Così decisi da un canto, così demarcati, e così
facilmente riconoscibili e determinabili sono i ca-
ratteri positivi, o le note caratteristiche, mercè delle
quali si contraddistinguono gli Insetti, ad un tempo
gli uni dagli altri, e da tutte le rimanenti sorta
d’ animali, mentre per lo contrario, quelli, che si
riscontrano ne’ Vermi, sono così poco demarcati,
riconoscibili e determinabili con tanta malagevolez-
za, e generalmente parlando, di così incerta ap-
plicabilità, che potrebbe forse essere il modo il
più naturale e il più spiccio di definire quest’ ul-
tima maniera d’animali, quello di dire, che sono
da ritenersi per Vermi tutti gli animali di sangue
bianco, che risultano non essere Insetti, sebbene ne
[Seite 6] differiscano poi anche manifestamente, tanto in
vista della mancanza delle così dette antenne nei
Vermi appunto caratteristica, quanto a motivo
degli organi del moto, che non ne sono articolati.
(Rileggansi a tale proposito, a pag. 79 del nostro
1.° Vol., il precedente § 40, ed a pag. 219 e 220
del precedente III.° Vol., il § 122).
I Vermi hanno per l’ordinario un corpo molle,
e talora perfino costituito tutto quanto come d’una
sostanza quasi decisamente gelatinosa; pochi ve
n’ ha, che siano rivestiti d’un tal quale pelo, o
di lanuggine, come il sono le Afroditi; alcuni,
come a dire, per cagion d’esempio, gli Echini,
sono esteriormente rivestiti d’un inviluppo, d’un
guscio, o d’una crosta di natura calcarea, e pa-
recchie delle così dette Anfitriti usano costruirsi
anch’ esse, non senza bell’ artificio, un guscio od
un involucro esteriore, a bastanza ingegnoso, rac-
cozzando insieme ora granellini d’arena, ed ora
altre analoghe sostanze sfrantumate. Molti però fra
gli animali spettanti a questa sezione, come a dire,
segnatamente i Testacei dalla conchiglia, ed alcuni
Polipi, dimoransene di continuo in una maniera
di nicchio o di casipola solida, litoidea, o quasi
petrosa, e rammentante bene spesso una Porcel-
lana, innata sovr’ essi, la quale serve loro ad un
tempo di abitazione e di difesa; parte di essi può
[Seite 7] trarsi dietro, o trascinar seco, questa così fatta ca-
sipola; ma molti ve n’ ha eziandio de’ quali il nic-
chio rimane immobilmente infisso su per le rupi,
sugli scogli ec.
Neppur uno di questi animali può dirsi pro-
priamente alato, o munito d’ali che lo abilitino a
volare; nè possono in fatto riguardarsi come voli
i salti, talora a bastanza vistosi, co’ quali certe
Seppie sono atte a slanciarsi un tratto fuor d’ac-
qua. Del pari non ve n’ ha alcuno fornito di veri
piedi, mercè de’ quali possa tenersi eretto, o co-
me suol dirsi, dritto in piedi, ed incedere poi al
bisogno, o proceder oltre di passo; i Lombrici
però, come il così detto Verme di terra, gli
Echini, le Asterie o Stelle di mare, ed altri
Vermi o Molluschi ancora, posseggono certi or-
gani particolari, che in certo tal qual modo sup-
pliscono in essi alla mancanza de’ piedi o delle
zampettine, e servono loro a quegli usi medesimi.
D’altronde è poi da notarsi, che la mancanza di
questi tali organi esteriori del movimento viene
in moltissimi Vermi riparata o compensata, mercè
della singolare attitudine che hanno d’allungare
assai vistosamente, e quindi di raccorciare a vi-
cenda, il loro corpo; con ciò potendosi essi stri-
sciare o trascinare da luogo a luogo con un vero
movimento progressivo.
In vece delle antenne, che indicammo proprie
degl’ Insetti, molti Vermi hanno la testa munita
di palpi o tentacoli (tentacula: ted. Fühlfaden),
in forma di filamenti pieghevoli, o flessibili senza
essere articolati, il più delle volte molli, pol-
posi o carnosi, talora molto ben lunghi, e, gene-
ralmente parlando, destinati ad usi svariatissimi;
mentre, se nella più parte de’ Vermi e de’ Mol-
luschi servono dessi soprattutto come organi del
tatto, non può però negarsi, che in molti non of-
frano le parti dell’ individuo le più atte ad affer-
rare la propria preda, e che in altri non prestinsi
eziandio ad altri non meno importanti ufficii.
Nulla affatto di ben positivo può dirsi finora,
nè sovra i sensi, nè sovra gran parte degli or-
gani proprii di questa maniera di animali, circa
a’quali in tale proposito sappiamo forse ancora
meno di quello che sappiasene in riguardo agli
Insetti. Ciò non pertanto è posto oggimai fuor di
dubbio che certuni tra di essi, come a dire per
esempio, le Seppie e simili, hanno veri occhi,
e che altri, e di tal fatta sono i Polipi, comun-
que privi d’occhi, pure posseggono un tal quale
altro senso, mercè di cui s’accorgono d’ogni più
lieve bagliore, e d’ogni più debole grado di
chiarore o di luce, e così via discorrendo.
Per ciò che ne concerne l’interna organizza-
zione, si può dire che i Vermi ed i Molluschi quasi
non differiscono meno degl’ Insetti, di quello che
vedemmo già diversificare questi ultimi dagli ani-
mali di sangue rosso. Ma ciò che in complesso
vale più d’ogni altra nota caratteristica, onde con-
traddistinguere dagl’ Insetti gli animali su i quali
stiamo ora qui ragionando, si è il non esservi, che
sappiasi, alcun Verme che vada nel corso di sua
vita, soggetto ad una di quelle trasformazioni, o
metamorfosi propriamente dette, alle quali la mas-
sima parte degl’ Insetti è forza, come sponem-
mo, che per propria natura sua soggiaccia.
La dimora abituale de’ Vermi suol essere il più
delle volte nell’ acqua, ed anzi il massimo nume-
ro ne sta nell’ Oceano. Alcuni pochi però vivon-
sene generalmente sotterra, e parecchi non rin-
vengonsi mai viventi altrove fuorchè ne’ corpi di
altri animali viventi, come veggiamo accadere dei
così detti Vermi intestinali, degli Animaletti sper-
matici, e d’alcuni altri ancora.
Giova assai alla conservazione di moltissime fra
le specie degli animali compresi in questa Sezione,
[Seite 10] la veramente straordinaria forza di riproduzione
onde sono dessi dotati, ed alcuni pochi, come a
dir per esempio, le Anguillette della colla de’ le-
gatori di libri, i Vibrioni o le Anguillette dell’ aceto
(Vibrio aceti: ted. der Essigaal – Kleisteraal), il
Rotifero (Furcularia rotatoria: ted. das Räder-
thier), e qualche altro ancora, posseggon anzi
una tal quale forza speciale, che diremmo volon-
tieri di reviviscenza, o di revivificazione, e che
sembra qualificarli quasi come indistruttibili.
Ov’ eccettuinsi, per la massima loro parte, i Ver-
mi viscerali od intestinali, vale a dir quelli che
vivono sempre per entro alle viscere d’altri ani-
mali viventi, le Seppie, e qualche altro ancora,
si può dire, che in generale i rimanenti Vermi o
Molluschi sono veri Ermafroditi od Androgini;
di modo che ogni singolo individuo ne può es-
sere soggetto immediato di riproduzione della pro-
pria specie, tanto operando da maschio, come
operando da femina, in uno de’ modi diversi che
mentovammo già al § 20, pag. 53, e segg. del
I.° Volume di questa nostra edizione1.
La copia indicibile d’animali marini spettanti
a questa Sezione, come accennammo nel prece-
dente § 152, e soprattutto poi i Molluschi dalla
conchiglia, e i Vermi de’ Coralli, per questo prin-
cipalmente sono da riguardarsi come esercitanti
una grandissima importanza nella generale econo-
mia della Natura, perchè fanno dessi nell’ Ocea-
no quegli ufficii medesimi, che al precedente
§ 143, pag. 242, e segg. del II.° Volume di
quest’ Opera sponemmo fare gl’ Insetti, così sot-
terra, come alla superficie de’ nostri terreni, al-
terando, commutando, elaborando e distruggen-
done al modo medesimo, a misura del bisogno,
le materie nocive, o superflue. – Agli uomini
in particolare riescono poi essi profittevoli, in
quanto segnatamente che moltissimi de’ Testacei,
[Seite 12] o de’ Molluschi dal nicchio, o dimoranti nelle con-
chiglie, riescono eduli per essi, e che alcuni so-
prattutto, come per esempio, il Wam-pum degli
Irocchesi, o sia la Venere mercenaria (Venus mer-
cenaria: ing. the Clam), ed il Mitilo Magella-
nico (Mytilus bidens), formano, nelle rispettive
loro località, quasi l’unico nutrimento affatto, così
per gli abitanti indigeni delle Coste, com’ eziandio
pe’ navigatori che trovinsi sgraziatamente forzati a
rimanersene in quegl’ inospiti infelicissimi paraggi.
– Alcune particolari Conchiglie di mare forni-
vano a’ Tintori anticamente, ben più di quello che
ora non facciano, il miglior Bisso, o il materiale
per formarne lo splendido colore della Porpora1. –
Dalla Lolligine o Calamaja (Sepia loligo: fr. le
Casseron: ted. der Calmar – eigene Blackfisch:
ing. the Ink-fish), può estrarsi un sugo atto a for-
marne, tanto una sorte d’inchiostro comune da
scrivere, come un tal quale equivalente al così
detto inchiostro della China, servibile pe’ disegni
all’ acquerello, ec. – Quella maniera di barba, che
raccogliesi dalle Pinne di mare (Pinna: fr. Jam-
bon: ted. Steckmuschel), può filarsi in una seta
di color bruno, colla quale fannosi certe maglie,
[Seite 13] o tessuti a bastanza pregievoli. – Da molte spe-
cie di Conchiglie traggonsi le Perle fine1.
Il Corallo rosso, che serve d’abitazione all’ Iside
nobile (Isis nobilis – Corallium rubrum di La-
marck), forma, come ben si sa, un articolo a
bastanza ragguardevole di commercio, soprattutto
coll’ Indie Orientali. – Diversi Testacei poi, nic-
chi o conchiglie, ora tal quali, ora tagliate in
pezzi, hanno anche corso, come tra noi la mo-
neta spiccia, presso alcune nazioni da noi piutto-
sto lontane. Associando appunto i pezzetti o fram-
menti delle conchiglie di varii colori, sogliono, tra
gli altri Indiani dell’ America settentrionale, prin-
[Seite 14] cipalmente gli Irocchesi, formare i loro Wam-pum,
o Vade-mecum, fatti a foggia di cordella o di
corona, i quali tengono loro le veci di ciò che
fanno per noi i Documenti, i Titoli, le Perga-
mene e simili1. – Molti selvaggi non fanno uso
se non di gusci di conchiglie, nicchi, o squame
d’ altri Testacei, per giovarsene a modo di coppe,
piatti, tazze, bicchieri, cucchiaj e così via di-
scorrendo. – Gl’isolani del Mare del Sud sanno
benissimo con questi medesimi materiali costruire
i loro ami ingegnosissimi per la pesca, già da noi
mentovati al precedente § 118 p. 108 del III.° Vo-
lume di quest’ Opera. – Gli abitanti della parte
Nord-ouest dell’ America soglion formar le punte
de’ loro ramponi e delle loro delfiniere, o fio-
cine che vogliansi dire, con pezzi di conchiglie
aguzzati e taglienti. – A riguardo dell’ arti in-
dustriose, ci piace di soggiugnere qui ulteriormente,
che in particolare alcune Arche (Arca), ed al-
cuni Buccini (Buccinum), oltre a qualche altro
Testaceo ancora, ed oltre alla così detta Madre-
perla (Madrepora: fr. le Nacre), servono otti-
mamente per farne lavori d’incisione e di scol-
tura, quasi a foggia di Camei, come s’ usa fare
delle Onici e d’altre pietre dure. – Quella cialda
[Seite 15] ossea, spesso ben grande, che hanno le Seppie,
e ch’ è conosciuta dagli orefici ed altri artisti ap-
punto sotto il nome d’osso della Seppia (os Se-
piae), torna utile non infrequentemente per diverse
opere di saldatura, ec. – Le spugne sono adoperate
a diversissimi usi domestici. – Le Madrepore ta-
gliate in pezzi riquadrati, servono in alcune loca-
lità, come, a cagion d’esempio, lungo amendue
le coste del Mar Rosso, a guisa di materiale da
fabbriche, o di pietre da costruzione. – Gran-
dissima è la copia, sia di conchiglie, o sia di va-
rie maniere di Coralli, che si cuoce per trarne la
calcina. – Le sottili squame o lastre translucide
d’alcuni grandi Testacei adopransi in supplimento
a’ vetri per le invetriate delle finestre, tanto nelle
regioni le più meridionali della China, quanto
eziandio in qualche parte della Penisola Indiana
o dell’ Indostan, e così via via discorrendo; senza
ommettere però di rammentare che le conchiglie
formano appunto il principale oggetto d’ornamento
della persona, o del lusso di vestito, per alcuni
selvaggi popoli1, e che finalmente le Mignatte,
[Seite 16] Sanguette, o Sanguisughe che vogliansi dire (Hi-
rudo medicinalis: fr. la Sangsue: ted. der Blu-
tegel: ing. the Leech), sono, in moltissimi casi di
malattia, riguardate come un importante mezzo
salutare.
Tra gli animali i più nocivi che in questa Se-
zione comprendansi, sono da annoverarsi princi-
palmente que’ terribili Vermi, che infestano talora
il corpo umano, sia che abbiano l’ordinaria loro
sede nel ventricolo, nelle intestina o in altri vi-
sceri, come l’ Ascaride vermicolare (Ascaris ver-
micularis: fr. l’Ascaride vermiculaire: ted. der
Mastwurm), l’Ascaride lombricoidea (Ascaris
lumbricoides: fr. le Strongle: ted. der Spulwurm:
ing. theround Worm), il Tricuride, o Tricoce-
falo dispari (Trichocephalus dispar: fr. la Tri-
churide: ted. der Haarkopf – Haarvvurm), la
Tenia (Taenia solium, già un tempo Taenia cu-
curbitina, o Lumbricus latus: fr. le Ver solitai-
re: ted. der Bandwurm: ing. the Tape-worm),
[Seite 17] e certe Idatidi (Hydatis: ted. der Blasenwurm),
o sia che abbianla immediatamente al di sotto della
pelle, come accade del così detto Verme di Gui-
nea, o Gordio di Medina (Gordius Medinensis,
già una volta Dracunculus, od anche Vena Me-
dinensis: fr. le Ver Guinée: ted. der Ner-
venwurm1). Sono poi da enumerarsi in questo
luogo medesimo alcune Fasciole, e frall’ altre la
Fasciola epatica, o il Verme delle Pecore (Fa-
sciola hepatica, o Distoma hepaticum: fr. la Dou-
ve, e anche per taluno la Louve: ted. die Egel-
schnecke: ing. the Fluke), che infesta segnata-
mente le Pecore e i Montoni o simili, oltre a
parecchie altre, l’Idatide Finna (Hydatis Finna,
o Cysticercus cellulosae di Rudolphi: ted. die Fin-
ne), che infesta soprattutto i Porci, con molti
altri Vermi ancora, che sogliono vivere in alcuni
Quadrupedi domestici, ed in alcuni Pesci, i quali
riescono ammalati appunto in causa della presenza
di tali Vermi nell’ interno del loro corpo. – I
[Seite 18] Vermi della terra inoltre, o siano i Lombrici ter-
restri (Lumbricus terrester), del pari che parec-
chie specie di Chiocciole, o Lumache comuni,
recano spesso danni di molto rilievo a certi vege-
tabili; le Teredini (Teredo navalis: fr. le Ta-
ret: ted. der Pfahlwurm), alcune Foladi (Pho-
las pusilla: fr. la petite Pholade: ted. die Bohr-
pholade: ing. the littlest Pierce-stone), com’ an-
che qualche altro Verme o Mollusco consimile,
rodono e pertugiano le navi, i vascelli, gli ar-
gini, le dune, e così via discorrendo, facendo
talora guasti significantissimi.
Anche in questa Sezione ho giudicato oppor-
tuno d’attenermi in pieno alla corrispondente di-
stribuzione degli Ordini giusta il sistema del grande
Linneo, a meno d’alcuni cangiamenti, di non
grandissima importanza, che pur m’ è paruto do-
vervi introdurre, dipendentemente dalle principali
innovazioni emerse più di recente. Gli Ordini, in
numero di sei, ne procedono quindi nel seguente
modo:
Ordine I.° Intestini, Entozoi, o Vermi intesti-
nali (Intestina: fr. les Vers intestins: ted. die
Eingeweidewürmer: ing. the intestinal Worms).
Sono dessi lunghetti anzi che no, e non hanno
membra od arti esteriori manifestamente evi-
denti.
II.° Molluschi (Mollusca: fr. les Mollusques:
ted. die Schleimthiere – weiche Würmer –
Mollusken?: ing. the tender Worms – jelly
Worms – Mollusks?). Son dessi Vermi molli
affatto e nudi, aventi membra esteriori od arti
spesso numerosissimi, e sempre manifestamente
visibili. Molti di questi Molluschi hanno una
grandissima rassomiglianza marcatamente con
alcuni di quegli altri Vermi, che abitano ne’ nic-
chii, nelle chiocciole, o nelle conchiglie, e che
diconsi propriamente Testacei, de’ quali trattasi
di proposito nel seguente Ordine.
III.° Testacei (Testacea: fr. les Testacés: ted.
die Muschelthiere?: ing. the testaceous Worms?),
che, simili, come s’è detto, a’ Molluschi, od
ai Vermi compresi nell’ Ordine precedente, ne
differiscono appunto essenzialmente, più forse
che per altro, perchè dimorano ciascuno in un
proprio nicchio terroso o quasi lapideo, che
dicesi anche chiocciola, conca o conchiglia, e
latinamente Testa.
IV.° Echinodermi, od anche Vermi crostacei (Echi-
nodermata – Crustacea: fr. les Échinodermes:
ted. die Schalthiere?: ing. the Echinoderms?).
Hanno questi il corpo formato in complesso di
una sostanza di natura, quasi direbbesi, cartila-
ginosa, ma riescono poi talora esteriormente ri-
vestiti d’una crosta più o meno soda, e d’indole
calcarea, come scorgesi appunto negli Echini
[Seite 20] o Ricci marini (Echinus: fr. l’Oursin: ted. der
Seeigel: ing. the Sea-hedgehog), nelle Asterie,
Stelle di mare o ne’ così detti Pesci-stella (Aste-
rias: fr. l’Astérie: ted. der Seestern: ing. the
Sea-star – Star-fish?), e negli Encrini o nelle
così dette Palme di mare (Encrinus: fr. l’Én-
crine – la Crinoïde: ted. die Seepalme: ing. the
Sea-palm).
V.° Coralli (Corallia: fr. les Coraux: ted. die
Korallen: ing. the Corals). Sono dessi Vermi
Zoofiti, o Piant-animali, più propriamente detti
Polipi, che stannosene, privi di locomotività,
infissi nelle così dette piante di Corallo, o in
altre produzioni marine di tal fatta.
VI.° Zoofiti propriamente detti, o Piant-animali
nude (Zoophyta: fr. les Zoophytes: ted die Pflan-
zenthiere – Thierpflanzen: ing. the Zoophyts?).
Sono questi appunto Polipi o Vermicciuoli acqua-
tici, che tengono quasi tanto dell’ animale che
del vegetabile, nudi sempre, e liberi o non in-
fissi ad una rupe o ad uno scoglio, in modo da
rimanerne al tutto privi di locomotività, come
il sono sempre gli animaletti del Corallo, ed
altri consimili, spettanti all’ Ordine precedente.
Quivi aggiugneremo poi eziandio gli Animaletti
infusorii, o Vermi infusorii che vogliansi dire.
Gioverà l’avvertire che il metodo di distribu-
zione, o il sistema di classificazione stabilito ul-
timamente da’ Zoologisti Francesi pe’ Vermi, Mol-
[Seite 21] luschi, Polipi e simili altri animali compresi in
questa nostra Sezione IX, corrisponde di gran
lunga meglio che non il sistema Linneano alla in-
tima struttura speciale di così fatti animali. Vo-
lendo seguire un tale novello ed ingegnosissimo
sistema francese, i Molluschi nudi e i Molluschi
dal nicchio o dalla conchiglia verrebbono a tro-
varsi collocati insieme nell’ Ordine medesimo, e
ad essi verrebbe inoltre ad essere assegnato il pro-
prio loro posto innanzi agli Insetti, nel mentre
che ad un’ altra porzione di Vermi, vale a dire
a quella che comprenderebbe i Generi Serpula,
Sabella, Amphitrite, Nereis, Aphrodila, Lum-
bricus, Naïs, Hirudo, e la massima parte delle
specie concorrenti a formare il Genere Gordius,
apparterrebbe un posto innanzi a’ Granchi ed ai
Ragni (Crustacea et Arachnides); di modo che
poi, premesse queste, qui ora in succinto specifi-
cate, trasposizioni di generi, gli Ordini che rimar-
rebbero a compimento dell’ intiero Regno Animale,
sarebbero i seguenti cinque:
1) Gli Echinodermi (Echinodermata).
2) Gl’ Intestini, od Entozoi (Entozoa).
3) Gli Acalefi (Acalephae), comprendenti i
tre soli generi Actinia, Medusa ed Holothuria.
4) I Zoofiti insieme co’ Coralli (Zoophyta cum
Corallis).
5) Gl’ Infusori (Infusoria), racchiusivi ezian-
dio i generi Furcularia, Brachionus, Vibrio e
Volvox, oltre a qualche altro ancora.
Intestini, Vermi intestinali, od Entozoi (In-
testina – Entozoa: fr. les Intestins – les Vers
intestinaux: ted die Eingeweidewürmer: ing. the
intestinal Worms).
I Vermi di quest’ Ordine hanno, general-
mente parlando, il corpo loro, o di forma
cilindrica, o conformato a foggia di fet-
tuccia, o di nastricino più o meno lungo.
Tutti quanti i così detti Vermi intestinali,
o forse meglio ancora viscerali del corpo
umano, eccettuatine soltanto gli Anima-
letti spermatici, appartengono tutti indi-
stintamente a quest’ Ordine medesimo.1
GENERE I. Gordio (Gordius – Filaria: fr.
Filaire: – Dragonneau: ted. Fadenwurm: ing.
[Seite 24] Hair-worm). I Vermi appartenenti a questo ge-
nere hanno sempre liscio, levigato o glabro, e da
per tutto uguale il loro corpo, ad un tempo terete
o subcilindrico e filiforme.
SPECIE 1. Gordio acquatico (G. Aquaticus –
Seta equina: fr. le Dragonneau proprement dit
– la Filaire d’eau – la Filaire dragonneau:
ted. das Wasserkalb: ing. the Water-hair-worm).
– Questa specie è tutta quanta di color bian-
chiccio o carnicino pallido, ma riesce nera ai due
capi o ad amendue le estremità.
L’individuo ne vien lungo un palmo tutt’ al più,
e grosso quanto possa esserlo un forte filo di refe
comune da cucire. – La specie ne è comunissima
anche tra di noi nell’ acque dolci, ne’ nostri così
detti Fontanili o terreni sortumosi, e ne’ pan-
[Seite 25] tani; ma però accade anche talora di rinvenirne
qualche individuo ne’ tumori, negli ascessi, o nel-
l’ ulcere dello stesso nostro corpo vivente, quasi
a quel modo, che indicheremo succedere fra i Tro-
pici della specie immediatamente successiva.
SPECIE 2. Gordio Medinese, o anche il Dra-
cunculo, o il Dragoncello di Guinea, la Vena
di Medina, o finalmente la Filaria del Tropico
(G. Medinensis – Dracunculus Medinensis –
Vena Medinensis – Filaria Medinensis: fr. le
Ver de Guinée – le Dragonneau de Médine –
la Filaire de Médine: ted. der Nervenwurm –
tropische Nervenwurm – Farenteit: ing. the Me-
dina-hair-worm). – Questa specie riesce bian-
chiccia affatto, o di un colore carnicino pallido
anche a’ due suoi capi estremi. (Vedi Sloane, Natu-
ral History of Jamaica. Vol. II. Tab. 134. Fig. 1.).
Esotica sempre per noi, non rinviensi positi-
vamente altrove, fuorchè soltanto lungo le sponde
del Golfo Persico, nell’ Egitto, nella Guinea, e
in qualche altra non gran fatto dissimile località,
calda molto, d’amendue le così dette Indie Orien-
tali ed Occidentali. – L’individuo ne vien lungo
qualche volta fin oltre a tre piedi e mezzo, e fassi
vedere negli Uomini al di sotto della pelle, sop-
prattutto presso a’malleoli, o in vicinanza delle
ginocchia, o lungo le braccia, e così via discor-
rendo, ove cagiona sempre flemmoni, o tumori
inflammatorj dolorosissimi, per liberarsi da’ quali è
[Seite 26] d’uopo farlo con somma cura uscir tutto intiero,
in modo che non venga a rompersi; ed è questa
una operazione sempre tediosissima, che dura bene
spesso più e più settimane di seguito1.
SPECIE 3. Gordio papilloso, od anche la Fi-
laria papillosa (G. Papillosus – Filaria papil-
losa: fr. le Dragonneau papilleux – la Filaire
papilleuse: ted. der Warzwurm? – warzige Fa-
denwurm?: ing. the Warz-hair-worm?). – Que-
sta specie ha coperti di papilluzze, o tempestati
di piccole verruche, tanto i dintorni della sua
bocca orbiculare, quant’ anche il collo; ha il corpo,
giusta la sua lunghezza, quasi da per tutto uguale,
se non che per di dietro va alcun poco assotti-
gliandosi, ed ha incurvata la coda.
Comunque rara assai fra di noi, pure rinviensi
[Seite 27] talora per entro a diversi visceri del Cavallo, e
particolarmente nell’ Indie Orientali non di rado
vi si fa vedere perfino nella così detta Camera an-
teriore dell’ occhio; nel supposto però che possa
provarsi, questo Gordio Indiano appartenere de-
cisamente alla specie medesima che abbiamo qui
inteso di descrivere.
GENERE II. Ascaride (Ascaris: fr. Ascaride:
ted. Aflerwurm? – Ascaris?: ing. Afler-worm?
– Ascaris?). I Vermi spettanti a questo gene-
re hanno sempre uguale il terete o subcilindrico
loro corpo in tutta la sua lunghezza, con tre di-
stinti nodi, o vogliansi dire porri, tubercolelti o
verruche in sulla bocca, e colle intestina con-
spicue, o discernibili anche ad occhio nudo dal
di fuora.
SPECIE 1. Ascaride vermicolare, se pure non
forse meglio l’Oxiuro vermicolare, come sem-
brerebbono importare le più recenti indagini, dalle
quali emergerebbe la mancanza qui de’ tre tuber-
coletti alla testa, caratteristici par il genere, sic-
come sponemmo (A. Vermicularis – Oxyurus
vermicularis?: fr. l’Ascaride vermiculaire –
l’Oxyure vermiculaire?: ted. der Mastwurm –
– Madenwurm – Springwurm: ing. the Spring-
worm?). – Questa specie ha la coda lesiniforme,
o conformata a foggia di subbio, ed ha poi la
cute da ambe le parti del corpo finissimamente
crenata, od intaccata, o quasi come chi dicesse
merlata.
È dessa frequentissima anche presso di noi, ove
trattiensi, piuttosto che altrove, nell’ intestino retto
dell’ Uomo vivente, e succhiavi il proprio nutrimen-
to con quella delle sue due estremità terminali, che
è più ottusa. – L’individuo, quanto alla sua fi-
gura in complesso, rammenterebbe, meglio che
qualsivoglia altra vivente Creatura, l’Acaro siro,
o sia il così detto Pellicello o Baco del cacio.
SPECIE 2. Ascaride lombricoidea, e per ta-
luni, tutto che non molto plausibilmente, lo Stron-
glo (A. Lumbricoides – Lumbricus teres: fr.
l’Ascaride lumbricoide – e per certuni, meno
però opportunamente, le Strongle, ch’ è ora nome
di genere ben diverso: ted. der Spulwurm – Herz-
wurm: ing. the round Worm). – Questa specie
ha ottusa la coda, porta all’ ano una fenditura
trasversalmente situata, che simulerebbe quasi un
piccolo taglio, ed ha le intestina di color giallo
rancio, che ne traspariscono anche al di fuori.
Presentaci dessa il più comune de’ Vermi inte-
stinali che incomodano la specie nostra, nelle in-
testina tenui della quale stassene il più delle volte
continuamente, e talora in falangi innumerevoli.
– L’individuo ne rassomiglia moltissimo in com-
plesso al così detto Verme della terra, o Lom-
brico terrestre.
GENERE III. Tricocefalo (Trichocephalus: fr.
Trichocephale – Tricocéphale, – e per taluni
anche Trichode: ted. Haarkopf – Haarwurm:
[Seite 29] ing. Trichocephalus? – microscopical Haar-
worm). I Vermi, non gran fatto numerosi, di que-
sto genere, e tra’quali non citeremo qui se non
soltanto la specie-tipo, hanno il corpo loro al-
lungatissimo, terete bensì, ma disuguale, vale a
dire capillare o filiforme dalla parte anteriore, ma
ingrossantesi poi molto posteriormente.
SPECIE 1 ed anzi UNICA qui ora per noi. Tri-
cocefalo dispari, od anche il Trichiuro, o il
Tricode dispari (T. Dispar: fr. le Trichocéphale
impair – le Trichuride: ted. der eigentliche Haar-
kopf – mikroskopischer Haarwurm – die Tri-
churide vulgo: ing. the proper Tricocéphalus?
– Trichuride?). – Questa specie riesce per di
sopra finamente crenata, o marcata a minuti sol-
chi, quasi chi dicesse, merlata, mentre invece per
di sotto è poi liscia o glabra affatto, e mentre
anteriormente non iscorgonvisi se non sottilissime
strisce o striature. – La figura più abituale del-
l’ individuo in complesso, può indicarsene come
quella d’un Serpentello quasi microscopico, molto
più grosso per di dietro che non per davanti, ed
avente conformata a spira la parte posteriore,
mentre l’anteriore, più sottile, ne procede, più che
altro, in forma mollemente flessuosa.
È dessa frequente a bastanza anche fra di noi,
ed infesta il corpo umano vivente, rimanendosene
quasi sempre nelle sue intestina crasse, o come
suol dirsi nel budellone ove sugge il proprio cibo
[Seite 30] coll’ estremità più sottile o filiforme, ed anzi quasi
capilliforme, del suo corpo.
GENERE IV. Echinorinco, o anche Verme ra-
spatore (Echinorhynchus: fr. Échinorhynque:
ted. Kratzerwurm1 – Kratzer: ing. scraper
Worm – Echinorhynchus?). I Vermi di questo
genere, anch’esso limitatissimo, e di cui noi ci
terremo qui paghi d’aver menzionata la specie-
tipo, hanno terete o subcilindrico il corpo loro,
e portano come una proboscide cilindrica, retrat-
tile ed echinata, o guernita d’appendici aculeate
od anzi spinose.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi. Echi-
norinco gigante, od anche il Verme raspatore
gigante (E. Gigas: fr. l’Échinorhynque géant:
ted. der Riesenkratzer – Riesenkratzerwurm?:
ing. the giant scraper Worm? – giant Echino-
rhynchus?). – Questa specie è tutta quanta di
color bianco candido; si può dire che non abbia
collo; porta come chi dicesse inguainata la sua
proboscide, tutta tempestata di spinuzze fatte a
foggia d’uncini, e dispostevi sopra in molti ordi-
ni, o in più serie, ed è finalmente munita di
sei distinte papille, colle quali sugge all’ occorrenza
il proprio cibo. (Vedi Goeze, Eingeweidewürmer. Tab. 10.
Fig. 1 e 2, fino inclusivamente alla fig. 6.).
È dessa indigena anche fra di noi, e rinviensi
particolarmente nelle intestina tenui de’ nostri Ma-
gali, o Porci domestici.
GENERE V. Lombrico (Lumbricus: fr. Lom-
bric – Entérion di Savigny: ted. Regenwurm?
– Erdwurm – Eingeweidewurm? – Enterion?:
ing. Earth-worm? – Enterion?). I Vermi di
questo genere hanno il corpo terete o quasi ci-
lindrico, conformato tutto quanto ad anellini, e
reso in certo tal qual modo, giusta la sua lun-
ghezza, ruvidetto od aspro al tatto da una mol-
titudine di minutissimi aculei, o di spinuzze a
pena sensibili, e quasi direbbesi nascoste.
SPECIE 1. Lombrico terrestre, o il Baco ter-
ragnolo, o anche il Verme della terra (L. Ter-
rester: fr. le Ver de terre – le Lombric ter-
restre – l’Entérion terrestre di Savigny: ted. der
eigentliche Regenwurm – eigene Erdwurm: ing.
the proper Earth-worm – Dew-worm). – Que-
sta specie porta anteriormente per di sopra una
maniera di cinturone di forma circolare (ephip-
pio circolari), ed ha otto distinte serie d’aculei
abdominali.
È dessa talmente comune anche tra noi, ove, quale
vero animale sotterraneo (animal subterraneum),
standosene sempre sotterra, nuoce moltissimo alle
nostre piante oleracee o culinarie, che può dirsi
niuno siavi che non la conosca. – Al di sotto
immediatamente della pelle di questo Verme, tro-
[Seite 32] vasi non di rado innicchiata un’ altra specie di
Vermi viscerali, ch’è stata riconosciuta essere una
Ascaride, e che fu perciò da taluno detta, non
senza ragione, Ascaride minutissima (Ascaris mi-
nutissima).
SPECIE 2. Lombrico variegato, o il Lombrico
screziato (L. Variegatus: fr. le Lombric bigarré:
ted. der bunfarbige Regenwurm?: ing. the spe-
ckled Earth-worm?). – Questa specie riesce tut-
ta quanta di color rufo, o fulvo rossastro, nel
fondo, tempestato di macchie più scure o bru-
no-fosche, e porta poi sei serie distinte d’aculei.
(Vedi Bonnet. Traité d’Insectologie, faciente parte del
Vol. I. delle sue OEuvres. Tab. 1. Fig. 1, 2, 3 e 4.).
Questa specie offre un animaletto lungo un pollice
e mezzo circa, e di colori assai vagamente scre-
ziati, che rinviensi non infrequente anche tra noi
negli stagni, nelle fosse, ne’ pantani ec. – Del
pari col nostro Lombrico terrestre comune, pos-
siede anche il variegato una così straordinaria, e
sorprendente forza di riproduzione, che, tagliando
via da un individuo una vigesimasesta parte, que-
sta piccolissima frazione, nel termine di pochi mesi,
può ridivenire un individuo completo, della me-
desima lunghezza che avea da prima l’intiero
Verme amputato. – La moltiplicazione della spe-
cie tra questi Vermi procede naturalmente in due
distinti modi, mentre son dessi atti, non meno a
propagarsi mercè di certi, quasi direbbersi, ger-
[Seite 33] mogliuzzi, che di quando in quando staccansi dal
corpo loro alla maniera de’ rampolli, de’ rimessi-
ticci o delle propaggini nelle piante, di quello
che il siano a moltiplicarsi, come tanti altri ani-
mali, mercè della fecondazione; nel qual caso poi
l’individuo, che fa le funzioni di femina, parto-
risce i Vermiccini vivi.
GENERE VI. Fasciola, o Planaria, od anche
Distoma, avvertendo però che questo nome me-
desimo, è già stato a bastanza plausibilmente ap-
plicato da Savigny per indicare un genere di Po-
lipaj tratto dagli Alcyones di Linneo (Fasciola
– Distoma di Rudolphi, di Cuvier e d’altri an-
cora – Planaria di Goeze: fr. Fasciole? –
Distome?: ted. Bindwurm? – Leberwurm?: ing.
Ribbon-worm? – Band-worm?). I Vermi ben
molti, che compongono questo genere, in cui con-
tansi oggimai quasi dugento specie cognite, hanno
sempre il corpo gelatinoso, appianatello, od al-
quanto sensibilmente depresso, e portano costan-
temente due pori al ventre (poro ventrali du-
plici).
SPECIE 1. Fasciola epatica (F. Hepatica –
Distoma hepaticum – Planaria hepatica: fr. la
Douve – le Distome hépatique: ted. die Egelsch-
necke – der eigentliche Leberwurm?: ing. the
Fluke). – Questa specie riesce molto schiacciata,
o compressa d’alto in basso, e d’altronde di
forma ovale (ovata), di color fosco o bruno
[Seite 34] scuro, ed è anteriormente fornita d’un tubetto
(antice tubulo instructa). (Vedi I.C. Schaeffers,
Egelschnecken ec. Fig. 1, 2 e 3, e così via fino alla Fig. 8.).
Dessa rinviensi a bastanza frequente anche fra
noi, tanto nel condotto epatico, che dicesi pro-
priamente il Coledoco, dell’ Uomo, quanto in quel-
lo di molti Mammiferi, seguatamente erbivori, e
soprattutto poi nelle Pecore, ed in altri analoghi
animali domestici.
SPECIE 2. Fasciola intestinale, od anche la
Fasciola de’ Pesci (F. Intestinalis: fr. la Fa-
sciole intestinale – la Douve des poissons? per
alcuni – e forse meglio le Distome divergent?
di Rudolphi, di Cuvier ec.: ted. der Riemen-
wurm – Fischrieme – Fick: ing. the Fish-rib-
bon-worm – Fish-fluke?). – Questa specie ha
il corpo conformato a foggia d’una fettuccia, o
d’ un nastricino, avente i lembi flessuosi ondulati
(corpore taeniolari marginibus undulatis). (Vedi
le Journal des Savans per l’anno 1726 a pag. 102.).
Incontrasi dessa frequente a bastanza anche tra
di noi, per entro alla cavità del ventre di molti
Pesci, e l’individuo ci se ne offre sempre in forma,
più che d’altro, d’un nastricino o, come s’è detto,
d’ una fettuccia ristretta e sottile; ed è cosa ve-
rissima, comunque strana assai, ch’ è accaduto
talora di trovarne qualche individuo pur tuttavia
vivo ne’ Pesci cotti, che stavansi trinciando in ta-
vola per mangiarli.
GENERE VII. Tenia, o Verme solitario (Tae-
nia – e già un tempo Lumbricus latus: fr. Ver
solitaire – Taenia: ted. Bandwurm – Nestel-
wurm – Kettenwurm: ing. Tape-worm – jointed
Worm). I Vermi di questo genere hanno sempre
il corpo appianato o piatto, tutto quanto compo-
sto di parti, l’una coll’ altre articolate, come chi
dicesse, con altrettante giunture, a foggia d’una
catenella o d’una collana (corpus planiusculum,
geniculatum), e colla bocca munita d’un sug-
gitojo formato di quattro distinti lobelli (os qua-
drilobum).
È questo un genere di Vermi ad un tempo
estesissimo, diffusissimo e degno di singolare at-
tenzione, non meno a riguardo della stranissima
conformazione e disposizione degli animaletti molto
numerosi che lo compongono, di quello che a
riguardo di que’ tanti, e spesse volte ostinatissimi
mali che, segnatamente parlando delle due specie
che sole noi qui accenneremo, ne sogliono accom-
pagnare la presenza nel corpo umano vivente. –
L’animaletto così articolato, o costituito di un
numero più o meno grande di membrature o di
parti, per mezzo dell’ acuminata sua proboscide,
o del suggitojo che ne sporge all’ infuora de’ quat-
tro lobetti ne’ quali ha il capo diviso1, attaccasi
[Seite 36] saldo all’inferno parete del tubo intestinale, ap-
punto, come se suggesse o poppasse. Alla testa
tiene poi immediatamente dietro, almeno nelle
due specie che citeremo, una maniera di collo,
fino in sommo grado e sottile, per non dirlo
anzi filiforme, cui vanno succedendo a poco a
poco articoli, o membretti sempre più vistosi e
grandicelli, i quali presi insieme vengono a for-
mare l’intiero individuo, o il corpo della Tenia,
rappresentante, come s’è detto, meglio d’ogni al-
tra cosa, una fettuccia o un nastricino. Osservasi
sopra cadauno de’ membretti più grandi, che riu-
niti formano sempre la porzione la più lunga del-
l’individuo, come chi dicesse, un’ovaja, il più
delle volte d’elegantissima apparenza, d’ordina-
rio rammentante quasi un fogliame, una frondi-
cina o simili, dall’ apertura o dalle due aper-
ture esistenti lungo il margine della quale, o ta-
lora anche nel largo, escono a tempo debito l’uova
del Verme. – Comunque sia, è però bene di no-
tar qui, come affatto erronea, l’idea che fe’ a que-
sta Tenia applicare l’incompetente nome di Verme
solitario, mentre troppo frequenti sono oggimai
divenuti gli esempi, tanto d’individui della nostra
specie, quanto d’altre specie d’animali, in ca-
[Seite 37] dauno de’ quali rinvengonsi a un tratto più e
più Tenie intiere e perfette, insieme riunite.
SPECIE 1. Tenia Solio, od anche la Tenia
cucurbitina, o il Verme cucurbitino, o finalmente
il Verme solitario lungo (T. Solium – Taenia
cucurbitina: fr. le Ver solitaire plus long – le
Taenia cucurbitain – le Cucurbitain: ted. der
langgliedrige Bandwurm: ing. the longst jointed-
Worm?). – Questa specie, che sembra propria
esclusivamente dell’ Uomo, ha allungatelli alquanto
gli articoli o i membretti ben molti, ond’ è com-
paginata; non ha se non un solo orificio margi-
nale, ed ha pinnata l’ovaja (Taenia humana ar-
ticulis oblongis, orificio marginali solitario, ova-
rio pinnato).
Dessa è indigena anche fra noi, ed in Germa-
nia può dirsi che costituisca il più frequente del
Vermi intestinali infestanti la specie umana. –
Vive essa, com’ eziandio la specie susseguente,
quasi costantemente nelle nostre intestina tenui.
– I così detti Vermetti cucurbitini (Vermes cu-
curbitini – Ascarides di Coulet: fr. les Vers
cucurbitains: ted. die Kürbskernwürmer), effet-
tivamente non sono altra cosa fuorchè altrettanti
articoli, o membretti posteriori, che vanno mano
mano staccandosi da questa medesima Tenia solio.
SPECIE 2. Tenia volgare, o anche la Tenia larga,
la Tenia comune, il Botriocefalo largo, o il
Verme solitario piu corto, per trasandare nella
[Seite 38] nostra lingua un buon numero d’altri nomi, che,
come scorgerassi dalla sinonimia, furono dati nel-
l’ altre lingue a questa specie medesima (T. vul-
garis di Linneo, di Werner, di Jordans e di
Blumenbach – Taenia lata dello stesso Linneo,
di Bloch, di Batsch, e di Calliste – Taenia gri-
sea di Pallas e di Schrank – Taenia mem-
branacea de’ predetti Pallas e Batsch – Taenia
tenella del ripetuto Pallas – Taenia dentata del
ripetuto Batsch, e di Gmelin – Halysis lata –
ed H. membranacea – e già prima Rhytelmin-
thus latus – ed anche Rhytis latus di Zeder –
Taenia larga di Cuvier – Botryocephalus latus1
dell’ Encyclopédie méthodique, dietro il succitato
Pallas: fr. le Botryocéphale de l’homme per La-
marck – le Botryocéphale dibotryde large di La-
mouroux: ted. der kurzgliedrige Bandwurm –
breitere Grubenkopf?: ing. the large Tape-worm?
shortst jointed Worm?). – Questa specie, da
quanto appare, propria anch’ essa esclusivamente
dell’ Uomo, ha molto men lunghi della precedente
i membretti o gli articoli trasversali e paralleli,
ond’ è compaginata; ha raddoppiato l’orificio la-
terale, ed ha l’ovaja stellata (Taenia humana
[Seite 39] articulis abbreviatis transversis, orificio laterali
duplici, ovario stellato).
Indigena essa pure tra di noi, può dirsi che
in alcune regioni d’Europa, come p.e. in Russia
e nella Svizzera, ma poi molto più raramente in
Inghilterra ed in Francia, la presenza negl’ indi-
vidui umani siane più frequente di quello che non
riescavi la specie precedente, a differenza di ciò
che accade in Germania, ove la specie precedente
suol essere più comune di questa ultima descritta.
Il Verme ne vien lungo da tre sino a sette metri (da
nove a ventidue piedi), e ben rade volte di più; lo che
è pochissimo in confronto delle parecchie centinaja di
piedi che conta bene spesso in lunghezza la specie pre-
cedente; la larghezza poi ne varia da tre millimetri, fino
a tre centimetri; il colore naturale n’è bianco, ma in-
gialla nell’ Alkool, o vi si fa grigio; la testa ne riesce bi-
slunghetta, con alcune fossette marginali allungatelle, che
talvolta confondonsi insieme anteriormente; il corpo n’è
schiacciato o compresso; i primi articoletti verso la testa
ne sono il più delle volte cortissimi, di modo che potreb-
bero pigliarsi piuttosto come semplici rugosità, ma i suc-
cessivi vanno poi allungandosi ed allargandosi più o meno
ne’ diversi individui; dal che deriva per avventura quella
farragine di nomi che gli fu veramente prodigata; i lembi
delle piccole membrature o degli articoletti ne sono, o
come chi dicesse merlati, o veramente flessuoso-ondulati;
le così detto ovaje, di colore rossastro o bruniccio, poste
nel bel mezzo degli articoletti, hanno nel loro centro il
doppio orificio, o le due boccuccie situate, la più grande
all’ innanzi, e la più piccola all’ indietro, e finalmente le
ova ne sono di forma elittica e molto ben grandicelle.
GENERE VIII. Idatide, od anche Idatula, o
Verme vescicolare (Hydatis: fr. Hydatide – Ver
vésiculaire – e già un tempo Hydatule: ted. Bla-
senwurm: ing Hydatides? – Bladder-worm?). I
Vermi di questo genere hanno il corpo loro quasi
conformato al modo medesimo delle Tenie, ma
terminante in una vescica, che sembra ripiena di
umore linfatico (corpus taeniiforme desinens in
vesicam lymphaticam), e la loro bocca poi è guer-
nita di quattro distinti lobetti (os quadrilobum).
La testa e la parte anteriore di questa non meno
strana maniera di Vermi, varie specie de’ quali
rinvengonsi abbastanza di frequente, tanto nelle
intestina, quanto ne’ diversi visceri, e quanto an-
cora in altri organi men nobili d’un buon nu-
mero di Mammiferi, hanno il più delle volte molta
rassomiglianza colle parti corrispondenti delle Te-
nie, o de’ così detti Vermi solitarii; ma la parte
posteriore del corpo ne suole terminar costante-
mente in una sorta di vescica, più o meno gran-
de, di forma ovale, e ripiena d’un liquore acqueo,
o piuttosto, come già accennammo, linfatico1.
SPECIE 1. Idatide Finna, o l’Idatide di Fin-
landia, od anche l’Idatide della cellulosa, o
l’ Idatide del Porco domestico (H. Finna – Cy-
sticercus cellulosae di Rudolphi? – Hydatigera
cellulosae di Lamarck – quando pure non cor-
risponda anche meglio al Polycephalus di Zeder?
– o all’ Echinococcus veterinorum dello stesso
Rudolphi?: fr. la Hydatide Finnoise – la Hyda-
tide des cochons – le Cysticerque du tissu cel-
lulaire – se pur non forse meglio l’Echinocoque
commun?: ted. die Finne: ing. the Finlander Hy-
datides? – Finnish Bladder-worm? – common
Hog-bladder-worm?). – Questa specie riesce in
complesso di forma conica; stassi racchiusa in una
doppia vescica, aderendone la base dell’ individuo
alla tonaca la più interna, ed ha la testa diretta
[Seite 42] verso il collo della vescica (Hydatis conica, ve-
sicae duplici inclusa, interiori basi sua adhaerens,
capite versus collum vesicae directo). (Vedi le pre-
citate mie Abbildungen naturhistorisch. Gegenstände, Tab. 39).
Indigena anche tra di noi, e frequentissima so-
prattutto nella carne muscolare del Majale o Porco
nostro domestico, si vuole che non sia stata rin-
venuta mai nel Cinghiale o Porco salvatico; v’ha
chi asserisce che, comunque estremamente di rado,
pure individui siansene riscontrati su i muscoli, so-
pra al cervello, ed anche in altre parti così del-
l’Uomo1, come d’alcune Scimmie. Malpighi fino
da’ suoi tempi avea già posta al tutto fuori di con-
tingenza l’animalità propria di questa Idatide. –
La speciale, da noi poco stante mentovata, circo-
stanza ch’essa non riscontrisi mai nel Cinghiale o
nel Porco salvatico, ma rinvengasi frequentissima
ne’ Majali o ne’ Porci che l’uomo seppe amman-
sare e rendere domestici presso di sè, sembra
porgerci un esempio palmare abbastanza di es-
seri o corpi organizzati, che debbono essere stati
creati, quasi diremmo, con seconda intenzione,
lungo tempo dopo che la prima Creazione aveva
già avuto effetto.
SPECIE 2. Idatide globosa, o anche il Cisti-
[Seite 43] cerco dal collo sottile, il Cisticerco tenuicollo
(H. Globosa – Cysticercus tenuicollis di Rudol-
phi?: fr. l’Hydatide globuleuse – le Cysticer-
que à col ètroit: ted. der kugelförmige Blasen-
wurm? – eyförmige Blasenwurm?: ing. the glo-
bulous Bladder-worm? – oval Hydatides?). –
Questa specie è semplice, di forma ovale; ha il
corpo distintamente articolato, irregolarmente ru-
goso ad un tempo, e come chi dicesse imbricato,
o sia a parti superficialmente dispostevi alla ma-
niera, secondo cui sogliono collocarsi l’embrici,
o le tegole su pe’ nostri tetti delle case. (Vedi
Goeze. Eingeweidewürmer, Tab. 17).
È dessa indigena anche fra noi, ove incontrasi,
più frequentemente che altrove, nel Peritoneo, od
anche sul fegato de’ Majali; ma rinviensi non di
rado eziandio in tali parti, e perfino nella Pleura
di molti altri nostri animali domestici, e ne’ Mam-
miferi salvatici loro affini. – La vescica ne riesce
spesse volte più grande d’un uovo di gallina; il
Verme ne suol essere lungo in tutto da uno o
due pollici, colla testa armata di quattro suggitoj,
e d’una proboscide coronata d’uncinetti, col collo
stretto e sottile, or più or meno allungato, e col
corpo alcune volte cilindrico, altre volte alcun poco
schiacciato.
SPECIE 3. Idatide cerebrale, o l’Idatide del
Cervello (H. Cerebralis – Coenurus cerebralis
di Rudolphi? – Polycephalus cerebralis di Ze-
[Seite 44] der?: fr. l’Hydatide du cerveau – le Cénure ce-
rebral? – le Polycéphale du cerveau: ted. die
Queese: ing. the brain’s Bladder-worm? – Sheep-
stagger-hydatides?). – Questa Idatide, conside-
randola come una vescica, consta di molti corpic-
ciuoli, o di parecchj Vermi, aventi la coda guer-
nita di due setole, insieme coadunati (Hydatis mul-
tiplex, corpusculis pluribus, cauda biseta, vesicae
communi adnatis). (Vedi Leske, vom Drehen der Schafe;
ch’è quanto dire della vertiginosità nelle Pecore. Leipzig. 1780,
in 8.).
È dessa indigena anche fra noi, e rinviensi se-
gnatamente nel cervello di quelle Pecore, o di
que’ Montoni, che soffrono, come si suol dire, il
Capogirlo o le Vertigini; malattia, detta allora pro-
priamente le Tournis da’ Francesi, Queesenköpfe,
od anche Segler – Segeler da’ Tedeschi, e Stag-
gers dagli Inglesi. – Pare però che anche ne’ Bo-
vini vertiginosi, la causa di così fatta loro malat-
tia sia alcuna volta ripetibile appunto dall’ aver
essi qualche Idatide nel cervello. – Il corpo n’è
allungatello alquanto, di forma quasi cilindrica,
rigato o rugoso, terminante in una vescichetta che
riesce comune, come s’ è detto già, a parecchi in-
dividui, tutti quanti sempre della specie medesima,
il capo de’ quali è munito anch’ esso di quattro
suggitoj, come la tromba o proboscide n’è ar-
mata d’uncinetti, quasi a quel modo medesimo
che sponemmo a riguardo della specie precedente.
[Seite 45] – Molti Elmintologisti aveano pigliato buonamente
questo Verme per una vera Tenia.
SPECIE 4. Idatide erratica, e per alcuni an-
che la Tenia erratica, o fors’ anche meglio l’E-
chinococco del Macacco (H. Erratica – Echi-
nococcus Simiae di Rudolphi?: fr. l’Hydatide
erratique – l’Echinocoque du Singe?: ted. der
Affen-blasenwurm?: ing. the Macaco’s Bladder-
worm?) – Questa specie, consideratane soltanto
la vescica, consta anch’ essa di parecchj corpic-
ciuoli di forma ovale, che risolvonsi in altret-
tanti Vermetti od individui distinti, nuotanti in-
sieme appunto per entro a quella vescica mede-
sima, che riesce loro comune a tutti (Hydatis
multiplex, corpusculis pluribus ovatis, vesicae
communi innatantibus). (Vedi le mie Abbild. natur-
historisch. Gegenstände. Tab. 79.).
È dessa esotica abitualmente per noi, e pre-
cisamente nel modo, giusta il quale mi feci
pure testè ad esporre, m’ avvenne di osservare
questi così fatti Vermi per entro alle molte Ida-
tidi o vesciche morbose, onde trovai tempestata
la maggior parte de’ visceri di un Macacco (Simia
cynomolgus), ch’ ebbi occasione di notomizzare.
Le vesciche costituenti questa maniera d’Idatidi,
possono variare sommamente a riguardo della gran-
dezza loro; sono formate d’una sola membrana
trasparente, e rinvengonsi piuttosto frequenti, tanto
ne’ visceri del torace, quanto ne’ visceri abdomi-
[Seite 46] nali appunto de’ Macacchi, ed anche di quell’ al-
tra Scimmia, che i Francesi chiamano volgarmente
le Magot (Simia inuus di Linneo), che non è
essa pure, giusta le più recenti distribuzioni delle
Scimmie, e a senso di Geoffroy de Sant’Hilaire,
se non una specie di novello genere Macaccus,
cui Desmarest diede non ha guari il nome di
Macaccus inuus citato già da noi, sotto alla spe-
cie Silvano tra le Scimmie, a pag. 151 del I.° Vo-
lume di questa traduzione, come indigeno del-
l’Affrica più settentrionale, e dell’ Indie Orientali,
e ridivenuto anche selvaggio ne’ dintorni di Gibil-
terra in Ispagna.
GENERE IX. Irudine, o Mignatta, od anche
Sanguetta, o Sanguisuga (Hirudo: fr. Sangsue:
ted. Blutegel: ing. Leech). I Vermi di questo
genere hanno sempre il corpo loro bislungo, e
di forma quasi cilindrica, che procede alla fog-
gia appunto d’alcuni altri Vermi, spingendosi in-
nanzi, mercè soprattutto dell’ abitudine che ha di
dilatare o di distendere, tanto la bocca, come
la coda, facendo prendere all’ una e all’ altra, al-
ternativamente giusta l’ occorrenza, una tal quale
apparenza globulare o sferoidale, o per dir me-
glio di disco, che serve all’ individuo di punto
di appoggio (corpus ... promovens se ore, cau-
daque in orbiculum dilatandis)1. Il disco della
[Seite 47] bocca n’è detto Capula, e Cotila poi quello della
coda.
SPECIE 1. Irudine medicinale, o anche la Mi-
gnatta de’ Chirurgi, la sanguisuga delle spezie-
rie, o finalmente la Sanguetta, o la Sanguisuga
propriamente detta (H. Medicinalis: fr. la Sangsue
médicale – la Sangsue des chirurgiens: ted. die
chirurgische Blutegel? – arzneyliche Blutegel?:
ing. the surgical Leech? – surgeon’s Leech?). –
Questa specie ha il suo corpo anelloso, e quasi ci-
lindrico, ma alcun poco depresso, o schiacciato
d’alto in basso; riesce per di sopra tutta quanta
di color nericcio, ad eccezione di sei righe, o
lineette gialle, alle intermediarie delle quali è,
come chi dicesse, aggiunto un piccolo arco, o
ciglio nero; mentre per di sotto è dessa di colore
grigio di cenere nel fondo, ma tempestata di tac-
cherelle, o macchiette nere. (Vedi Dillenius, nell’ Eph.
N.C. Cent. VII. Tab. 5.).
È dessa indigena in molte delle nostre acque
dolci, ed è realmente la specie migliore di cui
facciasi uso in medicina1 per le sottrazioni di san-
[Seite 48] gue locali; e quindi, per certi determinati paesi,
ov’è più frequente che altrove, presenta un ar-
ticolo a bastanza significante di commercio.
SPECIE 2. Irudine dalle otto Macchiete ocel-
lari, o la Mignatta ott’ occhiuta, e per taluno
anche talora la Sanguetta de’ Cavalli, o la Mi-
gnatta cavallina (H. Octoculata: fr. la Sangsue
à huit taches ocellaires: ted. die achtaugige Blu-
tegel? – Pferdegel?: ing. the horse’s Leech?
– eight-eyed Leech? – eight ponctunted Leech?).
– Questa specie ha anch’ essa il corpo terete e
depresso o schiacciato d’alto in basso; riesce in
complesso tutta di colore fosco, o bruno scuro,
a meno d’otto punti decisamente neri, che porta
sul disco che ne forma il grugno o lo bocca, e
che quasi quasi rammenterebbono, più che altro,
otto occhietti. (Vedi Schwedisch. Abhandlung. per l’an-
no 1757. Tab. 6. Fig. 5, 6, 7 e 8.).
Rinviensi indigena essa pure fra di noi, e sem-
bra esser quella stessa che attaccasi talora alle
gambe de’ Cavalli, o d’altri così fatti Quadrupedi,
mentre stanno dessi rinfrescandosi ne’ fossati ec.
– Essa non mette mai giù se non un uovo solo,
che da principio mostra di non contenere altro
che un semplice umore linfatico, ma dal quale
in progresso vanno poi mano mano uscendo or
otto, or dieci, e talora anche più Vermicciuoli
simili alla madre.
Molluschi, o Vermi molluschi (Mollusca: fr.
les Mollusques: ted. die Schleimthiere – weiche
Würmer – Mollusken?: ing. the tender Worms
– jelly Worms – Mollusks?).
I Vermi spettanti a quest’ Ordine sono, tutti
e sempre, come si suol dire, nudi, e tosto
distinguonsi, anche a prima giunta, da
quelli dell’ Ordine precedente, tanto pel
corpo, che ne riesce assai più mucilagi-
noso, o glutinoso, o vischioso che vogliasi
dirlo, quanto eziandio per le loro membra
esteriori assai più chiare, distinte e ma-
nifeste1. – Molti ve n’ha che hanno una
grandissima analogia o rassomiglianza con
quegli altri Vermi, o Molluschi, che dimo-
rano ne’niechj, o nelle conchiglie.
GENERE X. Limace, Lumaca o Lumaccia, o
anche Lumacone ignudo (Limax: fr. Limace: ted.
[Seite 50] Weg-schnecke – nache Schnecke: ing. Slug).
I Vermi spettanti a questo genere hanno il corpo
bislunghetto, e repente o strisciante sopra terra
(corpus oblungum repens); per di sopra portano
come uno scudo carnoso (supra clypeo carnoso),
e per di sotto, invece di piedi, hanno un disco
longitudinale piatto, che serve loro di base (subtus
disco longitudinali plano); lateralmente a mano
destra scorgesi in essi un foro, che serve loro ad
un tratto per l’uso degli organi della generazione,
e per l’uscita degli escrementi (foramen ... de-
xtrum pro genitalibus, et excrementis); portano
dessi finalmente quattro distinti palpi o tentacoli
al di sopra della bocca.
Questi Lumaconi ignudi, quanto alla forza di
riproduzione delle parti che vengano loro reci-
[Seite 51] se, non cedono in conto alcuno la mano a que-
gli altri Vermi loro analoghi, che denominiamo
Chiocciole volgarmente, e che potrebbero dirsi
benissimo Lumache dal nicchio, o Lumache dalla
chiocciola, quali sono quelle che ci accaderà di
enumerare in progresso nel genere Elice.
SPECIE 1. Limace atro, o il Lumacone neris-
simo (L. Ater – e forse meglio Arion empyricorum
ater di Fèrussac?: fr. la Limace noire: ted. die
schwarze nackte Schnecke: ing. the black Slug).
– Questa specie, indigena tra di noi, è tutta
quanta nericcia. (Vedi Lister, ex editione Huddesfordii.
Tab. 101. Fig. 102.).
SPECIE 2. Limace rufo, o il Lumacone bruno
rossastro (L. Rufus – e forse meglio anch’ esso
Arion empyricorum rufus di Fèrussac?: fr. la
Limace brun-rougeâtre: ted. die röthlich-braune
nackte Schnecke: ing. the brown-red Slug?). –
Questa specie, indigena anche fra noi, riesce ap-
punto di color rufo, o bruno rossiccio. (Vedi Li-
ster, c.s. Tab. 101. a, Fig. 103.).
SPECIE 3. Limace massimo, o la Lumaca nuda
maggiore, o anche il Lumacone propriamente detto
(L. Maximus – forse la stessa cosa col Limax
antiquorum di Fèrussac, e col L. cinereus di
Linneo?: fr. la grande Limace cendrée tachetée:
ted. die grösseste nackte Schnecke: ing. the grea-
test grey Slug). – Questa specie riesce nel fondo
tutta quanta del color grigio della cenere, ma è
[Seite 52] poi tempestata di macchie scure, ed è indigena an-
che fra di noi. (Vedi Lister, c.s. Tab. 101, a, F. 104.).
SPECIE 4. Limace agreste, o la Lumaca nuda
de’ campi, o anche il Lumacone campestre (L.
Agrestis: fr. la Limace agreste: ted. die Acker-
schnecke: ing. the rural Slug?). – Questa spe-
cie, indigena anch’ essa fra noi, riesce essa pure
di un color grigio analogo a quello della cenere,
ma non ha alcuna macchia, e riesce un cotal
poco più piccola della specie precedente. (Vedi
Lister, come sopra, Tab. 101. Fig. 101.).
Queste quattro specie di Lumaconi nudi no-
strani, per trasandarne in silenzio molte altre an-
cora, ci divengono in sommo grado nocive, a ri-
guardo del molto maggior raccolto, che avrebbesi,
senz’ esse, potuto fare dalle campagne coltivate1,
segnatamente in quelle annate, nelle quali la pri-
mavera sia riuscita umida molto2. – Una solu-
[Seite 53] zione molto carica di Gomma è stata suggerita co-
me un buon preservativo contro questi Molluschi.
GENERE XI. Aplisia, od anche Polmone ma-
rino, o Leprie di mare per molti, e più trivial-
mente ancora Potta marina (Aplysia – e già
prima Laplysia per Linneo, sebbene di certo per
abbaglio: fr. Aplysie: ted. Seehase-wurm? –
Aplysia?: ing. Aplysia? – Sea-hare-worm?).
[Seite 54] I Vermi di questo genere, somiglianti più che ad
altro ad un’ orecchia di Quadrupede, tra le cinque
o sei specie de’ quali infino ad ora conosciute, noi
non ne accenneremo qui ora se non una sola,
hanno il corpo repente, strisciantesi o strascinan-
tesi in fondo al mare su per gli scogli, o sulle
pietre; sulla schiena portano, come chi dicesse,
uno scudo di natura membranosa; lateralmente a
man destra hanno un pertugio, che serve loro per
l’uso delle parti della generazione, ed hanno fi-
nalmente l’apertura dell’ ano situata al di sopra
dell’ estremità della schiena.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Aplisia spelante, o il Lepre di mare dipelante,
o anche, ma però con minore decenza, la vera
Potta di mare (A. Depilans – Lernaea di Bo-
hadsch – Lepus marinus 1.a Sp. di Rondelet e
dell’ Aldrovando – Thetis limacina – ed anche
Laplysia depilans di Linneo e d’altri: fr. l’A-
plysie dépilatoire, – e vulgo poi, in qualche
luogo delle Coste, le Liévre marin, e in altre lo-
calità le Chat de mer: ted. die Giftkuttel: ing.
the depilating Aplysia?). – Questa specie è mu-
nita di quattro distinti tentacoli, o palpi che vo-
gliansi dire. (Vedi Pennant’s British Zoology. IV. Tab. 21.
Fig. 21.).
È dessa indigena di molti mari, ma sembra, più che
altrove, frequente ne’mari che stanno presso alle terre,
e quindi ne’ così detti mari Mediterranei, come è il no-
[Seite 55] stro ec. – Non sussiste fatto alcuno che provi esser essa
venefica, come in addietro spacciavasi affatto arbitraria-
mente, ma solo tramanda un tal quale odore piuttosto
ingrato, che, giunto alla bruttissima forma del Verme o
Mollusco, ha probabilmente ostato a ciò che ce ne cibia-
mo, a quel modo che di tanti altri usiamo fare. – Ciò
che però nelle Aplisie sussiste in realtà, si è che, co-
munque assai di rado, pur pure in qualche particolare
circostanza emetton esse, da un meato, che sta loro presso
all’ organo feminile, un umore bianchiccio, che, sicco-
me è stato riconosciuto d’indole acre, e in certo tal qual
modo caustica, può forse aver dato ansa a farle sempre
riguardare come velenose; ma in ben maggior copia sem-
bra trassudare frequentemente da’ pori della loro pelle,
quando appena vengono irritate, un altro liquore, che
può forse divenire importantissimo per la tintura, atteso
che riesce d’un intensissimo colore rosso purpureo, di
tanta potenza da colorarne, a modo di vino, con quello
che ne dà un solo individuo cresciuto a dovere, un buon
secchio d’acqua. Questa singolare materia colorante sta
nelle Aplisie raccolta al di sotto del loro scudetto dor-
sale, ed emettonla anch’ esse per intorbidar l’ acqua, a
un di presso a quel modo, che sogliono fare del così detto
loro inchiostro, alcune Seppie, come la Lolligine, il To-
tano o la Calamaja. – Sembra che questo Mollusco rie-
sca strabocchevolmente fecondo, soprattutto in certe de
terminate stagioni, a ciò più dell’ altre appropriate, e v’è
qualche dato per credere, che crescano anche prestissi-
mo, a segno di pervenir forse nel solo spazio di due mesi a
tutta la possibile loro maggior mole.
GENERE XII. Doride (Doris: fr. Doris: ted.
Doris?: ing. Doris?). I Vermi o Molluschi di
ben molte specie appartenenti a questo genere,
[Seite 56] ma de’ quali noi non citeremo qui che un esem-
pio solo, hanno anch’ essi il corpo repente, stra-
scinantesi o strisciante sulla terra in fondo al
mare, come fanno i nostri Lumaconi fuor di
acqua, bislunghetto, e piano poi od appianato
per di sotto; hanno la bocca situata al di sotto
della parte anteriore della testa (os antice subtus),
e per di dietro hanno l’ano, o vogliasi dire il foro
destinato all’ uscita degli escrementi, circondato per
di sopra da alcune serie di peluzzi, disposti a modo
di ciglia (anus postice, supra cinctus ciliis); sono
muniti per davanti sul corpo loro di due palpi
o tentacoli retrattili, o ritraibili in due fori che
loro corrispondono, e ne’ quali rimangono all’ oc-
correnza occultati (tentacula 2, supra corpus an-
tice, intra foramina retractilia).
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Doride Argo (D. Argo – Doris Argus di La-
marck – Argo di Bohadsch – Lepus marinus
minor di Fab. Colonna: fr. la Doris Argus: ted. die
Argo-Doris?: ing. the Argo-Doris?). – Questa
specie riesce in complesso di forma ovale, bislun-
ghetta, e depressa, od alquanto schiacciata; ha il
corpo liscio, o glabro tutto quanto, per di sopra
del colore dello scarlato, e del resto azzurrognolo;
porta presso alla bocca due palpi o tentacoli, ed
ha finalmente l’ ano guernito di peluzzi crespi e
ricciuti a modo di ciglia (ano ciliato phrygio).
(Vedi Pennant’s British Zoology. Tab. 22. Fig. 22.).
È dessa indigena di parecchj mari, ma rinviensi an-
che nel nostro Mediterraneo, e più frequentemente che
altrove, nel golfo di Napoli, prediligendo sempre marca-
tamente que’ luoghi, che abbondano di quella produzione
che denominasi Varec, di cui sembra cibarsi abitualmen-
te. – Gl’ individui ne sono sempre tutti quanti ermafro-
diti, ed accoppiansi cadauno reciprocamente in doppio
nell’ istesso tempo, vale a dire, sia come maschi, sia co-
me femine. – Questa specie era nota anche agli antichi,
all’ osservazione de’ quali non era sfuggita la forma stra-
na e la singolare disposizione de’ tentacoli, onde va essa
fornita, costituiti di globicini sostenuti da una maniera
di picciuolo. È dessa inoltre munita come di due tron-
chi di branchie frastagliate, quasi direbbesi in sei, od
anche in otto distinti alberetti, e retrattili o ritraibili
nelle corrispondentivi cavità, o fossette branchiali, a
piacere dell’ animaletto, che vien lungo tre pollici e mezzo
circa, largo due pollici, e grosso o spesso d’un mezzo
pollice o poco più.
GENERE XIII. Glauco (Glaucus: fr. Glauque:
ted. Blaulingwurm? – Blaulingschleimthier? –
Glaucus?: ing. Glaucus?). Questo genere, che
sembra non racchiudere insino ad ora se non sol-
tanto la specie che noi qui ne accenneremo, ha
per caratteri, un corpo quasi gelatinoso, bislun-
ghetto, presso a poco cilindrico, pertugiato lateral-
mente in due luoghi (corpus... pertusum forami-
nulis lateralibus duobus), con una testa cortissima
davanti, ed una codicina sottile e lesiniforme per di
dietro, con una bocca conformata a proboscide, con
quattro palpi o tentacoli, e con di più otto distinti
[Seite 58] arti, o piuttosto natatoje branchiali, che direbbonsi
quasi braccia, palmate e digitate alla loro estre-
mità (brachia 8 palmata), ed avente aperti la-
teralmente a mano destra i due meati, l’uno dei
quali corrisponde agli organi della generazione,
mentre l’altro ne forma l’ano.
SPECIE 1. ed anzi UNICA in fino ad ora. Glau-
co Atlantico, o il Glauco del mare Atlantico
(G. Atlanticus – Glaucus Forsteri di Lamarck:
fr. le Glauque Atlantique – le Glauque di Forster
– la Scyllée nacrée di Bosc: ted. der Forsters
Glaucus? – Atlantische Blaulingschleimthiere?:
ing. the Atlantic Glaucus? – west-sea’s Glau-
cus?). – Questa specie, oltre a’caratteri indi-
cati pel genere, ha pur quello d’esser tutta quanta
propriamente glauca, o d’un bel colore azzurro-
gnolo chiaro, perlaceo ad un tempo e qua e là
alcun poco argentino. Vive ne’ mari caldi molto,
ma rinviensi anche nel Mediterraneo.
GENERE XIV. Afrodite (Aphrodita – e forse
meglio Halithea?: fr. Aphrodite – Halithée?: ted.
Seeraupe?: ing. Sea-mole – Sea-grube?). I Vermi
di questo genere, d’una sola specie de’ quali ter-
remo qui conto, hanno anch’ essi il corpo repente,
ch’ è quanto dire strisciante, o strascinantesi in
fondo al mare, bislungo alquanto, piuttosto de-
presso o schiacciatello d’alto in basso, e in certo
tal qual modo articolato, con questi supposti suoi
arti disposti per fasci ad ambe le parti, e coperti
[Seite 59] o di setole o di peli (articuli utrinque fascicu-
lati, setfieri, pilosi); la bocca ne è retrattile o
ritraibile all’ indietro, e così in parie occultabile,
ed hanno finalmente due palpi o tentacoli, in tal
caso più acconciamente detti Sifoncini, confor-
mati ad anella (tentacola, seu siphunculi 2 an-
nulati).
SPECIE 1 ed anzi UNICA qui ora per noi. Afro-
dite aculeata, o anche la Talpa marina (A. Acu-
leata – Halithea aculcata di Savigny – già un
tempo Physalus dello Swammerdam, che ne diede
un’ ottima figura – ed Hystrix marina del Redi:
fr. l’Aphrodite hérissée – la Halithée hérissée
– e vulgo poi la Taupe de mer – la grosse Sco-
lopendre de mer: ted. der Goldwurm: ing. the
Sea-gold-worm?). – Questa specie riesce in com-
plesso di forma ovale, e rivestita ad un tempo
di setole irte, e d’aculei (Aphrodites ovalis hir-
suta aculeata). In ogui individuo si possono con-
tare d’ambe le parti da trentadue di quegli arti
qui sopra rammentati, e che noi denomineremmo
volontieri piedi (pedibus utrinque 32). (Vedi
Swammerdam, Biblia naturae. Tab. 10. Fig. 8.).
Oltre a qualche altra località, è dessa indigena
particolarmente del Mar del Norte. – Gli aculei
ed i crini, o vogliansi dire le setole, onde riesce
ad ambo i lati coperto questo Mollusco, risplen-
dono come se fossero di fuoco, soprattutto se tro-
vinsi esposti in acconcia direzione a’ raggi del sole;
[Seite 60] qualche volta tramandano una luce azzurrognola,
quale suol essere quella dello zolfo che arda, ed
altre volte brillano d’altri colori diversi.
SPECIE XV. Anfitrite, od Anfictena (Am-
phitrites – Amphicténe di Savigny: fr. Amphi-
trite – Amphicténe?: ted. Sandköcher – wal-
zenförmige Wasserwurm? – Meerpinzel?: ing.
Amphitrites?). I Vermi attenenti a questo genere
hanno il corpo, che prolungasi terminando in un
tubetto, e conformato ad anella (corpus proten-
sum in tubulo, annulatum); hanno le loro zam-
pettine, o per meglio dire i loro picciuoli o pedun-
coli tempestati di verruche (pedunculi verrucosi),
ed hanno i palpi loro, o tentacoli che vogliansi
dire, ravvicinati l’uno all’altro, terminanti in
punta, e piumosi (tentacula acuminata appro-
ximata, piumosa).
SPECIE 1 ed anzi UNICA qui ora per noi. An-
fitrite Auricoma, od anche l’Anfictena dalla
chioma bionda (A. Auricoma – Amphictene au-
ricoma di Savigny: – Amphictene auricoma Bel-
gica di Cuvier: fr. l’Amphitrite dorée – l’Am-
phictène dorée: ted. der blondhaarige Sandkö-
cher? – die goldene Amphitrites?: ing. the gilded
Sea-pencil? – Gold-amphitrites?). – Questa spe-
cie è da ambe le parti munita di due ciri o fi-
lamenti ricci, e per davanti poi di palpi o tenta-
coli lunghi, dorati, piuttosto duretti e pettiniformi,
presso alla loro base coperti d’un velo membra-
[Seite 61] noso merlato, con inoltre quattro branchie situate
inferiormente, non del tutto libere, e pettiniformi
anch’ esse (anterius tentaculis pectiniformibus au-
ratis rigidis). (Vedi Pallas, Miscellanea zoologica. Tab. 9.
Fig. 3.).
È dessa indigena propriamente de’ Mari setten-
trionali, come, per cagion d’esempio, del così
detto Mare del Norte, e d’altri così fatti, ma però
incontrasi anche presso alle Coste settentrionali
della Francia. – Questo Mollusco, del pari che
alcuni altri suoi congeneri, stassene abitualmente
in una foggia di nicchio dilicatissimo, di figura che
s’accosta alla conica, costituito il più delle volte
da un semplice straterello d’innumerevoli gra-
nellini, gli uni presso agli altri insieme a vicenda
agglutinati in una maniera realmente mirabile.
GENERE XVI. Nereide (Nereis: fr. Néréïde:
ted. Nereide? – Sea-tausendbein?: ing. Nereis?).
I Vermi o Molluschi, spettanti a questo genere,
de’ quali non possiam dare se non un esempio
solo, hanno il corpo loro repente, strisciante o
strascinantesi, bislungo e lineare, co’ peduncoli o
picciuoli laterali conformati a foggia di piccoli pen-
nelli (pedunculi laterales pennicillati), e co’ palpi
o tentacoli di forma semplicissima (tentacula sim-
plicia).
SPECIE 1 ed anzi UNICA qui ora per noi. Ne-
reide Noctiluca (Nereis Noctiluca – forse Noc-
tiluca di Lamarck? – o fors’ anche una specie
[Seite 62] particolare di Medusa?: fr. la Néréïde luisante
– la Noctiluque? – la Néréïde phosphorescente?:
ted. die bey nacht leuchtende Nereis?: ing. the
night-shining Nereis?). – Questa specie consta
di ventitre segmenti (Nereis segmentis 23); il
corpo ne è tanto trasparente ad un tempo ed
esile, che riesce appena discernibile (corpore vix
conspicuo).
Rinviensi dessa, in certe determinate stagioni,
anche ne’ Mari che bagnano la nostra Europa,
e non è per niente improbabile che, almeno in
qualche parte, siale dovuta quella luce, o quel not-
turno fosforeggiamento, che da quando a quando
ammirasi in certi paraggi1.
GENERE XVII. Naide, od anche essa Nereide,
se pure non forse meglio Stilaria? (Nais di Müller
– e Nereis di Linneo – e forse meglio Stylaria,
con Lamarck, precisamente nel caso presente: fr.
[Seite 63] Naïs – Millepied d’eau – ma meglio per avven-
tura nel caso nostro Stylaire?: ted. Wasser-
schlängelchen – Naïs?: ing. Naïs? – Sea-thou-
sand-legs?). I Molluschi spettanti a questo ge-
nere, instituito da Müller sotto il nome di Naide,
ed ammesso da Trembley, da Roesel e da molti
altri, fra’ quali Lamarck, che però ne sottrasse,
per farne il suo novello genere Stylaria, la sola
specie qui nel presente nostro Testo riportatane,
hanno sempre un corpo lineare, quasi affatto tra-
sparente, depresso o schiacciato d’alto in basso,
e fornito di peduncoli, che per poco si direbbono
sete (corpus ... setis pedunculatum); mancano
dessi affatto di palpi o tentacoli.
Questa maniera di Vermi propaga, almeno a
quanto pretendesi, la propria specie in un modo
affatto particolare1, e che, nel supposto che venga
ad avverarsi, merita d’essere qui fatto succin-
tamente conoscere. L’ultimo articolo di qualsivo-
glia individuo, che ne è sempre formato di pa-
recchie sezioni, o membrature insieme articolate
l’una coll’ altra, comincia in una certa epoca a
crescere, in confronto assai più che nol faccia tutto
il rimanente, e va poi mano mano amplificandosi
e distendendosi semprepiù, fino al segno di for-
[Seite 64] mare di per sè solo un novello individuo perfetto,
il quale, dopo qualche tempo, staccasi affatto
dal corpo dell’ antica Naide onde deriva, se pu-
re, anche prima di staccarsene, non gli accade,
come talvolta si vide, di produrre e d’emettere da
sè altri individui, nascenti sempre allo stesso mo-
do, vale a dire mercè dell’ estensione, e dell’ in-
cremento successivo dell’ ultima sua membratura,
o dell’ estremo suo articoletto. Ciò però non to-
glie che per lo meno alcune Naidi, e frall’ altre
quella stessa, di cui sola siamo per far qui men-
zione, oltre al possedere questo strano modo di
riproduzione, non siano atte eziandio a propagare
la specie loro per mezzo dell’ ova, che dimettono
fecondate, in conseguenza del preceduto effettivo
accoppiamento di due individui.
SPECIE 1 ed anzi UNICA qui ora per noi, co-
m’ è unica assolutamente, considerandola quale
specie del novello genere Stilaria di Lamarck,
Naide proboscidea, o talora la Nereide lacustre,
e meglio forse ancora la Stilaria delle paludi,
o la Stilaria dalla proboscide (N. Proboscidea
– Nereis lacustris di Linneo – Stylaria palu-
dosa di Lamarck?: fr. la Naïs à trompe – la
Stylaire à trompe?: ted. das schlurfrüssels Wasser-
schlängelchen: ing. the proboscis-bearing Nais?).
– Questa specie, munita d’una tromba, o pro-
boscide più o meno lunga, della forma quasi d’un
palpo o tentacolo, porta in su i lati alcune setole
[Seite 65] isolate o solitarie, e sul capo vi si scorgono due
puntini rammentanti due occhi. (Vedi Roesel’s Hist.
der Polypen. Tab. 78. Fig. 16 e 17.).
Essa rinviensi indigena anche fra noi, e suol
essere anzi comunissima appunto nell’ acque mor-
te, nei luoghi paludosi, nelle maremme, e perfi-
no nella fanghiglia delle pozzanghere, o simili.
GENERE XVIII. Ascidia, od anche Fodero di
mare (Ascidia – Ascidium: fr. Ascidie – e vulgo
Étui de mer? – Fourreau de mer?: ted. Seescheide?
– Meerscheide? – Seescham? – Meerscham?:
ing. Ascidia: – Sea-case?). I Molluschi di que-
sto genere, che non sono pochi, ma de’ quali noi
qui non terremo conto se non d’una specie sol-
tanto, privi di locomotività, hanno infisso al suolo
o in qualche scoglio nell’ acque, il corpo loro te-
rete più che altro, ed inguainato (corpus fixum
teretiusculum, vaginans), e nella parte loro an-
teriore la più elevata, hanno dessi due distinti
meati, l’uno de’ quali posto alla sommità affatto,
e l’altro un tantino al di sotto (aperturae binae
ad summitatem: altera humiliore.).
Essi rimangonsene costantemente attaccati alle
rupi o agli scogli, il più delle volte presso al
lido, e sono conformati in modo che possono a
loro beneplacito schizzare a ragguardevoli distanze
l’acqua che assumono nel loro corpo.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Ascidia intestinale (A. Intestinalis: fr. l’Ascidie
[Seite 66] intestinale: ted. die Darmscheide?: ing. the bo-
wel-like Sea-case? – Bowel-ascidia?). – Que-
sta specie riesce bianca, glabra affatto, o morbida
al tatto, e può dirsi propriamente membranosa
(Ascidia laevis alba membranacea).
Essa non rinviensi indigena e comunissima se
non ne’ mari i più settentrionali, e segnatamente
poi nell’ Oceano del Nord.
GENERE XIX. Actinia, Attinia, od eziandio A-
nemone di mare (Actinia – ed anche un tempo
Urtica marina, sebbene troppo impropriamente,
da che non ve n’è che una specie sola, non ri-
portata nel presente Testo, vale a dire la Acti-
nia verde di Forskahl, che abbia in comune
colle Meduse l’attitudine ad orticare chiunque
la tocchi: fr. Actinie – Anemone de mer –
Cul d’ane – Cul de cheval: ted. Seeanemone
– Meernessel? – Klipprose: ing. Sea-anemo-
ne?). I Molluschi spettanti a questo genere,
tralle moltissime specie de’ quali d’una sola in-
tendiamo per ora di rendere qui conto, hanno il
loro corpo carnoso, molle, bislunghetto, di forma
subcilindrica o terete, contraibile ed estensibile,
e fissantesi od affiggentesi per la base agli sco-
gli, alle rupi, o ad altri così fatti oggetti solidi
sottomarini, col margine della sua sommità, por-
tante nel bel mezzo una bocca, che serve loro con-
temporaneamente anche per l’uso delle ejezioni al-
vine, per la evacuazione degli escrementi, orlata
[Seite 67] internamente da una, o più serie di palpi o ten-
tacoli, che sta in pieno arbitrio dell’ individuo di
distendere, sicchè si veggano manifesti e ram-
mentanti allora appunto un bel fiore d’anemone,
o di ritirarli e di nasconderli sotto dell’ esterno
suo inviluppo, ripiegandoseli sulla bocca (corpus ...
teres, apicis margine dilatabili intus tentaculato,
os terminale centrale ambiente).
Questi Molluschi posseggono tutti una forza di
riproduzione, che di certo non iscade per nulla
in confronto di quella grandissima, che è propria
de’ Polipi; sicchè qualunque porzione se ne am-
puti, hasta, generalmente di per sè sola, quando
però le circostanze vi si prestino favorevoli, a ri-
produrre col tempo un individuo completo.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Actinia senile, od anche l’Attinia rugosa (A.
Senilis: fr. l’Actinie ridée: ted. die Runzelane-
mone?: ing. the wrinkled Sea-anemone?). –
Questa specie ha il corpo suo quasi cilindrico, e
riesce rugosa molto, a righe disposte in traverso.
(Vedi Philosophical Transactions. Vol. LXIII. Tab. 16. sq.
Fig. 10. sq.).
Tanto questa, quanto parecchie altre specie d’Actinia,
rinvengonsi in quasi tutti i mari, e non sono infrequenti
anche nel nostro Mediterraneo, ove alcune ne sono ricer-
catissime quali bocconi ghiotti assai, come per gl’italiani
lo è, frall’ altre, l’Actinia giudaica, o il Garofano di mare
Actinia Judaica, fr. l’Actinie oeillet de mer; ted. die
Meernelke; ing. the carnations Sea-anemone?) – Le
[Seite 68] Actinie sono ad un tempo gemmipare, ovipare o vivipa-
re. – Un minimo frammento lacerato via da un individuo,
vive e può riprodurre, entro non molto tempo, un in-
dividuo perfettamente simile a quello onde fu staccato. –
Vivon desse di Meduse, di Crostacei, d’altri Molluschi
ed anche di Pesciatelli, che pigliano co’ loro tentacoli,
rigettando ciò che non fa per loro. – Gli estremi limiti
di temperatura, a’ quali possono reggersi invita, sono il
grado 12.° Reaumuriano sotto lo zero, e il grado posi-
tivo 49.°; reggono talora anche un buon tratto fuor di
acqua, ma allora restringonsi assai; ed è precisamente in
quel tempo che fanno pompa di schizzettare a vistose
distanze l’acqua ond’ eransi tenute piene. Seno poi ani-
mali in sommo grado sensibili ed irritabilissimi, e sembra
che il loro così tenacemente aderire al fondo, o agli sco-
gli, non derivi già da una colla, o da un tal quale vischio,
che, emessone, siasi seccato, ma ben piuttosto dal vuoto,
ch’ esse abbianvi fatto da principio, e poscia dalla stessa
loro permanente contrattilità. Aggiunta del T.
GENERE XX. Oloturia, o Priapo di mare (Ho-
lothuria – e già prima Priapus di Linneo –
e per altri più anticamente Purgamenta maris –
o Pudenda marina: fr. Holothurie – Fistulide di
Lamarck – Actinie di Hill, Brown e Baster
– Hydre di Gaertner e di Boadsch: ted. Holo-
thurie – ed anche Seeblase per taluni, ma meno
acconciamente, questo nome essendo già stato me-
glio applicato al successivo genere Physalia: ing.
Holothurie?). I Vermi o Molluschi di questo ge-
nere, racchiudente alcune specie non gran fatto
numerose, una sola delle quali trasceglieremo
[Seite 69] qui ora, onde porgerne un esempio, hanno sem-
pre il loro corpo libero, di forma più che altro
cilindrica, spesso, molliccio, coperto d’una cute
dura, densa, coriacea, mobile o contrattile in
sommo grado, e tutta quanta tempestata di pa-
pille vuote, o di tubercoli tubiformi, e retrattili
anch’ essi, che servono all’ animale onde attac-
carsi qua e là tenacissimamente per suggimento,
a quel modo che fanno le coppette applicate,
come si suole, sulla nostra pelle, ed hanno poi
terminale, od aperta in cima alla estremità ante-
riore del corpo, la bocca loro, attorniata da ten-
tacoli o palpi lateralmente divisi, quasi chi di-
cesse ramificantisi o pinnati, ed armati di cinque
denti di sostanza calcarea od ossea, col foro del-
l’ ano situato posteriormente alla parte estrema o
terminale, opposta a quella ov’ è collocata la bocca.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Oloturia tubulosa (H. Tubularis – Holothuria
tremula di Linneo: fr. l’Holothurie tubuleuse:
ted. die Rohrenholothurie?: ing. the tubulous Ho-
lothuria?). – Questa specie ha i tentacoli di-
sposti per fascetti (tentaculis fasciculatis), e lungo
il corpo poi, ha le papille, qua di forma più che al-
tro conica, e là invece di forma cilindrica. (Vedi
Fr. Tiedemann’s Anatomie der Rohrenholothurie, des po-
meranzfarbigen Seesterns, und Stein-see-igels; opera stam-
pata a Landshut, nell’ anno 1816 in folio, con rami. Fig. 1.).
È dessa indigena di parecchj mari, e fra gli
[Seite 70] altri, anche del nostro Mediterraneo; ma le spe-
cie ne son poche, e radi gl’ individui.
GENERE XXI. Tetide (Tethys: fr. Tethys:
ted. Tethys?: ing. Tethys?). I Vermi o Mollu-
schi appartenenti a questo genere, una sola delle
specie de’ quali trasceglieremo ora qui, onde ci-
tarne almeno un esempio, hanno il corpo liber,
piuttosto bislunghetto, carnoso e senza pure l’appa-
renza d’articoli, che ne rammentino i piedi (corpus
liberum, oblongiusculum, carnosum, apodum);
hanno anch’ essi la bocca terminale, ma conformata
a foggia di tromba o di proboscide cilindrica, di-
spiegantesi o sviluppantesi al di sotto del labbro
(os proboscide terminali, cylindrico, sub labio
explicato), e portano finalmente due fori, amen-
due sulla parte sinistra del collo.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Tetide leporina (T. Leporina – Lepus ma-
rinus maior di Fab. Colonna: fr. la Tethyde
léporine – e talora volgarmente anche le Lié-
vre de mer?: ted. die hasenartige Tethys?: ing.
the Hare-tethys?). – Questa specie ha il lab-
bro guernito come d’un ciglio (Tethys labro ci-
liato). (Vedi Fabii Columnae, de Purpura, a pag. XXVI.).
È dessa indigena del nostro Mare mediterraneo.
