noi così operato senza plausibile motivo, chiunque
vorrà riflettere con qualche maturità alle seguenti circo-
stanze: I. Lucciola essere per noi un Insetto piccolino e
volante come le Mosche, che ha il ventre lucido, sicchè
pare di fuoco, quando l’individuo apre le ali al volo;
II. Lucciolato invece essere per noi un Bacherozzolo che
luce come la Lucciola, ma non vola, e se ne sta appiat-
tato per le siepi, e III. finalmente avere poi noi un In-
setto nostro proprio, che usiamo chiamare appunto, anche
volgarmente, Lucciola, e che gli Entomologisti stranieri,
considerandolo come una specie a parte, scientificamente,
denominano Lampiride d’Italia (Lampyris Italica: fr.
le Lampyre d’Italie: ted. der welsche Leuchtkäfer? –
Italiänische Johanniskäfer?), la femina del quale è
alata o munita d’ali, a differenza dell’ altre specie di
Lampiridi che, generalmente parlando, sogliono avere
aptere o prive affatto d’ali le femine loro. Che se poi
a quanto qui ora sponemmo vogliasi aggiugnere, che ap-
[Seite 308] punto di questa nostra specie di Lampiride non è fatta
menzione alcuna nel Testo che abbiam fra le mani, avre-
mo luogo di sperare che ci si terrà anzi buon grado di
aver riserbato, come il più idoneo per contraddistinguerla
da ogni altra specie, il nome di Lucciola che già posse-
devamo, e d’avere poi, pel genere, assunto il nome no-
vello di Lampiride, nell’ impotenza in cui eravamo di
surrogarvi l’altro di Lucciolato, indicante un Bacheroz-
zolo che luce bensì, ma non vola. – N. del Tr.
Il Signor Esper riuscì a serbare in vita per tre anni
continui un Insetto appunto di questa specie medesima
[Seite 320] per entro ad una bottiglia di cristallo, somministrandogli
settimanalmente un pezzetto, grosso quanto un’ avellana, di
carne cruda di bue, su cui solea desso slanciarsi tosto
avidissimamente per suggerne tutto quanto il sangue con-
tenutovi. Potè in quell’ occasione constatare il prelodato
Scrittore, che quest’ Insetto può durarla in vita anche ol-
tre a quattro intiere settimane, senza pigliar assolutamente
mai alcun cibo, come potè convincersi eziandio ch’ esso
ammazza, sebbene siano assai più grossi, robusti e pos-
senti che non è esso, gl’ Insetti della specie precedente,
ferendoli fra la testa e il corsaletto, vale a dire precisa-
mente in quella unica località, ov’ essi non hanno arma-
tura che valga a difenderli; e anzi soggiugne d’aver rico-
nosciuto in questo nostro Ditico marginale una particolare
suscettibilità, in forza della quale, dalla diversa altezza a
cui soffermasi nel recipiente o vaso di cristallo, ove è
tenuto in serbo, si potrebbono di leggieri rilevare, almeno
in parte, le varie imminenti mutazioni metereologiche del-
l’ atmosfera. – N. del Tr.
Linneo, trattando di questo genere d’Insetti, sog-
giugne in forma d’annotazione: Carabi Larvae saepe
intra ligna putrida, muscos, terram etc. degunt; Vo-
latilia vero insectorum imprimis larvarum Leones sunt,
cursu festinantes. – N. del Tr.
Può in questo riguardo consultarsi, oltre ad altre fonti,
ciò che ne spose Hardwicke a pag. 213 e segg. nel V Vol.
delle Asiatic Researches.
Potranno circa a questo genere consultarsi utilmente i
due Scritti di J. L.C. Gravenhorst, Coleoptera microptera ec.
Brunswich. 1802, – e Monographia Coleopt. micropt. ec. Got-
tingae 1806, – amendue in 8.°
I riguardi, che dobbiamo usare alla nostra propria lin-
gua, penso che renderanno plausibile il mio adoperarmi qui
una volta per tutte, nel citar i diversi nomi ch’ essa già
ci forniva per alcuni Insetti, marcandone rispettivamente
le precipue abitudini, onde si vegga che, nella loro ap-
plicazione, mi sono, per quanto almeno il poteva, astenuto
diligentemente dall’ abusare d’arbitrio, o dal ceder sem-
pre al mero capriccio. Ciò premesso, dirò che la nostra
Crusca ci porgeva già in pronto: Bacherozzolo (Insectum
– Entomon), per indicare propriamente un Insetto che rode
i canditi; Calabrone (Crabro – Sphex), per indicare un
Insetto che ronza, e nuoce molto alle Api; Gorgoglione
o anche talora Tonchio (Curculio – Cis), per indicar
quel Baco ch’ è ne’ legumi, e li divora; Moscone (Musca
vomitoria), per indicare appunto quella specie particolare
di Mosca che frequenta le Maccellerie, le carni ec.; Mo-
scione (Cenopes – Culex vinarius), per indicar special-
mente quel piccolo Insetto volatile che nasce dal mosto;
Punteruolo (Curculio – Cis), per indicare una maniera
d’Insetto che, quando è ridotto in figura di Bruco, rode
il grano; Tabano o anche Tafano (Tabanus – Istros),
per indicare un Insetto più lungo della Mosca; Tarlo (Te-
redo), per indicare un Insetto che rode i legni; Tarma,
o anche Tarlo, per indicare un Vermicino che rode di
preferenza le carte; Tignuola (Tinea – Blatta), per in-
dicare quell’ Insetto che rode i pannilani, e talora anche
i grani; Tonchio, o anche, come s’ è detto, Gorgoglione
Curculio – Trox – Cis), per indicare propriamente quel-
[Seite 337] l’ Insetto che rode il grano, e alcuna volta i legumi, o
le civaje. Egli è appunto dietro a così fatti principii che
m’ingegnai, nella versione del Testo, d’applicare, or co-
me nome specifico principale, ed ora come sinonimo più
o meno usitato, per l’una o per l’altra singola specie o
varietà, cadauno de’ qui accennati nomi, ove mi parve
convenir meglio. – N. del T.