GENERE XXII. Fisalia, od anche volgarmente
Vescica di mare (Physalia di Lamarck, e d’altri
– e già un tempo Holothuria physalis di Lin-
neo: fr. Physalie: ted. Seeblase: ing. Sea-blad-
[Seite 71] der?). I Vermi o Molluschi di questo genere, a
riguardo del quale non porgeremo qui se non un
esempio solo, hanno il corpo libero, in forma di
una vescica bislunga od allungata molto, e piena
d’aria, e portano poi sul dorso una tal quale cresta
assai vistosa, che può servire talora benissimo al-
l’ animale ad uso di vela (corpus liberum ....,
dorso cristato velificans); in sull’ abdomine hanno
dessi inoltre un gran numero di palpi o tentacoli
filiformi, cadenti all’ ingiù penzoloni, vuoti per
di dentro, e terminanti in un orificio peltato o
guernito d’una rotellina, a foggia di mezzaluna
(tentacula abdominalia .... cava, ore terminali
peltato instructa1).
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Fisalia Aretusa, o la Galera, la Vescica di
mare da’ molti palpi, l’Ortica di mare, od an-
che la Talide tentacolata (L. Arethusa: fr. la
Physalie Aréthuse – e già prima la Holothurie
Aréthuse – la Thalide à tentacules, – ma più
volgarmente poi, ora la Frégate, ora la Galére,
qua la Vélelle, e la fors’ anco la Vélette?: ted. die
Arethusa-seeblase?: ing. the Portuguese man of
war). – Questa specie ha il corpo conformato
quasi alla maniera d’un pero (corpore pyriformi),
[Seite 72] colla bocca armata come d’un becco conico (ro-
stro conico), ed è munita di palpi o tentacoli lun-
ghissimi (tentaculis longissimis). (Vedi l’Atlante del
viaggio intorno al Globo del prelodato Krusenstern. Tab. 23.).
È dessa indigena di parecchj mari, ma segna-
tamente poi dell’ Oceano Atlantico. – Dal corpo
di questo singolarissimo animale, grosso a un di-
presso quanto può esserlo un pugno umano, com-
posto d’una tenera e dilicata pelle membranacea
ripiena d’aria, d’un colore turchiniccio nel fondo,
ma scherzante assai leggiadramente in sul rosso,
pendono all’ ingiù certi lunghi filamenti, in singolar
modo estensibili e dilatabili, che ne nascondono
la parte corrispondente allo stomaco, e che, toc-
candoli, cagionano numerose cocciuole, con un bru-
cior di pelle, analogo bensì, ma di gran lunga
maggiore di quello che possano mai fare le or-
tiche. – Lungo la schiena di questa vivente ve-
scica scorre, come accennammo poco sopra, a
modo quasi di cresta o di criniera, una pelle pie-
ruzzata, o una membrana molle ed increspata
di cui l’animale suole far uso nuotando, opportu-
nissimamente, disponendola contro del vento per
giovarsene a guisa d’una vela.
GENERE XXIII. Talia, od anche Salpa per ta-
luni, (Thalia – Salpa di De Chamisso1: fr. Tha-
[Seite 73] lie: ted. Thalia?: ing. Thalia?). I Vermi o Mol-
luschi appartenenti a questo genere, tra’ quali una
specie sola addurremo noi qui in esempio, hanno
sempre il corpo libero, bislungo, di natura quasi
affatto gelatinosa, e diafano; ad onta però della
loro pellucidità, suol trasparirne distinto sempre e
manifesto il tubo o canale alimentare (corpus ...
diaphanum. Tubus alimentarius distinctus); in
essi poi non iscorgesi mai traccia alcuna di palpi
o tentacoli.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Talia lingulata, o la Talia linguiforme, od an-
che la Salpa conformata a foggia di linguetta
(T. Lingulata: fr. la Thalie en forme de lan-
gue: ted. die zungenförmige Thalia?: ing. the
tongue-like Thalia?). – Questa specie ha il corpo
depresso, o visibilmente schiacciato d’alto in basso,
e terminante anteriormente come in una punta
piuttosto acuta. (Vedi le mie Abbildungen naturhist. Ge-
genstände. Tab. 30.).
È dessa propriamente indigena più dell’ Atlan-
tico, che di qualsivoglia altro mare.
GENERE XXIV. Terebella, o anche Trivellino
di mare, o se si voglia, Succhiello marino (Te-
rebella: fr. Térébelle: ted. Steinbohrer: ing. Sto-
ne-piercer – Terebella?). I Vermi o Molluschi
di questo genere, tra’ quali non citeremo qui ora
se non una specie sola, che ne serva d’esempio,
hanno sempre il corpo loro filiforme, colla bocca
[Seite 74] situata anteriormente, guernita tutt’ all’ intorno di
ben molti palpi o tentacoli capillari, e con una
pelle conformata a foggia di prepuzio, onde traspa-
risce fuori un membriccino tubuloso, fatto alla
maniera d’un glande, e sostenuto dal suo proprio
picciuolo (os anticum; praeputio glandem pedun-
culatam tubulosam exserente).
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi, Tere-
bella lapidaria, o anche il Succhiello forasassi, o
semplicemente il Trapana-sassi (T. Lapidaria:
fr. la Térébelle perce-pierre: ted. der eigene Stein-
bohrer?: ing. the stones-piercing Worm? – proper
Stone-piercer? – stone-piercing Terebella?). –
Questa specie porta, come note caratteristiche essen-
ziali, otto distinti cirri o filamenti ricciuti, disposti
in sulla parte anteriore del corpo, e quattro al-
tri all’ intorno della bocca (Terebella cirris ad
anteriora corporis 8, circa os 4). (Vedi l’opera
intitolata – Schwedische Abhandlungen – per l’anno 1754.
Tab. III. Fig. A.B.C.D.E.).
È dessa indigena di parecchi Mari, ma rin-
viensi, più frequente forse che altrove, nel no-
stro Mediterraneo.
GENERE XXV. Lernea (Lernaea – Lernaeo-
cera di Blainville: fr. Lerne – Lernéocère –
Lernée: ted. Kiefenwurm? – Kiemenwurm? –
Lerna?: ing. Lerna? – Lerneocera?). I Ver-
mi o Molluschi di questo genere, che sono ben
molti, ed anzi tanti che, comunque noi qui non
[Seite 75] ne citiamo ad esempio se non una specie sola,
pure Blainville ha trovato conveniente di ripar-
tirli almeno in otto distinti generi, consideran-
done tutte quante le specie costituite nella di lui
Famiglia delle Lernee, hanno sempre un corpo bi-
slunghetto e quasi terete, o subcilindrico, munito
di palpi, o tentacoli, aventi la forma di braccia,
co’ quali l’individuo affiggesi poi qua e là, ove
meglio gli torna. Hanno dessi inoltre ciascuno due
ovaja.
Questi Molluschi sono precisamente ciò che i
Francesi, e dietro loro anche gli Inglesi, espri-
merebbono dicendo la Vermine, e i Tedeschi
dicendo das Ungeziefer, per i Pesci, tanto di mare,
quant’ anche bene spesso d’acqua dolce, che tor-
mentano fors’ anche più di quel che non facciano
i Pidocchi, le Pulci, le Cimici, le Zanzare e si-
mili altri maligni Insetti, sul corpo nostro, o su
quello degli altri animali, e segnatamente de’ Mam-
miferi, e potrebbero riguardarsi piuttosto come i
Tavani de’ Pesci, alle parti più sensitive de’ quali,
come a dire, d’intorno agli occhi, nelle piega-
ture delle pinne o delle natatoje, ove la pelle
ne riesce più dilicata, nell’ interno della bocca,
per entro agli orecchi, e perfino tra squama e
squama, attaccatisi lenacissimamenle, rodono la
pelle e le carni vive, introducendovisi ed inter-
nandovisi sempre più, fino al segno di nascon-
dervisi affatto, non senza cagionare alle loro vittime
[Seite 76] un dolore acerrimo, e tale da renderle alcuna
volta decisamente furiose.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Lernea Ciprinacea, o la Lerneocera ciprinacea
(L. Cyprinacea – Lerneocera cyprinacea di
Blainville: fr. la Lernée cyprinacée – la Lernéo-
cère cyprinacée: ted. der Karpfen-kiefenwurm?:
ing. the Carps-lerneocera?). – Questa specie ha
il corpo clavato o conformato, quasi direbbesi, a
foggia d’una clava, col torace cilindrico, ma bifor-
cuto, e co’ palpi o tentacoli terminanti all’ apice
in forma di mezzaluna. (Vedi Linnaei Fauna Sue-
cica. Tab. 2. Fig. 2100.).
È dessa indigena di diversi Mari, e rinviensi a
bastanza frequente nell’ Atlantico.
GENERE XXVI. Scillea, o Mollusco del Sar-
gasso, o anche il Verme marino dal Fuco na-
tante (Scyllaea: fr. Scyllée – le Mollusque du
Sargasso?: ted. Sargasso-schnecke? – Seemoos-
schnecke?: ing. Sargasso-worm? – Scyllea?).
I Vermi di questo genere, del quale noi qui non
riferiremo se non un esempio, hanno sempre il
corpo compresso o ristretto, atto ad aderire o ad
affiggersi saldamente qua o là, e portano, come
chi dicesse una doccia, o un canaletto, lungo la
schiena (corpus se affigens, compressum, dorso
canaliculato); la bocca n’ è costituita da un buco
mancante affatto di denti, e posto in cima all’ e-
stremità anteriore del loro corpo (os foramine
[Seite 77] edentulo, terminali); sono dessi finalmente mu-
niti di palpi o tentacoli, che potrebbero anche
pigliarsi quasi per braccia, tre paja delle quali ne
stanno situate per di sotto all’ animale (tentacula,
seu brachia subtus trium parium).
SPECIE 1 ed anzi UNICA qui ora per noi, Scil-
lea pelagica (S. Pelagica – forse Physalis pe-
lagica di Lamarck?: fr. la Scyllée pélagique: ted.
die pelagianische Seemoos-schnecke? – eigene
Sargasso-schnecke: ing. the main sea’s Scyllea?
– pelagian Scyllea?). – Questa specie ha il
dorso munito di branchie. (Vedi Seba, Thesaurus ec.
Vol. I. Tab. 74. Fig. 7.).
È dessa indigena propriamente del Grande Oceano
più che di qualsivoglia altro mare, e passa la sua
vita, più volontieri che altrove, sul così detto Sar-
gasso, o Fuco natante (Fucus natans). – Una tal
quale analogia d’abitudini colla Fisalia aretusa, da
noi descritta non ha guari, la fe’ pigliar talora in
iscambio con essa, e quindi è che questa Scillea
trovasi in qualche luogo contraddistinta anch’ essa
co’ nomi volgari francesi di Vélelle, di Galère
e simili.
GENERE XXVII. Clio (Clio: fr. Clio – Cléo-
dore di Péron – Cléone di Pallas: ted. Clio? –
Klio?: ing. Clio?). I Molluschi di questo genere,
una sola delle due specie de’ quali ci acconten-
teremo di qui ora accennare, hanno il corpo loro
bislungo, ma schiacciatello, nudo, molle, gela-
[Seite 78] tinoso e liberamente nuotante, colla testa assai
bene distinta, munita per di sopra di sei tentacoli
retrattili, lunghi, coriacei, e disposti a tre per tre,
con due occhi pur essi al di sopra, e colla bocca
terminale e verticale, con inoltre due pinne o
natatoje branchiali membranose, situale l’una pre-
cisamente in opposizione all’ altra, inserite late-
ralmente sulla base del collo, al di sotto del quale
scorgesi situata una maniera di ventosa o coppetta,
e finalmente col pertugio, che serve a un tratto al-
l’individuo d’ano, e d’organo della generazione,
aprentesi a mano diritta presso al medesimo collo,
e presso alla natatoja di detta parte.
SPECIE 1 ed anzi UNICA qui ora per noi. Clio
limacina, od anche la Clione boreale (C. Lima-
cina di Ellis – Clio borealis di Linneo e di Bru-
guière – Clione borealis di Pallas – Clio retusa
di Fabricius e di Müller: fr. la Clio boréale –
la Clio limacine – la Clione boréale: ted. die
nördliche Klio?: ing. the northern Clio?). –
Questa specie ha il corpo affatto nudo, gelatinoso
e pellucido, e riesce di forma prossimamente co-
nica, coll’ apice all’ indietro, e colle natatoje quasi
triangolari. (Vedi Ellis e Solander. Tab. 15. Fig. 9 e 10.).
È dessa indigena propriamente de’ Mari i più
settentrionali, e rinviensi copiosissima ne’ dintorni
dello Spitzberg, presso a Terra Nuova, e in varie
altre così fatte località molto boreali. – L’indi-
viduo ne vien lungo a un dipresso un pollice e
[Seite 79] mezzo; nuota sveltissimo, e mostrasi tratto tratto
a fior d’acqua per isprofondarvisi poi tosto dopo.
– È invalsa generalmente l’opinione che questa
Clio, appunto ne’ Mari nostri settentrionali, serva
quasi esclusivamente di cibo alla Balena nera, o
sia al Misticeto (Balaena mysticetus: fr. la Ba-
leine franche: ted. der Wallfisch), a quel modo
che la Clio australe (Clio australis di Bruguèi-
re: fr. la Clio australe: ted. die südliche Klio?:
ing. the southern Clio?), di color rosaceo, più
lunga, più grossa, più panciuta, più carnosa, meno
trasparente della qui ora descritta, ed avente le
natatoje di forma lanceolata, e la coda lateral-
mente compressa e bilobata, frequentissima, tral-
l’altre località Australi, al sud dell’ Isola Madaga-
scar, debbe pure servir di pastura all’ altre specie
di Balene proprie precisamente di quelle maritti-
me località.
GENERE XXVIII. Seppia (Sepia: fr. Seiche:
ted. Tintenfisch – Blackfisch: ing. Ink-fish –
Squid). I Molluschi, numerosi abbastanza, for-
manti questo genere singolarissimo, scorgonsi co-
stantemente muniti di otto articoli, che volentieri
piglierebbonsi per braccia, cosperse dalla loro parte
interna di cotiledoni, ch’ è quanto dire di boc-
cuccie vascolari, salienti e visibili (brachia 8 inte-
rius adspersa cotyledonibus); hanno essi tra queste
così fatte loro braccia una maniera di becco co-
nico terminale; in molti di essi presso al ventre
[Seite 80] trovasi situata una maniera di vescica, aprentesi
con una fenditura, o con un taglio, che ne sta
presso alla base per di sotto, e ripiena sempre
d’un liquore nero, analogo più che ad altro al
nostro inchiostro comune da scrivere; con questo
di più poi, che al di sopra di quel taglio, o di
quella fenditura stassene prominente e manifesto
il condotto escretorio di detto umore (venter, ple-
risque, vesica atramentifera instructus, infra scis-
sura transversa ad basin apertus, supra quam
fistula excretoria eminet).
Le Seppie, che incontransi quasi in tutti quanti
i Mari del Globo nostro terracqueo1, differiscono
poco meno che totalmente, sotto moltissimi ri-
guardi, da tutti quanti gli altri animali compresi
nella presente Sezione, ed in particolare poi a mo-
tivo, tanto dell’ interna loro struttura, quanto della
perfettissima conformazione de’ loro visceri, de’ loro
organi sessuali, e più marcatamente ancora de’ loro
occhi, e del loro sensorio uditivo, ossia delle loro
orecchie.
Il numero de’ suggitoj o, starei quasi per dire,
delle ventose o coppette, che hanno desse nelle così
dette loro braccia, va crescendo a misura della
[Seite 81] maggiore età, alla quale l’individuo perviene, e
in qualche specie oltrepassa lalora il migliajo. Gli
è precisamente coll’ ajuto di questi loro suggitoj,
che le Seppie attaccansi qua o là, appunto a quel
modo medesimo che fanno le coppette applicate,
come si suol fare, sulla nostra pelle; e sapevano
già benissimo anche gli antichi, le braccia, che
spesso sono loro, o per caso troncate da qualche
Conchiglia o da qualche altro Mollusco testaceo,
od a bella posta morsicate via da qualche Pesce,
avere facoltà di riprodursi loro di per sè en-
tro brevissimo intervallo di tempo. Contribuisce
anche non poco a rendere mirabili le Seppie quel-
l’inchiostro, o quel tal quale umore di color bruno
nero, che la massima parte delle loro specie tiene
sempre, com’ enunciammo, accumulato in un ser-
batojo particolare per entro alla pancia, per dif-
fonderlo all’ occasione, onde rendere così, a pia-
cere dell’ individuo, torbida, scura ed opaca l’acqua
che lo circonda, e sottrarsi al pericolo di aver
da cader preda dell’ inimico1.
Il Professore Schneider ha proposto opportunis-
simamente di distribuire l’intiero genere delle Sep-
pie nelle seguenti due distinte famiglie.
A. Seppie portanti due distinte trombe o pro-
boscidi (promuscidibus binis), aventi la pancia
guernita d’un’ ampia pinna o natatoja (ventre
pinnato), e munite d’un ossicino in sul dorso
(ossiculo dorsi).
SPECIE 1. Seppia officinale, o la Seppia co-
mune (S. Officinalis: fr. la Seiche commune:
ted. der Kuttelfisch – die Seekatze: ing. the
common Ink fish – Cuttle-fish). – Questa spe-
cie ha il ventre straordinariamente allargato, in
certo tal qual modo tondeggiante o rotondato, da
per tutto cinto dalla sua vasta pinna o natatoja
(Sepia ventre latissimo rotundato, undique pinna
cincto), ed ha poi grandissimo il suo così detto
osso dorsale (osse dorsali maximo). (Vedi Swam-
merdam, Biblia naturae. Tab. 50. Fig. 1.).
È dessa frequente e comune molto anche nel
Mediterraneo e nell’ Adriatico, ove dagli abi-
tanti del Litorale viene bene spesso mangiata. –
Da questa particolarmente derivano quelle così
dette Ossa di Seppia (Os Sepiae – Xiphius –
Gladiolum: fr. les Os de Seiche: ted. das weisse
Fischbein – ed anche in qualche località der
Meerschaum, che corrisponderebbe per noi a
Schiuma di mare), vale a dire, quelle larghe,
scheggie ossee, ma leggiere molto, di tessitura
e di conformazione a bastanza singolari, che tro-
vansi in sulla schiena di questo Mollusco. – Molte
poi di quelle produzioni che diconsi Uve di
[Seite 83] mare (Uvae marinae: fr. les Raisins de mer: ted.
die Seetrauben), altra cosa non sono, se non
mucchi d’ova di questa medesima, o di qualche
altra specie di Seppie.
SPECIE 2. Seppia Lolligine, od anche soltanto
la Lolligine, il Totano, il Glangio, il Cala-
majo, o la Calamaja (S. Loligo – Loligo vul-
garis di Lamarck – Loligo magna di Rondelet:
fr. le Casseron – le Calmar ordinaire – le
grand Calmar – le Cornet – l’Ecritoire –
la Tothena – la Tante: ted. der Calmar: ing.
the proper Ink-fish? – Calamary? – Ink-cut-
tle-fish?). – Questa specie ha la pancia ristretta
e subulata, o fatta quasi a foggia d’una lesina
(Sepia ventre stricto subulato ha angolare la
pinna, o la natatoja di mezzo (pinna angulari
media), ed ha il così detto suo osso dorsale con-
formato quasi alla maniera d’una penna da scri-
vere (osse dorsali penniformi). (Vedi Pennant’s Bri-
tish Zoology. Vol. IV. Tab. 17. Fig. 41.).
È dessa indigena, si può dire, poco meno che
di tutti i Mari d’Europa. Alcuni popoli, e tra gli
altri gli abitanti, tanto delle Coste della Penisola
greca, quant’ anche que’ della Penisola italiana,
mangiansela con piacere quando è cotta.
B. Seppie aventi i così detti piedi palmati nella
loro base (pedibus basi palmatis), ma poi man-
canti, tanto di trombe o proboscidi, quant’ anche
di pinne o natatoje, e perfino dell’ osso dorsale,
[Seite 84] onde tutte le specie della precedente Famiglia A
vanno costantemente munite (absque promusci-
dibus, pinnis et osse dorsali).
SPECIE 3. Seppia ottopodia, od anche il Polpo
di mare, o semplicemente il Polpo (S. Octopo-
dia – già un tempo Polypus – ed ora poi me-
glio semplicemente Octopodia: fr. la Poulpe –
l’Octopode – e per taluni eziandio le Calmaret,
comunque non troppo a buon dritto: ted. der achtar-
mige Polyp?: ing. the eight arms bearing Cuttle-fish?
– Pourcontrel? – Many-feet?). – Questa spe-
cie ha ordinate in doppia serie le solite infossa-
ture, o quelle concavità che, poste sull’ interna su-
perficie de’ così detti piedi, servono al Mollusco
a foggia di coppette o di ventose; oltre di che
poi cadauna di tali infossalure vassene ampliando
a poco a poco presso alla base (Sepia acetabu-
lorum in interna pedum superficie ordine duplici,
in basi singulis acetabulis, paullatim increscen-
tibus). (Vedi Pennant’s British Zoology. Tab. 28. Fig. 44.).
È dessa indigena di molti Mari, fra’ quali vo-
gliam notare il nostro Mediterraneo, ma rinviensi
anche frequentissima ne’ Mari che bagnano le In-
die Orientali, ed eziandio nel Golfo del Messico,
ove, frall’ altre località, perviene talora ad un vo-
lume spropositato. – Lo squisitissimo sapore delle
sue carni, o piuttosto della sua polpa, rende quasi
per tutto assai pregiata, e quindi ricercatissima,
questa specie particolare di Mollusco che, non
[Seite 85] senza buoni fondamenti, i più moderni Zoologisti
francesi sottrassero dal genere delle Seppie, per
farne il tipo del loro novello genere Octopode.
GENERE XXIX. Medusa. (Medusa: fr. Méduse,
in parte, – ma in parte poi Cyanée, – ed in
parte anche Rhizostome, segnatamente per Cuvier:
ted. Qualle – Meernessel – Seelunge – Seeflag-
ge: ing. Blubber). I Molluschi molto ben nume-
rosi di questo genere, circa al quale i moderni
Elmintologisti francesi hanno introdotto molte e
grandi innovazioni, sono sempre dal più al meno
dotati di un corpo, d’indole, più che altro gela-
tinosa, di forma generalmente sferoidale od orbi-
culare, convesso per di sopra, e concavo per di
sotto; la bocca, che n’è munita di labbra, sta
loro costantemente situata nel centro per di sotto
(os inferum, centrale, labiatum), ed i palpi o
tentacoli, le ben molte volte marginali, ne riescono
anche frequentissimamente retrattili, o ritraibili
all’ indentro (tentacula plerisque marginalia, sae-
pius retractilia1).
Vuolsi da molti, che alcune tralle specie spet-
tanti a questo genere medesimo, contribuiscano non
poco dal canto loro a quel fenomeno che suole
[Seite 86] contraddistinguersi col nome di fosforeggiamento
del mare1.
SPECIE 1. Medusa equorea, o la Calliroe Ba-
steriana, o anche la Medusa dell’ alto mare
(M. AEquorea – AEquorea Forskaelii di Lamarck
– Callirhoe Basteriana di Péron e Lesueur: fr.
la Méduse de pleine mer – la Callirhoé de Ba-
ster – l’Èquorée de Forskahl: ted. die eigene
Seeflagge?: ing. the heig sea’s Blubber?). –
Questa specie riesce di forma orbiculare o sfe-
roidale, ma alcun poco appianata, co’ lembi mar-
ginali del corpo inflessi, o rivolti all’ indentro, e
guerniti di palpi, o tentacoli, emergenti dal pelo
che li rende come vellosi o quasi vellutati (mar-
gine inflexo villoso tentaculato). (Vedi Baster, Opera
subsec. II. Tab. 5. Fig. 2 e 3.).
È dessa indigena particolarmente de’ mari set-
tentrionali, ed incontrasi, più frequentemente forse
che altrove, nel così detto Mare del Norte, ma
però non è rara estremamente nè anche nel no-
stro Mediterraneo. – È facile il riconoscerla, anche
a prima giunta, da quella foggia di grande om-
brello, che porta quasi affatto piano, scolorato e
pellucido, dalle molte sue laminette di color bru-
no, e dai copiosi e lunghissimi suoi tentacoli.
SPECIE 2. Medusa velella (M. Velella – Ur-
[Seite 87] tica marina anch’ essa di Fab. Colonna: fr. la
Mèduse vèlelle, e fors’ anco le Vèlelle mu-
tique per alcuni Elmintologisti moderni, – e ta-
lora poi, ma per errore, la Galère, ch’ è nome
triviale e riserbato, come dicemmo, alla Fisalia
Aretusa: ted. die eigene Meernessel: ing. the sailer
Medusa? – sailing Blubber?). – Questa specie
ha il corpo di forma ovale, e riesce tutta quanta
striata a linee concentriche, co’ lembi marginali
ciliati o guerniti di peluzzi a modo di ciglia, e
porta poi, al di sopra e in alto, una foggia di vela,
o piuttosto un velo membranoso (Medusa ovalis
concentrice striata, margine ciliato, supra velo
membranaceo). (Vedi Fab. Colonna de Purpura, come
sopra, a pag. 22.).
È dessa indigena propriamenle del grande Ocea-
no, ma però rinviensi anche talora in qualche al-
tro mare.
SPECIE 3. Medusa ottocolonnare, o la Me-
dusa octostila, o forse meglio ora la Cefea ri-
zostoma (M. Octostyla – Cephea rhizostoma di
Lamarck – Rhizostoma Cuvierii di Péron e Le-
sueur: fr. la Méduse à huit colonnes – la Cè-
phée rhizostome: ted. die achtsäulige Qualle?:
ing. the eight-columnary Medusa?). – Questa
specie rappresenta quasi una mezza sfera; non ha
alcun tentacolo lungo i lembi marginali del suo
corpo; ma porta in vece per di sotto come una
colonna quadruplicata, terminante alla sommità
[Seite 88] in otto distinti lobi, ulteriormente suddivisi in molte
fimbrie, e portante complessivamente, a’ due lati,
da sedici appendici colonnari (Medusa hemisphae-
rica, marginis tentaculis nullis, subtus columna
quadruplicata, apice lobis 8 multifidis, laterum-
que appendicibus 16). (Vedi Forskahl, Icones. T. 30.).
È dessa indigena propriamente del Mar Rosso,
come lo è eziandio la specie sua congenere, che
vien chiamata generalmente la Medusa corona
(Medusa Corona – Cephea rhizostoma corona
di Lamarck – Rhizostoma Forskaelii di Péron
e Lesueur: fr. la Céphée couronne – e già un
tempo la Méduse couronne); ma sembra che si
lasci vedere talora anco nel nostro Mediterraneo,
ed in particolare ne’ dintorni di Nizza marittima.
– L’individuo ne vien lungo bene una spanna,
e riesce quasi tutto quanto d’un bel colore tur-
chino rossiccio, o piuttosto violetto, analogo a quello
della viola mammola.
Testacei, o Conchiglie (Testacea – Vermes
testacei: fr. les Testacés – les Coquillages: ted.
die Muschelthiere: ing. the testaceous Worms).
Pigliando a parlare de’ Vermi, oltre misura
numerosi, che comprendonsi in quest’ Or-
dine de’ Testacei, due cose principalmente
emerge tosto a prima giunta di doverne di-
stinguere, vale a dire il guscio, il nicchio,
la teca, che latinamente suol dirsene Testa,
onde si fe’ poi appunto il vocabolo Testa-
cei, e l’animale che vi suol vivere e di-
morar sempre per entro. Quanto all’ ani-
male, la struttura ne varia moltissimo da
specie a specie, ma n’è pur sempre un Ver-
me, ed anzi il più delle volte un Mollusco,
analogo assai a quelli, de’ quali femmo pa-
rola nell’ Ordine qui sopra immediatamente
precedente; e per ciò che spetta al guscio
o alla conchiglia, diremo che da bel prin-
cipio non suol essere questa se non una
corteccia, o una pelle esteriore, di sostanza
cornea, atta a consolidarsi poi col tratto
successivo mercè della terra calcarea, che va
[Seite 90] di mano in mano compenetrandola sempre
più, e ciò con un processo naturale che an-
cora non conosciamo a dovere. Risulta per
altro dalle diligentissime indagini praticate
da Reaumur, da Kaemmerer, e da qualche
altro Naturalista, che il guscio o nicchio
delle chiocciole, o delle nostre lumache co-
muni dal nicchio neonate, non ha mai com-
piuti tutti que’ giri di spira, che accade di
riscontrar poi nel guscio, o nella conchi-
glia dell’ animale debitamente cresciuto a
maturità, mentre que’ giri medesimi vanno
crescendo proporzionatamente anch’ essi a
poco a poco, in forma di addizioni pro-
gressive, che fannosi intorno all’ orlo del-
l’imboccatura del nicchio o della conchi-
glia che già sussistevane; processo questo
che debbe, a quel che pare, effettuarsi piut-
tosto dal di fuori per giusta-posizione, di
quello che in forza d’alcuno sviluppamento
successivo del guscio della chiocciola, o
lumaca piccina o neonata, che mai si vo-
lesse per caso considerarne siccome il ger-
me o l’embrione del futuro nicchio com-
pleto. La stessa cosa è da supporsi che av-
venga eziandio, ridotte pari tutte l’altre cir-
costanze, d’ogni diversa maniera di guscio
[Seite 91] de’ Vermi testacei racchiusi nel presente
Ordine III.° – Molti di questi gusci, nic-
chii, o conchiglie che vogliansi dire, rie-
scono realmente mirabili, se prestisi atten-
zione alla loro singolare struttura o con-
formazione1, altri se riflettasi a quello
smalto onde sono esteriormente spalmate,
lucente quasi a segno da far onta talora alle
più belle porcellane, altri se mirisi agli
splendidi e superbi colori, onde ne brilla
la esterna superficie2, altri se guardisi alla
finezza, alla squisitezza e alla perfetta re-
golarità de’ disegni che sfoggiano, e così
via via discorrendo3.
Parecchie delle specie componenti diversi ge-
neri, così di chiocciole o lumache dal
nicchio, come d’altre conchiglie, prendendo
[Seite 93] questo nome nel più ampio suo significato,
o in somma di Testacei, sono costantemente
rivestite d’una maniera di cute, o di pelle
esteriore, il più delle volte assai bene or-
ganizzata, e non confondibile mai colle
Millepore, co’ Flustri, o con altre così fatte
sostanze, che possono talora per caso tro-
varvisi sovrapposte.
Divideremo, per maggior comodo e, giusta
l’avviso nostro, opportunissimamente, que-
st’ Ordine, ricco assai, non meno di specie,
che di generi, avuto riguardo al numero
delle valve, o delle parti onde può es-
serne composto il nicchio, la conchiglia, o
il guscio che dire si voglia, nelle seguenti
quattro ben distinte Famiglie, vale a dire:
A. Testacei multivalvi, de’ quali il nicchio o
guscio è sempre composto di più di due
pezzi o valve, e questi comprendono la
massima parte de’ Cirripedi.
B. Testacei bivalvi, a nicchio composto di due
sole valve, e detti attualmente eziandio
Conchiferi.
C. Testacei univalvi, multiloculari, o polita-
laini, muniti di nicchio d’un pezzo solo,
per di dentro conformato a coclea, o sia a
voluta spirale, risultante di parecchi giri, o
di parecchie rivoluzioni di spira, che pro-
cedono decrescendo con marcata regola-
rità, quali appunto sono, oltre a molte al-
tre, le nostre chiocciole comuni, o le no-
stre lumache dal nicchio; e finalmente
D. Testacei univalvi, uniloculari, o mono-
talami, per entro non conformati in una
spira, che risulti fatta di parecchi giri, o di
così fatte rivoluzioni decrescenti, ma però
regolarmente procedenti.
Avvertasi per altro che queste ultime due Famiglie di Te-
stacei univalvi, sono quelle che, prese insieme, con-
tengono i Molluschi propriamente detti, nel senso
che i più moderni Elmintologisti francesi vollero di
preferenza attribuire a questo nome. – A. del T.
A. Famiglia de’ Multivalvi (Multivalves: fr.
les Multivalves – e per lo più anche les
Cirrhipédes: ted. die vielschalige Conchy-
lien: ing the multivalvs Testaceous?).
Questi animali vivono sempre e tutti quanti
unicamente nel Mare.
GENERE XXX. Chitone, od Oscabrione (Chi-
ton – Oscabrio: fr. Chiton – Oscabrion: ted.
Käfermuschel – Seeassel? – Oscabrion?: ing.
Chiton? – Oscabrion?). I Vermi o Molluschi di
questo genere, d’una sola specie de’ quali terremo
qui conto, hanno sempre il nicchio composto di
parecchi pezzi distinti, e disposti l’uno dietro al-
l’altro in serie longitudinale, appoggiati sul dorso
(testae plures, longitudinaliter digestae, dorso
incumbentes).
SPECIE 1 ed anzi UNICA qui ora per noi. Chi-
tone tubercolato, o anche l’Oscabrione tuber-
colato (C. Tubercolatus – Oscabrio tubercula-
tus: fr. le Chiton tuberculeux – l’Oscabrion tu-
berculeux: ted. die warzige Seeassel? – das See-
boot?: ing. the tuberculous Chiton? – proper
Oscabrion?). – Questa specie ha il nicchio com-
posto di sette pezzi distinti, od ha, come si suol
dire, la conchiglia settivalve, col corpo tutto quan-
to verrucoso o tuberculoso (Chiton testa septem-
valvi, corpore tuberculato).
È dessa indigena poco meno che di tutti quanti
i Mari del Globo.
GENERE XXXI. Lepade (Lepas – ed in parte
poi anche Anatifa – Balanus – Pentalasmis –
Coronula – Pediculus – Monolopos – Polylo-
pos – ec.: fr. Lèpas – ed in parte Anatife –
Balane – Coronule – ec.: ted. Napfmüschel? –
[Seite 96] Schüsselmüschel? – Lepas? – ec.: ing. Acorn-
shell). I Molluschi a bastanza numerosi che rac-
chiudonsi in questo genere, diviso esso medesimo
attualmente in parecchi generi fra di loro distinti
da’ moderni Elinintologisti francesi, hanno sem-
pre una maniera di becco, o piuttosto di probo-
scide ravvolta a foggia d’una spira sopra di sè
(animal rostro involuto spirali), e sono muniti
di palpi o tentacoli che fanno loro cuffia, o di-
sposti ivi ria presso quasi in forma di cresticina,
o di pennacchietto (tentaculis cristatis); il guscio,
o nicchio che vogliasene dire, ne è multivalve,
vale a dire, ne è composto di molti pezzi fra di
loro disuguali (testa multivalvis, inaequivalvis).
Alcune delle specie attenenti a questo nostro
genere, e frall’ altre, per esempio, le due prime
che ci faremo qui in qualche modo a descrivere,
stanno sempre attaccate immobilmente collo stesso
loro nicchio a qualche corpo talora inorganico in
fondo al mare, ma bene spesso poi a qualche
Cetaceo, a qualche Pesce, o simili; altre per lo
contrario, e di tal fatta sono appunto le due ul-
time che accenneremo qui sotto, hanno il loro
guscio, o nicchio multivalve come attaccato pen-
zoloni ad un budello, ad un tubo polposo, o insom-
ma ad un organo intestiniforme atto ad appigliarsi
saldamente dovunque. – Questa differenza che
passa tra alcune specie e certe altre, è tale, e
tanto marcata, che, volendo farvi sopra fonda-
[Seite 97] mento, si potrebbe assai di leggieri, mercè di essa
soltanto, distribuirle in due generi affatto distinti1.
Noi infrattanto ci accontenteremo di ripartire qui
ora le poche specie di Lepadi che citeremo, in
Lepadi sessili, che saranno le due prime, ed in Le-
padi peduncolate, o munite d’organi che ne ram-
menterebbono i piedi, e che saranno le due ultime.
SPECIE 1. Lepade Balano, od anche sempli-
cemente il Balano (L. Balanus di Wood e di
Chemnitz – Lepas cornubiensis di Pennant –
Balanus crenatus di Bruguière – e già un tempo,
pigliandoli in massa, Balani – Glandes marinae
– Niduli testacei – Testae marinae polytho-
mae ec. ec.: fr. le Balane de Cornouailles – la
Tulipe de mer, – e talora, comprendendone molti
individui insieme, les Glands de mer: ted. die
Meertulpe – Seeeichel: ing. the Sea-tulip? –
Sea-acorn? – Sea-gland?). – Questa specie, ses-
sile, ha sempre immobilmente infisso in qualche
luogo il suo nicchio di forma conica, ma solcato
(Lepas testa conica sulcata fixa), cogli oper-
culi o coperchietti aguzzi (operculis acuminatis).
(Vedi Chemnitz, Conchiologia ec. Vol. VIII. Tab. 97. Fig. 820.).
È dessa indigena di moltissimi mari, e rin-
viensi frequente molto, tanto su per gli scogli,
[Seite 98] quant’ anche sulla carena o sulla chiglia delle
navi, o veramente sovr’ alcuni animali, com’ a dire
sopra altri nicchii, o altre conchiglie, sopra certi
Granchii, e così via discorrendo.
SPECIE 2. Lepade de’ Cetacei, od anche la
Coronula raggiante, o semplicemente il Diadema
(L. Ceti – Diadema – Lepas diadema per cer-
tuni – Balanus diadema, e B. balaenaris di Bru-
guière – Coronula diadema, e C. balaenaris di
Lamarck – Pediculus balaenaris di Chemnitz: fr.
le Diadéme – le Lépas des cétacés – la Co-
ronule diadéme – la Coronule rayonnée: ted.
die Wallfischpocke: ing. the Diadem? – whale’s
Lepas? – radiated Coronula?). – Questa spe-
cie, sessile, e sempre infissa anch’ essa al corpo
di qualche animale, ha il nicchio, quasi chi dicesse,
arrotondato, conformato in sei lobetti distinti, e
solcato (Lepas testa subrotunda sexlobata sulcata
fixa). (Vedi Chemnitz, come qui sopra, Vol. VIII. Tab. 99.
Fig. 843, 845 e 846.).
È dessa indigena de’ mari piuttosto freddi, e
suole, come l’altre poche specie che più le si as-
somigliano, attaccarsi saldamente, stabilirsi anzi, e
quasi quasi innicchiarsi nella sostanza stessa della
pelle dell’ Orche (Delphinus orca: ted. der Nord-
kaper), delle Balene, e d’altri così fatti animali
marini1.
SPECIE 3. Lepade pollicipite (L. Polliceps –
Pollicipes, genere per Lamarck – Pollicipes,
[Seite 100] ed anche Scarpellum, due generi distinti per
Leach – Mitella, genere per Ocken – Anatifa
[Seite 101] di Bruguière: fr. le Pousse-pied – le Pouce-
pied – l’Anatife pousse-pied: ted. die Fusszehe:
ing. the Horn of plenty). – Questa specie, pedun-
culata, ha il suo nicchio composto di ben venti
valve, o pezzi distinti, polimorfi, o di forma va-
riabile, se pure non sono anche più, ed ha poi quel
suo budello, o tubo polposo ed intestiniforme,
con cui suole l’individuo attaccarsi stabilmente a
qualche cosa di sodo, come tempestato di sca-
gliette o squamicine, che gli fanno assumere in
certo tal qual modo un aspetto granelloso, o
quasi direbbesi zigrinato (intestino squamulis gra-
nulato). (Vedi Chemnitz, come sopra. Vol. VIII. Tab. 110.
Fig. 351.).
È dessa indigena particolarmente presso alle
Coste di Barberia, e ci offre in complesso un ani-
male di conformazione per verità strana molto e
singolare.
SPECIE 4. Lepade anatifera (L. Anatifera –
Anatifa laevis di Bruguière, e d’altri – Concha
[Seite 102] anatifera dell’ Aldrovandi, di Wood, e d’altri anti-
chi: fr. l’Anatife lisse – e volgarmente poi la Bre-
nache, la Bernache, la Barnacle, la Bernacle, e la
Sapinette: ted. die Entenmuschel: ing. the Ber-
nacle). – Questa specie, pedunculata anch’ essa,
ha il nicchio compresso, o lateralmente schiac-
ciato, quinquevalve, o composto di cinque pezzi
distinti, ed ha quel suo tubo polposo e budelli-
forme, liscio, piano affatto ed insidente, o come
chi dicesse appoggiatovi sopra. (Vedi le mie Abbil-
dungen. Naturhist. Gegenst. Tab. 68.).
È dessa indigena poco meno che di tutti quanti
i mari del Globo, ed è particolarmente resa fa-
mosa da quella invalsa favola, che menzionammo
già a pag. 288 del Vol. II.° della presente edi-
zione, parlando della Bernacla, o dell’ Oca ber-
nicla. Il suo nicchio quinquevalve, con entrovi il
Verme o Mollusco che lo abita, suol pendere,
mercè del suo budello o tubo carnoso, o anche
talora mercè de’ parecchj suoi tubetti associatisi
in un così fatto budello, appunto come fanno i
rami d’un albero concorrenti alla perfine in un
tronco comune, ora da un vimine infracidito di
salcio, ora da un frammento di vascello naufra-
gato, ed ora da qualche altro analogo rimasu-
glio, cui l’animale tiensi sempre saldissimamente
attaccato.
GENERE XXXII. Folade (Pholas: fr. Pholade
– Dail – Perce-pierre: ted. Bohrmuschel:
[Seite 103] ing. Pierce-stone). I Vermi o Molluschi di que-
sto genere hanno il nicchio loro composto essen-
zialmente di due valve maggiori, che rimangono
sempre subaperte o divaricate, senza chiudersi
mai compiutamente, con altre poi minori e di
forma variabile, quasi diremmo accessorie, presso
al cardine, che ne riesce curvato all’ indietro, e
connesso o tenuto in sesto mercè di una apposita
cartilagine (testa bivalvis, divaricata, cum mi-
noribus accessoriis difformibus ad cardinem. Cardo
recurvatus, connexus cartilagine).
Questi curiosi animali hanno forza di praticarsi
certi cunicoli o passaggi, traforando o pertugiando
gli scogli o le rupi presso al lido, ancorchè siano
desse formate del marmo il più duro e compatto,
e trivellano o trapanano, per così esprimerci,
benanco al modo medesimo i più grossi e robusti
tronchi di Corallo, i gusci dell’ Ostriche, la carena
o la chiglia de’ bastimenti, e così via discorrendo,
scavandosi poi la propria stabile abituale dimora
appunto al fondo di que’ pertugi o passaggi che
così sonosi fatti, o praticati.
SPECIE 1. Folade dattilo, o anche semplice-
mente il Dattero di mare (P. Dactylus: fr. la
Pholade datte – e volgarmente poi le Dail phos-
phoréscent: ted. die Dattelmuschel: ing. the Sea-
date?). – Questa specie ha il nicchio bislun-
ghetto, da una parte striato ad un tempo e reti-
colato. (Pholas testa oblonga hinc reticulato-
[Seite 104] striata). (Vedi Chemnitz, come sopra. Vol. VIII. Tab. 101.
Fig. 859.).
È dessa indigena di molti mari, e rinviensi
non infrequente anche nel nostro Mediterraneo.
– L’animaletto tenuto allo scuro, fosforeggia as-
sai bene, tramandando una luce chiara a bastanza.
SPECIE 2. Folade piccina, o anche la piccola
Folade trapanatrice (P. Pusilla: fr. la Pholade
tout à fait petite – le petit Dail: ted. die Bohr-
pholade: ing. the littlest Sea-date?). – Questa
specie ha il suo nicchio, bislunghetto bensì an-
ch’ esso, ma in certo tal qual modo arrotondato,
con sopravi alcune striscie, o strie lineari dispo-
ste ad arco (Pholas testa oblonga rotundata ar-
cuato-striata). (Vedi Sprengler, negli Atti della Società
Berolinese degli Scrutatori della Natura. Vol. IV. Tab. 5.
Fig. 1, 2, 3, 4 e 5.).
Rara ne’ mari nostri, rinviensi comune a ba-
stanza in molte località dell’ Oceano.
B. Conchiglie bivalvi, o Conche, o Conchiglie
propriamente dette (Conchae – Mollusca te-
stacea acephala: fr. les Coquilles bivalves –
les Mollusques testacés acéphales: ted. die Mü-
scheln – zweyschaalige Conchylien: ing. the
Shells).
Vivono queste tutte quante, e sempre, nell’ acqua.
Le differenze, che vengono da considerarsi come
le più rilevanti tra i varii generi di questa seconda
famiglia, in confronto con que’, che facean parte
[Seite 105] della precedente, stanno nell’ uguaglianza, o di-
suguaglianza delle due valve formanti il nicchio,
o de’ loro lembi marginali, e nelle particolarità
che emergano visibili nella loro cerniera, o nel
loro cardine (cardo), che vogliasi dire.
GENERE XXXIII. Mïa, se pure ora qui non
molto meglio Unio, od Unione (Mya – seb-
bene qui nel caso nostro piuttosto Unio: fr. Unio-
ne – ed anche Moule, comunque troppo inop-
portunamente: ted. Klaffmuschel: ing. Muscle
– Gaper). I Vermi o Molluschi di questo ge-
nere hanno bivalve, o composto di soli due pezzi
il loro nicchio, che anche quando è chiuso, sla co-
stantemente almeno soltanto socchiuso ad una
delle sue estremità (testa ... hians altera extre-
mitate), e il cardine poi, o la cerniera ne suol es-
sere il più delle volte armata come d’un dente vuoto
sì, ma pur saldo bene, piuttosto grosso, patente
o steso all’ infuora, e non ingranante per niente
nella valva di contro (cardo dente, plerisque,
solido, crasso, patulo, vacuo, nec inserto te-
stae oppositae).
SPECIE 1. Mïa de’ dipintori (M. Pictorum –
e meglio poi ora Unio pictorum: fr. la Moule
des peintres – l’Unione des peintres – e vol-
garmente la Mulette – ed anche per taluno la
Moule du Rhin: ted. die Flussmuschel – Mah-
lermuschel: ing. the Painter’s-gaper?). – Que-
sta specie ha il nicchio di forma in complesso
[Seite 106] ovale, a valve combaciantisi da per tutto quando
è chiusa, col dente principale del cardine o della
cerniera, quasi chi dicesse, merlato o frastagliato,
e presso al quale ne sta un altro dispostovi lon-
gitudinalmente, e doppio del primo (cardinis dente
primario crenulato-laterali longitudinali: alterius
duplicato). (Vedi Chemnitz. Vol. VI. Tab. 1. Fig. 6.).
È dessa indigena, e comune molto anche fra
di noi, negli stagni, in certi fiumi, ne’ laghetti
artificiali ed in altre acque dolci.
SPECIE 2. Mïa dalla perla, o anche la Mïa
margaritifera, ma al presente meglio assai la Unio
perlifera (M. Margaritifera – Unio margaritifera
presentemente per la massima parte de’ moderni
Elmintologisti: fr. la Moule de la perle – la Unio-
ne perlifére – e per taluni la Coquille du nacre?:
ted. die Perlenmuschel: ing. the pearl’s Shell? –
Pearl-muscle?). – Questa specie ha il suo nic-
chio di forma ovale anch’ esso, ma in confronto
ristretto alquanto per davanti (testa ovata antice-
coarctata); ha poi dessa conico il dente principale
della cerniera o del cardine, e finalmente ha, quasi
direbbesi, in parte scortecciate le natiche, cioè ha
sfogliate alcune delle squame, che ne formerebbo-
no la scorza esteriore, in sul colmo delle sue due
valve (natibus decorticatis). (Vedi Chemnitz, Vol. VI.
Tab. 1. Fig. 5.).
È dessa indigena de’ nostri mari, non esclu-
sone tampoco quelli che bagnano le altre Coste
della nostra Europa.
GENERE XXXIV. Solen, Soleno, o Solenne, od
anche talora Ditale, od Unghia marina, e al-
quanto più volgarmente, dalla sua figura, Ma-
nico di coltello, e trivialissimamente poi a Ve-
nezia, Capa longa, o Capa da deo (Solen: fr.
Solen – Manche de couteau – Coutelier: ted.
Messerscheide: ing. Razor-shell). I Vermi o Mol-
luschi di questo genere, una specie sola de’ quali
citeremo ora qui noi in esempio, hanno bivalve,
e bislungo il loro nicchio, non più che sempli-
cemente socchiuso ad amendue le sue estremità,
anche quando sta chiuso quanto mai riesca fatti-
bile (testa ... utroque latere hians); serve poi
loro di cardine un tal quale dente fatto a lesina,
e ripiegato all’ indietro, raddoppiato il più delle
volte, ma uscente da una valva, e non ingranante
a perfezione nell’ altra (cardo dens subulatus, re-
flexus, saepe duplex, non insertus testae oppo-
sitae); il lembo loro marginale lateralmente ne
riesce in certo modo più irregolarmente frastagliato,
o più logoro e sciupato, di quello che non accada
nell’ altre sue parti (margo lateralis obsoletior).
SPECIE 1 ed anzi UNICA affatto qui ora per
noi. Solen Siliqua o il Soleno baccello (S. Si-
liqua: fr. le Solen – le Doigt marin? – la Co-
quille coutelliere? – le Manche de couteau pro-
prement dit: ted. die eigene Messerscheide – Mes-
serschale? – das Messerheft?: ing. the proper
Razor-shell). – Questa specie ha sempre il suo
[Seite 108] nicchio terete o subcilindrico, alcun poco schiac-
ciato d’allo in basso, e dritto affatto (Solen testa
lineari recta); nel cardine, o nella cerniera del-
l’una delle sue valve, questo nicchio è anche muni-
to di due denti distinti (cardine altero bidentato).
(Vedi Chemnitz. Vol. VI. Tab. 4. Fig. 29.).
È dessa indigena di molti mari, e fra gli al-
tri del nostro Mediterraneo e dell’ Adriatico, ove
appunto, e soprattutto poi a Venezia, questa spe-
cie più allungata conoscendosi sotto il nome vol-
gare di Capa longa, un’ altra alcun poco più ac-
corciata ne vien detta Capa da deo.
GENERE XXXV. Tellina (Tellina: fr. Telline:
ted. Telline – Tellmuschel – Dunnschale –
Sonne?: ing. Tellina?). I Vermi o Molluschi spet-
tanti a questo genere hanno bivalve il loro nic-
chio, con una delle sue valve anteriormente ri-
piegata al di sopra dell’ altra (testa ... antice hinc
ad alterum latus flexa); alla cerniera, o come si
suol dire, al cardine, scorgonvisi tre denti, rima-
nendo piane affatto le parti, che ne corrispondono
nell’ altra valva a’ due laterali (cardo dentibus ter-
nis; lateralibus planis alterius testae).
SPECIE 1. Tellina radiata, o la Tellina rag-
giante, o anche talora, ma però al tutto arbi-
trariamente, il Sole marino, o il Sol di mare
(T. Radiata: fr. la Telline radiée – le Soleil
levant? – le Soleil de mer?: ted. die Strahl-
telline – Sonne – Seesonne der Sonnenstrahl?:
[Seite 109] ing. the radiated Tellina? – Sea-sun?). – Que-
sta specie ha il nicchio bislunghetto, glabro, li-
scio e polito, ma che quasi direbbesi finissima-
mente striato giusta la sua lunghezza, con una
doccia in sulla sutura corrispondente all’ ano (te-
sta oblonga longitudinaliter subtilissime substriata
nitida, sutura anali canaliculata). (Vedi Chemnitz.
Vol. VI. Tab. 11. Fig. 102.).
È dessa indigena di parecchj mari, e rinviensi
anche nel nostro Mediterraneo.
SPECIE 2. Tellina cornea (T. Cornea: fr. la
Telline cornée – la petite Telline fluviatile: ted.
die Horntelline? – kleine Flusstelline?: ing. the
Horn-tellina? – little river’s Tellina?). – Que-
sta specie ha il suo nicchio, di forma globosa o
sferoidale, che riesce striato trasversalmente, con
sopravi inoltre, pur sempre in traverso, una co-
sta di colore fosco o bruno scuro.
È dessa indigena fra di noi, e riesce anzi co-
munissima nelle nostre acque dolci; sicchè è dessa
da ritenersi come una piccola conchiglia fluviatile.
GENERE XXXVI. Cardio, od anche Cuore, o
Cuor di mare, e in generale volgarmente a Ve-
nezia Capa tonda (Cardium – Bucardium – e
talora anche Pectunculus, o Concha: fr. Coeur
– Bucarde – Pétoncle: ted. Herzmuschel –
Seeherz: ing. Cockle – Ox’s heart?). I Ver-
mi o Molluschi, che comprendonsi in questo ge-
nere, hanno sempre bivalve il nicchio loro, d’una
[Seite 110] forma che rammenta quella d’un cuore, a valve
uguali dentate, o pieguzzate ne’ loro lembi inte-
riori, e formanti anche lati quasi affatto uguali (te-
sta .... sub aequilatera, aequivalvis), colle som-
mità prominenti, ed hanno poi il loro cardine, o
la cerniera munita di quattro denti per cadauna
valva, de’ quali i due di mezzo, e maggiori o
cardinali, sono obbliqui, vicini l’uno all’ altro, ed
alterni, avvicendati, od articolantisi in croce co’ loro
corrispondenti, e sono interposti a’ rimanenti, men-
tre i laterali ne stanno collocati a qualche distanza,
o ne sono, come chi dicesse, scostati ed inserti,
vale a dire ingranantisi (cardo dentibus mediis
binis alternatis; lateralibus remotis insertis).
SPECIE 1. Cardio costato, o il Cuor di mare
costato, od anche meglio il Bucardio esotico
(C. Costatum – Concha exotica di Fabio Co-
lonna: fr. la Bucarde exotique – le Kaman di
Adanson – le Coeur du Sénégal – la Conque
exotique: ted. das fremde Ochsenherz? – Afri-
canische Seeherz – die ausländische Herzmu-
schel?: ing. the exotick Cockle? – African
Ox’s heart?). – Questa specie ha il suo nic-
chio, quasi direbbesi a valve uguali, gibboso o
gobbo (testa gibba aequivalvi), e con alcune sot-
tilissime costicine assai bene rilevate, fatte a foggia
della carena d’un vascello, e concave (costis eleva-
tis carinatis concavis tenuissimis). (Vedi Chemnitz.
Vol. VI. Tab. 15. Fig. 151, e segg.).
È dessa propriamente indigena del Mare che
bagna le Coste occidentali dell’ Affrica, come a
dire il Senegal, la Costa di Guinea, e simili,
ma vien pure citata come mostrantesi talora an-
che presso alle Coste di Taranto nel nostro Me-
diterraneo.
SPECIE 2. Cardio echinato, o anche il Bu-
cardio papilloso, il Bucardio aculeato, se pure
non meglio il Bucardio tubercoloso? od il Bu-
cardio spinoso? (C. Echinatum – Cardium aculea-
tum? – Cardium erinaceum di Lamarck? confuso
per isbaglio dal Poli coll’ echinatum?: – Cardium
spinosum? – Cardium tulerculatum? che sono però
attualmente cinque specie distinte: fr. le Bucarde
à papilles? – le Bucarde épineux? – le Coeur
épineux? – le Coeur de beuf épinéux? – le
Bucarde hérissonné? – le Bucarde tuberculé? –
le Coeur de boeuf à grosses stries? – le Bu-
carde à grosses stries? – le Coeur de la Me-
diterranée?: ted. das warzige Seeherz? – die
stachelige Herzmuschel?: ing. the tuberculous
Cockle? – thorny Ox’s heart?). – Questa
specie ha il suo nicchio avente in complesso quasi
la forma d’un cuore, con sopra incavatevi diverse
scanalature, o sia con alcuni solchi piuttosto pro-
fondi, contrassegnati da una striscia lineare, quasi
direbbesi a modo di ciglio, tutta quanta formata
di moltissimi piccoli aculei adunchi od uncinati,
colle punte rivolte all’ ingiù (sulcis exaratis linea
[Seite 112] ciliata aculeis inflexis plurimis). (Vedi Chemnitz.
Vol. VI. Tab. 15. Fig. 158.).
Qualunque sia la specie qui positivamente avu-
tasi di mira, da che il dubbio può caderne so-
pra i cinque diversi nomi specifici qui da noi ri-
feritine, sempre sarebbe essa indigena anche del
nostro mare Mediterraneo; avvertendo però, che
il Cardium echinatum di Linneo e di Lamarck,
vale a dire il Bucardio papilloso, rinviensi eziandio
comune nell’ Oceano, che il Cardium aculeatum
di Linneo, di Lamarck e di Poli, vale a dire
il Bucardio aculeato, pescasi pure frequentemente
nella parte del mare Atlantico, che bagna le Co-
ste d’Europa, e che il Cardium tuberculatum di
Linneo e di Lamarck, vale a dire il Bucardio
tubercoloso, incontrasi in copia anche nella por-
zione d’Oceano, che lambe, tanto le Coste d’In-
ghilterra, quant’ anche quelle di Francia.
SPECIE 3. Cardio edule, o il Bucardio escu-
lento, e bene spesso poi volgarmente il Peton-
chio (C. Edule: fr. le Sourdon – le Bucarde
sourdon – le Bucarde mangeable – le Péton-
cle commun: ted. die gemeine Herzmuschel? –
das essbare Seeherz?: ing. the common Cockle?).
– Questa specie ha il nicchio, come chi dicesse
sciupato dall’ uso, o in gran parte quasi distrutto
(testa antiquata), con sopravi ventisei scanala-
ture, o solchi, tali da durar fatica ad accorgerci,
che siano stati una volta imbricati, o disposti alla
[Seite 113] maniera dell’ embrici su pe’ nostri tetti delle case,
a serie curvilinee, e volgentisi all’ indietro (sulcis
26 obsolete recurvato-imbricatis).
Riescè dessa comunissima nell’ Atlantico presso
alle Coste di Francia, ma non pare meno fre-
quente, così in generale, anche ne’ Mari, che ba-
gnano tutte quante le regioni temperate della
nostra Europa, come, per esempio, nel Medi-
terraneo e nell’ Adriatico, ove gli abitanti di quei
litorali ne fanno un continuo guasto, mangian-
dosela in copia e con sommo piacere.
GENERE XXXVII. Mactra, o Mattra, od anche
Madia (Mactra: fr. Mactre: ted. Backtrog – Mac-
tra?: ing. Mactra?). I Vermi o Molluschi di que-
sto genere, tralle ben molte specie de’ quali ci
terremo qui paghi d’accennarne una sola, in via
d’esempio, hanno bivalve, e di figura grossola-
namente triangolare il nicchio loro a valve uguali,
ma con disuguali poi i lati delle due valve, e coi
lembi marginali appena atti a socchiuderla (testa
bivalvis inaequilatera, aequivalvis). Il dente car-
dinale o di mezzo in sul cardine, o sulla cer-
niera, ne riesce compresso, e come chi dicesse
intricato o ripiegato, quasi entro una doccia, in
una fossetta che lì da presso vi corrisponde, e i
laterali poi, bastantemente distanti dal precedente,
sono entranti, od ingranantisi a dovere nell’ op-
posta valva (cardo dente medio complicato cum
adjecta foveola; lateralibus remotis insertis).
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Mactra solida, o la Mattra soda (M. Solida:
fr. la Mactre solide: ted. die Strandmuschel:
ing. the Channel’s massive Shell? – Sound’s
Mactra? – hard Mactra?). – Questa specie
ha il suo nicchio opaco, piuttosto liscio o polito
esternamente, ma pure sciupatello alquanto, o
come chi dicesse un po’ consumato dall’ uso con-
tinuo (testa opaca laeviuscula subantiquata). (Vedi
Chemnitz. Vol. VI. Tab. 23. Fig. 229 e segg.).
È dessa comunissima nell’ Oceano che lambe le
Coste della nostra Europa, ma poi ben più nu-
merosa, che per tutto altrove, nello Stretto, detto
la Manica, che separa l’Inghilterra dal vicino Con-
tinente.
GENERE XXXVIII. Donace, od anche per ta-
luno Cama troncata, o Cama trilatera (Donax:
fr. Donace – Came tronquée: ted. Breitschul-
pe? – Breitmuschel? – Donax?: ing. large
lopped Cockle? – Donax?). I Vermi o Mol-
luschi di questo genere presentano un buon nu-
mero di specie, d’una sola delle quali, e questa
appartenente sempre a località molto lontane, ter-
remo ora qui conto, trascurando le nostrali, hanno
il bivalve loro nicchio col lembo marginale ante-
riore ottuso in grado eminente; il cardine poi, o
la cerniera n’è munita di due denti, a’ quali re-
sta d’aggiugnersene il più delle volte un altro
piuttosto lontanetto, marginale, solitario od isolato,
[Seite 115] situato al di sotto dell’ ano (cardo dentibus duo-
bus: marginalique solitario, subremoto sub ano).
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi.
Donace scritta (D. Scripta: fr. la Donace on-
dée di Lamarck: ted. die Letter-schulpe: ing. the
writ Donax? – writ lopped Cockle?). – Que-
sta specie ha il suo nicchio liscio, polito e senza
strie, di forma ovale, ma alquanto compresso,
mancante del dente posteriore, finissimamente
merlato, o piuttosto denticolato lungo i suoi lembi
marginali, che combaciansi per tutto esattamente,
quando esso sta chiuso, in modo da presentarci
allora una commessura affatto lineare, quasi di-
rebbesi acuta o tagliente; per di dentro riesce
desso tutto quanto d’un colore violetto, volgente
al rosaceo, mentre per di fuori sembra, più che
altro, scritto, o per dir meglio, sopra un fondo
bianco grigiastro, è coperto d’onde in certo tal
qual modo reticolate, d’un colore violetto purpu-
rescente (testa ovata compressa laevi, scripta li-
neis purpureis undatis, rima acuta, marginibus
crenulatis). (Vedi Chemnitz. Vol. VI. Tab. 26. Fig. 261,
e segg.).
È dessa esotica sempre per noi, nè suole rin-
venirsi indigena, se non nell’ Oceano Indiano,
ove vien lunga un pollice, e larga un pollice e
un terzo tutt’ al più1.
GENERE XXXIX. Venere (Venus: fr. Vénus:
ted. Venusmuschel: ing. Venus-cockle?). I Vermi
o Molluschi di questo genere hanno il bivalve
loro nicchio avente le così dette sue labbra so-
praddossate al lembo marginale anteriore (testa ...
labiis margine antico incumbentibus); la cerniera
poi, o il cardine ne è munito di tre denti di-
stinti, tutti quanti approssimati, ma i laterali
de’ quali hanno la punta divergente (cardo den-
tibus 3 omnibus approximatis, lateralibus apice
divergentibus).
SPECIE 1. Venere Dione (V. Dione: fr. la
Vénus Dione.: ted. die echte Venusmuschel: ing.
the noble Venus-cockle?). – Questa specie ha
il suo nicchio fatto quasi alla maniera d’un cuo-
re, con sopravi diversi solchi, o diverse scana-
lature in traverso, e spinoso poi per davanti.
(Vedi Chemnitz. Vol. VI. Tab. 27. Fig. 271, e segg.).
È dessa indigena dell’ Oceano Indiano, e d’al-
tri mari, fra’ quali sta però anche l’Atlantico.
SPECIE 2. Venere mercenaria, od anche il Wam-
pum (V. Mercenaria: fr. la Vénus mercénaire:
[Seite 117] ted. die Irokesische Venusmuschel? – Wam-
pum-muschel?: ing. the Clam – e Wam-pum per
gl’ Irocchesi). Questa specie ha il solido suo nic-
chio in forma di cuore, liscio bensì e polito,
ma però segnato in traverso da striscie numerose,
comunque a mala pena discernibili; per di den-
tro questo nicchio è di colore violetto, ed ha poi
il lembo marginale denticolato, merlato o cre-
nulato; l’ano finalmente ne apparisce di figura
Ovale. (Vedi le mie Abbildungen naturhistorisch. Gegen-
stände. Tab. 69.).
È dessa propriamente indigena del Mare che
bagna le Coste orientali dell’ America Settentrio-
nale, ove gli Irocchesi, ed altri Indiani occiden-
tali, o Selvaggi d’America, valgonsi delle ben grosse,
dense, sode e pesanti valve di questa Conchiglia,
tagliandole e faccettandole, a quel modo che usiamo
praticar noi co’ Coralli, per farne, come dicemmo
già al precedente § 155, pag. 13, e seg. di questo
stesso nostro Vol. IV.°, i loro Promemoria, Coro-
ne, Vade-mecum, ed anche diversi oggetti d’orna-
mento della persona, portandone poi abitualmente
in bocca il Verme o Mollusco contenutovi, che
mai non desistono dal masticare duranti i lun-
ghissimi viaggi pedestri, che tratto tratto intra-
prendono.
SPECIE 3. Venere tigrina, o talora anche la
Lingua di Tigre (V. Tigerina: fr. la Vénus
tigrine – e per taluni ora la Langue de ti-
[Seite 118] gre, ora fors’ anco la Langue de chat?: ted. die
Tigerzunge: ing. the Tiger’s tongue?). – Que-
sta specie ha il suo nicchio lenticolare, o confor-
mato a foggia d’una lente (testa lentiformi), con
sopravi molte striscie denticolate, che incrocic-
chiansi le une colle altre (striis crenatis decus-
satis); il così detto ano poi, di forma ovale, ne
è impresso, o come chi dicesse infossato (ano
impresso ovato). (Vedi Chemnitz. Vol. VI. Tab. 37.
Fig. 390, e segg.).
È dessa indigena del Grande Oceano, e an-
che di qualche altro Mare, ma è però, sempre
esotica per noi.
GENERE XL. Spondilo (Spondylus: fr. Spon-
dyle – Huître épineuse: ted. Klappmuschel?:
ing. Spondylus? – Clapp-cockle? – clapping
Oyster?). I Vermi o Molluschi di questo genere,
tra’ quali ci terremo paghi di citar qui un solo
esempio, hanno il saldo e rigido loro nicchio bi-
valve sì, ma a valve tra loro disuguali (testa inae-
quivalvis, rigida); il cardine poi, o la cerniera
n’ è munita di due denti curvati all’ indietro a
guisa d’uncini, con in mezzo un forellino (cardo
dentibus 2 recurvis, cum foraminulo intermedio).
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi. Spon-
dilo gederopo, o lo Spondilo picchiaterra, od an-
che talora forse il Nottolino di Lazzaro? (S. Gae-
deropus: fr. le Spondyle gédérope – le Claquet
de Lazare: ted. die Lazarus-Klappe: ing. the
[Seite 119] Lazarus’s clapper? – thorny Oyster? – earth-
clapping Spondylus?). – Questa specie ha il
nicchio spinoso o coperto d’aculei, e quasi quasi
direbbesi munito d’orecchi (testa subaurita spi-
nosa). (Vedi Chemnitz. Vol. VII. Tab. 44. Fig. 495.).
È dessa indigena del nostro Mare Mediterraneo.
– L’una delle due valve di questa conchiglia
sorpassa di gran lunga l’altra presso alla cerniera,
ed ivi è poi anche tutta quanta denticolata, a quel
modo che può esserlo il tagliente d’una sega. Nè
è meno degna di riflesso anche l’articolazione di
tale cerniera, a motivo soprattutto de’ suoi due
denti, i quali ingranansi a vicenda con tanta pre-
cisione che, sebbene la conchiglia possa aprirsi af-
fatto, le due valve però non è fattibile assoluta-
mente che stacchinsi l’una dall’ altra, senza che
siane preceduta una decisa rottura.
GENERE XLI. Cama, e talora volgarmente anche
Cappa, o Capa (Chama: fr. Came: ted. Gien-
muschel – Gaehnmuschel: ing. Cockle – Cha-
ma?). I Vermi o Molluschi di questo genere, ma-
rini tutti, hanno grosso piuttosto, e saldo e denso
il loro nicchio, sempre bivalve (testa bivalvis, cras-
sior); il cardine loro, o la cerniera che vogliamo
chiamarla, ne porta una maniera di callo gibboso,
entrante obbliquamente, od ingranantesi in una fos-
setta obbliqua anch’ essa, che vi corrisponde (car-
do callo gibbo, oblique inserto fossulae obliquae).
SPECIE 1. Cama Cuore, od anche il Cor di
[Seite 120] Bove (C. Cor: fr. la Came coeur – le Coeur de
Beuf?: ted. das Ochsenherz: ing. the Ox’s heart?).
– Questa specie ha il suo nicchio liscio e polito,
di forma poco meno che arrotondata, colle pro-
minenze, o co’ suoi processi curvi, e rivolti all’ in-
dietro; la commessura poi, a conchiglia chiusa
quanto mai sia fattibile, ne riesce appena soc-
chiusa in qualche sua parte (testa subrotunda
laevi, processibus retrorsum recurvatis, rima
hiante). (Vedi Chemnitz. Vol. VII. Tab. 48. Fig. 483.).
Dessa rinviensi indigena, così nel nostro Mare
Adriatico, come anche nel Mar Caspio.
SPECIE 2. Cama gigante, o la Cama gigantessa
(C. Gigas – Kima: fr. le grand Bénitier – la Ca-
me géante: ted. die Hohlziegel – Nagelschulpe
– Riesenmuschel – Vater-Noah-schulpe: ing.
the Noah’s Cockle?). – Questa specie ha il suo
nicchio fatto a vôlto, e ad un tempo pieguzzato
e scaglioso, o squamoso (testa plicata, fornicata,
squamosa). (Vedi Chemnitz. Vol. VII. Tab. 49. Fig. 492
e segg.).
È dessa propriamente indigena del Mar Rosso
e del Mare Indiano, o di que’ mari che bagnano
le Indie Orientali, e l’individuo ci offre la con-
chiglia più grande che si conosca, mentre le due
valve ne pesano talora fin oltre a sei quintali
(6 centner), e fin oltre a trenta libbre (30 pfund),
suole bene spesso pesarne il Mollusco, o la parte
polposa, che mangiano quasi abitualmente, così
[Seite 121] quegl’ Indiani, come gli abitanti delle Coste del
Mar Rosso, e parecchie altre genti.
SPECIE 3. Cama grifoidea (C. Gryphoides:
fr. la Came gryphoïde? – l’Huître de la Mer
rouge: ted. die Felsenmuschel: ing. the red sea’s
Oyster? – gryphoidal Chama?). – Questa spe-
cie ha il nicchio orbiculato o sferoidale, ed ar-
mato d’aculei, o, come si suol dire, muricato,
coll’ una delle due valve più piccola e più appia-
nata, mentre l’altra maggiore distinguesi poi an-
che a motivo di quella sua protuberanza, ram-
mentante quasi una natica, che ne riesce più al-
lungata, più sporgente all’ infuora, e ravvolgentesi
alcun poco, quasi a modo di spira, sopra di sè
(valvula altera planiore; altera nate productiore
subspirali). (Vedi Chemnitz. Vol. VII. Tab. 51. Fig. 110.
e segg.).
Rinviensi dessa indigena in diversi mari, ma
riesce forse anch’ essa più frequente nel Mar Rosso
che non per tutto altrove.
SPECIE 4. Cama bicorne, o anche la Cama
dalle due corna (C. Bicornis – Diceras, ge-
nere per taluni?: fr. la Came cornue – la Came
à deux cornes? – Dicérate di Lamarck?: ted. die
zweyhörnige Gienmuschel?: ing. the two-horned
Chama?). – Questa specie ha coniche le due
valve del suo nicchio, con obblique poi, cunei-
formi, tubulose, e più lunghe della stessa valva
cui appartengono, quelle prominenze che già ne
[Seite 122] accennammo testè sotto il nome di natiche (na-
tibus cuneiformibus obliquis tubulosis valvula lon-
gioribus). (Vedi Chemnitz. Vol. VII. Tab. 52. Fig. 516.
e segg.).
È dessa indigena, a guanto sembra, più che
altro, dell’ Oceano Atlantico.
GENERE XLII. Arca (Arca: fr. Arche: ted.
Arche: ing. Arch?). I Vermi o Molluschi di
questo genere hanno prossimamente uguali le due
valve del loro nicchio, col cardine, o colla cer-
niera munita di moltissimi denti acuti, avvicen-
dati od alterni, ed ingrananti o inserentesi, onde
formar una stabile articolazione, colla parte del-
l’ opposta valva, che loro corrisponde rispettiva-
mente (cardo dentibus numerosis, acutis, alter-
nis, insertis).
SPECIE 1. Arca di Noè (A. Noae: fr. l’Ar-
che de Noè: ted. die eigentliche Arche? – Ar-
che-Noäh? – Noähs Arche?: ing. the Noe’s
Arch?). – Questa specie ha il suo nicchio al-
lungatello alquanto, rigato o striato, un po’ scro-
stato, o anzi piuttosto scanalato presso alla sua
punta (testa oblonga striata, apice emarginata),
colle prominenze curve all’ ingiù, fra loro molto
distanti, e col lembo marginale perfettissimo, non
frastagliato, nè dentato, ma a mala pena in qual-
che sua parte socchiuso, allorchè il nicchio ne sta
chiuso quanto sia mai fattibile (processibus in-
curvis remotissimis, margine integerrimo hiante).
(Vedi Chemnitz. Vol. VII. Tab. 53. Fig. 529 e segg.)
È dessa indigena di molti mari, fra’ quali fa-
remo che ci basti citare qui ora il Mediterraneo,
l’Adriatico, il Mar Rosso, e via discorrendo.
SPECIE 2. Arca pelosa, o anche talora la Noce
di Mare, o l’Arca vellosa, da non confondersi
però mai coll’ Arca barbata, ch’ è tutt’ altra cosa
(A. Pilosa – non già Arca barbata: fr. la Noix
de mer – ma meglio poi l’Arche velue? – non
però mai l’Arche barbue: ted. die Meernüss –
Sammtmuschel – haarige Arche? – behaarte
Arche? – ma non già Bartarche, nè bärtige Ar-
che: ing. the hairy Arch?). – Questa specie ha
il suo nicchio quasi orbiculato, o sferoidale, equi-
latero, e coperto poi d’un tal qual pelo, o d’una
lanuggine, colle così dette natiche curve e spor-
genti all’ingiù (natibus incurvis), e col lembo mar-
ginale denticolato, quasi chi dicesse leggermente
merlato (margine crenato). (Vedi Poli. Tom. II.
Tab. 26. Fig. 1, 2, 3 e 4.).
È dessa indigena di parecchj mari, e fra gli
altri del nostro Adriatico, del Mediterraneo, ec. –
Le valve, segnatamente lungo il margine loro ester-
no, sogliono, come già accennammo anche qui
sopra, e prima poi a pag. 93 del presente Vo-
lume, esserne rivestite d’una soffice e morbidis-
sima pelliccia, o d’una pelle vellutata di color
bruniccio.
GENERE XLIII. Ostrica (Ostrea: fr. Huître:
ted Auster: ing. Oyster – Scallop). I Vermi o
[Seite 124] Molluschi di questo genere, abbondantissimo di
specie, hanno il bivalve loro nicchio, che il più
delle volte sembrerebbe quasi fornito d’orecchie
esterne (testa ... subaurita), risultante da valve
l’una dall’ altra disuguali; il cardine poi, o la cer-
niera ne è al tutto mancante di denti, e scorge-
visi in vece scavata una fossetta di forma ovale,
con alcune strie o righe laterali dispostevi in tra-
verso (cardo edentulus fossula cava ovata, striis-
que lateralibus transversis).
Le troppe, e troppo differenti specie, che con-
corrono a formare questo genere vistosissimo, po-
trebbero molto acconciamente ripartirsi, com’ era
già stato progettato, in due generi ben distinti,
l’uno de’ quali racchiuderebbe tra i Pettini (Pec-
ten: fr. Peigne – Pélérine? – Pecten: ted.
Kamm – Kammauster? – Kammuschel?: ing. Pec-
ten? – Comb? – Comb-oyster?), le prime due
delle specie che descriveremo qui sotto, con di-
verse altre, mentre nel secondo, dell’ Ostriche
propriamente dette, comprenderebbonsi, oltre a
tante altre, tutte quante le rimanenti.
SPECIE 1. Ostrica Jacobea, od anche il Pet-
tine di Giacobbe (O. Jacobaea – Pecten jaco-
baeus per taluni: fr. l’Huître jacobée?: ted. der
Jacobskamm?: ing. the Jacob’s Comb?). – Que-
sta specie ha molto disuguali, ponendole l’una in
confronto coll’ altra, le due valve del suo nicchio,
su cui contansi quattordici raggi angolati, o a
[Seite 125] canti vivi striati e rigati secondo la loro lunghezza.
(Vedi Chemnitz. Vol. VII. Tab. 60. Fig. 588.).
È dessa indigena, tanto del nostro Mare Me-
diterraneo e dell’ Adriatico, quant’ anche di pa-
recchj altri mari.
SPECIE 2. Ostrica pleuronette, od anche l’O-
strica sfoglio, o il Pettine fogliola, o final-
mente talora il Ventaglio, o il Pettine compasso
(O. Pleuronectes – Pecten pleuronectes per ta-
luni, e fors’ anco Ostrea flabelloides di Lamarck?:
fr. la Sole – l’Èventail – l’Huître flabbelloïde?:
ted. die Compassmuschel: ing. the Compass-oy-
ster? – Fan-scallop?). – Questa specie ha quasi
uguali l’una all’ altra le due valve del suo nic-
chio, esternamente liscio o levigato, con dodici
raggi raddoppiati (testa aequivalvi radiis 12 dupli-
catis, extus laevi). (Vedi Chemnitz. Vol. VII. Tab. 61.
Fig. 595.).
È dessa indigena dell’ Adriatico, del nostro Me-
diterraneo, e d’altri mari ancora.
SPECIE 3. Ostrica pallio, od anche il Man-
tello, o l’Ostrica tabarro (O. Pallium: fr. le
Manteau da roi? – le Manteau royal? – l’Huî-
tre manteau? – le Manteau de Jacques?: ted.
der Königsmantel – die Jacobsmuschel: ing. the
James’s cloak?). – Questa specie ha quasi affatto
uguali le due valve del suo nicchio, con sopravi do-
dici raggi curvo-convessi, e striato poi e reso sca-
bro o ruvido ed aspro al tatto dalle squame, che vi
[Seite 126] stanno sopra imbricate, o dispostevi a quel modo
che usiam fare delle tegole su i nostri tetti (te-
sta ... striata scabra squamis imbricata). (Vedi
Chemnitz. Vol. VII. Tab. 64. Fig. 607.).
È dessa indigena propriamente dell’ Oceano In-
diano, e di pochissime altre località.
SPECIE 4. Ostrica mantello, od anche sem-
plicemente il Martello (O. Malleus – in parte
Ostrea vulsella – oppure Malleus vulgaris – Mal-
leus vulsella: fr. le Marteau noir – le Marteau
commun – le Marteau vulsellé in parte – le Cru-
cifix – la Croix de mer: ted. der polnische Ham-
mer – das Crucifix: ing. the Hammer – Ham-
mer-oyster?). – Questa specie ha il bivalve suo
nicchio conformato il più delle volte in tre lobi,
ed a valve quasi tra loro uguali, e co’ lobi che
quasi attraversansi in croce, sicchè ne risulta in
complesso la forma appunto rammentata qui dal
nome specifico (testa ... triloba, lobis transversis).
(Vedi Chemnitz, Vol. VIII. Tab. 70. Fig. 655, 656 e 657.).
Sotto questo medesimo nome vengono da con-
siderarsi due distinte specie, formanti ora il genere
Martello (Malleus), separato dall’ Ostriche, e questi
sono: il Martello comune (Malleus vulgaris: fr. le
Marteau commun), ch’ è chiaramente trilobato, ed
è indigeno dell’ Oceano Indiano, e frequentissimo
poi nell’ Isoletta di quell’ Oceano, appunto in gra-
zia sua, chiamata da Bougainville l’Ile aux Mar-
teaux, ed il Martello vulsella (Malleus vulsella:
[Seite 127] fr. le Marteau vulsellé), che direbbesi piuttosto
bilobato, ed è indigeno, tanto del Mare che bagna
Timor, une delle Isole della Sonda, quant’ anche
del Mar Rosso. – Tali due specie erano dappri-
ma ritenute fra l’Ostriche Linneane co’ corrispon-
denti nomi di Ostrea vulgaris, e di Ostrea vul-
sella.
SPECIE 5. Ostrica laurifoglia (O. Folium:
fr. l’Huître feuille de laurier?: ted. das Lor-
beerblatt: ing. the Laurel’s leaf-scallop?). –
Questa specie parassitica ha il suo nicchio in com-
plesso di forma ovale, ma a valve fra loro disu-
guali, colle parti laterali mollemente pieguzzate
(testa inaequivalvi ovata, lateribus obtuse pli-
cata, parasitica). (Vedi Chemnitz. Vol. VIII. Tab. 71.
Fig. 662 e segg.).
È dessa indigena di diversi mari, ma riesce più
frequente che non altrove, nell’ Oceano.
SPECIE 6. Ostrica edule, o Ostrica mange-
reccia volgare (O. Edulis: fr. l’Huître come-
stible – l’Huître commune: ted. die gemeine Au-
ster: ing. the common Oyster?). – Questa spe-
cie ha il bivalve suo nicchio di forma rotondata,
che tende, sebben da lontano, pure in qualche
modo, direbbesi quasi, alla sferoidale, con alcune
membranelle imbricate ed ondeggianti, o rammen-
tanti le onde, e con una delle sue due valve pia-
na e perfetta, ch’ è quanto dire non dentata, non
frastagliata, non scissa, e così via discorrendo (te-
[Seite 128] sta .... semiorbiculata, membranis imbricatis un-
dulatis, valvula altera plana integerrima). (Vedi
Lister, Conchiologia. Tab. 193. Fig. 30.).
È dessa indigena ed abbondantissima in molti
mari, e fra gli altri, tanto nel Mediterraneo e nel-
l’Adriatico a noi più vicini, quant’ anche lungo le
Coste Nord-Ouest della nostra Europa, e appunto
particolarmente nelle varie delle qui ora accennate
località usasi di tener questi Vermi, per così dire,
con ispeciale artificio, in conserva, od in vivajo,
ond’ ingrassino e rendansi quindi sempre migliori,
in certi luoghi a tale effetto appropriati, e che
direbbonsi Banchi d’Ostriche (ted. die Auster-
bänken1: fr. les Parcs des Huîtres, onde s’è fatta
poi la frase parquer les Huîtres), ed è propriamente
da questo artificio, e in parte anche dalla diversa
qualità del sapore in grazia di quello all’ Ostriche
derivante, che trasse origine quella tal quale loro
trivialissima distribuzione in Ostriche di scoglio
(ted. Bergaustern), in Ostriche delle sabbie (ted.
Sandaustern), in Ostriche di maremma, od Ostri-
che de’ fondi argillosi (ted. Thonaustern), e così
via discorrendo.
SPECIE 7. Ostrica Efippio, oppure l’Ostrica
sella, o la Sella Polacca (O. Ephippium –
Perna ephippium: fr. l’Huître selle – o anche
semplicemente la Selle – la Selle Polonaise, –
e fors’ eziandio, almeno per taluno, le Perne
cuisse? – la Cuisse? – l’Équerre?: ted. der
Polnische Sattel: ing. the Saddle-scallop?). –
Questa specie ha il suo nicchio membranoso, a
valve tra di loro prossimamente uguali, e rap-
presentante, quasi chi dicesse, un globo, o piut-
tosto una sferoide (testa aequivalvi orbiculata com-
pressa membranacea). (Vedi Chemnitz. Vol. VII. Tab. 59.
Fig. 576 e segg.).
È dessa indigena segnatamente dell’ Oceano In-
diano. – Non è rado che nel suo nicchio accada
di rinvenir qualche Perla, ma anche quando ciò
ha luogo, la Perla ne riesce sempre, o almeno il
più delle volte, scadente in confronto dell’ altre,
tanto a riguardo del colore, quanto eziandio per
la figura, che ne suol essere cattiva e difforme.
SPECIE 8. Ostrica cresta di Gallo, o l’Ostrica
crestuta, od anche semplicemente, sebbene con
nome affatto volgare, l’Orecchia porcina (O. Cri-
sta-galli: fr. la Crête de coq – l’Huître crêtée –
l’Oreille de cochon?: ted. der Hahnenkamm –
das Schweins ohr: ing. the Hog’s ear). – Questa
specie ha il nicchio bivalve, a valve a un dipresso
uguali, ma pieguzzato tutto quanto e spinoso,
con amendue le labbra scabre, disuguali od aspre
[Seite 130] al tatto (testa aequivalvi plicata, spinosa, labro
utroque scabro). (Vedi Chemnitz, Vol. VIII. Tab. 75.
Fig. 683 e segg.).
È dessa indigena di parecchj mari, ma rinviensi
più frequente che non altrove, nel grande Ocea-
no, e in qualche parte dell’ Atlantico.
GENERE XLIV. Anomia (Anomia: fr. Anomie:
ted. Bastardmuschel: ing. Anomia?). I Vermi o
Molluschi di questo genere hanno munito d’oper-
culo, o coperchietto corrispondentevi, il nicchio loro
bivalve, irregolare e a valve disuguali, mentre
l’una, le molte volte traforata presso alla base, ne
riesce come appianata, e l’altra ne è intatta, più
grande, molto più gobba o convessa appunto presso
alla base; il cardine, o la cerniera si può dire
che ne sia priva affatto di denti, ed ha invece
una piccola cicatrice lineare, rilevata alquanto o
sporgente all’ infuora, con un dente lateralmente
per di dentro (cardo edentulus cicatricula lineari
prominente, introrsum dente laterali); l’anima-
letto poi, in vece d’avere alcun’ altra base sua
propria, trovasi munito di due raggi ossei (ra-
dii 2 ossei pro basi animalis).
SPECIE 1. Anomia Efippio, o l’Anomia sella,
o semplicemente la Sella di mare (A. Ephip-
pium – Anomia argentina – Anomia mar-
garitacea di Poli: fr. l’Anomie selle – la Pe-
lure d’oignon – l’Anomie pelure d’oignon:
ted. das Fensterduplet – die weisse Zwiebel-
[Seite 131] schale – der Sattel: ing. the Saddle-anomia?).
– Questa specie ha il suo nicchio, rugoso ad
un tempo e pieguzzato, accostantesi in qualche
modo alla forma orbiculare, ed ha traforata quel-
la delle due valve, che ne riesce più piana (te-
sta suborbiculata rugoso-plicata: planiore perfo-
rata). (Vedi Chemnitz. Vol. VIII. Tab. 76. Fig. 692 e segg.)
È dessa indigena, tanto dell’ Oceano, quanto
del nostro Mediterraneo.
SPECIE 2. Anomia Cipolla (A. Cepa – Ano-
mia violacea di Chemnitz e di Bruguière –
Anomia persichina di Poli: fr. l’Anomie vio-
lette: ted. die violblaue Zwiebelschale?: ing.
the purple Anomia?). – Questa specie ha il
suo nicchio di colore violetto, e di forma che
avvicinasi all’ ovale, a valve disuguali, mentre la
superiore n’ è più convessa dell’ inferiore, e que-
st’ ultima poi è traforata (testa obovata inaequali
violacea: superiore convexa, inferiore perforata).
(Vedi Chemnitz. Vol. VIII. Tab. 76. Fig. 694 e segg.).
È dessa pure indigena, come la specie prece-
dente, tanto dell’ Oceano, quant’ anche del nostro
Mediterraneo.
SPECIE 3. Anomia vetrosa, ma meglio assai
presentemente la Terebratula vitrea (A. Vitrea
– Terebratula vitrea di Lamarck: fr. l’Anomie
vitreuse – la Térébratule vitreuse – e volgar-
mente poi le Coq-et-la-poule: ted. die Glas-
bohrmuschel: ing. the vitreous Anomia?). –
[Seite 132] Questa specie ha il nicchio di forma quasi affatto
ovale, ma panciuto alquanto, di color bianco,
dilicatissimo ed anzi al tutto molle, con una delle
sue valve traforata, ed avente una maniera di becco
adunco o curvo all’ ingiù (testa ovata, ventri-
cosa, alba, tenerrima, valvula altera rostro in-
curvata, perforata); il lembo di tale nicchio ne
riesce poi ad un tempo tagliente, intatto, o non
solcato, nè dentato, nè altramente frastagliato,
e tale che le due valve vengono a combaciare co-
gli orli, in modo di chiudere perfettamente all’ oc-
casione l’animale per entro (margine acuto in-
tegerrimo, undique clauso). (Vedi Chemnitz. Vol. VIII.
Tab. 78. Fig. 707 e segg.).
È dessa indigena e a bastanza frequente, così
nel nostro Mediterraneo e nell’ Oceano Atlantico,
com’ anche in parecchj altri mari. – Il Mollusco
in complesso ci offre uno de’ pochissimi animali
del mare spettanti alla Creazione attuale, e che
si possono ritenere come decisamente analoghi, o
come gli originali viventi, d’altri che doveano
esistere duranti le Creazioni precedenti, e dei
quali ci accade ora di rinvenire le traccie ne’ ter-
reni di Calcarea antica stratificata, o nelle mon-
tagne calcari, come si suol dire, secondarie.
GENERE XLV. Mitilo, o Mitulo (Mytilus: fr-
Moule, qui assai meno impropriamente che come
sinonimo di Mïa: ted. Miesmuschel: ing. Sea-mu-
scle – Mussel). I Vermi o Molluschi di questo
[Seite 133] genere hanno il bivalve, rozzo o non lucente, e
quasi direbbesi grezzo, loro nicchio (testa ... rudis)
ordinariamente violetto, il più delle volte infisso
od attaccato, per mezzo del proprio suo Bisso
(Byssus), talvolta per catene d’individui, ora alle
sabbie o a’ ciottoletti che stanno in mare, forman-
dovi banchi a bastanza vistosi, ed ora peir entro
alle cavità degli scogli, a poca distanza dalla spiag-
gia; il cardine, o la cerniera ne è affatto sdentata,
ma rendesi specialmente rimarchevole in grazia di
una riga o lineetta scavatavi dentro por lo lungo,
e di forma tale da rammentarci, meglio d’ogni
altra cosa, il luogo ove stasse collocata l’estremità
del ferro d’una lesina (cardo... distinctus linea
subulata excavata longitudinali).
SPECIE 1. Mitilo margaritifero, o il Mitulo
perlifero (M. Margaritifer – già un tempo Ma-
ter Unionum – Concha Indica margaritifera –
Meleagrina di Lamarck – Avicula margaritifera
di Megerle, di Cuvier e di Duvernoy – Avicula
Sinensis – Avicula radiata di Leach: fr. la Co-
quille de nacre – le Nacre de perle – la Moule
aux perles – la Moule perliére – la Pintade
– la Pintadine: ted. die Perlenmuttermuschel:
ing. the pearls-bearing Mussel?: ed anticamente
Berberi per i pescatori Indiani). – Questa spe-
cie ha il nicchio di forma tendente alla globosa
o sferoidale, ma però ad un tempo schiacciatella
in su i lati, ed appianata (testa compresso-plan
[Seite 134] suborbiculata), e la base in traverso ne è coperta
di tunichelle dentate, imbricate, o dispostevi sopra
per serie, a quel modo che sogliono collocarsi le
tegole su pe’ tetti delle nostre case (basi transversa
imbricata tunicis dentatis). (Vedi Chemnitz, Vol. VIII.
Tab. 80. Fig. 717, e segg.).
È dessa indigena di molti mari, ma ci ristrin-
geremo a citarne, come le località più famose, in
vista delle belle Perle che se ne traggono, il Mar
Rosso presso al suo sbocco nel Mare Indiano, i
dintorni dell’ isola Ceylan, ed altre spettanze del-
l’ Oceano Orientale Meridionale, del Grande Ocea-
no, e via discorrendo. – Questa specie poi rie-
sce sempre interessantissima, tanto per le preziose
Perle, che rinvengonsi ora nella Conchiglia, ed ora
nel Mollusco che l’abita, quanto per la così detta
Madreperla (le Nacre de’ Francesi), che se ne
trae a vantaggio dell’ arti, segnatamente di lusso, e
quanto ancora alla perfine a motivo della sua cer-
niera abbondantissima di tendini, che, tagliata che
sia e pulita alla maniera che si suol fare delle
pietre dure, preziose o gemmarie, ci fornisce l’An-
drodamante, o la così detta gemma del Pavone
(Gemma penna Pavonis – Helmintholithus an-
drodamas di Linneo: fr. la Pierre de Paon: ted.
der Pfauenstein), rilucente e scherzante sopra va-
rii colori, a quel modo che, posto in quelle me-
desime circostanze, fa il Feldspato di Labrador,
o la così detta Pietra di Labrador.
SPECIE 2. Mitilo litofago, o talora anch’ esso
Mitulo dattero, o il Dattero di mare, o il vero
Trapana-sassi (M. Lithophagus – Modiola litho-
phaga di Lamarck – Lithodomus, genere di Cu-
vier: fr. la Moule lithophage – la Modiole li-
thophage – la Moule perce-pierre – la Moule
pholade – la Date proprement dite: ted. der
Steinbohrer – Steindattel: ing. the stone-pier-
cing Mussel – Piddock?). – Questa specie ha il
nicchio di forma in complesso quasi affatto cilin-
drica, rigato in traverso da diverse strie rilevate
che procedono incerte, quasi direbbesi, vacillando,
e con amendue le sommità arrotondate; la superficie
anteriore ne riesce inoltre perlacea, o rammen-
tante la Madreperla. (Vedi Chemnitz. Vol. VIII. T. 82.
Fig. 729, e segg.).
È dessa indigena di molti mari, ma riesce poi
frequentissima, e di squisitissimo sapore, soprat-
tutto in quello che bagna le Coste d’ Inghilterra,
com’ anche nel Grande Oceano, nell’ Oceano In-
diano, e nell’ Australe segnatamente, ove vien
colossale. Somiglia essa moltissimo ad una Cama
propria, a quel che sembra, del mare dell’ Indie,
ma che pure rinvennesi da quando a quando an-
che nel nostro Mare Adriatico, e che, denominata
già da Linneo, in vista della speciale abitudine
sua di traforare i tronchi di Corallo, Chama co-
ralliophaga, venne dal Professore Renieri battez-
zata Mytilus dentatus. – Il Mitilo litofago di cui
[Seite 136] parliamo qui ora propriamente, trafora anch’ esso
o pertugia, così gli scogli marmorei, anche i più
duri e compatti, che stanno in mare a poca di-
stanza dal lido, come i fusti o i tronchi del Co-
rallo, innicchiandosi nel praticatovi cuniculo, per
fermarvisi a perpetua dimora1.
SPECIE 3. Mitulo edule, o il Mitulo escu-
lento, o il Mitulo mangereccio, e talora trivia-
lissimamente il Pidocchio di mare, come appunto
usasi da non gran tempo in Venezia, ove, seb-
bene in addietro fosse chiamato Concola, ora a
voce comune vien detto puramente Peocio (M.
[Seite 137] Edulis: fr. la Moule mangeable: ted. der Blau-
bart – die Schille: ing. the eatable Sea-mu-
scie?). – Questa specie ha il suo nicchio piut-
tosto liscio, e di colore violaceo, colle valve an-
teriormente conformate alla foggia della carena
d’una nave, e per di dietro poi tronche (val-
vulis antice subcarinatis, postice retusis). (Vedi
Chemnitz. Vol. VIII. Tab. 84. Fig. 750, e segg.).
È dessa indigena anche de’ nostri mari, ove
agli abitanti del litorale serve comunissimamente
di cibo, non però scevro sempre d’ogni qualun-
que pericolo, mentre non sono radi troppo eli
esempj, soprattutto in certe determinate stagioni,
e in qualche speciale località, che l’uso, o forse
piuttosto l’abuso fattone, abbia cagionato la morte.
SPECIE 4. Mitilo bidente, o il Mitulo Ma-
gellanico (M. Bidens – Mytilus Magellanicus:
fr. la Moule de Magellan – la Moule Magel-
lanique: ted. die gestreifte Magellanische Mies-
muschel: ing. the Magellan-mussel?). – Que-
sta specie ha il suo nicchio piuttosto bislungo, al-
cun poco curvato, e di colore violaceo, rigato
per lo lungo da molti grandi solchi grossolana-
mente ondeggianti, col suo lembo marginale po-
steriore inflesso, o ripiegato all’ indentro, e col
cardine terminale armato di due denti bianchi,
dritti ed acuti molto. (Vedi Chemnitz. Vol. VIII. T. 83.
Fig. 742, e segg.).
È dessa indigena segnatamente dello Stretto di
[Seite 138] Magellano, come già lo indica a bastanza alcuno
de’ suoi nomi, ma rinviensi però eziandio in al-
cuni altri mari, proprj sempre dell’ America; di
modo che per noi è costantemente esotica affatto.
SPECIE 5. Mitilo Modiolo, o il Mitulo della
Terra de’ Papous, e forse ancora meglio presen-
temente il Modiolo Papuano (M. Modiolus –
Modiola Papuana di Lamarck – se pure non
forse piuttosto la Modiola tulipa dello stesso La-
marck?: fr. la Moule Modiole – la Moule des
Papous – le Lulat di Adanson? – ma meglio
forse la Modiole des Papous? – quando pure
non sia dessa piuttosto la Modiole tulipe, detta
anche più volgarmente la Feuille de tulipe?:
ted. die Papusmuschel: ing. the Papuan Mus-
sel? – Papous-sea-muscle?). – Questa specie
ha liscio affatto il suo nicchio d’un bellissimo co-
lor violetto, ma ricoperto, finch’ è fresco, d’una
epidermide di color bruno; il lembo marginale
anteriore ne è conformato alla foggia della carena
d’un vascello; le così dette natiche ne riescono
molto prominenti, sicchè quasi direbbonsi gibbose,
e il cardine, o la cerniera ne è situata alquanto
lateralmente (testa laevi margine anteriore cari-
nato, natibus gibbis, cardine sublaterali). (Vedi
Chemnitz. Tom. VIII. Tab. 85. Fig. 757. e Tab. 86. Fig. 758
e 759, che tutte riferisconsi a qualcuno de’ nomi qui addotti
nella sinonimia della Specie).
I più belli individui, ed assolutamente i più
[Seite 139] voluminosi, ne sono quelli che ci provengono dai
paraggi della Terra de’ Papous nella Novella Gui-
nea, ma aveansene già avuti alcuni esemplari an-
che lungo le Coste settentrionali della nostra Eu-
ropa1.
GENERE XLVI. Pinna (Pinna: fr. Pinne –
Jambon – Jambonneau – Coquille porte-soie:
ted. Steckmuschel – Schinke – Seidenmuschel:
ing. Pinna? – Sea-fan? – Sea-gammon? –
Gammon-oyster?). I Vermi o Molluschi di que-
sto genere, detti da taluno bissiferi, hanno a pena
decisamente bivalve il loro nicchio fragile e dilicato,
dritto, e lasciante uscire da sè, in forma quasi
di barba, una produzione analoga alla seta, che
usiamo chiamar bisso, e che gli antichi esprime-
vano latinamente col nome appunto di Barba bys-
sina (testa subbivalvis, fragilis, erecta, emittens
Barbam byssinam): la cerniera, o il cardine, che se
ne voglia dire, ne è mancante affatto di denti, e le
due valve ne sembrano, quasi chi dicesse consoli-
dale in una sola (cardo edentulus, coalitis in
unam valvulis).
Le Pinne sono rinomatissime già fino dagli anti-
chi tempi, soprattutto a motivo di quella barba di
seta di color bruno, che portano, come accennam-
mo qui sopra, e colla quale è loro dato, finchè
vi abita per entro l’animale, d’attaccarsi anche
molto saldamente agli scogli, alle rupi sotto ma-
rine, o ad altri corpi sodi che offransi loro ido-
nei a tale scopo. – Questa loro seta bruna poi,
denominata già fino da’ Latini Lana penna, viene
adoperata alle Smirne, a Taranto, a Palermo,
ed eziandio in altre località, per farne guanti, ed
altri consimili lavori.
SPECIE 1. Pinisa rozza, o la Pinna ruvida, o
anche la Pinna comune grossolana (P. Rudis:
fr. le Jambon de mer grossier? – la Pinne ma-
rine commune? – la Pinne de mer commune?:
ted. die grobe Pinne? – der grobe Steckmu-
schel? – Dachmuschel?: ing. the common Sea-
gammon? – coarse Sea-gammon? – trivial
Pinna?). – Questa specie ha il suo nicchio tutto
quanto solcato esteriormente, a solchi profondi e
procedenti per lo lungo, con sopravi molte squame
fatte a vôlta, e disposte per serie quasi regolari
(testa sulcata; squamis fornicatis, per series di-
gestis). (Vedi Chemnitz. Vol. VIII. Tab. 88. Fig. 773 e
segg.).
È dessa indigena di molti mari, e rinviensi fre-
quente anche nel Mediterraneo. e nel nostro
Adriatico lungo le Coste di Grecia, presso all’ Isole
da quelle non lontane, e via via discorrendo.
SPECIE 2. Pinna nobile, o la Pinna pregiata
(P. Nobilis: fr. le Jambon de mer fin? – la
Pinne marine noble: ted. der edle Steckmuschel?
– die edle Pinne? – der eigene Schinke?:
ing. the noble Sea-gammon? – noble Pinna?). –
Questa specie ha il nicchio striato, o rigato a stri-
scie, ed è al di fuori come tempestato di squame
a doccia, o scanalate, tubulose ed imbricate, o
disposte quasi alla maniera dell’ embrici su pe’ no-
stri tetti (testa striata: squamis canaliculatis tu-
bulosis subimbricatis). (Vedi Chemnitz. Vol. VIII.
Tab. 89. Fig. 775, e segg.).
È dessa pure indigena di molti mari, come a
dire dell’ Oceano in generale, de’ mari che ba-
gnano alcune contrade d’America, ed eziandio
del nostro Mediterraneo e dell’ Adriatico.
C. Famiglia degli Univalvi, aventi una marcata
voluta risultante di giri spirali, o Conchiglie
propriamente dette (Univalvia cum voluta spi-
rali – Cochleae – Mollusca testacea cepha-
lopoda et gasteropoda: fr. les Univalves ayant
des révolutions spirales réguliéres – Coquilles
proprement dites – Mollusques testacés cèpha-
lopodes et gastéropodes: ted. die Schnecken –
einschalige Conchylien mit bestimmten Win-
dungen: ing. the proper Shells? – univalv
Mollusks with regular spiral turns?).
La direzione, o l’andamento de’ giri regolar-
mente decrescenti delle anfrattuosità della voluta
nella Conchiglia di questi Vermi o Molluschi uni-
valvi, è quasi costantemente da per tutto equabile
od uniforme, almeno per modo che, situandone
la punta al basso, e l’orificio all’ insù, si vedrà
che, quando l’apertura o l’orificio, come il più
delle volte succede, ne sta rivolto a man sinistra,
i giri di spira, procedendone d’alto in basso, ten-
dono a mano diritta, con una direzione che segue,
per così dire, il moto apparente del Sole.
Hannovi però alcune poche specie di queste
Conchiglie propriamente dette, che ottennero dalla
Natura un giro di spira decisamente opposto a
[Seite 143] quello che qui ora indicammo (e vedine addotti
alcuni esempj nella Tav. 20 delle mie Abbildun-
gen naturhistorischen Gegenstände), e che quindi,
in confronto collo solite, possono a tutto buon
dritto chiamarsi sinistre, o giranti a mano sini-
stra; ma v’ è ancora di più qualche caso, sebbene
rarissimo, in cui una Conchiglia, tutto che ap-
partenente ad una specie, nella quale i giri spi-
rali della voluta sogliano procedere sempre a mano
diritta, procedono in vece, quasi direbbesi mo-
struosamente, a man sinistra (anfractibus sinistris,
seu contrariis1).
Finalmente parecchie specie di Vermi o Mol-
luschi spettanti a queste vere Conchiglie, sono state
dalla Natura abilitate a rinchiudersi nel proprio
loro abituro, quando il vogliono, col mezzo d’un
apposito coperchietto, che dicesi operculo (oper-
culum), come altre ve n’ ha eziandio, che all’ av-
vicinarsi della stagion fredda, sanno costruire al-
l’ orificio della loro conchiglia una lastricina di na-
tura calcarea, che tutto esattissimamente lo chiude.
GENERE XLVII. Argonauta, od Ocitoe (Ar-
gonauta – Ocythoe di Raffinesque, e di Leach
– e già anticamente Nautilus papyraceus – Nau-
plius – Nauticus – Cymbium, ec.: fr. Argo-
naute – Nautile papyracé: ted. Argonaute?:
[Seite 144] ing. the Argonauta?). I Vermi o Molluschi, so-
miglianti a’ Polpi o alle Seppie, che appartengono
a questo genere, tra le non gran fatto numerose
specie del quale, una sola noi qui ne addurremo
in esempio come specie-tipo, hanno costantemente
la fragilissima, translucida e tubercolosa loro Con-
chiglia, uniloculare o monotalamia, ed univalve,
procedente a giri spirali, brevi, larghi sempre e
pochissimi, che rivolgonsi, dirò così, concentrici
l’uno dentro dell’altro, sottile poi d’altronde, e
dilicata molto, ed anzi quasi membranacea, con-
formata a foggia d’un elmo rovesciato, o piuttosto
d’una barchetta a coste rilevatissime, carenata,
incurvata assai, e molto compressa o schiacciata
in sui fianchi.
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi. Ar-
gonauta Argo, od anche semplicemente l’Argo,
e più volgarmente poi il Nautilo papiraceo (A.
Argo – Argonauta sulcata di Lamarck – Ocy-
thoë antiquorum di Leach – ed anticamente il vero
Nautilus papyraceus: fr. l’Argonaute Argo –
le grand Nautile papyracé – le grand Nautile
à canelures rameuses – e vulgo poi le Nautile
papyracé – le grand Nautile à caréne étroite:
ted. der eigene Papiernautilus – Reissbrei:
ing. the Paper-sailor). – Questa specie ha la
carena che per poco direbbesene dentata (carina
subdentata), e l’animaletto che l’abita, somiglia,
come di già accennammo, più che ad altro, ad
[Seite 145] una Seppia (animal Sepia?). (Vedi Martini. Vol. I.
Tab. 17. Fig. 156, e segg.).
È dessa indigena di tutto il Mediterraneo, dalle
Coste di Spagna fino all’ Arcipelago, ma non è
perciò che non rinvengasi eziandio nell’ Oceano
Atlantico e frall’ altre località, presso alle Antille,
nel grand’ Oceano, presso alle Molucche ec., e vi
ha chi ne cita, qualche esempio anche in vicinanza
delle Coste di Groenlandia. – Alcuni individui
ne pervengono a tanta grandezza da superare per-
fino gli otto pollici in lunghezza. – Fu talora, seb-
bene a tutto torto, confusa questa specie col Nau-
tilo pompilio, di cui faremo menzione nel genere
susseguente; ma non può al certo negarsi, che la
forma e le abitudini non ne siano mirabili a se-
gno tale da rendere al tutto non improbabile che
gli uomini possano averne appreso assai in ri-
guardo alla navigazione.
GENERE XLVIII. Nautilo (Nautilus: fr. Nau-
tile: ted. Nautilus? – Schiffboth: ing. Sailor
– Nautilus?). I Vermi o Molluschi appartenenti
a questo genere hanno la univalve loro conchiglia
politalamica, o divisa in parecchj compartimenti
mercè d’alcuni setti traforati, che ne conformano
il vano interiore, come chi dicesse, in una ma-
niera di stanze, insieme comunicanti, del medesimo
appartamento (testa ... isthmis perforatis conca-
merata, polythalamia).
La conchiglia, così costituita ne’ Molluschi di
[Seite 146] questo genere, e ripartita in parecchie camere,
delle quali le più esteriori soltanto servono d’abi-
tazione all’ animale, ha vuote abitualmente le più
interne, e proporzionatamente sempre più ristrette,
e queste riempiute d’acqua, o vuotatene, a pia-
cere dell’ animale, che all’ occorrenza la sugge ed
espelle, rendono il tutto insieme, ora più grave,
or più leggiero, secondo che la circostanza il ri-
chiede.
SPECIE 1. Nautilo Pompilio (N. Pompilius:
fr. le Nautile flambé – le Burgau: ted. das
eigene Schiffboth – die Schiffkutel – Perlen-
mutterschnecke: ing. the proper Sailor). – Que-
sta specie ha la bella ed elegante sua conchi-
glia in forma di navicella, che procede per an-
frattuosità spirali, liscie e polite, ottuse, e con-
tigue l’una coll’ altra, ed ha l’imboccatura, o
l’orificio della forma d’un cuore (testa spirali,
apertura cordata, anfractibus contiguis obtusis
laevibus). (Vedi Martini. Vol. I. Tab. 18.)
È dessa propriamente indigena, e più comune
che per tutto altrove, nel mare che lambe l’In-
die Orientali, presso all’ Isole Molucche, e via
via discorrendo.
SPECIE 2. Nautilo Sperone, o anche lo Spe-
ron di mare (N. Calcar: fr. le Nautile épéron:
ted. die Spornschnecke? – Spornmuschel: ing.
the Calcar-nautilus? – Spur-sailor?). – Que-
sta specie ha la sua conchiglia procedente anche
[Seite 147] essa a giri spirali, contigui l’uno coll’ altro, ester-
namente rilevati, a ginocchielli salienti, ed ha
l’orificio di forma lineare (testa spirali, apertura
lineari, anfractibus contiguis: geniculis elevatis).
(Vedi Martini. Vol. I. Tab. 19. Fig. 168 e segg.).
È dessa una delle più piccole specie di con-
chiglie, che accada mai di rinvenire fra mezzo
alle sabbie marine, presso a Rimini nella Peni-
sola Italiana.
GENERE XLIX. Cono (Conus: fr. Cône: ted.
Tute: ing. Conus?). I Vermi o Molluschi di que-
sto genere hanno sempre la univalve loro con-
chiglia turbinata, o in forma di cono rovesciato,
aggirantesi a spira sopra di sè (testa ... convo-
luta, turbinata), coll’ orifìcio lineare o longi-
tudinale, vale a dire ad un tempo bislungo e stretto,
ed anzi formante una maniera di labbro roton-
dato e liscio presso alla base intatta della conchiglia
(apertura effusa longitudinalis, linearis, eden-
tula, basi integra), e finalmente la colonnetta cen-
trale ne riesce liscia essa pure (columella laevis).
SPECIE 1. Cono marmoreo (C. Marmoreus –
Rhombus cylindro-pyramidalis di Lister – Cy-
lindrus Indicus di Bonanni: fr. le Cône damier
– le Cône marbré – le vrai Tigre di D’Argen-
ville: ted. das Herzhorn – der Contreadmiral
– Schout-by-nacht: ing. the Rear-admiral? –
Marble-conus?). – Questa specie ha la sua con-
chiglia di forma conica, e di color fosco o bruno
[Seite 148] scuro, ma tempestata di macchie bianche di fi-
gura ovale; oltre a ciò poi le anfrattuosità della
spira ne sono scanalate, o formano come una
doccia continuata (spirae anfractibus canaliculatis).
(Vedi Martini. Vol. II. Tab. 62. Fig. 685, 686, 687 e 688.).
È dessa indigena propriamente de’ Mari Asiatici.
SPECIE 2. Cono Grande-ammiraglio (C. Ami-
ralis summus – Archithalassus primus di Rumph:
fr. le Côneamiral – le Grand-amiral: ted. der
Oberadmiral: ing. the Admiral). – Questa spe-
cie ha la sua conchiglia, nel fondo, di color giallo
fulvo o lionato, ma disseminata di macchie bian-
co-lattee triangolari, con inoltre alcune zone o fa-
sce giallo-citrine pallide, finissimamente reticolate
(testa ferruginosa maculis albis squamatis spar-
sis; fasciisque 3 flavis tenuissime reticulatis), la
mezzana delle quali zone o fascie, quasi a modo
d’una cintura giallo-carica, come lo è pure il fondo,
riesce frammezzata, quasi chi dicesse, da alcune
scagliette o squamicine bianche (media – fascia –
cingulo ferrugineo itidem squamulis albis inter-
rupto). (Vedi Martini. Vol. II. Tab. 37. Fig. 634.).
Rinviensi dessa indigena, tanto nel Mare del
Sud, quant’ eziandio nel Mare che circonda le così
dette Grandi Indie, o l’Indie Orientali. – La dif-
ferenza delle località ne fa variare d’assai, segna-
tamente la distribuzione e la grandezza delle mac-
chie, e lo scompartimento de’ colori.
SPECIE 3. Cono Luogotenente, od anche il
[Seite 149] Cono Vice-ammiraglio (C. Locumtenens: fr. le
Vice-amiral: ted. der Vice-admiral: ing. the
Vice-admiral?). – Questa specie ha anch’ essa
la conchiglia in pieno di colore fulvo scuro, o
giallo lionato, tempestata di macchiette bianche a
modo di squame o di scagliette, e come tutta quanta
reticolata (testa ferruginea maculis albis squama-
tis tota reticulata).
È dessa più frequente forse, che non altrove, nel
Mar Rosso. – Potrebbe darsi benissimo ch’ essa
non fosse alla perfine altra cosa che una semplice
varietà della specie precedente, dovuta o all’ età
dell’ individuo, o alla località speciale indicatane?
SPECIE 4. Cono Aurisiaco, od anche il Cono
di color rancio, o il Cono Ammiraglio rancio
(C. Aurisiacus: fr. le Cône orange – le Drap
orangé – l’Amiral orange: ted. der Orange-ad-
miral: ing. the Orange-admiral?). – Questa spe-
cie ha la conchiglia d’un colore giallo rancio piut-
tosto pallido, con sopra dispostevi alcune fasce o
strisce brune incrociantisi qua e là quasi a foggia
di catenella, accompagnate eziandio da parecchie
lineette punteggiate (testa pallida aurantia, fa-
sciis fuscis catenulatis; lineisque punctatis). (Vedi
Martini. Vol. II. Tab. 57. Fig. 636.).
Sembra dessa corrispondere presentemente, me-
glio che a qualsivoglia altra, alla novella specie
Cedonulli (Conus cedonulli di Lamarck – Ce-
donulli amiralis di Linneo: fr. le Cône cedo-
[Seite 150] nulli: ted. der Prachtkegel? – die Prachtschne-
cke?), specie ch’ è ricchissima di molte e belle va-
rietà, tutte ricercatissime, e che in tal caso potrebbe
dirsi indigena del mar delle Antille, com’ eziandio
d’altri mari che bagnano l’America meridionale.
SPECIE 5. Cono textile, od anche il Cono tes-
suto, il Cono drappo d’oro, o finalmente il
Cono a punto di Spagna? (C. Textilis – forse
lo stesso col Conus nussatella di Bruguière?: fr. le
Cône textile – le Drap d’or – le Drap pi-
queté? – le Drap à réseau?: ted. das Hasel-
huhn: ted. the Gold-net-conus?). – Questa spe-
cie ha la conchiglia tutta quanta reticolata di ve-
nuzze giallognole incrocicchiantisi, con sopra spar-
sevi alcune macchie, ora gialliccie, ed ora lionate
o bruno-scure (testa venis reticulatis luteis, ma-
culis luteis fuscisque). (Vedi Martini. Vol. II. Tab. 54.
Fig. 598 e segg.).
Dessa debb’ essere indigena dell’ Oceano.
GENERE L. Ciprea, od anche Porcellana (Cy-
praea – Concha Veneris – C. Cytheriaca – C.
Paphia: fr. Porcelaine – Cyprée – Conque de
Vénus: ted. Porcellane: ing. Porcelane? – Cy-
prea?). I Verini o Molluschi di questo genere
hanno sempre l’univalve loro conchiglia ravvolta
sopra di sè, di forma quasi ovale, ma ottusa e
superficialmente lustra e polita; la bocca poi, o
l’orificio lineare, e dispostone giusta la lunghezza,
n’è d’ambe le parti munito di denti, e come chi
dicesse, rovesciato o formante quasi due labbra.
Questi medesimi Molluschi dimettono in certe
determinate epoche la loro conchiglia, per for-
marsene poscia una del tutto nuova, la quale,
almeno in alcune specie, mediante il proceder ol-
tre dell’ animale in età, finisce poi per variar così
fattamente da quella ch’ era loro propria da prima,
che ebbero appunto da ciò ad emergerne, non in-
frequenti, parecchj errori, o diversi abbagli nelle
precedenti sistematiche distribuzioni delle Conchi-
glie1.
SPECIE 1. Ciprea Arabica (C. Arabica: fr. la
Porcelaine Arabique – e trivialmente anche le
Harlequin bâtard: ted. der Bastard-harlekin: ing.
the Arab Porcelane?). – Questa specie ha la con-
chiglia di forma quasi turbinata, o tendente al
conico, con sopra disegnatovi un tal quale carat-
tere come di scrittura, oltre ad una macchia sem-
plice dispostavi sopra, secondo la lunghezza della
conchiglia medesima (testa subturbinata charac-
cteribus inscripta, macula longitudinali simplici).
(Vedi Martini. Vol. I. Tab. 31. Fig. 328 e segg.).
È dessa indigena del Mar Rosso e del Mare
Arabico, come già il porta lo stesso nome speci-
fico ond’ è contraddistinta.
SPECIE 2. Ciprea Mauriziana (C. Mauritiana:
fr. la Porcelaine Mauritienne – la Tête de ser-
pent?: ted. der grosse Schlangenkopf: ing. the
Mauritian Porcelane?). – Questa specie ha la
conchiglia, per davanti, ottusa all’ estremità, e di
forma ad un tempo triangolare e gobba (testa
obtusa triquetro-gibba); per di dietro invece rie-
sce essa acuta e compressa, o come chi dicesse
schiacciata d’alto in basso, e per di sotto poi è
tutta quanta nera (postice depresso-acuta; subtus
nigra). (Vedi Martini. Vol. I. Tab. 30. Fig. 317. e segg.).
È dessa indigena dell’ Oceano, ma rinviensi an-
che nell’ Atlantico.
SPECIE 3. Ciprea Tigre, o la Porcellana ti-
grata, od anche la Ciprea Leopardo (C. Ti-
gris: fr. la Porcelaine Tigre – la Porcelaine
Léopard: ted. die Tieger-porcellane? – Léopard-
porcellane?: ing. the Leopard-cowry? – Leopard-
shell?). – Questa specie ha la sua conchiglia di
forma quasi ovale, arrotondata, ma ottusa an-
ch’ essa all’ estremità per davanti, con sopravi una
riga di colore laterizio, disposta secondo la lun-
ghezza della conchiglia medesima, che anche per
di dietro mostra poi qui ottuse le estremità (te-
sta obtusa ovata, postice obtusa, antice rotun-
data, linea longitudinali testacea). (Vedi Martini.
Vol. I. Tab. 24. Fig. 232 e segg.).
È dessa indigena de’ mari che bagnano, tanto
l’Indie Occidentali, quant’ anche le Orientali, e
[Seite 153] segnatamente poi del Mare del Sud, presso ad
O-ta-hiti, e all’ altre Isole di que’ vicini Arcipela-
ghi, agli abitatori de’ quali ne serve bene spesso
la conchiglia ad uso di bicchiere o di tazza per
bere.
SPECIE 4. Ciprea Moneta, od anche volgar-
mente il Cauri (C. Moneta: fr. le Pucelage –
le Cauris: ted. das Schlangenköpfchen – Kauri –
Simbipuri: ing. the Cowry – trussed Fowl –
blackmoor’s Teeth). – Questa specie ha la sua
conchiglia, come chi dicesse, noderosa ad un tem-
po, ed orlata o guernita d’un margine distinto,
ed è di colore bianchiccio (testa marginato-nodosa
albida).
Dessa rinviensi indigena e frequente, soprattutto
nel mare che bagna l’Isole Filippine e le Mal-
dive, ma trovasi eziandio lungo la Costa di Gui-
nea nel mare Atlantico Affricano, e presso pa-
recchie dell’ Isole del Mare del Sud. – Sanno
tutti oggimai, che tali conchiglie appunto servono
a guisa di moneta spiccia, tanto presso la maggior
parte degl’ indigeni dell’ Indie Orientali1, come
[Seite 154] pe’ Negri di gran parte dell’ Affrica, e pe’ Negri
trasportati nell’ Indie Occidentali, a quel modo
medesimo che i Bramini, o Bracmani, usano gio-
varsene a modo di brincoli, o di gettoni, per dirla
alla francese, o sia di segni per contare, o di mar-
che per giuocare, e così via discorrendo.
GENERE LI. Bulla, o Bolla. (Bulla: fr.
Bulle: ted. Blasenschnecke: ing. Dipper). – I
Vermi o Molluschi di questo genere sogliono aver
sempre una conchiglia univalve, ovale, globulosa
o cilindrica, il più delle volte sottile e fragile molto,
ravvolta sopra di sè, ed inerme affatto (testa unival-
vis, convoluta, inermis); l’apertura, l’orificio, o la
bocca, che vogliasi chiamarla, n’ è, come chi dicesse
alcun poco ristretta, bislunghetta però alquanto,
ed anzi lunga tanto, e più, di quello che sialo la con-
chiglia, e disposta a seconda della lunghezza della
medesima conchiglia, che suole oltrepassare ad amen-
due le estremità, ed è intatta poi affatto presso alla
sua base (apertura subcoarctata, oblunga, lon-
gitudinalis, basi integerrima), col lembo margi-
nale taglientissimo, e la colonnetta, sempre liscia,
piana e polita affatto, quando esiste, lo che suc-
cede di rado, ne riesce situata con una partico-
lare inclinazione, che la fa apparire obbliqua (co-
lumella obbiqua, laevis).
SPECIE 1. Bulla dovo (B. Ovum: fr. la Bulle
oeuf: ted. das Hühnerey: ing. the Egg-dipper).
– Questa specie ha la sua conchiglia di forma
[Seite 155] prossimamente ovale, munita, quasi direbbesi, di
due becchi spuntati od ottusi, e col labbro den-
tato (testa ovata, obtuse subbirostri, labro den-
tato). (Vedi Martini. Vol. I. Fig. 205 e segg.).
Rinviensi dessa indigena, così nell’ Oceano In-
diano, come ne’ mari dell’ America.
SPECIE 2. Bulla Fiside, o Bolla-natura, od
anche la Bulla rigata, o la Gondola di mare
crespa (B. Physis: fr. la Bulle Physis – la
Bulle rayée – la Gondole rayée: ted. die Prin-
zenflagge – Orangeflagge: ing. the Physis-dip-
per?). – Questa specie ha la sua conchiglia ar-
rotondata, quasi pellucida, superficialmente nuda,
glabra, o lucente e polita affatto, ma però incre-
spata da rughe o da lineette, che procedono in-
certe, quasi vacillando per via, colla spira tronca
o rintuzzata (testa rotondata glaberrima pellu-
cida lineis crispata, spira retusa). (Vedi Martini.
Vol. I. Tab. 21. Fig. 196.).
Questa conchiglia assai bella è propriamente in-
digena dell’ Oceano indiano.
SPECIE 3. Bulla Fico (B. Ficus: fr. la Bulle
Figue – la Figue de mer: ted. die Feige: ing.
the Fig-dipper?). – Questa specie ha la con-
chiglia di forma clavata ad un tempo, e quasi
ovale, colla superficie striata, o rigata a striscie
che incrocicchiansi a modo di reticella, con una
maniera di coda sporgente all’ infuora, e final-
mente colla spira quasi onninamente distrutta
[Seite 156] (testa obovato-clavata, reticulato-striata, cauda
exserta, spira obliterata). (Vedi Martini. Vol. III.
Tab. 66. Fig. 733 e segg.).
È dessa indigena de’ Mari che bagnano amen-
due le Indie.
GENERE LII. Voluta (Voluta: fr. Volute:
ted. Walze – Walzenschnecke? – Rollenschne-
cke?: ing. Rhomb-shell). I Vermi o Molluschi
di questo genere hanno spirale la loro conchiglia
univalve, coll’ orificio non mai guernito di coda,
e col margine alcun poco rovesciato all’ infuori a
foggia di labbro (apertura ecaudata subeffusa);
la colonneltta poi ne riesce, come chi dicesse, pie-
guzzata, ma mancante così di labbro, com’ anche
di quello che in certe altre conchiglie suol dir-
sene umbilico (columella plicata: labio umbili-
cove nullo).
SPECIE 1. Voluta orecchio-di-Mida, o la Vo-
luta auriculare (V. Auris-Midae Otis di Hum-
phrey – Auricula Mydae di Fèrussac – Marsyas
di Ocken – Auricula, genere pe’ più recenti El-
mintologisti: fr. l’Auricule de Mydas – la Volute
oreille-de-Mydas – o anche semplicemente l’O-
reille de Mydas: ted. das Midas-ohr?: ing. the
Midas’s ear?). – Questa specie ha la conchi-
glia di forma ovale, alquanto bislunga, ma, co-
me chi dicesse, ristretta, colla spira corrugata o
rugosa, e colla colonnetta armata di due denti
distinti. (Vedi Martini. Vol. II. Tab. 43. Fig. 436 e segg.).
È dessa indigena particolarmente del Grande
Oceano.
SPECIE 2. Voluta oliva (V. Oliva: fr. la
Volute olive: ted. die Mohrinn – das Prin-
zenbegräbniss: ing. the Olive-rhomb-shell? –
Olive-shell?). – Questa specie ha la sua con-
chiglia quasi di forma cilindrica, e d’altronde
liscia e polita, ma emarginata, o scrostata al-
quanto lungo il lembo marginale del suo orificio
(testa emarginata cilindroide laevi), colla base
della spira rivolta all’ indietro (spirae basi re-
flexa), e colla colonnetta obbliquamente rigata o
striata. (Vedi Martini. Vol. II. Tab 45. Fig. 472. e segg.).
Sembra dessa indigena propriamente del Mare
che bagna l’Indie Orientali, ma però rinviensi
eziandio in quello che lambe l’America settentrio-
nale, come anche in qualche altro.
SPECIE 3. Voluta Mitra, o anche la Mitria
di mare (V. Mitra – Mitra papalis di Lamarck?:
fr. la Volute mitre – la Mitre papale? – la
Mitre de mer?: ted. die Bischofsmütze: ing. the
Bishop’s-mitre? – sea’s Mitre?). – Questa
specie ha essa pure emarginata la fusiforme sua
conchiglia, liscia e polita, col labbro denticolato,
e colla sua colonnetta piegata in quattro (colu-
mella quadruplicata). (Vedi Martini. Vol. IV. Tab. 147.
Fig. 1360.).
È dessa indigena soprattutto dell’ Oceano, ma
rinviensi anche in qualche altro mare.
SPECIE 4. Voluta Musica (V. Musica: fr. la
Volute musique: ted. die Musickschnecke? –
– Notenschnecke: ing. the musical Rhomb-
shell? – Music-shell?). – Questa specie ha
la sua conchiglia liscia e polita, ed orlata o mar-
ginata, e conformata alla foggia d’un fuso, con
alcuni aculei spuntati lungo le spirali sue anfrat-
tuosità (testa marginata fusiformi), colla colon-
netta ripiegata ad otto doppi (columella octoplica-
ta), e col suo labbro poi, ingrossatello sì, ma lis-
cio e polito anch’ esso (labro laevi crassiusculo).
(Vedi Martini. Vol. III. Tab. 96. Fig. 926 e segg.).
È dessa indigena propriamente de’ mari spettanti
all’ India maggiore, o all’ Indie Orientali.
SPECIE 5. Voluta Pero, o anche la Voluta
Tsjanko – o forse la Turbinella pero? (V. Py-
rum – Turbinella pyrum? – Turbinella rapa
di Lamarck?: fr. la Volute poire – le Poire
de mer – le Buccin d’offrande? – le Murex
d’ offrande?: ted. die Tsjankoschnecke – das
Opferhorn: ing. the Tsjanko-rhomb-shell?). –
Questa specie ha la sua conchiglia di forma a un
dipresso ovale, coll’ aggiunta, quasi direbbesi, di
una coda (testa obovata subcaudata), e colla sua
punta prolungata molto, e nuda poi affatto, polita
e lucente; le anfrattuosità della spira ne riescono
striate o rigate, e finalmente la colonnetta ne viene
ad essere triplicata, o ripiegata due volte sopra
di sè (columella triplicata). (Vedi Martini. Vol. III.
[Seite 159] Tab. 95. Fig. 916 e 917. – e vedi anche Chemnitz Vol. IX.
P. I. Tab. 104. Fig. 884 e segg., ove è riportato un esempio
di questa Conchiglia colle spire volgenti a sinistra.)
È dessa indigena propriamente del mare che
lambe la Costa Ciòlamandala, detta per l’ordi-
nario la Costa del Coromandel, ove se ne fanno
varie maniere di monili o vezzi, come a dire
anelli, collane, armille o braccialetti, e così via
discorrendo, che la gente la più povera fra gli
Indi, od Hîndous, porta per tutta quanta l’India,
o l’Indostan, e che, dopo morto chi solea por-
tarli abitualmente, da’ loro parenti o congiunti su-
perstiti vengono religiosamente, e con somma cura
gittati in uno di que’ loro fiumi sagri, nè alcuno
Indiano di loro nazione, cui per caso accada po-
scia di rinvenirli, s’ attenta più tampoco di rac-
coglierli. Da ciò derivano precisamente, il gran-
dissimo spaccio che incontrano colà questi così
fatti monili, e quindi anche la somma importanza,
che ivi si attribuisce alla pesca delle conchiglie,
che servonvi come di materia prima.
SPECIE 6. Voluta Vessillo, od anche la Vo-
luta stendardo, o la Voluta bandiera (V. Ve-
xillum: fr. la Volute étendard?: ted. die Orange-
flagge, nome, cui qui, poichè tal quale fu già desso
adoperato come sinonimo della Bulla fiside, alla
quale questa Voluta effettivamente s’ assomiglia
non poco, potrebbesi, senza troppa difficoltà, so-
stituir quello di Flaggenwalze, o l’altro di Ora-
[Seite 160] nienwalze?: ing. the Standart-rhomb-shell?). –
Questa specie ha la sua conchiglia panciuta mol-
to, di colore gialliccio nel fondo, ma striata poi,
o rigata da striscie giallo-rancie, e col primo giro
delle spirali sue anfrattuosità tubercoloso, e mag-
giore del triplo, in confronto co’ giri successivi
(anfractu primo reliquis triplo majore tubercu-
lato). (Vedi Chemnitz. Vol. X., rametto, o vignetta 20.
A.B.).
È dessa indigena propriamente dell’ Oceano In-
diano, e la conchiglia ne riesce sempre molto
apprezzata, ed anzi carissima, pe’ raccoglitori che
ricercanla con grande premura.
GENERE LIII. Buccino, o Tritonio, e talora an-
che Arpa (Buccinum – Cassis di Lamarck –
Cassidea di Bruguière – Tritonium di Müller, il
più delle volte – Purpura talora – ma però
talvolta anche Harpa: fr. Buccin – Triton –
Casque – Pourpre – Harpe: ted. Sturmhaube –
Kinhhorn – Trompetenschnecke? – Posaunen-
schnecke? – Trompete? – Spitzhorn?: ing.
Whelk). I Vermi o Molluschi di questo genere
hanno la univalve loro conchiglia procedente a
spira, e gibbosa molto, o gobba che vogliasi dire;
la bocca, l’apertura, o l’orificio ne riesce di for-
ma ovale, ma termina poi a mano destra in una
doccia o scanalatura, che presso alla così detta coda
n’è tronca o rintuzzata (apertura ovata, desi-
nens in canaliculum dextrum, cauda retusum);
[Seite 161] il labbro poi n’ è internamente, come chi dicesse,
spianato (labium interius explanatum).
Parecchie specie di questo genere metton giù
le loro uova in forma tale che, dall’ aspetto poi,
le contraddistinguiamo col nome di Grappoli di
mare, o con quello d’Uva marina (Uva marina:
fr. Raisins de mer: ted. Seetrauben), mentre al-
cune altre le depongono in modo che, per la so-
miglianza, siamo abilitati a denominarne l’insieme
Luppoli di mare (Luppuli marini: fr. Houblons
de mer: ted. Seehopfen), e mentre alcune altre
ancora le dimettono come in una lunga serie di
capsulette cornee appianate, che attaccate, l’una
presso all’ altra, per uno de’ loro lembi margi-
nali ad una costa, ad un filo, o ad un cordone
comune a tutte, vengono a formar così, quasi chi
dicesse, una corona, od una catenella lunga talvolta
anche più d’un buon piede.
SPECIE 1. Buccino arpa, od anche l’Arpa di
Davide, o il Buccino ventricoso (B. Harpa –
Cassis harpiformis? se pur non meglio Harpa,
genere per Lamarck?, e quindi per lui nel pre-
sente caso Harpa ventricosa: fr. le Casque har-
piforme? – la Harpe ventrue? – le Buccin
harpe – la Harpe-de-David: ted. die Davids-
harfe: ing. the David’s Whelk – David’s
Harp?). – Questa specie ha la sua conchiglia
come tempestata di rigonfiature varicose, uguali
tra di loro, dispostevi sopra per lo lungo, ben
[Seite 162] distinte, e mucronate, o terminanti ciascuna in
una spina, o in una punta aguzza; la colonnetta
poi n’è ad un tempo liscia, lucente e polita, e
tinta, parte d’un bel nero, e parte del color della
porpora. (Vedi Martini. Vol. III. Tab. 119. Fig. 1090.).
È dessa indigena propriamente del Mare At-
lantico, soprattutto lungo le Coste d’Affrica, ma
rinviensi pur anco in altre località.
SPECIE 2. Buccino lapillo, od anche Tritonio
lapillo, o Porpora lapillo (B. Lapillus – Tri-
tornium lapillus di Müller: fr. le Buccin lapille –
le Triton lapille? – la Pourpre lapille?: ted. die
Lapillo-sturmhaube?: ing. the Lapillo-whelk?).
– Questa specie ha la sua conchiglia di forma
affatto ovale, ma acuminata, striata o rigata, e li-
scia poi, lucente e polita, colla colonnetta alquanto
appianatella. (Vedi Martini. Vol. III. Tab. 121. Fig. 1111.
e segg.).
Il Verme racchiuso in questa conchiglia, indi-
gena propriamente più che di qualsivoglia altro
mare, di quello che lambe le Coste della Nor-
mandia in Francia, fornisce una tal quale mate-
ria atta a dare il colore di Porpora, della quale
giovansi gli abitanti di quel litorale medesimo non
senza vantaggio.
SPECIE 3. Buccino ondato, od anche il Tri-
tonio ondato (B. Undatum – Buccinum striatum
di Pennant – Buccinum Bornanum di Chemnitz
– Monstrum sinistra di De-Born – Tritonium
[Seite 163] undatum di Müller: fr. le Buccin ondé – le Tri-
ton ondé – le Buccin du Nord – e alla Ro-
chelle in Francia le Burgau morchon: ted. das
Wellenhorn – Bartmännchen: ing. the wawing
Whelk?). – Questa specie ha bislunga la rozzar
e ruvida sua conchiglia striata, o rigata in tra-
verso, colle anfrattuosità de’ suoi giri di spira in-
curvate, e formanti parecchj angoli (anfractibus
curvato-multangulis). (Vedi Martini. Vol. IV. Tab. 126.
Fig. 1206, e segg.).
È dessa indigena e comunissima, tanto in quella
porzione dell’ Oceano, che lambe il Nord del-
l’ America, quanto eziandio lungo le Coste d’In-
ghilterra, e le più settentrionali della Francia; ma
non pare che alligni nel nostro Mediterraneo. –
Sembra soggetta a variare moltissimo, e in più
luoghi mangiasi, come si suol fare di tant’ altro
di quello che suol dirsi, sebbene troppo impro-
priamente, Pesce armato.
SPECIE 4. Buccino macchiato, o la Terebra
subbio, od anche semplicemente la Lesina, la
Vite marina, o il Chiodo di mare (B. Macula-
tum – Terebra maculata di Lamarck: fr. l’A-
lène – l’Alène de savetier – le Buccin tachè – le
Clou-de-mer – la Vis à caractères? – le Buccin
tacheté: ted. das grosse Tigerbein – die Pfrieme:
ing. the Sea-awl? – Awl-whelk?). – Questa
specie ha turrita, o quasi chi dicesse, fortificata da
torri a merlatura, la sua conchiglia, a un dipresso
[Seite 164] conformata in un fuso, colle anfrattuosità de’ suoi
giri spirali liscie, lucenti e polite, non divise od
intercise, e intatte onninamente (testa turrita sub-
fusiformi, anfractibus laevibus indivisis integer-
rimis). (Vedi Martini. Vol. IV. Tab. 153. Fig. 1440.).
È dessa indigena dell’ Oceano, ed eziandio di
qualche altro mare.
GENERE LIV. Strombo (Strombus – Pterocera
di Lamarck: fr. Strombe – e talora volgarmente
Vis ailée: ted. Flügelschnecke: ing. Screw). I
Vermi o Molluschi di questo genere hanno anche
essi spirale la univalve loro conchiglia, lateral-
mente espansa od allargata; l’orificio poi, o co-
me suol dirsene, la bocca, il più delle volte ne ha
dilatato il labbro, e va poi a terminar in un ca-
nale, che gira a mano sinistra (apertura labio
saepius dilatato, desinens in canalem sinistrum).
SPECIE 1. Strombo fuso, od anche il Fuso
marino (S. Fusus: fr. le Strombe fuseau – le Fu-
seau étoilé: ted. die Sternspindel – Zahnspin-
del: ing. the Spindle-screw?). – Questa specie ha
liscia, lucente e polita la sua conchiglia turrita,
terminante in una maniera di coda conformata a
foggia di lesina, e col labbro dell’ apertura, o co-
me suol dirsi, della bocca, dentato (Vedi Martini.
Vol. IV. Tab. 158. Fig. 1493, e segg.).
È dessa indigena dell’ Oceano, e di qualche al-
tro mare ancora, ma esotica sempre per noi.
SPECIE 2. Strombo Chiragra, e ben più tri-
[Seite 165] vialmente talora, l’Artiglio del Diavolo (S. Chi-
ragra: fr. le Strombe griffes-du-diable – la Griffe
du Diable: ted. die Teufelsklaue – der Boths-
hake: ing. the dewil’s Claw? – Devil’s-claw-
screw?). – Questa specie ha disposte esterna-
mente, lungo il lembo del così detto labbro della
sua conchiglia, sei distinte e vistose propaggini os-
see o petrose, curve ed espanse, in modo che, per
poco, chiamerebbonsene dita (testa labro hexa-
dactylo, digitis curvis), e la stessa conchiglia va
poi a terminare come in una coda ricurvata al-
l’ indietro (cauda recurvata). (Vedi Martini. Vol. III.
Tab. 86. sq. Fig. 853.).
È dessa indigena dell’ Oceano, sebbene rinven-
gasi anche altrove.
SPECIE 3. Strombo lentigginoso (S. Lentigi-
nosus – forse la stessa cosa col Murex lenticosus
di Lamarck? – o col Buccinum lenticosum di Bru-
guière? – o col Phos, genere di Monfort? – o for-
s’ anche col Murex Rana di Linneo?: fr. le Strom-
be lentigineux – le Buccin épineux – le Buccin
chardon: ted. der Kickfrosch: ing. the freckles-
bearing Screw?). – Questa specie ha la sua
conchiglia col labbro dell’ orificio anteriormente
ingrossato e diviso come in tre lobi distinti, col
dorso carico di verruche, dispostevi quasi a modo
di corona (testae labro antice trilobo incrassato,
dorso verrucoso coronato), e finalmente colla
coda ottusa, quasi troncata. (Vedi Martini. Vol. III.
Tab. 78. Fig. 800.).
È dessa indigena dell’ Oceano, com’ anche di
qualche altro mare. – Il coperchietto, o come
si suol dire, l’operculo di questa conchiglia, del
pari che quello d’alcune specie affini, era riguar-
dato in addietro quale sostanza officinale, sotto i
diversi nomi d’Unguis odoratus, e di Blatta By-
zantina in latino, di Raucherklaue in tedesco, e
via discorrendo.
GENERE LV. Murice (Murex: fr. Murex –
Rocher – Pourpre: ted. Stachelschnecke: ing.
Caltrop – Rock-shell). I Vermi o Molluschi di
questo genere hanno sempre univalve e spirale la
loro conchiglia, resa aspra esternamente da certe
suture o commissure quasi membranose, e l’ori-
ficio, o la bocca ne termina poi in un canale in-
tegro od intatto, e dritto o quasi ascendente (aper-
tura desinens in canalem integrum, rectum seu
subascendentem).
SPECIE 1. Murice tribolo, o la Beccaccia spi-
nosa (M. Tribulus – e per una sua varietà in-
diana, Murex Scolopax di Dillwin: fr. la Bécasse
de mer – la Bécassine de mer – la Bécasse épi-
neuse – la Téte d’araignée – le Peigne de
pluche – la Chausse-trappe – le Murex chardon
– le Rocher piquant – la Pourpre pointe-de-ro-
cher, – ed anche talora la Bècasse des Indes,
che n’ è una assai bella e preziosa varietà prove-
gnente dall’ Indie Orientali: ted. der Spinnen-
kopf: ing. the Thistle-rock-shell – Tazel-cal-
[Seite 167] trop?). – Questa specie ha la sua conchiglia di
forma ovale, armata di tre sorta d’aculei, o di
spine setolose (testa ovata spinis setaceis trifa-
riis), colla così dettane coda allungatella in for-
ma di lesina, dritta, e del pari munita di spine.
(Vedi Martini. Vol. III. Tab. 113. Fig. 1055, e segg.).
È dessa indigena di parecchj mari, ma fra gli
altri, abbondantissima, così nel nostro Mediter-
raneo, com’ eziandio nell’ Adriatico.
SPECIE 2. Murice Brandare, od anche la Clava
Erculea, e volgarmente a Venezia el Bullo mascio;
(M. Brandaris: fr. le Murex cornu – le Rocher
cornu – la Pourpre cornue – la Téte de bécas-
se – le Courlis épineux – la Bècasse à queue
et épines courtes – la Massue d’Hercule: ted.
der dornige Scknepfenkopf; ing. the horned Wo-
od-cock’s-kead?) – Questa specie ha la con-
chiglia di forma quasi ovale, cinta di spine dritte,
colla coda a foggia di lesina, dritta anch’ essa,
mezzanamente lunga, e guernita in giro di spine
obblique (cauda mediocri subulata recta spinis-
que oblique circumdata) – (Vedi Martini, Vol. III,
Tab. 114, fig. 1058, e segg.)
È dessa indigena, e non infrequente anche nel
nostro Mediterraneo. – Gli antichi se ne giova-
vano per trarne il color della Porpora.
SPECIE 3. Murice Troncolo, o il Murice gi-
nocchiello, o finalmente la Porpora propriamente
detta, o la Porpora marina (M. Trunculus: fr. la
[Seite 168] Pourpre – la Pourpre tronçon – le Rocher tron-
çon – le Murex darne: ted. die eigene Purpur-
schnecke?; ing. the purple’s Caltrop?) – Questa
specie ha la conchiglia ovale noderosa, cinta per
davanti di spine, colla coda tronca, traforata, e
più corta di quello che non abbianla mai le due
specie precedenti (Vedi Lister, Tab. 947. fig. 42.)
È dessa pure indigena, e comune abbastanza,
anche nel nostro Mediterraneo, e del pari che la
specie precedente, come già s’ è detto, adopera-
vanla i nostri lontani predecessori, più che ora
non si pratichi, allo scopo di trarne la Porpora1.
SPECIE 4. Murice Antico (M. Antiquus – Mu-
rex contrarius di Linneo – Buccinum contrarium
di qualche altro Elmintologista – Fusus anti-
quus – ed anche F. contrarius di Lamarck: le
Murex cornet – le Buccin du nord – le Fuseau
du nord fr. le Rocher antique – ted. das nor-
dische Kinkhorn: ing. the North-spindle-bone? –
common Caltrop?) – Questa specie ha la conchi-
glia bislunga colla coda distesa (testa patulo-cau-
data oblonga), e contanvisi sopra otto distinte an-
frattuosità di giri spirali, tutte quante tereti e ton-
deggianti) anfractibus 8 teretibus). (Vedi Martini
Vol. IV. Tab. 138. fig. 1292, e seg.)
È dessa indigena, ed anzi frequentissima, nei
Mari settentrionali d’Europa, come a dire lungo
le coste d’Inghilterra, d’Irlanda, dell’ Islanda, e
via discorrendo.
SPECIE 5. Murice Vertago, o il Murice bracco,
o il Becco d’Anitra, od anche meglio il Cerizio
bruno (M. Vertagus – Strombus caudatus albus
di Rumph – Cerithium vertagus di Bruguière:
fr. le Bec de canard – le Murex chenille-blan-
che? – la Cèrithe brune: ted. der Entenschna-
bel – die Schnauzennadel: ing. the Mallard’s
beak.) – Questa specie ha la conchiglia, quasi
chi dicesse, merlata a torri (testa turrita), colle
anfrattuosità de’ suoi giri spirali superiormente
pieguzzate (anfractibus superne plicatis), colla
coda ascendente, e colla colonnetta pieguzzata an-
che essa internamente (columella interne plicata).
(Vedi Martini. Vol. IV. Tab. 156 e segg. Fig. 1479 e segg.).
È dessa indigena propriamente dell’ Oceano che
lambe l’Indie maggiori, e frequentissima poi so-
prattutto presso all’ Isole Molucche, e simili.
GENERE LVI. Troco (Trochus – in parte So-
larium di Lamarck – ed in parte anche Phorrus
di Montfort: fr. Troque – Phorre in parte: ted.
Kräuselschnecke: ing. Top-shell – Button-shell).
I Vermi o Molluschi di questo genere hanno la
sempre univalve loro conchiglia spirale, e di forma
quasi conica; l’orificio, o la bocca, che se ne voglia
dire, ne riesce a un dipresso quadrilatera, ora
[Seite 170] cogli angoli ben marcati ed evidenti, ed ora poi
cogli angoli rotondati, ed è per di sopra situata in
traverso e ad un tempo ristretta (apertura subtetra-
gono-angulata seu rotundata, superius transversa,
coarctata), e colla colonnetta avente una tal quale
obbliquità (columella obliquata).
SPECIE 1. Troco Prospettivo (T. Perspecti-
vus – Solarium perspectivum di Lamarck: fr. le
Troque perspectif – l’Escalier – le Solaire per-
spectif – le Troque cadran?: ted. die Perspe-
ctivschneche – das Wirbelhorn: ing. the Stair-
case) – Questa specie ha la conchiglia convessa, ot-
tusa e munita d’un margine, o d’una orlatura (testa
convexa obtusa marginata), coll’ umbilico aperto e
merlato (umbilico pervio crenulato) (Vedi Chemnitz.
Vol. V. Tab. 172. Fig. 1691, e segg.)
È dessa indigena segnatamente del grande Oceano,
e ci offre in realtà una conchiglia degna di rimarco
sotto ogni riguardo, ma soprattutto poi in grazia
della straordinaria nitidezza e regolarità de’ suoi giri
spirali, che, trall’ altre cose, lasciano in bel mezzo
di loro uno spazio infundibuliforme, o conformato
a foggia d’imbuto, o se vogliasi, a foggia d’um-
bilico, come amò meglio d’esprimersi Linneo1
SPECIE 2. Troco Mago, o la Conchiglia strega
(T. Magus: fr. le Troque mage – la Sorcière?:
ted. die Zauberinn? – der Zauberer? – Hexen-
meister?: ing. the sorcerer Top-shell?). – Que-
sta specie ha la sua conchiglia anch’ essa convessa, e
munita d’un umbilico, che però vi è situato obbli-
quamente (testa oblique umbilicata convexa), e con
nocchierose al di fuori, o per di sopra, ma pure
a tubercoli ottusi, le anfrattuosità de’ suoi giri
spirali (anfractibus supra obtuse nodulosis). (Vedi
Chemnitz, Vol. V. Tab. 171. Fig. 1656 e segg.)
È dessa indigena, non meno del nostro Mediter-
raneo, che del Mar Rosso, ed anche di qualche
altra località.
SPECIE 3. Troco Telescopio, o la Botte di
Mare (T. Telescopium – Buccinum telescopium
d’Argenville – Dolium marinum di Rumph – Ce-
rithium telescopium di Lamarck: fr. le Télescope –
le Troque télescope – la Tonne de mer – la Cè-
rithe télescope: ted. die Seetonne: ing. the Sea-
tun? – Sea-telescope?). – Questa specie ha la con-
chiglia striata, merlata come a torri, e non tra-
forata, colla colonnetta spirale, e sporgente al-
l’ infuori (testa imperforata turrita striata, colu-
mella exserta spirali). (Vedi Chemnitz. Vol. V. Tab. 160.
Fig. 1507 e segg.)
È dessa indigena, più che di qualsivoglia altra lo-
calità, del mare dell’ Indie maggiori, o dell’ Oceano
Orientale.
SPECIE 4. Troco dall’ Iride, o anche il Troco
Iride (T. Iridis – Trochus Iris – Cantharidus,
genere di Monfort: fr. le Troque Iris – le Can-
tharide: ted. die regenbogenfarbige Kräuselschne-
cke? – Iriskräuselschnecke?: ing. the Rain-
bow-shell – Iris-button-shell? – Beauty.) –
Questa specie ha la conchiglia ovale, non traforata,
di colore naturalmente quasi ceruleo, liscia, lu-
cente e polita, ma striata o rigata obbliquamente
(Vedi Martyn’s South-sea Shells, Tab. 21 (24) m.).
È dessa indigena propriamente del Mare del
Sud, e soprattutto de’ dintorni della Nuova Ze-
landa. – Allorchè co’ soliti presidii abbiasi ottenuto
l’intento di levarne via quella patina, o crosticina
cerulea, o piuttosto turchiniccia, che suole essa
aver sempre in istato naturale, la bellissima con-
chiglia di questo Mollusco gioca per l’ordinario in
un modo gratissimo, ora in sul dorato, ed ora sul
più splendido color verde carico.
SPECIE 5. Troco Litoforo (T. Lithophorus –
forse la stessa cosa col Trochus agglutinans, o
col Trochus conchyliophorus di certuni? – e forse
anco lo stesso col Phorrus, genere di Montfort?
fr. la Fripière – la Maçonne: ted. die Trödel-
schnecke: ing. the broker Top-shell?). – Questa
specie ha la conchiglia non traforata, ma rugosa, e
resa scabra, o ruvida superficialmente, dalle tracce
ed impressioni, che si direbbe avervi lasciato pa-
recchie cianciafruscole, come sarebbono rottami di
[Seite 173] altre conchiglie, frammenti di sassi o granellini
di sabbia, e simili (testa .... rugosa, quisquilia-
rum impressionibus scabra). (Vedi Chemnitz. Vol. V.
Tab. 172. Fig. 1688. e segg.)
È dessa indigena, quasi esclusivamente ad ogni
altra località, del mare che bagna l’Isole dell’ India
Occidentale. – I nomi specifici qui riportatine ne
derivano dalla circostanza speciale, che la conchi-
glia, come di già poco stante accennammo, suol
esserne tutta quanta coperta d’una crosta ben
grossa, risultante da una congerie di pietruzze,
di pezzetti di conchiglie, ed altri frammenti d’ogni
maniera, che poi, collo sfasciarsi, lascianvi sopra
impronte irregolari, o disuguaglianze, ora più,
ora meno profonde, rammentanti talora colpi di
martello, o talora quasi taccherelle di vajuolo.
GENERE LVII. Turbine (Turbo: fr. Sabot –
Toupie: ted. Mondschnecke – Kreiselschnecke?:
ing. Whirl-Wreath). I Vermi o Molluschi appar-
tenenti a questo genere hanno la pur sempre uni-
valve e spirale loro conchiglia, soda molto, densa,
forte e resistente, colla bocca ristretta, orbicolare,
ed intiera od intatta (apertura coarctata, orbi-
culata, integra).
SPECIE 1. Turbine litorale, o il Turbine di
spiaggia (T. Littoreus – Turbo litoreus: fr. le
Sabot litoral – le Sabot des côtes – la Toupie du
rivage?: ted. die Küstenmondschnecke?: ing. the
litoral Whirl? – sea-shore’s Wreath?) – Questa
[Seite 174] specie ha la conchiglia d’una forma che avvicinasi
all’ ovale, ma acuminata, e rigata o striata, col
lembo marginale della colonnetta piatto od appia-
nato (testa .... margine columnari plano). (Vedi
Chemnitz. Vol. V. Tab. 185. Fig. 1852.).
È dessa indigena di molti mari, e fra gli altri
anche del nostro Adriatico, lungo le Coste del
quale gli abitanti, mangiandone comunemente il rac-
chiusovi Mollusco, ne fanno un’ immensa consuma-
zione, sotto il nome Veneto di Garaguolo liongo,
che usano darle promiscuamente con alcuni Tro-
chi, ec.?
SPECIE 2. Turbine Coclo, o anche la Pelle di
serpe (T. Cochlus: fr. le Sabot cochle – la
Peau de serpent – le Burgau? – la Princesse?
– la Veuve perlée?: ted. die Schlangenhaut:
ing. the snake’s Skin?). – Questa specie ha la
conchiglia di forma ovale, non traforata, ma rigata
o striata con una sola striscia, o riga in sul dorso
assai più marcata dell’ altre. (Vedi Chemnitz. Vol. V.
Tab. 172. Fig. 1805, e segg.).
Essa debb’ essere indigena dell’ Oceano, e for-
s’ anche di qualche altro mare. – L’operculo, o
coperchietto, tanto di questa, come d’alcune spe-
cie affini, suole denominarsi ora il Bellico di Ve-
nere, ora la Ghianda di mare, ed ora la Fava
marina (Umbilicus Veneris: fr. le Nombril ma-
rin – le Gland de mer?: ted. die Meereichel –
Meerbohne), ec.
SPECIE 3. Turbine scalare, od anche la Sga-
lata, o in fine la Scalaria propriamente detta
(T. Scalaris – Scalata – Scalarlia; genere per
Lamarck: fr. le Sabot scalaire – la Scalaire:
ted. die echte Wendeltreppe: ing. the scalary
Whirl?). – Questa specie ha la conchiglia di
forma conica, che ne riesce, come chi dicesse,
tutta quanta esternamente inferriata (testa can-
cellata conica), colle anfrattuosità de’ suoi giri
spirali piuttosto distanti l’una dall’ altra (anfrac-
tibus distantibus). (Vedi Martini. Vol. IV. Tab. 152.
Fig. 1426, e segg.).
Rinviensi dessa ben più frequente presso alla
Costa Ciòlamandala, o del Coromandel, nell’ In-
die Orientali, che non per tutto altrove; e di-
stinguesi tosto, anche a prima vista, dagli altri
Turbini, qui suoi congeneri, in grazia appunto
de’ giri spirali, che la conchiglia ne ha l’un dal-
l’ altro distanti, e quasi staccati.
SPECIE 4. Turbine Clatro, o il Turbine in-
graticciato, o fors’ anco la Scalata dalla gab-
bia ? (T. Clathrus – forse Scalaria clathrata?
– Scal. cancellata per altri?: fr. le Sabot en gril-
la? – la Toupie ignoble? – la Scalaire cloison-
née?: ted. die unechte Wendeltreppe: ing. the
ignoble scalary Whirl?). – Questa specie ha
la sua conchiglia, ad un tempo turrita, o mer-
lata quasi da torricine, ed ingraticciata, o come
chi dicesse, rivestita d’una esterna inferriata, ma
[Seite 176] mancavi il così detto umbilico, e le anfrattuosità
de’ giri spirali ne sono contigue l’una all’ altra, e
queste poi liscie, lucenti e polite. (Vedi Martini.
Vol. IV. Tab. 152. Fig. 1434, e segg.).
È dessa indigena, non meno dell’ Adriatico, che
del nostro mare Mediterraneo.
SPECIE 5. Turbine Terebra, od il Turbine
succhiello, o anche la Turritella trivellino
(T. Terebra – Turritella terebra di Lamarck:
fr. la Toupie tarière? – la Turritelle tarière?
– e per taluno anche la Vis à tambour: ted.
die Trommelschraube: ing. the Sea-wimble). –
Questa specie ha anch’ essa la sua conchiglia,
come suol dirsi, turrita, o merlata quasi da pa-
recchie torricine, colle anfrattuosità de’ suoi giri
spirali, quanto alla forma, rappresentanti sei carene
di vascello, che terminino in canti o spigoli acuti
molto (testa turrita; anfractibus carinis 6 acutis).
(Vedi il rame di frontispizio, o come i Francesi dicono, la
Vignette du titre, dell’ Opera – Martyn’s South-sea Shells.).
È dessa indigena propriamente dell’ Atlantico,
ma però rinviensi eziandio, così nell’ Adriatico,
com’ anche nel Mediterraneo.
SPECIE 6. Turbine Perverso, o il Turbine ro-
vescio, od anche il Turbine sinistro (T. Per-
versus: fr. le Sabot tournant à gauche – la Toupie
gauche – e per taluni, sebbene non so poi quanto
acconciamente, anche le Cornet gauche?: ted. das
Linkshörnchen: ing. the left Wreath?). – Que-
[Seite 177] sta specie ha la quasi pellucida sua conchiglia tur-
rita, o merlata come da torricine, colle anfrattuo-
sità de’ giri spirali volgenti a mano sinistra (anfra-
ctibus contrariis), e colla bocca non guernita di
denti (apertura edentula). (Vedi Chemnitz. Vol. IX.
Tab. 112. Fig. 959.).
Essa trovasi piuttosto frequente anche fra di noi,
su pel tronco de’ Salici vecchj, ed anche di qual-
che altre pianta arborea, ed è sempre una pic-
cola conchiglia, la quale, ad eccezione della spira,
che se ne volge a mano sinistra, somiglierebbe
moltissimo al Turbino del musco (Turbo musco-
rum), che ha costantemente le sue anfrattuosità
spirali volgenti a man destra.
SPECIE 7. Turbine Nautilino (T. Nautileus:
fr. le Sabot nautilien – la Toupie nautilienne
– forse la Planorbe à arétés?: ted. die Schiff-
bothenförmige Mondschneche?: ing. the Sailor-
like Whirl?). – Questa specie ha la conchiglia
piuttosto appianatella (testa planiuscula), colle
anfrattuosità de’ giri anellose, o conformate in
anelli, e come chi dicesse, crestute in sul loro
dorso (anfractibus annulatis, dorso cristatis).
(Vedi Roesel. Polypen-historie. Tab. 97. Fig. 7.)
È dessa indigena anche fra di noi, e rinviensi
nelle nostre acque dolci e correnti.
GENERE LVIII. Elice, e più trivialmente poi
Chiocciola, o Lumaca dal nicchio (Helix: fr. Hé-
lice – Escargot – e per taluni Colimaçon, od
[Seite 178] anche Limaçon: ted. Schnirkelschnecke: ing. Snail
– Periwincle). I Vermi o Molluschi di questo
genere hanno tutti quanti univalve e spirale la loro
conchiglia, più o meno fragile, e translucida o
quasi diafana; la bocca, come si suol dirne, o
l’orificio ne è ristretto alquanto, e per di dentro,
ora semilunare, ed ora pressochè arrotondato o
circolare, a meno d’un segmento, che n’è sempre
tolto via dal cerchio (apertura .... subrotunda:
segmento circuli demto).
Per lo più le Elici si trovano essere, o con-
chiglie terrestri, o veramente conchiglie d’acqua
dolce.
SPECIE 1. Elice ispida, o l’Elice irsuta (H.
Hispida: fr. la Hélice rude – la Hélice hérissée
– l’Escargot hérissé – e forse la Vitrine?:
ted. die rauhe Schnirkelschnecke – Glasschne-
cke?: ing. the harsch Snail?). – Questa spe-
cie ha marcata una maniera d’umbilico sulla sua
conchiglia convessa, quasi diafana, e rude o ru-
vida al tatto, con cinque distinte anfrattuosità spi-
rali, e coll’ orificio, o vogliasi dirne, la bocca
arrotondata e conformata a foggia di mezza luna
(apertura subrotundo-lunata).
È dessa indigena, e non gran fatto infrequente
anche fra di noi, ne’ luoghi umidi molto, come
a dire presso agli stagni, a’ laghi e all’ acque
correnti.
SPECIE 2. Elice Pomazia, o sia l’Elice dal
[Seite 179] coperchietto?, ma meglio poi l’Elice ortolana,
e volgarmente la Lumaca comune, edule, man-
gereccia (H. Pomatia: fr. la Hèlice vigneronne
– le Vigneron – le Colimaçon des vignes –
– la Pomacie – l’Escargot des vignes: ted. die
Weinbergsschnecke – Gartenschnecke: ing. the
Garden-snail? – Vine-yard-snail?). – Questa
specie ha di forma a un dipresso ovale, ma ot-
tusa, e d’altronde tinta a colori di pochissimo
brio, la sua conchiglia, munita anch’ essa di
quel tal quale umbilico che altrove notammo (te-
sta umbilicata subovata obtusa decolore), ed ha
poi essa pure la bocca, o l’orificio arrotondato a
mezza luna (apertura subrotundo-lunata). (Vedi
Chemnitz. Vol. IX. Tab. 128. Fig. 1138.).
È dessa comunissima anche tra noi, ove molti,
cotta in più modi, come usasi anche nella Sviz-
zera, e in altri paesi, segnatamente in Quaresi-
ma, se la mangiano molto volontieri; di modo
che diventa essa allora un a bastanza importante
articolo di commercio, e tengonsene a tal effetto
le migliaja e le migliaja, quasi come in vivajo, in
appositi campi, parchi o giardini, che pigliano il
nome appunto di vivaj, di campi, di giardini, o di
parchi da Lumache, ove nutronsi, e si purgano, allo
scopo di giovarsene poi, quando n’è il tempo più
opportuno. – Citammo già in addietro quanta, e
guanto mirabile sia la forza di riproduzione, onde
questi Molluschi sono stati dalla natura dotati.
SPECIE 3. Elice degli arbusti (H. Arbusto-
rum: fr. l’Escargot des arbustes – le Colima-
çon des arbustes – la Hélice des arbustes: ted.
die eigene Gartenschnecke per alcuni – die
Waldschnecke, sebbene non troppo acconcia-
mente, per altri – e quindi assai meglio die
Staudenschnecke?: ing. the Shrubs-snail?). –
Questa specie ha la sua conchiglia convessa anche
essa, ma aguzza, e munita del così dettone um-
bilico, coll’ orificio, o sia colla bocca quasi orbicu-
lare, a lembo marginale raddoppiato, e prolungata
alquanto in avanti. (Vedi Chemnitz. Vol. IX. Tab. 133.
Fig. 1102.).
È dessa indigena anche fra noi, e nuoce talora
molto alle piante de’ nostri giardini.
SPECIE 4. Elice Iantina, o l’Elice violacea,
o la Lumaca violetta, o la Conchiglia purpurea
(H. Ianthina: fr. la Violette: ted. die Pur-
purschnecke – der blaue Kräusel – das Qual-
lenboot? – Quallenbootchen: ing. the purple
Snail?). – Questa specie ha la sua fragilissima
conchiglia ottusa, presso a poco rotonda, translu-
cida o poco meno che diafana, e quasi senza fori
(testa subimperforata), colla bocca posteriormente
dilatata, e col labbro sciupatello lungo i margini
(labro emarginato). (Vedi Fab. Colonna, Opera già citata,
P. XXII.).
È dessa indigena, tanto dell’ Atlantico, e del
nostro Mediterraneo, quanto del Mare del Sud.
[Seite 181] Il Mollusco racchiuso in questa conchiglia, può,
come già s’ è detto di molti altri nicchj marini,
dal suo stesso corpo fornire un sugo di colore
purpureo, atto a servirci di materia prima per la
preparazione della Porpora, ed anzi la conchiglia
ne è già sempre, di per sè stessa, d’un colore tur-
chino, che volge bellamente al porporino.
SPECIE 5. Elice Vivipara, od anche il Ciclo-
stoma viviparo (H. Vivipara – Cyclostoma vi-
viparum: fr. la Hélice vivipare – le Cyclostome
vivipare: ted. die lebendiggebährende Schnirkel-
schnecke?: ing. the viviparous Snail?). – Que-
sta specie ha la conchiglia di forma prossimamente
ovale, ma ottusa molto, e fatta, come chi dices-
se, d’una sostanza cornea più che altro, e non
traforata (Helix imperforata subovata obtusa cor-
nea), con sopra segnatevi alcune cinturelle di co-
lor bruno scuro (cingulis fuscatis), e colla boc-
ca, o coll’ orificio quasi di forma orbicolare (aper-
tura suborbiculari). (Vedi Frisch. Insekten. P. XIII.
Tab. 1.).
È dessa indigena ed abbastanza comune anche
tra noi.
SPECIE 6. Elice Nemorale, o la Lumaca dei bo-
schi, o la Chiocciola delle selve (H. Nemoralis:
fr. la Livrée – l’Escargot des forêts, des bois, ec.?:
ted. die eigene Waldschnecke: ing. the Forest-
snail?). – Questa specie ha la conchiglia poco meno
che rotonda, liscia e polita, quasi diafana, con
[Seite 182] sopravi diverse fasce colorate, ma non traforata
(testa imperforata... fasciata), e coll’ orificio,
o colla bocca pressochè rotondata anch’ essa e
semilunare (apertura subrotundo-lunata). (Vedi
Chemnitz. Vol. IX. Tab. 133. Fig. 1196 e segg.).
È dessa pure indigena anche fra noi, e ria-
viensi soprattutto nelle selve.
SPECIE 7. Elice Decollata (H. Decollata –
Cochlicella di Ferussac?: fr. la Hélice décollée –
la Cochlicelle: ted. die enthauptete Schnirkelschne-
cke?: ing. the beheaded Snail?). – Questa specie
ha la sua conchiglia turrita, o come chi dicesse, mer-
lata da torricelle, ma non traforata (testa imper-
forata turrita), colla spira tronca, o quasi muti-
lata (spira mutilato-truncata), e colla bocca, o
coll’ orificio ovale (Vedi Chemnitz. Vol. IX. Tab. 139.
Fig. 1254 e segg.).
È dessa indigena dell’ acque dolci e morte, co-
me a dire delle paludi, e rinviensi, sebben rara,
anclie fra noi.
SPECIE 8. Elice Aliotidea, o anche l’Elice
esuberante, l’Elice orecchia marina, non però
mai semplicemente l’Orecchia marina, ch’ è tut-
l’altra cosa – e più trivialmente poi la Coppa da
latte (H. Haliotidea – Haliotis, genere per La-
marck, e per Cuvier – Neritostoma di Klein: fr.
la Hélice oreille-de-mer – la fausse Oreille de
mer – la Coupe de lait – la Hélice haliotide?:
ted. der Milchnapf – die weisse Ohrschulpe –
[Seite 183] das Milchnäpfchen?: ing. the Sea-ear? – Ha-
liotis-snail?). – Questa specie ha la sua con-
chiglia appianatella, o come chi dicesse schiac-
ciata d’alto in basso, striata o rigata da linee
ondeggianti, ma non traforata (testa imperforata
depresso-planiuscula striis undatis), ed ha poi
la bocca, o l’orificio di forma ovale, ma dilatato
fino alla punta (apertura ovali dilatata usque in
apicem). (Vedi Martini. Vol. I. Tab. 16. Fig. 151 e segg.).
È dessa indigena dell’ acque dolci, segnata-
mente paludose, però non molto comune tra noi.
GENERE LIX. Nerita (Nerita – Natica – Ne-
ritina: fr. Nérite – ed in parte Néritine – in
parte Natice: ted. Schwimmschnecke: ing. Ne-
rita? – swimming Snail?). I Vermi o Molluschi
di questo genere hanno gobba, e per di sotto ap-
pianatella, la sempre univalve loro conchiglia, col-
l’ orificio, o colla bocca, che dir se ne voglia, se-
miorbicolare, e col labbro della colonnetta collo-
cato trasversalmente, come troncato, ed appiana-
tello anch’ esso (labio columellae transverso,
truncato, planiusculo).
SPECIE 1. Nerita Canrena, o la Natica can-
rena, o la Natica a fiammelle (N. Canrena –
Natica canrena di Lamarck: fr. la Nèrite can-
rène – la Natice flammulée – e volgarmente poi
l’Aile de papillon: ted. der Knotennabel: ing.
the Butterfly’s wing?). – Questa specie ha la
sua conchiglia liscia e polita, munita di quello,
[Seite 184] che suol chiamarsene l’umbilico, gobbo o gibboso,
e bifido o bipartito, e colla spira così fattamente
disposta, che quasi direbbesene aguzza (spira sub-
mucronata). (Vedi Chemnitz. Vol. V. Tab. 186. Fig. 1860
e segg.).
È dessa indigena, più che di qualsivoglia altra
località, dell’ Oceano Indiano, ma però rinviensi,
non gran fatto di rado, anche nel nostro Medi-
terraneo.
SPECIE 2. Nerita Fluviatile, o la Nerita di
fiume (N. Fluviatilis – Neritina di Lamarck:
fr. la Nérite fluviatile – la Néritine commune:
ted. die Flussschwimmschnecke?: ing. the ri-
ver’s swimming Snail?). – Questa specie ha la
conchiglia d’un colore che volge, nel fondo, quasi
al purpureo, ma, come suol dirsi, scaccata di mac-
chie bianche (testa purpurascente, maculis albis
tessellata).
È dessa indigena anche fra di noi nell’ acque
dolci di fiume, ec., e ci offre sempre una polita,
ed in vero elegantissima conchigliuccia, il Mollusco
della quale, come fa pur anco quello della spe-
cie esotica, che descriveremo immediatamente qui
sotto, porta costantemente seco da per tutto, seb-
ben al di fuori della propria conchiglia, l’ultima
sua covata1, se pure covata può dirsene l’ultima
[Seite 185] prole generatane, e non per anche compiutamente
sviluppatasi.
SPECIE 3. Nerita Pulligera, o la Nerita delle
Molucche (N. Pulligera – Neritina pulligera di
Lamarck: fr. la Nèrite pulligère – la Nèritine
pulligère: ted. die brut tragende Moluckische
Schwimmschnecke? – Moluckische Halbwand-
schnecke?: ing. the youngs-bearing Indian swim-
ming Snail?). – Questa specie ha di colore lio-
nato scuro, e liscia ad un tempo e polita, la sua
conchiglia ovale, lievemente striata, ma pure resa
aspra al tatto, e di superficie scabra, da certe
escrescenze verrucose, che altro in fatto non sono,
se non vestigia essiccate d’antiche ova, ed ha poi
la sua piccola spira scavata quasi in forma d’un
occhio? (spirula excavato-oculata), ed il labbro
più interno, o sinistro della bocca, o dell’ orifi-
cio, liscio e polito anch’ esso, ma poi merlato come
da denticini (labio interiore laevi crenulato).
(Vedi Chemnitz. Tom. IX. Tab. 124. Fig. 1078 e 1079.).
È dessa indigena segnatamente de’ fiumi del-
l’ Indie Orientali, ma rinviensi poi eziandio nel-
l’ acque dolci e correnti dell’ Isole Molucche, e
fors’ anche in qualche altra località, sempre però
da noi molto lontana.
GENERE LX. Aliotide, od Orecchia marina
(Haliotis – già prima Auris di Klein: fr. Ha-
liotide – e più volgarmente poi Oreille de mer:
ted. Seeohr: ing. Sea-ear – Venus’s ear). I Ver-
[Seite 186] mi o Molluschi di questo genere hanno la loro
conchiglia aperta molto o spalancata, e conformata
quasi alla foggia d’un’ orecchia (testa aurifor-
mis, patens); la spira ne riesce laterale, e ne ri-
mane poco meno che nascosta (spira occultata
laterali), ed il disco finalmente n’ è traforato a
seconda della lunghezza (disco longitudinaliter
pertuso).
SPECIE 1. Aliotide Tubercolosa, o l’Aliotide
comune (H. Tuberculata: fr. la Haliotide com-
mune – l’Ormier di Adanson: ted. das warzige
Seeohr?: ing. the warts-bearing Sea-ear?). –
Questa specie ha la sua conchiglia quasi di forma
ovale, e schiacciatella alquanto, se non che poi il
dorso ne riesce striato per lo lungo, e rugoso in tra-
verso, e quindi poi tempestato come di tubercoletti,
o di piccole verruche (testa subovata dorso trans-
versim rugoso tuberculato). (Vedi Martini. Vol. I.
Tab. 15 e 16. Fig. 145 e segg., fino inclusivamente alla
Fig. 149.).
È dessa indigena, ed anzi comune assai, nel-
l’ Atlantico, lunghesso alcune delle Coste di Fran-
cia. – Il colore suol esserne talora in pieno ver-
diccio, ma più spesso ancora bruno rosso ocraceo,
con sopravi macchie triangolari più scure. – La
conchiglia non ha mai meno di cinque fori ben
distinti, nè mai più di otto.
SPECIE 2. Aliotide Iride, o la Hipaïa (H.
Iris – Hipaiia: fr. la Haliotide Iris: ted. das
[Seite 187] Neuseeländische Seeohr – die Hipaiia: ing. the
Hipaiia – austral Sea-ear?). – Questa specie
ha la conchiglia di forma ovale, col dorso gib-
boso, e colla spira in sommo grado prominente,
e visibile in tutta quanta la sua estensione. (Vedi
Martyn’s South-sea Shells. Tab. 61. a.a.).
Questa ricercatissima, e realmente superba ed
anzi splendidissima conchiglia, superiore in bellezza
a qualsivoglia descrizione che qui volessimo darne,
ci viene dagli Antipodi, o dal Mare Australe, ove
è unicamente indigena1.
D. Famiglia degli Univalvi, mancanti, almeno
all’ esterno, d’ogni manifesta apparenza, come
suol dirsi di voluta, d’anfrattuosità, o d’una
determinata rivoluzione di giri spirali (Univalvia
sine voluta spirali: fr. les Univalves n’ayant,
du moins à l’extérieur, aucune trace de rèvo-
lutions spirales et reguliéres: ted. die einscha-
lige Conchylien ohne bestimmte äussere Win-
dungen: ing. the univalv Mollusks without re-
gular spiral turns?)
I Vermi o Molluschi conchigliferi di questa se-
zione non vivono che unicamente, e sempre nel-
[Seite 189] l’acqua, ed anzi, per la massima loro parte, nel-
l’ acqua salsa, o sia nell’ acqua del mare.
GENERE LXI. Patella, ed in parte per taluno,
Fissurella, Emarginula, o Carinaria (Patella – ta-
lora però Fissurella – Emarginula – e Carinaria:
fr. Patelle – ma pure alcuna volta Fissurelle –
Émarginule – e Carinaire – ed altre volte, seb-
bene per abuso, anche Nautile: ted. Napfschne-
cke – Klippkleber: ing. Limpet). I Vermi o Mol-
luschi di questo genere hanno la univalve loro con-
chiglia di forma quasi conica, e senza alcuna ri-
marchevole traccia esteriore d’andamento spirale.
SPECIE 1. Patella Neritoidea (P. Neritoidea:
fr. la Patelle néritode: ted. die halbmondförmige
Napfschnecke?: ing. the Neritoidal Limpet?). –
Questa specie ha la conchiglia di forma quasi ovale,
affatto intatta, ch’ è quanto dire, nè frastagliata,
nè scissa, ma terminante verso la punta, come
chi dicesse, in una voglia di spira (testa integra
ovata, apice subspirali), e munita poi lateral-
mente d’una maniera di labbro (labio laterali).
È dessa indigena dell’ Oceano, nè è poi infre-
quente anche in qualche altro mare.
SPECIE 2. Patella Volgare (P. Vulgata: fr. la
Patelle commune: ted. die gemeine Napfschnecke?:
ing. the common Limpet?) – Questa specie ha la
conchiglia in certo tal qual modo angolosa, con
quattordici traccie, o vestigia, distinte d’angoli poco
meno che consumati (testa subangulata angulis 14
[Seite 190] obsoletis), ed ha poi dilatato e tagliente il lembo
marginale (margine dilatato acuto). (Vedi Martini,
Vol. I. Tab. 5. Fig. 38).
È dessa pure indigena, tanto dell’ Oceano, come
di parecchj altri mari.
SPECIE 3. Patella Lacustre, o la Patella
d’acqua dolce (P. Lacustris: fr. la Patelle d’eau
douce – la Patelle des étangs: ted. die Sumpfen-
napfschnecke?: ing. the lake’s Limpet?) – Questa
specie ha di forma ovale, ed intattissima poi, la
sua conchiglia, col vertice mucronato, od armato
d’una punta, e rivolto alquanto all’ indietro.
È dessa indigena anche fra di noi, ove rinviensi
da quando a quando appunto negli stagni, nei
laghi, e in altri così fatti ammassi d’acqua dolce.
SPECIE 4. Patella Fessura o la Patella re-
ticolata (P. Fissura – Emarginula fissura di La-
marck – Emarginula reticulata di Sowerby: fr. la
Patelle réticulée – la Patelle en réseau – l’Émar-
ginule treillissée: ted. die netzförmige Napfschne-
cke? ing. the net’s Limpet?) – Questa specie ha
la conchiglia di forma ovale, conica e convessa,
ad un tempo striata o rigata, e reticolata, anterior-
mente fessa, col lembo marginale merlato, e col
vertice ottuso e curvato all’ indietro (Vedi Martini.
Tom. I. Tab. 12. Fig. 109, e 110.)
È dessa indigena de’ mari Europei, e più forse
che non altrove, frequente nella così detta Ma-
nica. – Il colore ne suol essere bianco, o veramente
[Seite 191] giallognolo, e la lunghezza può esserne di circa
cinque linee, come la larghezza ne è di quattro.
SPECIE 5. Patella Greca, o veramente la Fis-
surella Greca (P. Graeca – Fissurella Graeca di
Lamarck: fr. la Patelle grecque – la Fissurella
cancellée – od anche le Gival per Adanson – e
trivialissimamente poi l’Oeil-de-chévre: ted. das
Ziegenauge: ing. the Greek Limpet? – Goat’s
eye?). – Questa specie ha ovale e convessa, ma
però bislunga, e rigata da striscie incrocicchiantisi,
e lunga poi in tutto da circa un pollice e mezzo,
la sua conchiglia bianco-grigia, con sette od otto
raggi bruno-scuri, col lembo marginale inferiore
internamente merlato o denticolato, e col ver-
tice traforato (margine crenulato, vertice per-
forato). (Vedi Tournefort, Voyage du Levant. Vol. I.
pag 294. – e Vedi anche Martini. Tom. II. Fig. 98, 99 e 100.)
È dessa indigena, non meno dell’ Oceano Atlan-
tico, che del Mediterraneo, e de’ grandi suoi Golfi,
ove, e particolarmente poi nell’ Arcipelago, gl’ Iso-
lani, e gli abitanti del Litorale spesso ne fanno
pasto.
GENERE LXII. Dentale, od anche Dente di
mare (Dentalium: fr. Dentale – Dent-de-mer: ted.
Meerzahn – Meerröhre: ing. Tooth-shell). I Ver-
mi o Molluschi di questo genere hanno la uni-
valve loro conchiglia tubulosa, dritta e traforata
dall’ una all’ altra sua estremità (testa .... utraque
extremitate pervia.)
SPECIE 1. Dentale Entale, od anche il Den-
tale liscio (D. Entalis: fr. le Dentale lisse: –
l’Antale: ted. der glatte Meerzahn?: ing. the
smooth Tooth-shell?) – Questa specie ha terete
o quasi cilindrica, ma leggermente curvata a foggia
d’arco, la sua conchiglia bianca, liscia, e traforata
da un capo all’ altro, senza tramezze, e quindi
senza divisioni o concamerazioni (testa tereti sub-
arcuata continua laevi.) (Vedi Martini. Vol. I. Tab. 1.
Fig. 1. e segg.)
È dessa indigena, non meno del nostro Mediter-
raneo, che dell’ Atlantico, e perfino dell’ Oceano
Indiano.
SPECIE 2. Dentale Minuto, od anche il pic-
colo Dente di mare (D. Minutum: fr. le petit
Dentale: ted. der kleine Meerzahn? – das Meer-
zähnchen: ing. the little Tooth-shell?). – Que-
sta specie ha terete, o quasi affatto cilindrica, e
presso che dritta o lineare, la piccola, liscia e
polita sua conchiglia.
Rinviensi dessa frequente, più che altrove, nelle
sabbie di mare, presso a Rimini, lungo la Costa
orientale della Penisola Italiana.
GENERE LXIII. Serpula, e talora Climene, co-
munque poi non troppo acconciamente (Serpula –
Clymene per Ocken: fr. Serpule – Clyméne:
ted. Wurmröhre: ing. Worm-shell). I Vermi o
Molluschi di questo genere hanno sempre univalve
la loro conchiglia, conformata in un tubo, ed ade-
rente all’ animaletto, che v’abita dentro.