Un esempio decisamente terribile, e che mette racca-
priccio, de’ danni senza fine cagionati un tratto, in circo-
stanze analoghe alle qui esposte, da questa specie di Blatte,
o altra affine, ce lo esibisce il Viaggio di Maurelle al mare
del Sud, che può leggersi nel Voyage de La Peróuse autour
du Monde, precisamente a pag. 279 e segg. del Vol. 1.
Oltre a’ rimedii qui dall’ Autore del Testo sugge-
riti, e circa alla costante efficacia de’ quali nel riparare
a così fatto disastro, v’ ha pur tuttavia chi trova di do-
ver dubitare, penso che possa non esser forse conside-
rato come al tutto inopportuno, e fuor di luogo, il mio
rammentare qui ora che il nostro Scopoli, dietro le ap-
posite sperienze instituitene, aveva proposto, come gio-
vevoli appunto nel caso, tanto il latte in cui fosse stata
fatta bollire la radice di Ninfea (Nymphaea alba), quan-
t’ anche l’approfittarsi convenientemente del fumo che
emana dal Litantrace o dal vero Carbon fossile, e dal
Xilantrace o dalla così detta Lignite, attualmente bru-
cianti, dirigendolo a bello studio nè’ luoghi da tal pe-
ste infestati. – N. del T.
Potrà vedersi, non senza interesse, su questo speciale ar-
gomento l’opera intitolata: Natuurlike Afbeeldingen en Be-
schryvingen der Spooken, wandelende Bladen ec., door
Casp. Stoll, stampata in Amsterdam, nell’ anno 1787 in 4.
Potrà sull’ argomento consultarsi opportunamente l’ope-
retta intitolata: Supplementum Entomologiae Systematicae.
Hafniae 1798 in 8 a pag. 186.
La troppo compendiosa descrizione, qui nel Testo da-
taci, d’un Insetto esotico, non consentendomi di prati-
carne alcun ragionevole ravvicinamento, ho dovuto accon-
tentarmi d’includere per esso appunto nel Testo, non
senza l’occorrente circospezione, quella sinonimia che
m’è paruto potervi per avventura corrispondere, e credo
poi ben fatto il soggiugnere qui ora, per norma di chi
legge, come il maschio di quella stranissima specie di
Grillo, cui vollesi applicare il nome scientifico di Gryl-
lus umbriculatus, e che rinviensi, tanto nella Spagna,
quant’ anche in quella parte settentrionale dell’ Affrica,
che chiamiamo comunemente Barberia, porti sul capo
una propaggine di sostanza membranosa che gli ricade
tutt’ all’ intorno quasi a foggia d’un velo, e come nel
Gryllus monstrosus, che rinviensi unicamente all’ Indie
Orientali, le alettine alla loro estremità osservinsi rav-
volte spiralmente in sè stesse a più e più giri di spira.
Oltre all’ altre fonti, note oggimai alla massima parte dei
[Seite 355] nostri leggitori, dalle quali può ciascuno attingere materiali
d’erudizione istorica circa questi terribili Insetti migratorii,
non sarà al certo fuor di proposito il consultare ulterior-
mente, tanto l’analogo seritto di Joel, tradotto in lingua te-
desca, accresciuto ed illustrato da C.W. Justi, e pubblicato
in Lipsia nell’ anno 1792, in 8., quanto ancora l’opera in-
glese intitolata = Jac. Bryant’s, Observations upon the pla-
gues inflicted upon the Egyptians. London 1794 in 8., segna-
tamente a pag. 137.)
Tanto sul proposito delle diverse specie comprese in questo
[Seite 357] genere, quanto eziandio sul particolare di quelle che concor-
rono a formare gli altri quattro generi che tengongli qui die-
tro immediatamente, stimo bene di consigliare chi legge, a
voler scorrere, per propria maggiore istruzione, anche l’opera
intitolata: Natuurlike Afbeeldingen en Beschryvingen der Ci-
caden en Wantzen, door Casp. Stoll., stampata in Amster-
dam nel 1780, in sq. 4.; e soprattutto poi l’altra intitolata:
J.C. Fabricii, Systema Rhyngotorum, pubblicatasi a Brun-
swick nel 1803 in 8.
Oltre alle due specie di Fulgore qui nel Testo de-
[Seite 360] scritte, una potrebbesene citare, non fosforeggiante, in-
digena della Costa di Guinea nell’ Affrica, che suole de-
nominarsi Fulgora tenebrosa (Fulgora tenebrosa; fr. la
Fulgore ténébreuse – la Cigale porte-lanterne brune de
Guinée), ed un’ altra è bene che sappiasi esisterne, del pari
non fosforeggiante, anche tra di noi nell’ Italia, ma so-
prattutto poi nella Sicilia, e nel rimanente dell’ Italia
bassa, come rinviensi eziandio nelle regioni meridionali
della Francia, e nella Spagna, detta Fulgora europea
(Fulgora europaea: fr. la Fulgore d’Europe – la Cigale
à tête en pointe conique di Stoll). N. del T.
Possono su questo medesimo particolare consultarsi con
vantaggio, tanto lo scritto analogo di Forgeroux, che sta
nelle Mémoires de l’Académie des sciences de Paris per
l’anno 1763, quanto eziandio l’altro di Teod. Holmskiold,
intitolato: Beata ruris otia fungis Danicis impensa, stam-
pato a Copenhagen, nel 1790, in fol.
Vuò però farmi lecito di soggiugnere a questo riguardo, che
la vera Cicala Greca, quella cioè ch’ era sacra alle Muse,
decantatissima da’ greci Vati, fattami espressamente spedire
da Chio, per opera della gentilezza del sig. Dottore Gla-
rakes, uno de’ miei diletti discepoli, non è assolutamente
[Seite 363] confondibile, nè coll’ una, nè coll’ altra delle preaccennate
due specie, dalle quali pe’ suoi caratteri specifici differisce
assaissimo, nè può assomigliarsi ad altra Cicala, ch’ io sap-
pia, fuorchè soltanto a quella che ci ha rappresentato il si-
gnor Petiver nel suo Gazophylacium ec., nella Fig. 7 della
Tav. 15.