SPECIE 1. Serpula Filagrana, od anche sem-
plicemente la Filagrana (S. Filigrana – Ser-
pula filograna – Clymene filograna di Ocken:
fr. la Serpule filigrane – e talora la Clyméne
filigrane: ted. die geflochtene Fadenröhre: ing.
the Filigran-worm-shell?). – Questa specie ci
si presenta quasi in forma d’un ammasso di con-
chigliuzze capillari e ramose, politalamie, o a pa-
recchj loculi, raccozzate in fascetti, o piuttosto
in gomitoli (Serpula testis capillaribus fascicu-
latis ramoso-glomeratis cancellatisque). (Vedi Seba.
Vol. III. Tab. 100. Fig. 8.).
È dessa indigena del Grande Oceano, ed anche
di qualche altro mare.
SPECIE 2. Serpula Contortuplicata, od anche
la Serpula turbinata, e più trivialmente poi il
Budello di pesce (S. Contortuplicata – Clymene
contortuplicata di Ocken: fr. la Serpule contour-
née – la Serpule turbinée – la Clyméne con-
tournée – e volgarmente anche les Boyaux de
chat – les Boyaux de poisson: ted. der Fisch-
darm: ing. the contourned Worm-shell?). –
Questa specie ha rugosa, aggomitolata, e in certa
guisa carinata la sua conchiglia semiterete, o con-
formata a modo quasi d’un mezzo cilindretto, ta-
gliato lungo l’asse, o secondo la sua lunghezza
(testa semitereti rugosa glomerata carinata). (Vedi
le mie Abbildungen naturhistorisch. Gegenstände. Tab. 59.).
È dessa indigena dell’ Oceano, com’ anche di
[Seite 194] qualche altra località marittima. – L’animaletto
racchiuso in questa Serpula, e che ho avuto oc-
casione io medesimo d’esaminare, è d’una strut-
tura tutt’ affatto singolare, e realmente artificiosis-
sima, con quelle certe sue sette produzioni, che
direbbonsene braccia, ben lunghe, curvate in arco
e convergenti, alle quali aggiungonsi ancora, presso
alla loro radice, da circa sessanta altri filamenti
corti e dritti affatto.
SPECIE 3. Sertula Traforata, od anche la
Serpula priapo, od il Priapo di mare (S. Per-
forata – Serpula penis di Linneo – Serpula
aquaria di Burrow – Penicillus Javanus di Bru-
guière – Arythaena penis di Ocken, e d’altri
– Aspergillum Javanum di Lamarck – Phallus
testaceus marinus di Lister – Solen Phalloides
di Klein – Aquaria radiata di Perry – Pe-
nicellus di Bosc – ed anticamente Tubulus mari-
nus: fr. l’Arrosoir – l’Arrosoir de Java –
le Tuyau de Vénus – le Prépuce – le Bran-
don d’Amour – le Brandon de Neptune – le
Pinceau de mer – le Phallus de mer – le Pé-
nis de mer – ec., ec.: ted. der Venusschacht
– Neptunusschacht – die Giesskanne: ing. the
watering Pot?). – Questa specie ha terete, o
quasi cilindrica, e dritta affatto, la sua conchiglia,
col disco, che trovasene alla estremità, pieno di
pori muniti tutti de’ loro rispettivi pertugi, e col
lembo marginale rivolto all’ indietro, e tubuloso
[Seite 195] (testa tereti recta, extremitatis disco poris per-
tuso, margine reflexo, tubuloso). (Vedi Museum
Leersianum, Tab. 1.).
È dessa indigena particolarmente del Mare che
lambe l’Isole Molucche, e prese il nome suo spe-
cifico dall’ isola Java, d’onde soleano in addietro
gli Olandesi recarcela in Europa, ov’ è tenuta
preziosa molto; ciò non pertanto rinviensi essa
eziandio lungo la Costa Ciòlamandala, o come
suol dirsi, del Coromandel, e se n’ebbero esempi
anche, tanto da’dintorni di Madagascar, quanto
dalle acque che bagnano l’Isole Nicobar. – Per-
viene dessa fino alla lunghezza d’otto pollici, e
ci offre in vero una strana foggia di Vermi o Mol-
luschi tubulari, o di Tubicoli, aventi qualche al-
quanto lontana rassomiglianza colle così dette Tu-
bipore, ma poi colla bocca, o coll’ orificio, che
ne termina da una parte la conchiglia, simile, più
che ad altro, ad un annacquatojo da giardino,
circondato com’ è in giro, tutt’ attorno al suo mar-
gine, da una corona di tubetti molto corti; la
estremità opposta, che diremo qui posteriore, della
conchiglia medesima suol esserne quasi sempre
mozza, quasi come se fosse stata rotta a caso.
SPECIE 4. Serpula Gigantesca (S. Gigantea:
fr. la grande Serpule – la Serpule gêante?:
ted. die Riesenwurmröhre?: ing. the giant Worm-
shell?). – Questa specie ha la conchiglia col mar-
gine, che se ne direbbe poco meno che flessuoso,
[Seite 196] a poco a poco assottigliantesi sempre più; è dessa di
colore violetto, ma per di dentro poi liscia affatto e
di colore gialliccio (testa subflexuosa lente attenuata
violacea, intus laevi lutea); la sua bocca, o il suo
orificio, ne riesce di color bianco nel fondo, ma riga-
to o striato da striscie, che procedono a modo d’on-
de, e armato d’un dente di forma conica (apertura
alba undulatim striata, dente conico munita).
(Vedi anche per questa le mie Abbildungen naturhistorisch.
Gegenstände. Tab. 9.).
È dessa indigena propriamente dell’ Indie oc-
cidentali. – L’animale medesimo, che abita que-
sta conchiglia, somiglia a bastanza da vicino, al
Mitilo litofago, e suol starsene per entro a’ cu-
nicoli, ch’ esso si pratica nell’ interno delle grandi
Madrepore.
GENERE LXIV. Teredine (Teredo: fr. Térédine
– Taret: ted. Darmröhre: ing. Ship-worm?).
I Vermi o Molluschi di questo genere hanno la
loro conchiglia terete, o quasi come chi dicesse, ci-
lindrica, flessuosa o sinuosa lungo il margine, ed
atta a penetrare per entro al legno, o a connfic-
carvisi (testa teres, flexuosa, lignum penetrans).
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi. Te-
redine Navale, o la Bruma delle dighe, od an-
che il Tarlo de’ bastimenti, il Verme de’ va-
scelli, o finalmente il Foranavi (T. Navalis:
fr. le Taret commun – le Perce-vaisseaux?:
ted. der Schiffwurm – Pfahlwurm – Bohr-
[Seite 197] wurm: ing. the proper Ship-worm). – Questa
specie ha il corpo della conchiglia terete o quasi
cilindrico, ma poi bislunghetto, colla bocca, come
chi dicesse, assottigliata, e colla sua estremità po-
steriore quadrivalve, o composta di quattro pezzi,
e rassomigliante, più che ad altro, ad una Folade
(corpore tereti elongato, ore attenuato, extre-
mitate postica pholadiformi, quadrivalvi). (Vedi
le mie Abbildungen naturhistorisch. Gegenstände. Tab. 89.).
È dessa indigena de’ nostri Mari Europei, ove
cagiona talora danni terribilissimi. – Il Verme
o Mollusco, che ne perviene qualche volta fino
alla lunghezza d’un piede, si conficca assai volen-
tieri ne’ legnami di quercia, d’ontano, di larice,
d’abete, di pino, e in altri così fatti, traforando-
visi per entro passaggi o cunicoli della grossezza
d’ un buon dito, che spalma poscia d’una crosta
calcare, da principio molle e tenera affatto, desti-
nata a servire a lui medesimo di nicchio o di con-
chiglia. – Nell’ anno 1730 questo nocevolissimo
animale fece, trall’ altre volte, un male indicibile
all’ Olanda, rodendo e bucherando così fattamente
i legnami destinati a servir d’armatura alle Dighe
della Frisia e della Zelanda, ch’ esse non si tro-
varono più in istato di sostener l’impeto dell’ onde,
le quali quindi le soverchiarono. – Desso reca pur
sempre colà anche presentemente guasti ragguar-
devolissimi, ed in sommo grado minacciosi, so-
prattutto alla grande Diga di Westkappel.
Echinodermi, o Vermi crostacei (Echinoder-
mata – Crustacea: fr. les Échinodermes – les
Vers crustacés: ted. die eigentliche Schalthiere:
ing. the Echinoderms? – crustaceous Worms?).
Ho creduto di dover trattare in un ordine a
parte de’ seguenti animali, in grazia che
troppe mi sono partite le differenze che
passano, tra essi, e gli altri Vermi o Mollu-
schi, ed in vista che poi, al contrario,
sotto parecchj riguardi, in generale conven-
gono essi moltissimo tra di loro gli uni co-
gli altri, o hanno grandi ed essenziali punti
di vicendevole rassomiglianza. – Dessi non
sogliono vivere mai altrove che nel mare,
e de’ medesimi si verifica ciò, che risulterà
partitamente eziandio degli animali rac-
chiusi ne’ due seguenti ordini, che ci rimane
di far conoscere, vale a dire che nessuno
individuo n’è stato dalla Natura destinato
a viver mai all’ asciutto o sopra terra.
GENERE LXV. Echino, o Riccio marino (Echi-
nus1 – racchiudente, oltre a qualche altro, an-
[Seite 199] che il genere Cidarites, ed eziandio, sebbene non
qui ora, il genere Clypeaster di Lamarck: fr.
Oursin – Cidarite – Clypéastre: ted. Seeigel:
ing. Sea-hedgehog). I Vermi o Molluschi di que-
sto genere hanno il corpo loro arrotondato, quasi
globoso, o sferoidale, rivestito d’una crosta calca-
rea spatosa (corpus ... crusta spatacea tectum),
armata bene spesso d’aculei, o di spine più o
meno mobili (spinis mobilibus saepius aculeatum),
colla bocca, o coll’ orificio che dir se ne voglia,
situato per di sotto, e composto di cinque pezzi
distinti (os quinquevalve subtus).
Il guscio, il nicchio, o se così vogliasi, la con-
chiglia degli Echini, quanto alla struttura, simile
il più delle volte al guscio, o alla latinamente
così detta testa de’ Cancri, de’ Granchi o de’ Gam-
beri, è per lo più armata, od esternamente munita,
come di già accennamo, di spine o d’aculei mo-
bili, che non sono però in conto alcuno da con-
fondersi, o da scambiarsi cogli organi del moto
proprii dell’ animale che vi sta riparato per en-
tro, mentre questi suoi organi del movimento,
a’ quali si convenne d’attribuire il nome proprio
di ambulacri, riescono almeno d’un terzo più lun-
ghi di quello che possano esserne gli aculei, ma
[Seite 200] non sono poi visibili, se non quando l’animale se
ne sta sott’ acqua, mentre esso, al primo uscire
da quel suo elemento, tosto li ritira a sè, e così
ce li nasconde. – Calcolasi che un Echino, che sia
armato di duemila aculei, non abbia mai meno
di duemila e quattrocento di questi così fatti
piedi, o braccia, o propaggini in una parola,
che servongli d’organi del moto. – Gli Echini
aventi il corpo molto convesso trovatisi, nel loro
interno muniti d’una strana foggia di sostegno o
piedestallo osseo, ch’ è generalmente conosciuto
sotto lo specioso nome di Lanterna d’Aristotile.
– Le numerosissime specie, che racchiudonsi in
questo esteso genere, sogliono soprattutto variare
tra di loro mollissimo, non meno a riguardo della
struttura del loro guscio o della loro conchiglia,
di quello che relativamente alle così dette spine,
o a quegli aculei mobili, onde sono per l’ordina-
rio superficialmente armate al di fuori.
SPECIE 1. Echino Esculento, o il Riccio di
mare mangereccio (E. Esculentus – forse la stessa
cosa col Cidarites histrix di Lamarck: fr. l’Our-
sin mangeable – e forse le Cidarite Porc-êpic?:
ted. der essbare Seeigel: ing. the Sea-egg). –
Questa specie rappresenta in complesso quasi una
mezza sfera globosa (Echinus hemisphaerico-glo-
bosus), di cui quelle ajuole, o piccole aree, nelle
quali è superficialmente quasi ripartita, mostransi
come state una volta coperte da verruche, o da
[Seite 201] tubercoletti, oggimai consumatisi in gran parte
(areis obsolete verrucosis). (Vedi Klein, Tab. 1, e
Tab. 38. Fig. 1.).
È dessa indigena di parecchj mari, e fra gli
altri del nostro Mediterraneo.
SPECIE 2. Echino Cidarite, od anche l’Echino
berrettone, o veramente il Turbante marino, il
Cidarite, o il Berretto imperiale, e talora forse
il Diadema? (E. Cidaris – Cidarites, genere di-
stinto per Lamarck, ed in tal caso qui ora, a
quello che sembra, Cidarites Diadema?: fr. le
Turban – l’Oursin cidarite – le Bonnet impé-
rial? – le Cidarite diadème?: ted. der See-tur-
ban? – Kamisolknopf? – Turbanseeigel? – die
Thiare des Königs? – Pharaothiare?: ing. the
Turban-sea-egg?). – Questa specie ci si pre-
senta sempre in pieno sotto una forma, ad un
tempo emisferica, ed alquanto schiacciata d’alto in
basso, ed è poi costantemente munita di cinque di-
stinti ambulacri, filiformi e lineari, o setolosi, fles-
suosamente ricurvati sopra di sè senza regola (am-
bulacris 5 repandis linearibus), e colle ajuole su-
perficiali di due foggie, alternanti l’una coll’ al-
tre (areis alternatim bifariis). (Vedi Klein, Tab. 7.
A., e Tab. 39. Fig. 2.).
È dessa indigena segnatamente del mare che
bagna l’Indie Maggiori, o l’Indie Orientali.
SPECIE 3. Echino Orbicolo, od anche la Pu-
leggia marina (E. Orbiculus: fr. l’Oursin or-
[Seite 202] biculaire?: ted. der kreissförmige Seeigel?: ing.
the orbicular Sea-egg?). – Questa specie è in
forma di desco rotondo, ma piatto, o appunto
d’un orbicolo appianato, o come chi dicesse, d’una
puleggia (Echinus planus suborbiculatus), e l’indi-
viduo n’è munito anch’esso di cinque distinti ambu-
lacri ovali, coll’ ano poi portatone a qualche mag-
giore distanza, di quello che non iscorgasi nelle pre-
cedenti due da noi qui sopra addotte specie (ano
subremoto). (Vedi Klein, Tab. 21 e segg.).
È dessa indigena, a quel che sembra, segna-
tamente del Grande Oceano.
GENERE LXVI. Asteria, o Stella marina (Aste-
rias1 – altre volte già Stella marina – in parte
Comatula – Ophiurus – ed Euryale di La-
marck: fr. Astérie – Étoile de mer: ted. See-
stern: ing. Sea-star?). I Vermi o Molluschi di
questo genere presentano un corpo compresso dal-
l’ alto in basso, o schiacciato, di cui il guscio o
la scorza esteriore riesce quasi coriacea, o ram-
menta, più che altra cosa, un cuojo esternamente,
come si suol dire, muricato, o tutto quanto tem-
pestato e cosperso di tentacoli, o piuttosto d’acu-
lei, che ne rendono aspra al tatto e disuguale la
superficie (crusta subcoriacea, tentaculis muri-
[Seite 203] cata); la bocca poi, o sia l’unico meato od ori-
ficio, che accada di riscontrarvi, n’è sempre
quinquevalve, o composto di cinque scaglie, ed
è situato costantemente nel punto il più centrale
di questo loro corpo, ma inferiormente.
Gli organi del moto nelle Asterie sono analo-
ghi molto a quelli, che indicammo esser proprj
degli Echini, o de’ Ricci marini, con questa diffe-
renza però, che le Stelle di mare, nuotanti a grande
stento, e destinate a strascinarsi lentissimamente
su per gli scogli, a un dipresso come fanno so-
pra terra le Lumache, e i Lumaconi, non sono mai
in istato di procedere innanzi con quella svel-
tezza che scorgesi bene spesso negli Echini. –
Alcune specie d’Asterie recano danni gravi a di-
versi Pesci, e fra gli altri segnatamente al Cal-
laria, o Narvaga (Gadus callarias: fr. le Cal-
larias: ted. der Dorsch); mentre altre ve n’ha
che nuocono sommamente alle Ostriche, e le di-
struggono.
SPECIE 1. Asteria Rosseggiante (A. Rubens:
fr. l’Astérie rougeâtre: ted. der röthliche See-
stern? ing. the reddish Sea-star?). – Questa
specie presentacisi con un corpo canaliculato,
avente appunto quasi la forma d’una stella, il
più delle volte a cinque raggi, come suol dirsi,
lanceolati, ma gibbosi, e guernita per ogni dove
d’aculei (Vedi Link, Tab. 4. Fig. 5, oltre ancora a qual-
che altra).
È dessa indigena, ed anzi così fuor di misura
comune e copiosa presso a certe Coste della Fran-
cia, che gli abitanti di quel Litorale sogliono gio-
varsene come di concime per ingrassare i loro
campi, o per fertilizzar meglio le loro terre. –
Precisamente in questa specie hassi la prova la
più palmare ed evidente di quella straordina-
ria forza riproduttiva delle loro parti amputate,
ch’ è propria di così fatti animali. In una nu-
merosa serie di Stelle marine, appositamente da
me in varie foggie amputate e mutilate, per espe-
rirne appunto la forza di riproduzione, una ne
tengo, spettante a questa specie, più dell’ altre
comune, che ha già terminato di riprodurre com-
piutamente i quattro de’ suoi cinque raggi, on-
d’era stata del tutto mutilata.
SPECIE 2. Asteria Glaciale (A. Glacialis:
fr. l’Astérie glaciale: ted. der Eis-seestern? –
eiskalte Seestern?: ing. the frozen Sea-star? –
Ice-sea-star?). – Questa specie ha anch’ essa il
corpo canaliculato, in complesso di forma stel-
lare, a raggi angolosi, e cogli angoli, o canti so-
lidi, ad un tempo verrucosi, ed aculeati (Aste-
rias stellata, radiis angulatis, angulis verrucoso-
aculeatis). (Vedi Link, Tab. 38 e 39.)
È dessa indigena, come ne importa il nome
specifico, del Mar Glaciale boreale.
SPECIE 3. Asteria Ofiura, o l’Asteria a coda
di Serpe, o l’Ofiuro (A. Ophiura – Ophiurus,
[Seite 205] genere a parte per Latreille, e per altri: fr. l’Asté-
rie ophiure – o anche semplicemente l’Ophiure
– l’Étoile de mer à queue de serpent?: ted.
der Schlangen geschwantzte Seestern?: ing. the
snake-like tailed Sea-star?). – Questa specie
ci offre un corpo pinnato, consistente in un de-
sco od orbicolo stellare a cinque lobi, con inol-
tre cinque raggi semplici (Asterias radiata ra-
diis 5 simplicibus, stella orbiculata quinqueloba)
(Vedi Link. Tab. 37. Fig. 65, oltre a qualche altra Figura
ancora).
È dessa indigena del Grande Oceano, e fors’ an-
che di qualche altra località marittima.
SPECIE 4. Asteria testa di Medusa, o il Capo
della Gorgona? (A. Caput-Medusae – Gorgo-
nocephalus – Encrinus – Euryale verrucosum di
Lamarck – Pentacrinites caput-Medusae di La-
mouroux? – Caput Gorgoniae?: fr. l’Astérie téte
de Méduse – la Téte de Méduse – le Gorgonocè-
phale – la Stellèride – l’Éuryale verruqueuse – la
Téte de la Gorgone: ted. der Medusenkopf – Medu-
senstern – Medusenkopfsseestern – der Kopf
der Gorgone?: ing. the Medusa’s Head?). –
Questa specie è stellata anch’ essa a raggi dico-
tomi, o che vanno mano mano raddoppiandosi
per via, a misura che s’allontanano dal luogo
d’onde da prima si dipartirono (Asterias ra-
diata, radiis dichotomis). (Vedi Link. Tab. 18. Fig. 28.
oltre ancora a qualche altra).
È dessa più frequente che altrove, nel mare che
bagna l’Indie Orientali, ma però rinviensi anche
talora in altri mari, spettanti sempre all’ antico
Continente, e vuolsi che se ne abbiano avuti
esempj anche nel così detto Mar Caspio, il quale
sarebbe da dirsi ben piuttosto lago, che non
mare; quando almeno non vi fosse quel grandis-
simo e troppo ragionevole dubbio, che pure sus-
siste, che le Asterie Testa di Medusa, di località
così l’una dall’ altra disparate, non formassero
specie al tutto diverse, e che quindi quella, che
è indigena propriamente dell’ Oceano del Nord,
non venga ad esser poi tutt’ altra cosa, tanto da
quella che incontrasi ne’ paraggi dell’ Indie Orien-
tali e nel Mare del Sud, quanto fors’ anche da
qualche altra; dubbio questo, che può per avven-
tura essere sempre più convalidato dal riflesso, che
Gmelin ammise, come specie distinte l’una dal-
l’ altra, l’Asterias euryale e l’Asterias caput-Me-
dusae, che poi Lamarck sembra aver voluto riunire
nella unica specie sua Euryale verrucosum. Co-
munque stiasi la faccenda, ciò ch’ è oggimai af-
fatto fuori di ogni contingenza si è, che il pigrissi-
mo e tardissimo animale, qui ora in questione, è
sempre così stranamente conformato che, nell’ am
bito complessivo della periferia d’un solo individuo
di questa specie, si pervenne a contare talvolta fino
ad ottantaduemila rami, o propaggini terminali,
[Seite 207] o braccia, come piace meglio a qualcheduno di
chiamarle1.
GENERE LXVII. Encrinò (Encrinus: fr. En-
crine – Crinoïde: ted. Seelilie? – Enkrine?:
ing. Sea-lily? – Encrine?). I Vermi o Mollu-
schi di questo genere constano di uno sterpo, o
di un fusto piuttosto lunghetto, in cima al quale
ne sta poi il corpo munito di raggi (stirps elon-
gata, corpore terminali radiato).
SPECIE 1. Encrino Asteria, o L’Encrino stel-
lare, od anche più volgarmente la Palma di
mare (E. Asteria – Isis asteria di Linneo –
Euryale palmiferum di Lamarck?: fr. l’Encrine
astérie – l’Isis astérie – la Crinoïde étoilée? –
l’Euryale palmifère?: ted. die Seepalme: ing.
the Sea-palm-tree?). – Questa specie ha di na-
tura calcareo-spatosa il suo sterpo, o stipite, ar-
ticolato e pentagono, ond’ emergono rami ver-
ticillati, o conformati di bischeri dispostivi in giro
tutt’ all’ intorno, e terminante poi alla cima come
in una foggia di stella, che alla sua base riesce
[Seite 209] divisa in sei lacinie sole, ma che tosto dopo, sud-
dividendosi ulteriormente, si fa dicotoma (Encri-
nus stirpe spatacea articulata pentagono, ramis
verticillatis: stella terminali sexfida ad basin, tum
dichotoma). (Vedi Guettard, nelle Mémoires de l’Aca-
démie des Sciences di Parigi, per l’anno 1755.).
Rarissima sempre da incontrarsi, anche soltanto
conservata nelle nostre Collezioni, sembra che
rinvengasi indigena lungo le Coste de’ Barbados.
– Dessa somiglia a bastanza da vicino alle Pen-
tacriniti petrefatte, o alle così dette Palme di
Medusa (in ted. Medusen-Palmen) fossili, senza
che per questo si possa dire, ch’ essa sia di spe-
cie decisamente identica con quelle; però la parte,
che si suole ritenerne come la testa, ricorda, in un
modo da poterci assolutamente illudere, la non ha
guari da noi descritta Asteria Testa di Medusa.
SPECIE 2. Encrino Radiato, o l’Encrino rag-
giante (E. Radiatus – Vorticella encrinus di
Linneo: fr. l’Encrine rayonnè – le Lis-de-mer
rayonnant: ted. die strahlige Seelilie?: ing. the
radiated Sea-lily?). – Questa specie ha di ma-
teria, più che altro, cartilaginosa il continuo, o
non ramificantesi suo stipite, fusto, tronco, gam-
bo o sterpo, che vogliasi dire, terminante poi alla
sommità in una stella formata da otto raggi (E.
stirpe cartilaginea continua, stella terminali oc-
toradiata). (Vedi lo Scritto in questo particolare indi-
rizzato da Chr. Mylius al celebre Haller, e stampato a Lon-
dra nel 1755, in 4.°).
Essa debb’ essere indigena dell’ Oceano, e for-
s’ anco di qualche altro mare1.
Coralli (Corallia: fr. les Coraux:
ted. die Korallen – Corallen: ing. the Corals?).
I Vermi, che comprendonsi in quest’ Ordi-
ne V, si può dire che siano, in confronto
co’ Zoofiti racchiusi nell’ Ordine seguen-
te VI, ed ultimo, tanto per la intiera se-
zione de’ Vermi, come per tutta quanta
la Classe degli animali, a un dipresso ciò
che abbiam veduto essere qui in prece-
denza i Vermi Testacei, o le Conchiglie
propriamente dette dell’ Ordine III, in con-
fronto co’ Molluschi propriamente detti del
nostro Ordine II; tanto più che anche gli
stessi animali spettanti a questi ultimi due
Ordini, almeno in parecchie delle loro
specie rispettive1, hanno qualche volta tra
[Seite 212] di loro una somma analogia, o grandissi-
me relazioni di vicendevole rassomiglianza;
con questa sola differenza però, che gli ul-
timi, o siano i Zoofiti, sono sempre nudi
affatto, o destituti d’ogni maniera di guscio,
e sono dotati di locomotività, o possono,
quasi a loro beneplacito, cambiar di luogo,
mentre al contrario i Coralli, de’ quali
[Seite 213] imprendiamo qui ora a trattar di propo-
sito, rimangono infissi nel luogo stesso ove
da prima nacquero, nè possono assoluta-
mente staccarsi mai da quello stabile loro
speciale domicilio, in generale di natura
petrosa calcareo-spatica, che appunto usia-
mo chiamar Corallo, onde ne derivò poi
il nome di Coralli, col quale contrad-
distinguonsi, in complesso da tutti gli altri,
gli animali o i Vermi attenenti propria-
mente a questo nostro Ordine V. – Per
altro non è già da credersi, che questi di-
versi così detti Coralli, che servono di sta-
bile abitazione a’ Vermi, o per meglio dire
a’ Zoofiti destituti di locomotività, che li
popolano e ne pigliano il nome, siano
stati con ispeciale e mirabile artificio fab-
bricati o costrutti da questi viventi me-
desimi, ma debbe ritenersi come assai più
probabile, che siano dessi in certo tal qual
modo piuttosto connati, o nati contem-
poraneamente cogli stessi loro abitatori,
sicchè, in vece di raffrontarne l’insieme
cogli alveari dell’ Api, ben più analogo
al vero ne emerge il confronto co’ nicchj,
co’ gusci, colle chiocciole o colle conchi-
glie, innate o connate de’ così detti Vermi
[Seite 214] testacei o Molluschi armati; con questo
di più poi, che nella riproduzione della
specie, i novelli animaletti de’ Coralli na-
scono già fino da bel principio muniti
della loro spettante porzioncina d’abituro
calcareo, quasi a quella foggia medesima,
che dal tronco comune emergono i diversi
rami d’un albero. Siccome poi questi strani
e singolarissimi animali crescono a matu-
rità assai presto1, e frequente e copiosis-
sima n’ è sempre la propagazione delle
specie, perciò non debbe cagionarci mara-
viglia la mole benespesso colossale, e l’am-
bito smisurato2, a cui ne pervengono, in
[Seite 215] diverse località, i così detti scogli, segna-
tamente sotto marini, di Corallo.
GENERE LXVIII. Tubipora (Tubipora: fr.
Tubipore – e trivialmente anche Boyaux de
chat: ted. Röhrencorall – Katzendarm?: ing.
Tubipore?). Trasandando per ora di parlare del-
l’ animale o Polipo che l’abita, è questa una
foggia di Corallo, che ammette parecchie specie,
d’una sola delle quali terremo ora qui conto, con-
formata tutta quanta di tubetti cilindrici, dritti,
vuoti e paralleli.
SPECIE 1 ed anzi UNICA qui ora per noi. Tu-
bipora Musica, o anche la Tubipora organo (T.
Organum – forse la stessa cosa colla Caryophyl-
lia musicalis di Lamarck?: fr. la Tubipore à tu-
yaux d’orgues – forse la stessa cosa colla Caryo-
phyllie musicale?: ted. das Orgelwerk: ing. the
Organ-corall? – Organ-tubipora?). – Questa
specie, costituita, come s’ è detto, di tubetti dritti
[Seite 216] e paralleli, li ha combinati e disposti in fascetti (Tu-
bipora tubis fasciculatis combinatis), con certe loro
ripartizioni, divisioni o setti trasversali, alquanto
l’uno dall’ altro distanti (dissepimentis transversis
distantibus). (Vedi Solander. Tab. 27.).
Dessa rinviensi indigena, più che non altrove,
e forse anzi quasi unicamente, nel mare che ba-
gna le Indie Orientali, e nel Mare del Sud.
GENERE LXIX. Madrepora (Madrepora: fr.
Madrépore: ted. Sterncorall: ing. Star-corall? –
Madrepore?). È questa una seconda maniera di
Corallo, che suol avere le cavità, ove gli anima-
letti o i Polipi ne stanno, ad un tempo lamel-
lari, e di forma stellata (Corallium cavitatibus
lamelloso-stellatis).
SPECIE 1. Madrepora Fungite (M. Fungites:
fr. la Fungie – la Fungite, – od anche la Fun-
goïde – la Madrépore fungite – e trivialmente ta-
lora, ma con troppo poca proprietà, almeno a quello
che ci sembra, le Champignon de mer: ted. die
Fungit? – der Pilsenstein? – ed anche per ta-
luno, ma impropriamente, Schwammstein?: ing.
the Fungites? – Sea-mushroom?). – Questa
specie, trasandandone i Polipi, è di forma orbi-
colare e convessa, a foggia di stella, ma per di
sotto poi concava; suol dessa essere semplice, vale a
dire destituta di quel fusto, o sterpo o pedale,
che Lamarck chiamò Asse (Madrepora simplex
acaulis orbiculata, stella convexa ... subtus con-
[Seite 217] cava), con semplici poi e longitudinali, o disposte
per lo lungo, le laminette della stella (lamellis sim-
plicibus longitudinalibus). (Vedi Solander. Tab. 28.).
Tutti questi nomi, qui adoperati come specifici, di
Fungite, in italiano; Fungites, in Latino; Fungite –
Fungie – Fungoïde – e Champignon de mer, in fran-
cese; Fungit – Schwammstein – e Pilsenstein, in tede-
sco; Fungites – e Sea-mushroom, in inglese, indicanti ora
qualche Talassiofito, ora un Alcionario, ed ora un qual-
che Polipajo, o veramente qualche altra produzione di
mare, bene spesso rinvenuta fossile, ad altro precisamente
non sono atti, se non a generar confusione, e a darci
idee false affatto. – Aggiunta del T.
SPECIE 2. Madrepora Muricata (M. Muricata:
fr. la Madrèpore muriquée – la Madrépore hé-
rissée de piquans: ted. der stachelige Sternco-
rall?: ing. the thorny Star-corall?). – Questa
specie è ramosa, composta, e quasi direbbesi, im-
bricata, od a parti disposte, le une in confronto
coll’ altre, con quella simmetria, con cui soglionsi
disporre l’embrici su pe’ tetti delle nostre abita-
zioni, a stelle obbliquamente troncate, prominenti
ed ascendenti. (Vedi Solander. Tab. 57.).
È dessa indigena per avventura di parecchj mari,
ma segnatamente, poi per quanto sembra, del Mar
Pacifico, e dell’ Oceano Australe, ove frequen-
tissime sono ben molte specie o varietà di Madre-
pore, che v’ingigantiscono, talora in breve tempo,
a segno di formar esse sole scogli sottomarini pe-
ricolosissimi pe’ navigatori, come il sono appunto
[Seite 218] quelle colossali catene subacquee a più punte, o
que’ rècifs, o rescifs, come li chiamano i Fran-
cesi, che ne constano intieramente.
SPECIE 3. Madrepora Oculata, e più volgar-
mente poi il Corallo bianco (M. Oculata – ma
meglio per avventura Caryophyllia fasciculata di
Lamarck?, – ed in tal caso la stessa cosa colla Ma-
drepora fascicularis di Gmelin: fr. la Madrèpore
oculée, – ma poi forse meglio l’Oculine? – volgar-
mente l’OEillet? – forse però meglio la Caryo-
phyllie fasciculée del medesimo Lamarck, ed anche
di Lamouroux? – e per moltissimi non scienziati
poi, le Corail blanc: ted. der, o das weisse Corall:
ing. the white Corall?). – Questa specie è mu-
nita d’un’ asse, o d’uno stipite, d’un pedale o
d’un tronco, ma riesce tubulosa, nuda affatto,
liscia e polita superficialmente, o come suol dirsi,
glabra, obbliquamente flessuosa, quasi striata, emet-
tente rami alterni o avvicendantisi dall’ una in
confronto coll’ altra parte, vale a dire a rami,
l’origine o l’inserzione de’ quali procede scambian-
dosi a vicenda or quinci or quindi, con inoltre
certe stellette alquanto sprofondate, e di due fog-
gie diverse (stellis immersis bifariis). (Pel caso
che questa fosse in fatto la Caryophyllia fasciculata, Vedi
Lamouroux, Genres Polyp. Tab. 30. Fig. 1 e 2.)
È dessa indigena propriamente dell’ Oceano In-
diano, più che d’altra qualsivoglia località.
GENERE LXX. Millepopra, o Manichetta di
[Seite 219] Ippocrate volgarmente (Millepora: fr. Millépore:
ted. Punctcorall: ing. Millepore?). È questa
una terza foggia di Corallo, superficialmente tem-
pestata di pori turbinati, o fatti quasi a vortice,
e d’altronde tereti o tondeggianti (Corallium po-
ris turbinatis teretibus).
SPECIE 1. Millepora Lichenoidea, o la Mil-
lepora conformata a modo quasi d’un Lichene
(M. Lichenoides – Lichenopora, genere recen-
temente instituito da Defrance, e ammesso poi
da Deshayes, e da molti altri?: fr. la Millépore
lichénoïde – ma meglio ancora la Lichénopore?:
ted. der flechtenartige Punctcorall?: ing. the lichen-
like Millepore?). – Questa specie consta di qual-
che stipite, caule o fusticino decumbente, o ripie-
gantesi all’ ingiù, ed è, per ben due volte, o in due
distinti modi dicotoma, emettendo essa due rami
denticolati, porosi, e scabri od aspri al tatto (Mil-
lepora caulescens, decumbens, bifarie dichotoma,
ramis denticulatis binis porosis scabris). (Vedi
Ellis. Tab. 35. Fig. b.B.).
È indigena anche del mare Mediterraneo, ove
rinviensi per l’ ordinario sovra alcune altre spe-
cie di Madrepore.
SPECIE 2. Millepora Cellulosa, e più volgar-
mente i Manichini d’Ippocrate, o i Manichini di
Nettuno, ma poi ora assai meglio, e ben più
scienziatamente, la Retepora cellulare (M. Cel-
lulosa – Retepora cellulosa di Lamarck: fr. la
[Seite 220] Millépore celluleuse – la Rétépore celluleuse –
la Manchette de Néptune: ted. die Neptunus-
manchette: ing. the cellulary Millepore?). –
Questa specie riesce, quasi direbbesi, membra-
nosa, ed è poi in forma di reticella umbilicata,
o come centrata in un cerchietto, che appunto
ne rammenta un ombelico, turbinata ad un tem-
po, o in certo tal qual modo leggermente incar-
tocciata, ed a lembi marginali flessuosi od ondeg-
gianti (Millepora membranacea reticulata umbili-
cata, turbinato-undulata); da una sua parte dessa
suol esser contemporaneamente porosa, e sparsa
di peluzzi fini (hinc porosa pubescens). (Vedi
tanto Ellis, Tab. 24. Fig. d., quant’ anche Cavolini, Tab. 3.
Fig. 12 e segg.).
Rinviensi indigena essa pure in certe plaghe
del nostro Mediterraneo.
GENERE LXXI. Cellepora (Cellepora – Escha-
ra di Moll: fr. Cellépore – ma pur forse meglio
Eschare?: ted. Zellencorall?: ing. Cellepore?).
È questa un’ altra maniera di Coralli, piena tutta
quanta di forellini urceolati e membranacei; noi
non ne addurremo che un solo esempio, trasan-
dandone per ora gli altri.
SPECIE 1 ed anzi UNICA qui ora per noi. Cel-
lepora Spongite (C. Spongites – Lapis spongiae
delle Farmacie – e già altre volte Adarce: fr.
la Cellépore spongite: ted. der Schwammstein:
ing. the Spongit-cellepore?). – Questa specie
[Seite 221] consta di laminette, semplici a un tratto, ondulate,
e turbinate od incartocciate alquanto, quasi chi
dicesse vorticose, insieme ammucchiate, in modo
che formano un buon numero di cellette disposte in
serie (Cellepora lamellis simplicibus undulato-tur-
binalis cumulatis; cellulis seriatis), con inoltre
una boccuccia orlata (osculo marginato). (Vedi
Lamouroux, Genres Polyp. Tab. 41 Fig. 3.).
È dessa indigena del nostro Mediterraneo, come, al
dire di Pallas, lo è eziandio del mar che lambe le Coste
del Nord-Ouest dell’ America, come lo è, al dire di Gme-
lin del mare di Groenlandia, e come ne lo è, giusta La-
marck, almeno la varietà più piccola e più sottile, del-
l’Oceano Indiano. – Volendo stare al giudizio del fu bra-
vo Lamouroux, sarebbe questo un Polipajo a base incro-
stante, coperto di verruche, o d’espansioni tubercolose,
irregolari, vagamente divise e coalescenti, di cui le cellette
disposte, appunto com’ è detto, per serie, sarebbero al-
quanto panciute o ventricose, ed avente poi la sua boccuc-
cia orbicolare; ma rimarrebbe allora un dubbio grandissi-
mo sulla ragionevolezza del suo collocamento, tanto come
specie, nel genere già stabilito delle Cellepore, quanto per-
fino come spettante all’ Ordine apposito delle Celleporate
(fr. les Celléporées), proposto dal medesimo Lamouroux,
onde racchiudervi, con qualche altra ancora, le Celle-
porae labiata, megastoma, hyalina, ec.
GENERE LXXII. Iside (Isis: fr. Isis – Iside:
ted. Staudencorall: ing. Isis?). Quest’ altro Co-
rallo ha solido l’asse, vale a dire quel suo tronco,
stipite o sterpo radicato, ch’è sempre fissato in
terra mercè d’una tal quale radice, e coperto
[Seite 222] poi, o veramente spalmato d’una corteccia tenera,
ove dimorano stabilmente i Polipi che ne sono
proprii (stirps radicata solida, cortice molli ha-
bitabili obducta1).
SPECIE 1. Iside Ippuride, o l’Iside coda di
cavallo, od anche il Corallo regio (I. Hippu-
ris: fr. l’Isis hippuride – l’Iside à quêue de che-
val? – le Corail royal?: ted. das Königsco-
rall?: ing. the king’s Corall?). – Questa spe-
cie ha il suo asse, sterpo o fusticino articolato,
co’ luoghi corrispondenti alle singole articolazioni,
vale a dire co’ ginocchielli ingentiliti od assotti-
gliati alquanto (Isis stirpe articulata, geniculis
attenuatis). (Vedi Solander. Tab. 3. Fig. 1 e segg., e
quindi poi ancora Tab. 9. Fig. 3 e 4).
A differenza dell’ altre Isidi propriamente dette,
che sogliono essere indigene quasi soltanto dei
mari, che stanno da presso all’ Equatore, questa
nostra specie è da’ Naturalisti indicata come tro-
vantesi in poco meno che tutti quanti i mari, men-
tre non solo i dintorni dell’ Islanda, le Coste di
Norvegia, e il nostro Mediterraneo, ne vengono
accennate come località constatate, ma vi si ag-
[Seite 223] giungono ulteriormente l’Oceano Indiano, i mari
dell’ America, ed altre plaghe diverse.
SPECIE 2. Iside Nobile, o il Corallo rosso,
od anche il Corallo propriamente detto (I. No-
bilis di Pallas, e di Blumenbach – Madrepora ru-
bra di Linneo – Gorgonia praetiosa di Solander
– Gorgonia nobilis di Gmelin – Corallium ru-
brum di Lamarck – Korallion già per gli an-
tichi Greci, e quindi poi pe’ Latini: fr. l’Isis
noble – le Corail rouge – le Corail propre-
ment dit: ted. das rothe Corall: ing. the Corall
– red Corall). – Questa specie ha lo sterpo,
o il fusto che vogliasene dire, continuante quasi
equabilmente (Isis stirpe continua, aequali), con
sopravi certe strie, o righe obblique, che direb-
bersi presso che consumate dall’ uso (striis obso-
letis obliquis), e co’ rami vagamente procedenti
(ramis vagis). (Vedi Cavolini. Tab. 2. Fig. 1, 2, 3, 4,
5, e 6.).
Di questo Corallo ve ne sono, trall’ altre diverse
località, stabilite pescagioni regolari in più luoghi,
lungo le Coste del nostro mare Mediterraneo, ed a
Marsiglia poi, com’ eziandio in altri paesi non pochi,
se ne fanno giojelli, ed altre cosuccie, od oggetti
diversi di personale ornamento, che, comunque
apprezzati a bastanza anche fra di noi, trasportati
che siano all’ Indie Orientali, e soprattutto poi alla
China ed al Giappone, vi si smerciano con som-
mo lucro, quasi che si trattasse di gemme, o di
pietre preziose.
GENERE LXXIII. Gorgonia (Gorgonia – in
parte forse Antipathes per Pallas, Richard e La-
mouroux? – produzioni marine denominate già
anticamente, ora Lithophyta – Keratophyta –
Lithoxyla – ora Titanoceratophyta, come chia-
molle Boerhaave – ora Fuci vestiti, come chia-
molle Imperato – ed ora finalmente Corallinae
frutescentes, come vollero chiamarle Boccone, e
Lobel: fr. Gorgone – Antipathe?: ted. Gorgo-
na? – e talora poi Seebinse? – Seestrick?:
ing. Gorgona?). Questo Polipajo, o questo ge-
nere di nidi o covili di Polipi, non confondi-
bili mai co’ Coralli, consta sempre di due sostanze
distinte, vale a dire, internamente d’un asse, o
d’uno sterpo, o fusto quasi legnoso, o come se fos-
se di natura vegetabile, e quindi poi d’una crosta,
o d’una scorza calcarea, analoga alla sostanza
ond’ è composto il Corallo, che ne riveste l’asse
al di fuori (crusta calcarea corallina stirpem ve-
getabilem obducens).
Gli stessi tronchi, fusti o stipiti formanti il così
detto asse in questa maniera di Polipaj, potrebbero
realmente di leggieri scambiarsi, piuttosto che con
altra cosa qualunque, con qualche produzione di
natura vegetabile al tutto, segnatamente ove uno
s’arrestasse a considerarne i tronchi radicati più
grandi e più robusti, se non fosse che questi così
fatti tronchi sono poi sempre esternamente rico-
perti, come s’è detto, tutti quanti d’un indu-
[Seite 225] mento, d’una camiscia, o d’una crosta in certo
modo rammentante la materia onde sono formati
i Coralli. Accadendo alcuna volta d’abbatterci in
qualche esemplare del Ventaglio di mare, o della
Gorgonia flabello, vale a dire, della seconda tra
le specie che ne descriveremo tosto qui sotto,
destituta di questa siffatta sua crosta esteriore, o
dell’ accennatone indumento di natura animale,
allora sì che durerebbesi grandissima fatica nel
persuaderci, così alla sprovveduta, che nulla di
decisamente animale possa aver avuto mano in tale
produzione1.
SPECIE 1. Gorgonia Antipate, e più volgar-
mente poi il Corallo nero (G. Antipathes –
Antipathes, genere per Pallas, Richard e Lamou-
roux, e quindi qui ora per essi, almeno a quanto
pare, Antipathes Boscii?: fr. la Gorgone anti-
pathe – le Corail noir – l’Antipathe de Bosc?:
ted. das schwarze Coral: ing. the black Corall?).
– Questa specie, ramificantesi in una maniera
di pannocchia fioccosa, a filamenti sciolti, discreti
e divergenti, ha quella sua parte, o sostanza più
interna, che ne diremmo volontieri legnosa, striata
per di fuori a righe procedenti flessuosamente
[Seite 226] (Gorgonia paniculato-ramosa, ligno extus flexuose
striato). (Vedi Seba. Thesaur. Tom. III. Tab. 104. Fig. 2,
e Vedi anche Lamouroux. Hist. Polyp. Tab. 14. Fig. 5.).
Ove effettivamente questa specie corrisponda, come
può sembrar benissimo, all’ Antipathes Boscii di La-
mouroux, la sola località, che infino ad ora se ne cono-
sca, sarebbe quella delle Coste della Carolina nell’ Ame-
merica settentrionale, d’onde fu appunto Bosc che, pel
primo, recolla fra noi; questa però dovrebbe aver seto-
lose l’estreme suddivisioni de’ numerosi suoi rami, e l’as-
se o il tronco flessuoso, lo che qui ora non risulta chiaro
a bastanza. – Aggiunta del T.
SPECIE 2. Gorgonia Flabello, e meglio poi
l’Antipate ventaglio, e talora anche, comunque
troppo trivialmente, il Ventaglio di mare (G. Fla-
bellum – Antipathes flabellum di Lamouroux:
fr. la Gorgone éventail – l’Antipathe éventail
– e alcuna volta così semplicemente l’Éventail
– l’Éventail de mer – l’Éventail de Venus:
ted. der Venusfliegenwedel: ing. the Venus’s
fan?). – Questa specie ha il fusto compresso
e ramificantesi, co’ rami che suddividonsi poi via
via in ramicelli copiosissimi, sempre più fini, al-
quanto appianati, distesi a mo’ di un ventaglio,
e collegantisi per mezzo di frequentissime ano-
stomosi gli uni cogli altri, in maniera che viene
a risultarne una rete a maglie disuguali, e non
regolari, ma dense e stipate molto (Gorgonia re-
ticulata, ramis interne compressis); la corteccia,
poi, o l’indumento animale ne riesce di color giallo
[Seite 227] (cortice flavo). (Vedi Ellis. Tab. 26. Fig. K., e Vedi
poi anche quanto ne spone Lamouroux. Hist. Polyp. N. 539.
a pag. 382.).
È dessa indigena soltanto, a quanto finora pare,
dell’ Oceano Indiano.
GENERE LXXIV. Alcionio, e non già Alcione,
onde non chiamare così col nome medesimo un
genere, ed anzi, per taluni, un intero ordine di
Uccelli, ed un genere di Polipi (Alcyonium: fr.
Alcyon – ma meglio poi Alcyone, per la ra-
gione testè qui ora addotta – Liége de mer
– Gelée de mer: ted. Seekork: ing. Alcyon?).
Quest’ altro genere di Polipi, che partecipa, piutto-
sto che d’altro, della natura delle Idre, delle quali
ragioneremo di proposito nel seguente Ordine VI,
e l’ultimo di tutto quanto il Regno animale, suole
aver sempre anch’ esso un asse, un fusto, uno
stipite od uno sterpo radicato, d’una materia
che rammenterebbe, meglio d’ogni altra cosa, la
stoppa o lo sughero, e rivestito poi al di fuori
d’ un intonaco o d’una camiscia a foggia di scorza,
o di una tal quale corteccia (stirps radicata, stu-
posa, tunicato-corticata); l’animale che lo abita
può, come già accennammo, ritenersi analogo alle
Idre (animal Hydra).
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi. Al-
cionio Esosse, o l’Alcionio senz’ ossa, e qua o
là poi volgarmente la Man di mare, la Mano del
Diavolo, la Mano di Giuda, e via discorrendo
[Seite 228] (A. Exos – forse la stessa cosa coll’ Alcyonium
arborcscens di Lamouroux – e già prima Ma-
nus marina – Manus diaboli, ec.: fr. l’Alcyone
sans os – l’Alcyon arborescent? – l’Alcyon lobé
– la Main-de-ladre – la Main-de-diable – la
Main-de-Judas – la Main-de-mer, ec.: ted. die
Diebshand: ing. the Lobe-alcyon? – thief’s
Hand). – Questa specie ha di natura coriacea,
e di colore rosso scarlatto il suo stipite, o lo sterpo,
che n’ è quasi in forma d’albero, ramificantesi nella
sua parte superiore, e sparso o tempestato di pa-
pilluzze stellate (Alcyonium stirpe arborescente co-
riacea coccinea, superne ramosa, papillis stellatis).
(Vedi Gesner, de Aquatib. pag. 619, e pel caso poi che fosse
questa specie identica coll’ Alcyonium arborescens di Lamou-
roux, Vedi eziandio quello ch’ ei ne dice a pag. 335, N. 462,
della precitata sua Hist. Polyp.).
È dessa accennata da Koelreuter come indigena
del Mediterraneo, da Pallas come indigena del-
l’ Oceano Indiano, e da qualche Autore come in-
digena eziandio delle Coste di Norvegia; ma resta
dubbioso se questi intendano tutti quanti di rife-
rirsi sempre alla specie medesima; tanto più che
taluni non contano meno d’ottanta specie d’Al-
cioni infino ad ora conosciute.
GENERE LXXV. Spugna (Spongia – ma poi
Ephydatia, allorchè trattasi di Spugne di fiume,
di lago o d’acqua dolce: fr. Éponge – talora
Ephydatie – e in qualche special caso poi tri-
[Seite 229] vialmente Manchon de Neptune: ted. Saugesch-
wamm: ing. Sponge?). Questa foggia di Polipaj,
stando almeno a ciò che ne suppongono i più,
suol avere uno sterpo, o stipite radicato, ma riesce
poi molle sempre, flessibile, come si suol dire
spugnosa, ed assorbente od inzuppabile di molta
acqua (stirps radicata, flexilis, spongiosa, bi-
bula).
Per confessare la verità, non tacerò che mi
rimane pur sempre nell’ animo un dubbio gran-
dissimo in riguardo alla questione, se appartenga
realmente a buon dritto, o in fatto poi non ap-
partenga in conto alcuno, questo genere delle Spu-
gne al Regno animale, a malgrado che la massi-
ma parte de’ Naturalisti attualmente viventi, e so-
prattutto francesi, sul fondamento di quanto i
meno moderni già ne pensarono, e giuntevi le
scoperte e le osservazioni più recenti in proposito
fattene, non ne pongano in oggi quasi più in con-
trasto la decisa animalità, sebbene confessino di
conoscerne ancora troppo poco, così la vera in-
terna organizzazione, come la Fisiologia.
SPECIE 1. Spugna Officinale, o la Spugna co-
mune (S. Officinalis: fr. l’Éponge vulgaire: ted.
der Badeschwamm: ing. the common Sponge?).
– Questa specie è tutta quanta piena zeppa, ed
internamente compenetrata di fori, pertugi o cu-
nicoli, tra di loro comunicanti, ed è poi informe
affatto, e nella stessa sua difformità, variabilis-
[Seite 230] sima di figura, ma pure inclinante alquanto, in
certo tal qual modo, a dividersi grossolanamente
in rami, e sempre tenace, elastica, e più o meno
morbida al tatto, come se fosse vellutata, o co-
perta di cortissimi peluzzi stipati od addensati
(Spongia foraminulata subramosa difformis tenax
tomentosa). (È dessa troppo universalmente co-
nosciuta, in grazia dell’ uso che se ne fa quasi con-
tinuo da tutti, perchè faccia qui mestieri di ci-
tarne figure in esempio).
È dessa indigena di quasi tutti i mari, ed in parti-
colare poi anche del nostro Mediterraneo e dell’ Arci-
pelago greco. – Troppe sono oggimai le specie di Spugue
marine, che presentemente si conoscono, anche non com-
prendendovi le Spugne d’acqua dolce che, come vedrassi,
debbon formare un genere a parte, mentre i diversi Au-
tori non ne hanno al certo descritto meno di dugent’ ot-
tanta, e queste variano poi a norma delle diverse lo-
calità; nè si può già dire, che perciò siano in questo
numero decisamente racchiuse tutte le specie marine rico-
noscibili, avendo l’esperienza dimostrato che, siccome
abbondan desse di gran lunga più ne’ mari posti fra i Tro-
pici, che non negli altri, così ad ogni navigazione ap-
punto verso quei mari eseguita, i Naturalisti ne vanno
riportando sempre fra di noi specie, che prima non
erano state descritte mai. – Aggiunta del T.
SPECIE 2. Spugna Fluviatile, o la Spugna di
Lago, o in somma la Spugna d’acqua dolce, ma
al presente poi meglio assai Effidazia, essendo
convenuti, non senza ottime ragioni, i moderni Na-
turalisti di instituire, per le quattro sole specie
[Seite 231] di Spugne d’acqua dolce in fino ad ora cono-
sciute, un genere apposito (S. Fluviatilis –
Spongia lacustris di Esper – Cristatella di Cu-
vier e di Lamarck – ma poscia Spongilla per
quest’ ultimo – e finalmente Ephydatia, genere
per Lamouroux, e quindi poi nel caso nostro Ephy-
datia fluviatilis: fr. l’Èponge fluviatile – la Cri-
statelle fluviatile – la Spongille fluviatile – l’E-
phydatie fluviatile: ted. der Flusssaugeschwamm?:
ing. the river’s Sponge? – e Badiäga pe’ Russi).
– Questa specie, al pari delle tre altre d’acqua
dolce, verdiccia e molle quando è fresca, e gri-
gia poi e friabile quando è secca, suol essere in
masse bislunghe ripartentisi in lobi, o veramente
divise come in gomitoli, ed è suscettibile di forme
diverse, rammentanti però sempre in qualche modo
le Spugne di mare; sono desse capaci di diventar
qualche volta di mole molto vistosa, ed allora ra-
mificantisi, cuoprono od investono ora i sassi, ed
ora le radici de’ vegetabili arborei, o simili altri cor-
pi, ne’ quali avvengansi in fondo all’ acque dolci,
per l’ordinario fresche, limpide, pure, e tanto quan-
do entrano in decomposizione, quand’ anche bru-
ciandole, tramandano sempre una puzza quasi in-
sopportabile; in certe epoche dell’ anno poi osser-
vansi sparsivi per entro certi granellini opachi,
del vero uso de’ quali nella naturale economia
nulla si sa per anche di certo e positivo (Spongia
conformis polymorpha, fragilis, granulis repleta).
(Vedi Esper. Tab. 23, e Tab. 23 A.).
È dessa indigena di moltissime località anche
tra di noi, appunto come s’ è detto, nell’ acque
dolci e chiare de’ laghi, de’ fiumi, de’ ruscelli, e
così via discorrendo; anzi quella che rinviensi in
simili circostanze ne’ dintorni di Gottinga, diffonde
sempre intorno di sè un odore suo proprio o spe-
cifico, forte assai e disgustosissimo, e scorgesi poi
bene spesso, tutto che in via meramente acciden-
tale, attraversata da alcuni stipiti, fusticini od
assi, se così vogliasi denominarli, di que’ Polipi
che chiamiamo Polipi dal pennacchio, a quel mo-
do che i Francesi contraddistinguonli col nome di
Polypes à panache, e che i Tedeschi usano qua-
lificarli col nome di Federbuschpolypen. Fin-
ch’ è giovane ancora, se ne giace essa il più delle
volte floscia e distesa pianamente presso alla ri-
pa, su per le dighe, lungo le dune, o simili,
ma invecchiando emette poi rami digitati, o in
forma di dita, che qualche volta dispongonsi per-
fino in modo da rammentar quasi, meglio di qual-
sivoglia altra cosa, i palchi d’un Cervo, d’un
Alce, ec. Avendola rinvenuta io stesso nelle fosse
di questa nostra città (Gottinga), ho avuto spesse
volte l’opportunità di poter praticare, precisamente
sopra questa specie, come ho fatto, ogni maniera
di tentativi, d’esperienze e d’osservazioni, in onta
alle quali m’ è pur forza di confessare con filosofica
ingenuità, che non m’è riuscito di trarne mai tam-
poco un barlume d’indizio, od anche una sola
[Seite 233] nota caratteristica atta a convincermi definitiva-
mente di sua effettiva animalità.
GENERE LXXVI. Flustra, se pure qui ora non
meglio Escara? (Flustra – Eschara? – Escara?:
fr. Flustre – Eschare?: ted. zellichter Polyp?
– Zellenpolyp – Seerinde? – Korallrinde? –
Rindenkoralle?: ing. Flustra? – Eschare?). I Po-
lipi di questo genere hanno il loro Polipajo, o ster-
po, o stipite, che dire si voglia, fissato in terra
con proprie radici, quasi assolutamente petroso e
non flessibile, a cellette tempestate di forellini, e
con certe espansioni compresse o schiacciate, e la-
melliformi, fragili, semplici, ramose, clatrate o
reticolate, e coperte da per tutto anch’ esse di
cellette aventi pareti o divisorj comuni, disposte,
come usano dire i francesi, en quinconce, ed
aventi poi in generale le rispettive loro boccucce,
o gli orifici alquanto ristretti, in confronto dell’ in-
terna loro capacità (stirps radicata foliacea, undi-
que poris cellulosis tecta).
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi; tutto
che, volendolo, si possa addurne parecchie altre,
tanto riferibili al genere Flustra, quant’ anche al
genere Escara, i quali riguardansi presentemente,
non senza solide ragioni, come due generi l’ un
dall’ altro distinti, Flustra Foliacea, o l’Escara
fogliosa (F. Foliacea – Millepora foliacea di
Gmelin – Eschara foliacea di Lamarck: fr. la
Flustre foliacée – l’Escare foliacée?: ted. der
[Seite 234] blätterige Zellenpolyp? – die blattähnliche See-
rinde?: ing. the foliated Flustra? – leafy Escha-
re?). – Questa specie è tutta quanta formata di
laminette sottili, durette o rigide, ma fragili poi,
piegate, ed insieme riunite in tutti i versi, o in
ogni senso (Flustra foliacea ramosa, laciniis cu-
neiformibus rotundatis). (Vedi Ellis, Tab. 29. Fig. A,
quando pure non meglio poi, se però trattasi qui positiva-
mente dell’ Escara foliacea di Lamarck, la Tab. 30 Fig. a,
A, B, C della stessa Corall, dell’ Ellis).
Rinviensi dessa comune a bastanza, frall’ al-
tre località, presso ad alcune Coste della Fran-
cia, ove osservossi che gl’ individui, sempre nel
supposto che intendasi parlare dell’ Eschara folia-
cea di Lamarck, non possono durare in vita se
non istando affondati nel mare almeno per quat-
tro buone braccia dalla superficie, o dal pelo di
acqua. – Dessa viene poi, in confronto coll’ al-
tre specie, tanto d’Escare, quanto di Flustre,
quasi direbbesi, colossale, mentre giugne per fino
alla misura di tre piedi in ogni sua dimensione.
GENERE LXXVII. Tubularia (Tubularia: fr.
Tubulaire: ted. Meerröhre? – Meerfaden? –
Seeköcher? – Kammpolyp?: ing. Tubulary? –
Sea-pipe?). Questa speciale maniera di Polipaj
importa sempre uno stipite, un fusto od uno
sterpo filiforme o lineare, e tubuloso, impiantato
in terra col mezzo di radici. – Nel genere ap-
punto delle Tubularie comprendonsi, trall’ altre
[Seite 235] specie, i Coralli d’acqua dolce, vale a dire i Po-
lipi dal pennacchio (fr. les Polypes à panache:
ted. die Federbuschpolypen), ne’ quali sono da
distinguersi, com’ anco ne’ marini, il guscio o l’in-
volucro che serve di stabile abitazione o di covile
perpetuo agli animaletti, dagli animaletti che vi
dimorano per entro; rimarcabili questi segnata-
mente per quel loro singolare pennacchietto bian-
co, gentile e dilicato, che tengono fuori da quando
a quando, e che ritraggono poi tosto a sè alla
più lieve scossa che risentano, o veramente allor
che muojono. – Questa loro buccia, od involucro
che vogliasi dire, da bel principio non è formato
se non d’una sostanza quasi affatto gelatinosa, ma
coll’ andar del tempo si va facendo sempre più
duro ed addensato, e mostrasi bene spesso sotto
forme esteriori affatto diverse, anche in individui
appartenenti ad una specie medesima. M’ è acca-
duto di scorgere talora alcuni di questi tubetti av-
volgentisi, quasi a modo di piccole budella, tut-
t’ all’ intorno di certe piante acquatiche; altri ne
vidi ergersi, a foggia d’arboscelli coronati de’ loro
rami, a ragguardevoli altezze, frammezzo alle Ef-
fidazie, o a quelle Spugne fluviatili che i Russi,
come dicemmo, contraddistinguono col nome pro-
prio di Badiäga; altri ne vidi ancora rimanersene
distesi gli uni presso agli altri, a migliaja e mi-
gliaja lungo le dune, le dighe, gli argini o si-
mili, ed altri finalmente ne ho veduti insieme
[Seite 236] ammucchiati in indicibil copia a foggia di masse
informi, o di monticelli intieramente costituitine,
e così via via discorrendo.
SPECIE 1. Tubularia Indivisa. (T. Indivisa: fr.
la Tubulaire indivisée: ted. die unzertheilte Me-
erröhre? – der unzertrennte Seeköcher: ing. the
undivided Tubulary?). – Questa specie ha sem-
plici affatto i suoi stipiti tubulosi, ne’ quali altro
non emerge di rimarchevole se non certe giun-
ture contorte, che direbbonsi volontieri ginoc-
chielli (Tubularia culmis simplicissimis, geniculis
contortis). (Vedi Ellis. Tab. 16. Fig. C.).
Dessa rinviensi indigena in parecchj mari, non
esclusone i nostrali.
SPECIE 2. Tubularia Acetabulo (T. Acetabu-
lum – forse la stessa cosa colla Caryophyllia cya-
thus di Solander ed Ellis, Tab. 28. Fig. 7?:
fr. la Tubulaire acétabule? – la Tubulaire go-
belet? – forse la Caryophyllie, gobelet di La-
marck – e volgarmente le Gobelet-de-mer: ted.
der Pfannenpolyp?: ing. the Gobelet-tubulary?).
– Questa specie ha i suoi stipiti o fusticini tubu-
losi e filiformi, terminanti in una maniera di scu-
detto calcareo striato, o rigato a strie che diver-
gono in raggi da un centro comune (Tubularia
culmis filiformibus, pelta terminali striata radiata
calcarea). (Vedi Donati. Tab. 2.).
È dessa indigena di parecchj mari, compresovi
pur anche il Mediterraneo e l’ Adriatico; località
[Seite 237] che le rimarrebbero pur sempre comuni, se per
avventura essa fosse, come già indicammo esser
possibile, una cosa medesima colla Caryophyllia
cyathus di Lamarck, ec.
SPECIE 3. Tubularia Campanulata. (T. Cam-
panulata: fr. la Tubulaire campanulée?: ted.
der glockenförmige Kammpolyp?: ing. the cam-
panulated Tubulary?). – Questa specie porta,
come chi dicesse una cresticina, od una foggia di
pennacchietto fatto a mezza luna; il corpo del-
l’ animaletto ne riesce quasi nascosto per entro ad
una maniera di guajna, o di fodero, le boccucce
o gli orifici del quale sono anellosi (Tubularia
crista lunata, orificiis vaginae annulatis, corpore
intra vaginam abscondito). (Vedi Roesel. Historie der
Polypen. Tab. 73 e 75.).
È dessa indigena anche fra noi in parecchj fiu-
mi, ed in altre acque dolci correnti. – General-
mente non le si contano meno di circa sessanta
fibre, o filamenti, o braccia, com’ altri dicono
più volontieri, nel pennacchietto qui sopra men-
tovatone.
SPECIE 4. Tubularia Sultana (T. Sultana: fr.
la Tubulaire sultane?: ted. der sultane Kammpo-
lyp?: ing. the sultaness Tubulary?). – Questa
specie ci offre, quando i Polipi ne stanno fuori
de’ rispettivi loro forellini, altrettanti pennacchietti,
o piuttosto pennicilli, o pennelletti, fatti sempre
a foggia d’un imbuto, e ciliati presso alla loro
[Seite 238] base, o al luogo di loro inserzione nel loro Polipajo,
o Polipiere, che dire si voglia (Tubularia crista
infundibuliformi, ad basin ciliata). (Vedi ciò che
in riguardo di questa Tubularia è detto in sul finire della
pag. xvi nella Prefazione del Traduttore, Vol. I.° del pre-
sente nostro Manuale).
È questa una maniera di Polipi, come suol
dirsi, dal pennacchio, non meno elegante che di-
licata assai, frequentante le nostre acque dolci,
chiare e correnti, e ch’ ebbi occasione di rinve-
nire spesse fiate io medesimo perfino nel fossato
che circonda questa nostra città (Gottinga). –
Contansi per l’ordinario in ogni singolo pennac-
chietto, o pennelletto imbutiforme di questo Poli-
piere, da circa venti distinti filamenti, o braccia,
ove così meglio torni di volerli chiamare, disposte
regolarissimamente appunto in un bellissimo pen-
nacchietto, o in un fiocchetto, che piglierebbesi
volontieri per un piccolo pennello di setole mol-
lemente divergenti, e aperto sempre all’ insù1.
GENERE LXXVIII. Corallina (Corallina: fr-
Coralline: ted. Koralline?: ing. Coralline?).
Questa foggia di Polipaj consta d’uno sterpo, fu-
sto od asse, di natura petroso-calcarea, impiantato
nella terra col mezzo d’apposita radice, artico-
[Seite 239] lato a frequenti ginocchielli, e filamentoso (stirps
radicata, geniculata, filamentosa, calcarea).
SPECIE 1. Corallina Opunzia, od anche la Co-
rallina di Negroponte, o la Corallina greca
(C. Opuntia: fr. la Coralline opuntie? – la Co-
ralline articulée? – e non mai, come alcuni pure
vorrebbono, la Figue-de-mer, nè la Figue marine,
essendo questi trivialissimi nomi riserbati già per
contraddistinguerne l’Alcyonium ficus, la Pyrula
ficus, oltre ancora a qualche altra produzione ma-
rina: ted. das Korallenmoos: ing. the Opun-
tia-coralline?). – Questa specie è tricotoma, vale
a dire che lo stipite se ne va mano mano rami-
ficando, o suddividendo in rami a tre per tre, ed
ha poi sempre le sue articolazioni, o i suoi gi-
nocchielli alquanto compressi, e quasi in forma
d’arnioncini o di reni. (Vedi Solander. Tab. 20. Fig. b).
Dessa debb’ essere indigena, frall’ altre località,
anche del nostro Mediterraneo e forse più fre-
quente che altrove, nell’ Arcipelago greco, presso
a Negroponte, ec.
SPECIE 2. Corallina Officinale, o la Coral-
lina delle Farmacie (C. Officinalis: fr. la Co-
ralline officinale: ted. das Apotheken-korallen-
moos?: ing. the Apothecary’s Coralline?). –
Questa specie suole il più delle volte offerircisi
quasi sotto le forme d’una frondicina due volte
pinnata, ma combinante pur sempre i caratteri
già accennatine pel genere, ed ha poi le sue ar-
[Seite 240] ticolazioni, le giunture, o come le denominam-
mo, i suoi ginocchielli, poco meno che vorticosi,
o secondo che suol dirsi, quasi incartocciati (Co-
rallina subbipinnata, articulis subturbinatis).
(Vedi Ellis. Tab 24 Fig. b.).
Sotto questo medesimo nome di Corallina officinale
hannosene oggimai nelle Collezioni e ne’ Musei, esem-
plari provegnenti, non solo da tutte quante le Coste della
nostra Europa, ma ben anco da tutte le Coste setten-
trionali dell’ Affrica, da’ dintorni dell’ Isole Canarie, dal
Capo di Buena Speranza, e da’ mari che lambono, tanto
la Nuova Zelanda, quanto l’Isole del Giappone, e per-
fino dal Kamtschatka; ma siamo ben lunge dal tenerci
sicuri che questi esemplari debbano assolutamente rife-
rirsi sempre ad una sola specie; tanto più che non havvi
altra Corallina così suscettibile di vistosissime variazioni,
come lo è appunto l’officinale, per modo da rendere
quasi impossibile il descriverne a dovere le troppe, e
quasi indefinibili differenze, che qua e là se ne incon-
trano. – Mi lusingo che niuno sarà per biasimarmi se
mi faccio ora qui a soggiugnere, come notizia che può
pure riuscire di qualche interesse, alcun che sulla così
detta Corallina di Corsica, in oggi più o meno co-
mune appunto nelle nostre spezierie, e di cui, quale ot-
timo antelmintico, si suole far uso a bastanza frequen-
temente tra di noi. È dessa propriamente una mistura
indeterminata, nella quale Lamouroux era riuscito a ri-
conoscere non meno di cencinquanta differenti sostanze
marine, per più della metà d’Idrofiti, come a dire Fuchi,
Alcionj, Spungoidi, Ulve, Conferve, Floridie, e si-
mili, e pel rimanente poi di Polipieri, o Polipaj diversi,
frammenti di Molluschi e d’Annelidi. Il concetto in cui
è salita, come antelmintica, questa quasi indefinibile
[Seite 241] mistura, sembra che derivar debba soprattutto da quella
Idrofite, alla quale parecchj Autori diedero in addietro
il nome di Fucus helmintochorton (Gigartina hel-
mintochorton di Lamouroux: fr. la Mousse de Corse –
la Mousse de mer: ted. das Corsikanische Moos? –
Helmintochorton?), e che fino dal bel principio del
presente secolo entrò, come tale, in grandissimo credito;
se non che il fatto ha poi dimostrato, non esservene
pure un atomo nella massima parte delle Coralline di
Corsica che spacciansi nelle farmacie, senza che per
questo vengane poi meno la virtù antelmintica, che
quindi è da credersi appartenerle, almeno in comune,
con molte di quell’ altre produzioni marine che rinven-
gonvisi per entro, così della stessa natura vegetabile ch’ è
propria della Gigartina, quanto eziandio di natura ani-
male, come ne sarebbe il caso ne’ Polipaj, ne’ Mollu-
schi, nelle Annelidi, e simili. – Aggiunta del T.
SPECIE 3. Corallina Rosseggiante, o la Co-
rallina rossiccia (C. Rubens – forse la stessa
cosa colla Corallina subulata, o colla Corallina
fastigiata di qualche Elmintologista? – ma forse
piuttosto Sertularia dichotoma di Ellis? – e Lao-
medea dichotoma di Lamouroux: fr. la Coralline
rougêatre – le Fil de mer – la Sertulaire di-
chotome di Ellis: ted. das röthliche Körallenmoos?:
ing. the reddish Coralline?). – Questa specie
filiforme e capillare, ma a filamenti appuntati,
e che piovono curvati mollemente all’ ingiù al me-
desimo livello, riesce dicotoma (Corallina dicho-
toma capillaris fastigiata), ed ha rilevati mani-
[Seite 242] festamente i ginocchielli superiori (articulis supe-
rioribus elevatis). (Vedi Ellis. Tab. 24. Fig. b.).
Ov’ essa fosse per avventura la stessa cosa colla
Corallina lesiniforme (Corallina subulata), la lo-
calità ne sarebbe il mar dell’ Antille.
GENERE LXXIX. Sertularia (Sertularia – Lao-
medea di Lamouroux, in parte: fr. Sertulaire –
Laomèdée: ted. Sertularie – gegliedertes Koral-
lenmoos?: ing. Sertulary?). Quest’ altra foggia di
Polipaj consta anch’ essa, come suol dirsi, d’un
asse, d’uno sterpo o d’un fusto corneo, fabu-
loso, radicato in terra, nudo ed articolato, sparso
per di sopra o tempestato di denticini disposti in
forma di calice (stirps ... denticulis calyciformi-
mibus obsita).
È questo un genere estesissimo, parecchie spe-
cie del quale rinvengonsi bene spesso sulla valva
convessa delle Ostriche comuni. I fusticini ne sono
per l’ordinario finissimi, e durasi fatica nel rile-
varne ad occhio nudo, o senza il soccorso della
lente, tutta la bellezza che in fatto è loro pro-
pria. La propagazione della specie si effettua in
questa maniera di Polipi per mezzo di certe ve-
scichette, che potrebbero raffrontarsi in certo tal
qual modo col fregolo de’ Pesci, ec., o colle o-
vaja d’alcuni altri animali.
SPECIE 1. Sertularia Abietina (S. Abietina:
fr. la Sertulaire du sapin?: ted. die Tannenko-
ralline?: ing. the fir’s Sertulary?). – Questa
[Seite 243] specie ha quasi tra di loro opposti que’ denticini
tubulosi, ond’ è tempestata per di sopra (Sertu-
laria denticulis suboppositis tubulosis), colle ovaja
di forma ovale, e colle sue ramificazioni alter-
namente pianate (ovariis ovalibus, ramis pinnato-
alternis). (Vedi Ellis. Tab. 1. Fig. b).
È dessa indigena anche fra di noi, mentre rin-
viensi non infrequente sul guscio dell’ Ostriche che
mangiansi ne’ nostri porti di mare.
SPECIE 2. Sertularia Falcata, o la Sertula-
ria falciforme (S. Falcata: fr. la Sertulaire fal-
ciforme? – la Sertulaire en forme de faulx?:
ted. die sichelförmige Sertularie?: ing. the sickle-
bearing Sertulary? – sickle-like Coralline?).
– Questa specie ha diretti tutti pel medesimo
verso, imbricati poi, e in certo tal qual modo
tronchi, que’ denticini, ond’ è superficialmente
disseminata; ha le così dette ovaja di forma ovale,
e suddividesi anch’ essa in rami alternamente pin-
nati. (Vedi Ellis. Tab. 7. Fig. a.).
È dessa pure indigena fra noi sull’ Ostriche, e
sovr’ altre produzioni marine.
SPECIE 3. Sertularia Polizonia, o la Sertu-
laria a più zone (S. Polyzonias: fr. la Sertu-
laire zonée? – la Sertulaire à plusieurs ban-
des?: ted. die polyzonias Sertularie? – das
vielgegürtelte Korallenmoos?: ing. the many-zo-
nes-bearing Sertulary?). – Questa specie ha di-
sposti alternamente, e quasi direbbersi dentico-
[Seite 244] lati, que’ denticini, ond’ è per di sopra tempe-
stata; ha le sue ovaja di forma a un dipresso
ovale, e risultanti da parecchie fascie, bende o
zone distinte, e ci presenta uno sterpo o un fu-
sticino ramoso. (Vedi Ellis. Tab. 3. Fig. a.).
Debb’ essere anch’ essa indigena fra noi, nel
modo stesso delle due specie precedenti. – Trem-
bley ebbe a riconoscere una grande analogia fra
i Polipi che popolano questa Sertularia, e i di lui
Polipi a braccia dell’ acque dolci, ch’ è quanto
dire le Idre per noi (Hydra: fr. Hydre – Po-
lype à bras: ted. Armpolype – Vielarm), fatta
astrazione dalla statura, in confronto piccolissima,
che è propria de’ primi.
GENERE LXXX. Cellularia (Cellularia – Cel-
laria di Lamarck: fr. Cellulaire – Cellaire:
ted. Zellenmoos? – Zellengewürm? – Zellen-
polype?: ing. Cellary? – Cellulary?). I Po-
lipi, che comprendonsi in questo genere, hanno
uno sterpo o fusticino crostaceo, quasi petroso,
risultante da cellette disposte per serie poco meno
che ordinate o regolari, il più delle volte ramoso
o distribuentesi in rami, ed articolato, o su cui
scorgonsi ginocchielli qua e là, ed in fine aderente
per mezzo de’ suoi tubetti. (stirps crustacea lapi-
descens ... articulata, tubulis adhaerens).
SPECIE 1. Cellularia Fastigiata, od anche
la Cellaria ramosa e livellata ? (C. Fastigiata –
Sertularia fastigiata di Linneo – Cellaria fa-
[Seite 245] stigiata di Lamarck – Fastigiaria forse per al-
tri?: fr. la Cellulaire fastigiée – la Cellaire fa-
stigiée: ted. die gleichhochaestige Zellenmoos?:
ing. the fastigiated Cellary?). – Questa specie
ha acuminati, e fra di loro alternanti, que’ denti-
cini, ond’ è, al pari de’ Polipi appartenenti al ge-
nere delle Sertularie, superficialmente cospersa,
e si divide poi anche in rami dritti, dicotomi,
e pervegnenti tutti quanti al medesimo livello, in
riguardo all’ altezza. (Vedi Ellis. Tab. 18. Fig. a.).
È dessa indigena anche del nostro Mediterra-
neo, ove rinviensi sopra diverse produzioni marine.
SPECIE 2. Cellularia Cirrata, od anche la
Cellaria cirrata (C. Cirrata – Cellaria cirrata?
– forse Cabellaria hirsuta ora per Lamouroux?:
fr. la Cellulaire cirrheuse – la Cellaire fran-
gée? – e forse meglio ora la Cellaire velue?:
ted. das rankige Zellenmoos?: ing. the hairy Cel-
lary?). – Questa specie riesce di natura quasi
decisamente petrosa, ed è poi articolata, ramosa e
dicotoma, co’ ginocchielli che quasi direbbonsene
guerniti di ciglia, e di forma ovale bensì, ma
però troncati, e dall’ uno de’ loro lati, piani od
appianati, ed ivi appunto pieni poi di cellette
(articulis subciliatis, ovato-truncatis, uno latere
planis celliferis). (Vedi Solander. Tab. 4. Fig. d.).
Debbe questa essere propriamente indigena del-
l’ Oceano, ma sembra che rinvengasi eziandio
nel nostro Mediterraneo.
Zoofiti (Zoophyta: fr. les Zoophytes: ted. die
Pflanzenthiere – Thierpflanzen: ing. the Zoo-
phyts).
Diessi in comune il nome di Zoofiti, come
pur quello di Piant-animali che ne è la
traduzione letterale, tanto agli animaletti,
od a’ viventi, che racchiudonsi nel pre-
sente Ordine VI, quant’ eziandio a quelli
ch’ entrano a far parte de’ Coralli, compresi
nell’ Ordine immediatamente precedente;
ed in fatto sussiste, come già da prima
accennammo, una analogia grandissima tra
i Polipi d’amendue questi Ordini mede-
simi, mentre la massima differenza ne
consiste in ciò, che quelli dell’ Ordine pre-
sente hanno sempre il corpo nudo affatto
o senza guscio, nè hanno mai nulla che
possa raffrontarsi a que’ così detti Coralli,
ne’ quali i Polipi spettanti al genere pre-
cedente sogliono rimaner sempre stabil-
mente innicchiati. Oltre a ciò, possono
dessi, almeno per la massima loro parte,
se pure non tutti quanti, cangiar di luogo
[Seite 247] a loro beneplacito; la qual cosa accennasi
ordinariamente colla frase: hanno libero
lo sterpo o il loro fusticino (habent
stirpem liberam). Alcuni di essi però stan-
nosene riuniti od associati, come chi di-
cesse per famiglie, ad uno stipite o ad un
tronco che riesce comune a tutta intera
una di queste parziali associazioni; men-
tre alcuni altri ve n’ ha per lo contrario,
che se ne vivono assolutamente soli ed
isolati ad individuo per individuo. – Sarà
bene alla perfine l’andare avvertiti che mi
è paruto, ond’ economizzare un numero
maggiore di Ordini, di comprendere qui
ora in questo VI, ed ultimo di tutti gli ani-
mali, anche i così detti Animaletti infu-
sorj, insieme con qualche altro vivente, da
quelli non gran fatto dissimile, e non ac-
conciamente collocabile poi in alcuno de-
gli Ordini precedenti.
GENERE LXXXI. Pennatula (Pennatula: fr.
Pennatule – Penne marine?: ted. Seefeder:
ing. Sea-pen? – Sea-feather? – Pennatule?).
I Zoofiti di questo genere hanno sempre confor-
mato a foggia d’una penna il loro asse, sterpo
o fusticino (stirps libera, penniformis).
Nelle due prime specie di Pennatule, che ci
faremo a descrivere tosto qui sotto, distinguonsi
bene a bastanza, appunto come nelle penne de-
gli Uccelli, due parti o sostanze principalmente,
l’una delle quali può considerarsene come il fu-
sto od il tubo, mentre l’altra, che ne rappre-
senta le così dette barbe, consta di quaranta,
sessanta, od anche più, braccia curvate a foggia
d’archi, che adornano lateralmente a dritta ed
a sinistra la metà superiore del tubo summento-
vatone; con questo di più poi che cadauna di
tali braccia porta ulteriormente o sostiene da die-
ci, dodici, od anche di più, piccole buccie, gu-
scj o coccole dilicatissime, merlate o denticolate
lungo i loro lembi marginali, in ognuna delle quali
stassene un Polipo tenero e molle, quasi chi di-
cesse gelatinoso, armato di otto vere braccia da
presa; e ciò per modo che in una Pennatula,
lunga a un di presso quanto possa esserlo una
spanna, vengono ad essere domiciliati per lo meno
cinquecento di questi così fatti Polipi a braccia
(fr. Polypes à bras: ted. Armpolypen).
SPECIE 1. Pennatula Grigia (P. Grisea: fr. la
Pennatule grise: ted. die graue Seefeder?: ing.
the grey Sea-feather?). – Questa specie ha car-
noso il suo sterpo o fusticino (stirpe carnosa),
con una foggia di spina dorsale liscia affatto ed
equabile (rachi laevi), e colle così dette sue barbe,
ad un tempo imbricate, pieguzzate e spinose (pin-
[Seite 249] nis imbricatis plicatis spinosis). (Vedi B.S. Albini,
Annot. acad. Lib. I. Tab. 4. Fig. 1 e 2.).
Rinviensi dessa indigena anche nel nostro Me-
diterraneo.
SPECIE 2. Pennatula Fosforescente (P. Pho-
sphorea: fr. la Pennatule phosphoréscente: ted. die
leuchtende Seefeder?: ing. the phosphorical Sea-
feather?). – Anche questa ha di sostanza ana-
loga, più che ad altro, alla carne il suo fusti-
cino, ma ha poi scabra la così dettane spina dor-
sale (rachi scabra), colle barbe semplicemente
imbricate (pinnis imbricatis). (Vedi le mie Abbildun-
gen natur historisch. Gegenstände. Tab. 90.).
È dessa pure indigena del Mediterraneo, seb-
bene rinvengasi anche in altri mari. – All’ oscu-
ro, finch’ è viva, suol essa tramandare una assai
ben forte luce fosforica.
SPECIE 3. Pennatula Cinomorio (P. Cyno-
monium – Pennatula cynomorion per altri –
Alcyonium epipetrum di Gmelin – Veretillum,
genere per Cuvier: fr. la Pennatule cynomorion,
ma meglio poi ora la Vérétille: ted. die Cyno-
morion Seefeder? – der cyromorion Strahlen-
polype?: ing. the Cynomorion-sea-pen?). –
Questa specie ha il suo fusticino cilindrico, quasi
in forma di clava, seminudo, e mostrante per
di sopra i suoi piccoli Polipi (stirpe cylindrica,
subclavata, seminuda, superne polypos minutos
exerens). (Vedi Pallas., Miscellan. Zoologic. Tab. 13.
Fig. 1 e 4.).
Rinviensi anch’ essa, così nel nostro Mediterra-
neo, com’ eziandio in altri mari, e fosforeggia
vivacemente allo scuro, quasi al pari della specie
precedente; ma riesce ben diversa dall’ altre due
Pennatule qui sopra descritte, sia in riguardo
della forma, che ne è molto più cilindrica, e sia
ancora in riguardo alla maggiore mollezza del tes-
suto, ch’ è propria di questa Pennatula cinomorio.
GENERE LXXXII. Idra, o Polipo munito di brac-
cia (Hydra: fr. Hydre – Polype à bras: ted.
Armpolype – Vielarm: ing. Hydra – Arm-
polype?). I Zoofiti di questo genere hanno tutti
quanti il corpo loro gelatinoso, di forma conica,
colla bocca postane all’ estremità, e cintane di
cirri filiformi.
Questi decantatissimi animali1 sono generalmente
gelatinosi affatto, semitrasparenti, e come si suol
dire translucidi, e quindi non sempre con faci-
lità discernibili ad occhio nudo, da chi non sia in
[Seite 251] tali osservazioni bene esercitato. Allorchè sono in
istato di riposo, hanno dessi il corpo loro, del
pari che le così dettene braccia, disteso, ma al
primo toccarli con qualche sgarbo, od anche al
primo loro trovarsi fuor d’acqua, tosto contrag-
gono queste loro parti, aggomitolandosi o ran-
nicchiandosi in modo da non offrir più altro che
una massicina informe, o come direbbesi un pie-
colo grumo. Rinvengonsi non infrequenti, stabil-
mente attaccati per mezzo della loro estremità po-
steriore, alle Idrofiti o alle piante acquatiche, a
qualche nicchio o conchiglia, o ad altri così fatti
corpi, nell’ acque dolci correnti, ed anche ne’ la-
ghi, negli stagni e simili, a datar dalle prime
giornate calde di primavera, fino all’ autunno al-
quanto avanzato. Si può dire, non senza buon
fondamento, che il corpo loro in complesso altro
non sia, se non un ventricolo, o uno stomaco, mu-
nito di braccia da presa, o d’organi corrispon-
denti alle così dette estremità degli altri animali,
co’ quali essi possono afferrar alcun che, od appi-
gliarsi alle cose esterne che stanno loro d’intorno.
Attendon essi durante la state all’ opera di loro
riproduzione, o alla loro moltiplicazione, o alla
propagazione delle proprie loro specie rispettive,
emettendo a foggia di germogli, e di propaggini
o di rampolli, da più parti dal corpo loro, un nu-
mero or maggiore or minore di Polipini vivi, belli
e formati, i quali bene spesso non istaccansi al
[Seite 252] tutto dall’ individuo che servì loro come di ma-
dre, se non dopo d’aver già a quel modo me-
desimo figliato anch’ essi per conto loro proprio.
Succede però talora nell’ avvicinarsi della stagion
fredda, che questa foggia di Polipi emetta ova1,
dalle quali poi veggonsi nella primavera succes-
siva sbucciare altrettante Idricine. Tagliando in
sei pezzi, ed anche in più, alcuni di questi Po-
lipi, ogni singolo pezzo scorgerassene, entro non
molti giorni, essere divenuto di per sè un Polipo
intiero, o un’ Idra perfetta, quanto esserlo potesse
mai l’individuo, di cui da prima formava desso
parte integrale. Si può del pari spaccare in più
sensi la testa ad alcune di queste nostre Idre,
o fender loro e rifendere per lo lungo la parte po-
steriore estrema del corpo, e per tal modo riusci-
re, da che desse la durano in vita ciò non ostante,
a formarne effettivamente Idre a più teste ed a
più code. Così pure si può, volendo, infilzarne
parecchj individui gli uni negli altri, e così, o
veramente procedendovi a piacere in qualche al-
tra maniera, di molti comporre un tutto vivente,
che presenti un gruppo o una massa più o meno
mostruosa ed atta a destar maraviglia. Coll’ eser-
cizio acquistatone, e adoperandovi la pazienza che
rendesi necessaria, si può eziandio riuscire a ro-
vesciarne qualche individuo, facendone, come ac-
[Seite 253] cade talora di far d’un guanto, rimanere al di
fuori la parte, che da prima ne stava di dentro.
Si può pure spaccarne alcuni per tutta la loro
lunghezza, distendendoli poscia, come se fossero
altrettanti pezzetti di un nastro o d’ una fettuc-
cia, ed ebbe ad osservar Roesel pel primo che,
comunque in tale stato ridottone diversi, sono
dessi ciò non pertanto ancora al caso di divorarsi
a vicenda, o piuttosto di rifondersi, per così dire,
gli uni negli altri, in un modo che per verità rie-
sce assai difficile d’intendere. Finalmente, trasan-
dando per ora molte altre particolarità in questa
maniera d’animali osservatesi, si può, giusta le
belle indagini praticatene dal fu Consigliere Au-
lico Lichtenberg1, cingendone strettamente qual-
che individuo in traverso con un calappio, o cap-
pio corsojo fatto di capelli, osservare come, a
misura che questo così fatto nodo stringente an-
derà tagliandolo sempre più profondamente, i due
lembi o margini del taglio, che rimangono l’uno
al di sopra, e l’altro al di sotto del cappio, co-
mincieranno, quasi ad occhio veggente, anche du-
rante l’operazione, a riunirsi, a saldarsi ed a ci-
catrizzarsi insieme al di fuori.
SPECIE 1. Idra Verde, od anche il Polipo a
braccia, di color verde (H. Viridis: fr. la Hy-
[Seite 254] dre verte – le Polype à bras, de couleur ver-
te?: ted. der grüne Armpolype: ing. the green
Arm-polyp? – green Hydra?). – Questa spe-
cie è tutta quanta di color verde, ed ha cortis-
simi que’ suoi tentacoli, o palpi filiformi, che so-
glionsene dire le braccia, disposte sempre a fog-
gia di raggi, come a dire, d’una stella, che di-
vergono da un centro comune.
L’abbiamo indigena e non infrequente anche
fra di noi, nelle acque dolci e correnti, ma non
precipitose.
Dessa sembra andar soggetta, in riguardo alla
massa o al volume, alla lunghezza e alla forza,
così del corpo, come delle braccia, a variazioni
molto più ragguardevoli, di quello che non suc-
ceda poi mai alle rimanenti due specie che se-
guono. – Avendola rinvenuta qui ne’ dintorni di
Gottinga, potei osservarne con comodo i feno-
meni, in vero sorprendenti a bastanza, che ne
concernono la forza di riproduzione, e queste mie
osservazioni furono appunto quelle, che diedero la
prima spinta alle mie ricerche sulla tendenza for-
mativa (nisus formativus: ted. Bildungstrieb).
SPECIE 2. Idra Fosca, od anche il Polipo a
braccia, di color bruno (H. Fusca: fr. la Hydre
brune – le Polype aux bras très-longs?: ted.
der braune Armpolype: ing. the brown Arm-
polyp? – brown Hydra?). – Questa specie è
tutta quanta di color bruno scuro; ha il corpo
[Seite 255] più lungo di quello che non soglia averlo mai la
specie precedente, ed ha poi sempre lunghissime
le sue braccia in forma di cirri. (Vedi Roesel.
Tab. 84, e segg.).
Abbiamo indigena anche questa nelle nostre
(Gottinga) acque dolci correnti.
SPECIE 3. Idra Grigia, od anche il Polipo a
braccia, di color giallo rancio (H. Grisea: fr. la
Hydre grise – le Polype à bras, de couleur
orange?: ted. der orangegelbe Armpolype: ing.
the orange’s-yellow Arm-polype? – grey Hy-
dra?). – Questa terza specie riesce tutta quanta
di color rancio, ed ha, così il corpo, come le brac-
cia, o i cirri, più lunghi della verde, ma un
po’ meno lunghi della fosca. (Vedi Roesel. Tab. 78.
e segg.).
È dessa pure indigena anche fra noi nell’ ac-
que dolci correnti.
GENERE LXXXIII. Brachione, od anche Polipo
dal mazzetto (Brachionus: fr. Brachion – Po-
lype à bouquets: ted. Blumenpolype: ing. Bra-
chion? – nosegay’s Polype?). Questa maniera
di Polipaj ha sempre il suo sterpo, asse o fusti-
cino ramificantesi, co’ Polipi che, coperti d’un
involucro membranoso, ne rimangono situati in ci-
ma, contrattili, aventi contrattile, e il più delle
volte ciliata anche la loro boccuccia (stirps ra-
mosa, polypis terminalibus ore contractili, ple-
risque ciliato); sebbene queste così fatte ciglia
[Seite 256] sogliano terminarne anteriormente l’involucro, e
formarvi quasi un organo rotatorio. Tali animaletti
microscopici vivono, in associazioni più o meno nu-
merose, sopra di un fusto comune a tutta la fami-
glia, come se ne fossero minuti e stipatissimi rami;
le intiere loro colonie di tal fatta, guardate ad
occhio nudo, rammenterebbono, più che altro, una
pallottola, o un grumo di muffa; ma alla più
lieve e momentanea scossa che risentano, tosto
si contraggono e spariscono affatto.
SPECIE 1. Brachione Anastatico, o il Polipo
dal mazzetto, risorgente (B. Anastatica: fr. le
Brachion anastatique? – le Polype à bouquet,
anastatique?: ted. der auferstehende Blumen-
polype?: ing. the anastatical Brachion?). –
Questa specie ha il fusticino diviso in molte di-
ramazioni, con sopravi i polipi disposti a foggia
di fiorellini campanulati (stirpe multifida, floribus
campanulatis). – (Nel testo tedesco originale n’è
riportata una figura ingrandita molto col micro-
scopio, e consistente in un tronco filiforme, da
principio spirale, e che poscia dividesi in sedici
ramicini flessuosi, cadauno de’ quali porta alla
estremità una di queste così fatte campanelle).
È dessa indigena anche fra di noi, nell’ acque
dolci correnti, in sulle piante acquatiche, o sulle
conchiglie ne’ laghi, negli stagni, ne’ fossi, in
qualche fontana, e simili. – Tali Polipi, che
sono sempre animaletti piccolissimi ed estrema-
[Seite 257] mente diliticati, propagano la loro specie nel modo
il più semplice che si conosca, vale a dire per
mezzo della divisione del proprio loro individuo
in più parti, come abbiamo di già accennato a
pag. 54 del I. Volume di questa nostra edizione
italiana, nell’ articolo 1.° del § 20.
SPECIE 2. Brachione Umbellario, o il Polipo
dal mazzetto, ombrelliere (B. Umbellarius – e
già prima Vorticella umbellaria per Linneo: fr.
le Brachion porte-parasol? – le Polype à bouquet
porte-écran? – la Vorticelle parasol?: ted. der
schirms Blumenpolype? – Doldenblumenpoly-
pe?: ing. the umbellary Brachion? – umbrella’s
Brachion?). – Questa specie ha l’asse, sterpo
o fusticino conformato a foggia d’un ombrello
(stirpe umbellata), co’ polipi rammentanti fiorel-
lini globosi, ciliati e mutici. (Vedi Roesel. Tab. 100.).
È indigena anch’ essa fra noi nell’ acque cor-
renti, o negli stagni, come la specie precedente.
GENERE LXXXIV. Vorticella (Vorticella: fr.
Vorticelle: ted. Afterpolype – Mirbelwurm?:
ing. Vorticelle?). – Questi Polipi, o per dir me-
glio, Animaletti infusorj, hanno il corpo nudo,
semplice ed errante (corpus nudum, simplex,
vagum).
Per la massima loro parte le Vorticelle sogliono
viversene in associazioni talmente numerose, che
bene spesso se ne incontrano riunite le migliaja a
un tratto, ed in quel caso, guardandone gl’in-
[Seite 258] tieri consorzii, ci desterebbon essi, meglio d’o-
gni altra cosa, l’idea d’un ammasso di muffa.
M’è talora accaduto d’abbattermi in alcune Sala-
mandre acquatiche viventi, la schiena delle quali
era, quanto è lunga, tutta quanta coperta d’in-
numerevoli Vorticelle vive anch’ esse.
SPECIE 1. Vorticella Stentorea (V. Stento-
rea – forse la stessa cosa colla Furcularia sten-
torea di Bory de Saint-Vincent? – o colla Tri-
chocerca longicauda di Lamarck? – Trichode per
Müller? – e già prima Hydra stentorea per Lin-
neo: fr. la Vorticelle stentorée – la Vorticelle
de stentor: ted. der stentors Afterpolype?: ing.
the stentor’s Vorticelle?). – Questa specie con-
traddistinguesi pel suo corpo conformato a foggia
d’un imbuto, e pe’ tentacoli, o palpi ciliari, ou-
d’ è fornita (corpore infundibuliformi, tentaculis
ciliaribus). (Vedi Roesel. Tab. 94. Fig. 7 ed 8.).
Rinviensi indigena essa pure fra noi nell’ acque
dolci correnti.
SPECIE 2. Vorticella Sociale (V. Socialis –
e già prima Hydra socialis per Linneo: fr. la
Vorticelle sociale: ted. der gesellige Afterpolype?:
ing. the social Vorticelle?). – Questa specie è
mutica, ch’ è quanto dire avente troncati i ten-
tacoli, e riesce poi rugosa ad un tempo, e molto
carnosa o torosa (Vorticella mutica torosa ru-
gosa). (Vedi Roesel. Tab. 95.).
È anch’ essa indigena fra noi nell’ acque dolci,
segnatamente correnti.
GENERE LXXXV. Forcolaria (Furcularia: fr.
Furculaire: ted. Furcularie?: ing. Furcularie?).
I Polipi, o piuttosto gli Animaletti infusorj di que-
sto genere, de’ quali uno solo citasi ora qui, che
per avventura non dovrebbe appartenervi, sono
considerati come aventi costantemente un corpo li-
bero, nudo e bislunghetto, e sono poi forniti di ten-
tacoli ciliati, ed alti a ciò che l’individuo possa,
mercè del loro soccorso, procedere con un certo
tal qual moto di rotazione, ed in fine aventi sem-
pre una coda che termina con due punte (tentacu-
lis rotatoriis ciliatis, cauda bicuspidata).
SPECIE 1 ed anzi UNICA qui ora per noi. For-
colaria Rotatoria, od anche semplicemente il Ro-
tifero, o il Rotifero di Spallanzani (F. Ro-
tatoria: fr. la Furculaire rotatoire – le Rotateur
– le Rotifére: ted. das Räderthier – der Räder-
thier?: ing. the Wheel-animal). – Di questa
specie non è data nel Testo originale tedesco al-
cuna descrizione, e solo n’ è riportata una figura,
ch’ è la 12.ma della Tav. I, ma che rendesi poco
meno che inutile, atteso il quasi continuo cangiar
d’aspetto o di forma, che fa ad ogni momento nel-
l’ acque morte o stagnanti, nelle quali questo pic-
colo, ma singolarissimo animaletto microscopico
dimora, guizzandovi per entro con indicibile vi-
vacità e sveltezza. Vuolsi che accada d’incontrarne
talora qualche individuo anche in certe infusioni.
Si pretende eziandio che il Rotifero possa ri-
[Seite 260] manersi in secco per anni ed anni intieri, come se
fosse morto, ma che riviva poi tosto che gli si so-
pravversi una semplice goccia d’acqua, e con que-
sto anzi di più, che si possa, sempre sull’individuo
medesimo, ripetere un tale sperimento per dieci
e fino per dodici volte consecutive, col mede-
simo successo. – Quanto a quel corpo scuro, che
tanti Naturalisti hanno rimarcato nella parte an-
teriore, diremo così, del ventre di questo così
fatto Polipo, e che, a malgrado del movimento
volontario che vi si scorge manifesto, hanno dessi
voluto considerarne come il cuore, io mi ritengo
convinto, in forza delle attente investigazioni in-
stituitene, non essere già esso un cuore, ma ben
piuttosto un organo particolare attinente al ca-
nale alimentare1.
GENERE LXXXVI. Vibrione (Vibrio: fr. Vi-
brion: ted. Zitterwurm?: ing. Vibrio?). Gli Ani-
maletti infusorj di questo genere, d’una sola spe-
cie de’ quali terremo ora qui conto, hanno il loro
corpo libero, terete e piuttosto lungo, in con-
fronto colla grossezza che suol esserne propria
(corpus liberum teres elongatum).
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi. Vi-
brione dell’ Aceto, od anche più volgarmente
l’ Anguilletta dell’ aceto, e in massa poi le
[Seite 261] Anguillette dell’ aceto (V. Aceti: fr. le Vi-
brion du vinaigre: ted. der Essigaal: ing. the
vinegar’s Vibrio?). – Questa specie ostenta nel
corpo una tal quale rigidezza o solidità (Vibrio
subrigidus); la coda poi ne riesce più lunga, che
non sialo il rimanente del corpo, e ad un tempo
più sottile di quello, e procedente in modo da
terminare appuntata (cauda longiore tenuiore
acuminata), con inoltre prominente alla sua base
un’ altra punta uncinata e retrattile (mucrone re-
tractili ad basin prominente). (Vedi Goeze, nell’ Opera
intitolata Naturforscher, ec., Fascic. XVIII. Tab. 3. Fig. 12,
e segg.).
Dessa osservasi frequentissima anche fra di noi
nell’ Aceto di perfetta qualità, ch’ è quanto dire
nell’ Aceto fatto col vino. – Una specie a questa
molto affine, se pure non affatto identica, si è
quell’ altra maniera d’Anguillette vispe e vivacis-
sime, che scorgesi bene spesso nella così detta
Colla da legatori di libri, segnatamente quand’ è
alquanto invecchiata1.
GENERE LXXXVII. Volvoce (Volvox: fr. Vol-
voce?: ted. Kügelthierchen? – Drehwurm?:
[Seite 262] ing. Volvox?). Gli Animaletti infusorj di questo
genere, tra’ quali noi non citeremo qui ora che
una specie sola, hanno sempre libero e girevole
il corpo loro gelatinoso, e come arrotondato (cor-
pus liberum, rotundatum, gelatinosum, gyratile),
e quasi si potrebbe dire che non abbiano alcun ca-
nale alimentare (tubus alimentarius vix ullus).
SPECIE 1. ed anzi UNICA qui ora per noi. Vol-
voce Globatore (V. Globator: fr. le Volvoce
globule?: ted. das Drehkügelchen? – Kugel-
thier: ing. the Globe-volvox?). – Questa spe-
cie è di forma globosa in complesso, ma la su-
perficie n’è come granellosa (Volvox globosus,
superficie granulata). (Vedi Roesel. Tab. 101. Fig. 1,
2 e 3.).
Indigena, ed a bastanza comune anche tra noi,
presentaci dessa come un globetto microscopico,
or giallo, or verde, ed ora di qualche altro co-
lore, che, comunque non iscorgavisi manifesto
alcun organo del moto, pure gira rotolandosi con-
tinuamente per l’acqua, ed ha poi questo di par-
ticolarissimo, che nel corpo d’un individuo cre-
sciutone compiutamente si può riconoscere pre-
sente, e in qualche modo sviluppatane, la prole
fino alla quarta generazione.
GENERE LXXXVIII ed ULTIMO de’ Vermi, e
quindi qui per noi, di tutto quanto il Regno ani-
male, Caos (Chaos: fr. Chaos – Cahos: ted.
Chaos?: ing. Chaos?). I corpicciuoli microsco-
[Seite 263] pici, che comprendiamo qui ora riuniti nel ge-
nere Caos, sebbene non siano da ravvisarsi poi
tutti quanti come Animaletti infusorj o microsco-
pici, decisamente spettanti al Regno animale, so-
gliono aver sempre il corpo libero .... di forma
variabile assai quanto a’ caratteri generici, ma poi
sempre della forma medesima negli individui che
appartengono ad una qualunque delle specie, nelle
quali il considereremo diviso (corpus liberum ...
generi polymorphon, speciebus uniforme).
Noi intendiamo di racchiudere qui ora, sempli-
cemente per maggiore brevità, sotto il generico
proposto nome di Caos, come fece già Linneo,
onde compiere a un tratto l’intiera Storia natu-
rale del Regno animale, o la nostra Zoologia,
tutte quante quelle, poco meno che innumerevoli1,
creature microscopiche, o sempre indiscernibili ad
occhio nudo, delle quali parecchie specie vivono
nell’ acque del mare, mentre altre non ne vivono
se non nell’ acque dolci, e mentre altre ancora
non ne vivono che ciascuna distintamente in una
qualche speciale infusione o decozione di ogni ma-
niera di sostanze, così animali, come vegetabili,
che appunto per ciò stesso ottennero l’apposita de-
nominazione d’Animaletti infusorj, e mentre al-
tre finalmente rinvengonsi soltanto nello sperma
[Seite 264] recente d’alcuni altri animali di sesso maschile,
giunti che siano dessi a maturità.1
In conseguenza delle diverse sostanze, nelle quali
sogliono condurre la vita loro queste creaturine,
siano poi desse pertinenti al Regno animale, o al
Regno vegetabile, come d’alcune sembra oggimai
deciso, prestansi esse a bastanza comodamente a
lasciarsi ripartire nelle seguenti tre distinte fami-
glie, nella composizione di cadauna delle quali
concorrono poi specie in numero più o meno
grande.
A. Famiglia di specie formanti il Caos d’acqua,
o il Caos acquajuolo (C. Aquatile: fr. Chaos
d’eau: ted. Wasserchaos?: ing. Water-chaos?).
Qui vengono da connumerarsi tutte quelle crea-
turine microscopiche, non collocabili in alcuno
de’ generi precedenti, e che vivonsene, sia nel-
l’ acque salse, o sia nell’ acque dolci stagnanti,
e segnatamente poi in quelle, nelle quali ve-
geta la così detta Materia verde di Priestley2.
Sono appunto i corpicciuoli organizzati, qui ora per sem-
plice incidenza racchiusi in questa prima Famiglia
del grandissimo genere Caos, quelle creaturine, delle
quali, come vegetabili, ben piuttosto che in qualità
d’animaletti microscopici, Bory de Saint-Vincent, for-
mò il novello suo genere Caos (in francese Chaos),
o per dir meglio, la novella sua Famiglia naturale bo-
tanica criptogama de’ vegetabili Caodinati (in fran-
cese les Cahodinées), descrivendole quasi come spal-
mature d’albumina, compenetrate della preaccennata
Materia verde globulare, che ora le rende verdi, o
compenetrate dalle Navicule, che rendoule color di
ruggine, quali sono quelle che rinvengonsi, tanto nel
mare, come nell’ acque dolci, segnatamente stagnan-
ti, nelle fontane o simili, sul legname, od anche
sulle pietre che stanno sott’ acqua, o sopra i pavimenti
umidi; cose tutte che ne risultano assai sdrucciole-
voli. Ora di queste sostanze, che hanno a mala pe-
na un cotal che d’atto a farle supporre comincianti
ad organizzarsi, e che sembrano costituire, nella ca-
tena degli Esseri, il vero principio d’ogni maniera
d’organizzazione, il prelodato Naturalista stabilisce
per tipo il sovra citato suo novello genere Caos, nel
quale sembrano doversi rifondere il Byssus botryoi-
des, e la Lepra botryoides d’alcuni Botanici, e la
Palmella adnata, com’ anco la Palmella alpicola,
e la Palmella hyalina di Lyngbye, oltre a qualche
altra analoga criptogama.
B. Famiglia degli Animaletti infusorj propriamente
detti, costituenti il Caos infusorio (C. Infu-
sorium: fr. Chaos des infusoires: ted. Infu-
[Seite 266] sionschaos?: ing. infusion’s Chaos), ove sono
da comprendersi appunto tutti quanti gli ani-
maletti delle infusioni.
C. Famiglia degli Animaletti spermatici, costituenti
il Caos spermatico (C. Spermaticum – Cercaria
spermatica per taluno, sebbene a quel che ne pa-
re, non troppo appropriatamente – e quindi ora
forse assai meglio Zoospermata: fr. Chaos sper-
matique – Zoospermes?: ted. Samenthierchen-
Chaos?: ing. spermatical Chaos?), ove ver-
ranno propriamente a racchiudersi tutti quanti
gli animaletti, che scorgonsi nello sperma di
ogni maniera d’animali di sesso maschile; al
quale riguardo, nel Testo originale tedesco è
data anche la figura d’uno degli animaletti dello
sperma umano, che ha la forma d’un ovicino
fornito di coda, translucido, e piccolo assai, seb-
bene sia stato disegnato col soccorso della lente1.
contenente ciò che non s’ è detto ancora in ri-
guardo alla recentissima Distribuzione Latreillana
de’ Generi animali in
Colla presente Nota suppletoria alla parte di questa no-
stra versione del Manuale Blumenbachiano della Storia
Naturale, che ne risguarda gli animali tutti quanti, in-
tendendo io di adoperarmi nel recare a notizia de’ Leg-
gitori studiosi le sistematiche innovazioni propostene ulti-
mamente dal bravo Latreille nell’ aureo, già più volte citato,
suo libro intitolato – Familles naturelles du Régne ani-
mal, stampato a Parigi nell’ anno 1825, a norma del-
l’ espresso impegno assuntone nella mia Nota finale (a
pag. 607) del precedente nostro volume III, in quanto
almeno non l’abbia già tentato, come effettivamente ho
fatto a riguardo degli Anfibj, propriamente detti Rettili,
a pag. 63, 64, 65 e 66., a riguardo de’ Serpenti, a pag 91,
92 e 93, di quella mia Nota, che comincia a piè della
pag. 85 di detto III Vol., ed a riguardo de’ Pesci, col-
l’ altra ben lunga, pur mia Nota 2 che, cominciando a piè
della pag. 201 di quel volume medesimo, non ne termina poi
se non alla pag. 218, darò qui ora, in certo tal qual modo,
l’indice di quel novello sistema, che viene ad essere, ad
un tempo il più naturale di quanti ne siano infino ad ora
conosciuti, e quello che racchiude gli animali distribuiti
nel massimo numero di generi, siccome quello che tien
[Seite 268] conto di tutte le più recenti scoperte, che in questa parte
della Storia Naturale abbiano fin qui avuto luogo.
Tre sono le Serie principali (Series-Gens; fr. Série-Peu-
plade), nelle quali fin da principio distribuisce Latreille tutte
quante le creature componenti l’intiero regno Animale, e
queste sono: I. Serie, degli Animali Vertebrati, o Spinice-
rebrali, o forniti di colonna spinale e di cervello (Ver-
tebrata; fr. les Vertebrés), i quali sono anche, tra gli
animali, gli intelligenti; II. Serie, de’ Cefalidiani, o aventi
la testa piccola (Cephalidia; fr. les Céphalidiens), che
sono anche gli instintivi, o secondo Lamarck i sensitivi;
fr. les Animaux sensibles); III. Serie, degli Acefali, o
mancanti di capo propriamente detto (Acephala; fr. les
Acephales), i quali possono considerarsi come i mera-
mente automatici o, secondo Lamarck, come gli apatici
(fr. les Animaux apathiques).
La Serie I. de’ Vertebrati viene divisa in due Razze, la
prima delle quali racchiude gli Ematermi, ossiano ani-
mali Vertebrati di sangue caldo, o anche Pulmonari (Hae-
matherma; fr. Hémathermes, o Pulmonaires), mentre la
seconda comprende i Vertebrati branchiali, od Emacrimi,
ossiano animali Vertebrati di sangue freddo (Haemacryma;
fr. Hémacrymes, o, anche Branchiaux), pei quali mi sono
fatto già a proporre altre volte il nome, ancora più si-
gnificativo di Psicrematozoi; ma siccome di questa se-
conda Razza io stimo d’aver dato sufficiente notizia nel
decorso della precitata mia Nota 2, posta appiè della
pag. 201, al seguito degli Anfibj e de’ Pesci, nel prece-
dente III. vol. di questa nostra versione, perciò non mi oc-
cuperò qui ora, che soltanto della prima, onde raggiugner
quella, e per passar poi dopo a far conoscere alcun poco
anche le rimanenti II e III Serie, sicchè venga io così
ad aver reso conto, in qualche modo, di tutte quante le
Latreillane Famiglie naturali del regno Animale.
Dirò ìnfrattanto, che la Razza degli Ematermi consta di
tre classi distinte, le quali sono: 1, la classe de’ Mammi-
feri (Mammifera; fr. Mammifères); 2, la classe de’ Mo-
notremi, o aventi un buco solo, o una sola cloaca comune,
(Monotrema; fr. Monotrèmes di Geoffroy de S.t Hilaire,
e d’altri); e 3, la classe degli Uccelli (Aves; fr. Oi-
seaux).
La prima classe comprendente i Mammiferi, dividesi in
due grandi Sezioni, la prima delle quali racchiude tutti
quanti i così detti quadrupedi (Quadrupeda; fr. Quadru-
pédes, che, ripartibili ulteriormente nelle due grandi
sotto-sezioni: I di Unguiculati (Unguiculata; fr. Ongui-
culés, Mammiféres fournis de plusieurs ongles), e II
di Ungulati (Ungulata; fr. Ongulés, Marmmiféres à sa-
bots), contiene dieci Ordini, otto de’ quali spettano al-
la I di tali sotto-sezioni, mentre i rimanenti due Ordini
ne appartengono alla II, quando invece la seconda Sezione,
che comprende i Mammiferi bipedi (Bipeda; fr. Bipé-
des), non contiene se non un Ordine solo, vale a dire
l’undecimo, che è quello de’ Cetacei.
L’Ordine I è qui considerato stare da sè, e sotto il
nome scientifico di Bimano (Bimanus; fr. Bimane), com-
prende l’Uomo (Homo; fr. Hômme), o per dir meglio gli
Uomini tutti, quanti mai sono, sia che vengano conside-
rati come ripartibili, o come non ripartibili in generi,
in specie, in razze, in nazioni, in tribù, e così via via
discorrendo.
L’Ordine II, sotto il nome di Quadrumani (Quadru-
mana; fr. Quadrumanes), contiene due distinte Fami-
glie – 1. delle Scimmie (Simiae; fr. les Singes), riparti-
bili in (1. Tribù) Catarine (Catarhini; fr. les Catarhins
di Geoffroy), che sono i generi di Scimmia, Troglodite
Orang. Gibbon, Semnopithéque, Guenon, Colobe, Ma-
got, Macaque, Cynocéphale, Mandrill, ed in (2. Tribù)
[Seite 270] Platirine (Platyrhini; fr. les Platyrhins di Geoffroy)
che sono i generi Alouate, Atéle, Sapajou, Lagotriche,
Sayou, Callitryx, detto anche meno propriamente da ta-
luni Sapajou, Sagoin, Aote, Saki ed Ouistiti. – e Fam. 2
de’ Lemurini (Lemurini; fr. les Lèmuriens), vale a dire
i generi Maki, Indri, Loris, Nycticére, Galago e Tar-
sier, detto anche, se bene assai male a proposito, l’Aye-aye.
L’Ordine III, sotto il nome di Cheiropteri (Cheiroptera;
fr. Cheiroptères), contiene le tre distinte Famiglie – 1. dei
Pleuropteri (Pleuroptera; fr. les Pléuroptéres, les Chats-
volans), formata del solo genere Galéopithéque – Fam. 2.
de’ Meganicteri (Meganycteres; fr. les Méganyctéres,
e più volgarmente poi les Roussettes), in cui stanno i
generi di Roussette propriamente detta, Céphalote, Cy-
noptère, Harpîe, e Macroglosse – e Fam. 3. de’ Vesper-
tiglioni, o de’ Pipistrelli (Vespertiliones; fr. les Vesper-
tiliones, e più comunemente les Chauve-souris), ove con
tansi i generi Molosse, Nyctinome, Sténoderme, Disope,
Myoptère, Noctilion, Atalaphe, Glossophage, Phyllo-
stome, Vampire, Rhynolophe, Nyctére, Taphien, Mé-
gaderme, Rhinopome, Oreillard e Vespertilion pro-
priamente detto, o la Chauve-souris, che denominiamo
abitualmente il Pipistrello o il Vispistrello.
L’Ordine IV, sotto il nome di Fiere (Ferae; fr. Car-
nassiers), contiene le due distinte Famiglie – 1. degli Inset-
tivori (Insectivora; fr. les Insectivores), composta dei
generi Cladobate di Fed. Cuvier, Tupaïa di Desmarest,
Musaraigne, Desman, Scalopa, Condylure, Chryso-
chlore, Taupe, Hérisson, Tenrec, o Tanrec, o anche
Tendrac, Kinkajou, o Potto – e Fam. 2. de’ Carnivori
(Carnivora; fr. les Carnivores), nella quale concorrono
i generi Coati, Raton, Ours, compresovi probabilmente
anche il Prochilus d’Illiger, Blaireau, Glouton, com-
presivi le Grison, e le Taïra, con inoltre i generi Lou-
[Seite 271] tre, Marte, Patois, Zorille, Mydacis, Moufette, Chien,
Renard, Paradoxure, Ictides, Civette, Mangouste, Su-
ricate, Genette, Protèle d’Isid. Geoffroy, Hyéne, Ra-
tel, Chat, e fors’ anco il Fenner di Desmarest.
L’Ordine V, sotto il nome d’Anfibj (Amphibia; fr.
Amphibies), contiene le due distinte Famiglie – 1. dei
Cinomorfi, o aventi qualche rassomiglianza co’ Cani (Cy-
nomorpha; fr. les Cynomorphes), in cui stanno i generi
Phoque, ed Otarine – Fam. 2. de’ Predentati (Brocha;
fr. les Prédentés), a cui non ascrivesi infino ad ora che
il solo genere Morse.
L’Ordine VI, sotto il nome di Marsupiali (Marsupialîa;
fr. Marsupiaux, o anche les Animaux à bourse), con-
tiene le tre distinte Famiglie – 1. degli Entomofagi equi-
valente di Insettivori (Entomophaga; fr. les Entomo-
phages), in cui connumeransi i generi Sarigue, Chiro-
necte, Dasyure, e Péramêle – Fam. 2. de’ Carpofagi, os-
siano Fruttivori, o mangiatori di frutta, (Carpophaga;
fr. les Carpophages), nella quale contansi i generi Pha-
langer, Koala, o anche le Phascolaretos di Blainville,
ed Hypsyprymne, o anche le Potoroo di Desmarest, –
Fam. 3. de’ Fillofagi, o mangiatori di foglie (Phyllo-
phaga; fr. les Phyllophages), cui ascrivonsi i generi Pé-
taure, Halmature, Kanguroo, detto anche da taluno le
Macrope, e Phascolème.
L’Ordine VII, sotto il nome di Ghiri, odi Rosicchia-
tori (Glires; fr. Rongeurs), contiene le seguenti otto ben
distinte Famiglie, le prime cinque delle quali sono Omni-
vore, mentre le rimanenti tre sono semplicemente Erbi-
vore: – Fam. 1. degli Sciurini (Sciurini; fr. les Sciurins),
nella quale annoveransi i generi Aye-aye, propriamente
detto, Polatouche, che comprende i due generi Ptéro-
mys, e Sciurophére di Fed. Cuvier, Macroxus, Écureuil,
Tamia, e fors’ anche l’Anisonyx di Rafinesque – Fam. 2.
[Seite 272] degli Arctomidi (Arctomydes; fr. les Arctomydes), cui
ascrivonsi i due generi Marmotte, e Spermophile – Fam 3.
de’ Talpiformi (Talpiformes; fr. les Talpiformes, o anche
les Rats-taupes), in cui connumeransi i generi Aspalax,
Bathyergue, Oryctére e Pédéte, detta anche l’Hélamis da
Fed. Cuvier. – Fam. 4 de’ Murini (Murini; fr. les Murins),
nella quale contansi i generi Gerboise, Gerbille, Mérione,
Saccomys, Hamster, e fors’ anche i novelli generi Gèo-
mys – Cynomys – Diplostome di Desmarets, ma poi sicu-
ramente i già riconosciuti generi Otomys, Muséïde, Rat,
Loir, Echimys, Lemming, Capromys, ch’è forse l’Isodon
di Desmarest, e finalmente Campagnol – Fam. 5. de’ Nuo-
tatori (Natatorii; fr. les Nageurs), cui ascrivonsi i ge-
neri Hydromys, Myopotame, Ondatra, e Castor – Fam. 6.
degli Spinosi (Hystricosi; fr. les Épineux), ove, come
s’è detto, a differenza di tutti i Ghiri omuivori anno-
verati nelle precedenti cinque Famiglie, cominciano pro-
priamente i Ghiri erbivori, e nella quale contansi i ge-
neri Porc-épi, Acanthion, Érétizon, Synoèther, Coen-
dou, e Sphiggure – Fam. 7. de’ Leporini (Leporini; fr.
les Lèporins), cui ascrivonsi i due generi Pika, che è
per altri il Lagomys, e Liévre – Fam. 8. de’ Dasipoidi
(Dasypoïdes; fr. les Dasypoïdes), in cui connumeransi
i generi Paca, Agouti, detto il Chloromys da Fed. Cu-
vier, Kéredon, Cobaye, detto l’Anoema dal precitato
Fed. Cuvier, e Cabiai.
L’Ordine VIII, sotto il nome di Sdentati, o Edentati
(Edentata; fr. Édentés), contiene le due distinte Fami-
glie – 1. de’ Brevirostri (Brevirostres; fr. les Brèviro-
stres), in cui comprendonsi i generi Megathére, Mega-
lonyx, Bradype, detto da altri le Paresseux, ed Achèus –
e Fam. 2. de’ Longirostri (Longirostres; fr. les Longiro-
stres), nella quale contansi i generi Tatou, Priodonte,
Tatusie, Oryctérope, Fourmilier, e Pangolin.
L’Ordine IX, il primo degli Ungulati, sotto il nome
di Paehidermi, o aventi grossa, densa, e adiposa la pelle,
(Pachyderma – Bellua di Linneo; fr. Pachydermes),
contiene le seguenti quattro distinte Famiglie – 1. de’ Pen-
tadattili, o aventi cinque dita (Pentadactyla; fr. les Pen-
tadactyles, o anche les Proboscidiens di Cuvier), in cui
comprendonsi i generi Èléphant, e Mastodonte – Fam. 2.
de’ Tridattili, o aventi tre sole dita (Tridactyla; fr les
Tridactyles), nella quale contengonsi i generi Tapir,
Palaeothére, Lophiodon, Rhinocéros, ed Elasmosthére
di Desmarest – Fam. 3 de’ Fissipedi (Fissipedes; fr. les
Fissipédes, e per altri les Anisodactyles), in cui rac-
chiudonsi i generi Daman, Pecari, o Dicotyle per altri,
Chaeropotame di Cuvier, Antracothére pure di Cuvier;
Babiroussa, Cochon, o Sanglier per Fed. Cuvier; Phaco-
chaeres, Hippopotame, Anoplothére, Xiphodon, Dicho-
bune, e Adapis – e Fam. 4. de’ Solipedi (Solipedes; fr.
les Solipédes), in cui non contiensi che l’unico genere
Cheval.
L’Ordine X, sotto il nome di Ruminanti, o di Pecore,
(Ruminantia, o veramente Pecora; fr. Ruminans), contiene
le seguenti tre distinte Famiglie – 1. degli Inermi, o sprov-
veduti di corna (Inermia, fr. les Inermes), in cui con-
tansi i generi Chameau, Lama, e Chevrotain – Fam. 2.
de’ Plenicorni, o aventi le corna solide o internamente
piene (Plenicornia; fr. les Plènicornes, o altrimenti les
Animaux à bois), ne’ quali comprendonsi i generi Cerf,
e Girafe – e Fam. 3. de’ Tubicorni, o aventi le corna in-
ternamente vuote o tubulose (Tubicornia; fr. les Tubi-
cornes), ove inchiudonsi il genere Antilope, compren-
dente l’Antilope propriamente detta – la Gazelle – le
Cervichèvre – l’Alcélaphe – le Tragélaphe – l’ Oréas
– la Bosélaphe – l’Oryx – l’Égocêre – le Chamois
– l’Antilochèvre – e le Gnou di Blainville, ed i ge-
[Seite 274] neri Boeuf, Chèvre, Mouton, e Bison, o sia l’Ovibos
dello stesso Blainville.
L’Ordine XI, che, racchiudendo tutti i Bipedi (Bipé-
des; fr. les Bipédes), di per sè solo forma, come già si
disse, la seconda delle due grandi Sezioni, nelle quali con-
siderasi divisa la Classe de’ Mammiferi, sotto il nome di
Cetacei (Cetacea; fr. Cétacés), contiene le seguenti due
distinte Famiglie – 1. degli Erbivori (Herbivora; fr. les
Herbivores), in cui comprendonsi i generi Lamantin, o
Manate per altri, Dugong, e Stellére – e Fam. 2. degli
Idrauli o Soffiatori (Hydraula; fr les Souffleurs), nella
quale connumeransi i generi Dauphin, Marsouin, Del-
phinaptère, Hyperoodon, Narwhal, Cachalot, Phy-
sale, Physétère, Baleine, e Balènoptère.
La seconda Classe degli Ematermi, racchiudente i Mono-
termi, com’ è detto di sopra, non contiene se non due soli
Ordini, cadauno de’ quali è composto in fino ad ora d’ una
Famiglia sola, e anzi d’un genere unico; e sono l’Or-
dine I, che, sotto il nome di Macroglossi, o aventi la lin-
gua lunga molto (Macroglossa; fr. Macroglosses), non
racchiude se non l’unico genere Echidnè.
L’Ordine II, poi, sotto il nome di Pinnipedi (Pinni-
pedes; fr. Pinnipèdes), non è costituito anch’ esso che
dall’ unico genere Ornithorhynque.
La terza Classe degli Ematermi comprende gli Uccelli,
e dividesi, come già la prima, in due grandi Sezioni,
la I, delle quali racchiude i cinque primi Ordini seguenti,
degli Uccelli terrestri (Aves terrestres; fr. Oiseaux ter-
restres), quando invece la II, contenente gli Uccelli acqua-
tici (Aves aquatici; fr. Oiseaux aquatiques), non si
riferisce che soltanto a due Ordini degli Uccelli, che
sono il VI, e il VII.
L’Ordine I, sotto il nome di Rapaci, o siano Uccelli
da preda, Uccelli predaci, o Uccelli di rapina (Rapa-
[Seite 275] ces; fr. Rapaces), ritiene unite insieme tre distinte Fa-
miglie, delle quali le prime due, sotto la qualificazione
di Rapaci diurni, e la terza soltanto, sotto quella d’Uc-
celli rapaci notturni. – Fam. 1. de’ Vulturini (Vulturini;
fr. les Vautourins), in cui contansi i generi Sarcoramphe,
Vautour, Percnoptère, Griffon, o veramente Gypaëte,
ed anche Phène di Savigny – Fam. 2. degli Accipitrini
(Accipitrini; fr. les Accipitrins), in cui racchiudonsi i
generi Aigle, Pygargue, Balbusard, Harpie, Aigle-au-
tour, o anche Spizaëte di Vieillot, Asturine dello stesso
Vieillot, ma eziandio Cymindis di Cuvier, Messager,
detto pure Sécrétaire, o Serpentaire, Autour, Épervier,
Élane, o Couhyeh di Vieillot, Milan, detto parimenti
Élanoïde di’ Vieillot, Bondrée, Buse, compresavi forse
la Buse Ictinie di Cuvier, o veramente l’Ictinie, o le
Milan cresserelle di Vieillot, Busard, Faucon, e Ger-
fault – e Fam. 3. degli Uccelli terrestri rapaci notturni,
o sia degli Egolii (AEgolii; fr. les Aegoliens di Vieil-
lot), in cui connumeransi i generi Scops, Chevèche,
Duc, Chat-huant, Effraye, Chouette, ed Hibou.
L’Ordine II, sotto il nome di Passeri (Passeres; fr.
Passereaux), racchiude le seguenti cinque ben distinte
Famiglie – 1. de’ Latirostri (Latirostres; fr. les Lati-
rostres), in cui contansi i generi Engoulevent, Hiron-
delle, Martinet, formanti tra tutti e tre la famiglia a
parte de’ Fissirostri di Cuvier, ed inoltre i generi Pro-
gnias, Gymnodére, Jaseur, Échenilleur, Piroll, Co-
tinga, Céphaloptére, Gymnocéphale, Gobemouche,
Moucherole, Tyran, e Drongo – Fam. 2. de’ Dentiro-
stri (Dentirostres; fr. les Dentirostres, o anche les
Oiseaux chanteurs d’Illiger e di Vieillot), in cui com-
prendonsi i generi Coq-de-roche, Manakin, Tangara,
Pie-griêche, o Batara di Vieillot e di Temminck, Van-
ga, Langrayen, Crinon di Temminck, Cassican, Bé-
[Seite 276] carde, Choucari, Béthyle, Merle, Chocard, Loriot,
Philédon, Martin, Cincle, Bréve, Fourmilier, Lyre,
Traquet, Rubiette, Fauvette, Accenteur, Roitelet, Tro-
glodyte, Hoché-queue. Bergeronnette, e Farlouse, i
nove ultimi de’ quali sogliono generalmente pigliarsi sotto
il nome comune di Beccafichi, o anche d’Uccelli dal
becco gentile, o sotto quello alquanto più scientifico di
Motacille – Fam. 3. de’ Conirostri (Conirostres, fr. les
Conirostres), in cui coadunansi i generi Alouette, Mè-
sange, Bruant, o Passerine di Vieillot, Tisserin, Moi-
neau, Pinçon, Chardonneret, Linotte, Veuve, Gros-
bec, Pityle, Bouvreuil, Bec-croisé, Dur-bec, Coliou,
Glaucope, Étourneau, Cassique, Troupiale, Carouge,
Pit-pit, Corbeau, Pie, Geai, Casse-noix, Temia, Rol-
lier, Rolle, Mainate, Oiseau-de-paradis, o anche Pa-
radisée, Stourne di Temminck, Pique-boeuf, e Sittelle
– Fam. 4. de’ Tenuirostri (Tenuirostres, fr. les Ténuiro-
stres), in cui comprendonsi i generi Crave, Huppe,
Promérops, Èpimaque, Grimperau, Picucule, Èche-
lette, Sucrier, Dicée, Héorotaire, Soui-manga, Po-
matornine, Colibri, e Oiseau-mouche – e Fam. 5. dei
Sindattili (Syndactyli; fr. les Syndactyles), nella quale
enumeransi i generi Guèpier, Momot, Todier, Martin-
pêcheur, o Alcyon, Ceyx e Calao.
L’Ordine III, sotto il nome di Scansori o d’Arrampi-
catori (Scansores; fr. Grimpeurs), comprende l’altre
seguenti e distinte sei Famiglie – 1. dei Psittacini (Psit-
tacini; fr. les Psittacins), in cui racchiudonsi, distri-
buiti in (1. Tribù) i generi Ara, Perruche, Pézo-
pore, e Kakatoès, formanti la tribù de’ Pachiglossi, o
aventi crassa e carnosa la lingua (Pachyglossi; fr. Pachy-
glosses), (2. Tribù) il genere unico Eurhynque, formante
la tribù de’ Microglossi, o aventi la lingua piccola e sottile
(Microglossi; fr. Microglosses) – Fam. 2. de’ Pogono-
[Seite 277] rinchi (Pogonorhynchi; fr. les Pogonorhynques), in
cui contansi i generi Ani, Barbacou, Barbu, Tamatia,
Barbican, Couroucou, Monase di Vieillot, e Malkoha
– Fam. 3. de’ Cuculidi (Cuculides; fr. les Cuculides, o
anche les Imberbes, o les Aurèoles di Vieillot), a cui
ascrivonsi i generi Scythrops, Coucou, Coua, Coucal,
Indicateur, Couroucou, o anche Vouroudriou, e il Jaca-
mar – Fam. 4. de’ Proglossi (Proglossi; fr. les Proglos-
ses), nella quale comprendonsi i generi Torcol, Picoïde,
e Pic – Fam. 5. de’ Grandirostri (Grandirostres; fr. les
Grandirostres), in cui contansi per ora i soli due generi
Toucan, e Aracari – e Fam 6. de’ Galliformi (Galli-
formes; fr. les Galliformes, o les Frugivores di Vieil-
lot), nella quale infino ad ora non comprendonsi che
soltanto i due generi Musophage, e Touraco.
L’Ordine IV, sotto il nome di Passerigalli (Passeri-
galli; fr. Passerigalles), comprende le seguenti tre di-
stinte Famiglie – 1. de’ Disodi (Dysodes; fr. les Dyso-
des di Vieillot), formata dal genere, unico finora, Sasa
od Hoazin di Cuvier – Fam. 2. De’ Columbini (Colum-
bini; fr. les Columbins), in cui racchiudonsi i generi
Goura, o Columbi-galline, Pigeon, e Colombar – e
Fam. 3. degli Alettridi (Alectrides; fr. les Alectrides
di Vieillot), alla quale ascrivesi, oltre al genere Marail,
comprendente il Guan, il Yacou, e la Pénélope de’ di-
versi Ornitologisti, anche il genere Parraque.
L’Ordine V, sotto il nome di Gallinacei (Gallinacei,
o Gallinae di Linneo; fr. Gallinacés), comprende le se-
seguenti due ben distinte Famiglie – 1. De’ Tetradattili,
o aventi quattro dita (Tetradactyla; fr. les Tétradacty-
les), in cui connumeransi i generi Pauxi, Hoco, Din-
don, Paon, Coq, Faisan, Houppifére, Lophophore,
Cryptonyx, Peintade, o Pintade, Mégapode, o Gai-
mard, Perdrix, Francolin, e Caille, che, presi insie-
[Seite 278] me, ne costituiscono la tribù de’ Nuditarsi (Nuditarsi;
fr. les Nuditarses), e poscia eziandio i generi Ganga,
Tétras o Coq de bruyére, Lagopéde, e Tinamou, che,
presi insieme, ne formano l’altra tribù de’ Plumitarsi (Plu-
mitarsi; fr. les Plumitarses) – e Fam. 2. de’ Tridattili
o non aventi se non tre dita sole (Tridactyli; fr. les
Tridactyles), alla quale riferisconsi i due soli generi Sy-
rhapte, e Turnix.
La II grande Sezione poi di questa medesima Classe III
degli Uccelli, non racchiude, come già s’ è accennato,
se non gli Uccelli acquatici ne’ rimanenti due Ordini, che
sono:
L’Ordine VI, in cui, sotto il nome di Gralle, o d’Uc-
celli Trampolieri (Grallae; fr. Échassiers), sono com-
prese le seguenti sette distinte Famiglie – 1. de’ Brevi-
penni (Brevipennes; fr. les Brevipennes), alla quale
ascrivonsi i generi Autruche, Nandou, e Casoar – Fam. 2.
de’ Pressirostri (Pressirostres; fr. les Pressirostres), in
cui contansi i generi Outarde, OEdicnème, Pluvier, Hui-
trier, Coure-vite, Vanneau, e Cariama – Fam. 3. dei
Cultrirostri (Cultrirostres; fr. les Cultrirostres), in cui
connumeransi i generi Agami, Anthropoïde di Vieillot,
Grue, Courliri, Caurale, Giarole, o Glaréole per altri,
Savacou, Héron, Ombrette, Cigogne, Jabiru, Bec-
ouvert, o Anastome per altri, Spatule, e Tantale
Fam. 4. de’ Longirostri (Longirostres; fr. les Longiro-
stres), nella quale contansi i generi Ibis, Courli, Cor-
lieu, Falcinelle di Valenciennes, Bécasse, Rynchée,
Barge, Maubèche, Pélidne, o Alouette de mer per ta-
luni, Combattant, Tourne-pierre, Chevalier, Sanderling,
ed Échasse – Fam. 5. de’ Pinnidattili (Pinnidactyli: fr.
les Pinnidactyles), a cui ascrivonsi i generi Lobipède,
Phalarope, e Avocette – Fam. 6. de’ Macrodattili (Ma-
crodactyli; fr. les Macrodactyles), cui riferisconsi i
[Seite 279] generi Jacana, Kamichi, Chauna, Rale, Gallinule, o
Poule-d’eau per altri; Taélve, o Poule-sultane per al-
cuni, e Foulque) – e Fam. 7. de’ Piscidirostri (Pyxidi-
rostres; fr. les Pyxidirostres), in cui non contasi in-
fino ad ora che soltanto il genere Phoenicoptére, o se-
condo alcuni Flammant.
L’Ordine VII, in cui finalmente, sotto il nome di Pal-
mipedi (Palmipedes: fr. Palmipédes), sono comprese
le seguenti assai ben distinte ultime quattro Famiglie –
1. de’ Lamellirostri (Lamellirostres: fr. les Lamelliro-
stres), alla quale ascrivonsi i generi Cygne, Oie, com-
prendente insieme anche il genere Bernache di Cuvier,
Anatique, comprendente ad un tempo i generi Ma-
creuse, Garrot, Eider, e Millouin dello stesso Cu-
vier, Canard, comprendente a un tratto anche i generi
Souchet, e Tadorne del medesimo Cuvier, e finalmente
Harle. – Fam. 2. De’ Totipalmi (Totipalmes; fr. les
Totipalmes), in cui connumeransi i generi Pélican,
Cormoran, Fou, Anhinga, Paille-en-queue, e Fré-
gate. – Fam. 3. de’ Longipenni (Longipennes; fr. les
Longipennes), cui riferisconsi i generi Petrel, Puffin,
Pélécanoïde, Prion, Albatros, o Diomédée per taluni,
Goêland, Mouette, Stercocaire, o Labbe per altri,
Sterne, o Hirondelle de mer per altri, Noddi, e Bec-
en-ciseau, o Rhyncops per alcuni Ornitologisti – e
Fam. 4. de’ Brachipteri, od Urinatori (Brachypteri;
fr. les Brachyptéres, o anche les Plongeurs), in cui
connumeransi i generi Grêbe, Plongeon, Guillemot,
Cephus, Macareux, o Alque di Vieillot, o Starique
(Phaleris di Temminck), Pingouin, Sphénisque, Gor-
fou, e Manchot, inchiusovi anche i due generi Apte-
rix di Shaw, e Dronte (Didus di Linneo e d’altri),
che presi insieme formano l’Ordine degli Inertes di Tem-
minck.
Quanto alla seconda Razza di questa Serie I degli
Animali Vertebrati, o sia quanto agli Emacrimi, o se-
condo il nome, che già ne progettammo come ancora mi-
gliore e più significativo, a’ Psicrematozoi, racchiudente
i Rettili, gli Anibj e i Pesci, crediamo che possa per
ora bastare a farne conoscere la distribuzione per Fami-
glie naturali dal Latreille propostane, ciò che sponemmo
nelle nostre Note poste appiè della p. 62, e della p. 201
del III Volume del presente nostro Manuale italiano;
Nota quest’ ultima ben lunga, che stendesi fino inclusiva-
mente alla p. 218 di quel Volume medesimo, al seguito
della Sezione VII, la quale versa su i Pesci; solo sog-
giugneremo a maggior compimento di quanto sponemmo
già in dette Note, che, stando alla prima, a p. 64. lin. 12.
dopo d’aver menzionato i generi Gavial, Crocodile, e
Caïman, formanti la Fam. 1. degli Emidosauri, resta d’ac-
cennarsene anche l’altra delle Ictiosauriti (Ichtyosau-
rites; fr. Ichtyosaurites), ossia de’ Rettili fossili, fra i
quali sono da annoverarsi ben a ragione l’Icthyosaurus,
il Plesiosaurus, il Mosasaurus, il Geosaurus, il Mega-
losaurus, ed altri del Barone Cuvier, il Teleosaurus, o
le Gavial fossile de Caën, e lo Steneosaurus, o le Ga-
vial fossile du Havre et de Honfleur, antidiluviani amen-
due, e rammentati da Geoffroy de S. Hilaire; e che stando
alla seconda delle succitate nostre Note, a pag. 209 lin.
11. i generi della Fam. c, o sia della Fam. 3. dell’Ordine
de’ Subbrachiani debbon essere piuttosto distribuiti nel se-
guente modo: Discobole – Porte-écuelle, Gobiésoce,
Cycloptére, Lump, Liparis, Échéneïs, ed Ophicéphale;
che non come venne allora da noi indicato, e che final-
mente nel grandissimo Ordine VI, che è quello degli A-
cantopterigj, incominciante a lin. 23. della medesima pag.
209, e terminante poi alla pag. 217. lin. 9, le Famiglie
hanno a distribuirsene, invece che come ivi stanno, nel
[Seite 281] seguente modo: Fam. 1. Squamipennes – (1. Tribù,
Chaetodontes) Anabas, Chaetodon, Chelmon, Platax,
Heniochus, Ephippus, Chaetodiptére, Holacanthe, Po-
macante, Osphronéme, ec. (2. Tribù, Stromateïdes),
ec. ec. (3. Tribù, Polynémides), ec. ec. – Fam. 2.
Aulostomides, precisamente com’ essa sta ivi per prima
– Fam. 3. 4. 5. 6. 7. 8, e 9. affatto come esse ivi stan-
no – e Fam. 10. Sparoïdes, nella 1. Tribù della quale,
dopo i generi Soldago, e Polyprion (pag. 212. lin. ul-
tima), è d’aggiungersi anche il genere Myripristis no-
vellamente instituito dal precitato Barone Cuvier. Ciò
premesso ci disponghiamo, senza più, a porgere qui ora
al Leggitore benevolo una succinta idea del modo, giu-
sta il quale fassi il lodato Latreille a distribuire in Fa-
miglie naturali anche le rimanenti sue due grandi Serie
degli Animali, vale a dire i Cefalidiani, che ne formano
la Serie II, per finir poi cogli Acefali, che ne formano
la assai meno estesa Serie III.
La Serie II. come s’ è detto, de’ Cefalidiani, o degli
Animali instintivi o sensitivi, vieu divisa in tre Razze,
la prima delle quali racchiude i Molluschi, detti anche
talora Testacei, talora Crostacei, or mantellati, ed ora pe-
nulati (Mollusca, o Mollia di Cuvier: fr. Mollusques);
mentre la seconda comprende gli Elmintoidei, o siano i
Vermi (Elminthoida; fr. Elminthoïdes), e mentre la
terza contiene i Condilopi, o gli animali aventi i piedi a
giunture, o anche così in generale gl’ Insetti, (Condy-
lopa; fr. Condylopes).
La prima di queste Razze consta di sei Classi distinte,
le quali sono: 1.° la Classe de’ Cefalopodi (Cefalopoda,
Antliobrachiophora di Gray; fr. Céphalopodes): 2.° la
Classe de’ Pteropodi (Pteropoda; fr. Ptéropodes); le
quali due Classi, prese insieme, formano la Sezione dei
Pterigj) Pterygia; fr. Ptérygiens) del 1. Ramo rac-
[Seite 282] chiudente i Molluschi Fanerogami (Phanerogama; fr. les
Phanérogames): 3. ° la Classe de’ Gasteropodi (Gaste-
ropoda; fr. Gastéropodes), formanti la Sezione degli
Apterigj (Apterygia; fr. les Aptérygiens), pur sem-
pre spettante a quel medesimo 1. Ramo de’ Molluschi
Fanerogami, mentre i Molluschi Agami (Agama; fr. les
Agames), occupano poi le Classi componenti il 2. Ra-
mo della Razza de’ Molluschi; 4. la Classe dei Peltoco-
clidi (Peltocochlides; fr. Peltocochlides), comprendente
da sè sola i Molluschi Exocefali (Exocéphala; fr. les
Exocéphales): 5. la Classe de’ Brachiopodi (Brachiopoda
fr. Brachiopodes): 6. la Classe de’ Conchiferi (Conchi-
fera; fr. Conchiféres), comprendente, insieme colla pre-
cedente, tutti quanti i Molluschi Endocefali (Endoce-
phala; fr. les Endocéphales).
La 1. di tali Classi, comprendente i Cefalopodi, con-
sta di due soli Ordini.
L’Ordine I, che sotto il nome di Decapodi (Deca-
poda; fr. Dècapodes) contiene le due distinte Famiglie
– 1. De’ Politalami (Polythalama; fr. les Polythalames,
o anche les Multiloculaires di Lamarck), cui ascrivonsi
i generi Bélemnite, Callirhoè, Ichthyosarcolithe, Hi-
bolite, Ponodrague, Agame, Cétocine, Paclite, Pir-
gopole, Téléboïte, Achéloïte, Chrysaore, Hortole,
Lituite, Conilite, Nogrobe, Hippurite, Batolite, Ti-
ranite, Baculite, Hamite, Echidne, Raphanistre, Mo-
losse, Réophage, Nodosaire, Spiroline, e fors’ anco
Scaphite di Sowerby, formanti tutti insieme la Tribù (1.)
degli Ortocerati (Orthocerata; fr. les Orthocérates);
poi i generi Spirule, Oréade, Jésite, Charybde, Scor-
time, Linthurie, Pèriple, Astacole, Cancride, Péné-
rople, Turrilite, Cibicide, Cortale, Cidarole, Storille,
Ellipsolite, Amalté, Planulite, Ammonie, e Simplégade,
formanti insieme la Tribù (2.) de’ Policiclici (Polycy-
[Seite 283] clica; fr. les Polycycliques); quindi ancora i generi Or-
bulite di Lamarck, Aganide, Plaguse, Nautile, Angu-
lithe, Phonème, Elphide, Géopone, Pélore, Chry-
sale, Androméde, Canthrope, Èponide, Pharame, Spo-
rulie, Misile, Anténor, Robule, Spinctérule, Clisiphonte,
Hérione, Rhinocure, Lampadie, Macrodite, Bisiphite,
Océanie, Patrocle, Nonione, Polixéne, Florilie, e
Théméone, formanti insieme la Tribù (3.) de’ Nautiliti
(Nautilites; fr. les Nautilites), e finalmente i generi
Archidie, Ilote, Hélénide, od Orbiculine di Lamarck,
Cellulie, Cèlibe, o Coquille globuleuse per altri, Bo-
rellie, Milliolite, Clausulie, Gyrogonite, Rotalite,
Égèone, Tinopore, Sidérolite, Numulie, Licophore, e
Discolite, formanti insieme la Tribù (4.) delle Mille-
poriti (Milleporita; fr. les Milléporites, vale a dire
les Camèrines, les Numulites, les Pierres numismales,
les Pierres lenticulaires, ec.). – Fam. 2. degli Entero-
stei (Enterostea; fr. les Entérostés), nella quale com-
prendonsi i pochi generi Seiche, Calmar, Sépiole, Onikie
di Lesueur, od anche Onychotheutis di Lichtenstein, e
Cranchie di Leach.
L’Ordine II, sotto il nome di Octopodi (Octopoda;
fr. Octopodes), racchiude le due piccole, ma ben di-
stinte Famiglie – 1. degli Acoclidi (Acochlides; fr. les
Acochlides), cui spettano i generi Poulpe, Èlèdone, e
Lèachle di Lesueur – Fam. 2. de’ Cimbicoclidi (Cym-
bicochlides; fr. les Cymbicochlides), alla quale appar-
tengono i tre soli generi Ocythoé, Argonaute, e Bellé-
rophe.
La seconda Classe de’ Cefalidiani, vale a dire quella
de’Molluschi Pteropodi, consta essa pure de’ seguenti due
Ordini soli:
L’Ordine I, che sotto il nome di Megapterigj (Me-
gapterygia; fr. Mégaptèrygiens), comprende le due
[Seite 284] piccole Famiglie – 1. de’ Procefali (Procephala; fr. les
Procéphales), cui ascrivonsi i generi Limacine, Atlan-
te, Clio, Clèodore, e Cymbulie – Fam. 2. de’ Cripto-
cefali (Cryptocephala; fr. les Cryptocéphales), nella
quale non racchiudesi infino ad ora se non l’unico ge-
nere Hyale.
L’Ordine II, sotto il nome di Micropterigj (Micro-
pterygia; fr. Microptèrygiens), non offre che la sola
Famiglia de’ Pneumodermiti (Pneumodermites; fr. les
Pnèumodermites), cui spettano i due generi Gastéro-
ptère, e Pnèumoderme.
La terza Classe de’ Cefalidiani, o sia quella, come si
è detto, de’ Molluschi Gasteropodi, comprende sei Ordini,
i primi quattro de’ quali ne costituiscono la Sezione degli
Ermafroditi (Hermaphrodita; fr. les Hermaphrodites),
mentre il quinto, insieme col sesto copiosissimo, ne for-
mano la Sezione de’ Dioici (Dioica; fr. les Dioïques).
L’Ordine I, sotto il nome di Nudibranchj (Nudi-
branchia; fr. Nudibranches), racchiude le tre distinte
Famiglie – 1. degli Urobranchj (Urobranchia; fr. les
Urobranches), comprendente i generi Carinaire, od an-
che Cornu di Schumacher, Doris, Polycère, ed On-
chidiore di Blainville – Fam. 2. de’ Seribranchj (Seri-
branchia; fr. les Séribranches), cui spettano i generi
Tritonia, Téthis, e Scyllée – e Fam. 3. de’ Fillobranchj
(Phyllobranchia; fr. les Phyllobranches), alla quale
ascrivonsi i generi Laniogére di Blainville; Glaucus,
Éolide, e Tergipés.
L’Ordine II, sotto il nome di Inferobrauchj (Infe-
robranchia; fr. Inférobranches), non contiene se non
soltanto due Famiglie – 1. de’ Bifaribranchj (Bifari-
branchia; fr. les Bifaribranches), in cui connumeransi
i generi Phyllidie, Diphyllide, ed Atlas – Fam. 2. de-
gli Unabranchj (Unabranchia; fr. les Unabranches), la
[Seite 285] quale non conta finora che il solo genere Pléurobranche,
o Pléurobranchée di Meckel, o anche Linguelle di
Blainville.
L’Ordine III, sotto il nome di Tettibranchj (Tecti-
branchia; fr. Tectibranches), comprende le due Fami-
glie – 1. de’ Tentacolati (Tentaculata; fr. les Tentacu-
lés), in cui stanno coscritti i generi Phillirhoé, Notar-
che, Aplysie, Actaeon, Dolabelle, e Bulline di Férus-
sac – Fam. 2. degli Acerati (Acerata; fr. les Acérés),
ove contansi i generi Bullée, e Bulle, vale a dire le Bulla
hydatina, nucum, aplustrum, ed assula di Schuma-
cher, oltre agli altri due generi Sornet di Férussac, o
Gondole d’Adanson, e Doridie, ch’ è poi la Bulla car-
nosa di Cuvier.
L’Ordine IV, sotto il nome di Pulmonati (Pulmonea;
fr. Pulmonés, e per la massima loro parte, Colimacès di
Lamarck), comprende le tre distinte Famiglie – 1. de’ Nu-
dilimaci, o delle Lumache nude (Nudilimaces; fr. les Nu-
dilimaces), nella quale contansi i generi Onchide, On-
chidie, Vaginule, Véronicelle, Limace, Arion, Lima-
celle, Parmacelle, Plectrophore, e Testacelle – Fam. 2.
de’ Geococlidi (Geocochlides; fr. les Géocochlides), in
cui connumeransi i generi Hélicarion, Vitrine, od Hélico-
limace di Férusac, Hélice dello stesso Férusac, che vi
comprende anche il genere Ambrette, corrispondente ora
alla Hélice amphibulime di Lamarck, o Cochlohydre di
esso Férusac, ed ora alla Hélice amphibie, Hélice del
nostro Latreille, od Helix dentellaria di Schumacher,
Caracolle, od Hélicigone di Férusac, Anostome, od
Hélicodonte di Férusac, corrispondente alla Helix an-
gystoma di Schumacher, Maillot, Grenaille, Clausilie,
o Cochlodine di Férusac, corrispondente alla Helix clau-
silia di Draparnaud, Bulime, che comprende i Bulimus
otala, limicolaria, e glandina di Schumacher, e corri-
[Seite 286] spondente alla Cochlicelle di Férusac, Agathine, o Co-
chlitome di Férusac; Vertigo, e finalmente Partule di
Férusac. – e Fam. 3. de’ Limnococlidi (Limnocochlides;
fr. les Limnocochlides), in cui contansi i generi Carychie,
Scarabe, Auricule, o Cochlogéne di Férusac, e compren-
dente le Helix auricula, e pythia di Schumacher, giuntovi
fors’ anche le Piétin d’Adanson, Conovule, Cassidule,
Lymnée, od anche Lymnaea columna di Schumacher,
Physe, Planorbe, Ancyle, e fors’ anche, giusta Férusac,
il genere Septaire, o Navicelle di Lamarck; sebbene sem-
brerebbe questo genere appartener piuttosto a’ Pettini-
branch Neritacei, e Fam. 4. del seguente Ordine VI, e me-
glio poi, secondo noi, a’ Peltococlidi pileiformi, Fam. 2.
Ordine I. Classe IV.
L’Ordine V, che, come accennamo, diventa il primo nella
Sezione ove racchiudonsi i Molluschi Gasteropodi dioici,
sotto il nome di Pneumopomi, od aventi guerniti d’oper-
coli i polmoni (Pneumopoma; fr. Pnéumopomes) non
conta se non le seguenti due piccolissime Famiglie – 1. degli
Elicinidi (Helicinides; fr. les Hélicinides), composta in-
fino ad ora dell’ unico genere Hélicine, posto a torto da
Lamarck, fra i suoi Colimacès – e Fam. 2. de’ Turbicini
(Turbicina; fr. les Turbicines), composta anch’ essa finora
dall’ unico genere Cyclostome.
L’Ordine VI, o il secondo de’ Gasteropodi dioici, sotto
il nome di Pettinibranchj (Pectinibranchia; fr. Pectini-
branches), ammette fino a dieciotto ben distinte Famiglie,
le prime diciassette delle quali comprendonsi nel sott’ or-
dine apposito de’ Gimnococlidi, o aventi manifesta e nuda
affatto la loro conchiglia (Gymnocochlides; fr. les Gy-
mnocochlides), mentre i pochi Molluschi che ne costitui-
scono la Famiglia decimottava od ultima, ritengonsi for-
mare il sott’ordine de’ Criptococlidi, od aventi occultata,
o coperta come da un mantello la loro conchiglia (Crypto-
[Seite 287] cochlides; fr. les Cryptocochlides) – Fam 1. de’ Peristo-
midi (Peristomida; fr. les Péristomiens), alla quale ascri-
vonsi i generi Paludine, Valvée, Vermet, Dauphinule,
e Scalaire – Fam. 2. de’ Turbinati (Turbinata; fr. les
Turbinés), ove contansi i generi Turritelle, Turbo, com-
prendente a un tratto il Turbo, il Batillus, e l’Annu-
laria di Schumacher, Ampullaire, comprendente l’Am-
pullaria, e l’Amphibola dello stesso Schumacher, e final-
mente il genere Ianthine – Fam. 3. de’ Trocoidi (Tro-
choida; fr. les Trochoïdes), a cui ascrivonsi il genere
Troque, che comprende il Trochus, la Pyramis, il Calcar,
e il Polydonta di Schumacher, poi i generi Cadran,
Roulette, o Globulus di Schumacher, e finalmente Mo-
nodonte – Fam. 4. de’ Neritacei (Neritacea; fr. les Né-
ritacés), cui riferisconsi i generi Nérite, Néritine, Natice
o Natica, o veramente Mamilla di Schumacher, e infine
come già accennammo, non senza qualche probabilità,
anche il genere Navicelle di Lamarck, sebbene opini il
bravo Latreille, che questo genere appartenga più a buon
dritto alla Fam. 1. dell’ Ordine I. della Classe IV, sotto
il nome propostone di Septaire, come il primo tra i ge-
neri de’ Molluschi Peltococlidi Scutibranchj pileiformi –
Fam. 5. De’ Melanidi (Melanides; fr. les Mélanides), ove
hannosi i generi Phasianelle, Mélanie, Mélanopside,
Pyréne, o veramente Ebena di Schumacher, ed alla fine
il genere Planaxe – Fam. 6. de’ Plicacei (Plicacea; fr. les
Plicacés), in cui non contansi infino ad ora più che i due
generi Tornatelle, e Pyramidelle – Fam. 7. de’ Fusi-
formi (Fusiformia; fr. les Fusiformes), ove abbiamo rac-
chiusi i generi Potamide, Cérite, comprendente a un tratto
il Cerithium, il Vertagus, il Telescopium, e il Tympa-
notonos di Schumacher, poi i generi Cancellaire, o Can-
cellaria, ed anche Cythara di Schumacher, Fasciolaire,
o Fasciolaria, e Pugilina pur sempre di Schumacher,
[Seite 288] Carreau, Pieurotome, forse Turricula, o Perrona di
Schumacher, Turbinelle, o Turbinella, Lagena, Cyno-
dona, e Polygona di Schumacher, Fuseau, Latire, Cla-
vatule, e Pyrule, o veramente Pyrula, Melongena, e Ra-
pana di Schumacher – Fam. 8. degli Alati (Alata; fr. les
Ailés), ove contansi i generi Rostellaire, Ptérocére,
Strombe, o veramente Strombus, e Canarium di Schu-
macher, e finalmente Hippocréne – Fam. 9. de’ Varicosi
(Varicosa; fr. les Variqueux), in cui abbiamo i generi
Rocher, inchiusovi il Murex antiquus di Linneo secon-
do Schumacher, Bronte, o Haustellum di Schumacher,
Typhis, Chicoracè, o Purpura di Schumacher, Aquille,
Lotoire, Trophone, Ranelle, compresovi la Bufonaria,
la Lampas, la Ranularia, la Gyrina, e la Colubraria
pur sempre di Schumacher, Apolle, Alectrion, Triton,
o Distorta, ed anche Lampusia di Schumacher, ed in
fine il genere Struthiolaire – Fam. 10. de’ Cassiditi (Cas-
sidites; fr. les Cassidites, in parte les Purpuriféres
di Lamarck), a cui ascrivonsi i generi Ricinule, o ve-
ramente Ricinella, e Merula di Schumacher, Cassi-
diaire, od Echinophora di Schumacher, e Casque, o
Cassidea, e Bezoardica di Schumacher – Fam. 11. de’ Do-
liari (Doliaria; fr. les Doliaires), ove stanno racchiusi
i generi Harpe, Tonne, Licorne, o Rudolpha di Schu-
macher, Concholépas, e Pourpre, o Stramonita, ed an-
che Buccinum di Schumacher – Fam. 12. de’ Buccinidi
(Buccinides; fr. les Buccinides), in cui comprendonsi i
generi Nasse, Buccin, o Nana, e Tritonium di Schu-
macher, Eburne, od Eburna, e Nassa di Schumacher –
Fam. 13. de’ Subulati (Subulata; fr. les Subulés), ove
non racchiudesi infino ad ora se non il solo genere Vis,
o Subula di Schumacher – Fam. 14. de’ Columellari (Co-
lumellaria; fr. les Columellaires), nella quale annove-
ransi i generi Mitre, comprendente a un tratto la Mitra,
[Seite 289] il Dactylus, e la Cylindra di Schumacher, Volute, com-
prendente la Voluta, la Fulgoraria, e l’Imbricaria di
Schumacher, Marginelle, comprendente la Marginella,
e la Persicula di Schumacher, Colombelle, e Volvaire, o
sia Hyalina di Schumacher – Fam. 15. de’ Conoidei (Co-
noidea; fr. les Conoïdes), constituita infino ad ora dal-
l’ unico genere Cone, che comprende il Conus, e l’Utri-
culus di Schumacher – Fam. 16. degli Olivari (Olivaria;
fr. les Olivaires), a cui ascrivonsi i generi Olive, Tariére,
ed Ancillaire, od Ancilla di Schumacher – Fam. 17, degli
Ovoidei (Ovata; fr. les Ovoïdes), composta de’ soli due
generi Porcelaine, ed Ovule, o sia Ovula, e Radius di
Schumacher – e Fam. 18. finalmente, unica a formare,
come s’ è detto, il Sott’ ordine de’ Molluschi peltinibranchj
Criptococlidi, vale a dire la Famiglia de’ Macrostomi (Ma-
crostoma; fr. les Macrostromes), cui ascrivonsi i tre ge-
neri Sigaret, Chryptostome, e Lamellaire.
La quarta Classe de’ Cefalidiani, da cui comincia il 2.°
Ramo della razza de’ Molluschi, vale a dire quello degli
Agami Exocefali, si è, come annunciammo fin da prin-
cipio, la Classe de’ Peltococlidi, la quale non comprende
più de’ seguenti due Ordini:
L’Ordine I, che sotto il nome di Scutibranchj (Scu-
tibranchia; fr. Scutibranches), racchinde le due distinte
Famiglie – 1. degli Auriformi (Auriformes; fr. les Auri-
formes), alla quale spettano i generi Haliotide, Sto-
mate, e Stomatelle – e Fam. 2. de’ Pileiformi (Pileifor-
mes; fr. les Piléiformes), cui spettano i generi Septaire,
o Navicelle di Lamarck, o veramente Nacella di Schu-
macher, Crépidule, o Sulin di Adanson, o anche Sanda-
lium di Schumacher, Calyptrée, comprendente a un tratto
il Crucibulum, la Trochita, e la Mitrularia di Schumacher,
e poscia ancora i generi Hipponyce, Cabochon, od Amal-
thea di Schumacher, Èmarginule, Fissurelle, Parmo-
[Seite 290] phore, e fors’ anche il novello genere Pileolus di So-
werby.
L’Ordine II, che sotto il nome di Ciclobranchj (Cy-
clobranchia; fr. Cyclobranches), racchiude anch’ esso
soltanto le due seguenti Famiglie – 1. degli Scutiformi
(Scutiformia; fr. les Scutiformes), cui ascrivonsi i due
generi Ombrelle, od Umbraculum di Schumacher, e
Patelle – e Fam. 2. de’ Lamellati (Lamellata; fr. les La-
mellés), comprendente infino ad ora i soli due generi
Oscabrion, ed Oscabrelle.
La quinta Classe de’ Cefalidiani Molluschi, racchiude
gli Agami Endocefali Brachiopodi, e non comprende nep-
pur essa più di due Ordini, vale a dire:
L’Ordine I, sotto il nome di Pedunculati (Peduncu-
lata; fr. Pedonculés), composto dalle due distinte Fa-
miglie – 1. degli Equivalvi (AEquivalvia; fr. les Équi-
valves), in cui non contasi finora che soltanto il genere
Lingule – e Fam. 2. degli Inequivalvi (Inaequivalvia; fr.
les Inèquivalves), formata infino ad ora anch’ essa dal-
l’ unico genere Térebratule.
L’Ordine II, sotto il nome di Sessili (Sessilia; fr.
Sessiles), formato dalla sola Famiglia de’ Fissivalvi (Fi-
xivalvia; fr. Fixivalves), cui spettano i generi Orbi-
cule di Schumacher, Cranie, Acarde, od Ostracite di
Lapeyrouse, ed eziandio Radiolite di Lamarck, e final-
mente fors’ anche il genere Sphérulite?
La sesta Classe finalmente di questi Cefalidiani, conte-
nente, com’ enunciammo, i Molluschi Conchiferi, è co-
stituita da quattro Ordini, il più delle volte a bastanza
vistosi, e de’ quali, tanto il primo, quanto il quarto, ven-
nero perciò divisi cadauno in due Sott’ ordini, o, se così
vogliasi, in due sezioni d’Ordine.
L’Ordine I, sotto il nome di Patulipallii, od aventi
aperto il loro nicchio (Patulipalla; fr. Manteaux-ou-
[Seite 291] verts), comprende, nel Sott’ ordine de’ Mesomioni (Me-
somyona; fr. les Mésomyones), le tre distinte Famiglie
– 1. degli Ostracei (Ostracea; fr. les Ostracés), cui
spettano i generi Calcéole, Gryphée, Jodamie, Huître,
Vulselle, Producte, Podopside, Anomie, Plicatule, o
Spondylus di Schumacher, Placune, o Placenta di Schu-
macher, Houlette, Lime, Dianchore, e Plagiostome
– Fam. 2. de’ Pectinidi (Pectinides; fr. les Pectinides),
a cui appartengono il genere Peigne, comprendente a un
tratto, l’Amusium, la Janira, il Pecten, e il Pallium
di Schumacher, ed eziandio il genere Spondyle – e Fam. 3.
degli Oxigoni (Oxygona; fr. les Oxygones), cui spet-
tano i generi Mullérie, Crénatule, Gervillie, Perne, o
Mellina di Schumacher, Marteau, o Himanthopoda di
Schumacher, Pintadine, o Perlamater di Schumacher,
Avicule, e Pinne, oltre all’ Inocérame di Sowerby; –
mentre comprende poi nel Sott’ ordine de’ Plagimioni
(Plagimyona; fr. les Plagimyones), l’unica Fam. 4.
degli Arcacei (Arcacea; fr. les Arcacés), nella quale
annoveransi i generi Cucullée, Arche, Pétoncle, Nucule,
o Leda di Schumacher, e Trigonie, oltre al novello ge-
nere Neithée di Drouet, pel quale Vedi Fèrussac, Bul-
letin des Sciences naturelles, N.° 9. per l’anno 1824.
L’Ordine II, sotto il nome di Biforipallii, ch’ è quanto
dire portanti due buchi nel loro nicchio, (Biforipalla;
fr. les Manteaux-biforès), racchiude le due distinte Fa-
miglie – 1. de’ Mitilacei (Mytilacea; fr. les Mytilacés),
cui spettano i generi Moule, e Modiole, formanti in-
sieme il solo genere Perne di Schumacher, senza che
abbiavi nulla a che fare il di lui genere Moule, che cor-
risponde agli Anodontes di Lamarck, e quindi poi an-
che il genere Lithodome – e Fam. 2. de’ Najadei (Na-
yades; fr. les Nayades), in cui connumeransi i generi
Anodonte, Iridine, Mulette, comprendente l’Unio,
[Seite 292] la Margaritina, e la Cristaria di Schumacher, il genere
Hyrie, o Paxyodon di Schumacher, e finalmente il ge-
nere Castalie; tutti quanti generi frequentanti le acque
dolci.
L’Ordine III, sotto il nome di Triforipallii, come chi
dicesse aventi tre fori distinti nel loro nicchio, (Trifori-
palla; fr. Manteaux-triforés), non comprende se non
l’unica Famiglia de’ Tridacniti (Tridacnites; fr. les Tri-
dacnites), cui spettano i pochi generi Hippope, Tri-
dacne, e fors’ anche il genere Gataron d’Adanson?, al-
meno a quanto pare.
L’Ordine IV, sotto il nome di Tubulipallii, ch’ è quanto
dire aventi il loro nicchio conformato, più che altro, a
foggia di tubetto (Tubulipalla; fr. Manteaux-tubuleux),
comprende dodici ben distinte Famiglie, delle quali le
prime undici formano il Sott’ ordine dogli Uniconchi (Uni-
conchae; fr. les Uniconques), ulteriormente suddivisi
in Clausiconchi (le 8. prime Famiglie), e in Ianticonchi
(le Famiglie 9. 10. e 11), mentre l’ultima sola poi,
o la duodecima ne costituisce il Sott’ ordine de’ Tubicoli
(Tubicola; fr. les Tubicoles). Tali Famiglie sono: –
Fam. 1. de’ Camacei (Chamacea; fr. les Camacés), cui
spettano i generi Éthérie di Férussac, Came, o Chama,
ed anche Arcinella di Schumacher, e finalmente il genere
Dicérate – Fam. 2. de’ Cardiacei (Cardiacea; fr. les
Cardiacés), in cui contansi i generi Isocarde, o Bucar-
dia di Schumacher, Cypricarde, o Libitina di Schu-
macher, Bucarde, Hémicarde, Cardite, e Vénéricarde
– Fam. 3 de’ Cicladini (Cycladina; fr. les Cycladines),
nella quale annoveransi i generi Cyclade, Cyprine, od
Arctica di Schumacher, Galathée, e Cyréne, a’ quali
è forse d’aggiugnersi anche il genere Tridonta di Schu-
macher – Fam. 4. de’ Veneridi (Venerides; fr. les Vé-
nérides), in cui contasi, oltre al genere Cythérée, che
[Seite 293] comprende a un tratto la Cytherea, la Venus, la Len-
tillaria, la Circe, e l’Anomalocardia di Schumacher,
anche il genere Vénus di Latreille, che corrisponde alla
Gastrana monstruosa di Schumacher, alla Mercenaria,
alla Tapes, ed alla Antigona d’altri, e poi anche il ge-
nere Vénérupe – Fam. 5. de’ Tellinidi (Tellinides; fr.
les Tellinides), alla quale appartengono, sotto la qua-
lificazione di Litofagi, il genere Petrifore, formato di
specie che Lamarck considera come attenenti al genere
Vénérupe, ed i generi Petricole, e Saxicave, o Bys-
somie di Cuvier; quindi sotto la qualificazione di Sabu-
licoli, i generi Corbeille, od Idothea di Schumacher, e
fors’ anche Myrtea di Turton, Crassine, od Astarté di
Sowerby, e fors’ anche Goodallia di Turton, Lucine,
Loripéde di Cuvier, e di Poli, od anche Amphidesma
lucina, e Lucina lactea di Lamarck, Capse, od Iphi-
genia di Schumacher, Donace, corrispondente a un tratto
al Donax, alla Meroe, all’ Ecuba, e alla Latona di
Schumacher, Tellinide, Telline, corrispondente a un
tratto, per Schumacher, alla Tellina, all’ Omala, alla
Phylloda, alla Gastrana, e alla Donacina, ch’ è poi
la Tellina polygona di Lamarck, e fors’ anche alla Se-
mele? dello stesso Schumacher, che dovrebb’ essere la
Tellina crassa di Lamarck; poi ancora i generi Psam-
mobie, o Gari di Schumacher, Psammotée, od Agina
di Turton, e finalmente il genere Sanguinolaire, o sia
Capsula, ed anche Lobaria di Schumacher – Fam. 6.
de’ Corbulei (Corbulaea; fr. les Corbulés), cui spet-
tano i soli due generi Corbule, o Periploma di Schuma-
cher, e Pandore – Fam. 7. de’ Mattracei (Mactracaea;
fr. les Mactracés), in cui contansi i generi Érycine,
Onguline di Sowerby, Crassatelle, Mactre, e Solémye,
l’ultimo de’ quali potrebbe per avventura appartenere be-
nissimo a una delle seguenti due Famiglie 9, o 10. –
[Seite 294] Fam. 8. degli Anfidesmiti (Aniphidesmites; fr. les Ani-
phidesmites, od anche les Lavignons per Cuvier), cui,
sebbene non ascrivasi insino ad ora se non soltanto il
genere Amphidesme, sembra però che abbiano ad ascri-
versi eziandio i generi Listera, Lyonsia, e Cryptodon
di Turton – Fam. 9. de’ Miarj (Myaria; fr. les Myai-
res), alla quale appartengono i generi Lutraire, Ana-
tine, probabilmente Anatina?, ma forse meglio Auri-
scalpium? di Schumacher, e Mye, coll’ aggiunta fors’ anco
delle Sphénies di Turton, e delle Scrobiculariae dello
stesso Schumacher, che ben di poco differiscono dalle
Mïes – Fam. 10. de’ Solenidi (Solenides; fr. les Solé-
nides), cui spettano i generi Panopée, Hiatelle, o Dio-
donta di Schumacher, Glycimère, Solen, comprendente
a un tratto il Solen, la Leguminaria, la Siliquaria, il
Cultellus, e l’Ensis di Schumacher, e finalmente i ge-
neri Gastrochéne, Pholadomye di Sowerby, e Lepton
di Turton – Fam. 11. de’ Foladarj (Pholadariae; fr.
les Pholadaires), la quale non consta, se non del genere
infino ad ora unico, Pholade – e Fam. 12., comprendente
in sè, come già s’è detto, l’intiero Sott’ ordine de’ Tu-
bicoli, sotto la speciale denominazione sistematica di Te-
rediniti (Teredinites; fr. les Térédinites), e che viene
costituita dal genere Taret, giuntovi probabilmente anche
il genere Xylophage di Turton, e quindi da’ generi Té-
rédine, Cloisonnaire, Fistulane, e Clavagelle.
La seconda Razza de’ Cefalidiani, giusta quanto già ne
accennammo nell’ esporne la generale distribuzione, è co-
stituita dagli Elmintoidi, e viene qui ripartita in sole due
Classi, che sono: 1. la Classe de’ Cirripedi (Cirripedes;
fr. Cirripèdes), e 2. la Classe degli Anellidi od Annulosi
(Annulosa; fr. Annélides).
La prima di tali due Classi non consta se non di due
Ordini soltanto.
L’Ordine I, sotto il nome di Polibranchj (Polybran-
chia; fr. Polybranches), contiene le due piccole seguenti
Famiglie – 1. de’ Gimnodermi, od aventi nuda affatto la
pelle loro esteriore, (Gymnoderma; fr. les Gymnoder-
mes), alla quale spettano i due generi Cinéras, ed Otion,
o sia Malacotta di Schumacher – e Fam. 2. degli Ostra-
codermi, ch’è quanto chi dicesse aventi, invece di pelle
esteriore, un tal qual guscio alla maniera dell’ Ostriche,
(Ostracoderma; fr. les Ostracodermes), cui apparten-
gono i generi Lithotrye di Sowerby, Anatifa, o forse
Senoclita? di Schumacher, e Pouce-pied, o Ramphidiona
di Schumacher.
L’Ordine II, sotto il nome di Dibranchj (Dibran-
chia; fr. Dibranches), racchiude anch’ esso le sole due
seguenti piccole Famiglie – 1. de’ Quadrifori (Quadri-
fora; fr. les Quadrifores), cui ascrivonsi i generi Tu-
bicinelle, Coronule, o sia Diadema di Schumacher,
Balane, ed Acaste, o veramente Tetraclita di Schumacher
– e Fam. 2. de’ Bifori (Bifora; fr. les Bifores), nella quale
contansi i generi Crèusie, o Verruca di Schumacher, e
Pyrgome.
La seconda poi di queste così fatte Classi, vale a dire
la Classe de’ Cefalidiani Elmintoidi Anellidi, od Annu-
losi, consta di quattro Ordini distinti, i tre primi de’ quali
ne formano la prima Sezione, mentre il quarto ne costi-
tuisce da sè solo la Sezione seconda, senza che a que-
ste due Sezioni di Classe sia stato dal Latreille applicato
infino ad ora alcun nome particolare, di modo che sono,
per quelle, da ritenersi i nomi di Cefalobranchj, e d’En-
terobranchj. Del resto:
L’Ordine I, sotto il nome di Notobranchj (Notobran-
chia; fr. Notobranches, ossiano Dorsibranches per Cu-
vier, o Nérèïdées per Savigny), racchiude le seguenti
cinque diverse Famiglie – 1. degli Afroditi (Aphroditae;
[Seite 296] fr. les Aphroditées), ove contansi i generi Palmyre, Aphro-
dite, od Halithea di Savigny, ed il genere Polynoë –
Fam. 2. degli Eunicei (Eunicaea; fr. les Éunicées),
cui spettano i generi Eunice, o Léodice di Savigny, Ly-
sidice, OEnone, ed Aglaure – Fam. 3. de’ Nereidei
(Nereidaea; fr. les Néréïdées), alla quale ascrivonsi i
generi Néréïde, o Lycoris di Savigny, Nephtis, Ary-
cie, Glycère, Ophélie, Hésione, Myriane, Phyllodoce,
e Syllis – Fam. 4. de’ Solenicoli (Solenicola; fr. les
Solénicoles), cui non appartengono finora se non i soli
due generi Spio, e Triops – e Fam. 5. degli Anfinomei
(Amphinomaea; fr. les Amphinomées), ove connume-
ransi il genere Amphinome, o sia Pléïone di Savigny,
ed i generi Chloé, ed Euphrosyne.
L’Ordine II, sotto il nome di Cefalobranchj (Ce-
phalobranchia; fr. Céphalobranches, o siano Tubico-
les, o anche Pinceaux-de-mer di Cuvier, o Serpulées
di Savigny), contiene le quattro seguenti Famiglie – 1. dei
Serpulei (Serpulaea; fr. les Serpulées), alla quale spet-
tano i generi Magile, Galéolaire, Serpule, Spirorbe, e
Vermilie – Fam. 2. de’ Sabellei (Sabellaea; fr. les Sa-
bellées), in cui contansi i soli due generi Sabelle, od
Amphitrite di Lamarck, e Spirographe – Fam. 3. degli
Anfitritei (Amphitritaea; fr. les Amphitritées), a cui
ascrivonsi i generi Hermelle, o Sabellaire di Lamarck,
Térèbelle, Pectinaire, che per Savigny non forma se non
soltanto la seconda tribù del suo genere Amphicténe, ed
Amphitrite, che per Savigny diviene la prima tribù dello
stesso suo genere Amphicténe – e Fam. 4. degli Ecodonti
(OEcodonta; fr. les OEcodontes), in cui non hannosi
se non i soli due generi Dentale, e Siliquaire, l’ultimo
de’ quali è anche dubbioso.
L’Ordine III, sotto il nome di Mesobranchj (Meso-
branchia; fr. Mésobranches), non racchiude se non la
[Seite 297] sola Famiglia – 1. delle Teletuse (Telethusae; fr. les
Téléthuses), alla quale ascrivonsi i due generi Aréni-
cole, e Branchellion.
L’Ordine IV, formante, come dicemmo, da sè solo
la seconda Sezione della Classe degli Anellidi, sotto il
nome di Enterobranchj (Enterobranchia; fr. Entéro-
branches, che corrispondono agli Abranches di Cuvier),
comprende le seguenti quattro distinte Famiglie – 1. delle
Maldanie (Maldaniae di Savigny; fr. les Maldanies),
a cui non è d’ascriversi infìno ad ora se non il solo ge-
nere Clyméne – Fam. 2. de’ Lumbricini (Lombricini;
fr. les Lombricines), ove contansi i generi Thalassème,
Lombric, od Enterion di Savigny, ed Hypogoeon, i
quali sono tutti e tre terrestri, ed i generi Cirratule,
Tubifex, Naïde, e Stilaire, che tutti quattro sono acqua-
juoli – Fam. 3. de’ Filiformi (Filiformia; fr. les Fili-
formes), a’ quali non appartiene più che il solo genere
Dragonneau – e Fam. 4. degli Irudinei (Hirudinea; fr.
les Hirudinées), nella quale comprendonsi i generi Tro-
chétie, in quanto almeno le specie ne siano sempre ter-
restri, Branchiobdelle, Albione, Haemocharis, o Pi-
scicole di Lamarck, Bdelle, Sangsue, o sia Sanguisuga
di Savigny, Haemopis, Nephalis, od Erpobdelle di La-
marck, e Clepsine, o del pari Erpobdelle del medesimo
Lamarck.
La terza ed ultima Razza de’ Cefalidiani è, giusta ciò
che dicemmo fin da principio, quella de’ Condilopi, che
consta de’ due grandi Rami: I. degli Iperexapedi, vale a
dire aventi sempre più di sei piedi o zampettine, (Hy-
perhexapi; fr. Hyperhexapes, od anche Apiropodes di
Savigny), composto di tre Classi, e Ramo II. degli Exa-
podi (Hexapoda; fr. Hexapodes), composto d’una Classe
sola, che diviene qui la quarta della Razza de’ Cefalidiani.
La prima Classe contiene i così detti Crostacei (Cru-
[Seite 298] stacea; fr. Crustacés), e consta di nove Ordini distinti,
i primi sette de’ quali ne costituiscono la Sezione de’ Ma-
scellosi (Maxillosi; fr. les Maxillaires), mentre i ri-
manenti due Ordini, il 7.° cioè, e l’ 8.°, ne formano la
Sezione degli Sdentati (Edentata; fr. les Édentés, od
anche les Branchiopodes poecilopes dello stesso nostro
Latreille nel Régne Animal di Cuvier).
L’Ordine I, sotto il nome di Decapodi (Decapoda;
fr. Décapodes), comprende le seguenti, a bastanza ben
distinte, Famiglie – 1. de’ Brachiuri (Brachyura, e già
Canceres brachyuri di Linneo; fr. les Brachyures), alla
quale appartengono (1. Tribù – Quadrilateri), i generi
Ocypode, Gélasime, Mictyre, Pinnothére, Gècarcin,
Cardisome, Uca, Plagusie, Grapse, Macrophthalme,
Rhombille, o anche già Gonoplace, Trapézie, Mélie,
od anche già Grapsus tesselatus, Trichodactyle, corri-
spondente, per quanto pare, già anche alla Telphusa
quadrata?, Telphuse, già prima Potamophile dello stesso
nostro Latreille, che, compresovi la Telphusa quadrata,
di cui pur ora, le ritenne allora tutte come Crabes d’eau-
douce de l’ancien Continent, ed Eriphie: (2. Tribù –
Arcuati), i generi Pilumne, Crabe, Tourteau, Piri-
mèle, Atélécycle, Podophthalme, Lupe, Chéiragone?,
Portune, Thia, Platyonique, o Portumnus di Leach,
e forse Polybie dello stesso Leach: (3. Tribù – Orbico-
lati), i generi Matute, Orithye, Coryste, Leucosie,
Hépate, e Mursie: (4. Tribù – Criptopodi), i due soli
generi Calappe, ed Aethra: (5. Tribù – Trigoni), i ge-
neri Parthénope, Eurynome, Mithrax, Hyménosome,
Pise, Sténocionops, Micippe, Maïa, Sténops, Hyas,
Halime, Camposcie, Inachus, Sténorhynque, Lepto-
podie, Pactole, e Lithode: (6. Tribù – Notopodi), i
generi Dromie, Dynomène, Homole, o Thelxiope di
Rafinesque, Dorippe, e Ranine – Fam. 2. de’ Macrouri
[Seite 299] (Macroura, per la massima loro parte corrispondenti ai
Canceres macrouri di Linneo; fr. les Macroures), alla
quale ascrivonsi, come anomali, (1. Tribù – Ippidi), i ge-
neri Albunée, Hippe e Rémipéde: (2. Tribù – Pagu-
ri), i generi Birgue, Cénobite, o Pagurus clypeatus
per altri, Pagure, e Prophylace; e quindi poi, come Pin-
nicaudi, (3. Tribù – Palinurini, o Langostini), l’unico
genere Langouste: (4. Tribù – Scillaridi), i soli due ge-
neri Scyllare, e Théne: (5. Tribù – Galatini), i generi
Éryon di Desmarest, Ianire di Risso, Mégalopode,
Galathée, e Porcellane: (6. Tribù – Astacini), i generi
Thalassine, Gébie, Axie, Callianasse, Nephrops, Ho-
mard, ed Ecrevisse: (7. Tribù – Caridi, o Salico-
ques), i generi Pénée, Sténope, o Palaemon hispidus
di Olivier, Alphée, Hippolyte, Pontonie, Autonomée,
Gnatophylle, Hyménocère, Nika, o Processa di Leach,
Palémon, Lismate, Athanas, Atye, Égèon, o Ponto-
phile di Leach, Crangon, Pandale, e Pasiphée, o Pa-
siphaea di Savigny, od anche Alphaeus sivado di Ris-
so: (8. Tribù – Schizopodi), i generi Mulcion, Mysis,
Cryptope, Nébalie, Zoé, e Condylure.