Chi sa che questi fiocchi, o queste discrete fila come di
lana, altro in fine non siano nelle femine dell’ animale per-
fetto, se non semplici residui di quelle medesime Clavarie,
che, parlando del genere Cicala, accennammo nascere e cre-
scere spontanee, così sulle Larve, come sulle Ninfe di questa
maniera d’Insetti? – Ma perchè mai, ove ciò fosse, ande-
rebberne poi sempre privi affatto i maschj?
Potrà chi il voglia, consultare, non sema interesse so-
pra questo particolare, l’opera sulle Cimici (Wanzen) di
Stoll. II. D. Tab. VII, Fig. 6. A. – Aveva peraltro già fatto
la stessa osservazione anche lo Swammerdam sulla Nepa gri-
gia, ossia sullo Scorpione acquajuolo grigio, indigeno del
Nord della Germania, come può vedersi nella sua Biblia
Naturae, al Tomo I, pag. 230. Tab. 3, Fig. 4 e 5.
Potrà sul proposito di così fatti Insetti vedersi con van-
taggio l’opera di G. Fed. Wolff, intitolata: Icones Cimi-
cum descriptionibus illustratae. Fascic. I, II, III, IV e V,
stampata in Erlang. sq. 4, nel 1800.
I rimedii, che possono guarentirsi come i migliori, e come i
più operativi, contro questa maniera di domestico flagello, con-
sistono principalmente:
A. nell’ usare calda, e anzi bollente, la così detta liscìa dei
saponai, od anche acqua forte de’ saponaj, (fr. l’eau forte
des savonniers – la lessive des savonniers: ted. die Seifensie-
derlauge), lavandone i letti, i mobili segnatamente di legno,
le travature, e anche le muraglie che ne sono infestate;
B. adoperando a quel medesimo modo, e sempre a caldo,
soprattutto pei legnami, una forte decozione di rami freschi,
ad un tempo, e della corteccia di Larice (Pinus laryx: fr. Mé-
léze: ted. Lärchenbaum),
C. e meglio poi d’ogni altra cosa praticando, a porte e fi-
nestre ben chiuse, frequenti, nel locale da così fatti Insetti
infestato, le fumigazioni, o i suffumigi, d’acido muriatico
ossigenato (Cloro), sia ridotto semplicemente allo stato di
gas, o sia anche riducendone al momento in vapori la solu-
zione acquosa.
Come palliativi effettivamente non inutili, e de’ quali si
può far uso all’ occorrenza, e con vantaggio viaggiando, ac-
cenneremo qui il sugo di limone, o il buon aceto di vino, da
spargersi a goccie qua e là su per le lenzuola, e sulle co-
[Seite 373] perte del letto, e non ometteremo di dire eziandio, che gio-
va molto in queste medesime circostanze del momento, d’an-
dar in viaggio muniti sempre, durante la state, d’un pezzo
di canfora involto in una carta, da tenersi poi di notte tem-
po sotto il guanciale).
Veggasi quanto sponesse circa questo particolare il si-
gnor Consigliere Hausmann, nell’ analogo scritto di lui inserito
nell’ Illiger’s Magazin, parte I, e precisamente a pag. 229
e segg.
Anche in questo particolare può vedersi ciò che ha scritto
il qui sopra lodato sig. Consigliere Hausmann, nella di lui
Memoria in proposito che sta inserita nell’ Illiger’s Maga-
zin, Parte I, e precisamente a pag. 426.
Sarà bene d’essere avvertiti del doppio uso fattosi
da diversi Sistematici del nome di Chermes per indicare,
ora il genere al quale vien esso qui applicato nel Testo,
ed ora Insetti che ne diversificano assai, e che ragion
vorrebbe che avessero ad appartenere effettivamente al
genere qui sotto immediatamente susseguente. Il grande
Linneo indicava in fatto sotto un tal nome, come appunto
succede anche nel nostro Testo, quegli Insetti Emipteri
che Geoffroy, Reaumur, Olivier e Latreille hanno poscia
denominato Psilles, o per noi Psille, mentre Degéer
denominolli più volontieri Faux-Pucerons, o per noi falsi
Afidi. Lo stesso Geoffroy volle invece chiamar col nome
generico di Chermes o Kermes, o con quello di Gallin-
sectes, che corrisponde per noi appunto a Gallinsetti, i
Cocci, le Coccole, o le Grane, come il sono la Cocci-
niglia, la così detta Grana dello Scarlatto, o la Grana
di Chermes, ritenendo però talora pe’ primi anche il nome
generico di Progallinsectes, o per noi di Progallinsetti,
quasi in opposizione a quello che avea praticato Reaumur,
che chiamò Gallinsectes i veri Chermes, per denominar
poi Progallinsectes, o anche Faux-Gallinsectes i veri
Cocchi, fra’ quali connumerasi la Cocciniglia. Del resto
[Seite 383] queste due maniere d’Insetti hanno tra di loro una tale
affinità od analogia, così a riguardo della rispettiva con-
formazione corporale, com’ anche in complesso pel tenore
delle loro abitudini, da esigerne quasi il ricollocamento
in un genere solo; ciò che ha fatto il prelodato Latreille
riunendoli tutti quanti nel suo genere Cochenille; da che
la massima differenza ne consiste unicamente in questo,
che le femine del genere Chermes propriamente detto
hanno la pelle del corpo loro distesa, per modo che non
offre mai vestigio alcuno di membretti, o d’articoli anu-
lari, mentre le femine de’ veri Cocchi, come per esempio
della Cocciniglia, portano sempre lungo il corpo traccie
d’articoli che rammentano la precedente esistenza d’anelli.
– Notisi poi ulteriormente che tra i veri Chermes, dei
quali consideransi al presente da circa venti specie ben
distinte, contano i moderni anche il Chermes del Lecce,
o il Cocco dell’ Elcio (Chermes Ilicis di Geoffroy – Coc-
cus Ilicis già prima di Linneo: fr. le Kermés du petit
Chéne: ted. das eigene Kermes: ing. the proper Ker-
mes?), che qui nel nostro Testo viene riportato fra i Cocchi,
appunto sotto il nome di Coccus Ilicis, alla maniera di
Linneo, ed anche il Chermes del Pesco (Chermes Persicae
di Fabricius – Chermes Persicae oblungae di Geoffroy:
fr. le Kermés oblong du Pêcher: ted. der längliche
Pfirsich-baum-blattsauger: ing. the oblong Peach-trees
Leaves-sucker? – oblong Peach-Kermes?), di cui nel
Testo non è tampoco fatta menzione in alcun luogo).