L’Ordine II, sotto il nome di Stomapodi (Stomapoda;
fr. Stomapodes, o anche Branchiopodes per Cuvier una
volta tempo fa), non racchiude che soltanto le due se-
guenti Famiglie – 1. degli Unipeltati (Unipeltata; fr. les
Unipeltés), cui spettano i generi Squille, Gonodactyle,
Coronide, Erichte, o Smerdis di Leach, ed Alime –
e Fam. 2. de’ Bipeltati (Bipeltata; fr. les Bipeltés), alla
quale non viene ascritte finora, se non l’ unico genere Phyl-
losome.
L’Ordine III, sotto il nome di Lemodipodi (Laemo-
dipoda; fr. Laemodipodes, o anche Isopodes cysti-
branches per Cuvier), non contiene che soltanto le se-
guenti due ben piccole Famiglie – 1. degli Ovali (Ovalia;
[Seite 300] fr. les Ovales), formata dall’ unico genere Cyame – e Fam.2.
de’ Filiformi (Filiformia; fr. les Filiformes), a cui spet-
tano i tre generi Chevrole, Proton e Leptomère.
L’Ordine IV, sotto il nome d’Anfipodi (Amphipoda;
fr. Amphipodes), comprende le seguenti quattro Fami-
glie – 1. de’ Gammarini (Gammarinae; fr. les Crevet-
tines), cui ascrivonsi i generi Cèrape, Leucothoé, Mé-
lite, Amphithoé, Dexamine, Crevette, Phéruse, Orche-
stie, Talitre, Atyle, Corophie, Podocére, Jasse, e
Phronime – Fam. 2. degli Uropteri (Uroptera; fr. les
Uroptéres), che è formata da’ soli due generi Hypérie,
e Phrosine di Risso, e di Desmarest, o Dactilocère, al-
trove per lo stesso Latreille – Fam. 3. de’ Diecipiedi (De-
cempedes; fr. les Décempèdes), cui spettano i tre ge-
neri Typhis, Ancèe, e Pranize, od anche Oniscus coeru-
leatus di Montague – e Fam. 4. degli Eteropi (Heteropa; fr.
les Hétéropes), alla quale appartengono i generi Apséude,
Ione, o sia Coelino di Leach, e Ptérygogère.
L’Ordine V, sotto il nome di Isopodi (Isopoda; fr.
Isopodes), racchiude in complesso sei Famiglie, delle quali
le cinque prime ne formano il Sott’ ordine degli Acquajuoli
od Acquatici, mentre dalla sola sesta n’è costituito il Sot-
t’ordine de’ Terrestri; ed eccone qui ora le Famiglie –
1 degli Epicaridi (Epicarides; fr. les Épicarides), alla
quale non appartiene infino ad ora che soltanto il genere
Bopyre – Fam. 2. de’ Cimotoadi (Cymothoada; fr. les
Cymothoadés), cui spettano i generi Ichthyophile, o
Cymothoa di Leach, e fors’ anco Ergina cervicornis di
Risso?, AEga, Synodus, Cirolane, Eurydice, Nélocire,
Limnorie, e Sérole – Fam. 3. degli Sferomidi (Sphaero-
mides; fr. les Sphaeromides), in cui hanno luogo i ge-
neri Anthure, Zuzare, Sphérome, Campécopée, Cy-
licée, Nésée, Dynaméne, e Cymodoce – Fam. 4. degli
Aselloti (Asellota; fr. les Asellotes), ove sono collocati
[Seite 301] i pochi generi Aselle, Oniscode, o Ianira di Leach, e
Jaera – Fam. 5. degli Idoteidi (Idoteides; fr. les Ido-
teïdes), cui appartengono i tre generi Idotée, Arcture,
e Sténosome – e Fam. 6. de’ Cloportidi, o degli Oniscidi
(Oniscides; fr. les Cloportides), componente, come s’ è
detto, di per sè sola il Sott’ ordine degli Isopodi terrestri,
in cui connumeransi i generi Lygie, Tylos, Philoscie,
Cloporte, Porcellion, ed Armadille.
L’Ordine VI, sotto il nome di Lofiropodi (Lophyropo-
da; fr. Lophyropodes), comprende le sole due seguenti
piccole Famiglie – 1. degli Univalvi (Univalvia; fr. les
Univalves), ch’ è formata infino ad ora dall’ unico genere
Cyclope – e Fam. 2. degli Ostracodi (Ostracoda; fr.
les Ostracodes), cui riferisconsi i generi Polyphéme,
Daphnie, Lyncée, Cypris, e Cythérée, i due ultimi dei
quali formavano già l’Ordine degli Ostrapodi di Strauss.
L’Ordine VII, sotto il nome di Fillopodi (Phyllo-
poda; fr. Phyllopodes), racchiude le seguenti due Fa-
miglie – 1. degli Aspidifori (Aspidiphora; fr. les Aspi-
diphores), a cui appartengono i due generi Limnadie,
compresovi probabilmente alcune specie del genere Lyn-
cée di Muller, ed Apus – e Fam. 2. de’ Ceratoftalmi,
od aventi gli occhi in cima ad una sorte di cornicini
(Ceratophtalma; fr. les Cératophtalmes), cui spettano in
fino ad ora i due soli generi Branchipe, ed Artèmie.
NB. Rimane qui per avventura nel sistema Latreillano
una lacuna, che è possibile abbia ad esser riempiuta da
un Ordine apposito de’ Trilobiti (Trilobites; fr. Trilo-
bites), costituito dalle due Famiglie – 1. de’ Contrat-
tili (Contractiles; fr. les Contractiles) – e 2. de’ Di-
stesi (Extensi; fr. les Étendus), ove collocherannosi
convenevolmente i generi Calymène, Agnoste, Asaphe,
Ogygic, e Paradoxide di Brongniart; semprechè al-
meno riconoscansi in questi Trilobiti traccie de’ piedi,
[Seite 302] onde quasi riterrebbonsi mancanti; supposta mancanza
che indusse il Latreille a riguardarli finora, come più
che altro, affini al genere Oscabrion, tra i Lamellati
Agami exocefali peltococlidi ciclobranchj, nella Razza
de’ Molluschi, e Serie de’ Cefalidiani.
L’Ordine VIII, il primo de’ due che formano la se-
zione de’ Crostacei sdentati, sotto il nome di Xifosuri (Xy-
phosura; fr. Xyphosures), non racchiude se non una
Famiglia sola, composta anch’ essa dall’ unico genere Li-
mule.
L’Ordine IX, sotto il nome di Sifonostomi (Sipho-
nostoma; fr. Siphonostomes), comprende le due se-
guenti Famiglie – 1. de’ Caligidi (Caligides; fr. les Ca-
ligides), di cui entrano a far parte i generi Argule, Ca-
lige, Dinemoure, Anthosome, Pterygopode, e Cecrops
– e Fam. 2. de’ Lerneiformi (Lernaeiformes; fr. les Ler-
néiformes), formata infino ad ora dall’ unico genere Di-
chélestion, prossimo ai Cyames secondo Strauss.
La seconda Classe de’ Cefalidiani condilopi iperexapodi
racchiude le Aracnidi, o gl’ Insetti ragniformi (Arachni-
des; fr. Arachnides), e consta de’ due Ordini seguenti.
L’Ordine I, sotto il nome di Polmonari (Pulmona-
riae; fr. Pulmonaires), non abbraccia che le due se-
guenti Famiglie – 1. de’ Pedipalpi (Pedipalpi; fr. les
Pédipalpes), alla quale ascrivonsi, come Scorpionidi
(1. Tribù), i generi Scorpion, e Buthus, e come Ta-
rantole (2. Tribù), i generi Thélyphone, e Phryne –
e Fam. 2. delle Araneidi (Araneides; fr. les Aranéïdes),
cui spettano, come formantine la Sezione delle Tetra-
pneumonie, i generi Mygale, Ctènize, o per taluni les
Aranéïdes maçonnes, Atype, Ériodon, Filistrate, e
Dysdére, e come formantine la ben vistosa sezione delle
Dipneumonie (1. Tribù – Tubitele sedentarie), i generi
Clotho, Drasse, Ségestrie, Clubione, Araignée, e Ar-
[Seite 303] gyronéte: (2. Tribù – Inequitele, sedentarie anch’ esse),
i generi Théridion, Scythode, Épisine, e Pholcus:
(3. Tribù – Orbitele corritrici, od anche cacciatrici),
i generi Linyphie, Ulobore, Tetragnathe, ed Épéïre:
(4. Tribù – Laterigrade), i generi Thomise, Philodro-
me, Micrommate, e Sénélope: (5. Tribù – Citigrade,
vagabonde od erratiche), i generi Oxyope, Cténe, Ly-
cose, Doloméde, e Myrmècie: (6. Tribù – Saltigrade),
i generi Érese, e Saltique.
L’Ordine II, sotto il nome di Trachearie (Trachea-
riae; fr. Trachéennes), comprende le seguenti sette di-
stinte Famiglie – 1. delle Picnogonidi (Pycnogonides;
fr. les Pycnogonides), ove annoveransi i generi Nym-
phon, Ammothée, Phoxichile, e Pycnogonon – Fam. 2.
de’ Pseudoscorpioni, o Falsi-scorpioni (Pseudoscorpio-
nes; fr. /es Faux-scorpions), cui spettano i generi
Obisie, Pince, e Galéode – Fam. 3. delle Falangiti, o
Falangiane (Phalangitae; fr. les Phalangiennes), alla
quale ascrivonsi i generi Gonolepte, Faucheur, Tro-
gule, Ciron, e Macrochèle, od Acarus marginatus,
ed anche Acarus testudinarius di Hermann – Fam. 4.
delle Acaridi (Acarides; fr. les Acarides), cui appar-
tengono i generi Trombidion, Érythrée, Gamase, Cé-
hyléte, Uropode, Oribate, ed Eylaïs – Fam. 5. delle
Idracnelle (Hydrachnellae; fr. les Hydrachnelles), for-
mata infino ad ora unicamente da’ due generi Hydra-
chne, e Lymnochare – Fam. 6. de’ Ticchj, o delle Ri-
cinie (Riciniae; fr. les Tiques), cui riferisconsi i due
generi vagabondi Bdelle, e Smaris, com’ anco i due ge-
neri Ixode, ed Argas, i quali vivono sempre parassiti-
camente, ma però soltanto sopra qualche animale verte-
brato – e Fam. 7. delle Microftire (Microphthira; fr.
les Microphthires), alla quale sono da rapportarsi i quat-
tro generi Caris, Lepte, Achlysie, ed Astome.
La terza Classe de’ Cefalidiani condilopi iperexapodi,
comprende i Miriapodi, che tradurremmo per Millepiedi
propriamente detti (Myriapoda; fr. Myriapodes), i
quali distribuisconsi ne’ seguenti soli due Ordini.
L’Ordine I, sotto il nome di Chilognati, e forse me-
glio ancora di Chiloglossi? (Chilognatha; fr. Chilogna-
thes), racchiude le due distinte Famiglie – 1. degli An-
guiformi (Anguiformia; fr. les Anguiformes), cui ri-
ferisconsi i generi Gloméris, Iule, Polydême, e Cra-
spedosome – e Fam. 2. de’ Pennicillati (Penicillata;
fr. les Pénicillés), formata infino ad ora dall’ unico ge-
nere Pollyxéne.
L’Ordine II, sotto il nome di Chilopodi (Chilopoda;
fr. Chilopodes), comprende anch’ esso le sole due se-
guenti Famiglie – 1. degli Inequipedi (Inaequipedes; fr.
les Inaequipèdes), di cui non entra a far parte se non
soltanto l’unico genere Scutigère – e Fam. 2. degli
Equipedi (AEquipedes; fr. les AEquipèdes), alla quale
ascrivonsi i generi Lithobie, Scolopendre, Crytops, e
Géophile.
La quarta Classe poi, formante il secondo Ramo della
Razza de’ Cefalidiani condilopi, è, come di già sponem-
mo, quella che racchiude tutti quanti gli Exapodi, che
è quanto dire gl’ Insetti propriamente detti (Insecta; fr.
Insectes), e consta di undici Ordini distinti, che ripar-
tisconsi in due sezioni, la prima delle quali comprendente,
ne’tre soli primi Ordini, tutti gl’ Insetti apteri (Aptera;
fr. les Aptéres), mentre la seconda racchiude ne’ ri-
manenti otto suoi Ordini, il più delle volte assai vi-
stosi, tutti indistintamente gl’ Insetti alati o provveduti
d’ ali (Alata; fr. les Ailés), de’ quali consideratisi, sotto
il nome particolare di Elitropteri (Elytroptera; fr. Ély-
troptéres), quelli che contansi negli Ordini IV, V e VI,
e sotto l’altro nome di Anelitri (Anelytra, e Gymno-
[Seite 305] ptera già di Linneo; fr. Anélytres), quelli che con-
tansi ne’ rimanenti Ordini VII, VIII, IX e X, l’XI es-
sendone riserbato pe’ soli Insetti dipteri, o muniti uni-
camente di due ali (Diptera; fr. les Diptéres).
L’Ordine I, sotto il nome di Tisanouri (Thysanoura;
fr. Thysanoures), contiene unicamente le due Famiglie –
1. delle Lepismene (Lepismenae; fr. les Lépismènes),
cui riferisconsi i due soli generi Machile, e Lépisme –
e Fam. 2. delle Podurelle (Podurellae; fr. les Podu-
relles), a cui ascrivonsi gli altri due generi Podure, e
Sminthure.
L’Ordine II, sotto il nome di Parassiti (Parasita;
fr. Parasites), contiene del pari le seguenti due sole Fa-
miglie – 1. de’ Mandibolati (Mandibulata; fr. les Man-
dibulés), cui spettano i generi Ricin, Gyrope, Nirme,
e Trichodecte – e Fam. 2. de’ Sifonculati (Siphunculata,
fr. les Siphonculés), alla quale ascrivonsi i generi Pou,
Hoemotopine, e Phtire.
L’Ordine III, sotto il nome di Sifonapteri (Sipho-
naptera; fr. Siphonaptéres), non è composto se non
d’una sola Famiglia racchiudente anch’ essa l’unico ge-
nere Puce.
L’Ordine IV, il primo ad un tempo degli Alati, e
degli Elitropteri (Elytroptera; fr. Elytroptéres), poi-
chè tali sono pure da ritenersi anche l’Ordine V, e l’Or-
dine VI, i rimanenti VII, VIII, IX e X, divenendo
invece Anelitri, o Gimnopteri, come diremo a suo luogo,
sotto il nome di Coleopteri (Coleoptera; fr. Coléopté-
res), racchiude un numero così grande d’ Insetti, che
fu duopo ripartirli ulteriormente ne’ quattro Sott’ ordini
che fanno loro prendere i nomi di: a) Pentameri (Pen-
tamera; fr. les Pentaméres), composto di sei Famiglie:
b) di Eteromeri (Heteromera; fr. les Hétéromères),
composto di quattro Famiglie: c) di Tetrameri (Tetra-
[Seite 306] mera; fr. les Tetrameres), composto di cinque Fami-
glie: d) di Trimeri (Trimera; fr. les Trimères), com-
posto di tre sole Famiglie; ed in fine: e) di Monomeri
(Monomera; fr. les Monomères).
a). Quanto a’ Pentameri, tali ne sono appunto le Fa-
miglie – 1. degli Adefagi, o Predaci (Adephagi; fr.
les Carnassiers), cui appartengono, come terrestri:
(1. Tribù – Cicindelete), i generi Manticore, Méga-
céphale, Cicindèle, Thérate, Cténosome, Tricondyle,
e Colliure: (2. Tribù – Carabici), i generi Troncati-
penni, Anthie, Helluo, Graphiptère, Aptine, Brachine,
Catascope, Galérite, Drypte, Zuphie, Polistique, Cor-
diste, Casnonie, Odacanthe, Agre, Cyminde, Cal-
léide, Plochione, Lébie, Lamprie, Dromie, e Deme-
trias; poi i generi Bipartiti, Encélade, Siagone, Carè-
num, Scarite, Acanthoscèle, o Scarites ruficornis di
Fabricius, Oxystome, e Scarites cylindricus di Déjean,
Pasimaque, Clivine, Dischéric, Ozène, Morion, Ari-
ste, ed Apotome, quindi i generi Toracici, Acinope,
Harpale, Ophone, Sténolophe, Tréchus, Blémus, Ma-
sorée, Zabre, Pélor, Amare, Pseudomorphe di Kir-
by, Poecile, Molops. Céphalote, Stomis, Platysme,
Percus, Abax, Omasée, Stérope, Ptérostique, Co-
phose, Céphalote, Stomis, Sphodre, Laemosthène,
Dolique, Calathe, Taphrie, Anchomène, Platyne,
Agone, Calliste, Chlaenie, Oode, Rembe, Dicaele,
Licine, Badister, Patrobe, Microcéphale, Pélécie,
Panagée, Loricére, e Trichognathe, poi i generi Ab-
dominali, Pambore, Cychrus, Scaphinote, Tefflus, Pro-
cère, Procruste, Carabe, Calosome, Leistus, o Po-
gonophore, Nébrie, Omophron, Blethîse, Élaphre,
e Notiophile, e finalmente il genere Subulipalpo, Bem-
bidion – appartengono poi ulteriormente a questa stessa
1. Famiglia, come Adefagi acquajuoli od acquatici:
[Seite 307] (3. Tribù – Idrocantari), i generi Dytique, Colym-
bète, Notére, Hygrobie, Hyphydre, Hydropore, ed
Haliple: (4. Tribù – Giriniti), il genere Gyrin –
Fam. 2. de’ Brachelitri, o Brachipteri (Brachyptera;
fr. les Brachélytres), in cui comprendonsi: (1. Tribù
– Fissilabri), i generi Oxypore, Astrapée, Staphylin,
Xantholin, Pinophile, e Lathrobie: (2. Tribù – Lon-
gipalpi), i generi Pédère, Stilique, Stène, ed Évae-
sthète: (3. Tribù – Depressi, od appianati), i generi
Prognathe, o Siagone di Kirby, Zirophore di Dalman,
o Leptochire di Germar, Osorius, Oxytèle, Pieste,
Omalie, Lestéve, Protéïne, ed Aléochare: (4. Tribù
– Microcefali), i generi Loméchuse, Tachine, e Ta-
schipore – Fam. 3. de’ Serricorni (Serricornes; fr. les
Serricornes), cui appartengono, come Sternossi: (1. Tri-
bù – Buprestidi), i generi Bupreste, Aphanistique,
compresovi uno de’ Trachis di Fabricius, ed inoltre i
generi Galba, Mélasis, Phyllocère, Cérophyte, e for-
s’ anco i generi poco conosciuti Ptyocerus, e Ripidius
di Thunberg?: (2. Tribù – Elateridi), i generi Lis-
sode, Cryptostome, Nématode, od Elater filum per
altri, Eucnémis, od Elater deflexicollis per altri, Exoph-
thalme, od Elater mesomelas, ed anche Elater li-
nearis, ec. per altri, Hémirhipe, od Elater lineatus
per altri, Taupin, Ludie, od Elater ferrugineus con
parecchj altri per taluni, Throsque, e fors’ eziandio i
generi Physodactylus di Fischer, ed Anelaste di Kir-
by?; mentre a questa medesima 3. Famiglia apparten-
gono poi ulteriormente, come Malacodermi: (3. Tribù
– Cebrioniti), i generi Anélaste di Latreille, compresovi
il Cebrio femoratus di Germar, Cébrion, Sandalus,
Rhipicére, o Polytomus di Dalman, Ptilodactyle, Da-
scille, Élode, Scyrte, Nyctèe, od Eucynetus di Schüp-
pel, ed Eubrie: (4. Tribù – Lampiridj), i generi Ly-
[Seite 308] cus, Omalise, Phengode, Amydète, Lampyre, Drile,
Têléphore, e Malthine: (5. Tribù – Meliridi), i ge-
neri Malachie, Zygie, Mélyre, Dasyte, Pélocophore
di Déjean, o Notoxus chinensis di Schoenherr, e forse
anche, come genere a parte, il Pausus flavicornis di Fa-
bricius?: (6. Tribù – Clerj), i generi Nécrobie, Clai-
ron, Opile, Éurype, Axine, Priocère, Thanasime,
Tille, Énoplie, e Cylidre: (7. Tribù – Xilotrogi, o
Rodi-legni), i generi Atractocère, Hylacoète, Lyme-
xylon, Cupès, e Rhysode: e finalmente (8. Tribù –
Ptiniori), i generi Dorcatome, Vrillette, Xylétine,
Ptilin, Ptine, e Gibbie – Fam. 4. de’ Clavicorni (Cla-
vicornes; fr. les Clavicornes), cui spettano; (1. Tribù
– Isteroidi), i generi Hololepte, Escarbot, Platysome
di Leach, Outhophile di Leach, ed Abrée di Leach:
(2. Tribù – Peltoidi), i generi Sphérite, Necrophore,
Necrode, Bouclier, comprendente a un tratto i generi
Oiceptome, Phosphuge, e Silpha di Leach, Agyrte,
Thymale, o Peltis per altri, Colobique, Strongyle, Ni-
tidule, Ips di Fabricius, Cerque, Dacnè, Byture, An-
thérophage, Cryptophage, od Ips già prima del nostro
Latreille, Micropeple, Scaphidie, Cholève, o Catops
per altri, e Miloèque: (3. Tribù – Palpatori), i due
soli generi Mastige, e Schydmène: (4. Tribù – Der-
mestini), i generi Dermeste, Attagène, Mégatome, Tro-
goderme, o Trinodes di Déjean, e Globicorne: (5. Tri-
bù – Birrii), i generi Anthrène, Nosodendre, Chèlo-
naire, Byrrhe, Limnichus, Aspidiphore, e probabil-
mente poi anche i generi Murmidie di Leach; e Cen-
trocère di Germar: (6. Tribù – Macrodattili), i generi
Hétérocère, e le Parnidées di Leach; quindi i generi
Potamophile di Germar, od Hydera già prima dello
stesso nostro Latreille, Dryops, Elmis, o Lymnius per
altri, Macronyque, e Géorisse – Fam. 5. de’ Palpicorni
[Seite 309] (Palpicornes; fr. les Palpicornes), a cui apparten-
gono: (1. Tribù – Idrofilii), i generi Sperchée, Hy-
drophile, od Hydrous di Leach, Hydrochare, od Hy-
drophilus di Leach, Globaire, Hydrobie, od Hydro-
bius, ed anche Berosus di Leach, Limnébie, o Limne-
bius di Leach, Hèlophore, Hydrochus di Leach, Hy-
draene, ed Ochthébie, altre volte Hydraena del me-
desimo nostro Latreille, e quindi (2. Tribù – Sferi-
dioti), i generi Sphéridie, e Cercyon di Leach – Fam. 6.
de’ Lamellicorni (Lamellicornes; fr. les Laméllicornes),
a cui spettano (1. Tribù – Scarabeidi), come Copro-
fagi, i generi Atéuchus, o Scarabée di Mac-leay il figlio,
Gymnopléure, Sisiphe, Onitis, Oniticelle, Onthophage,
Phanée, o Lonchophorus di Germair, Bousier, Apho-
cie, e Psammobie; come Arenicoli, i generi Chiron,
AEgialie, Géotrupe, Bulbocère, Élephastome, Athy-
rie, Léthrus, Cryptode, Méchidie, Phobère, Frox,
Hybosore, ed Orphné; come Xilofili, i generi Oryctès,
Sinodendre, Phileure, Scarabée, Hèxodon, Rutèle,
Chasmadie, Macraspis, Pèlidnote, Chrysophore, Opio-
gnathe, e Cyclocéphale, o Chalepus di Mac-leay; co-
me Fillofagi, i generi Anoplognathe, Leucothyrèe, Apo-
gonie, Amblythére, Géniate, o Gematis di Déjean,
Hanneton, Pachype, Rhizotrogue, o Melolontha ae-
stiva per taluni, Aréode, Amphimalle, o Melolontha
solstitialis per altri, Euchlore, o Melolontha anomala
di Déjean, Omalopie, Anisoplie, Hoplie, Monochèle,
Macrodactyle, e Diphucéphale; come Antobii, i generi
Glaphyre, Amphicome, Anisonyx, e Chasmatoptère;
come Melitofili, i generi Platygénie, Crèmastochéïle,
Goliath, Trichie, Cétoine, e Gymnétis; ed inoltre poi:
(2. Tribù – Lucanidi), i generi Sinodendre, Aesale,
Lamprime, Pholidote, Lucane, compresovi, tanto il Fi-
gule, quant’ anche l’Aegus del prelodato Mac-leay, Ni-
[Seite 310] gidie, Dorcus, Cèruchus, Platycère, Paxyllw, e Passale.
b). Per ciò che spetta al Sott’ ordine degli Eterome-
ri, è desso composto dalle Famiglie – 1. de’ Melasomi
(Melasoma; fr. les Mélasomes), di cui entrano a far
parte (1. Tribù – Pimeliarj), i generi Pimélie, Pla-
tyope di Fischer, Éurychore, Hégètre, Akis, Éléno-
phore, Érodie, Zophose, Moluris, Psammode, Ten-
tyrie, Tagone di Fischer, Tagénie, e fors’ anche He-
dyphane di Fischer?, se pure questo genere non ap-
partiene piuttosto alla Tribù degli Elopiani, racchiusa
nella Famiglia 3. di questo medesimo Sott’ ordine; poi
ancora i generi Sépidie, Diésie di Fischer, Scaure, e
Laena: (2. Tribù – Blapsidi), i generi Aside, Sco-
tine, Blaps, Misolampe, Oxure, Scotobie, Nyctélie,
o Zophosis nodosa di Germar, Éurynote, Pèdine, cui
riferisconsi, oltre alle Pédines di Déjean, anche i suoi
Héliophiles, le Dendares, i Phylans, le Opatrines, le
Blapstines, e gli Isocéres, e finalmente il genere Pla-
tyscéle, e (3. Tribù – Tenebrioniti), i generi Crypti-
que, Épitrage, Opatre, Toxique, Sarrotrie, od Or-
thocére per altri, Cortique, o Corticus di Déjean, o
probabilmente Sarrotrium celtis di Germar?, Chiro-
scéle, Calcar, Boros, Upis, e Ténebrion – Fam. 2.
de’ Taxicorni (Taxicornes; fr. les Taxicornes), cui
spettano (1. Tribù – Diaperiali), i generi Phalérie,
od Usoma di Déjean, Chélénode, o Phaleria di Déjean,
Diapère, Pentaphylle, Hypophlée, Élédone, Coxèle,
Hallomène, ed Éustrophe: (2. Tribù – Cossifeni), i
due generi Hélée, e Cossyphe, e (3. Tribù – Crassi-
corni), i generi Trachyscéle, Léïode, Tétratome, Or-
chésie, Cnodalon, e Prostène – Fam. 3. degli Stene-
litri (Stenelytra; fr. les Sténèlytres), alla quale appar-
tengono (1. Tribù – Elopii), i generi Hélops, Pythe,
Adélie, Sphaerote, Acanthophe, Sphénisque, Ama-
[Seite 311] rygme di Dalman, o Cnodulon di Fabricius, Nilion,
Strongilie, Sténochie, e Sténotrachéle, o Dryops di
Paikull: (2. Tribù – Cistelidi), i generi Mycétochare,
o Mycétophile di Gyllenhal, Allécule, e Cistèle: (3. Tri-
bù – Securipalpi), i generi Mélandrye, Conopalpe,
Dyrcée, Hypule, Serropalpe, e Nothus: (4. Tribù –
Edemeriti), i generi Calope, Sparèdre, Dityle, ed
OEdemère, e (5. Tribù – Rincostomi), i due generi
Sténostome, e Myctère – e Fam. 4. de’ Trachelidi (Tra-
chelides; fr. les Trachélides), cui ascrivonsi, (1. Tri-
bù – Lagriarj), i soli due generi Lagrie, e Statire:
(2. Tribù – Pirocroidi), i due generi Pyrochre, e
Dendroïde, o Pogonocère di Fischer: (3. Tribù –
Mordellone), i generi Ripiphore, Pélécotome, Myodite,
Mordelle, Anaspe, e Scraptie: (4. Tribù – Anticidi),
i generi Stéropès, Notoxe, e Xylophile di Bonelli,
già prima da altri denominato Anthicus populneus,
(5. Tribù – Oriali), i due soli generi Horie, e Cis-
site, e (6. Tribù – Cantaridie), i generi Tetraonyx,
Cérocome, Hyclée, o Dicès di Déjean, Décatome, My-
labre, Lydus, OEnas, Méloé, Cantharide, Gnathie,
Némognathe, Zonitis, Apale, e Sitaris.
c). A riguardo poi del Sott’ ordine de’ Tetrameri, con-
sta desso delle Famiglie – 1. de’ Rincofori, o delle Gor-
goglioniti (Rhynchophora, od anche Curculionites di
Déjean, e di Schoenherr; fr. les Rhynchophores), alla
quale ascrivonsi, (1. Tribù – Bruchele), i genere Pa-
chymère, e Bruche, compresovi anche il genere Caryè-
don di Steven, e di Schoenherr: (2. Tribù – Antri-
bidi), i generi Xylinade, Anthribe, Platyrhine, Uro-
don di Schoenherr, o Bruchéle di Déjean, Rhinomacher
di Olivier, e di Déjean, Rhinosime, e Salpingue:
(3. Tribù – Attelabidi), i generi Rhinaire, Eurhine,
Apodère, Attèlabe, Rhynchite, Apion, e Cylas: (4. Tri-
[Seite 312] bù – Brentidi), i generi Arrenode di Schoenherr, Éu-
trachèle, o Brentus Temminckii per altri, Brente del
nostro Latreille, Uroptère, Némocéphale, Stènorhynque,
Bélorhynque, Cladione, e Rhinotie di Kirby, o sia Be-
lus di Schoenherr: (5. Tribù – Curculioniti, Gorgo-
glioni, o Punteruoli), i generi Charanson, od Entimus
di Germar, Rhigus, Cyphus, Cenchrome, Chorime,
Chlorophane, Tanyméchus, Sitone, Hypsonote, Eu-
stalis, Gastrodore, o Rembus di Germar, Polydruse,
Métallite, Phyllobie, Polydie, Leptocère, Liophlée,
Herpistique, Hyphante, Brachyrhine, od Otiorhynque
per altri, Péritèle, Éusome, Syzygobs di Schoenherr,
o Cyclopus di Déjean, Omias, Barynote, Thylacite,
Trachyphlée, Trachode, Pachyrhynque, o Sphaero-
gaster di Déjean, Psalidie, Brachycère, compresovi
l’intiero genere Lixus, ed i Rhynchaenus di Fabricius,
unitamente a varie specie del suo genere Curculio; poi
ancora i generi Bronchus, Plinthe, o Meleus di Déjean,
compresovi tutte quante le specie aptere de’ generi Plin-
the, ed Hypére di Germar; quindi poi gli altri generi
Lipare, in quanto le specie ne siano aptere; Ortho-
chaete, Lixe del nostro Latreille, ch’è alato sempre;
Lépire, Hylobie, o Liparus di Germar, Chrysolope,
Sieinie, Bradybate, Tanysphyre, Larinus?, quando
bene non abbia a far parte del predetto genere Lixe di
Latreille; poi ancora i generi Heilipe, Pissode, Bagous,
Hypére di Germar, almeno per quelle specie alate che non
ne spettano già al preaccennato genere Plinthe, Tychie,
Magdalis, Notaris, Apsis, Baris, Dionychus, Ame-
ris, Cholus, Poecilme di Germar, almeno per quelle
specie che ne portano la proboscide libera, Anthonome,
Dorythome, Balaninus, Eccopote di Déjean, o Poe-
cilme di Germar, a proboscide non libera; Cryptorhyn-
que, Ceutorhynque, Macrorhine, od Eurhin di Ger-
[Seite 313] mar, Orobitis, Mononychus, Mécine, Dryophthore,
Cione, Anople, Rhynchène, o sia Orchaestes salius
d’altri, Ramphe, Oxyrhynque di Schoenherr, o anche
Calandra discors di Fabricius, Calandre del nostro La-
treille, Rhine, Cossone, Rhyncole, ed Hylurge –
Fam. 2. de’ Xilofagi, o Mangialegni (Xylophagi; fr. les
Xylophages), alla quale sono da ascriversi (1. Tribù
– Scolitarj), i generi Scolite, Hylésine, Camptocère,
Phloïotribe, Tomique, e Platype: (2. Tribù – Bostri-
chini), i generi Bostriche, Psoa, Cis, Mémosome,
Cèrylon, Rhyzophage, e Clypéastre. (3. Tribù –
Paussili), i due soli generi Paussus, e Céraptère, e (4. Tri-
bù – Trogossitarj), i generi Mycéthophage, Triphylle,
Diphylle, Lithophage, Agathidie, Ditome, Lycte, Dio-
desme, giuntovi fors’ anco alcune specie del genere Corticus
di Déjean, Colydie, Latridie, Sylvain, Meryx, Trogossite,
e Prostomis, o Mégagnathe dello stesso Déjean – Fam. 3.
de’ Platisomi (Platisoma; fr. les Platisomes, o anche les
Cucujipes), formati d’una Tribù sola, nella quale con-
corrono i pochi generi Parandre, Passandre, Cucuse,
Uléïote, Dendrophage, ed Hémipèple – Fam. 4. dei
Longicorni (Longicornes; fr. les Longicornes), alla
quale spettano: (1. Tribù – Prionii), i generi Spon-
dyle, Prione, Thyrsie, ed Anacole: (2. Tribù – Ce-
rambicini), i generi Lissonote, Cténode, Mégadère,
Dorcacère, Lophonocère, Capricorne, racchiudente a
un tratto i generi Stencore, Hamatichere, e Purpuri-
cène, Phaenicocère, Callichrome, racchiudente a un
tratto i due generi Callichroma, e Cerambyx di Déjean,
Callidie, racchiudente i quattro generi Certalum, Obrium,
Callidium, e Clytus di Déjean, Rhinotrage di Dalman,
Distichocère, Sténodère di Déjean, e Leptocère dello
stesso Déjean: (3. Tribù – Necidalidi), i generi Sté-
noptère, Sangaris di Dalman, e Nécydale, o Molor-
[Seite 314] chus per altri: (4. Tribù – Lamiari), i generi Acro-
cine, Acanthocine, Pogonochère, Monachame, Te-
traope, Parmène, Dorcadion, e Saperde, racchiudente
a un tratto i generi Adésme, Saperde, e Colobothée
di Déjean, a quel modo che il genere Gnoma di Fabri-
cius, qui spettante per la massima sua parte, si trova
non esser altro fuorchè una riunione di alcune specie di
Lamie, di Saperde, e di Callidie, e (5. Tribù – Lep-
turati), i generi Desmocère, Vesperus, Stencore di
Latreille, corrispondente al genere Rhagium di Fabri-
cius, Toxote, comprendente i generi Toxote, e Pa-
chyte di Déjean, e finalmente il genere Lepture –
Fam. 5. degli Eupodi (Eupoda; fr. les Éupodes), cui
appartengono: (1. Tribù – Sagridi), i generi Maga-
lope, Orsadachne, e Sagre, e (2. Tribù – Crioce-
ridi), i generi Donacie, Haemonie, Auchaenie, Crio-
cère, e Pétauriste, che racchiude i così detti Criocéres
sauteurs de’ diversi Insettologisti – Fam. 6. de’ Ciclici
(Cyclica; fr. les Cycliques), alla quale spettano: (1.
Tribù – Cassidarii), i generi Alurne, Chalèpe, Hispe,
Imatidie, e Casside: (2. Tribù – Crisomeline), i ge-
neri Lamprosome, Chlamyde, Clythre, Gribouri, Eu-
molpe, Choragus, Colaspe, Mégascélis, Paropside,
Doryphore, Chrysoméle, e Prasocure, e (3. Tribù
– Galerucite), i generi Adorie, Galéruque, Lupère,
Octogonote, OEdionyque, o Haltica d’Illiger in parte,
Altise, od Haltica d’Illiger in parte anch’ esso, Lon-
gitarse, od Haltica del pari, Altitarse, od Haltica del
pari, e Psylliode, od Haltica d’Illiger in parte anche
esso, come già i quattro generi precedenti – e Fam. 7.
de’ Clavipalpi (Clavipalpi; fr. les Clavipalpes), alla
quale ascrivonsi, senza dubitazione, i quattro generi Ero-
tyle, Triplax, Tritome, e Langurie, come fors’ anco
gli altri due Agathidie, e Clypéastre.
d). Quanto inoltre al Sott’ ordine de’ Trimeri, consta
desso delle Famiglie – 1. degli Afidifagi (Aphidipha-
gi; fr. les Aphidiphages), cui spettano i soli tre ge-
neri Coccinelle, Scymne, e Cacicule – Fam. 2. dei
Fungicoli (Fungicolae; fr. les Fungicoles), alla quale
riferisconsi i generi Éumorphe, Endomyque, Lycoper-
dine, Dapse, e Dasycère – e Fam. 3. de’ Pselafi (Pse-
laphii; fr. les Psélaphes), cui ascrivonsi i generi Chem-
nie, Cténiste, Bythine di Leach, giuntivi anche i di
lui Arcophagus, e Tychus, poi ancora i generi Bryaxis,
Psèlaphe, giuntivi anche gli Éuplectes dello stesso
Leach, e quindi finalmente il genere Claviger.
e). E quanto finalmente al 5. ed ultimo Sott’ ordine
de’ Coleopteri, vale a dire a quello de’ Monomeri, esso
non consta se non d’una Famiglia, composta anch’ essa
dell’ unico genere Clambus di Frischer, ch’ è la stessa
cosa col Dermeste armadille di Dégéer, avvicinantesi
molto, così alle Agathidies, ed a’ Phalacres, com’ anche
ad alcuni Clavicornes.
L’Ordine V di questi Cefalidiani condilopi exapodi,
il secondo degli Alati, sotto il nome d’ Ortopteri (Or-
thoptera; fr. Orthoptéres, od anche Dermaptères di
Dégéer), contiene le sette seguenti Famiglie – 1. delle For-
ficulaire (Forficulariae; fr. les Forficulaires), cui spet-
tano i soli tre generi Forficule, Forficésile, e Chélidoure
– Fam. 2. delle Blattarie (Blattariae; fr. les Blattai-
res), composta de’ soli due generi Blatte, e Kakerlac,
in quanto siano apteri amendue – Fam. 3. delle Man-
tidi (Mantides; fr. Mantides), cui non spettano infino
ad ora se non i due soli generi Empuse, e Mante –
Fam. 4. degli Spettri (Spectra; fr. les Spectres), alla
quale ascrivonsi i pochi generi Phyllie, Phasme, in
quanto che l’Insetto abbia bensì gli Elitri, ma non già
l’altre ali, Bactérie, in quanto l’Insetto siane aptero, ed
[Seite 316] abbia setacce le antenne, e Bacille, in quanto l’Insetto
siane pur sempre aptero, ma abbia le antenne coniche e
granellate – Fam. 5. de’ Grillidi (Gryllides; fr. les
Grilloniens), cui appartengono i pochi generi Courti-
lière, Tridactyle, Grillon, e Myrmécophile, o sia
Blatta acervorum di Panzer – Fam. 6. delle Locusta-
rie, o Cavallette (Locustariae; fr. les Locustaires),
alla quale ascrivonsi i generi Sauterelle, Conocéphale,
Pennicorne, Anisoptère, ed Ephippigère – e Fam. 7.
degli Acriditi (Acridites; fr. les Acridiens), a cui ri-
ferisconsi i generi Pnéumore, Proscopie, Truxale, Xy-
phicère, Criquet, OEdipope, in quanto l’Insetto siane
ne’ due sessi munito ad un tempo d’Elitri, e d’ali atte
al volo, Podisme, in quanto almeno in uno de’ due
sessi l’Insetto sia munito d’Elitri, e d’ali cortissime,
affatto inette al volo, Gomphocère, e Tétrix. – NB. Una
8. Famiglia accadrà forse di dover qui aggiugnere ulte-
riormente, onde completare gli Ortopteri formanti il pre-
sente Ordine V, e sarà in tal caso quella de’ Fisapi
(Physapi; fr. les Physapes), onde racchiudervi oppor-
tunamente anche il rimanente unico genere Thrips.
L’Ordine VI di questi Exapodi, od Insetti propria-
mente detti, il terzo degli Alati, sotto il nome di Emip-
teri (Hemiptera; fr. Hémiptéres), comprende in tutto
cinque ben distinte Famiglie, le due prime delle quali
costituiscono il Sott’ ordine degli Eteropteri (Heterop-
tera; fr. les Hétèroptères), mentre le rimanenti tre ne
formano il Sott’ ordine degli Omopteri (Homoptera;
fr. les Homoptères), ed ecco come distribuiscansi tali
cinque Famiglie – 1. delle Geocorise (Geocorisae; fr.
les Géocorises), alla quale appartengono: (1. Tribù –
Longilabre), i generi Scutellère, Canopus, AElie,
Cydnus, Édesse, Pentatome, Halys, Hétéroscèle,
Phlaea di Saint-Fargeau e di Serville, Tessaratome,
[Seite 317] od Edessa papillosa di Fabricius, Gonocère, Syro-
maste, Corée, Holhyménie, Pachlyde, Anisoscéle,
Nématope, Sténocéphale, Alyde, Leptocorise, Nèïde,
Lygée, inchiusivi anche i due generi Pyrrocoris, e Phy-
tocoris di Fallen, e poscia ancora i generi Salde, o
Géocoris dello stesso Fallen, Myodoque, Astemme,
Capse, Hétérotome, o Capsus spissicornis di Fabri-
cius, e finalmente il genere Miris: (2. Tribù – Mem-
branacee), i pochi generi Macrocéphale, Phymate,
Tingis, Arade, e Punaisc, od Acanthia lectularia di
Fabricius: (3. Tribù – Nudicolli), i generi Holoptile,
Reduve, Pétalocheire, Nabis, Zelus, e Ploière: (4. Tri-
bù – Oculate), i generi Leptope, Acanthie, o Salda
di Fabricius e di Fallen, e Pélogone, e (5. Tribù –
Plotere, o Remiganti), i generi Hydromètre, od Emesa
di Fallen, Gerris, e Vélie – Fam. 2. delle Idrocorise
(Hydrocorisae; fr. les Hydrocorises), a cui ascrivonsi:
(1. Tribù – Nepidi), i generi Galgule, Naucore, Bé-
lostome, Nèpe, e Ranatre: (2. Tribù – Notonectidi),
i generi Notonecte, Pléa, Sigara, e Corise – Fam. 3.
delle Cicadarie (Cicadariae; fr. les Cicadaires), ch’ è,
come dicemmo, la prima delle tre Famiglie Omoptere,
in cui comprendonsi: (1. Tribù – Stridulanti, o Can-
tatrici), i due generi Cigale, e Tibicen, l’ultimo dei
quali corrisponde segnatamente alla Cicada plebeia de-
gli Autori: (2. Tribù – Fulgorelle), i generi Ful-
gore, Flate, Ricanie di Germar, Poeciloptère, Achilus,
Issus, Listre, Tettigomètre, Delphax, Asiraque, Otio-
cère, e Cobax: (3. Tribù – Membracidi), i generi
Membracis, Darnis, e Centrole, e (4. Tribù – Cicadelle),
i generi AEtalion, Lédre, Cercope, Penthimie di Ger-
mar, Aprophore dello stesso Germar, e Tettigone, com-
prendente a un tratto i generi Gypone, Coelidie, Ias-
sus, Ulope, Tettigone, ed Eupelix del medesimo Ger-
[Seite 318] mar, con aggiuntovi poi anche il genere Derbe di Fa-
bricius – Fam. 4. degli Imenelitri (Hymenelytra; fr.
les Hyménélytres), ove racchiudonsi: (1. Tribù –
Psillidi), i due generi Psylle, e Livie: (2. Tribù –
Fisapi, o Tripsidi), il genere Thrips, unico infino ad
ora, e (3. Tribù – Afidii, od Affidiani), i generi Pu-
ceron, Myzoxyle, ed Aléyrode – e Fam. 5. de’ Gal-
linsetti (Gallinsecta; fr. les Gallinsectes), cui riferi-
sconsi i generi Dorthésie, Cochenille, e Monophlére.
L’Ordine VII, o sia il primo della divisione degli Aue-
litri o Gimnopteri, sotto il nome di Quadripenni ne-
vropteri (Nevroptera; fr. Nevroptères), racchiude le
seguenti quattro Famiglie, la prima e la seconda delle
quali ne occupano la sezione de’ Subulicorni (Subulicornes;
fr. Subulicornes), mentre la terza e la quarta ne for-
mano l’altra sezione de’ Filicorni (Filicornes; fr. Fi-
licornes) – La Famiglia 1. delle Libelluline (Libellu-
linae; fr. les Libellulines), è composta da’ generi AE-
shne, Libellule, ed Agrion, con unitovi pur anco il ge-
nere Pelatura di Leach – Fam. 2. delle Effimerine, od
Efemerine (Ephemerinae; fr. les Éphémèrines), non
consta infino ad ora se non dell’ unico genere Éphémère
– Fam. 3. de’ Planipenni (Planipennes; fr. les Plani-
pennes), comprende: (1. Tribù – Panorpate), i generi
Némoptère, o Nemopteryx di Leach, Bittaque, Pa-
norpe, e Borée, l’ultimo de’ quali suole aver sempre
aptere le femine: (2. Tribù – Formicaleoni, o Mir-
meleonidi), i due generi Ascalaphe, e Myrméléon:
(5. Tribù – Emerobii, od Emerobini), i tre generi Nym-
phe, Osmyle, ed Hémérobe: (4. Tribù – Psoquille),
unicamente fin ora il genere Psoque: (4. Tribù – Ter-
mitine), i due generi Termès, ed Embie, tra di loro
affini molto in ogni cosa, ove soltanto se ne eccettuino
le antenne, che ne differiscono sensibilmente: (6. Tribù –
[Seite 319] Rafidine), i due generi Raphidie, e Mantispe: (7. Tri-
bù – Semblidi, od anche per taluni Megalopteri), i
pochi tre generi Corydale, Chauliode, e Sialis, e final-
mente (8. Tribù – Perlidi), i due generi Némoure, e
Perle – e Fam. 4. de’ Plicipenni, o delle Friganidi
(Plicipennes, o Phryganides; fr. les Plicipennes),
alla quale ascrivonsi i generi Frigane, Mystacide, che
corrisponde alla Phryganea nigra di Fabricius, Hydro-
ptile di Dalman, e Séricostome.
L’Ordine VIII, sotto il nome di Quadripenni ime-
nopteri (Hymenoptera; fr. Hyménoptères), racchiude
sei distinte, e molto vistose Famiglie, delle quali, mentre
le prime due compongono la sezione de’ Terebranti (Te-
rebrantia; fr. les Térébrans), le quattro rimanenti ne
costituiscono l’altra sezione de’ Pungiglioniferi, od Acu-
leati (Aculeata; fr. les Porte-aiguillon). Sono com-
poste tali Famiglie – 1. de’ Securiferi, o Porta-scure
(Securifera; fr. les Porte-scie, alla quale ascrivonsi:
(1. Tribù – Tentredini), i generi Cimbex, Amasis di
Leach, Perga, Schizocère, Hylotome, Ptilie di Lepè-
letier, Tenthrède, Dolère, Némate, Pristiphore, Cla-
die, Athalie, Ptérygophore, Lophyre, Mégalodonte,
o Tarpa per altri, Pamphylie, o Lyda per altri, Xièle,
Céphus, e Xiphydrie: e (2. Tribù – Urocerati), i generi
Urocère, Trémex, e Orysse – Fam. 2. de’ Pupivori
(Pupivora; fr. les Pupivores), cui spettano: (1. Tri-
bù – Evaniali), i generi Évanie, Foene, Pélècine, Pa-
xylomme, o Brébisson per altri, ed Aulaque: (2. Tri-
bù – Icneumonidi), i generi Stéphane, Pimple, Crypte,
Ophion, Xoride, giuntovi fors’ anco i generi Coelinius
di Nées d’Esenbeck, Porizon, e Tryphon di Fallen?,
poi i generi Métopie, Bassus, Alomye, Ichnéumon,
Trogus, Joppa, Banchus, Hellwigie, Acaenite, Aga-
this, Vipion, Bracon, e Microgastra, giuntovi fors’ an-
[Seite 320] che i generi Spathius, Aphidius, Perilitus, Lejophron,
Microdus, Hormius, e Blacus del medesimo Nées d’É-
senbeck, ed il genere Hybrizon di Fallen?, poscia del
pari finalmente i generi Sicalphe, Chélone, ed Alysie,
giuntovi fors’ anco i generi Rogas, Cardiochile, Helcon,
ed Eubazus del ripetuto Nées d’Ésenbeck, ed il genere
Anomalon di Jurine: (3. Tribù – Gallicole, o Diplo-
leparie), i generi Figite, Ibalie, o Sagaris per altri,
e Cynips di Linneo e di Fabricius, o Diplolepis di
Geoffroy: (4. Tribù – Calciditi, che corrispondono ai
Cinipseri di Latreille già un tempo, alle Diploleparie di
Spinol e di Gravenhorst, ed alli Ptéromalins di Dalman),
i generi Leucopsis, Chalcis, Dirhine di Dalman, Chi-
rocère di Latreille, Eucharis, Thoracanthe, Eurytome,
Agaon di Dalman, Périlampe, Eupelme di Dalman,
Misocampe di Latreille, o Torymus di Dalman, Ptéro-
male, Cléonyme, Encyrte, Sphalangie, ed Éulolphe,
od Entodon di Dalman, a’ quali tutti approssimansi, qual
più qual meno, a certi particolari riguardi, anche i Rhi-
piptères: (5. Tribù – Crisidi), i generi Panorpès,
Stilbe, Euchrée, Chrysis, Élampe, Hedychre, e Clepte,
e (6. Tribù – Oxiuri), i generi Bethyle, od Omalus di
Jurine, Dryine, Antéon, Hèlore, Proctotrupe, o Codrus
di Jurine, Cinète, Bélyte, Diaprie, o Psilus di Jurine,
Céraphron, Sparasion, Téléas, Scélion, e Platygastre
– Fam. 3, che riesce poi la prima degli Imenopteri acu-
leati, vale a dire quella degli Eterogini (Heterogyna;
fr. les Heterogynes), alla quale riferisconsi: (1. Tribù
– Formicarie), i generi Fourmi, compresovi il genere
Lasius di Fabricius, Polyergue, Odontomaque, Po-
nère, Éciton, OEcodome, Myrmice, e Cryptocère, e
(2. Tribù – Mutillarie), i generi Doryle, Labide, Aptè-
rogyne, Mutille, Psammotherme, Myrmose, Scléro-
derme, Méthoque, e Mymècode – Fam. 4. de’ Fossori,
[Seite 321] o Seppellitori (Fossores; fr. les Fouisseurs), cui ascri-
vonsi: (1. Tribù – Scoliete), i generi Tiphie, Tengyre,
Myzine, Mérie, e Scolie: (2. Tribù – Sapigiti), i
generi Scotaene, Thynne, Polochre, e Sapyge: (3. Tri-
bù – Pompilii), i generi Pepsis, Pompile, Céropale,
Apore, Salius, e Planiceps: (4. Tribù – Sfegidi), i
generi Ammophile, Miscus di Jurine, Sphex, Pronée,
Chlorion, Dolichure, Ampulex, Podie, e Pélopée:
(5. Tribù – Bembecidi), i generi Bembex, Monédule,
e Stize: (6. Tribù – Labrate), i generi Palare, Labre,
Lyrops, Miscophe, e Dinète: (7. Tribù – Nissonii),
i generi Astate, Nysson, Oxybèle, Nitèle, e Pison:
e (8. Tribù – Crabroniti, o Calabroni), i generi Trypo-
xylon, Crabron, Stigme, Pemphrèdon, Melline, Aly-
son, Goryte, Psen, Cercèris, e Philanthe – Fam. 5.
de’ Diplopteri (Diploptera; fr. les Diploptères), alla
quale appartengono: (1. Tribù – Vesparie), i generi
solitarj, Synagre, Ptérochile, Odynère, Éumène, Di-
scoelie, e Céramie, o Gnatho di Klüg, e quindi poi i
generi sociali, Trachype di Klüg, Poliste, Épipone,
e Guèpe: (2. Tribù – Masaridi), i due soli generi Ma-
saris, e Célonite – e Fam. 6. de’ Melliferi (Mellifera;
fr. les Mellifères), cui riferisconsi: (1. Tribù – An-
dreneti), i generi Hylée, Colléte, Dasypode, Andrè-
ne, Sphécode, Halicte, e Nomie: e (2. Tribù – Apiarj),
i generi solitarj Andrenoidei, Rophite, Systrophe, An-
cyloscèle, Panurge, e Xylocope, i generi solitarj Dasi-
gastri, Cératine, Chèlostome, Hériade, Stélide, An-
thidie, Osmie, Lithurge, o Centris cornuta di Fabricius,
e Mégachile, i generi solitarj Cuculini, Coelioxyde,
Ammobate, Philérème, Pasite, Épéole, Nomade, Oxée,
Crocise, e Melecte, ed i generi solitarj Scobulipedi,
[...]ucère, Mèlissode, Macrocère, Méliturge, Tétrapédie,
Saropode, Centris, Mélitome, Épicharis, ed Acanthope,
[Seite 322] e quindi poi i generi sociali, Éuglosse, Bourdon, giun-
tovi fors’ anco il genere Ptilopus di Klüg?, e poscia an-
cora finalmente i generi Abeille, Mélipone, e Trigone.
Notisi inoltre che a questa medesima Tribù delle Apiarie
possono per avventura appartenere qua o là i generi
Aglaè, Mésochère, Mésonychie, e Dioxyde, stabiliti
da Lepeletier de Saint-Fargeau e da Serville, ma che
non sono stati per anche bastantemente studiati.
L’Ordine IX, sotto il nome di Quadripenni lepido-
pteri (Lepidoptera; fr. Lépidoptéres), comprende tre
sole, ma molto numerose Famiglie – 1. de’ Diurni (Diur-
na; fr. les Diurnes), cui spettano: (1. Tribù – Papi-
lionidi, o Parpaglioni), i generi exapodi, Papillon,
Parnassien, Thaïs, Coliade, Pieride, Danaïde, Idéa,
Héliconie, ed Acrèe: i generi perlacei, o margaritacei,
Cèthosie, Argynne, Vanesse, Libithée, Biblis, Nym-
phale, Morpho, Pavonie, Brassolide, Éurybie, e Sa-
tyre, ed i generi Argus, Myrine, Polyommate, Erycine,
Barbicorne, e Zephyrie, e (2. Tribù – Esperidi), i due
soli generi Héspérie, ed Uranie – Fam. 2. de’ Crepu-
sculari (Crepuscularia; fr. les Crépusculaires), alla
quale appartengono (1. Tribù – Espero-sfingi), i generi
Coronis, Castnie, ed Agariste: (2. Tribù – Sfingidi),
i generi Smérinthe, Achéronthie, Sphinx, e Macro-
glosse, e (3. Tribù – Zigenidi), i generi Sésie, AEgo-
cère, Zygène, Syntomide, Procris, Atychie, Glau-
copide, Aglaope, e Stygie – e Fam. 3. de’ Notturni
(Nocturna; fr. les Nocturnes), cui ascrivonsi: (1. Tri-
bù – Bombiciti), i generi Attacus, Lasiocampe, Bom-
byx, ed Hépiale: (2. Tribù – Pseudo-bombici, o Falsi-
bombici, od anche Noctuo-bombiciti), i generi Cossus,
Zéuzère, Queue-fourchue, Dicranoure di Godard, o
Noctua ulmi di Hüber, Platypteryx, Notodonte, Séri-
caire, Orgya, Limacode, Écaille, o Chelonia di Go-
[Seite 323] dart, od anche Arctia di Schreibers, e finalmente Cal-
limorphe: (3. Tribù – Tineiti, o Tigne, od anche Ti-
gnuole), i generi Lithosie, Yponomeute, OEcophore,
Èuplocampe, Phycis, Teigne, ed Adèle: (4. Tribù –
Noctueliti), i generi Érèbe, Noctuelle, Calyptra, Go-
noptère, o Noctua libatrix di Fabricius, Chrysoptère,
o Noctua concha per altri, e Plusie: (5. Tribù –
Tortrici, o Torcitrici), i generi Pyrale, Volucre, o
Pyralis heracleana per taluni, Xylopode, o Pyralis
dentana d’altri, Procérate, o Pyralis soldana per
alcuni, ed Herminie: (6. Tribù – Faleniti), i ge-
neri Métrocampe, Phalène, ed Hybernie: (7. Tribù
– Crambiti), i generi Botys, Hydrocampe, o Phalaena
potamogata per alcuni, Aglosse, Ilithye, o Crambus
colonum di certuni, Gallerie, Crambus, ed Alucite, e
(8. Tribù – Pteroforiti), i due soli generi Ptérophore,
ed Ornéade.
L’Ordine X, sotto il nome di Bipenni ripipteri (Rhi-
piptera; fr. Rhipiptères), non forma se non una Fa-
miglia sola, e ben piccola, siccome quella che consta uni-
camente de’ due generi Stylops, e Xenos di Kirby.
L’Ordine XI finalmente, sotto il nome di Bipenni dip-
teri (Diptera; fr. Diptères), comprende le seguenti
cinque distinte, e a bastanza vistose Famiglie – 1. dei
Nemoceri (Nemocera; fr. les Némocères), a cui spet-
tano: (1. Tribù – Culicidi, o Zanzare), i generi Cou-
sin, Anophèle, ed AEdes, e (2. Tribù – Tipularie),
i generi Culiciformi, Corèthre, Chironome, Tanype,
Cératopogon, e fors’ anche Macropèze?, i generi Gal-
licoli, Psychode, Culicoïde, Cécidomie, e Lasioptère,
i generi Terricoli, Cténophore, Pédicie, Tipule, Né-
phrotome, Rhiphidie, Limnobie, Érioptère, Polymère,
Trichocère, Moechistocère, Dixa, Hexatome, od Ani-
somère di Meigen, Nématocère, e Chionée di Dalman,
[Seite 324] poi i generi Fungivori, Macrocère, Bolitophile, Syna-
ohe, Mycètophile, Leïa, Asindule, o Gnoriste di
Meigen, Rhyphe, Platyure, Sciophile, Campilomyze,
Mycètobie, Molobre, o Sciare di Meigen, e Céro-
plate, e finalmente i generi Florali, Cordyle, Simulie,
Scatopse, Penthrétrie, Dilophe, Bibion, ed Aspiste
– Fam. 2. de’ Tanistomi (Tanystoma; fr. les Tany-
stomes), alla quale riferisconsi: (1. Tribù – Tabanii,
o Tavani, od anche Tafani), i generi Pangonie, Taon,
Haematopote, Heptatome, Rhinomyze, Silvius, Acan-
thomère, Chrysops, e Raphiorhynque: (2. Tribù –
Sicarj), i generi Coenomyie, Chiromyze, e Pachysto-
me: (3. Tribù – Midasii), i due soli generi Mydas,
e Thérève: (4. Tribù – Leptidi, e già un tempo Rha-
gionides del nostro Latreille), i generi Leptis, Athe-
rix, e Clinocère: (5. Tribù – Dolicopodi), i generi
Dolichope, o Satyra di Meigen, Médétère di Fischer,
Platypèze, Callomyie, ed Orthochile: (6. Tribù –
Asilici, od Assilli), i generi Laphrie, Cératurgue di
Wiedeman, Dioctrie, Dasypogon, Asile, Ancylorhin-
que, giuntivi eziandio i generi Dolichocèphale, Bicel-
laire, Chèlipode, e Chélifère di Macquart, e quindi
poi ancora gli altri due generi Gonype, ed OEdalée:
(7. Tribù – Ibotini), i generi Hybos, Ocydromye,
e fors’ anco Damalis?: (8. Tribù – Empidi, od Em-
pis), i generi Empis, Rhamphomye, Hilare, Brachy-
stome, Glome, Hémérodromye, Sique, e Drapétis:
(9. Tribù – Antracii), i generi Corsomyze, Mulion,
Némestrine, Fallénie, Hirmonéure, Anthrax, Sty-
gide, e Tomomyze: (10. Tribù – Bombiliarj), i ge-
neri Toxophore, Xestomyze, Apatomyze, Thlipso-
myze, Amycte, Géron, Phthirie, Cyllénie, Ploas,
Bombille, Usie, e Lasie, ed (11. Tribù – Vesicu-
losi), i generi Panops, Cyrte, Astomelle, Acrocère,
[Seite 325] ed Ogeode – Fam. 3. de’ Notacanti (Notacantha; fr.
les Notacanthes, e già un tempo les Stratiomydes dello
stesso nostro Latreille), nella quale connumeransi: (1. Tri-
bù – Xilofagei), i generi Hermétie, Xylophage, Bé-
ris, e Cyphomye di Wiedemann, e (2. Tribù – Stratio-
midi), i generi Ptilocère, Ephippie, o Clitellaire di
Meigen, Stratiome, Oxycère, Némotèle, Chrysochlore,
Sargie, Vappon, Scènopine, e fors’ anco i due generi
Platyna di Wiedemann, e Physiphora di Fallen?
– Fam. 4. degli Atericeri (Athericera; fr. les Athé-
ricères), cui spettano: (1. Tribù – Sirfii), i generi
Aphrite, o Microdon di Meigen, Cératophye di Wie-
demann, Cérie, Callicère, Sphécomye, Chrysotoxe,
Parague, Psare, Rhingie, Volucelle, Séricomye, Éri-
stale, Brachyope, Pélocère, Mallote, Hélophile,
Syrphe, Doros, Baccha, Chrysogastre, Psilote, Mi-
lésie, Éumère, Tropidie, Pipize, Xylote, Sphègine,
Mèrodon, Ascie, Pipuncule, e fors’ anco Céphalops
di Fallen?, (2. Tribù – Conopsarii), i generi Céphè-
ne, Conops, Zodion, Myope, Bucente, e Stomoxe,
(3. Tribù – Estridi), i generi Cutérèbre, Céphéné-
myie, OEdémagène, Hypoderme, Céphalèmyie, ed
OEstre, e (4. Tribù – Muscidi, o Mosche), il genere
Criptogastro Célyphe di Dalman, i generi Creofili Echi-
nomyie, ed Ocyptère, giuntovi i tre generi Eriothrix,
Exoriste, e Cylindromie d’altri; poi gli altri generi
Mouche, Phasie, Tricopode, o Thereva lanipes, ed
anche Thereva plumipes di Fabricius, Idie, Mètopie,
Mélanophore, Lispe, ed Achias, i generi Carpomizi
Platystome, Téphrite, Dictye, Dacus, e Micropèze,
i generi Dolicoceri Loxocère, Lauxanie, Sépèdon,
e Tétanocère, i generi Gonocefali Otite, Oscine, Ca-
lobate, e Nerius, i generi Scatofili Diopsis, Ochtè-
re, Anthmyie, Mosille, Scathophage, Thyrèophore,
[Seite 326] Sphaerocère, e Phore, ed il genere Aptero Carnus,
oltre fors’ anco al genere Stéble, o sia alla Hippobosca
vespertilionis di Fabricius – Fam. 5. delle Pupipare
(Pupiparae; fr. les Pupipares, o anche les Nymphi-
pares di Reaumur, o infine les Omaloptères di Leach),
alla quale sono da riferirsi: (1. Tribù – Coriacee), i
generi Hippobosque, Ornithomyie, e Mèlophage, e
(2. Tribù – Ftiromie), il genere, infino ad ora unico,
Nyctéribie, tutte quante le specie del quale vivono pa-
rassite sopra il corpo di qualche Mammifero cheiropte-
ro, o veramente su quello di qualche specie del genere
Vespertilio di Linneo.
La Serie III, come già sopra sponemmo, degli Ani-
mali acefali, o senza capo (Acephala; fr. Acéphales),
che possono anche dirsi Animali automatici, o, secondo
Lamarck, Animaux apathiques, vien divisa in due Razze,
la prima delle quali racchiude i Gastrici (Gastrica; fr.
Gastriques), mentre la seconda ne riunisce gli Agastrici
(Agastrica; fr. Agastriques).
La prima di queste due Razze consta di otto distinte
Classi, la prima e la seconda delle quali, nella qualità
sempre d’animali Acefali parassiti, ne formano la Se-
zione degli Entozoi, o siano Vermi intestinali (Ento-
zoa; fr. Entozoés); mentre le Classi 3., 4., 5. e 6.
ne formano la Sezione degli Actinozoi (Actinozoa; fr.
Actinozoès), e mentre le rimanenti due Classi 7. ed 8.
ne formano la Sezione de’ Fitodozoi (Phytodozoa; fr.
Phytodozoés).
La I. di tali Classi, vale a dir quella degli animali
Acefali gastrici entozoi elmintogami (Elminthogama;
fr. Elminthogames, o siano Vers cavitaires di Cuvier),
consta de’ seguenti due Ordini:
L’Ordine I, sotto il nome di Entomoidi (Entomoida;
fr. Entomoïdes, e già prima Vers exterieurs del no-
[Seite 327] stro Latréille, od Epizoaires di Lamarck), contiene le
cinque ben distinte Famiglie – 1. de’ Toracici (Tho-
racica; fr. les Thoraciques), cui ascrivonsi i generi
Lernantrope, e Lernéopode di Blainville, corrispon-
denti al genere Condracanthe di Cuvier – Fam. 2. dei
Capitati (Capitata; fr. les Tétards), alla quale spet-
tano i generi Lernacanthe, e Lernentome, od Ento-
mode di Lamarck – Fam. 3. degli Anguilliformi (An-
guilliformia; fr. les Anguilliformes), cui non spetta
infino ad ora se non l’unico genere Lernéopenne di
Blainville – Fam. 4. de’ Rizodi (Rizoda; fr. les Ri-
zodes), nella quale contansi i tre generi Lernéocère,
Lernéomise, e Lernèe – e Fam. 5. degli Acoli (Acola;
fr. les Acoles), cui appartengono i generi Perce-oeil, o
Foroculum del nostro Latréille, Némerte, Planaire, giun-
tovi fors’ anco i generi Polystome du Thon di Laroche,
o Linguatule di Froelich?, e Pentastome di Rudolphi,
quando per caso, siccome opiniamo, quest’ ultimi due
non istessero meglio nell’ Ordine seguente, ove appunto
perciò avremo cura di rammentarli.
L’Ordine II, sotto il nome di Lombricoidi (Lom-
bricoida; fr. Lombricoïdes), non racchiude se non le
seguenti due distinte Famiglie – 1. degli Anodonti (Ano-
donta; fr. les Anodontes, o anche les Nèmatoïdes di
Rudolphi), cui spettano i generi Filaire, Trichosome,
Tricocéphale, Oxyure, Ophiostome, o Fissule di La-
marck, Ascaride, Spiroptère, Cucullan, Liorhynque,
Physaloptère, e Strongle – e Fam. 2. degli Echi-
nostomi (Echinostoma; fr. les Echinostomes, com-
prendente gli Acanthocèphales, insieme con alcuni Tré-
matodes di Rudolphi), nella quale contansi i generi
Sclèrostome, formante la prima divisione del genere
Strongylus di Rudolphi, Sagittule, genere che, così
come stassi, non quadra per nulla colle idee di Blain-
[Seite 328] ville, Porocèphale, Echinorhynque, Haeruque, e
Prionoderme, comprendente a un tratto l’intiero genere
Pentastome di Rudolphi, insieme cogli altri due Lin-
guatule, e Tétragule.
La II Classe poi degli Acefali gastrici entozoi, vale
a dir quella degli Elmintaprocti, o Vermi mancanti del-
l’ ano (Elminthaprocta; fr. Elminthaproctes), con-
tiene i seguenti tre Ordini:
L’Ordine I, sotto il nome di Irudiniformi (Hirudi-
formes; fr. Hirudiformes, racchiudenti la massima parte
de’ Trématodes di Rudolphi), comprende le due distinte
Famiglie – 1. degli Oligopori (Oligopora; fr. les Oli-
gopores), alla quale ascrivonsi i generi Douve, Strigée,
od Amphistome per altri, Festucaire, o Monostome
per taluni, e Geroflée, compresovi eziandio i generi
Hypostome, Alaire, e Lobostome, de’ quali hassi la
figura nella Traduzione francese dell’ Opera di Bremser
sopra i Vermi intestinali dell’ Uomo – e Fam. 2. de’ Po-
lipori (Polypora; fr. les Polypores), cui spettano i
soli due generi Tristome, e Polystome, o Zeder di
Cuvier, e di Lamarck.
L’Ordine II, sotto il nome di Cestoidei (Cestoidea;
fr. Cestoïdes di Rudolphi), comprende anch’ esso le due
sole seguenti ben distinte Famiglie – 1. degli Antostomi
(Anthostoma; fr. les Anthostomes), cui riferisconsi i
generi Tétrarhynque, o Tentaculaire di Lamarck, e
Rhynchobothris, o Botriocephali proboscidei di Ru-
dolphi, giuntovi fors’ anco il genere Floriceps di Cuvier,
od Anthocéphale di Rudolphi?; poi vi si riferiscono
eziandio i due generi Tetrabothris, o Botriocephali te-
trabothrii di Rudolphi, e Gymnorhynque del medesimo
Autore – e Fam. 2. degli Stefanostomi (Stephanostoma;
fr. les Stéphanostomes), a cui appartengono i generi
Scolex, o Massette per taluni, Taenia, Tricuspidaire,
o Tricenophorus di Rudolphi, e Ligule.
L’Ordine III, sotto il nome di Cistici, ossiano Vermi
vesciculari, od anche Idatigeni (Cystica; fr. Cystiques
di Rudolphi), racchiude le due seguenti a bastanza ben
caratterizzate Famiglie – 1. de’ Monobii (Monobia; fr.
les Monobies), alla quale spettano i due generi Flori-
ceps, od Anthocephalus di Rudolphi, qualora almeno,
come crediamo, non istia desso meglio nella prima Fa-
miglia dell’ Ordine precedente, ove già il collocammo, e
Cysticerque, od Hydatide, od anche Hydatigère di La-
marck – e Fam. 2. de’ Sinbj (Synbia; fr. les Synbies),
composta infino ad ora unicamente de’ due generi Coe-
nure, ed Echinocoque.
La III Classe di questi Acefali gastrici, e la prima
delle quattro che ne compongono la Sezione degli Acti-
nozoi, vale a dire quella de’ Tunicieri, o Tunicati (Tu-
nicata; fr. Tuniciers, od Ascidies di Savigny), consta
de’ seguenti tre Ordini:
L’Ordine I, sotto il nome di Tetidi (Tethydes; fr.
Téthydes), racchiude le tre distinte Famiglie – 1. delle
Asciditi (Ascidites; fr. les Ascidites), cui spettano i
generi Bolténie, Claveline, Ascidie, o Cynthia di Sa-
vigny, e Phallusie – Fam. 2. delle Policliniti (Poly-
clinites; fr. les Polyclinites), nella quale contansi i
generi Sigilline, Synoïque, Diazone, Distome, Poly-
cline, Aplidie, Didemme, Botrylle, ed Eucoelie – e
Fam. 3. delle Lucie (Luciae; fr. les Lucies), in cui
non avrebbesi se non l’unico genere Pyrosome, qualora,
venendo a competere decisamente a’ generi Bipapillaire,
e Mammaire di Lamarck la qualificazione di Tunicieri,
dessi non istessero poi meglio in una Famiglia appartata
anche da questa.
L’Ordine II, sotto il nome di Talidi (Thalides; fr.
Thalides), non contiene infino ad ora se non una sola
Famiglia, formata anch’ essa de’ pochi due generi Biphore,
[Seite 330] o Pegea di Savigny, ed Iasis di questo medesimo El-
mintologista.
La IV Classe, che è quella delle Oloturidi (Holo-
thurida; fr. Holothurides), consta de’ soli due Ordini
seguenti:
L’Ordine I, sotto il nome di Apode (Apoda; fr.
Apodes), racchiude le due piccole Famiglie – 1. delle
Lombriciformi (Lombriciformia; fr. les Lombricifor-
mes), cui appartengono i tre generi Bonellie, Siponcle,
e Miniade – e Fam 2. delle Veretriformi (Veretrifor-
mia; fr. les Véretriformes), cui spettano i soli due
generi Priapule, e Molpadie.
L’Ordine II, sotto il nome di Polipode (Polypoda;
fr. Polypodes), comprende esso pure le seguenti due
altre assai piccole Famiglie – 1. delle Vagipedi (Vagi-
pedes; fr. les Vagipèdes), alla quale ascrivonsi i ge-
neri Holothurie, Actinopode, od Holothuria pentacta
d’altri, e Fistulaire – e Fam. 2 delle Inferipede (Infe-
ripedes; fr. les Inféripédes), cui riferisconsi i due ge-
neri Phantape, od Holothuria phantapus per altri, e
Phalloïde, od Holothuria pudendum per altri.
La V Classe, ch’ è quella degli Echinodermi (Echi-
noderma; fr. Échinodermes), comprende i seguenti due
Ordini:
L’Ordine I, sotto il nome di Echinoidi (Echinoida;
fr. Échinoïdes), contiene le due Famiglie – 1. de’ Re-
golari (Regularia; fr. les Réguliers), cui spettano i
due generi Cidarite, e Oursin – e Fam. 2. degli Irre-
golari (Irregularia; fr. les Irréguliers), alla quale ri-
ferisconsi: (1. Tribù – Mesostomi), i generi Galérite,
Echinonée, Nuclèolite, Cassidule, Fibulaire, Clypéastre,
e Scutelle, e (2. Tribù – Plagiostomi), i generi Anan-
chite, Spatangue, e Brisse.
L’Ordine II, sotto il nome di Asteroidi (Asteroida; fr.
[Seite 331] Astéroïdes), contiene le tre Famiglie – 1. delle Canalicu-
late (Canaliculata; fr. les Cannelés), cui non spetta
che soltanto il genere Astérie – Fam. 2. delle Pinnate
(Pinnata; fr. les Pinnées), alla quale appartengono i
generi Ophiure. Comatule, ed Euryale – e Fam. 3.
delle Caulescenti (Caulescentia; fr. les Cauléscentes),
cui si riferisce unicamente il genere Encrine, collocato
da Lamarck ne’ suoi Polypes flottans.
La VI Classe, ch’ è quella degli Eliantoidei (Helian-
thoidea; fr. Hélianthoïdes), comprende alcuni non an-
cora ben distinti Vermi o Molluschi, che tengono ben
più degli Echinodermi, che non de’ Polipi, degli Acalefi
e delle Asteroidi, e che tutti in generale, ad eccezione
delle Lucernarie, vivono infissi nelle rupi o negli scogli,
privi affatto di locomotività. Pare che nulla osti a ciò che
ripartiscasi questa Classe in due Ordini, al I. de’ quali,
sotto il nome di Actinostomi (Actinostoma; fr. Actino-
stomes), riferirebbonsi, appunto colle Lucernarie, tutti
quanti gli Eliantoidei erranti, aventi la bocca circondata
da raggi tentacolati, ed avvicinantisi più o meno agli
Acalefi, come al II. riferirebbonsi, sotto il nome di An-
terostomi (Antherostoma; fr. Anthérostomes), tutti
gli Eliantoidei fissi in sul terreno, o simili, aventi la
bocca contornata da numerosi tentacoli disposti in giro,
ed avvicinantisi più o meno a’ Polipi, come propriamente
surebbono, per cagion d’esempio, i generi Actinie, Zoan-
the, ed Hughée di Lamouroux.
La VII Classe di questi stessi Acefali gastrici, e la
prima delle due che, come dicemmo, ne compongono
la Sezione de’ Fitozoi, vale a dire la Classe degli Acalefi
(Acalepha; fr. Acalèphes), consta de’ seguenti due
Ordini:
L’Ordine I, sotto il nome di Pecilomorfi (Poecilo-
morpha; fr. Poecilomorphes, comprendente i Radiaires
[Seite 332] mollasses anomales di Lamarck, ad eccezione però del
genere Lucernaire, che collocammo già nella Classe pre-
cedente), consta delle seguenti tre distinte Famiglie –
1. de’ Ciliati (Ciliata; fr. les Ciliés), cui spettano
i generi Béroé, Callianire, Ceste, e Diphie – Fam. 2.
de’ Papiracei (Papyracea; fr. les Papyracés), alla
quale appartengono i generi Porpite, Vélelle, e Nocti-
laque di Lamarck, che può per avventura corrispondere
al genere Gleba dell’ Encyclopédie méthodique?, – e
Fam. 3. degl’ Idrostatici (Hydrostatica; fr. les Hydro-
statiques di Cuvier), cui sono da ascriversi i generi
Physalie, Physsophore, Rhizophyse, e Stéphanomie.
L’Ordine II, sotto il nome di Ciclomorfi (Cyclo-
morpha; fr. Cyclomorphes, corrispondenti a’ Radiaires
mollasses médusaires di Lamarck), consta delle seguenti
altre tre Famiglie – 1. de’ Monocotili (Monocotyla; fr.
les Monocotyles), alla quale spettano i generi Méduse,
o Pélagie di Péron, Équorèe, Fovéolie, e Phorcynie
– Fam. 2. de’ Policotili (Polycotyla; fr. les Polyco-
tyles), cui riferisconsi i generi Cyanée, Rhizostome,
o forse Ephira di Péron?, Aurélie, e Cassiopée, giun-
tovi fors’ anco il genere Ocyroë di Lamarck? – e Fam. 3.
degli Acotili (Acotyla; fr. les Acotyles), cui apparten-
gono i generi Lymnorée, Favonie, Géryonie, Bérénice,
Éudore, e Carybdée.
La VIII Classe finalmente, ch’ è quella de’ Polipi
(Polypi; fr. Polypes), consta anch’ essa soltanto de’ due
Ordini seguenti:
L’Ordine I, sotto il nome di Brachiostomi (Brachio-
stoma; fr. Brachiostomes), comprende le seguenti quat-
tro Famiglie – 1. de’ Calamidi (Calamides; fr. les Ca-
lamides), cui appartengono i generi Pennatule, Véré-
tille, Ombellulaire, Pavonaire, Renille, Virgulaire,
e Scirpéaire – Fam. 2. degli Alcionei (Alcyonea; fr.
[Seite 333] les Alcyonés di Lamouroux, che sono i Polypes tubi-
féres di Lamarck), alla quale spettano i generi Lobu-
laire, Ammothée, Zénie, Anthèsie, Palythoè, com-
prendente tanto l’Alcyonelle, quanto l’Alcyonidie di
Lamouroux, Alcyon, Thétie, e Géodie – Fam. 3. degli
Alveolari (Alveolaria; fr. les Alvéolaires, racchiudenti
in parte anche i così detti Litofiti), cui riferirconsi:
(1. Tribù – Lamelliferi), i generi Méandrine, Monti-
culaire, Pavone, compresovi anche il genere Aspendésie
di Lamouroux, Actinophore, Explanaire, Astrée, Po-
rite, Pocillopore, Madrépore, Sèriatopore, Oculine,
Cariophyllie, Turbinolite, Cyclolite, Fongie, Styline,
e Sarcinule, (2. Tribù – Foraminosi, o Bucherati), ove
ascrivonsi i generi Tubipore, Alvéolite, Caténipore,
Favosite, Ovulite, Lunulite, Orbulite, e Distichopore,
(3. Tribù – Corticiferi), ove enumeransi i generi Corail,
Mélite, Isis, compresovi anche il genere Mopsée di
Lamouroux, poi ancora i generi Antipate, Gorgone,
giuntivi i generi Plexaure, Éunice, Muricée, e Primnoa
di Lamouroux, quindi il genere Coralline, compresovi
i generi Ianie, Ymopolite, ed Amphiroè del medesimo
Lamouroux, ed inoltre i generi Pinceau, giuntovi il ge-
nere Nésée di Lamouroux, e Flabellaire, unitivi i ge-
neri Halimède, ed Udotée pur sempre dello stesso La-
mouroux, (4. Tribù – Vaginiformi), cui spettano i ge-
neri Dermici Polyphise, Acétabule, Tibiane, Dichoto-
maire, giuntivi anche i generi Liagore, e Galaxaure
di Lamouroux, Anguinaire, od AEtée di Lamouroux,
Cellaire, giuntivi i generi Crisie, Ménippée, ed Eu-
cratée dello stesso, e Tulipaire, giuntovi anche il genere
Pasythée pur sempre di Lamouroux, poi spettanvi ezian-
dio i generi Adermici Sérialaire, giuntovi il genere Ama-
thie di Lamouroux, Plumulaire, od Aglaophénie di
Lamouroux, Antennulaire, giuntovi il genere Némer-
[Seite 334] tésie di Lamouroux, Sertulaire, giuntovi i generi Dy-
namène, Laomédèe, e Thoèe di Lamouroux, Campa-
nulaire, giuntovi il genere Clytie di Lamouroux, e fi-
nalmente ancora i generi Cornulaire, e Tabulaire, e
(5. Tribù – Spongiti), cui riferisconsi i due soli generi
Éponge, e Spongille, formanti insieme il genere unico
Éphyd [...]ie di Lamouroux – e Fam. 4. de’ Limnopolipi
(Limnopolypi; fr. les Limnopolypes), cui spettano i
generi Plamtelle, o Naïs di Lamouroux, Cristatelle,
Difflugie, Pédicellaire, Coryne, ed Hydre.
L’Ordine II, sotto il nome di Tricostomi (Trichosto-
ma; fr. Trichostomes), consta delle tre seguenti assai
piccole Famiglie – 1. de’ Cancriformi (Cancriformia;
fr. les Cancriformes), cui spettano i generi Brachion,
Folliculaire, e Tubicolaire – Fam. 2. de’ Campani-
formi, o Campanulati (Campanulata; fr. les Campa-
niformes), alla quale ascrivonsi i generi Vorticelle, Ur-
céolaire, e Furculaire – e Fam. 3. de’ Caudati (Cau-
data; fr. les Caudés), cui riferisconsi i generi Vagi-
nicole, Tricocerque, e Ratule.
La Seconda Razza di questi Animali Acefali è, come
già si accennò, quella degli Agastrici, e consta delle se-
guenti due piccole e sole Classi.
La I Classe, racchiudente i così detti Criptogeni (Cryp-
togena; fr. Cryptogènes), vien formata dal genere
Chaos, o da’ diversi Animaletti spermatici, e dagli Ace-
falocisti di Laënnec.
La II Classe poi, che termina al tutto il complesso
delle Famiglie del Regno Animale di Latréille, è quella
de’ Gimnogeni (Gymnogena; fr. Gymnogénes, o Pro-
togénes di Meckel, od anche, per taluni, Animaletti in-
fusorj, o, per altri, Vermi infusorj), e racchiude i se-
guenti due piccoli Ordini:
L’Ordine I, sotto il nome d’Appendicei, o di Projet-
[Seite 335] tiferi (Projectifera; fr. Appendicés), consta delle due
Famiglie – 1. de’ Caudigeri (Caudigera; fr. les Porte-
queues), cui appartengono i soli due generi Furcocer-
que, e Cercaire – e Fam. 2. degli Scodati (Ecaudata;
fr. les Écaudes), a cui spettano gli altri due generi
Kérone, e Tricode.
L’Ordine II, finalmente, sotto il nome di Semplicissimi
(Simplicissima; fr. Inappendicés), racchiude le due
Famiglie – 1. de’ Membranosi, o Membranacei (Mem-
branacea; fr. les Mernbraneux), alla quale ascrivonsi i
generi Bursaire, Kolpode, Paraméce, Cyclide, e Gone
– e Fam. 2. degli Incrassati (Incrassata; fr. les Épais-
sis), alla quale appartengono i generi Vibrion, Encè-
lide, Protée, Volvoce, e Monade.
Eccoci giunti ora al secondo Regno de’ Corpi
organizzati e viventi, vale a dire alle Piante, od
a’ Corpi vegetabili, che, a norma di quanto spo-
[Seite 337] nemmo ne’ precedenti § 3, e 4, a pag. 6, e segg.
del Vol. I di questa nostra versione, contraddi-
stinguonsi a prima giunta dagli animali soprat-
tutto per questo, che, senza far mostra mai di
alcuno apposito movimento spontaneo rimarche-
vole, assumono dessi il loro competente omoge-
neo sugo nutritizio, principalmente per la via
delle radici, le quali appunto perciò sono quelle
che, tra tute le parti esterne de’ vegetabili, il mas-
simo numero delle volle s’assomigliano di più,
ove se ne eccettuino alcuni casi straordinaria-
mente radi, come a dire quelli della Tremella
(Tremella nostock: fr. la Trémelle nostoc: ted.
[Seite 338] die Himmelsblume – Sternschuppe), de’ Tartufi
(Tuber cibarium – Tuber gulosorum per alcu-
ni, – o, per altri, Lycoperdon tuber), e d’al-
tre così fatte specie vegetabili, che sembrano
mancare affatto di radici.
Le piante differiscono poi eziandio, a riguardo
della loro generale conformazione, da quasi tutti
quanti gli animali, segnatamente perciò che il
loro crescere, o la grossezza e l’altezza a cui
possono pervenire, ed in ispecieltà il numero delle
singole loro parti, quali sarebbono i rami, le
foglie, i fiori e simili, non sono mai così deter-
minate come sogliono esserlo negli animali, ma
anzi ne riescono sempre in complesso variabi-
lissime1.
Quasi direbbesi a compenso di queste grandis-
sime variazioni, alle quali i vegetabili vanno sot-
toposti, sembra che l’intima loro compage rie-
scane altrettanto più costantemente semplice, uni-
forme od omogenea, in confronto con quella degli
animali; e di fatto nulla vi si scorge mai che
possa ragionevolmente paragonarsi, nè co’ visceri
di questi ultimi, che sono pure organi importan-
tissimi per la animale economia, nè co’ loro nervi,
[Seite 339] colla loro sostanza veramente muscolare o carnosa,
colle loro essa, e via discorrendo; mentre in
somma la loro organizzazione riducesi meramente
ad una foggia di vasi, che poi distinguonsi in vasi
spirali, i quali sono conosciuti universalmente sotto
il nome di Vene, ed in trachèe, e ad un tessuto
cellulare1, che ne riempie gli interstizii, o nel
quale que’ vasi medesimi procedono.
Questo tessuto vegetabile è, con ben miglior
fondamento di ragione, denominato tessuto cellu-
lare, di quello che non sialo il tessuto, da dirsi
più propriamente mucoso, degli animali, il quale
però non lascia d’essere in qualche modo ana-
logo al primo; da chè in fatto esso in molte parti
delle piante mostrasi tutto quanto costituito di
cellette racchiudenti, ora aria, ed ora un umore
[Seite 340] particolare, ch’ è il sugo proprio del vegetabile.
Può desso osservarsi soprattutto nella corteccia,
ed anche nel così detto midollo di parecchie piante,
e spesso contiene, sparsevi ed isolate per entro,
certe vescichette piuttosto grandicelle, che chia-
mansi propriamente otricoli (utriculi), presentando
anche talora alcune lunghe cavità tubulose.
I vasi propriamente detti de’ vegetabili, che
sembrano mancar del tutto in parecchie famiglie,
ed anzi in intieri generi di certe piante cripto-
game, a quel modo medesimo che nel Regno
animale mancano di vasi proprii i Zoofiti, ed
eziandio alcuni Molluschi, manifestansi, almeno
nel massimo numero de’ casi, soprattutto per que-
sto, che le loro pareti constano di fibre (se pure
non piuttosto di tubicini o di tubetti?), attorci-
gliate o ravvolte in spira, ed offrono così quasi
sempre l’aspetto, più che d’altra cosa, di quella
foggia di corde armoniche formate d’un filo, at-
torno al quale, come sopra d’un’ anima, un altro
filo metallico ne sia ad arte stato ravvolto spiral-
mente (ted. das Ansehen von besponnennen Saiten).
Comunque moltiplicatissime essere si possano
le riunioni, colleganze od anastomosi (anastomo-
ses) in forma di rete, od altre, di questi così
[Seite 341] fatti vasi de’ vegetabili tra loro, non è perciò che
siavi mai luogo ad alcun confronto, tra’l servigio
che qui prestano dessi, e quella vera e reale cir-
colazione de’ fluidi, che vedemmo succedere in
tutti quanti gli animali di sangue rosso, ed in
moltissimi eziandio tra gli animali di sangue
bianco.
La quasi costante e perfetta identità del ristretto
numero di quelle parti organiche de’ vegetabili,
che diconsene propriamente le parti similari (par-
tes similares), ci mette a condizione di poter
spiegare la facilità, con cui le parti composte
che ne risultano, e che sogliono denominarsi
parti dissimilari (partes dissimilares) dei vege-
tabili medesimi, sono atte a trasformarsi le une
nelle altre all’ occorrenza; come succede, per tra-
sandarne molti altri, a cagion d’esempio, so-
prattutto ne’ così detti fiori doppii o fiori pieni,
alle fogliuzze che ne passano a far parte, ora del
calice, ed ora della corolla1; e serve anche a spie-
[Seite 342] gar come talvolta, piantando alcuni alberi a ro-
vescio, vale a dire co’ rami e colle fronde sot-
terra, e colle radici in alto nell’ aria, si riesca
ad ottenerne col tempo la trasformazione de’ rami
e delle fronde in radici, ed a vicenda delle an-
tiche radici in rami, che a suo tempo rivestonsi
poi di novelle fronde e di foglie1.