Trattandosi qui d’un Insetto di vistosa importanza,
[Seite 390] così a riguardo del guadagno che la coltivazione può por-
gerne a tempo e luogo, com’ anche a riguardo degli usi
a’ quali alcuna sua produzione prestasi nelle arti, penso
per avventura, che non disconvenga il farlo ora cono-
scere un po’ meglio, sia dal canto delle forme che gli son
proprie, e de’ caratteri specifici che valgano a farcelo to-
sto da ogni altro Insetto manifestamente contraddistinguere,
sia dal canto delle abitudini sue, e delle produzioni utili
che somministra. – Dirò pertanto primamente, che il ma-
schio, la vita del quale non protraesi al di là d’un mese,
n’ è sempre piccino piccino, munito d’antenne più corte di
quello che non ne importi la lunghezza totale del suo corpo,
che, essendo di forma alquanto bislunghetta, e di color
rosso carico, termina per di dietro in una maniera di coda
composta di due sole filamenta sericee, lunghette e diver-
genti, con grandi poi l’ali bianche affatto, incrociantisi a
vicenda, e quasi direbbesi colcate distese in sull’ abdo-
mine, e colle zampettine piuttosto lunghe anch’ esse.
Quanto alla femina, suol dessa vivere per ben due mesi,
e venir grande circa il doppio del maschio; a tale che,
compiutamente cresciuta, rappresenta quasi, per massa,
un pisello piccolino, di color bruno cupo, per di sopra
tempestato come d’un pulviscolo bianchiccio, e piatto poi
od appianato per di sotto, mentre per di sopra riesce con-
vesso, marginato, e mostrante tracce manifeste d’anelli,
o d’autiche membrature anulari; così le antenne, come
le zampettine, ne riescono in confronto assai più corte
che non nel maschio. – E quanto alle produzioni tintorie
che quest’ Insetto fornisce, soggiugnerò, qui ora, che
[Seite 391] consistono desse nella materia prima del color rosso scar-
latto, e nel così detto Carminio, o Carmino; preziosis-
sima materia colorante in rosso porpora, che ottiensi for-
mando, colla bollitura della Cocciniglia nell’ acqua di
fiume, cui abbiasi aggiunto un po’ di Soda, una ma-
niera di decozione, nella quale, prima di trarla dal fuo-
co, versasi in appropriata misura alquanta dissoluzione
acquosa d’Allume di rocca, e che è poi tosto da filtrar-
si, per lasciare in quiete il liquore filtrato, sicchè abbia
campo di precipitarsene il Carminio, che a suo tempo
raccogliesi per decantazione, facendolo poscia colle con-
venienti diligenze seccare. – Due sorta di Cocciniglia Mes-
sicana, servibili alla tintura in rosso scarlatto, sogliono
distinguersi generalmente in commercio, vale a dire la
Cocciniglia sopraffina, che chiamasi anche talora Cocci-
niglia mestéque, dal paese di Météques nella Provincia
di Honduras, d’onde proviene, e la Cocciniglia salva-
tica, detta eziandio Cocciniglia silvestre, che non si
sa bene se sia essenzialmente diversa dalla prima, o se
altro non siane che una semplice degenerazione.
Si trovò, non sono ancora molti anni, presso a Madras,
nell’ Indie orientali una nuova maniera di Lacca bianchiccia
e somigliantissima alla Cera, della quale i saggi ch’ io posseggo,
conformati a cellette isolate, simili per la forma e per la gros-
sezza a’ grani di Caffè, sono tali da farci, non senza buon
fondamento, supporre che questa scoperta possa riuscire effet-
tivamente di grande conseguenza per que’ paesi, ne’ quali,
come si sa, la Cera delle Pecchie non si può avere che a
prezzi troppo elevati.
In riguardo alla Storia naturale degl’ Insetti che racchiu-
donsi in quest’ Ordine terzo, potrà, chi il voglia, consultare
con sommo profitto, oltre all’ opere già precedentemente ci-
tate, che ne trattano di proposito in qualche loro parte, so-
prattutto le seguenti, che a’ medesimi troverannosi essere
quasi del tutto relative:
Eug. Joh. Chph. Esper’s Schmetterlinge. Erlangen. 1778 in 4.
Jac. Hübner’s Schmetterlinge in Abbildungen. Augsburg. in 4.
Systematische Beschreibung der Europäischen Schmetter-
linge. P. I. Rostock. 1785 in 8.
M.B. Borkhausen’s Naturgeschichte der Europäischen
Schmetterlinge. Frankfurt. 1788 e segg. in 8.
Ferd. Ochsenheimer’s Schmetterlinge von Europa. Dresden,
già dal 1817, in 8.
(Denis und Schiffermüller), Systematischer Verzeichniss
der Schmetterlinge der Wiener Gegend Wien. 1776. in
[Seite 396] 4. grande, 2.da ediz. accresciuta (da Illiger ed Haefeli),
e pubblicata in lingua tedesca a Brunswich nell’ anno
1800. sq. Vol. II. in 8.
Chr. Sepp. Nederlandsche Insecten. Amsterdam, già fino
dal 1762, in 4.
C. Clerck, Icones Insectorum rariorum. Holm. 1759. sq.
Vol. II, in 4.
P. Cramer, Uitlandsche Kapellen. Amsterdam, già fino dal
1775, in 4.
The natural History of the rarer lepidopterous Insects of
Georgia, collected from Arbot’s observations by Iam.
E. Smith. London 1797. II Vol. in folio.
Ioh. Mader’s Raupenkalender, pubblicato da C.F.C. Klee-
mann. 2.da edizione, stampata a Norimberga nel 1785,
in 8.
Potrà a questo proposito, chi il voglia, consultare il Traité
anatomique di Lyonnet, e precisamente la Tav. 2, Fig. 8, 9,
10, colla corrispondentevi pag. 54, poi la Tav. 5, Fig. 1,
Tom. V, X, L, colla corrispondentevi pag. 111, e finalmente
la Tav. 14, Fig. 10 e 11, colla corrispondentevi pag. 496.