Le principali parti dissimilari de’ vegetabili,
composte come accennammo di tali loro parti or-
ganiche, e le loro funzioni, possono molto accon-
ciamente pigliarsi in considerazione, tanto rispetto
alla individuale conservazione delle piante, quanto
come spettanti alla loro propagazione, o alla mol-
tiplicazione delle loro specie rispettive. Noi comin-
cieremo dal prendere ad esame quelle che ne con-
cernono la conservazione individuale.
I vegetabili traggono, suggono od assorbono i
materiali, che rendonsi necessarj alla propria loro
conservazione individuale ed al loro progressivo
[Seite 343] sviluppamento, in parte dall’ atmosfera, e in parte
dall’ acqua o dal terreno imbevutone, ove stanno
piantati. Suggono dessi il loro nutrimento dall’ at-
mosfera mercè delle boccuccie de’ vasellini assor-
benti, che hanno in copia indicibile disseminate
al di sotto della epidermide, segnatamente delle fo-
glie, ed assorbonlo poi dall’ acqua per mezzo delle
fibre, delle barbe o de’ sottili filamenti, ad ogn’ anno
riproducentisi nelle loro radici, colle quali per la
massima parte le piante stannosene immediatamente
fermate nel terreno; sebbene alcune di esse, come
sarebbe a dire per esempio, il Vischio (Viscum
album: fr. le Guy: ted. der Mistel), la Cuscuta
(Cuscuta europaea: fr. la Cuscute – la graine
de lin – l’angoure de lin: ted. die Flachseide),
la Vainiglia (Epidendrum vanilla: fr. la Vanille:
ted. die Vanille), e simili altre, che corrono or-
dinariamente sotto il complessivo nome di piante
parassite (plantae parasiticae), stiansene infisse
costantemente sopra alcuni alberi, o sovra altre
piante1; mentre alcune altre ve n’ha pur anco,
[Seite 344] che non fanno se non galleggiare di continuo sulla
superficie dell’ acqua, come si è riconosciuto che
fanno le così dette Lenti d’acqua, o Lenti acqua-
tiche (Lemma gibba di Linneo, detta già prima
eziandio, ora Lenticula, ed ora Hydrophace:
fr. la Lentille d’eau – la Lentille des marais –
le Callitric printannier? – la Capillaire d’eau?:
ted. die Wasserlinsen), a riguardo delle quali
veggasi ciò che già ne sponemmo nell’ Annotazione
al precedente § 3, a pag. 6, e 7 del I.° Volume di
questa medesima nostra edizione Italiana.
Per altro, ad onta di tutta questa differenza,
che passa tra le piante, circa al modo loro di star-
sene infisse al suolo o nel terreno, sembra che
tutte quante le circostanze coincidano in com-
plesso a provare che l’acqua, tanto fluida li-
quida, o in forma di goccie, quant’ eziandio in
istato d’espansione, o ridotta in forma d’umi-
dità o di vapori, sempre siane il veicolo, per
mezzo del quale viene in esse introdotto l’acido
carbonico, che, dietro alle ingegnose ricerche di
Ingen-housz1, risulta doverne probabilmente co-
stituire la materia nutritiva principale, o il po-
tissimo principio nutriente. Con questo fondamento
[Seite 345] si perviene ad intendere, non solo come certi ve-
getabili, che prima usavano starsene piantati colle
loro barbe o radici fibrose nella terra, possano
allevarsi, a quel modo che si fa delle cipolle dei
Giacinti, o d’altre simili, nell’ acqua pura, o
delle sementi del così dello Crescione (Sysim-
brium nasturtium: fr. le Cresson: ted die Kresse),
sopra una fanella, o sopra un panno di lana
mantenuto umido costantemente; ma s’intende
eziandio come alcuni altri vegetabili, e fra gli al-
tri il così detto Semprevivo de’ tetti (Serpervi-
vum tectorum: fr. la Joubarbe commune – o la
Joubarbe des toits: ted. das Hauslauch), e tante
altre piante succulente, o secondo che si suol dir,
crasse, proprie de’ climi i più asciutti ed i più
caldi, quali sono, a cagion d’esempio, le Agave
(Agave americana: fr. l’Agavè: ted. die Agave),
gli Aloe (Aloe: fr. l’Aloès: ted. der Alloëbaum),
le varie specie di Mesembriantemi, di Cactus,
ed altre consimili, possano per ben lungo tempo,
mercè soltanto del continuo assorbire che fanno
l’umidità atmosferica, ritrarne quanto possa loro
bastare per nutrirsi e mantenersi vive1.
Gli organi esterni, i più universalmente inser-
vienti ne’ vegetabili alla nutrizione, o per parlare
ancora più acconciamente, alla ingestione delle
sostanze atte a nutrirli e a conservarli in vita,
ossiano i filamenti delle radici, o le barbe radi-
cali, in molti di essi emettono da sè, o gettan
fuori subito, od immediatamente alla bella prima,
le foglie fuori di terra; mentre altri ve n’ ha, che
da prima emettonle riunite in un fusto o tronco
radicale, il quale in parecchj prolungasi quindi
in un gambo, in un caule, in uno stipite, in un
culmo, in uno stelo, o comunque altramente vo-
gliasi denominarlo nelle diverse piante, conser-
vante però in pieno, il più delle volte, la struttura,
o la conformazione medesima che già aveva il sum-
mentovato ceppo, fusto o tronco radicale.
Il tronco degli alberi, e de’ frutici o degli ar-
busti, è all’ esterna sua superficie coperto d’una
epidermide finissima, al di sotto della quale trova-
sene la scorza o la corteccia propriamente detta,
e quindi poi la scorza interna, o il libbro (li-
ber), costituitone quasi in totalità di attivissimi
vasellini conducenti il sugo, e formante in conse-
guenza, a riguardo della conservazione individuale,
una delle parti le più decisamente importanti della
[Seite 347] pianta. A questo libbro tien dietro poscia l’al-
burno (alburnum), e dopo di questo la sostanza
legnosa, o il legno propriamente detto, ed in fine,
o tra mezzo al legno, come talora accade, o lungo
l’asse del tronco, come succede il più delle volte,
ha posto la così dettane midolla, la quale però
diminuisce di massa, a misura che va crescendo
sempre più l’età della pianta, e finisce ben anco
per sparire quasi del tutto. In questa maniera di
piante va, o vanno formandosi annualmente, uno,
o ben piuttosto due novelli strati di sostanza le-
gnosa, derivanti, almeno a quanto pare, dal con-
solidamento successivo del qui sopra citatone al-
burno; e quindi è poi, che dal numero di questi
straterelli legnosi concentrici (pectines), si può
in qualche modo giudicar talora a un dipresso
della età attuale del tronco, che hassi sott’ occhi.
Annotazione. Gli stipiti legnosi della Palma for-
mano una eccezione a questa regola, siccome quelli
che non dimostrano mai tali pettini, o strati legnosi
concentrici, nella loro sezione trasversale, e sono in-
vece in ogni loro parte uniformemente compatti, duri
molto, e come chi dicesse qua e là parzialmente com-
penetrati da cilindretti tubulosi, o da stanghettine di
alburno (ted. partielle Splintröhren) disseminatevi
per entro; osservazione questa che riesce di qualche
importanza anche per guidarci a riconoscere certe qua-
lità di legni impietrati o petrificati.
Il tronco o fusto de’ vegetabili suole per l’or-
dinario dividersi in rami, che poi suddividonsi ul-
teriormente in altri rami sempre più piccoli, o
in fronde, alle quali in fine stanno attaccate le
foglie, composte in complesso di que’ medesimi
principii prossimi, parti o sostanze, onde sono
composte le radici ed il tronco; sicchè vi si pos-
sono distintamente riconoscere del pari l’epider-
mide, la scorza o corteccia, la materia legnoso,
ed un tessuto cellulare, analogo affatto alla mi-
dolla, che stassene nel bel mezzo della foglia,
tramezzato dal reticolo legnoso. Questo reticolo
legnoso, che il più delle volte riesce doppio, e
dal quale possono, tanto colla macerazione, quanto
mediante il rosicchiamenlo che vi praticano certi
Insetti, od anche con altri spedienti opportuni
a tal uopo, separarsi e togliersi via tutte affatto
le sostanze, nelle quali è desso naturalmente in-
viluppato e talora quasi occultato, inducendosi
così a quello stato, che pel solito ci fa poi deno-
minarlo scheletro di foglia, è rivestito, sopr’ amen-
due le faccie della foglia, d’una pellicola sua pro-
pria particolare, abbondantissima di vasi assor-
benti che frequenti vi si incrocicchiano per entro
(vedine già fatta menzione qui poco addietro, al
§ 166), che dicesene generalmente la cuticola,
al tutto diversa da quella che già ne rammen-
[Seite 349] tammo sotto il nome di epidermide, che alla
perfine ricuopre tutta quanta la foglia al di fuori.
Questa organizzazione delle foglie merita tanto
più d’essere ben conosciuta, in quanto che grandi
assai, e di somma importanza, ne riescono le fun-
zioni per le piante che ne vanno provvedute; men-
tre esse servono loro singolarmente per l’anda-
mento continuo, e pel compimento di ciò che so-
leva dirsene in addietro il processo flogistico,
analogo a quello, che negli animali va effettuan-
dosi in particolare per la via della respirazione,
vale a dire mercè della inspirazione ed appropria-
zione dell’ ossigeno, o di quel principio che forma
la base della porzione la più pura e la più respi-
rabile dell’ aria atmosferica pervenutane fin entro
a’ polmoni; ma che ne’ vegetabili si effettua invece,
più che altro, per mezzo delle foglie, ove vi si
prestano in singolar modo il contatto e l’unione
strettissima de’ loro vasi spirali colle trachée.
Di fatto i vegetabili hanno anch’ essi, per con-
servarsi in vita, un bisogno indispensabile della
base di questo medesimo gas respirabile, allo
scopo principalmente, come ne importano gran-
dissima probabilità le indagini in proposito prati-
cate dal prelodato Ingen-housz, di prepararsi con
[Seite 350] quello, nel vivente loro elaboratorio, quell’ acido
carbonico, del quale femmo già menzione qui
poco sopra al precedente § 167, che sembra co-
stituirne la principale materia nutritiva, e di cui
trasudan essi, o lasciano poscia da sè svaporare
in forma di gas acido carbonico, la porzione su-
perflua1.
Egli è soprattutto di notte, allo scuro, o nelle
tenebre, che va effettuandosi nella sua maggior
forza questo importantissimo processo, mentre
invece durante il giorno, e tanto più poi se il
sole percuote direttamente co’ suoi raggi la pianta,
esso non si eseguisce se non con maggiore len-
tezza e di gran lunga più debolmente, atteso che
i vegetabili in tal caso preparano e consumano
una molto minore quantità d’acido carbonico, ed
emettono anzi tal quale dalle loro foglie il gas
ossigeno, che, come s’ è detto, è la sola parte
dell’ aria atmosferica, la quale riesce servibile alla
respirazione degli animali2.
Eppure le foglie, quegli organi che dimostram-
mo infino ad ora riuscire in generale di tanta im-
portanza pe’ vegetabili, non sembrano essere in-
fine altra cosa, per la massima parte delle piante
indigene de’ climi più freddi, fuorchè un orna-
mento caduco e passaggiero, con cui abbellansi
desse in tempo d’estate, e che sviene poi, s’ap-
passisce e cade quasi sempre nell’ avvicinarsi del-
l’ inverno. Concorre a rendere assai probabile, che
un tale sfogliamento, o sfrondamento che vogliasi
dire, sia, più che non a qualsivoglia altra ca-
gione, da attribuirsi all’ effetto del gelo, che, com-
penetrando tali piante durante il loro assopimento
invernale, o quasi direbbesi, il loro sonno d’in-
verno, ne rallenta, come suol fare eziandio negli
animali, la circolazione degli umori, e ne re-
stringe i vasi, per modo che poi le foglie, rese
così inabili a compiere quelle funzioni alle quali
erano da prima destinate, secchinsi e cadansene
prive di vita; concorre, dico, a rendere proba-
bilissima questa supposizione lo scorgersi che, in
generale, ed a meno di ben poche eccezioni, le
piante proprie de’ paesi caldi, e della Zona tor-
rida, non vanno così soggette a questa maniera di
muta vegetabile, o a questo sfrondamento, e il
veder poi che, anche nelle regioni freddissime, le
piante che hanno foglie o fronde forti, salde, e
[Seite 352] ragiose o resinose, come a dire, trall’ altre, per
esempio, le così delle piante Conifere, od an-
che gli alberi dalle foglie aciculari, quali sareb-
bono i Pini (Pinus sylvestris: fr. le Pin: ted.
der Fichtenbaum), i Larici (Pinus larix: fr. le
Méléze: ted. der Lerchenbaum), gli Abeti (Pi-
nus abies: fr. le Sapin: ted. der Tannenbaum),
l’Edera (Hedera arborea: fr. le Lierre en ar-
bre – le lierre trainant – le lierre grim-
pant: ted. der Epheu), il Vaccinio (Vaccinium
vitis idaea: fr. la Bousserolle – le raisin
d’ours: ted. der Mehlbeerbaum – die Preus-
selbeeren – Mehbeeren), alcune Eriche (Eri-
ca vulgaris – ed altre: fr. la Bruyére: ted.
das Heidekraut), il Bosso, o Bossolo (Buxus
sempervirens: fr. le Buis: ted. der Buxbaum),
e via discorrendo, conservano tute quante il
loro fogliame o le loro fronde sempre verdi,
anche a malgrado de’ rigori della stagione in-
vernale.
Annotazione. Cade qui pure in acconcio l’osser-
vare, come, a quel modo che hannovi animali i quali
precisamente in inverno sono dotati di tutta quella
maggior vivacità, di cui mai siano capaci, nè in
altra stagione accade che accoppiinsi, se non appunto
in quella ec. ec.; così vi sono del pari parecchie
piante, la vegetazione delle quali riesce anch’ essa
in quella stagione medesima vigorosissima, ed animata
quanto possa esserlo mai; e di tal fatta sono, a ca-
[Seite 353] gion d’esempio, l’Elleboro nero) Helleborus niger:
fr. le Hellebore noir – la mâche – la doucette –
la boursette – la salade de chanoine: ted. die
schwarze Nieswurzel), il Colchico autunnale (Col-
chicum autumnale: fr. la Colchique d’automne –
le tue-chien: ted. die Zeitlosen), la Campanella
bianca, o la Campanella delle nevi (Campanula nivea
– ma meglio assai Galanthus nivalis: fr. la Ga-
lanthine – la perce-neige printannière – la vio-
lette de fevrier – la cloche blanche – la campane
blanche: ted. das Schneeglöckchen), ed altre di-
verse.
Molte piante vi sono, che offrono una assai ri-
marchevole ed affatto particolare proprietà, con-
sistente in ciò, che in sulla sera, o, verso l’ora
del tramontar del sole, se ne veggono le foglie,
ed in alcune specie perfino i fiori, chiudersi, de-
primersi, quasi si direbbe colcarsi o giacere, co-
me se volessero, in certo tal qual modo, decum-
bere, riposarsi o dormire. E ciò non è già da
dire che derivi soltanto dalla freddezza dell’ aria
vespertina, da che succede tanto ne’ calidarii
chiusi, e nelle serre o stufe, come all’ aria aperta,
nè può ritenersi cagionato tampoco dall’ oscurità
o dalla sminuita intensità della luce, da che pa-
recchie piante mettonsi in estate a dormire poco
dopo passata l’ora del mezzogiorno. Che anzi al-
cune ve n’ha, come sono, trall’ altre, il Cacto
[Seite 354] da’ fiori grandi (Cactus grandiflorus: fr. le Cac-
tier – o anche le cierge à grandes fleurs –
le grand cierge serpentaire), il Mesembriantemo
fiorente di notte (Mesembryanthemum noctiflo-
rum: fr. la Ficoïde nocturne: ted. die Nachtsblu-
menfeige), e l’Esperide triste (Hesperis tri-
stis: fr. la Julienne triste? – o la hesperide
triste: ted. die Nachtviole), i fiori delle quali
dormono, o rimangono chiusi durante tutta intera
la giornata, per aprirsi poi e far pompa di loro
bellezza unicamente in tempo di notte, a quel
modo medesimo che sponemmo nel precedente
§ 31, a pag. 66 e 67 del Vol. I della presente edizione
Italiana, esservi certi animali, perciò appunto qua-
lificati coll’ epiteto di notturni (animalia nocturna),
che passano tutto il giorno dormendo e non ri-
mangonsene perfettamente vispi e svegliati, che du-
rante la notte1.
Oltre a questa maniera di sonno, a cui, da
quanto accennammo puro testè, risultano i vege-
tabili aver bisogno d’abbandonarsi di tempo in
[Seite 356] tempo, gioverà l’osservare che alcuni di essi of-
fronci talora certe foggie di movimenti loro pro-
prii, fra i quali, per esempio, merita d’essere
particolarmente rammentato quel volgersi sponta-
neo, che soglion far quasi tutti quanti, quale in
un modo, e quale nell’ altro, verso quella parte
onde proviene loro in via diretta la luce1, o quel
fluido sottilissimo, che riesce loro assolutamente
indispensabile, e che ricercano dessi colla avidità
che corrisponde a’ sommi ed anzi infiniti benefi-
cii ch’ essa, sotto moltissimi riguardi, procura loro
continuamente; nè è già soltanto nel Girasole,
o nell’ Elianto maggiore (Helianthus annuus ma-
jor: fr. le Hélianthe à grandes fleurs – la cou-
[Seite 357] ronne du Soleil: ted. die Sonnenblume), nel
così detto Tornasole, e in pochi altri vegetabili
così fatti, che accada di poter osservare questa
maniera di attrazione; mentre ce ne forniscono
altrettanti argomenti poco meno che tutte indi-
stintamente le piante, e singolarmente poi quelle
che tengonsi ne’ tepidarj o nelle serre, e che si
veggiono sempre rivolgersi verso la luce, ed ade-
rire a’ vetri, ed alle invetriate delle stufe, come
se vi fossero state a bella posta incollate1, o
compresse contro. Ma v’ha di più ancora, che certe
[Seite 358] parti d’alcune piante si muovono talora con molta
velocità, quando vengono toccate, come ne por-
gono palmarissimi esempj, trall’ altre, le foglie
e i rami della così detta Sensitiva, o Mimosa
pudica1 (Mimosa pudica: fr. la Sensitive – l’a-
[Seite 359] cacie pudique: ted. das Fühlkraut), o della Aver-
roa carambola (Averrhoa carambola: fr. la Ca-
rambole: ted. der Indische Averrhoëbaum), e le
stipule della Dionea muscipula1, o della pigliamo-
sche (Dionaea muscipula: fr. la Dionée attrape-
mouche: ted. die Venusfliegenfalle), le quali
al primo posarvisi su, che faccia una Zanzara
od un qualche Moscherino, tosto serranvisi sopra
in modo da schiacciarvelo.
Degna rendesi poi di particolarissima conside-
razione quella maniera di movimento vitale o, se
[Seite 360] si voglia, quella singolare, ed alcune volte viva-
cissima, irritabilità che, all’ epoca della loro fe-
condazione, sviluppasi negli organi sessuali del
fiore di ben molte piante ermafrodite, e di cui
può, fra tanti altri, porgerci un esempio palmare
il così detto Berbero, Berberi, Crespino, Spina
acuta o Prun bianco, o sia il Berberis comune
(Berberis vulgaris: fr. l’Épine-vinette: ted. die
gemeine Berberis – der Berberisstrauch), gli
stami del quale, solo che vengane toccata la parte
più interna, vale a dire quella che ne corrisponde
direttamente al germe, da alcun che di estraneo,
come sarebbe da un Insetto, che siasene posato
in sul fiore, per suggerne od asportarne quel li-
quor dolce zuccherino, che usiamo chiamare il
nettare de’ fiori, il quale ne sta raccolto in sul
fondo sopra al ricettacolo, ed è atto, più che al-
tra cosa, alla preparazione del miele, sbalzano
dessi tosto all’ indentro, e spingendo così le an-
tere contro allo stigma, ne favoreggiano efficacis-
simamente la fecondazione.
Comunque mirabili riescano in vero tutti questi
movimenti, e comunque palpabilissime siano sem-
pre le prove ch’ essi ci somministrano della atti-
vità delle forze vitali ne’ vegetabili, pure, quando
si voglia sindacare come conviene, ed esaminare
attentamente la cosa con occhio fisiologico, non
[Seite 361] si potrà a meno di scorgere manifesto, che tali
fenomeni differiscono d’assai da quegli altri, che
costituiscono una delle proprietà le più esclusiva-
mente caratteristiche degli animali, come il sarebbe
il movimento volontario, del quale non si riuscì
mai a travedere tampoco la più lieve traccia po-
sitiva, nemmeno in que’ vegetabili, che ci sono
più degli altri conosciuti appunto per questa loro
irritabilità, come lo è, per cagion d’esempio, l’E-
disaro girante (Hedysarum gyrans1: fr. le Saint-
foin oscillant: ted. der schwingende Süssklee).
Annotazione. Questo almeno posso io qui asseve-
rare, non essere a mia cognizione pure un solo ani-
male, che assuma il proprio cibo o nutrimento, senza
che vi concorra un movimento volontario; mentre in
vece non si dà pure una pianta, che giovisi mai di
un movimento di tale natura nella circostanza di do-
ver assorbire i fluidi atti a nodrirla, ed a tenerla viva.
Le sostanze o materie nutritizie, quando una
volta sono state da qualche pianta succhiate, as-
sorbite o comunque ingeste ne’ modi qui sopra
accennati, e quindi poi assimilate nella sua so-
stanza propria, corrispondentemente alla speciale
sua organizzazione, vengono successivamente a di-
[Seite 362] stribuirvisi, od a scompartirsi ne’ varj sughi spe-
cifici, che a quella medesima pianta sogliono ap-
partenere. E ben si sa in questo riguardo che,
se si danno piante che contengono un sugo lat-
teo, dolce ed innocuo, altre pure ve n’ ha che uno
ne racchiudono acre, mordente e corrosivo; che
se alcune di esse forniscono una gomma od una
mucilagine, altre, e fra queste singolarmente gli
alberi così detti coniferi, od a fronde aciculari,
come sarebbono varj Pini, Cipressi, Ginepri ec.,
preparano, soprattutto quando sono alquanto in-
vecchiate, una Resina, la Colofonia, la Pece ec.;
nè rendesi gran fatto necessario il soggiugnere
ulteriormente, che, di certe determinate piante,
alcune parti offronci, ora una maniera di Farina
od una tal quale Fecola, ora la Manna, ora lo
Zucchero, ora una sorte di Cera o di Sego,
ora qualche Olio fisso o, come si suol dire,
grasso, ora uno de’ varj Olj essenziali o vola-
tili, conosciuti generalmente sotto il nome d’Olj
eterei, ora la Canfora, o qualche altro principio
aromatico, o d’altra natura; ritenuto che pochis-
sime tra esse fornisconci la così detta Gomma
elastica, ossia il Catecù (fr. le Cahoutchouc: ted.
das Federharz. – Cahutchuc), e così via via di-
scorrendo1.
Annotazione. Debbono qui pure trovare il loro
luogo le specifiche esalazioni, o le emanazioni pro-
prie di certe piante, quale, per non dir di molte
altre, si è quella, di natura resinosa infiammabile, che
tramanda la Frassinella, o il così detto Dittamo bianco
(Dictamnus albus: fr. la Fraxinelle dictame-blanc:
ted. der weisse Diptam) ec.
Che poi questi differenti sughi, umori, fluidi o
sostanze possano, precisamente nelle medesime
piante, essere sempre ad un modo preparate ed ela-
borate, mercè delle varie secrezioni (secretiones), e
delle occorrenti diverse modificazioni, alle quali vi
stanno sottomessi i sughi nutritivi un tratto assorbi-
tine, ciò viene a scorgersi chiaramente dall’ osser-
varsi, per esempio, che in un medesimo suolo, ed
anzi nella stessa stessissima ajuola, mentre la Ruta
(Ruta graveolens: fr. la Rue commune: ted. die
Raute), vi conserva il sapore amaro che le suol
essere proprio, l’Acetosa (Rumex acetosa: fr.
l’Oseille: ted. der Sauerampfer), e l’Aceto-
sella (Oxalis acetosella: fr. l’Oxalide – la Su-
relle – l’Alleluja – le Pain de coucou: ted.
der Sauerklee), non cessano di mantenervi i loro
sughi acidi, e le Lattuche (Lactuca capitata –
longa: fr. la Laitue pommée – la Laitue ro-
maine: ted. der Lattich – Kopfsalat – römi-
scher Lattich), non desistono dal prepararvi con-
tinuamente i consueti loro sughi refrigeranti o rin-
frescativi, com’ eziandio dall’ osservarsi che, nelle
diverse parti d’una stessa pianta, e perfino ta-
lora nelle diverse parti del medesimo frutto, i
sughi possono riuscirne affatto differenti, a mal-
grado che ultra cosa non siano mai, se non sem-
plici alterazioni o modificazioni dello stesso sugo
[Seite 365] nutritivo da prima assuntone, operale mercè della
varia elaborazione, cui assoggettaronlo le singole
parti dell’ organismo vegetabile diversamente con-
tessuto o disposto.
Non è però men vero, che la differenza del terre-
no1, e la diversità del clima esercitano d’altronde
anch’ esse una speciale marcatissima influenza
sulla varia natura, qualità o proprietà de’ sughi
ne’ vegetabili; da che si sa benissimo, da un lato,
esservi alcune piante che, traspiantandole in un
altro terreno, d’indole diversa da quello ch’ era
loro da prima appropriato, vanno soggette a tali
modificazioni, e ad alterazioni così fattamente
vistose, non meno a riguardo della esterna loro
conformazione, che per rispetto alla natura, alla
composizione e alla qualità de’ sughi elaboratine,
che spesso perdono così assai del loro proprio
vigore, della loro vivacità, freschezza ec.; come
si sa del pari, d’altra parte, esservene certe al-
tre che, in grazia appunto d’una consimile tra-
spiantagione dall’ uno ad un altro terreno, ven-
gono invece a migliorar condizione, guadagnan-
dovi in forze, riportandone un maggiore svilup-
[Seite 366] pamento, o in somma, per dirla a un tratto, in
certo tal qual modo nobilitandosi maggiormente.
Parlando così in generale, si può dire benis-
simo, che quasi ogni singolo suolo o terreno ab-
bia una certa determinata serie di piante, che
riescongli più dell’ altre adattate, e per così dire
appropriate, e che quindi possono nutrirvisi e ve-
getarvi meglio che non altrove1; di modo che si
ha talora luogo a giudicare sanamente dell’ indole
vera o della natura di un dato terreno, indovi-
nandola sulla semplice ispezione delle piante che
nasconvi e cresconvi spontanee, o che ne sono
indigene. Ma però sembra che la Providenza ab-
bia in certo modo fatto pompa di moltiplicare pos-
sibilmente i suoi bencficii a pro dell’ uman genere,
impartendo a certe piante, che riescono di somma
importanza pel maggior ben essere degli uomini,
la suscettibilità di adattarsi quasi ad ogni clima,
o per lo meno, s’ esse sono proprie particolar-
mente d’alcuni climi soltanto, impartendo a quelle
l’altitudine a potervi vegetare e crescere in ogni
[Seite 367] qualità di terreno. Così veggiamo, per esempio, che
i diversi Cereali, come a dire il frumento e l’altre
granaglie, che sembrano pure pianticine deboli
sommamente e delicate, riescono di gran lunga
meglio, anche in climi differentissimi, di quello
che vi riescano le Quercie (Quercus robur: fr.
le Chêne: ted. die Eiche), ed altre piante arbo-
ree, le quali hanno l’apparenza d’essere robu-
stissime, vigorosissime, e in sommo grado resi-
stenti; e così pure veggiamo, per non parlare del
così detto Pomo di terra (Solarium tuberosum:
fr. la Pomme de terre – la Parmentière: ted.
der Erdapfel), nè del Pero di terra, o Topinam-
bour (Helianthus tuberosus: fr. le Topinambour:
ted. die Erdbirn), nè delle tante Igname (Igna-
me – Dioscorea alata: fr. l’Igname de l’Amé-
rique chaude: ted. das Yam – der Igname –
die Yamwurzel), piante tuberose tutte, e comme-
stibili, recateci da lontanissimi paesi, e da climi
disparatissimi da questi nostri, e che pure scorgonsi
ora qua e là frequentemente, e con grandissimo
universale vantaggio, coltivate, ed anzi quasi affatto
naturalizzatevi; veggiamo, io diceva, la vera Pa-
tata, o Batata (Convolvulus batatas: fr. la Patate
douce – la vraie Patate – la Batate: ted. die
Kartoffel), originaria del Chili, vegetare, crescere
e moltiplicarsi attualmente, naturalizzata anch’ essa
poco meno che in tutte quante le cinque parti del
Globo nostro, e veggiamo in fine la Palma del
[Seite 368] Cocco (Cocos nucifera: fr. le Cocotier: ted. der
Cokosbaum – Cokosnussbaum – die Cocospalme)
vegetare ugualmente bene, ne’ paesi de’ quali è in-
digena, tanto se sia piantata in un terreno ghia-
joso, sassoso ed arenaceo, come se trovisi situata
nel suolo il più sofice, il più morbido o il più
grasso.
D’altronde ella è pur cosa, che non può a meno
d’essere da noi con qualche stupore rimarcata,
che alcune particolari regioni, come a dire per
esempio, il Capo di Buona Speranza, e la Nuova
Olanda, producano, esclusivamente a qualsivo-
glia altro paese, come si sa che fanno, una mol-
titudine così grande di generi di piante, svariatis-
simi ad un tempo, distintissimi, ottimamente ca-
ratterizzati, e affatto loro proprii, mentre invece
poi hannovi altri paesi di grandissima estensione,
i quali sono al tutto mancanti d’alcuni intieri e
molto considerabili generi di piante. Così è noto, a
cagion d’esempio, che mancano quasi onninamente
alla Zona torrida le così dette Brassiche, ossiano
le diverse specie, fra noi comunissime, di Cavoli,
Rape, Navoni ec. (Drassica oleracea – rapa – na-
pus ec.: fr. les Choux, Raves, Turneps, Navets ec.:
ted. die Kohlarten – Rubenarten ec.); e così pure
si sa oggimai, che nelle diverse Isole formanti parte
delle così dette Indie occidentali, in confronto
[Seite 369] con certe altre regioni, non occorrono, se non estre-
mamente radi, i così detti Musci o Moschi fron-
dosi (Musci frondosi: fr. les Mousses foliacées:
ted. die Laubmoose), mentre al contrario fre-
quentissimi vi riescono poi e svariatissimi i Li-
cheni (Lichenes: fr. les Fougéres: ted. die Farn-
kräuter), e così via discorrendo.
Nè merita finalmente meno speciale considera-
zione, per parte nostra, quella medesima differenza
che, come già il vedemmo nel regno animale, e
segnatamente poi negli Insetti, osservasi eziandio
nella vegetazione delle piante, vale a dire, che,
mentre alcune di esse sogliono viversene isolate
e solitarie, altre invece sembrano stringersi fitte
ed addensate, per così dire, le une colle altre,
per copiosissime masse d’individui, occupando
talora grandissimi spazii sovra terra, come fa nelle
così dette Lande vegre, o Brughiere, l’Erica co-
mune (Erica vulgaris: fr. la Bruyère commune:
ted. die gemeine Heide), e talora occupando im-
mense parti della superficie del mare, come fanno
il così detto Sargasso, o sia il Fuco natante (Fu-
cus natans: fr. le Sargasse – le Sargazo: ted.
der schwimmende Tang – das Sargasso), il
Goemone, ec.
Trattenutici così infino ad ora a ragionare di
quanto in generale ha relazione colla individuale
conservazione de’ vegetabili, co’ luoghi di loro di-
mora, ec., è tempo omai che ci facciamo a discor-
rere alcun poco de’ loro mezzi di riproduzione,
di moltiplicazione, e di propagazione delle spe-
cie rispettive; funzione questa che, sebbene pro-
ceda in formo apparentemente molto variabili,
pure, considerata in complesso, può benissimo
riguardarsi come effettuantesi sempre nell’ una, o
nell’ altra delle tre maniere seguenti, vale a dire:
1. per radici, o per rami (fr. par Racines, ou
par Rameaux: ted. durch Wurzeln, oder Zweige);
2. per gemme, getti o bottoni (fr. par Boutons,
ou bourgeons, ou par Caïeux: ted. durch Augen), e
3. per semi o sementi (fr. par le Semis: ted.
durch Samen1).
La prima di tali maniere di riproduzione delle
piante, vale a dir quella che, come indicammo,
si fa per mezzo delle radici o de’ rami, e della
quale ebbimo già, secondo che ognuno può ram-
mentarsi, qualche esempio, o almeno qualche
traccia anco nel regno animale, e segnatamente
poi, tra gli altri, ne’ Polipi, riesce affatto co-
mune nel regno vegetabile; a tale che anzi pa-
recchie piante sogliono moltiplicarsi di per sè sole,
o individualmente, appunto con questo mezzo; in-
tanto che, per molte altre, l’arte è pervenuta ad
imitare in ciò perfettamente la natura, mercè di
quel processo agrario che dicesi provanatura (fr.
le Provignement: ted. das Ausfächsern – Sen-
ken – Absenken), e che usasi cotanto, soprat-
tutto per la moltiplicazione delle viti. Il così detto
Banano, Bananiere, o Fico d’India, per esem-
pio (Ficus indica: fr. le Banian – le Bananier
le Figuier d’Inde: ted. der Banianbaum – in-
dianische Feigenbaum), ha i suoi rami, che pen-
dono all’ ingiù, e che gettano radici al primo toc-
[Seite 372] car terra che facciano; di modo che anche uno
solo di questi alberi così fatti trovasi in condi-
zione di formare di per sè, col tempo, e purchè
non venga disturbato, come chi dicesse, una
piccola selva, o piuttosto un assai vistoso pergo-
lato, in cui gli alberi, o i novelli tronchi filiali
verranno alla perfine tutti quanti ad essere insie-
me riuniti o collegati nell’ alto, per mezzo d’al-
trettanti archi naturali viventi.
Annotazione. Vedesi, alla distanza di non molte
miglia da Patna, nel Bengala, probabilmente anche ai
giorni nostri, un albero appunto di tal fatta, o un
Fico d’India, che ha formato di per sè solo una in-
tiera selvetta a pergolato, risultante dalla riunione,
nel modo qui sopra descritto, di cinquanta o forse
sessanta alberi o tronchi filiali, e che, quando venne
misurato pochi anni sono, si trovò occupare uno spa-
zio di terreno del diametro di trecentosettanta piedi,
mentre l’ombra prodottane in sull’ ora precisa del
mezzodì fu calcolata dover avere, per misura della
sua circonferenza, non meno di mille e cento piedi.
Il secondo de’ modi preaccennati di riproduzione
o di moltiplicazione de’ vegetabili, vale a dire
quello che, come dicevamo, si fa per gemme, per
occhietti o per germogli (fr. par Bourgeons: ted.
durch Augen), riesce assai meno comune che non
soglia esserlo il precedente. Sotto questo così fatto
nome di gemme o di germogli, s’intende di voler
[Seite 373] indicare que’ bottoncini (fr. les Boutons: ted. die
kleinen Knöpfchen), che in tempo d’autunno
veggonsi su per gli alberi, colà precisamente, ove
hanno la loro inserzione i pezioli, ossiano i pe-
duncoli delle foglie, ma che per lo più non aprousi,
o non cominciano a svolgersi, se non soltanto nella
successiva primavera. Questi bottoncini, occhietti,
germogli, o gemme che si vogliano dire, sembrano,
parlando così in generale, essere proprj quasi esclu-
sivamente degli alberi che appartengono a’ climi
più freddi, e sono talvolta caduchi, o alcuni al-
meno ne cadono di per sè in sul terreno, quasi
affatto allora inutilizzati; sebbene parte di essi sa-
rebbe pure suscettibile di pigliar piede o di ger-
minare, qualora si avesse cura di seminarli, o
di distribuirli in terra, come si suol fare delle
sementi, usando in ciò tutte le precauzioni che
rendonvisi necessarie. Si sa poi benissimo oggimai
anche da’ più idioti che, non meno questi oc-
chietti, o queste gemme, tal quali come qui le
descrivemmo, di quello che i getti, le vettarelle, o
i messiticci (fr. les Réjétons: ted. die von den
Augen ausgeschossenen Reischen), sbucciatine
a suo tempo, si possono utilmente inoculare, in-
serire od innestare sovra certe altre piante ar-
boree, o simili.
Somma è l’analogia, che con queste così fatte
gemme, occhietti o germogli hanno que’ bulbi
filiali, o bulbicini (fr. les Cayeux – les caïeux
d’oignons: ted. die Nebenzwiebeln – Brutzwie-
beln – Zwiebelchen), che, come si suol dire,
talliscono sotterra, o crescono spontanei d’intorno
a’ bulbi delle varie sorte di Cipolle; e solo ne dif-
feriscono essenzialmente per questo, che le preac-
cennate gemme, od occhietti non incontransi, se
non soltanto, come s’è detto, su pe’ tronchi de-
gli alberi, e quindi sempre a qualche distanza al
di sopra della superficie del suolo; mentre in vece
i propriamente detti, e qui ora rammentati, bul-
bicini delle Cipolle, ed altre piante Liliacee, o dei
vegetabili bulbosi, nascono sempre sotterra, e non
rinvengonsi mai, se non immediatamente attaccati
alla radice bulbosa, o alla Cipolla madre. Alla
quale ben manifesta e palmare differenza è da
aggiugnersi ancora, che negli alberi il tronco, con-
tinuando a vegetare, trovasi in condizione di for-
nire alle proprie gemme, o a’ proprii germogli
tutto il nutrimento, ond’ abbisognano, mentre al
contrario in tutte quante le piante Liliacee qui
sopra mentovate, o in tutti quanti i vegetabili
bulbosi, ad eccezione appunto della loro radice
bulbosa o della loro Cipolla, in autunno il resto
della pianta vien sempre meno e muore. Questa
[Seite 375] de’ bulbicini filiali delle Cipolle, è poi una ma-
niera di propagazione, di riproduzione o di
moltiplicazione vegetabile, analoga molto a quel-
l’ altra ch’ è propria delle piante tuberose, come
a dire de’ Pomi o Peri di terra, o delle Patate,
e de’ Topinanbours, delle Ignami ec., i tuberi,
o le radici tuberose e farinacee delle quali, ta-
gliale a pezzi con certi particolari riguardi, e sot-
terrate a debita profondità in suolo conveniente,
sogliono produrre quasi altrettante piante, quante
ne furono le fette, per dir così, seminate.
Per altro il mezzo di riproduzione o di pro-
pagazione il più generale, ed il più esteso di quale
altro vogliasi, quasi in tutto il regno vegetabile, si
è il terzo di quelli che enumerammo al prece-
dente § 185, procuratoci dal fiore, onde suole
procedere il più delle volte quello, che ne deno-
miniamo il frutto, e che a suo tempo va poi fa-
cendosi maturo, o comunque altramente, sempre
ne procedono i grani o le sementi. Questo fiore,
quale che possa esserne mai la forma, vale a
dire stiasene desso solo ed isolato affatto, o ve-
ramente sia desso unito, insieme con molti altri,
in un medesimo mazzetto, in una spica, in un
corimbo, in un racemo, in un’ umbella o simili,
suole portare o contenere, in quella parte che ne
sta nel bel mezzo, e cui si dà il nome di ricet-
[Seite 376] tacolo (receptaculum), certe particelle, o certi or-
gani, di forma varia sì, ma benissimo distinta,
alcuni de’ quali riconosconsi per maschili, men-
tre gli altri ne sono feminili, e sono dalla Natura
destinati ad essere fecondati da’ maschili, quando
siane giunta l’epoca della fruttificazione, alla
quale è per tenere poi dietro a suo tempo anche
quella della propagazione. Da ciò può tosto scor-
gersi alla prima, quanta analogia corra tra questi
così fatti organi sessuali vegetabili, così a riguardo
della propria loro naturale destinazione, come
eziandio per le speciali funzioni loro competenti,
e gli organi della generazione, onde vanno for-
niti gli animali. I primi però distinguonsi eviden-
temente da questi secondi, per ciò soprattutto, che
essi non nascono già colle piante, a quel modo
che negli animali nascono insieme coll’ individuo
a cui appartengono, e non rimangonvi, come in
essi, continuamente attaccati per tutta, quanta mai
esser puote, la durata della vita loro; mentre
ne’ vegetabili, come tutti sanno, ad ogni singola
occasione di dover vacare all’ opera della gene-
razione, riproduconsi sempre di bel nuovo le
loro parti genitali, od i loro occorrenti organi
sessuali.
Annotazione. Cade qui in acconcio l’avvertire,
come, a quel modo che sponemmo già al precedente
§ 136 (vedi alla pag. 236, Vol. III, della presente
nostra edizione Italiana), stare in arbitrio nostro la
[Seite 377] facoltà di prolungare la vita d’alcuni animali, e se-
gnatamente poi d’alcuni Insetti, ritardandone, od im-
peditone l’accoppiamento, così pure in certo tal qual
modo succeda talvolta la stessa cosa in riguardo a’ fiori
di parecchie piante; proposizione questa, circa alla
quale potrà, tra gli altri, servire d’esempio dimostra-
tivo, il fatto notorio, che le parti sessuali del Canape
femmina (Cannabis sativa, flore femmineo: fr. le
Chanvre femelle: ted. der weibliche Hanf), pos-
sono conservarsi vispe per un lungo tratto di tempo,
purchè si adoperi in modo che non abbiati desse a
venir fecondate dal polline, o dalla polvere propria del
fior maschio; mentre in vece, appena ne sono poi
quelle tocche e fecondate, che tosto appassiscono,
seccansi e mostrano di perire.
Gli organi della generazione, o le parti ses-
suali femmine de’ vegetabili, stannosene il più delle
volte nel centro, o nel bel mezzo del fiore, e
prese in complesso, indicansi collo special nome
di Pistillo (Pistillum: fr. le Pistille: ted. der
Staubweg), ch’ è poi composto del Germe (Ger-
men: fr. le Germe.: ted. der Fruchtknoten),
dello Stilo (Stylus: fr. le Style: ted. der Grif-
fel), e dello Stigma (Stigma: fr. le Stigmate:
ted. die Narbe). Il germe, secondo che è situa-
to, o dentro della corolla, insieme colle altre parti
del fiore, o veramente al di sotto della corolla,
e in fondo al fiore, come accade, per cagion
[Seite 378] d’esempio, nelle Rose (Rosa: fr. la Rose – le
Rosier: ted. die Rose), ne’ Meli (Malus: fr. le
Pommier: ted. der Apfelbaum), dicesi, nel primo
caso, germe superiore (germen superum), e nel
secondo caso poi, germe inferiore (germen infe-
rum). Qualunque siane però la situazione, que-
sto germe contiene sempre i grani, i semi o le
sementi (Semina: fr. la Graine – la Semence:
ted. die Samenkörner), vale a dire gli embrioni
di future piante, analoghe a quelle onde derivano;
ed è perciò, che si può benissimo paragonare uu
così fatto serbatojo coll’ ovaja degli animali. Lo
stilo, che somiglia ad una colonnetta rotonda e
per di dentro vuota, è impiantato al di sopra
del germe, e porta in cima all’ opposta sua estre-
mità lo stigma. Tutto ciò ne è poi disposto in modo,
che queste tre parti, insieme fra esse internamente
comunicanti per mezzo dello stilo, formano una
cavità sola, alla quale partecipano, o nella quale
concorrono tutt’ e tre.
D’intorno a’ qui sopra descritti organi femi-
nini, stannosene disposti ed ordinati gli stami
(Stamina: fr. les Étamines: ted. die Staubfaden),
che sono gli organi maschili delle piante, e che
constano d’un filo o filamento (Filamentum:
fr. le Filament – le filet des étamines: ted. der
Faden des Staubgefässes), il quale porta in cima un
[Seite 379] globetto, o grumo, od arnioncino, o pallottola che
voglia dirsi, cui si suol dare il nome proprio di
Antèra (Anthera: fr. l’Anthére: ted. der Staub-
beutel), tutta quanta coperta o spalmata d’una
polvere farinosa, o di un pulviscolo, per lo più
di color giallo, che dicesi polline (Pollen: fr. le
Pollen: ted. der Blumenstaub), le particelle o
molecole del quale altra cosa non sono, che al-
trettante vescichette piccole, tenere e dilicate, ot-
timamente distinguibili coll’ ajuto d’una buona
lente, o d’un microscopio, in ben molte piante,
dimostranti una singolarissima conformazione, e
racchiudenti una polvere finissima, sottilissima,
ed in sommo grado leggera che, per riguardo al-
l’ analoga sua destinazione, può a bastanza a buon
dritto paragonarsi collo sperma, o col seme ma-
schile degli animali1.
Al momento della fecondazione questo polline,
o questa polvere leggerissima, e sottile in sommo
grado, venendo a cadere sullo stigma feminino,
sembra che questo aprasi a bella posta per pre-
[Seite 380] starvi adito, e in cerio tal qual modo scuotasi per-
fino, sicchè il rapido pulviscolo fecondatore possa
penetrare, probabilmente per la via tubulosa dello
stilo, infino al germe, e fecondarvi in fatto i
granellini di sementi, che ivi trovansi già, appunto
a tale effetto, ordinati e disposti, e che, senza di
ciò, rimarrebbersene sterili al tutto od infecondi,
come il furono sempre fino a quell’ epoca. Servirà,
come una dimostrazione della verità di quanto
pur ora sponemmo in questo argomento, la co-
stante osservazione, che i fiori riescono sempre
sterili, ogni qualvolta, prima del momento in
cui debbe succederne la fecondazione, venga ad
essi troncata alcuna delle parti, che rendonsi a
quello scopo medesimo essenziali; ond’ è che qui
pure regge ottimamente il confronto, tra i fiori
così ridotti de’ vegetabili, e gli animali mutilati,
o come propriamente suol dirsi, castrati, che ne
riescono sterili del paro, ed al tutto infecondi.
Nella massima parte de’ vegetabili i due organi
sessuali, vale a dire così il maschile, come il
feminile, sogliono trovarsi insieme riuniti nel me-
desimo fiore, che perciò appunto dicesi poi fiore
ermafrodito, o fiore androgino, come accen-
nammo di già nel precedente § 20 (vedi alla
pag. 55 del Vol. I. di questa nostra edizione Ita-
liana). In altri, per lo contrario, tali organi stan-
[Seite 381] nosene separati, e rinvengonsi, cadauno, in appositi
fiori loro proprj, distiuti e differenti; di modo che
alcuni di essi non portano se non gli organi ma-
schili, quando gli altri non portano se non sol-
tanto organi feminili; ma però tali due maniere
di fiori esistono sulla medesima pianta o sullo
stesso individuo; e di questa fatta sono le piante
che Linneo volle denominare piante monoiche
(Monoecia, una delle Classi del sistema Lin-
neano), fra le quali sono da annoverarsi, oltre
a tante altre, il Nocciuolo (Corylus avellana:
fr. le Coudrier – le coudre – le noisetier –
l’avelinier: ted. der Haselstaude), il Noce comune
(Juglans regia: fr. le Noyer: ted. der Wallnuss-
baum), il Mellone, la Zucca, il Cetriuolo o Coco-
mero, ed altri così fatti (Cucumis sativus, ed altri:
fr. le Concombre – le cornichon, ed altri: ted.
die Gürken), il nostro Frumentone, o Grano turco
(Zea mays: fr. le Maïs – le blé d’Inde –
le blé de Turquie: ted. der Maïs – das Türkische
Korn – Wällschkorn), l’Artocarpo, o l’Al-
bero dal pane (Artocarpus incisa: fr. le Jaquier
– l’arbre à pain: ted. der Brodbaum – Brot-
baum). Altre piante poi, come a dire l’Acèro
comune (Acer campestris: fr. l’Êrable commun –
l’érable champêtre: ted. der Ahorn), il fras-
sino maggiore, e il Frassino nostrano o d’Ita-
lia, che dicesi anche propriamente l’Orno (Fra-
xinus excelsior – Fraxinus ornus: fr. le Frêne
[Seite 382] commun – le frêne à fleurs: ted. die Esche),
oltre a molte altre ancora, sono poligame (Poly-
gamia, altra delle Classi, nelle quali è diviso il
sistema Linneano), vale a dire che riuniscono,
tutte insieme, tre qualità distintissime di fiori, che
sono, fiori al tutto maschi, fiori al tutto femine,
e fiori androgini od ermafroditi. Altre ve n’ ha
finalmente, e di tal fatta sono, a cagion d’esem-
pio, tutte quante le Palme propriamente dette,
il Canape volgare (Cannabis saliva: fr. le Chan-
vre: ted. der Hanf), il Luppulo (Humulus lup-
pulus: fr. le Houblon: ted. der Hopfen), ed al-
tre così fatte, che presentano, sotto un tale rap-
porto, una organizzazione ben diversa dalle pre-
cedenti, mentre i due sessi ne riescono separati
e distinti per modo, che una pianta non ne porta
se non soltanto fiori maschi, e l’altra non ne
porta se non fiori femine, sebbene in tutto il
rimanente le due piante o i due individui, por-
tanti, ciascuno fiori, o dell’ un sesso, o dell’ al-
tro, si rassomiglino a bastanza bene, o anzi quasi
perfettamente. In tutto questo poi potrà scorgersi
una somma analogia con ciò che già sappiamo suc-
cedere in generale in tutti quanti gli animali dal
sangue rosso, ed in moltissimi altri eziandio, non
esclusone tampoco un gran numero di quelli dal san-
gue bianco. Appunto in tali ultime piante, che diconsi
dioiche (Dioecia, altra delle Classi stabilite da Lin-
neo nel suo sistema de’ vegetabili), osservasi che
[Seite 383] l’individuo femina non ha i suoi fiori fecondati,
ed atti a portare sementi utili e buone o, come
si suol dire, fertili, se non se quando, o un fa-
vorevole spirar di vento, o l’opera assecondante
di qualche Insetto, o infine la concorrenza d’al-
cuno degli artificii dell’ uomo, a ciò appunto ap-
propriati, abbianvi portato, condotto o fatto per-
venire, e penetrare per entro opportunamente, la
polvere fecondatrice, o sia il polline derivante
dalle antere, le quali non esistono, se non soltanto
nei fiori proprii della pianta maschia, o dell’ in-
dividuo maschio.
Tra le rimanenti parti del fiore, che però non
sono sempre così imprescindibili, come quasi po-
trebbesi dire che il siano le precedenti, sono da
distinguersi principalmente, oltre a parecchie al-
tre, il Calice (Calyx: fr. le Calice: ted. der
Blumenkelch), onde la massima parte de’ vege-
tabili è provveduta, ed i così detti Nettarj (Nec-
taria: fr. les Nectaires: ted. die Honiggefässe
– Honigbehältern). Parlando però così in ge-
nerale, i fiori sogliono ripartirsi, a norma della
loro conformazione, e della disposizione o del
collocamento rispettivo delle loro parti, in fiori
regolari, ed in fiori irregolari; infondendosi con
ciò d’indicare che, ne’ fiori regolari, le singole
parti d’una ragione medesima, come a dire, per
[Seite 384] esempio, quelle fogliuzze florali, che ne formano
la così detta Corolla (Corolla: fr. la Corolle:
ted. die Blumenkrone), e che diconsi propria-
mente esse stesse i Petali (Petala: fr. les Pé-
tales: ted. die Blumenblätter), ed altre così fatte,
ne riescono sempre fra esse della medesima for-
ma, grandezza e proporzioni, quando invece nei
fiori irregolari non iscorgonsi osservate esattamente
costanti tali proporzioni.
Le scoperte fatte, non ha gran tempo, da
Hedwig dimostrarono che, ne’ Musci propriamente
detti frondosi o foliacei (Musci frondosi: fr. les
Mousses foliacées: ted. die Laubmoosen – blät-
terigen Moosen), gli organi genitali, o le parti
che ne servono alla fruttificazione, hanno una ana-
logia ben più grande e marcata con quelle del-
l’ altre piante, di quello che prima di lui se ne
immaginasse; da che venne a risultarne, che quella
loro gentile ed elegantissima urnicina, fatta quasi
a mo’ di bicchiere, cui diessi il nome di Capitalo
(Capitulum: fr. le Capitule: ted. das Köpfchen),
compiendone precisamente le funzioni di germe
(vedi qui poco sopra a pag. 377, § 190), rac-
chiude anche qui i granellini di sementi, o i semi
di tali Musci, Muschj o Moscoli; semi o granel-
lini che poi, per mezzo della loro propriamente
detta Caliptra, della loro cuffia o callotta, o del
[Seite 385] cappelletto acuminato (Calyptra: fr. la Calyptre:
ted. das spitzige Hütchen), onde vanno dessi
provveduti, e che ne fa le parti, ad un tempo,
dello stilo e dello stigma, vengonvi fecondati al-
l’epoca conveniente dal polline maschile, derivante
da certe altre loro parti separate e distinte, le
quali hanno talora la forma d’una rosetta, d’una
stellettina, o d’altro, e che, dopo compiuta l’o-
pera della fecondazione, si trovano essere sparite
dal luogo ov’ erano, e dissipatesi appunto nel pre-
accennato polline o pulviscolo fecondatore.
Quanto alle Alghe (Algae: fr. les Algues: ted.
die Aflermoose – Algen) più semplici, come
quelle che non vivono se non soltanto nell’ acqua,
quali sono, a cagion d’esempio, le Tremelle (Tre-
mellae: fr. les Trémelles: ted. die Tremelle –
Gallerte – gekrösartige Gallerte), le Ulve (Ul-
vae: fr. les Ulves: ted. die Ulve – Wätte), le
Conferve (Confervae: fr. les Conferves: ted. die
Conferve – Wassermoose), ed i Fuchi (Fuci:
fr. les Fougéres: ted. die Tange – See-tange),
il loro modo di moltiplicarsi, o di propagare la
specie, sembra procedere in una foggia tuti’ af-
fatto differente, per quanto almeno si potè atten-
tamente investigarlo finora. Alcune ve n’ha però,
e di tal fatta è la Conferva delle fonti (Conferva
[Seite 386] fontinalis: fr. la Conferve des fontaines: ted. die
Brünnen-conferve), nelle quali, come accennam-
mo di già in altre occasioni, e precisamente a
pag. 32 del Vol. I. di questa nostra edizione Ita-
liana, nell’ Annotazione 1.a al § 9, ed a pag. 54
dello stesso Volume qui sovra citato, nell’ Art. 1
del § 20, questa importante funzione procede con
una semplicità somma, ed in vero maravigliosa.
(Veggasi inoltre, a tale proposito, anche la Tab. 49
delle mie Abbildungen naturhistorisch. Gegen-
stände).
Riesce ben ancora molto più arcano e recon-
dito il modo, con cui si propagano i Funghi (Fun-
gi: fr. les Champignons: ted. die Pilzen), gli
Agarici (Agarici: fr. les Agarics: ted. die Blät-
terschwämme), i Merulj (Merulii: fr. les Mé-
rules: ted. die Pfifferlinge), ed altre maniere di
Funghi o Boleti, i Tartufi (Tuber cibarium –
Tuber gulosorurn – Tuber griseum – Lyco-
perdon tuber: fr. les Truffes: ted. die Trüffeln),
e le così dette Muffe o Ammuffiture, o i Mucori
(Mucores – Uredines: fr. les Moisissures –
les Muceurs – les Urédines: ted. die Schim-
meln); e nella Storia naturale speciale di queste
ed altre così fatte sostanze, regna tutt’ ora un tal
qual bujo troppo denso, e rimangonvi ben molte
difficoltà, da spianarsi forse meglio in progresso,
[Seite 387] come in fatto è da augurarsi pe’ sempre maggiori
progressi della scienza1.
Le piante complete o perfette, che, propria-
mente parlando, fioriscono, come importa la pre-
cisa significazione della parola fiorire, nel senso
in cui è dessa universalmente ricevuta, dopo suc-
cedutane la fecondazione delle sementi nel loro
germe racchiuse, perdono poi affatto, come accen-
nammo di già qui poco sopra a pag. 375, e seg., nel
precedente § 189, tutte le rimanenti parti del loro
fiore, che riuscirebbero loro inutili, e destitute di
ogni scopo nel tratto successivo, e che quindi ne
cadono giù appassite e staccansene; mentre in
vece il germe fecondatone comincia tosto allora a
gonfiarsi, e persevera a crescere, finchè a poco a
poco ne giungano a perfetta maturità i grani o le
sementi racchiusevi talora in prodigiosa quantità2.
La conformazione, così de’ semi, o delle se-
menti diverse1, com’ eziandio degl’ involucri od
indumenti, per entro a’ quali soglion quelle star-
sene raccolte e rinchiuse, non cede in conto al-
cuno a’ fiori, ond’ esse provengono, riguardo alle
varietà che vi si possono osservare, e riesce ad
ogni volta tale precisamente, quale per lo migliore
conciliarla potea la Sapienza creatrice, a fin che
abbia a costituirle idonee sempre alla perenne con-
servazione delle specie rispettive, sia diffonden-
dole in località, spesso lontane molto da quella
ove nacquero2, sia abilitandole a pigliar piede,
a nascere e a germogliare in ogni maniera di ter-
reno, di clima, ec., che siano almeno suscetti-
bili d’affarsi loro. Nè è poi qui da trasandarsi
tampoco in silenzio quella singolare proprietà, e
quasi anzi diremmo, quella foggia d’istinto, in
forza di cui i semi delle piante, generalmente
parlando, qualunque siasi la posizion loro in sul
terreno, allorchè nascono o vi germogliano, get-
[Seite 389] tano sempre all’ ingiù nel suolo la loro Radicetta,
il loro beccuccio, o rostricino che voglia dirsi
(Rostellum: fr. la Radicule – le bec de la graine?
– le bec de la semence?: ted. das Schnabel-
chen); mentre al contrario spingono costantemente
all’ insù nell’ aria o fuor di terra, come principio
della pianta novella, la così detta loro Plumula
(Plumula: fr. la Plumule: ted. der Blattkeim –
das Blatt-federchen1). Certi lobicini, o certe fo-
gliuzze lobate, che da prima formavano la massa
principale della semente, che nella massima parte
de’ vegetabili sogliono essere in numero di due, ed
alle quali dassi ora generalmente il nome proprio
di Cotiledoni (Cotyledones: fr. les Cotylédons:
ted. die Samenlappen – Kenrstücke), sono de-
stinate a porgere alla neonata pianticina il nutri-
mento, che le si rende necessario durante l’epoca
del suo primo germogliamene, e solo fino a tanto
che abbia dessa acquistato forze che bastino a nu-
trirsi di per sè; da che allora vengono poi tosto
meno, cadono e periscono.
Moltissime sementi stannosene rinchiuse in un
guscio di sostanza legnosa, e talvolta anche molto
[Seite 390] più duro, che non sialo per l’ordinario qualsivoglia
legno nostrale; ad un tal guscio si suole in gene-
rale attribuire il nome di Pericarpio (Pericar-
pium: fr. le Péricarpe: ted. die Hülse – Frucht-
hülse); ma a questo nome, per così dire gene-
rico, si sostituisce poi l’altro di Noce o di Noc-
ciuolo (Nux: fr. la Noix – le Noyau: ted. die
Nuss), quando riesce, ad un tempo, duro molto e
d’una alquanto vistosa grandezza. Succedendo in-
vece che i semi, o i grani di semente siano co-
perti immediatamente da un tal quale parenchi-
ma o tessuto cellulare, o da una polpa carnosa
e succulenta, questa novella foggia di Pericar-
pio, che li contiene, piglia allora, quale che
possa esserne mai il volume o la massa, e per
grande che sia l’albero che lo porta, non esclu-
sone tampoco, a cagion d’esempio, quello del-
l’Artocarpo o dell’ Albero così detto dal pane
(Artocarpus incisa), piglia allora, come diceva-
mo, il nome proprio di Bacca (Bacca: fr. la
Baie: ted. die Beere). Non è gran fatto infre-
quente neppure il caso che i semi, o i grani di
semente rinvengansi nudi affatto, sparsi o disse-
minati superficialmente al di fuori d’un frutto
particolare gonfio, polposo o parenchimatoso an-
ch’ esso, che serve a quelli come di ricettacolo, a
quel modo che, fra tanti altri esempi, veggiamo
accadere delle Fragole comuni (Fragaria vesca:
fr. le Fraisier commuti: ted. die Erdbeere); ma
[Seite 391] troppo chiaramente può scorgere chiunque che,
volendo attenerci ad un linguaggio tecnico, alcun
poco rigoroso ed esatto, rendesi affatto sconve-
niente il voler denominare Bacche anche questi
così fatti Pericarpj, come alcuni pur fanno male
a proposito, e come fanno soprattutto i Tedeschi,
che nella loro lingua usano indicarli quasi sem-
pre col loro nome qualificativo di Beeren, cor-
rispondente appunto a Bacche per noi.
I così detti fruttaj, o siano gli alberi da frutta,
possono considerarsi come una assai ragguarde-
vole famiglia particolare di piante, le frutta por-
tate dalle quali, o contengono nel loro interno un
Torsolo (fr. le Trognon: ted. das Kernhaus –
Kerngehause – der Kröbs – Griebs – Grobs),
che ne racchiude in altrettanti loculi i grani o le
sementi, come può scorgesi nelle Pere (Pyrus:
fr. le Poire: ted. die Birn), nelle Mele (Malus:
fr. la Pomme: ted. der AEpfel), nelle Cotogne
(Cydonia communis – ed altre volle già Pyrus
cydonia – Malus cydonia: fr. le Coing: ted.
die Quitte); lo che fa loro assumere collettiva-
mente il nome di frutta a torsolo (fr. les Fruits
à pepins: ted. die Kernfrüchte), come pur quello
di piante Pomacee, o d’alberi pomacei (Plantae
pomaceae: fr. les Arbres pomaces – les arbres
à pepins – les fruitiers à pepins – les Pom-
[Seite 392] miers: ted. die Kernobstbäume), a tutte quante
le piante, sian desse alberi od arbusti, che con-
corrono a formare questo Ordine particolare di
fruttaj; o veramente contengono per entro ad una
così detta Drupa (Drupa), una Noce, o piut-
tosto un nocciuolo, come succede nelle Prune o
Prugne (Prunus: fr. la Prune: ted. die Pflaume),
nelle Cerase o Ciliegie (Cerasus – e già prima
Prunus cerasus: fr. la Cerise: ted. die Kirsche),
nelle Albicocche od Albercocche (Armeniaca vul-
garis – e già prima Amygdalus armeniaca: fr. l’A-
bricot: ted. die Abrikose), nelle Pesche (Amygdalus
persica: fr. la Pêche: ted. die Pfirsche), e via
discorrendo; e ciò fa a queste assumere in com-
plesso il nome di frutta nocchierose (fr. les Fruits
à noyaux: ted. die Steinfrüchte), come pur
quello di Piante drupacee, di Piante a mandorla,
o d’Alberi drupacei (Plantae drupaceae: fr. les
Arbres à noyaux – les fruitiers à noyaux: ted.
die Steinobstbäume), alle piante, agli alberi, e
agli arboscelli o fruticci che producono appunto
questa maniera di frutta nocchierose, a mandorla,
o dal nocciuolo.
Fra i vegetabili, sembra che quelle cause di de-
generazione, delle quali abbiamo avuto occasione
di far cenno già allorchè trattavamo de’ Corpi
organizzati in generale, e precisamente ne’ prece-
[Seite 393] denti § 15, e § 16, a pag. 43, e segg. del Vol. I.
della presente nostra edizione Italiana, esercitino
più agevolmente la loro azione sulla propria loro
forza generativa, o sulla loro tendenza formativa
(nisus formativus), di quello che non facciano
mai fra gli animali, e che possano anzi quelle
cause medesime di degenerazione compartire, nelle
piante, ad una loro così fatta tendenza formativa
una direzione variabile, e deviante1 affatto da
quella, che essa avrebbe procedendo sempre le cose
naturalissimamente; e da ciò stesso è da credere
che traggano origine le degenerazioni in tante, così
vistose e talora, a dir vero, numerosissime varietà,
che osservansi accadute ne’ vegetabili, sia per ri-
guardo alla loro conformazione presa in comples-
so, o sia ben anche relativamente al proprio loro
fiore, ed al frutto che portano. Contansi, a ca-
gion d’esempio, attualmente a un di presso da
tremila varietà di Tulipani (Tulipa: fr. la Tu-
lipe: ted. die Tulpe – Tulipane), mentre è cer-
tissimo che due secoli e mezzo fa, in tutta Europa
non se ne conosceva, se non una sola ed unica
specie primitiva, vale a dire il Tulipano giallo
(Tulipa sylvestris: fr. la Tulipe jaune – la Tu-
lipe sauvage: ted. die gelbe Tulpe – Tulipane).
[Seite 394] Oltre di che in parecchie piante il gambo, il caule,
il fusto o il tronco loro1, altro non è anch’ esso,
se non un risultamento della loro degenerazione, da
che esse non ne sviluppano uno, che soltanto in
forza della coltivazione, alla quale siano state as-
soggettate, essendone al tutto prive, o riuscendo,
come suol dirsi, acauli (Plantae acaules), quando
nascono e crescono spontanee in piena loro ba-
lìa; di che, fra gli altri, potrà valere a porgerci
un ottimo e palmare esempio, la Carlina senza
gambo, o la Carlina acaule (Carlina acaulis). D’al-
tra parte hannovi eziandio certe determinate piante,
che in grazia della coltivazione perdono alcune
di quelle loro parti, che avrebbero perseverato a
posseder sempre, quando fossero rimaste nell’ ori-
ginario loro stato di salvatichezza; così succede,
per esempio, alla Lawsonia spinosa (Lawsonia
spinosa), che, effettivamente spinosa nell’ Indie
orientali, ov’ è indigena, nascendovi spontanea o
salvatica, trasportata che sia nella Siria, ove si
suole coltivarla ad arte, ben presto vi perde gli
spini, e trasformasi in una Lawsonia senza spini,
o Lawsonia inerme (Lawsonia inermis). – Ge-
neralmente parlando, i vegetabili vanno eziandio
soggetti a diverse altre maniere di degenerazione,
che quasi vorremmo qualificare col nome di im-
[Seite 395] bastardimenti (fr. Abâtardissement: ted. Ausar-
tung – Verschlimmerung), e alle quali non pos-
sono andare mai sottoposti gli animali; e di tal
fatta sono, a cagion d’esempio, le frequentissime
degenerazioni delle parti sessuali maschili, o dei
filamenti e delle antere, in altrettanti petali, che
accade d’osservare ne’ così detti fiori doppj, o
fiori pieni, come a dire nelle Rose (Rosa cen-
tifolia – Rosa canina, ec.: fr. les Roses: ted. die
Rosenblumen), ne’ Garofoli (Dianthus caryophyl-
lus: fr. l’OEillet des fleuristes: ted. die Nel-
kenblumen), ec.
La maniera però, la più rimarchevole d’ogni
altra, di degenerazione, cui soggiacciano le piante,
si è certamente quella, che accennammo di già
al precedente § 14, pag. 40, Vol. I. di questa nostra
edizione Italiana, vale a dir quella dell’ imbastar-
damento vero delle loro specie originarie e pri-
mitive, indottovi con apposito umano artificio, ed
in forza del quale tali specie originarie e primi-
genie sono forzate a procreare altre specie novelle
intermediarie e bastarde, che diconsi propria-
mente piante, o specie ibride. Fu Kölreuter che
fissò a dovere le idee, che già aveansi prima in
questo proposito, e che, mercè delle ingegnosis-
sime sue sperienze, e diremo anzi, mercè della
reiterata procreazione di piante imbastardite, ma
[Seite 396] che riuscirono pur sempre feconde, pervenne in
fine a trasformare onninamente una specie di Ta-
bacco, vale a dire la Nicoziana rustica (Nico-
tiana tabacum rustica), in una specie, che ne è
affatto diversa, o sia nella Nicoziana a pannoc-
chie, o nella Nicoziana paniculata (Nicotiana
tabacum paniculata1). Questa foggia di trasfor-
mazione però, o questa metamorfosi non può as-
solutamente, giusta l’avviso nostro, accordarsi mai
in alcun modo colla dottrina de’ germi supposti
preformati, mentre sembra invece potersi com-
binare perfettamente, se pure io di soverchio non
m’ illudo, colla dottrina della tendenza genera-
trice, della forza generativa, o del conato forma-
tivo (nisus formativus), che m’ attentai già di
accennare nel precedente § 9, alla pag. 30 e segg.
del Vol. I. di questa stessa nostra edizione Ita-
liana.
Annotazione. Torna qui in acconcio l’osservare,
che, quando avviene, per caso, che in un giardino
due piante di specie, differenti bensì, ma pure in
qualche modo tra esse affini od analoghe, si tro-
vano l’una all’ altra vicinissime all’ epoca della loro
infiorescenza rispettiva, non sarà impossibile che
questa circostanza particolare, in grazia d’una even-
tuale, e ciò non pertanto possibilissima, fecondazione
reciproca, o come si suol dire, in croce, di tali due
[Seite 397] specie, dia luogo talora alla emersione di qualche
novella specie ibrida, intermediaria fra quelle due, o
di qualche pianta bastarda.
I mostri, o le mostruosità, delle quali si fece
cenno già, fino da bel principio, al precedente
§ 12, pag. 36, e 37 del ripetuto Vol. I. di que-
sto nostro Manuale, riescono anch’ esse di gran
lunga più frequenti, numerose e comuni nel re-
gno vegetabile, di quello che nol siano mai nel
regno animale, ed anzi sono poi frequentissime,
soprattutto, e senza confronto alcuno colle piante
che nascono e crescono spontanee, in quelle che
stanno coltivandosi artificialmente; circostanza que-
sta di cui non mancammo di farci carico, come
era conveniente, nell’ Annotazione apposta al qui
sopra citato precedente § 12, pag. 37, e 38,
Vol. I. della presente edizione.
Non v’ è parte alcuna ne’ vegetabili, in cui non
siasi talora riscontrata qualche manifesta mostruosi-
tà, e certe determinate loro parti, od organi, vanno
anzi soggetti, in un modo affatto strano e singo-
lare, ad essere così mostruosamente, e con molta
frequenza, alterati, sfigurati o difformati1. Quasi
affatto innumerevoli esser sogliono, e sommamente
[Seite 398] frequenti ne’ vegetabili, le parti, per dir così, esu-
beranti, che costituisconli tali da doversi annove-
rare fra que’ mostri (monstra per exccessum), dei
quali si diè già un tocco a pag. 31, Vol. I. di
questa stessa nostra edizione Italiana, nel prece-
dente § 12 del Testo; e di fatto veggonsi bene
spesso e quasi di continuo, ora fusti o tronchi
raddoppiati, perchè accavallatisi e poscia cresciuti
insieme l’uno sull’ altro, ora frutti raddoppiati
anch’ essi, o più che raddoppiati, ora spiche rad-
doppiate, triplicate, ec., ora rose, dal centro delle
quali emerge un’ altra rosa più piccola, e così via
via discorrendo.
La misura dell’ età, a cui possono le diverse
piante pervenire, varia così fattamente, che, se
si può dire a buon dritto d’alcune, che l’intiera
loro vita non oltrepassi l’intervallo d’un’ ora, al-
tre ben molte in vece ve n’ ha, che durano in
vita pel corso perfino di parecchj intieri secoli1.
Sotto questo speciale riguardo però sogliono desse,
così in generale, venir ripartite, in piante perenni
o vivaci, ed in piante annue od estive, le ultime
tra le quali muojonsene sempre in sul finire del-
l’ estate.
Annotazione. Quella maniera di risurrezione, o
piuttosto di risorgimento che, dopo precorso un lungo
stato di essiccamento, pretendono alcuni d’avere os-
servato, secondo che accennammo di già, tanto nel
precedente § 153, a pag. 10 di questo stesso nostro
Vol. IV, com’ eziandio, allorchè ivi pure parlavamo
della Forcolaria rotatoria, o del così detto Rotifero
dello Spallanzani, alla pag. 259, e de’ Vibrioni, alla
successiva pag. 261, in certi animali, ed in parti-
colare appunto in quel Rotifero, e ne’ Vibrioni, o
nelle Anguillette dell’ aceto, o in quelle della colla
da’ libraj, ha luogo del pari in parecchj vegetabili;
ed anzi non ne sono infrequentissimi gli esempi, fra
i quali faremo che ci basti quello, che ne offre la
già da gran tempo, per questo stesso riguardo, cele-
bratissima Tremella nostoc (Tremella nostoc: fr. la
Trémelle nostoc: ted. die Himmelsblume – Stern-
schuppe). – Ebbi io medesimo occasione di diffon-
dermi alcun poco, sul particolare di questo a bastanza
interessante fenomeno, nel mio Trattato: De vi vitali
sanguini deneganda, ec. – stampato qui (a Got-
tinga), nel 1795, in 4.°, a pag. 8.
I ristretti limiti, che ci prefiggemmo nel pre-
sente nostro lavoro, e soprattutto poi nel tratta-
mento di questa parte della Storia naturale, che
versa su i corpi organizzati unicamente vegetanti,
non ci permettendo di estenderci troppo nello
esporre a dilungo le molte e grandi utilità che a
[Seite 400] nostro beneficio ridondano, come ognuno sa, dal
regno vegetabile, noi qui ci ristringeremo a dire
soltanto, sovra questo particolare, quelle poche cose
che ci pareranno dover riuscire più dell’ altre impor-
tanti ed essenziali. Intanto debb’ essere noto og-
gimai universalmente, come la massima influenza,
che le piante esercitino sull’ economia generale della
Natura, sia quella, della quale femmo menzione di
già ne’ precedenti §§ 171, e 172, a pag. 349, e segg.
di questo stesso nostro Vol. IV, e che consiste in quel
loro così detto processo flogistico, mercè di cui ope-
rano desse sull’ aria atmosferica, assorbendone, per
giovarsene, come di mezzo principalissimo della
propria loro conservazione, il gas acido carbonico
irrespirabile, che gli animali colla loro continuata
respirazione non cessano di generarvi, e river-
sandovi poi a compenso altrettanto gas ossigeno
respirabilissimo; e ciò almeno intanto che esse stan-
nosene colle loro foglie esposte alla luce diurna.
Per certe determinate plaghe, o per certe parti
della Terra nostra, e segnatamente poi per alcune
Isole di poco elevate al di sopra del livello del
mare, e situate ne’ climi caldi, o sotto la zona
torrida, la vegetazione, e soprattutto quella dei
boschi, riesce un beneficio d’estrema importanza,
in grazia appunto di ciò, che gli alberi, attraendo
a sè le nubi pregne d’umidità, procurano ne’ din-
[Seite 401] torni una rugiada, spesso così fattamente abbon-
dante, che il suolo, anche senza la concorrenza
d’una decisa pioggia, ne risulta, se non sempre
irrigato o decisamente bagnato, almeno di certo
utilissimamente inumidito o madefatto1.
Le varie sorta di piante, come si suol dire,
da foraggio, come pure alcune radici, diverse
frutta e simili, servono d’alimento abituale per
gli animali domestici, che sono per l’uomo di
quella grande importanza, che sa troppo bene
ognuno, e servono eziandio al mantenimento di
quelle utilissime due maniere d’Insetti, ch’ egli, con-
sultando così a’ proprii sempre maggiori vantaggi,
si studia d’ allevare, d’ educare e di coltivare, il
meglio che sappia, presso di sè, vale a dire del-
l’ Api o delle Pecchie, e de’ Bachi da seta, co-
me di già sponemmo parlandone partitamente a
suo luogo.
Quanto poi a ciò che concerne alla utilità im-
mediata, onde i vegetabili sono sorgente continua
[Seite 402] ed inesausta per la specie umana, faremo che ci
basti l’accennar qui ora in primo luogo, esser-
vene alcuni, de’ quali si può dire con verità che,
soli, bastano a provvedere e soddisfare compiu-
tamente a un tratto a quasi tutti quanti gli sva-
riatissimi bisogni della vita di certe genti, e per-
fino delle intiere nazioni; a quel modo che si sa
bastare, appunto a tal uopo, per altre, alcune
specie d’animali Mammiferi, come a dire le Fo-
che o i Vitelli marini (Phoca vitulina: fr. le
Veau marin: ted. der Seehund: ing. the Seal),
il Rangifero (Cervus tarandus: fr. la Renne:
ted. der Rennthier: ing. the Rein), e via via
discorrendo. Così è, per esempio, della Palma
dal cocco (Cocos nucifera: fr. le Cocotier: ted.
die Cocospalme: ing. the Cocoa-tree), segnata-
mente per i Malesi, o per gli uomini della Razza
malaja, come femmo di già notare a pag. 115
del Vol. I. di questo stesso nostro Manuale, e così
è pure, in certo tal qual modo, della Beola bian-
ca, o Betulla comune (Betula alba: fr. le Bou-
leau – le Bouillard – le Bois-balai: ted. die
gemeine Birke), per qualche popolazione attenente
alla Razza mogolese o mongola, siccome già ne
femmo cenno del pari a pag. 114 del qui sopra
citato nostro Vol. I, allorchè stavamo di proposito
trattando della specie Homo.
Fra gli alimenti, che i vegetabili forniscono di-
rettamente all’ Uomo, sono da annoverarsi, prima
d’ogni altra cosa, tutte le differenti specie di frutta
esculente, o mangiabili così come stanno e senza
alcuna preventiva preparazione; e tali sono, oltre
a tutte le frutta appunto di tal fatta che sono
comuni fra noi, particolarmente quelle che na-
scono ne’ climi alquanto più caldi che non è il
nostro, o nelle zone che stanno un po’ più da
presso alla Linea equinoziale, quali sono le Fi-
che comuni o le frutta del Fico1 (Ficus carica:
fr. le Figuier: ted. der Feigenbaum), i Datteri,
od anche Dattili, o le frutta dell’ Albero o della
Palma de’ datteri (Phoenix dactylifera: fr. le
Dattier – le Phoenix à dattes – la Palme à
dactyles: ted. der Dattelbaum – Dattelnbaum),
le varie sorta di Fichi d’ India, di Pisang, di Ba-
nani o di Fichi d’Adamo, e soprattutto poi i
così detti Plantani dell’ Albero d’Adamo o della
[Seite 404] Musa paradisiaca (Musa paradisiaca: fr. le Fi-
guier d’Adam – le Figuier banane – le Ba-
nanier à fruits longs – le Plantain – le Plan-
tanier: ted. der Pisangbaum – Plantan), ed i
Bacovi, o i più propriamente detti Banani, della
Musa de’ sapienti (Musa sapientum: fr. l’Arbre
à bacoves – le Bacovier: ted. der Bacovenbaum
– Bananasfeigenbaum), e via discorrendo1. Per
i Malesi poi in ispecieltà, o per gran parte delle
popolazioni di Razza malaja, non è da dire di quanta
utilità riesca il così detto Albero dal pane, o l’Ar-
tocarpo inciso2 (Artocarpus incisa: fr. l’Arbre
[Seite 405] à pain: ted. der Brotbaum – Brodbaum), le
frutta del quale d’altra preparazione non abbisogna-
no, per essere mangiate, con piacere ad un tempo,
e con prò, se non d’essere pelate e quindi arro-
stite alquanto. Finalmente nell’ Indostan, all’ Isola
Ceylan, e generalmente parlando, in gran parte
delle così delle Indie orientali, ed anche in al-
cune delle australi, la ivi così chiamata Iacca tiene
tanto più a buon diritto il luogo del qui sopra
mentovato frutto dell’ Albero dal pane, a sommo
beneficio di quegli indigeni, in quanto che pro-
viene da un albero che non costituisce, se non
soltanto una specie distinta in quello stesso ge-
nere, a cui appartiene l’Artocarpo inciso, sic-
come può anche rilevarsi dal nome analogo ap-
postogli di Artocarpo dalle foglie intiere, intatte,
o non scisse nè fesse (Artocarpus integrifolia:
fr. l’Arbre à pain à feuilles entières: ted. der
ceylonische Brotbaum? ).
A questo modo medesimo è da dirsi, che molte
altre specie o sorte di Bacche (da che per Bac-
che, giusta la definizione da noi, non ha guari,
data, appunto di questo nome, nel precedente
§ 200, a pag. 390 di questo nostro Vol. IV,
sono realmente da ritenersi eziandio queste tali
frutta degli Artocarpi o degli Alberi dal pane),
[Seite 406] costituiscono uno degli alimenti, i più comuni ad
un tempo, quando n’ è la stagione, ed i più im-
portanti per alcune popolazioni, e trall’ altre, a
cagion d’esempio, per quella de’ Lapponi. E così
è da dirsi parimente delle Castagne, delle Noci
di cocco, ec.
A’ vegetabili pure testè qui da noi ricordati, deb-
bono poi tenere immediatamente dietro quegli altri
che, onde renderli mangiabili con piacere e con
vantaggio, abbisognano di qualche preventiva prepa-
razione; e di tal fatta sono le così dette radiche
o radici, fra le quali annoveransi, per tacere di
tante altre, le Rape (Brassica rapa: fr. le Na-
vet turnep – la Rabioule – la Rave plate: ted.
die Rübe), i Navoni o Napi (Brassica napus:
fr. la Navette – la Rabette: ted. die gelbe Rü-
be), i Raperonzoli, Ravani, Ravanelli o Ra-
molacci (Raphanus sativus: fr. la Rave – le Ra-
dis: ted. das Radiesche – Radiess), le Barba-
bietole (Beta vulgaris: fr. la Betterave: ted. die
rothe Rübe), le Pastinache (Pastinaca sativa:
fr. le Panais – la Pastenaque: ted. die Pasti-
nake), le Carote (Daucus carota: fr. la Carotte:
ted. die Möhre), i così detti Topinambours, o
Peri di terra, che non risentono il gelo (Heli-
anthus tuberosus: fr. l’Hèlianthe tubèreux – le
Topinambour – la Poire de terre: ted. die Erd-
[Seite 407] apfel – Erdbirn – Indianische Kartoffel?), le
Patate dolci, le Batate, o più volgarmente poi i
Pomi di terra, comunissimi attualmente, così tra
noi, com’ anche all’ Indie orientali ed alle occi-
dentali, e soggetti troppo a sfarinarsi per effetto
del gelo (Convolvulus batatas: fr. la Patate douce
– la Batate: ted. die Batate), i veri Pomi di
terra nostrali, i Pomi di terra di Parmentier,
o le Mele terragnole del Solano tuberoso (Sola-
num tuberosum: fr. la Pomme de terre – la Par-
mentière: ted. die eigene Kartoffel – Parmantie-
re? ), gli Ignami, o i tuberi d’Igname, proprii
particolarmente delle regioni più calde d’America
(Dioscorea alata – Dioscorea sativa ec.: fr. l’I-
gname – la racine d’Igname: ted. die Yamswur-
zel), la Cassava, onde in certe parti d’America
preparasi il Maniocco (Iatropha Manihot: fr. le
Manioc – la Cassave: ted. die Cassawiwurzel
– das Manihot ), e altre così fatte; nè sono tam-
poco da trasandarsi qui ora in silenzio le tante
civaje, o piante siliquose, erbacee, leguminose,
o portanti le sementi in una buccia bislunga, come
sono i Fagiuoli, le Fave, i Piselli e simili, ed
altri vegetabili camangiari, che niuno v’ ha oggi-
mai che non conosca, a motivo dell’ uso giorna-
liero che se ne va continuamente facendo.
Di seguito a’ precedenti, ragion vuole che ven-
gano qui poscia a fare alcuna mostra di sè, anche
i così detti cereali, o siano le differenti maniere
[Seite 408] di granaglie, grani o biade, graminacee per la
loro maggior parte, che quasi più non rinvengonsi
oggimai native, o nascenti spontanee, o in istato
di salvatichezza in verun luogo; e di tal fatta sono
il Mais, co’ tanti suoi nomi, di grano Turco, grano
d’India, Frumentone, Melica, e più trivialmente
ancora fra noi, di Melga o di Melgone (Zea mays:
fr. le Maïs – le Blé d’ Inde – le Blé de Tur-
quie – le Blé Turc: ted. der Mais – das Tür-
kische Korn – Walschkorn), il Saraceno, o gra-
no saracino, o anche grano nero (Polygonum
fagopyrum: fr. le Sarrasin – le Blé noir – le
Carabin – le Bucail: ted. der Buchwaizen –
das Heidekorn), il Riso (Oryza sativa – ed Oriza
sativa mutica, o montana: fr. le Ris – le Riz
– le Ryz commun – e le Riz de Carro – le
Riz sec de la Chine: ted. der Reis – e der Chi-
nesische Reis), pianta di inestimabile importanza
per quasi tutte le Nazioni, segnatamente orientali,
a quel modo che il sono, il così detto Sorgho, o
l’Olco Caffro, od anche il Sorgo dallo Zucchero
o veramente il Miglio grande (Holcus sorghum:
fr. le Sorgho – le Millet de Barbados – le Mil-
let de Cafrérie: ted. die Moorhirse: ing. the Bar-
badoes Millet), per ben molti popoli dell’ Affrica
più australe, ed, oltre a’ molti altri, per i Chi-
nesi, ed in fine il propriamente detto Teff o la
Poa d’Abissinia (Poa Abyssinica: fr. le Teff –
la Poa d’Abyssinie – le Paturin d’Abyssinie:
[Seite 409] ted. das Teff – Habessynische Rispengras – die
Habessynische Poa), appunto per gl’ indigeni del-
l’ Abissinia, e d’altre vicine regioni dell’ Affrica
più orientale, e così via via discorrendo.
Nè vogliamo già, finchè stiamo in questo parti-
colare, trasandare affatto in silenzio tampoco il
famoso Giuggiolo, o Jujubè, o le Bacche del Loto
del Monte Atlante nell’ Affrica (Rhamnus lotus:
fr. le Jujubier du mont Atlas – le Lotier des
anciens peuples Lotophages: ted. der Lotus der
alten Lotophagen – Lotusbeerbaum), che si pre-
tende riuscisse di tanto soccorso, se pure non
l’unico affatto, come alcuni vorrebbono, appunto
per gli antichi popoli Lotofagi, che stimavansi si-
tuati lungo il Mar Rosso, sulle coste le più setten-
trionali, ad un tempo, ed orientali dell’ Affrica1.
Nè ommetteremo di rammentare qui pure, così
almeno in generale e affatto sommariamente, come
abbianvi eziandio alcuni vegetabili, di certe deter-
minate parti de’ quali fanno uso abitualmente di-
versi popoli, come di cibo o d’alimento per essi
il più comune; così è, a cagion d’esempio, del
[Seite 410] Sagou, o del midollo della Palma o dell’ Albero
dal Sagou1 (Cycas circinalis – ed altre, come
a dire, Cycas revoluta – Cycas Iaponica: fr. le
Sagoutier – le Palmier sagou: ted. der Sagubaum
– die Sagopalme), per gli abitanti d’alcune lo-
calità dell’ Asia e dell’ Indie orientali, e della Gom-
ma del Senegal, tratta dal Gommiere del Senegal,
o dalla Mimosa senegal (Mimosa senegal: fr. le
Gommier blanc – l’Acacie du Sénégal: ted. der
Senegalgummibaum), per gl’ indigeni appunto del
Senegal e d’altre non gran fatto dissimili regioni,
situate lungo le coste occidentali dell’ Affrica, e
così via via discorrendo.
Resta d’aggiugnere alle diverse piante, che ab-
biamo fin qui enumerato, come presentisi alla Spe-
cie umana in qualità d’alimenti, eziandio le varie
Droghe, o le specie, o spezie così dette, le quali
[Seite 411] sono pur tante, come tutti sanno, che troppo
lungo riuscirebbe anche il volerne qui dare un
semplicissimo catalogo1; come non è da obbliarsi
[Seite 412] lo Zucchero, sia desso tratto dalla Cannamele, o
Canna da zucchero (Arundo saccharifera – Can-
na saccharina – Saccharum officinarum floribus
paniculatis: fr. la Canne à sucre: ted. das Zu-
ckerrohr), o sia veramente ottenuto, mercè degli
occorrenti processi, da qualche altra pianta, o so-
stanza d’origine vegetabile, come per esempio dal-
l’ Uva, dal Miele, dalle Spinacce (Spinacia ole-
racea: fr. l’Épinard: ted. der Spinat), dalle
bucce o silique de’ Piselli (Pisum oleraceum: fr.
le Pois vert commun à écosser: ted. die Brockel-
erbse – Pfluckerbse – Schotenerbse), dalle di-
verse sorta di Bietole, e Barbabietole (Beta vul-
garis – Beta cicla: fr. la Betterave – la Bette
– la Béte – la Poirée: ted. die Runkelrübe –
con qualche altra), e così via discorrendo, o sia
desso finalmente ricavato colla concentrazione del
sugo, che si fa stillare dall’ Acero dallo zucchero
(Acer saccharinum: fr. l’Érable à sucre: ted.
der Maplezucker – Zucherahornbaum), come
[Seite 413] praticasi ora abitualmente in Pensilvania, ed anche
in altre località dell’ America settentrionale, o dalla
Palma Anu (Anuplame – Anu: fr. l’Anu-plame –
o l’Anu-palme: ted. die Anu-palme), come si suol
fare, trall’ altre, nell’ isola Sumatra, o dal Fuco
zuccherino (Fucus saccharinus: fr. le Fucus su-
cré: ted. das Zuckermeergras), come s’usa fare
in Islanda, o dall’ Eracleo di Siberia (Heracleum
sibiricum: fr. la Héraclée de Sibérie – la Ber-
cebranche ursine?: ted. das Sibirienheracleum),
come fanno anche presentemente gl’ indigeni del-
l’ ultimo Kamtschatka, e d’altre regioni da quello
non gran fatto disparate, ove la precitata pianta
riesce comune e spontanea in molta copia, e così
via via discorrendo. – Nè ommetteremo tampoco
di notare, che anche l’Olio, l’Aceto, e simili, onde
facciamo uso cotanto alla giornata, per condirne
i nostri cibi o le vivande, altro in sè non sono,
se non produzioni derivanti da qualche pianta,
come il sono del pari il Burro, davvero eccellente,
che nel centro dell’ Affrica1 ottiensi dal così detto
Albero dal burro (Sea toulou: fr. l’Arbre à
beurre: ted. der Butterbaum), il Bettel, che usano
masticare quasi ad ogni ora gl’ Indiani orientali,
tratto dal Pepe bettel (Piper betle: fr. le Bétel
[Seite 414] – le Bétle – le Poivre bétel: ted. der Betelbaum
– der Betlepfefferstrauch), il Tabacco da naso,
da fumo ec. (Nicotiana tabacum: fr. le Tabac
ordinaire – la Nicotienne: ted. die Tabacstaude –
der Tabacstrauch), ed altri parecchj.