Dal sig. C.M. Sommer, Negoziante di Altona, ed Ento-
mologista zelantissimo, potei procurarmi alcuni superbi esem-
plari di questa assai vistosa Falena, ch’ egli era riuscito a far
nascere dall’ uovo in casa propria, come egli suol fare anche
per moltissimi altri Insetti esotici.
Trovo qui opportuno il rammentare, che in questi ultimi
tempi il signor Wenz. Heeger di Berchtolsdorf, presso Vien-
na, si è, anche con qualche successo, occupato di trarre par-
tito in varii modi, e in forma di fabbrica in grande, da’ boz-
zoli della specie più piccola di Falene, che appunto in quel
paese corrono sotto lo stesso nome tedesco di Nachtpfauenaugen
(Pavoni della notte), per la quale però sarebbero ben più
adattati i due nomi scientifici di Falena pavonia minore, o di
Bombice del carpino (Phalaena pavonia minor – Bombyx
carpini), di quel che nol sia il precitato nome tedesco, che la
confonde colla specie affatto diversa qui ora nel testo descritta.
Può, circa questo particolare, vedersi quel che ne dice
Sepp, nel Fasc. IV, Trattato V de’ suoi Nederlandsche In-
secten, segnatamente a pag. 25, cui si riferisce la Tab. 5.
È però bene di sapere, che quella seta, onde fannosi
al Giappone opere e stoffe, delicate ad un tempo, soffici, e
leggiere in sommo grado, ma pure durevolissime, proviene colà
da una specie particolare di Baco da seta, che è la Phalaena
serici, o la Noctua serici. Al quale proposito potrà utilmente
consultarsi la Memoria di Thunberg, che trovasi inserita
nelle Schwedisch. Abhandlung. pel 1781, Vol. II, colla uni-
tavi Tab. 5 e Fig. 1 e 2.
Il Signor Podestà A.W. Westfeld, a pag. 37 dell’ Han-
nov. Magazin per l’anno 1806, si è pigliato la briga di sug-
gerirci i migliori mezzi, co’ quali abbiasi da accorrere al ri-
paro di tale inconveniente.
E tanto appunto crediamo noi pure, in quanto che
basterà, a chi voglia esserne con qualche maggior pre-
cisione informato, lo scorrere nel Tom. IX del Diction-
naire Classique d’Histoire naturelle, Paris, 1826, a
pag. 352 e segg., i due articoli Libellule e Libellulines,
ov’ ei rinverrà quanto di più importante siasi finora scritto
in tale proposito. Ivi avrà egli eziandio notizia di due im-
portanti operette uscite pur testè quasi contemporaneamen-
te in luce, molto tra esse analoghe, e miranti alla, per
quanto è possibile, più completa Storia naturale attuale
delle Libellule, che sono: 1, la Monographia Libellu-
linarum Europae di Van der Linden, stampata a Bru-
xelles nel 1825, e 2, le Horae entomologicae di Tous-
saint de Charpentier, pubblicate a Wratislavia in quel-
[Seite 458] l’anno medesimo, ove racchiudesi del pari una assai
consimile Monografia delle Libellule d’Europa, secondo
il metodo ultimamente in tale materia dettato dal bra-
vissimo zoologista sistematico, francese, Latreille.
Può vedersi a questo proposito, quanto ne sta sposto nel
Voigt’s neues Magazin, Vol. XII a pag. 521.
Vedasi la rappresentazione di questo fatto costante nel
Tomo III dell’ Opera di Reaumur sugl’ Insetti, e segnata-
mente poi alla unitavi Tavola 33.
A tale proposito potrà giovare assai il consultare soprat-
[Seite 473] tutto le seguenti due opere, vale a dire – J.C. Fabricii,
Systema Piezatorum, stampato a Brunswich, nel 1804 in 8.
– e J. Jurine, Nouvelle méthode de classer les Hyménoptéres,
stampata a Ginevra, nel 1801, in 4.
Vogliamo però a questo proposito notare che la così
detta Galla d’Aleppo, offerenteci la più pregiata qualità
di Vallonea per gli usi delle Tintorìe, della Concia de’ pel-
[Seite 476] lami, e via discorrendo, sebbene provenga anch’ essa da
una Quercia indigena della Natolia, o dell’ Asia Minore,
e de’ dintorni appunto d’Aleppo, è però ritenuta come
dovuta ad una specie diversa di Cinipe, che denominasi
Cinipe della Galla tintoria (C. Gallae tinctoriae: fr. le
Cynips de la Galle à teinture – le Diplolépe de la
Galle à teinture di Olivier. – N. del T.
Può con vantaggio consultarsi a questo proposito la Mo-
nographia Siricum Germaniae di Fr. Klug, stampata a Ber-
lino nel 1804, in 4.
È dessa pure indigena e frequentissima fra di noi.
– L’individuo, sia esso maschio, femina, o neutro, non
suole sorpassar mai in lunghezza i due terzi d’un pol-
lice. – Del resto poi queste Vespe vivono in associazioni,
che, quanto al numero, sorpassano talora quello in cui
riunisconsi generalmente i Calabroni, e costruisconsi un
nido, covile od abitacolo comune, che dicesi propria-
[Seite 492] mente Vespajo papiraceo, e a cellette regolarmente esa-
gone, quasi uguali, ma di vario colore, e sempre in terra;
e per farlo, valgonsi di bricie o frantumi di legname antico,
e quasi in attualità di decomposizione, che cercano di
preferenza, e raspano poi dalla superficie de’ legnami già
da noi posti in opera nelle case, ne’ giardini e così via di-
scorrendo. – Analoga in certo tal qual modo, ma però un
po’ più grossa, della nostra Vespa volgare, e non infre-
quentissima nemmeno in Italia, ove formasi, ora nelle
stesse nostre case, ed ora su per le inospite rupi, o su-
gli alberi, Vespai, in parte papiracei, e in parte come se
fossero di cartone spesso e duro, di forma il più delle
volte affatto ovale, lunghi fin anche un piede, chiusi
tutt’ all’ intorno, e non aventi se non una sola apertura
nella loro parte che ne guarda più da vicino a terra, si
è la così detta Vespa dell’ Olsazia, o la Vespa d’Hol-
stein (Vespa Holsalica: fr. la Guêpe de Holstein: ted.
die Holsteinere Wespe?: ing. the Holstein-wasp?), la
quale è nera anch’ essa in complesso, con una striscia
lineare gialla su tuttaddue le spalle, con due macchie gialle
del pari sullo scudetto toracico, e con giallo anche l’ab-
domine, portante una benda o fascia nera, posta in tra-
verso alla base de’ soliti anelli di riparto, ma con alcuni
punti neri sul lembo marginale posteriore delle prime
bende. – Oltre di questa, evvi poi ancora, indigena poco
meno che di tutta Europa, e alquanto più piccola del
Calabrone, la Vespa mezzana (Vespa media: fr. la Guêpe
moyenne: ted. die mittlere Wespe: ing. the middling
Wasp), che suole sospendere il suo nido, or al tetto delle
nostre case, ed ora a un ramo d’albero. – N. del T.
A riguardo di parecchie altre sorta di Pecchie, o d’Api
mellifiche, che si sa essere indigene del Brasile, potrà, chi
il voglia, consultare, non senza interesse, l’opera di W. Pi-
so, de Indiae utriusque re naturali, a pag. 111 e segg., co-
m’ anche lo scritto di J. Stanes nel Theatre of political Flying-
insects di Sam. Purchas juniore, stampato in Londra nel
1657, in 4.°, a pag. 203 e segg.
Persistono pur sempre ancora tanta oscurità, ed una
così grande disparità d’opinioni, a riguardo de’ notissimi ten-
tativi intavolati già soprattutto da Schirach e da Wilhelmi,
da Riem e da Huber, i risultati de’ quali ci furono le tante
volte e in tante forme decantati e vantati altamente, sulla pos-
sibilità di trasmutare a beneplacito, mercè di qualche arti-
ficio, le Api neutre operaje o lavoratrici, riconosciute di-
chiaratamente infeconde, a norma del bisogno, in Api regine,
delle quali si possa giovarsi per farne altri novelli sciami ed
alveari, che la cosa sembra abbisognare ancora d’una troppo
attenta revisione e sindacatura, anche per divenire soltanto
credibile.
Fra gli scritti, poco mena che innumerevoli, che han-
nosi in pronto sulla Storia naturale dell’ Api, noi non cite-
remo che solo i luoghi acconci delle sei seguenti Opere, già in
parte altre volte accennate, siccome quelle che possono quasi
equivalere a tutte quante l’altre prese insieme; sono desso:
Swammerdam, Biblia Naturae, segnatamente a pag. 369
e segg.
Reaumur, Mémoires, ec. Vol. V. a pag. 207 e segg.
[Seite 501]J. Hunter, nelle Philosophical Transactions per l’anno 1792,
a pag. 128 e segg.
Huber, Nouvelles observations sur les Abeilles, stampate a
Ginevra, nel 1792 in 8.
Th. Andr. Knight, parimenti nelle Philosophical Tran-
sactions, per l’anno 1807, a pag. 234 e segg.;
e finalmente, a riguardo in particolare della artificiale mol-
tiplicazione delle arnie col mezzo d’una qualche por-
zione di favo appositamente sottratto da un alveare,
Ch. Bonnet, Oeuvres. Vol. V. P. I. pag. 61.
Oltre quanto qui pur ora ho esposto, soggiugnerò an-
cora d’aver io medesimo dato, nella III parte del Voigts Ma-
gazin una bastantemente precisa ed esatta descrizione, ac-
compagnata dal corrispondentevi disegno, della maniera, ri-
conosciuta come la migliore d’ogni altra, di costruire gli
alveari di vetro o cristallo, per istudiarvi possibilmente a do-
vere la speciale economia di questo ben importante, e in vero
mirabilissimo, Insetto; descrizione che già da più anni mi
fe’ pervenire in iscritto lo stesso celebre Bonnet.
Sono in questo speciale proposito da consultarsi molto
opportunamente l’opere – P.A. Latreille, Essai sur l’hi-
stoire des Fourmis de la France; Brive, 1798 in 8. – La-
treille, come sopra, Histoire naturelle des Fourmis; Paris,
1802 in 8. – e P. Huber, Recherches sur les moeurs des Four-
mis indigénes; Paris, 1810 in 8.
Può leggere, chi il voglia, quanto a tale proposito spo-
nesse Gleditsch nelle Mémories de l’Académie des Sciences
de Berlin, per l’anno 1749, coll’ analogo disegno nella Tav. 2.
Non iscorgendo il perchè, a riguardo di questo nu-
merosissimo genere d’Insetti, nel Testo, ove non accenna-
sene, forse troppo succintamente, in esempio se non una
sola specie esotica, l’Autore non abbia preferito d’addurne
una che, indigena di quasi tutta Europa, rinviensi tanto
in Germania, quant’ eziandio tra di noi, mi sono ri-
putato in dovere di supplire qui a tale dimenticanza,
senz’ impacciarmi poi per ora nelle tante e tanto vistose
innovazioni di recente introdotte dagli Entomologisti, che
impresero a meglio illustrare il genere, e soprattutto
dal valoroso Latreille. Dirò pertanto essere qui tra di
noi indigena la Mutilla Europea, o la Mutilla no-
strana, o finalmente l’Ape aptera d’Europa (Mutilla
Europaea: fr. la Mutille d’Europe: ted. die Euro-
päische Afterbiene – gemeine ungeflügelte Biene?:
ing. the European Afterbee – European Mutilla?),
che ha nero il capo, col corsaletto rosso bruno, o di
color bajo in complesso, alquanto più scuro, e anzi
volgente piuttosto al nericcio, nella sua parte anteriore,
e con nero poi anche l’abdomine, eccettone la base de-
gli anelli, ed anche i loro lembi marginali, che riescono
d’un bellissimo color bianco, a luogo a luogo volgente,
quasi direbbesi, leggermente al dorato. – N. del T.
Possono vantaggiosamente consultarsi in proposito di
quest’ Ordine d’Insetti, oltre a molte altre Opere, anche le
due seguenti, vale a dire – J. C. Fabricii Systema Antliato-
rum, stampato a Brunswick nel 1805 in 8, e J.W. Mei-
gen, Systematische Beschreibung, der Europäischen zwey-
flüglichen Insecten, stampata in Aquisgrana, a cominciare
dall’ anno 1818 in avanti. Vol. I, II e III in 8.
Que’ decantati volumi di Bruchi o di Vermetti, o quelle
masse di Larve o di Bacherozzoli insieme ammonticchiati, e
quasi direbbesi incatenati a foggia di nastro, di corona, di
ghirlanda o simili, che i Francesi sogliono denominare ver-
mine de terre des Sangliers, e che i Tedeschi contraddistin-
guono, ora col nome di Heerwurm, ed ora con quello di
Erdmast, come forse potremmo pure noi analogamente deno-
minarli Grumi di Larve da Cignali, che incontransi sotterra
nei boschi, e de’ quali appunto i Cinghiali o i Porci salvatici,
[Seite 523] che ne sono ghiottissimi, vanno così avidamente in traccia,
non sono se non sorprendenti torme, od ammassi, talora di
migliaja e migliaja di Bachi, o vogliansi dir Larve, lunghe
a pena un mezzo pollice ciascuna, saldamente attaccate le
une alle altre, d’Insetti appartenenti a quest’ Ordine mede-
simo, e il più delle volte a’ generi Tipula, ed Assillo. Tali
vistosissime congerie di Bacherozzoli, o così fatti grumi di
Larve, giungono in qualche caso ad essere anche più lunghi
di dodici braccia, larghi quanto una nostra mano, e grossi un
buon pollice, ed incontransi, non gran fatto infrequentemente
vaganti all’ intorno, nella più stretta e regolare ordinanza, du-
rante la state, pe’ luoghi umidi delle selve intermontane.
La Storia naturale, infino ad ora rimasta sempre imbro-
gliatissima, di questo mirabile genere d’Insetti, venne, non ha
guari, in gran parte rischiarata per opera del Dott. Bracy
Clark, eccellente veterinario, di cui sono perciò da vedersi,
come appunto confacenti al soggetto, le per ogni verso otti-
me, e non mai lodate a bastanza, Observations on the Genus
OEstrus, pubblicate nel Vol. III delle Transactions of the
Linnean Society, a pag. 289 e segg.
Tale almeno è il nome, con cui, sebbene, per quanto ci
sembra, a tutto torto, contraddistingue il volgo nell’ America
settentrionale quest’ Insetto.
Oltre al pigliatomi arbitrio d’estendere, alquanto più
che nol fosse nell’ originale, il Testo, segnatamente per
la parte che ne concerne la nostra Mosca domestica,
piacemi d’accennar qui, che in sul finire dello scorso
anno 1826, Robineau Desvoidy presentò all’ Accademia
delle Scienze di Parigi un lavoro nuovo, e assai plau-
sibile, sulla famiglia delle Mosche o de’ Muscidi, di cui
formò un Ordine sotto il nome francese di Myodaires.
La insussistenza della supposizione, che così fatti Insetti
emergano in tal caso dal sottoposto terreno, facendosi di là
strada a traverso della neve caduta, risulta manifestissima
dalla osservazione fattasi, che bene spesso, anche dopo un vento
impetuoso e violento, accade di vederne stormi o sciami nu-
merosissimi al di sopra dell’ ultima neve caduta sopra le ghiac-
ciaje, o sui così detti mari di ghiaccio, ove la neve preesi-
stente era già prima, non solo altissima o profondissima, ma
gelata, dura e anzi, quasi direbbesi, impietrata. Veggasi quanto
spone a questo speciale proposito Dégéer nella Histoire de
l’Académie des Sciences de Paris per l’anno 1750, a pag. 40.
Possono sull’ argomento vedersi molto opportunamente:
Franc. Redi, Experimenta circa generationem Insectorum,
nella edizione fatta nel 1686 in Amsterdam degli Opuscola
di detto Autore, in 12. Part. I, Tab. da 1 a 24, – come
sono eziandio da consultarsi, così a riguardo di tali Insetti
Parassiti, come in proposito di tutti quanti i rimanenti Epi-
zoi, e segnatamente di quelli che appartengono a’ due qui sotto
immediatamente susseguenti generi Pulce ed Acaro, l’Ope-
retta intitolata – J. Fr. M. de Olfers, de vegetativis et ani-
[Seite 556] matis corporibus in corporibus animatis reperiundis, stam-
pata a Gottinga nel 1815 in 8, a pag. 68, – e lo scritto ana-
logo, che leggesi di Nitzsch nel Germar’s Magazin. Vol. III,
a pag. 261.
Il Pidocchio di camicia, o il Pidocchio delle vestimenta,
che suole stabilircisi tra la cute ed i nostri vestiti, debb’ essere,
senz’ altro, specificamente diverso da quello che stassene sem-
pre in sul capo dell’ Uomo fra i capegli; ed è intanto cer-
tissimo che incontrasi costantemente assai maggiore difficoltà
nel debellare e distruggere il primo, che d’ordinario non ne
occorra per liberarci da quello della testa. Anzi, poichè mi
è venuto fatto di trovarne un rimedio, che vien guarentito
come sicurissimo, in luogo, ove certo non caderebbe in mente
a chicchessia d’andarlo a cercare, vale a dire alla pag. 30
dello scritto, intitolato – Fr. V.D. Mye, de morbis po-
pularibus Bredanis, tempore obsidionis, stampato in Anversa
nel 1627 in 4, – perciò stimo die possa convenire l’ac-
cennarlo ora qui. Consiste desso nel far uso, datone il bi-
sogno, d’un unguento, o vogliasi dir linimento, composto di
un’ oncia di sapon verde, con un quarto d’oncia di sal co-
mune (in tedesco eine Salbe von 2. Loth grüner Seife, mit 2.
Quenten Kochsalz).
Può su questo particolare consultarsi utilmente l’opu-
scolo intitolato – J. Fr. Hermann. Mémoire aptérologique,
publié par Fr. Hammer – stampato a Strasburgo nell’ anno
1804, in foglio, con rami colorati.
Circa alle diverse opinioni, che sono state emesse infino ad
ora su gli Acari della Rogna, detti anche talora più trivial-
mente tra di noi, ora Zecche della rogna, or Vermetti della
rogna, ora Bacherozzoli della rogna (Acarus scabiei: fr.
la Mite de la gale – le Ciron de la gale: ted. die Krätz-
milbe: ing. the itch’s Mite – mange’s Mite), può leggersi
opportunamente quanto ne scrissero i precitati Kirby e Spen-
cer. Vol. I, a pag. 92 e segg.
A riguardo delle specie di Ragni, indigene fra noi (in
Inghilterra, ed in Germania segnatamente), veggasi l’Opera
intitolata – Thom. Martyn’s Natural History of Spieders,
London 1793, in 4, ove racchiudonsi anche gli scritti ana-
loghi di Eleazzaro Albin e di C. Clerke.
Circa questo particolare, potranno consultarsi molto op-
[Seite 571] portunamente le belle ed ingegnose Osservazioni, aggiunte del
proprio, dal Dott. Reimarus, nella Introduzione ch’ egli pre-
mise alla quarta edizione dell’ Opera, veramente classica, del
di lui padre – Ueber die Triebe der Thiere – a pag. 8 e segg.
Veggasi, a questo proposito, ciò che ne dice Bonnet,
OEuvres ec., vol. I a pag. 545 e segg.
Si parlò molto in passato del preteso suicidio, a cui
volontariamente voleasi che gli Scorpioni si sottomettessero
quando, accerchiati tutt’ all’ intorno da bragie ardenti, aves-
sero riconosciuta l’impossibilità assoluta di liberarsi, o d’u-
scirne vivi altramente. Fra i molti scrittori, che studiaronsi di
sventare quest’ asserzione, relegandola colle tante altre fa-
vole, onde andavano ingombri troppo gli antichi libri di Sto-
ria naturale segnatamente, ci piace avvertire, che in tal qual
modo primeggia il nostro egregio Keyssler, nella Parte II dei
Viaggi del quale, e precisamente a pag. 231, potranno leg-
gersi i tentativi ch’ ei pose in opera a tale effetto, e le giu-
diziose trattene deduzioni.
Potrà in questo proposito consultarsi utilmente l’Opera
intitolata – J. Fr. W. Herbst, Versuch über die Naturge-
schichte der Krabben und Krebse – stampata a Zurigo nel-
l’ anno 1782, e segg., in 4.
Veggasi a tale proposito, nella Hawkesworth’s Collec-
tion ec., Vol. II, quanto ne disse il sig. Banks, a pag. 32.
Veggasi a questo proposito – O. Fr. Müller, Ento-
mostraca, seu Insecta testacea, Opera stampata ad Havnia,
o sia a Copenhagen, nel 1785, in 4.
Veggasi a tale proposito l’Opera periodica intitolata –
Stralsund. Magazin – Tomo I, a pag. 239.
Non temiamo d’offendere soverchiamente l’amor
proprio dell’ Autore benemeritissimo di questo nostro Te-
sto, opinando che la Distribuzione metodica degl’ Insetti,
giusta il sistema dettato già dal sommo Linneo, da lui
in complesso seguìta, non sia per avventura a’ tempi no-
stri, nè la più d’ogni altra plausibile, nè la più perfetta,
comunque sempre di gran lunga migliore di quella pro-
postane da Fabricius, e fondata sugli organi della masti-
cazione, i quali mancano del tutto in certi Insetti, e in
molti poi non sono riconoscibili, se non coll’ ajuto del
microscopio. Tra i diversi più moderni sistemi, che ab-
biamo ora alle mani, appunto in tale materia proposti
da Brisson, da Geoffroy, da Olivier, da Cuvier, da
Lamarck, da Latreille, da Savigny, da Duméril, da
Blainville, e da altri valenti Entomologisti, stranieri al-
l’ Italia nostra, siam d’avviso che possa meritare la pre-
ferenza quello di Latreille, i rudimenti del quale tro-
[Seite 607] vansi compresi nella già con plauso citata Opera di lui,
intitolata – Familles naturelles da Régne animal:
Paris: Baillére 1825 –, ove ha rifuso e migliorato l’al-
tro, che pure di lui avevane pubblicato, fino dall’ an-
no 1817, il dottissimo Cuvier, nel Tomo III del suo
Régne animal, e questo avremmo pure voluto far co-
noscere un po’ meglio tra noi, se non che cel vietano
per ora imperiosamente, la mole già forse troppo vistosa
del presente III Volume, e il ritardo che quindi si do-
vette frapporne alla pubblicazione. Non è però che i
nostri Leggitori abbiano a rimanerne in tutto defraudati,
mentre anzi ci tenghiamo impegnati di darne, come di
tutta intera questa novella Distribuzione sistematica del
regno animale per famiglie naturali, quell’ idea, ad un
tempo chiara e succinta, che ci parrà adequata al bi-
sogno, nel seguente Volume IV, al seguito della IX
ed ultima Sezione degli Animali, racchiudente, sotto
la denominazione di Vermi, i così detti Entozoi, ossiano
i Vermi intestinali, i Molluschi, ec., che sta bene sianvi
tutti quanti compresi.
Comunque, circa agl’ Insetti, ci siamo ingegnati di
intarsiare, da quando a quando nel Testo, le aggiunte
che ci parvero necessarie, economizzando così le troppo
frequenti Note appiè di pagina, colle quali avremmo do-
vuto altrimenti adoperarvici, e comunque abbiamo fatto
studio diligente di non lasciar più sprovveduta, almeno
d’un nome, per quanto si potè, appropriato, alcuna
delle specie in esso Testo descrittene, pure ci giova lu-
singarci, che i ben conosciuti talenti del colto ed erudi-
tissimo nostro sig. Dottore Giuseppe Gautieri, Ispettore
generale de’ Boschi, nella novella Opera di lui, non ha
guari annunciatane, nulla più consentirà che rimanga
da desiderare, sia sotto questi specificati riguardi, o
[Seite 608] sia sotto qual altro vogliasi, da chiunque tra di noi ab-
bia pigliato qualche interesse allo studio della Entomo-
logia. – N. del T.