Ad uso di bevanda poi, è noto che i vegetabili
ce ne forniscono assai; nè intendiamo già di qui
tutte quante ricordare le bevande, che dalle diverse
piante vannosi qua e là ottenendo, mentre faremo
che ci basti il notare semplicemente quella ma-
niera di latte vegetabile nativo che, finch’ è im-
matura, racchiude e fornisce la Noce del cocco
(Cocos nucifera: fr. le Cocotier: ted. der Coco-
sbaum – Cocosnussbaum), le varie foggie di Birra
che qua e là si preparano, e frall’ altre, quella che
gli Americani degli Stati Uniti, gl’ Inglesi, ed i
Tedeschi contraddistinguono tutti quanti col nome
di Spruce-Bier, equivalente per noi a Birra di
Spruce, la quale approntasi col Pino, precisamente
detto Pino del Canadà (Pinus Canadensis: fr.
le petit Pin du Canadà: ted. der Canadafichten-
baum); poi vengono le diverse bevande, o li-
quori vinosi, come il sugo dell’ uva, o il Vino
propriamente detto, come il Vino di palma, tanto
quello che traesi dalla femina della Palma dal vino,
o dal Borasso flabellifero (Borassus flabellifer:
fr. le Rondier – le Lontard – le Ciprier – le
[Seite 415] Borassus flabelliforme – le Cocotier de mer: ted.
die weibliche Weinpalme), quanto eziandio quello
che ottiensi dall’ individuo femina del Coccotiere,
o dalla qui sopra citata Palma dal cocco (Cocos
nucifera: fr. le Cocotier: ted. die Cocospalme);
e a questi tengono poi dietro que’ tanti liquori spi-
ritosi, che diconsi inebbrianti, come l’Acquavite,
l’Arac, il Rhum, l’Acqua stillata di ciliegie, co-
nosciuta anche fra noi sotto i nomi Tedeschi di
Kirsch, Kirschwasser, e meglio ancora Kirschen-
wasser, oltre a molti altri ancora. – Fra questi così
fatti liquori fermentati, spiritosi ed inebbrianti,
dovrebbero trovar luogo quelli eziandio, che si so-
gliono preparare con alcune radici masticate, come
fanno gl’ indigeni del Brasile e delle attigue con-
trade dell’America meridionale, masticando il loro
pane di Maniocco o di radice di Cassava (Ia-
tropha manihot: fr. la Cassave: ted. das Ma-
niok), sputandone poscia le masse masticate, ed
inzuppate di scialiva, in appositi serbatoj, per la-
sciarvele fermentare, e come usano di fare, a un
dipresso nel modo medesimo, gli Isolani del Mare
del Sud, o dell’ Oceano pacifico, colle radici del
loro Pepe dalle foglie allargate (Piper latifolium:
fr. le Poivrier à feuilles larges: ted. der breit-
blättriche Pfefferstrauch), alcuni altri popoli col-
l’ Oppio, o col sugo inspessato del Papavero sonni-
fero (Papaver somniferum: fr. le Pavot – l’O-
liette – l’Oeillette – le Pavot des jardins: ted.
[Seite 416] der Gartenmohn), altri col così dello Tabacco
in foglia, o Tabacco in corda, ed altri finalmente
colle foglie essiccate di Canapa (Cannabis sativa:
fr. le Chanvre commun: ted. der gemeine Hanf
– Piemontesiche Hanf), o con qualche altra
consimile sostanza, o prodotto vegetabile. Poi ven-
gono finalmente le nostre tre usitatissime sorta di
bevande o pozioni calde, a bastanza note, alle
quali sono da aggiugnersi il così detto The del
Paraguay, di cui si fa uso abitualmente appunto
al Paraguay, ed in qualche altra non gran fatto
dissimile regione dell’ America meridionale, e che
consiste nelle foglie secche, a quanto vorrebbono
alcuni, di certe determinate specie del genere Cas-
sine (Cassine Caroliniana – ed altre: fr. la Cas-
sine de la Caroline, ec.: ted. die Cassinenstaude
– der Paraguaythee ec.), se pure non piuttosto
giusta l’opinione d’altri, nelle foglie della Psora-
lea ghiandolosa (Psoralea glandulosa: fr. la Pso-
ralée glanduleuse – le Thé du Paraguay – le
Thé à foulon du Japon: ted. das Paraguaywar-
zenkraut ?), ed il The Chinese in tegole (fr. le Thé
en tuiles de la Chine: ted. der Schinesische Ziegel-
thee), di cui fanno un uso quasi continuo i Mon-
goli o Mogolesi, e che proviene da un arbusto salva-
tico, non ancora ben determinato e riconosciuto a
dovere, le di cui foglie, prima d’esser secche, si
assomigliano alquanto a quelle del nostro Sorbo,
Sorbezzolo o Zamorino (Sorbus aucuparia: fr. le
[Seite 417] Sorbier: ted. die Vogelkirsche), od anche piut-
tosto a quelle del Ciliegio salvatico, o Ciliegio
degli uccelli (Cerasus avium: fr. le Mérisier:
ted. die Vogelkirsche, del pari, ma forse più ap-
propriatamente che non per lo Zamorino, che i
Tedeschi usano denominare di preferenza der Sper-
berbaum – Sperlingsbaum, quand’ è domestico,
e der Ebereschenbaum – Vogelbeerbaum poi,
quand’è salvatico1).
Per vestirsi poi, e per cuoprirsi, a misura del
bisogno, ha l’uomo imparato a valersi principal-
mente del Cotone o della Bambagia, vale a dire
di quella sostanza fibrosa o filamentosa, molle e
sofice, onde sono talvolta coperte le sementi nelle
capsule, o in altri frutti, e ch’ egli trae appunto dalle
diverse sorta di piante che lo forniscono, come
sono, per esempio, il Cotoniere erbaceo, o la
Pianta erbacea dal cotone comune (Gossypium
herbaceum – ed altri: fr. le Cotonnier herbacé
[Seite 419] – ec.: ted. die Baumwollenstaude – ec.), ed
il Cotoniere arboreo, il Bombaciere, o l’Al-
bero dal cotone; nome che può competere del
pari al Bombaciere pentandro (Bombax pentan-
drum: fr. le Fromager pentandrique: ted. der
Käsebaum – Walldorn), al Bombaciere ceiba
(Bombax ceiba: fr. le Fromager ceïba), ed al
Bombaciere dalle foglie a sette per sette (Bom-
bax heptaphyllum: fr. le Fromager à sept feuil-
les), come sono eziandio alcune specie d’Ortica
(Urtica vulgaris – ed altre: fr. l’Orde piquante
– ec.: ted. die Brennnessel – ec.), di Lino
(Linum perenne – ed altri: fr. le Lin vivace
– ec.: ted. der ausdauernde Flachs – ec.), di
Canapa (Cannabis sativa – ed altre: fr. le Chan-
vre commun – ec.: ted. der gemeine Hanf – ec.),
e com’ è eziandio il bellissimo, così pur detto, Lino
della Nuova Zelanda, o il Formio tenace (Phormium
tenax: fr. le Phormium – le Phormion ténace
– la Plante à lin de la Nouvelle Zélande:
ted. der Neuseeländische Flachs); al che è pure
da aggiugnersi, che gl’isolani del mare del Sud,
o dell’ Oceano pacifico, si preparano stoffe, onde
vestirsi o cuoprirsi, col libbro, o colla parte mi-
gliore delle scorze, tanto del così detto Moro pa-
pirifero, o più esattamente poi della Broussone-
tia papirifera (Broussonetia papyrifera – Mo-
rus papyrifera di Linneo: fr. le Broussonetier
– le Murier à papier: ted. der Papiermaul-
[Seite 420] beerbaum), quant’ eziandio dell’ Artocarpo, o del
sovra mentovato Albero dal pane (Artocarpus
incisa: fr. l’Arbre à pain: ted. der Brodbaum).
Per far fuoco, onde scaldarci e rendere più
temperato l’ambiente de’ nostri appartamenti, du-
rante la stagione invernale, ed onde apparec-
chiarci le vivande, facciamo uso d’ogni maniera
di legna, come suol dirsi, da bruciare, che rin-
vengasi in pronto ne’ dintorni del luogo, qua-
lunque siasi, di nostra dimora; e queste legna, o
altre sostanze combustibili d’origine vegetabile
immediata, variano poi moltissimo in ragione delle
diverse plaghe o località che abbiansi in mira; di
modo che, per esempio, gli Alpigiani sogliono
fare, per gli effetti summentovati, un grande con-
sumo del Rododendro ferruginoso (Rhododen-
dron ferrugineum: fr. le Rhododendron ferrugi-
neux – le Rosage ferrugineux – le petit Lau-
rier des alpes: ted. das Rosenholz – die Alp-
rose – Rosenlorbeere), che riesce loro co-
modo, ammanitissimo ed economico; a quel modo
che gli abitanti de’ dintorni delle così dette bru-
ghiere, o lande vegre ed asciutte, giovansi, più
opportunamente che d’altro, di quello che solo
ivi appunto abbonda, che chiamiam brugo abi-
tualmente, e nella composizione del quale con-
corrono, oltre a qualche altra specie vegetabile,
[Seite 421] parecchie Eriche, come a dire l’Erica comune
(Erica vulgaris: fr. la Bruyére commune: ted.
das gemeine Heidekraut), e così via discorrendo.
– In qualche paese bruciasi invece di preferenza
quella produzione d’origine vegetabile, per lo più
mediata, che corre sotto il nome volgare di Torba
(fr. la Tourbe: ted. der Torf), e che d’ordi-
nario consta de’ residui di molte sorta di piante
scompostesi, e frall’ altre, della Conferva de’ rivi
(Conferva rivularis: fr. la Conferve des ruis-
seaux: ted. das Bachenwassermoos), dello Sfa-
gno de’ paduli (Sphagnum palustre: fr. le Sphai-
gne des marais: ted. das Torfmoos), della Ca-
rice cespugliosa (Carex caespitosa: fr. le Caret
gazon: ted. das Riedgras), del Miriofillo spicato,
o Millefoglio in spighe (Myriophyllum spicatum:
fr. le Myriophylle en épi: ted. das AEhrentausend-
blatt), di qualche Ipno (Hypnum proliferum
– ed altri: fr. le Hypne prolifère – ec.: ted.
das Astmoos – Steinfarnmoos – ec.), e di
qualche Politrico (Polytricum aureum – ed al-
tri: fr. le Polytric doré – ec.: ted. das Haar-
moos – Jungfernhaar – Frauenhaar – gol-
dene Haarmoos – der goldene Wiederthon?).
– Alle quali cose tutte rimangono ancora da ag-
giugnersi, come altrettante produzioni vegetabili
atte ad ardere anch’ esse, o come si suol dire
combustibili, i diversi Carboni tratti dalle legne,
[Seite 422] l’Esca da battifuoco, e molte delle così dette
Miccie, con altre parecchie di consimile ragione.
Ci gioviamo del pari d’ogni maniera di legna-
mi, come si suol dire, da fabbrica o da costru-
zione, ond’ armarne, sostenerne, munirne od
ergerne talora di pianta, le nostre case od abita-
zioni, o per costruircene navi, bastimenti, va-
scelli, barche ec.; ed appunto a tali usi valgonsi
gl’ indigeni dell’ Indie orientali della loro Canna
di bambou (Bambos arundinacea – e già per
altri Arundo bambus: fr. le Bambou – la Canne
de bambou: ted. das Bambusschilf – Bam-
busrohr). – Per cuoprirne poi le nostre case,
o per formarne i tetti, le travature e simili, come
eziandio per moltissimi altri usi diversi, adope-
riamo que’ legnami che occorronci più a propo-
sito, sovrapponendovi, in mancanza d’altro, ora
le canne, ora la paglia, e via discorrendo; men-
tre gl’ Isolani del mare del Sud cuoprono quasi
sempre le loro, semplicissimamente, colle foglie del
loro Palmetto, o sia del Pandano da’ tetti (Panda-
nus tectorius: fr. le Palmetto – le Pandanus
des toits: ted. der Dachpalmetto – Dachpanda-
nus?). – D’altra parte, allo scopo di circoscri-
vere le singole proprietà territoriali, di contermi-
narne distintamente i campi, le campagne e le
possessioni, od anche per formarne siepi, ca-
[Seite 423] panne, pergolati e simili, usansi arboscelli, ar-
busti o frutici disponibili d’ogni maniera. –
Allo scopo poi di guarentire colla possibile mag-
giore efficacia le arginature o le dighe, talora
importantissime, da’ danni che soglionvi cagionar
troppo gravi, quando lasciansene soverchiamente
impossessare, le Teredini navali (Teredo nava-
lis: fr. le Taret: ted. der Pfahlwurm – Schiff-
wurm – Bohrwurm), ci serviamo con profitto
della Zostera marina (Zostera marina: fr. la
Zostère marine: ted. das Seewier – Seetang –
Seegras). – Al che resta d’aggingnersi ancora
l’uso che si fa bene spesso di certe determinate
sostanze vegetabili, soffici più o meno e molli,
come conviene, anche quando son secche, per
impagliarne, imbottirne, impiumacciarne le ma-
terassa, i pagliaricci, i coscini od origlieri, le
coltrici, ed altra così fatta mobiglia o masserizia,
e così via via discorrendo.
Sanno poi quasi tutti quanti gli artefici e gli
operaj, come a dire, i legnajuoli di minuto, i
falegnami di grosso, gli intarsiatori, gli ebanisti,
i carpentieri o carradori, i tornitori, i bottaj, ed
altri così fatti, per lunga pratica trascegliere nel
commercio, propriamente quelli de’ varj legnami
d’opera1, che tornano loro i più utili ed ap-
[Seite 424] propriati per giovarsene opportunamente, adopran-
doli in un numero indefinito di lavori loro pro-
prii e svariatissimi, ne’ quali traggono dessi il pos-
sibile miglior partito anche dalle diverse sorta di
Canne1, da’ Giunchi, ec. – Molti popoli selvaggi
non posseggono anzi arme d’altra materia fatte,
fuorchè appunto, o di legno, o di canna; e così è
per esempio, degl’ Isolani dell’ Oceano pacifico o
del mare del Sud, che fanno col legno di un
Filao, vale a dire precisamente della Casuarina
dalle foglie di Coda cavallina o d’Equiseto (Ca-
[Seite 425] suarina equisetifolia: fr. le Filao de l’Inde –
la Casuarine à feuilles de prêle: ted. der Keu-
lenbaum), quelle loro bellissime, ed in vero in-
gegnosissime lancie, e l’altre arme loro eziandio,
quasi tutte.
Del resto i gusci delle noci di Cocco (Cocos
nucifera: fr. le Cocotier: ted. der Cocobaum –
die Cocopalme), quelli delle Calebasse, o delle
Zucche, denominate Baobab, del così detto Ca-
lebassiere, o Albero dal pane delle Scimmie,
o della Crescenza cujete (Crescentia cujete: fr.
l’Arbre à pain des singes – le Calebassier des
Indes – le Baobab: ted. der Baobab – Affen-
brodbaum – Flascherkürbissbaum), ed altri così
fatti possono servir benissimo, e servono ad uso
di bicchieri, di scodelle, o in somma di vasi da
bere, presso certe nazioni. – I giunchi diversi
(Juncus: fr. le Jonc: ted. das Schilf), le Canne
(Arundo: fr. la Canne: ted. das Rohr), i Salci
o Vimini (Salix purpurea – vitellina – vimi-
nalis: fr. l’Osier – le Saule: ted. die Weide),
la corteccia del Cocco, e simili, riescono ottimi
per farne ceste, cavagni, stuoje, ed altri oggetti
moltissimi, non meno comodi ed importanti. –
Il Sughero, o la corteccia della Quercia, così
detta dal sughero (Quercus suber: fr. le Chêne
liége: ted. der Korkbaum), serve, oltre a tant’ al-
tri suoi usi, anche a farne, come si sa, turac-
cioli da bottiglie, galleggianti per le reti da pe-
[Seite 426] scatori, suole, ec. ec. – Parecchie altre sostanze
poi, tratte pur sempre dal regno vegetabile, sono
state riconosciute di somma utilità, quali per le
tintorie, come possono farne testimonianza, tral-
l’ altre, l’Indaco o l’Endaco, tratto dalla In-
digofera de’ tintori (Indigofera tinctoria: fr. l’In-
digotier: ted. die Indicopflanze), il Guado o
Pastello, che ottiensi dall’ erba del Guado (Isa-
tis tinctoria: fr. le Voéde – le Goéde – le
Vouéde – le Pastel: ted. das Färberwaid), la
Curcuma o Terra merita, derivante dalla, ap-
punto così della, Curcuma (Curcuma longa: fr. la
Curcume: ted. die Gelbwurz), e la Rubbia, Rob-
bia o Garanza (Rubia tinctorum: fr. la Garance:
ted. das Färberkraut); altre per acconciarne
pelli, cuoj e corami, com’ è noto della Noce di
galla, o come suol dirsi della Vallonea, della Galla
di levante ec., che traesi da moltissime Quer-
cie, ed in particolare poi dalla Quercia velani
(Quercus aegylops: fr. le Chène velani – la
Vélanide: ted. die kleine Eiche – Süsseiche),
dalla Quercia de’ tintori (Quercus infectoria: fr.
le Chéne des teinturiers: ted. die kleine Asia-
tische Färberneiche), dal Quercitrone, o dalla
Quercia tintoria (Quercus tinctoria: fr. le Quer-
citron – le Chêne quercitron: ted. die grös-
sere Nordamerikanische Eiche – Quercitron-
eiche); specie assai chiaramente distinta dalla pre-
cedente, e da altre Quercie parecchie, quali per
[Seite 427] le lavanderie, per le officine, come si suol dire,
d’imbianchimento, e via discorrendo, quali fi-
nalmente per giovarsene all’ occasione, ora a foggia
di cartaccia da impacchettar robe, ora a guisa
di cartoni, ora a modo di tappezzerie, o di co-
perture cartacee, o di tappeti economici per ta-
volini, e simili. – Si sa inoltre benissimo da cia-
scuno oggimai, di quali e quanti usi tornino fre-
quentissimamente le diverse Gomme vegetabili, le
Resine, le Gommoresine, come sarebbono, l’Op-
pio, il Mastice, la Gomma arabica, la Gomma-
gotta, la Pece, il Catrame o la Pece navale, lo
Storace, il Belgioino, la Canfora, la Gomma
di lacca, la Trementina, la Colofonia, l’Oli-
bano od Incenso, il Vischio, le tante Muci-
laggini, le Fecule, il Nerofumo, gli Olii di-
versi, così fissi o grassi, come volatili, eterei
od aromatici, e com’ anco gli empireumatici di
derivazione vegetabile, i Balsami, moltissimi Acidi
di questa medesima ragione, le tante Vernici, il
Vino, il Sidro, la Birra o cervogia, la Soda, la
Potassa, ed infinite altre produzioni, tutte pur
sempre vegetabili, alle quali ci piace d’aggiugnere
qui ancora, in via d’abbondanza, e come me-
ritevoli d’essere notate a parte, la Cera che traesi
da qualche pianta particolare, e singolarmente poi
dalla Mirica, detta appunto perciò, cerifera (Mi-
rica cerifera – Myrica Caroliniensis: fr. le Galé
cirier – l’Arbre à la cire – le Cirier de la
[Seite 428] Caroline: ted. der Wachsbaum – die Wachs-
tragende Myrica), il Sego che ottiensi dal così
dello Albero dal sego della China (Croton se-
biferum: fr. le Croton – l’Arbre à suif – le
Glattier – le Sapi porte-suif: ted. der Talg-
baum – das Talgtragende Croton), ed altret-
tali, come tra le già sovra citate Vernici, ci piace
di citar qui ancora distintamente la più pregiata
e la più costosa di tutte quante quelle che si co-
noscono, vale a dire la famosa Lacca del Giap-
pone, che appunto presso Jassino nel Giappone
preparasi col Sommacco, o Sommacco vernice
(Rhus vernix: fr. le Sumac vernis: ted. der Ja-
panische Fisnifssumac), colà indigeno, come lo
è anche altrove; tutte quante produzioni, io mi
stava dicendo, di ragione vegetabile, delle quali
i varj artefici, i medici, o in una parola gli uo-
mini, seppero, in forza della più o meno lunga
esperienza avutane, determinare gli usi i più con-
venienti, e le moltiplici applicazioni a’ bisogni, o
a’ comodi della vita, al lusso, ec.
La maggior parte eziandio delle cose, degli og-
getti, de’ capi o de’ generi, onde sogliono ne’ di-
versi paesi giovarsi gli uomini per iscrivere, sono
generalmente tratti dal regno vegetabile, come il
sono le canne o cannuccie da scrivere (Arundo: fr.
la Canne – le Roseau: ted. das Schreibrohr), il
[Seite 429] Giunco, o Cipero da scrivere, che dicesi abitual-
mente Papiro, Carta di papiro o Papiro del Nilo
(Cyperus papyrus: fr. le Papyrus – le Sou-
chet à ecrire – le Souchet du Nil: ted. die Pa-
pierpflanze – Papierstaude – das Papierschilf),
le così dette Ortiche del Malabar, che altro in
se non sono, se non le fronde o le foglie della
precitata Palma dal vino, o sia del Borasso fla-
bellifero (Borassus flabellifer: fr. le Borassus –
le Rondier – le Lontard – le Ciprier: ted. die
Weinpalme), e così via discorrendo.
Finalmente appunto a questo medesimo regno
vegetabile va l’uomo pur debitore di quelle tante,
e talora cotanto benefiche piante, che distinguonsi
col nome di piante e d’erbe medicinali, alla sem-
plice conoscenza esatta delle quali, non meno che
delle rispettive loro proprielà sull’ organismo ani-
male, e del retto uso, più o meno vantaggioso,
che in certe determinate circostanze di salute al-
terata, si potesse farne sopra di noi, era antica-
mente limitata e ristretta tutta quanta la medi-
cina, come lo è pur tuttavia presso ben molti
popoli.
Sono per altro da notarsi, in opposizione al
sin qui esposto, nel dominio della vegetazione
[Seite 430] esistente, alcune speciali produzioni, l’uso delle
quali riesce sempre direttamente od immediata-
mente agli uomini più o meno nocivo, nel senso
il più lato ed esteso della espressione; e queste
a ragione comprendonsi, in generale, tutte quante
sotto i complessivi nomi loro comuni, a norma
della specialità de’ casi, di piante deleterie, di
veleni vegetabili, di vegetabili nocivi, o d’erbe
velenose. Trall’ altre molte, meritano una così
fatta qualificazione, per esempio, quel Fungo od
Agarico, che denominiamo il Volvolo maschio, e
più volgarmente poi la Tignisa (Agaricus mu-
scarius: fr. l’Agaric aux mouches?: ted. der
Fliegenschwamm), il Merulio distruggitore (Me-
rulius destruens: fr. le Mérule destructeur: ted.
der Aderpilz – verwüstende Holzschwamm –
zerstörende Hausschwamm), il Merulio guasta-
tore (Merulius vastator: fr. le Mérule dègatant:
ted. der zerstörende Holzschwamm), con mol-
tissimi altri Funghi ancora, non esclusone tampoco
alcune specie parassite e microscopiche, quale si
è, per non citarne se non una sola, il Golpe, o
l’Uredine delle biade (Uredo segetum: fr. l’U-
rédo du blé – l’Urédine des céréales: ted. der
Getreiden Schmarotzerschwamm – das Uredo),
che suol essere una delle cagioni potissime ap-
punto di que’ guasti ne’ Cereali, a’ quali dannosi
volgarmente i nomi di cancro, golpe, gangrena,
sfacelo, carbone, nebbia, annebbiato, ec.
Ma è da ritenersi che ben molte altre piante
ed erbe, comunque non venefiche, meritano esse
pure la qualificazione di vegetabili nocivi, d’erbe
male, d’erbacce cattive, o di piante dannose, in
quanto che nuocono in fatto all’ uomo indiretta-
mente, sia vivendo parassite alle spese e a danno
d’altre piante per esso importanti, o sia legando
sotterra le radici di quest’ ultime, in modo da im-
pedirne il convenevole sviluppamento.
Tra i ben molti Sistemi botanici, o metodi di
Classificazione delle piante, stali proposti, a co-
mun beneficio degli studiosi, già fino a datare
da’ tempi di Gesner, di Cesalpino e di Gaspare
Bauhino, i più degli altri generalmente adottati,
ed universalmente seguìti, sono di certo stati fi-
nora, per quanto almeno ci pare, il così detto
Sistema sessuale di Linneo, ed il metodo natu-
rale di Jussieu; de’ quali il primo è, come si sa,
fondato sulla esistenza o non esistenza, nelle sin-
gole piante, di quegli organi, e di quelle loro
parti sessuali, che indicammo e descrivemmo par-
atamente in qualche modo ne’ precedenti §§ 189,
190, e segg. a pag. 375, e segg. di questo stesso
nostro Vol. IV, sul numero loro, e sulla loro
posizione rispettiva, e sur ogni maniera di loro
vicendevole relazione; mentre al contrario quello
di Jussieu stassi principalmente fondato sulla man-
[Seite 432] canza, o sulla esistenza nelle medesime de’ Coti-
ledoni, o de’ lobetti del seme, e sulle condizioni
speciali di questi, quando esistonvi, e quindi poi
sulla posizione rispettiva degli stami nel fiore,
sulla mancanza o presenza in questo della Co-
rolla, e sulla forma particolare propria di que-
st’ ultima1.
libri, opere, scritti, o in somma fonti diverse che, con-
sultate, trall’ altre molte, possono riuscire giovevoli
a chi intendera’ dedicarsi allo studio della botanica,
in riguardo:
Anche l’accoppiamento de’ due sessi in alcune particolari spe-
cie di questi Vermi o Molluschi, come per esempio nelle Elici o
nelle nostre Chiocciole o Lumache comuni dal nicchio (Helix
arbustorum – nemoralis, ec.: fr. l’Escargot des arbustes –
des bois, ec.: ted. die Gartenschnecke – Waldschnecke, e si-
[Seite 11] mili), tiene qualche cosa di assolutamente suo proprio e mirabi-
lissimo; da che ogni singolo individuo, all’ epoca de’ loro amori,
trovasi provveduto d’un piccolo stilo assai strano, di sostanza
calcarea, avente a un di presso la forma d’un ferro di lancia
a quattro taglienti, che, comunque rilassato, tiene ben profon-
damente nascosto entro ad una apertura che gli sta lungo il
collo. Allorchè accade a due così fatti individui della mede-
sima specie d’incontrarsi insieme appunto in detta epoca, il
primo complimento che si fanno, si è quello di conficcar a
vicenda ciascuno il proprio stilo nel petto dell’ altro individuo;
nè pare che senza di questo reciproco preliminare eccitamento,
o vogliasi dirla irritazione, saprebber eglino devenirne all’ac-
coppiamento, che in fatto poi tosto dopo ne ha allora luogo.
Potrà con profitto consultarsi a questo proposito lo scritto
intitolato – Scheiders Abhandlung, ec. – nel II.° Volume del-
l’opera Nachrichte von America, von Anton de Ulloa, stam-
pata a Lipsia nel 1781 in 8.°, dalla pag. 377 alla pag. 431.
Tali conchiglie sogliono essere, oltre a qualche altra, so-
prattutto il Mitilo perlifero (Mytilus margaritifer), e la Mia
margaritifera (Mya margaritifera). Le Perle rinvengonsi il
più delle volte nel Mollusco che le abita, ma però talora tro-
vansi anche attaccate nell’ interno di tali od altre conchiglie.
Nulla si sa fin qui di positivo a bastanza sulla loro formazione,
o sulle cause vere di tali preziose produzioni. Le più belle e
le più pregiate di tutte, sono le Perle che, per quanto vuolsi,
ci provengono dall’ Isola Ceylan, o dal Golfo Persico, ove se ne
fanno regolari pescagioni; è certo almeno che quelle che ci si
spediscono da varie località dell’ Indie Occidentali, dalla Cali-
fornia e perfino da O-tahity, e così via discorrendo, riescono
scadenti al confronto, e di gran lunga meno belle delle già in-
dicate; per non parlar poi di quelle sempre meno pregievoli,
che presentano talora eziandio alcune conchiglie de’ fiumi, così
d’Europa, come pure d’altre parti del Globo; sebbene di que-
st’ ultima fluviatile derivazione sianvene qualche volta alcune
di non ordinaria bellezza, provegnenti particolarmente da
Celle, non lungi gran fatto da Gottinga, dalla Livonia, ec.
Potrà, non senza piacere, circa questo particolare, scorrersi
lo Scritto intitolato – Loskiels Geschichte der Brûder – Missions
in Nordamerica, da pag. 34 a 145.
Nella grande Collezione di produzioni naturali prove-
gnenti dalle regioni Australi, o dalle diverse Terre situate nel
Mare del Sud, che piacque alla Maestà del fu Re della Gran
Brettagna Giorgio iii. di spedire in dono a questo nostro Museo
Accademico (di Gottinga), può vedersi, tra ben molti altri
oggetti di tal fatta d’ornamento personale, una collana, o un
monile da collo fatto appunto tutto quanto di assai belli, vaghi
[Seite 16] ed elegantissimi nicchiolini, diligentemente politi, pertugiati,
e con sommo ingegno insieme intrecciati e collegati, mercè
d’alcune filamenta preparate co’ tendini di qualche animale
marino; e non è senza sorpresa che apprendesi, questo vaghis-
simo lavoro esser opera di quelle genti, che vengono univer-
salmente diffamate come il più vile rifiuto del Genere umano,
sotto il nome di Pescheraes, abitatrici della così detta Terra
del Fuoco.
Qui avvertasi, che assolutamente non so indurmi a prestar
fede alle fole volgari, che corrono ancora in riguardo a quella
così detta Furia infernale (ted. die höllische Furie), o a quel
Vermicciuolo, di cui, sebbene niuno di certo abbia potuto ve-
derlo mai, pure si vollero dare descrizioni diligentissime, fino
a qualificarlo, fra tant’ altre dicerie, armato di raffi o d’un-
cinetti, volante all’ intorno per aria senza traccia d’ali, e piom-
bante da quando a quando, non meno sugli uomini, che sul
nostro bestiame domestico, che ferisce e pertugia poi senza
misericordia in modo affatto compassionevole.
In particolare sopra cotesti Vermi potranno consultarsi
con profitto le seguenti Opere:
Ioh. Aug. Ephr. Goeze, Versuch einer Naturgeschichte der
Eingeweidewürmer thierischer Körper. Blankenburg 1782,
in 4.°
Nachträge (sul soggetto medesimo) von J.G.H. Zeder. Lipsia,
in corso già fino dal 1800, in 4.°
Vermium intestinalium, praesertim Taeniae humanae, brevis
expositio, Auctore P. Chr. Wernero. Lipsiae 1782, in 8.°;
[Seite 24] giuntevi anche le tre diverse Continuationes, che ne for-
mano parte importante ed essenziale, pubblicate anch’ esse
a Lipsia, dalla predetta epoca in poi.
J.G.H. Zeder’s, Naturgeschichte der Eingeweidewürmer.
Bamberga 1803, in 8.°
Ma soprattutto poi l’altre che seguono:
C. Asm. Rudolphi, Entozoorum, seu Vermium intestinalium
Historia naturalis. Amsterdam 1808 Vol. 2 in 8.° con rami.
Del medesimo, Entozoorum Synopsis. Berlino 1819, in 8.°
con rami.
J.G. Bremser, über lebende Würmer im lebenden Menschen.
Vienna. 1819, in 4.° con rami.
Del medesimo, Icones Helminthum Systema Rudolphi En-
tozoologicum illustrantes, del pari pubblicatesi in Vienna
già fino del 1824, in folio.
Circa questo rinomatissimo Verme, sulla decisa animalità
del quale vollero, senz’ ombra di ragione, gli antichi medici
Greci intrudere dubbiezze dal fatto onninamente sventate,
sono da consultarsi con vantaggio, oltre alle due opere ricono-
sciute come classiche – Kaempfer, Amoenitates exoticae ec. a
pag. 626, e – Winterbottom, on the native Africans in the
neighbourhood of Sierra Leone, vol. 2, pag. 82 –, anche sei
altri distinti Scritti analoghi, che leggonsi nella 2.a parte del-
l’ opera periodica intitolata – Edimburgh medical, and surgi-
cal Journal, per l’anno 1806 – ove, precisamente a p. 302,
troverassi, frall’ altre cose, che allora quando si riesce ad
estrarlo a un tratto tutto intiero dal tumore, che formava
in qualcuna delle preaccennate parti d’un corpo umano
vivente, questo Verme seguita, per ben molti minuti, a muo-
versi ancora e a dar segni di vita.
Veggasi a questo proposito l’Opera – A.H.L. Westrumb,
De Helminthibus Acanthocephalis – stampata nell’ Hannover,
l’anno 1821 in fol. con rami.
Sembra per altro posto in oggi fuora di contingenza, che
anche a’ singoli pezzi staccati da una Tenia, a poco a poco
vada di per sè formandosi una novella testa alla sua estremità
[Seite 36] anteriore. Anzi su questo particolare potranno, non senza sod-
disfazione, consultarsi le belle Osservazioni fatte da S. Carlisle
sopra questi Vermi, e consegnate a pag. 256 del tom. II del-
l’ opera intitolata – Transactions of the Linnean Society.
Sull’ altre specie di Vermi intestinali Tenioidei, alle quali
si diè il nome di Botryocephali, ed in tedesco di Grubenköpfe,
riunibili in un genere a parte, veggasi l’opera – Dr. Leuckart’s
Zoologische Bruchstücke, Vol. I. Helmstaedt – 1820 in 4.°
Non sarà male che il Leggitore stiasi quind’ innanzi pre-
venuto, essere invalsa tra gli Elmintologisti moderni, se-
gnatamente Francesi, l’opinione al certo non destituta
di buoni fondamenti, che il nome d’Idatide, quanto
alla accettazione ch’ ebbe finora, per indicare un genere
particolare di Vermi viscerali, meriti d’essere abolito,
nè sia da conservarsi se non per indicare que’ certi tu-
[Seite 41] mori cistici, morbosi e ripieni d’umore linfatico, che in-
contransi frequenti qua e là per entro al corpo, od anche
nelle viscere d’alcuni animali, e che, detti anche talora Ace-
falocisti, sebbene organici, non hanno però di per sè al-
cuna individualità, nè posseggono, insieme colla loro or-
ganizzazione, un’ apparenza di vitalità propria, se non come
una conseguenza accidentale della vita persistente del-
l’animale in cui rinvengonsi; e ciò a differenza di quei
veri Vermi vescicolari, che, dotati di vita propria, ac-
cade d’incontrar vivi nelle viscere d’altri animali viventi;
ma a questi ultimi è oggimai dato posto da’ Neoterici in
parecchi distinti generi, a’ quali competono i novelli nomi
Francesi di Cénure, Cysticerque, Echinocoque, Flo-
riceps, e via via discorrendo. N. del T.
Potrà su di ciò raffrontarsi quanto ebbe ad esporne il
sig. Consigliere Aulico Himly nell’ opera intitolata – Jour-
nal dar practischen Arzneykunde – per l’anno 1809, Vol. II.
fasc. 12, gag. 115 unitevi le tav. 1. 2. e 3.
Veggasi circa a questo particolare l’ Opera intitolata I.F.P.
[Seite 47] Braun’s Systematische Beschreibung einiger Egelarten. Stam-
pata a Berlino nel 1805 in 4.°
Possono in questo proposito consultarsi non senza soddi-
sfazione le due Opere – P. Thomas, Histoire naturelle des
Sangsues, stampata a Parigi nel 1806 in 8.° – e Jam. Ralw.
Johnson, on the medicinal Leech, pubblicatasi in Londra
nel 1817 parimenti in 8.°
Le principali opere da consultarsi, per farci di quest’ Or-
dine di Vermi un’ idea corrispondente allo stato attuale della
scienza sul medesimo, sono le seguenti – J. Bapt. Boadsch, de
quibusdam animalibus marinis, stampata a Dresda nel 1761
[Seite 50] in 4.° – Opera tradotta poi anche in lingua tedesca, con note
ed aggiunte, da Nath. Gottfr. Leske, e ripubblicata pari-
mente in Dresda nel 1776 in 4.°
Petri Forskael, Icones rerum naturalium, quas in itinere
orientali depingi curavit; data in luce da Carst. Niebuhr,
a Coppenhagen, nel 1776 in folio.
Oth. Fr. Müller, Icones Zoologiae Danicae; stampata pa-
rimenti a Coppenhagen, nel 1777 in sq. folio.
L.A.G. Bosc, Histoire naturelle des Vers; pubblicata a Pa-
rigi nel 1801, Vol. 3. in 8.°
Cuvier, Mèmoires sur les Mollusques, stampate pure a Pa-
rigi nel 1807 in 4.°
E finalmente D’Audebard de Fèrussac, Histoire naturelle
des Mollusques terrestres et fluviatiles; stampata anch’ essa
a Parigi, già fino dal 1819, in folio, con rami.
Può vedersi circa questo particolare, lo scritto analogo di
J.C. Leuchs, che fu premiato dalla Società R. delle Scienze
di Gottinga, pubblicato nell’ Hannoversch. Magazin pel 1820,
da pag. 1, a. pag. 140, il quale fu poi anche stampato a parte
a Norimberga l’anno medesimo, in 8.°
Da questo genere Limace trasse Fèrussac, oltre a qual-
che altra, le qui ora riportate specie Atro (Limax ater)
e Rufo (Limax rufus), per riporle nel novello suo ge-
nere Arione, sotto il nome di Arion empyricorum; nome
che viene a comprendere a un tratto, come altrettante
varietà, que’ Lumaconi rosso bruno, rosso, nero, e bruno,
indigeni di tutta Europa, che i Francesi denominano vol-
[Seite 53] garmente la grande Limace rousse – rouge – noire
et brune. Per tal modo, come decisamente spettanti al
genere Limace del nostro Testo, noi qui non avremmo
se non il Limace agreste (Sp. 4), e fors’ anco il Limace
massimo (Sp. 3.), se pure avverrà ch’ esso si trovi essere
precisamente una stessa cosa col Limax cinereus di Lin-
neo, di Gmelin e d’altri, e col Limax antiquorum di
Fèrussac, a’ quali due saranno poi ancora da riunirsi, come
facenti specie del medesimo genere Limace, il Limace
screziato o la Lumaca macchiettata (L. flavus di Linneo –
Limax variegatus di Draparnaud e di Fèrussac, fr. la
Limace tachetée; ted. die bunte nackte Schnecke; ing.
the variegated Slug), il Limace salvatico (L. sylvaticus
di Draparnaud e di Fèrussac; fr. la Limace des fo-
rêts: ted. die nackte Waldschnecke; ing. the sylvatic
Slug?), il Limace gagate (Limax gagates de’ medesimi
Draparnaud e Fèrussac; fr. la Limace jayet; ted. die
nackte Gagathschnecke; ing. the Jet-slug?), e final-
mente il Limace marginato, o il Lumacone ignudo orlato
(L. marginatus di Linneo, di Gmelin, di Draparnaud
e d’altri ancora; fr. la Limace marginée; ted. die ein-
gefasste nackte Schnecke; ing. the borderd Slug?)
Un Genere Noctiluca, non racchiudente se non una
sola specie, sotto il nome di Noctiluca miliaris, è am-
messe da Lamarck, e da qualche altro Elmintologista,
che debbe aver gran parte in tale fosforeggiamento not-
turno dell’ acque del mare, e questo Mollusco piccolis-
simo, quasi microscopico, gelatinoso e translucido, a un
dipresso come se fosse di vetro, venne ultimamente os-
servato e studiato con diligenza dal Dottor Suriray al-
l’Havre de Grace, ove incerte stagioni scorgesi così co-
pioso, che quasi potrebbe dirsi formar sull’ acqua una ero-
sticina piuttosto densa. N. del T.
Veggasi a questo proposito l’opera di O. Fr. Müller, von
Würmern des süssen und salzigen Wassers; stampata a Cop-
penhagen nel 1771 in 4.°
Potrà con profitto vedersi circa questo particolare lo scritto
intitolato – Tilesius’s Monographie ueber die Seeblasen –
sul bel principio della 3.a Parte del notissimo viaggio intorno
al Globo di A.I. von. Krusenstern.
Veggasi a questo proposito lo scritto intitolato – Adelb.
De Chamisso, de Salpa – stampato a Berlino nel 1819, in 8.°
A questo proposito potrà tornar molto in acconcio il
riandare l’Opera intitolata: J.G. Schneider, Sammlung
vermischter Abhandlungen zur Zoologie und Handlungsge-
schichte, pubblicata a Berlino nel 1784, in 4.°, da pag. 7
a pag. 134.
L’atramentum, che noi ora diremmo l’inchiostro, degli
antichi Romani, in altro non sembra che consistesse se non
appunto in questo così fatto liquor nerastro delle Seppie, e
v’ è molta probabilità che anche attualmente formi desso l’in-
grediente principale, o fors’ anche decisamente la materia
prima del nostro così detto inchiostro della China.
È da leggersi quanto spose, a riguardo delle Meduse,
Tilesius nell’ Opera periodica intitolata: Jahrbuch der Na-
turgeschichte I, a pag. 166, e segg.
Tornerà qui in acconcio di scorrere lo Scritto, di Mit-
chill, che sopra tale argomento trovasi nell’ Opera intito-
lata: Albers’s Americanische Annalen. I, a pag. 119, e segg.
È da riandarsi sopra questo particolare, non senza van-
taggio e soddisfazione, l’Operetta intitolata – J. Sam. Schroeter,
Ueber den innern Bau der Seeschnecken, und andere Schne-
cken, stampata a Francoforte nel 1783, in 4.°
Molti ve n’ ha, di questi così fatti nicchii, gusci o con-
chiglie che, mercè d’una conveniente politura, sviluppano
colori affatto diversi da quelli che mostrava la loro superficie,
finchè rimaneansene nello stato loro naturale.
Tra le principali Opere che si possono consultare con
interesse, ed anche con profitto, dagli studiosi di questa parte
della Storia naturale, comunque per verità non siano desse
di tanta importanza, di quanta ne saranno sempre le da noi
già precedentemente citate, pure sono da notarsi:
Mart. Lisier, Synopsis methodica Conchyliorum; Londra
1685, in sq. folio.
L’Opera medesima, Edit. 2. (recensuit et indicibus auxit
Gu. Huddesford); Oxonii 1770, in folio.
Index testarum Conchyliorum, quae adversantur in Museo
Nic. Gualtieri; Firenze 1742, in folio.
Desall. D’Argenville, Conchyliologie; Paris 1757, in 4.°
L’Opera medesima, Edit. 3. par De Favanne, De Mont-
cervelle; Paris 1780, in 4.°
F. Mich. Regenfuss, Sammlung von Muscheln, Schnecken ec.
Kopenhagen 1758, in folio grande.
Fr. H.W. Martini, Systematisches Conchyliencabinet (pro-
seguito da J.H. Chemnitz); Norimberga 1768, sq. Vol. XI,
in 4.°
Ign. a Born, Testacea Musei Caesarei Vindobonensis; Vien-
na 1780, in folio.
C. Schreibers, Versuch einer vollständigen Conchylien-kenn-
tniss, nach Linnés system.; Vienna 1793, Vol. II, in 8.°
L.A.G. Bosc, Histoire naturelle des Coquilles; Paris 1802,
Vol. V, in 8.°
Chr. Fr. Schumacher, Essai d’un nouveau Systéme des habi-
tations des Vers testacès; Copenhagen 1817, in 4.° con
rami.
Fr. Chr. Schmidt’s, Versuch ueber die beste Einrichtung
der Conchylien-sammlungen ec.; Gotha 1818, in folio.
Sam. Brookes’s, Introduction to the study of Conchology;
Londra 1820, in 4.°
L’Opera medesima, tradotta in tedesco, con note ed aggiunte
di C. Gust. Carus; Lipsia 1823, in 4.°
Adolph. Murray, Fundamenta Testaceologiae; Upsal 1771,
in 4.° (it. in Linnaei Amoenitat. acad. Vol. VIII).
C.L. Kaemmerer, Conchylien im Cabinette des Erbpr. von
Schwarzburg-Rudolstadt; Rudolstadt 1786, in 8.°
Jacq. Ph. Raym. Draparnaud, Histoire naturelle des Mollu-
sques terrestres et fluviatiles de la France; Paris 1806,
in 4°.
D’Audebard de Férussac, già citato superiormente a pag. 50.
nella Nota aggiunta a’ caratteri dell’ Ordine nostro II.° dei
Molluschi.
C. Pfeiffers, Systematische Anordnung und Beschreibung
Deutscher Land- und Wasserschnecken; Cassel 1821,
in 4.° con rami.
Th. Martyn’s, Figures of Shells collected in the different vo-
yages to the South-seas; London 1784, in folio grande.
Ios. Xav. Poli, Testacea utriusque Siciliae, eorumque histo-
ria et anatome; Parmae 1791, Vol. II, in folio.
Veggasi ciò che spone a questo proposito Tilesius in
un altro Scritto, che leggesi di lui dalla p. 222, alla p. 419
della già citata Opera periodica Jahrbuch der Naturgeschi-
chte ec.
Non essendo se non tre sole le specie infino ad ora
[Seite 99] conosciuto del novello genere Coronula (Coronule pei
Francesi), fra le quali deve stare anche quella, che è qui
nel testo accennata dall’ Autore co’ due soli nomi, Lepas
ceti (diadema), die Wallfischpocke, penso che siavi
tanto più il prezzo dell’ opera nel descriverle un po’ più
diffusamente, tutte e tre, in quanto che, se qui il Lepas
ceti debb’ essere decisamente la stessa cosa col Wallfisch-
pocke, il Lepas diadema non può corrispondere di
certo ad amendue, e se l’una di tali due specie riesce
rotonda od orbiculare, l’altra riesce cilindrica; motivo que-
sto che m’indusse a crescere alquanto fuor di misura la
propostane sinonimia. Poichè dunque non cade dubbio,
che la specie, o le due specie, avute qui in mira dal Pro-
fessore Blumenbach, non riferiscansi al genere Coronula
di Lamarck, non sarà, cred’ io, se non ben fatto il sog-
giugnere, che le tre specie ne stanno come segue:
Specie 1. Coronula diadema (Coronula diadema di
Lamarck – Lepas diadema di Linneo – Balanus dia-
dema di Bruguière: fr. la Coronule diadéme: ted. die
Seekrone? – Diademcoronula?: ing. the Diadem-a-
corn?). – La figura ne riesce più che altro cilindrica,
ma troncata, e dinotante sei angoli formati di quattro
lati longitudinali, che riescono come scanalati al basso
mercè di certe serie di stipatissimi punti salienti; gl’ in-
tervalli degli angoli ne sono lisci e piani affatto, senza
asperosità o disuguaglianze, e finalmente l’orificio del
nicchio ha ad un tempo alquanto della forma ovale, ed
una tal quale tendenza all’ esagono, venendo chiusa dal
suo coperchiato od operculo, e dalla membranella che
vi corrisponde. Essa impiantasi stabilmente, o sopra qual-
[Seite 100] che conchiglia, o sovra altro corpo duro sottomarino, e
bene spesso poi anche, parassita affatto, sopra il corpo
vivente di parecchi Cetacei, o d’altri animali marini.
Specie 2. Coronula radiata, o Coronula raggiante (Co-
ronula balaenaris di Lamarck – Lepas balaenaris di
Linneo – Pediculus balaenaris di Chemnitz – Bala-
nus balaenaris di Bruguière: fr. la Coronule rayonnée:
ted. die Wallfischpocke – Strahlcoronula: ing. the ra-
diating Acorn?). – La figura ne riesce convessa, qua-
si globosa od orbiculare; è dessa ornata di sei raggi sot-
tili’ molto, e trasversalmente striati; gli spazii interposti
fra questi così fatti raggi sono anch’ essi striati, ma le
strie ne riescono raggianti e divergenti dall’ apice del nic-
chio, procedendo verso la base; l’operculo, giusta l’as-
serzione di Linneo, ne dovrebbe constare di due parti,
ed essere poi quasi affatto membranaceo. – Dessa si sta-
bilisce parassita appunto sulle Balene, su i Delfìni, e
sovra la pelle esterna d’alcuni altri grandi abitatori del
mare.
Specie 3. Coronula testudinaria, o la Coronula delle
Testuggini (Coronula testudinaria di Lamarck – Lepas
testadinarius di Linneo – Pediculus testudinarius di
Chemnitz – Verruca testudinaria di Rumph – Bala-
nus testudinarius di Bruguière: fr. la Coronule des tor-
tues: ted. die Schildkroetenlaus – Schildkroetenpo-
cke – Schildkroeten Coronula?: ing. the Turtle’s
Acorn?). – La figura, comunque pur sempre convessa
ne suol essere però sempre, parlando in generale, un
po’ più appianata, di quello che non succeda mai nelle
due specie precedenti; il colore ne è bianco; l’apertura
[Seite 101] ovale del nicchio ne vien chiusa da un coperchietto od oper-
culo quadrivalve, o composto di quattro pezzetti; porta
anch’ essa sei raggi stretti e sottili, e striati in traverso,
ma questi raggi ne sono qui separati da spazii lisci af-
fatto. L’interna cavità del nicchio in questa specie riesce
costantemente più grande al basso che in alto, all’ oppo-
sto di ciò che osservasi sempre nella Coronula diadema.
– Suole essa stabilirsi parassita sulle Tartarughe, o Te-
stuggini di mare. – N. del T.
Non so vedere il perchè, a porgerci un esempio solo
di questo genere Donace, abbia l’Autore preferito una
[Seite 116] specie esotica affatto, e non abbia voluto prevalersi piut-
tosto della Donace dell’ Anitre (Donax anatina), o
della Donace smussata (D. retusa), o della Donace tron-
chetto (D. trunculus), o in fine di alcun’ altra di quelle
che rinvengonsi in Mari alquanto meno distanti, come
a dire nel nostro Mediterraneo, nell’ Atlantico, e così
via discorrendo. – N. del T.
Potrà vedersi, forse non senza qualche interesse, lo Scritto
intitolato: Nachricht von den vorzüglicheren Austerbänken
an den Europäischen Kusten, o sia Notizia su i principali
Banchi d’Ostriche delle coste d’Europa – compreso nel
Beckmann’s Vorbereitung, zur Waarenkunde. Parte I, dalla
pag. 93 fino alla pag. 111.
Nè fu a torto che dicemmo questo Nicchio forar anche i
marmi i più duri e compatti, mentre può per avventura ren-
derne ottima testimonianza, oltre a tanti altri casi analoghi
di minor rilievo, il fenomeno ancora problematico, e duro
ad intendersi, delle tre grandi colonne di Marmo Cipollino
antico, esistenti nel Tempio di Serapide a Pozzuolo presso
Napoli, e che fino all’ altezza di ventisette piedi al di sopra
del livello superficiale del Mare Mediterraneo, da cui emer-
gono presentemente, trovansi essere tutte quante in giro per-
tugiate e compenetrate appunto da questi Mitili litofagi, cola
indicati sotto il nome di Dattili di mare. – Vegga, sopra
questo particolare, chi brama d’avere più sminuzzate notizie
del fatto, reso oggimai incontrastabile, quale più gli piaccia
delle seguenti Opere o Dissertazioni: P. Ant. Paoli, Anti-
chità di Pozzuoli, Tav. 15 – D. Andr. de Jorio, sul Tempio
di Serapide in Pozzuoli, stampata a Napoli nel 1820 in 4.°,
a pag. 52, giuntovi la Tav. 7: von Hoff’s Geschichte der
durch Ueberlieferung, nachgewiesenen natürlichen Verän-
derungen der Erdoberfläche, Parte I, a pag. 455 – e final-
mente von Goethe, zur Naturwissenschaft. Parte II, pag. 79.
Troppa è decisamente la confusione intrusasi a ri-
guardo della Specie qui nel Testo originale indicata sotto
la qualificazione di Mytilus modiolus, od in tedesco die
Papusmuschel, perch’ io creda potermi qui trarre d’im-
piccio col conveniente decoro. L’indecisione, in cui mi
sono trovato, fu quella che m’indusse ad affastellare come
sinonimi una selva di nomi, che dubito spettino forse a
tre specie distinte, ne è se non colla più grande sospen-
sione che mi faccio qui ora a soggiugnere, il Mytilus mo-
diolus di Linneo e di Blumenbach, datoci dagli Autori
come indigeno del Mediterraneo, dell’ Adriatico, e degli
Oceani Settentrionale, Indiano ed Americano, poter esser
forse la stessa cosa col Lulat di Adanson, e avvicinarsi sol-
tanto in qualche modo alla Modiola subcarinata di La-
marck, a meno di quel seno che rende quest’ ultima reni-
forme, ma non doversi per avventura confondere, nè
colla Modiola tulipa di Lamarck (fr. la Modiole tulipe),
ch’ è forse quella di cui ebbersi esemplari lungo le Coste
settentrionali d’Europa, anche prima che fosse scoperta
la Novella Guinea, nè molto meno poi colla Modiola
Papuana dello stesso Lamarck (fr. la Modiole des Pa-
pous; ted. die Papusmuschel), vale a dire colla più
grande, e ad un tempo la più bella, delle Modiole at-
tualmente conosciute, indigena appunto della Terra dei
Papous, o del Mare che bagna le Coste della Novella
Guinea, e d’altre quinci non molto distanti, nè troppo
disparate località.
Vedasi in questo proposito la Sezione I delle Conchiglie
sinistre (I.te Abschnitt von den Linksschnecken) nel Chemnitz,
Conchylien-Cabinet, Vol. IX.
Così per esempio succedette della Bulla cypraea di Linneo,
che si riconobbe affatto fuor di dubbio, non essere altra cosa
che la conchiglia piccina o giovinetta, o se dir vogliasi piutto-
sto, la Larva della specie che qui appresso descriveremo sotto
il nome di Ciprea tigre, o di Porcellana tigrata, e latinamente
sotto quello di Cypraea tigris, che gli corrisponde.
Al Bengala 2500 di tali conchiglie sogliono ragguagliarsi
al valore a un dipresso di mezzo Fiorino, e con tutto questo
hannovi parecchj generi, come a dire, per esempio, foglie
di Betel da masticare, noci d’Arek ec., che con un solo Cauri
possono comperarsi in quantità sensibile sul mercato. – Vedasi
in tale proposito ciò che sta sposto nell’ Opera intitolata –
Rennel’s Geographical Illustrations of M. Park’s Journey –
segnatamente a pag. 86.
Potrà forse taluno trovar interesse nello scorrere, stando
a questo particolare, lo scritto del Cav. Michele Rosa, Delle
Porpore degli Antichi, stampato a Modena, nell’ anno 1786,
in 4.° con rami.
Linneo volle anzi qualificare questo così fatto umbilico,
umbilicus, come uno – stupendum Naturae artificium – e gli
Archeologi più moderni ritengono che appunto questa Con-
chiglia, veramente bella, abbia servito, come di modello na-
turale, per le così dette Volute delle Colonne d’ordine Jonico.
Possono su di ciò riandarsi, da chi abbiane curiosità, i due
scritti – 1°. di Rappolt, nel Commerc. Nor. per l’anno 1738,
a pag. 177., e 2.° di Pfeiffer a pag. 107 –
Due Aliotidi, proprie amendue soltanto, a quel
che sembra, dell’ Oceano Australe, sebbene di località
diverse l’una dall’ altra, trovo essere ritenute come
preziose molto, e quindi sempre ricercatissime da’ pro-
prietarj di Collezioni di tal fatta; ma nessuna delle due
affassi poi esattamente colla descrizioncina, qui datane
dell’ Aliotide iride, dall’ Autore del testo, e quindi ho sup-
posto, che potesse esservi il prezzo dell’opera nell’ ac-
cennarle, da che siamo nell’ argomento; tanto più che così
intendo d’ingegnarmi a porger modo che abbia a scansarsi
ogni possibile confusione di specie fra loro distinte. Dirò
pertanto che l’una delle due, indigena appunto, ed anzi
comunissima in alcune marcate località del mare che ba-
gna la Nuova Olanda, avente la spira molto appianata, è
realmente la più grande di tutte quante le Aliotidi, e
merita a tutto buon dritto il nome, che le fu dato, di
Aliotide gigantesca (Haliotis gigas: fr. la Haliotide
géante: ted. das Riesenseeohr? – Neu-hollandische
Seeohr?: ing. the New-holland’s Sea-ear?); e sog-
giugnerò poscia, che l’altra specie, rarissima e preziosis-
[Seite 188] sima, vegnente dalla Rada di San Giorgio, bella quanto
mai si possa dire, piuttosto piccola, ovale, ma arroton-
data, sparsa al di fuori di copiose righe salienti, o co-
ste quasi raggianti, tubercolose e terminanti, ora con
maggiore, ora con minore regolarità, verso quella costa
marginale, ove ne sta la serie incurvata de’ pertugi, da
cadauno de’ quali diramasi un’ altra costicina obbliqua
che scende per di fuori, fino al lembo marginale sini-
stro, è verso la sua sommità d’un colore giallo ran-
cio bianchiccio, ma la parte di dentro ne dimostra quanti
più belli scherzi di colori possano offrir mai le perle
più fine, o le opale nobili; la spira columellare final-
mente di questa conchiglia riesce vistosa molto, ed ap-
pariscente per quanto stendesi. Nè a torto fu dessa
chiamata co’ nomi d’Aliotide splendidissima, d’Aliotide
superba, o d’Aliotide magnifica (Haliotis pulcherrima:
fr. la Haliotide noduleuse – la Haliotide magnifique:
ted. das prachtvollige Seeohr?: ing. the noblest Sea-
ear).
Veggasi in proposito di questo, genere e d’altri Vermi
[Seite 199] o Molluschi al medesimo affini, l’Opera intitolata – Iac. Theod.
Kleinii Naturalis dispositio Echinodermatum – ex edit. Nath.
God. Leske – stampata a Lipsia, nel 1788. in 4.°
Può a questo riguardo, chi il voglia, scorrere non senza
profitto, l’Opera intitolata – I.H. Linkius, De Stellis marinis,
stampata a Lipsia nel 1733 in folio. –
Tra le genti che abitano le regioni più settentrionali del
Continente (in ted. untar den Normánnern), è invalsa da gran
tempo una favola popolare, giusta la quale la così detta Testa di
Medusa verrebbe ad essere figlia di quel loro famosissimo Kra-
ken, o Pesce-montagna, di cui il Pontoppidano, nella sua
Storia naturale della Norvegia, si è dilettato nel riferirci tante,
e così strane fanfaluche – Questo suppositizio mostro marino
colossale, stando a tali scipite dicerie, dovrebbe, fra le tante altre
cose che se ne spacciano, rimanersene quasi continuamente nei
più profondi abissi del mare, non emergendone se non da quan-
do a quando a fior d’acqua, ed allora sempre con gravissimo pe-
ricolo, ed anzi colla rovina immanchevole di que’ vascelli o ba-
stimenti, che per caso gli si trovassero direttamente sopra; con
questo poi di più, che la di lui schiena immensa, galleggiante
sull’ acque, potrebbe assai di leggieri esserne dall’ equipaggio
pigliata in iscambio per una Isola natante. – Volendo con sana
critica conciliar giudiziosamente queste così fatte, ed altre cor-
relative sposizioni, verrà a risultarne, che la concorrenza di
pareechj fenomeni, essenzialmente l’uno dall’ altro distinti, e
tutti poi forse troppo male, e affatto arbitrariamente inter-
pretati, debbe aver dato ansa a tali assurde fole, o scempiag-
gini, parte delle quali è riferibile alla apparizione di qualche
Balena; rilevandosi, per cagion d’esempio, dalla narrazione
che può leggersi a p. 52 del Watk. Tench’s Account of the
settlement at Pt. Jackson, la disgrazia di cui ebb’ egli ad essere
testimonio oculare, analoga a quella che qui sopra riportammo,
accaduta ad un vascello armato ed equipaggiato, appunto
dall’ essersi, direttamente sotto di quello, sollevata dal fondo
dell’ acque una smisurata Balena; mentre un’ altra parte di
quelle baje o fanfalucche può aver pigliato un qualche illu-
sorio fondamento da’ nebbioni, o da fitte e densissime nebbie
basse che alcuni navigatori, comunque sperimentatissimi, deb-
bono in quel bujo aver pigliato per Coste, o scambiato fan-
[Seite 208] tasticamente con Isole natanti, o altro che di consimile; il-
lusione della quale troviamo un esempio parlantissimo e strano
a bastanza, a pag. 10 del III Vol. del Voyage de La Pérouse
autour du Monde. – Tali sono, aggiugnendovene ancora al-
l’occasione qualche altro, i raziocinii appoggiati al vero, coi
quali sono da combattersi vittoriosamente, e da sventarsi al tutto
le preaccennate popolari favole del mostruoso Kraken del
Nord, circa al quale aveaci, già da gran tempo, a pag. 100
della sua Groenlandia antiqua, lasciato scritto Thormod Tor-
fesen – tracta haec fabula videtur ex insula .... aliquando
conspicua, soepius tamen inconspicua. –
Accade frequentemente di rinvenir fossili per entro
a’ banchi, o piuttosto agli strati, soprattutto di roccie
calcaree, oltre a molti altri corpi organizzati, alcune parti
intiere e perfette, o talora frammenti di questi Encrini,
che, così condizionati, ottennero poi una selva di nomi
al tutto arbitrarii, come a dire, per esempio, di Trochiti,
Torchiti, Entrochiti, Asterie petrefatte, od Asterioliti, ec.
tra di noi, di Grains de rosaire, Larmes de Géans,
Pierres de Fée, Pierres à roue, Torchites, Pierres
étoilées, Lis pierreux, ec. tra i Francesi, e così via di-
scorrendo, sovra i quali prima di Lhuid, che ne rico-
nobbe la vera derivazione, andarono a gara i Naturalisti
nell’ emettere opinioni l’una più dell’ altre insussistenti,
e presentemente riconosciute come onninamente fantasti-
che e capricciose – N. del T.
In riguardo alla Storia naturale de’ Coralli, potrà, chi
il voglia, consultar con vantaggio, oltre le già da noi altrove
indicate, anche le seguenti Opere, che di proposito ne trattano:
P.S. Pallas, Elenchus Zoophytorum. Hag. 1766, in 8.° –
Opera di cui hassi anche in lingua tedesca la traduzione
con addizioni, fatta da Chr. Fr. Wilkens, e stampata a
Norimberga nel 1787, in 4.°
J. Ellis’s Natural history of the Corallines ec. London, 1753,
[Seite 212] in 4.° – Opera di cui hassi parimenti una traduzione te-
desca con aggiunte, fatta da J.G. Krünitz, e pubblicata
anch’ essa a Norimberga nel 1767. in 4.°
Ellis’s, Natural history of many curious and uncom-
mon Zoophytes ec., systematically arranged and descri-
bed by D. Solander, London, 1786, in 4.° (Ho voluto ci-
tar qui quest’ Opera, veramente aurea ed eccellente, perchè
sia distinta, come conviene, da quell’ altra, già prima da
me altrove accennata sotto il nome del medesimo D. So-
lander.
Vital. Donati, Della Storia naturale marina dell’ Adria-
tico; Venezia, 1750, in 4.
Fil. Cavolini, Memoria per servire alla Storia de’ Polipi ma-
rini; Napoli, 1785, in 4. – Opera questa di cui hassi in
lingua tedesca la traduzione di W. Sprengel, stampata
a Norimberga nel 1813, in 4.
E.J. Chr. Espers Pflanzenthiere, ec. Nürnberg, già fino dal-
l’ anno 1788, in 4.
J.E. Roques de Maumont, sur les Polypiers de mer. Zel-
le, 1782, in 8, – come un manuale in questo proposito, pur
sempre di grandissima utilità.
J. Alb. H. Reimarus, von der natur der Pflanzenthiere.
Hamburg, 1773, in 8, – formante appendice all’ Herm. Sam.
Reimarus, Betracht. ueber die besondern Arten der thieri-
schen Kunsttriebe. –
Mi consta, dietro positiva asserzione d’alcuni testimonii
oculari, che non di rado accade di ripescare nel mar che
lambe l’Indie occidentali, frammenti di bastimenti in addietro
naufragati, che nel brevissimo lasso di soli nove o dieci mesi
(in tedesco binnen 3/4 Jahren), si trovano essere stati per ogni
dove ricoperti d’una crosta ben densa e fitta di Coralli, e fra
gli altri, anche di Madrepore. – E d’altronde non ignorasi più
oggimai, che il porto di Bantam, una volta riguardato come
uno de’ migliori di que’ circonvicini paraggi, è presentemente
per la massima sua parte ingombrato da’ scogli di Corallo, che
quasi ne chiudono affatto l’accesso.
Molte dell’ Isole vulcaniche, che incontransi nel mare del
Sud, ed anche nell’ Indie occidentali, come a dire, per ca-
gion d’esempio, le Barbados, scorgonsi presentemente rive-
stite, quasi chi dicesse, d’una crosta di Coralli, e quanto
terribilmente pericolosi riescano, pe’ viaggiatori che scorrono
[Seite 215] plaghe marittime non per anco ben conosciute, gli scogli (in
fr. les réscifs), e i tronchi di Corallo, sorgenti colà talora dal-
l’imo fondo del mare, fino ad altezze indeterminabili, può
comprovarlo a bastanza la sposizione di quanto avvenne al
celebre Capitano Cook lungo le Coste occidentali della Nuo-
va-Olanda, da lui scoperte appunto in quella occasione, du-
rante il primo suo viaggio intorno al Globo, di che vedi la Sto-
ria, anche per fare il calcolo conveniente delle osservazioni e
de’ rilievi, che in tale proposito sonovi riferiti.
Non sarà al certo fuor di proposito, nè senza profitto
alcuno, il riandare attentamente, così su questo gunere preci-
samente, come anche su i generi affini, l’eccellente Scritto del
qui sopra citato J.V.F. Lamouroux, Histoire des Polypiers
coralligénes flexibles, stampata a Caen in Francia, nel 1816,
con rami.
Una tale nostra asserzione viene anche viemmaggiormente
convalidata mercè dell’ opinione esternata sul medesimo propo-
sito dal Professore Gravenhorst nell’ Okens Isis per l’an-
no 1823. Fasc. VII, a pag 725.
Vedi sopra questo particolare ciò che n’ è sposto a
pag. 117 e segg. del Fascic. 4. Anno I. del Göttingisch. Ma-
gazine.
Possono consultarsi vantaggiosamente in questo particola-
re, oltre all’ Opere, già da noi altrove citate, anche le se-
guenti:
S. Abr. Trembley, Mémoires pour servir à l’Histoire d’ un
genre de Polypes d’eau douce à bras en forme de cornes.
Leid. 1744, in 4.
H. Baker’s Natural History of the Polype, London, 1743,
in 8.vo
Roesels, Historie der Polypen, ec. Nürnberg, 1754, in 4.
(nella III Parte delle sue Insekten-belustigungen), e
Jac. Chr. Schaeffers, Armpolypen in den süssen Wassern,
um Regensburg, 1754, in 4.
Leggasi in questo proposito, ciò che ne sta scritto a pa-
gina 565, e seguenti, nel Fascicolo 4., Annata III. del Göt-
ting. Magaz.
Potrà il Leggitore scorgere sposte ben più diffusamente
le ragioni che m’ indussero in questa opinione nel mio Hand-
buch der vergleichenden. Anatomie, soprattutto alla p. 248.
È chiaro che queste due qui citate specie d’animali
stanno anch’ esse fra quelle, che nuove emersero, sicuramente
lungo tempo dopo che avea avuto luogo la prima Creazione
generale; da che non rinvengonsi, almeno a quanto pare,
se non nell’ aceto, o nella colla da libraj; produzioni amen-
due artificiali, e totalmente inventate; non ha grandissimo
tempo, dall’ uomo civilizzato e vivente in società.
Già fino dal 1770, O. Fr. Müller avea riconosciuto an-
che più di 400 specie distinte d’Animaletti infusorj.
Potrà, chi il voglia, consultare in questo proposito, tanto
il Vol. II della Biologie del G.R. Treviranus, a pag. 264 e
segg., quant’ anche l’Opera di Chr. L. Nitsch, intitolata
Beytrage zur Infusionkunde, stampata ad Halla nel 1817,
in 8.° con rami.
Materia globulare, che può a un dipresso riguardarsi come
formante l’infimo grado possibile di vegetazione, come qui
il nostro Caos acquajuolo, che trovasi per entro a quella,
può ritenersi dimostrante l’infimo grado d’animalizzazione,
che si dia.
Il fu nostro degno collega Hollmann è riuscito a nu-
merare fin oltre a dugentocinquantatremila milioni d’Ani-
maletti spermatici in un solo così detto latte d’un Carpion-
cino di due libbre di peso.
Era mio intendimento, convenutone anche co’ signori
Tipografi Editori della presente Collezione di Manuali,
che la parte del Testo Blumenbachiano risguardante il
regno Vegetabile, non avesse ad uscirmi di mano tradotta,
per la pubblicazione, se non dopo d’avervi aggiunto in
via di Note, siccome ho fatto pel regno Animalo, quanto
bastasse a far conoscere le più importanti innovazioni pro-
postesi qua o là sulla Storia Naturale de’ Vegetabili o delle
Piante, e soprattutto i felicissimi tentativi fattisi ultima-
mente per ottenerne la distribuzione in Famiglie naturali;
ma, intanto ch’ io procedeva oggimai nel concertato la-
voro, essendo uscita in luce a Parigi l’Opera intitolata
– Nouveau Manuel de Botanique, ou Principes élémen-
taires de Physique végétale, à l’usage ec. – Ouvrage con-
tenant l’Organographie, la Physiologie, la Taxonomie,
et la Description des 193 Familles naturelles connues-
ornè de 12 Planches, par Messieurs J. Girardin, et Jules
Juillet Pharmaciens ec. – Paris – 1827 – Compére jeune
libraire – Imprimerie d’Hippolyte Tillard – io mi sono
creduto in dovere di diffidare i signori Tipografi Editori,
che sarebbe propriamente un peccato di voler defraudare
i loro Associati a questa medesima Collezione di Manuali,
[Seite 337] d’un’ Opera come questa, recentissimamente pubblicata,
migliore d’ogni altra per fornirne un Manuale Botanico,
e dalla quale mi sarebbe stato forza d’estrarre le aggiunte
che avessi dovuto fare al nostro Manuale Blumenbachiano.
Disposti naturalmente sempre i prelodati signori Editori
a prestarsi dal canto loro in tutto ciò che valer possa a
guadagnar loro l’universale aggradimento, e quello ezian-
dio de’ loro Associati, non fecero difficoltà a convenir
meco circa alla convenienza di dar luogo per esteso nella
loro Collezione, anche alla traduzione del novello Ma-
nuale da me suggerito loro, e con ciò m’abilitarono a
seguire più da presso il Testo Blumenbachiano nella parte
che ne riguarda i Vegetabili; cosa che tanto meno dorrà
a chi può pigliarvi qualche interesse, in quanto che è
noto non esser mai, negli Stabilimenti d’Istruzione, la
stessa Cattedra, onde dettasi la Botanica, quella onde
dettinsi l’altre parti della Storia Naturale. – N. del T.
Meritano d’essere in questo proposito consultate le due
Memorie state premiate da questa Società reale (di Gottinga),
una cioè di Rudolphi, stampata a Berlino nell’ anno 1807, in 8.,
e l’altra di Link, pubblicata a Gottinga stessa, pure nell’ an-
no 1807, ma con addizioni fattevi poi nel 1809, in 8. – Nè il
meritano pur meno gli altri due Scritti seguenti: L.C.T. Tre-
viranus vom inwendigen Bau der Gewächse, Gottinga, 1806.
in 8., e J.J. Bernhardi’s Beobachtungen ueber die Pflanzen-
gefässe, Erfurt 1805, in 8. A’ quali sono ora d’aggiugnersi anche
i tentativi, felicissimamente riusciti al fu nostro Osiander, di
injettare i vegetabili col mercurio; tentativi de’ quali può leg-
gersi l’istoria a pag. 100, e seg. del Vol. XVI dell’ Opera in-
titolata – Commentat. Societat. Reg. Scientiarum Gotting.
Consultisi sopra questo particolare lo scritto di Van Goethe
intitolato – Versuch die Metamorphose der Pflanzen zu erklä-
ren – stampato a Gotha nell’ anno 1730, in 8., ed in particolare
poi, circa alla identità del tubero, per esempio, delle patate, o
de’ così detti pomi di terra (Solanum tuberosum? – Helianthus
tuberosus?), col proprio loro caule o stelo, lo scritto del Dot-
tore Westfeld, che può leggersi a pag. 371, e seg. nel VI vol.
del Voigt’s neues Magazin.
Non è in questo proposito da trasandarsi in silenzio, come
un certo signor Marcellis, in un podere di sua speciale pro-
prietà, denominato il Vogelsang, e situato lunghesso il ca-
nale di Haarlem, sia riuscito a formarsi un intiero viale di
Tigli, tutti quanti ripiantati a rovescio nel modo qui ora da
noi descritto.
Non è qui tampoco da trasandarsi, che hannovi ben anche
cert’ altre pianticine che, comunque sembrino radicate nel
terreno, non sono però fissate altrove co’ filamenti delle loro
radici, fuorchè sopra le radici d’altre piante ivi vicine, dalla
sostanza delle quali esclusivamente traggono desse il nutri-
mento che loro conviene. Di tal fatta, per pure addurne al-
meno un esempio, si è la Hydnora africana, che vive in
tal modo alle spese della Euphorbia mauritanica. Vedi Schwe-
disch. Abhandlungen, tom. 39, a pag. 132, e segg.
Circa a queste sperienze, veggasi, quanto n’ è stato ri-
portato a pag. 101, e seg. della 2. parte, Vol. I dell’ Opera
intitolata Voigt’s neues Magazin), pel 1798.
La stessa cosa si sa ora che succede anche, per esempio,
all’ Epidendrum flos aëris; pianta ch’ è indigena della Coc-
chinchina, e circa alla quale ecco come esprimesi in proprii
termini Jo. De Loureiro, a pag. 525. del Tomo II della sua
Flora Cochinchinensis: ‘“mirabilis hujus plantae proprietas est,
quod ex sylvis domum delata, et in aëre libero suspensa, in
multos annos duret, crescat, floreat, et germinet. Vix cre-
derem, nisi diuturna experientia comprobassem„’.
Potranno vedersi, non senza interesse, qua e là nella
precitata Opera periodica – Voigt’s neues Magazin – le im-
portanti conseguenze che questo ingegnosissimo Naturalista
(Ingen-housz) ha dedotto da’ risultati delle proprie sperienze,
in tale proposito instituite, in prò della economia rurale.
Consultisi in tale argomento l’opera intitolata – J. Ingen-
housz’s Experiments upon Vegetables – stampata a Londra
nel 1779, in 8.
Tanta è la regolarità riconosciutasi oggimai nel proce-
dere diverso di questo, ora comunemente così detto, sonno
delle piante, sia a riguardo dell’ ora nella quale sogliono
addormentarsi, o sia per quella nella quale poi si risve-
gliano, che Linneo, tenendo conto di tali circostanze in
una serie di piante attualmente fiorenti, credette di poterne
formare il suo preteso Orologio di Flora, valibile, tut-
t’ al più come sta qui steso, pe’ dintorni d’Upsal in Isve-
zia, situata a gradi 60 di latitudine settentrionale, ma
in certo tal qual modo adattabile, secondo Adanson, a
qualsivoglia clima, ritenuta la differenza d’un’ ora circa
per ogni divario di 10 gradi nella latitudine. I dati prin-
[Seite 355] cipali d’un orologio naturale così fatto, sarebbono i se-
guenti:
si addormenta alle ore | si sveglia circa le ore | |
L’Alyssum utriculatum | 4 pom. | 8 ant. |
l’Anagallis arvensis | ? | 8 ant. |
l’Anthericum ramosum | 4 pom. | 7 ant. |
l’Arenaria rubra | 2 pom. | 10 ant. |
il Cactus grandiflorus | 12 mer. | 10 pom. |
la Calendula pluviali | 4 pom. | 7 ant. |
la Calendula arvensis | 12 mer. | 9 ant. |
il Cichorium intybus | 10 ant. | 5 ant. |
la Crepis alpina | 11 ant. | 6 ant. |
la Crepis rubra | 2 pom. | 7 ant. |
il Dianthus prolifer | ? | 8 ant. |
il Geranium triste | ? | 6 pom. |
la Hemerocallis fulva | 8 pom. | 5 ant. |
l’Hieracium auricula | 2 pom. | 8 ant. |
l’Hieracium chondriloides | 1 pom. | 7 ant. |
l’Hieracium murorum | 5 pom. | 7 ant. |
l’Hieracium maculata | 5 pom. | 6 ant. |
l’Hieracium umbellatum | 5 pom. | 6 ant. |
l’Hypochaeris maculata | 5 pom. | 6 ant. |
il Leontodon tuberosum | 3 pom. | 5 ant. |
il Levutodon taraxacum | 9 ant. | 6 ant. |
il Leontodon hastile | 3 pom. | 7 ant. |
la Lactuca sativa | 10 ant. | 7 ant. |
il Mesembryanthemum barbatum | 4 pom. | 8 ant. |
il Mesembryanthemum crystallinum | 4 pom. | 10 ant. |
il Mesembryanthemum linguiforme | 2 pom. | 8 ant. |
il Mesembryanthemum nodiflorum. | 3 pom. | 11 ant. |
[Seite 356] | ||
si addormenta alle ore | si sveglia circa le ore | |
la Mirabilis jalapa | ? | 5 pom. |
la Nymphaea alba | 5 pom. | 7 ant. |
il Picridium tingitanum | 10 ant. | 6 ant. |
la Picris hieracioides | ? | 5 ant. |
il Papaver nudicaule | 7 pom. | 5 ant. |
il Rhagadiolus alpinus | 10 ant. | 6 ant. |
la Silene noctiflora | ? | 10 pom. |
il Sonchus oleraceus | 12 mer. | 5 ant. |
il Sonchus arvensis | 11 ant. | 7 ant. |
il Sonchus laponicus | 12 mer. | 7 ant. |
il Tragopogon pratensis | 10 ant. | 4 ant. |
È degna d’essere, circa questo particolare, citata la Me-
moria di Placido Heinrich, che riportò il premio dalla Im-
periale Società Petropolitana, circa alla natura, e alle pro-
prietà della luce, pubblicatasi nel 1806, in 4.
Per pure addurre qui un qualche palmare esempio, tra
que’ tanti che si potrebbe, della forza di questa tendenza dei
vegetabili verso la luce, gioverà il dire che, essendo stato
lasciato, probabilmente per effetto di dimenticanza, nello
sgomberarla, un tubero di Patata, nel fondo d’una cantina,
che avea servito durante l’inverno per magazzino di tali ed
altre così fatte radici commestibili, e nella quale la luce diurna
non poteva penetrar d’altronde, fuorchè per un piccolo spi-
raglio in alto nella parte diagonalmente opposta a quella, ove
giacevasene il tubero, questo nella successiva primavera cac-
ciò all’ insù, rasente il muro, un getto, o per dir meglio un
caule, un fusto o uno stelo, lungo ben venti piedi, dal luogo
ove stavasene sul terreno, onde così arrampicandosi, perve-
nire, pel cammino il più diritto che potesse, appunto a
quello spiraglio, pel quale i raggi della luce arrivavano alla
cantina. – Vedasi riferito un tal fatto nella Parte I, Vol. II,
dell’ Opera intitolata – Memories of the American Academy
of arts and sciences of Boston, e precisamente alla pag. 147,
– come sono parimente da vedersi, per casi consimili, le –
F.J. Bertuch’s Beobachtungen an der Indianischen Kresse,
nell’ Opera periodica intitolata – Allgem. Teutschen Garten-
Magazin, per l’anno 1804, Fascicolo V, a pag. 226 e segg.
Non essendovi oggimai chi non conosca, forse per
autopsìa, così questo fenomeno, il quale è proprio di questa
e d’altre specie di Mimosa, come le cause prossime che dan-
novi luogo, e le circostanze che lo accompagnano, sarebbe
inutile affatto il volerlo qui ora descrivere con diligenza,
e quindi è, che ce ne astenghiamo; ma non giudichiamo
perciò dover del paro trasandare in un silenzio troppo
condannevole, ciò che potè in questi ultimi tempi risul-
tarci di più plausibile circa alla causa remota di quella
mobilità relativa di parti, datane occasione, che pose que-
ste ed altre così fatte piante in concetto d’essere effet-
tivamente sensibili, o come si suol dire piuttosto, sensitive.
Fu il Francese Dutrochet precisamente il primo a mo-
strarci nella di lui Mémoire sur la structure et mobilité
des animaux et des végétaux, come i preaccennati mo-
vimenti derivino da un carello (un bourrelet), situatone
alla base del picciuolo o peziolo della foglia, o piutto-
sto della frondicina, ed intieramente formato d’un tes-
suto cellulare contrattile. Tagliando in fette questo carello,
e gettandone i pezzi nell’ acqua, essi s’incurvano ad
arco, o in altrettanti segmenti di cerchio, la concavità
de’ quali stassene costantemente rivolta verso l’asse del
carello che componevano da prima. In forza poi di tale
conformazione, non è difficile troppo l’intendere, come la
porzione superiore di quel carello medesimo debba ne-
cessariamente, contraendosi, tirare all’ ingiù il picciuolo,
ed abbassare la frondicina, e la porzione inferiore tirarlo
[Seite 359] invece all’ insù, e far rialzare dietro al picciuolo la fo-
glia; tanto più che ciò viene comprovato eziandio dal
fatto, mentre, se taglisi quel carello nella sua parte più
bassa, la fronda non è più al caso di rialzarsi mai, e ta-
gliandolo invece per di sopra, o portando via il tessuto
cellulare che sta situato al di sopra del picciuolo, la fron-
dicina non è più suscettibile d’abbassarsi o di inflettersi
all’ ingiù – N. del T.
La foglia di questa pianta termina in due lobi atti ad
applicarsi faccia con faccia, allorchè qualche Insetto viene
per caso a toccare, e a vellicarne la superficie superiore
od interna dell’ uno di detti due lobetti; di modo che
l’animaluccio vi rimane allora chiuso framezzo ed im-
prigionato, e dibattendovisi continuamente per entro, non
permette ad essi d’aprirsi più, finchè desso, morto che
sia, cessi al tutto dal vellicarne la superficie, nel qual
caso soltanto la foglia può poi schiudersi di bel nuovo.
Sopra questo particolare potranno, non senza interesse,
vedersi le fig. 1 e 2, della Tav. I, annessa al I Vol. del-
l’ Opera intitolata – C.W. Hufeland’s kleine Medizinische
Schriften.
Una delle produzioni le più decisamente singolari e ri-
marchevoli, che appartengano alla funzione secretoria de’ ve-
getabili, si è di certo il così detto Tabaschir, conosciuto, ed
[Seite 363] anzi famoso già da ben lungo tempo, ma di cui non furono,
se non da poco in qua, esaminate convenientemente e rico-
nosciute a dovere, la natura e le proprietà. È desso una so-
stanza, per lo più di un colore leggermente azzurrognolo, vol-
gente, più che altro, al bianco latteo, translucida o semitra-
sparente in sugli spigoli o su i lembi, che ne riescono sottili,
e semidura soltanto, ma poi agra e fragile, la quale rinviensi
talvolta in alcuni nodi di quella Canna Indiana, che corre in
commercio sotto il nome di Bambou (Arundo lambus – Bam-
bus arundinifera: fr. le Bambou: ted. das Bambusrohr). Ora
questo Tabaschir somiglia assai bene a quella maniera di mi-
nerale siliceo, che conosciamo sotto il nome di Idrofano (Ocu-
lus mundi – Silex hydrophanus: fr. l’Hydrophane: ted. der
Hydrophan – Weltauge), con cui, non solo ha comuni l’e-
sterne apparenze, ma ha comuni ben anco, così la proprietà
singolare di divenire più trasparente quando tiensi immerso
nell’ acqua, come eziandio la composizione chimica, o i prin-
cipii costituenti, che ne sono a un dipresso i medesimi. –
Veggasi ciò che, in proposito d’una tale sostanza, d’origine
vegetabile, si fecero ad esporre, ne’ Vol. LXXX ed LXXXI delle
Philosophical Transactions, il Dottore Patr. Russel, e Jam.
L. Macir, del pari che quanto ne scrisse, nella parte di quel-
l’ Opera medesima, che ne spetta all’ anno 1819, il Dottore
Dav. Brewster.
Potrà in tale proposito consultarsi, non senza qualche pro-
fitto, l’Opera intitolata – Der Boden und sein Verhältniss zu
den Gewächsen – von G. Fr. W. Crome – uscita in luce
nell’ Hannover nel 1812, in 8.
Leggansi sopra questo particolare le seguenti tre Opere:
– 1.° Fr. Stromeyer, Historiae vegetabilium geographicae spe-
cimen, stampata a Gottinga nel 1800, in 4.° – 2.° Alex. de
Humboldt, Essai sur la Géographie des plantes, stampata a
Parigi nel 1807, in folio – 3.° Alex. de Humboldt, Prolego-
mena de distributione geographica Plantarum, premessi ai
suoi Nova Genera et Species.
Tutto che convenghiamo assai di buon grado qui
nell’ opinione emessa dall’ Autore del Testo, che appunto
alle tre specificate, come trall’ altre principalissime, pos-
sano agevolmente ridursi tutte quante le maniere di ri-
produzione, che ammettonsi ne’ vegetabili, pure non sarà
se non bene che, onde raggiugnere almeno lo scopo di
avere qualche notizia de’ nomi stati a quelle applicati,
tenghiamo ora avvertito il benigno lettore, essere da ri-
tenersi, che i mezzi di propagazione individuale delle piante
posson essere, in complesso, o per sementi, o per gem-
[Seite 371] me, per getti, per occhi, per bottoni, o per margotte,
per polloni, per messiticci, per germogli, o per innesti,
annesti o neste, e per marze, o finalmente per provane
o propaggini, o per barbatelle, e così via via discorrendo.
Questo pulviscolo seminale, o questo polline di certe
piante, per lo più, come s’ è detto, giallo, venendo talvolta
portato via, e trascinato seco in gran copia, durante la fioritura
di quelle, soprattutto dalle pioggie dirotte, e riversatone poi
sulla superficie dell’ acque stagnanti, de’ rigagnoli, o altro,
può aver dato ansa benissimo alle già un tempo invalse dice-
rie di pioggie di zolfo, o simili.
Il Dottor Persoon dimostrossi inclinato a credere, che le
diverse sostanze, o corpi in certo tal qual modo organizzati,
qui da noi mano mano indicati pur ora, altra cosa possano
in fine non essere, se non altrettanti vegetabili, i quali pre-
sentinsi a noi come semplici e nude parti di fruttificazione. –
(Vedasi com’ egli sponga questa sua idea, a pag. 80 e segg.,
del Fascicolo 4, Vol. VIII, del Voigt’s Magazin).
Veggasi, sopra questo particolare, lo Scritto intitolato –
L. Cl. Richard, Analyse der Frucht – und des Samenkorns
– tradotto, con aggiunte dell’ Autore medesimo, in lingua Te-
desca da F.S. Voigt, e stampatosi in Lipsia nell’ anno 1811,
in 8.°
Potrà in tale proposito consultarsi con profitto l’Opera
intitolata – Iosephi Gaertner, De Fructibus, et Seminibus
plantarum – pubblicata a Stuttgard dal 1788 al 1791, Vol. II,
in 4.° – del pari che l’altra intitolata – C. Franc. Gaertner,
Carpologia – stampata a Lipsia nel 1805, Vol. III, in 4.°
A riguardo di ciò veggasi nell’ Opera intitolata – Roesel’s
Insecten-Belustigungen – Vol. II, la prefazione, ec., Vorrede
zu den Wasser-Insecten der zweyten Classe.
Sono realmente degne di somma considerazione le belle
indagini sopra questo particolare praticate da Giovanni Hun-
ter, e che possono leggersi a pag. 237 del di lui Scritto –
On the blood, inflammation, and gun-shot wounds.
Potrà, chi il voglia, trovar pascolo alla propria studiosa
curiosità in questo speciale proposito, leggendo lo Scritto in-
titolato – Dav. Hopkirk, On the anomalies in the vegetable
kingdom – stampato a Glascow nel 1817, in 8.°
Riconfrontisi qui ciò che notammo già nel precedente
§ 168, a pag. 346 di questo stesso nostro Vol. IV, appunto
circa al tronco d’alcune piante.
Veggasi a tale proposito la di lui Dritte Fortsetzung
der vorlaufigen Nachricht. alla pag. 51 e segg.
Merita in questo proposito d’essere consultato lo Scritto
intitolato – G. Fr. Jaeger, ueber die Missbildungen der Ge-
wächse – stampato a Stuttgard nel 1814, in 4.°, con rami.
Potrà vedersi circa ciò l’Hufeland’s Makrobiotik, Parte I
della terza edizione, a pag. 58 e segg.
Potrà, chi il voglia, non senza interesse, consultare su
di ciò l’Opera intitolata – J.R. Forster’s Stoff zur kün-
ftigen Entwerfung einer Theorie der Erde – precisamente
a pag. 14, confrontando anche quanto è ivi detto, col contenuto
a pag. 81, Vol. II, del famoso Voyage de La Pérouse autour
du monde.
Non sarà se non bene il tener qui avvertito il leg-
gitore che, siccome nella Germania alquanto settentrio-
nale il nostro Fico, così comune tra di noi, non può al-
lignare in piena terra e, come suol dirsi, all’ aperto; per-
ciò vien desso colà generalmente considerato, non solo
come pianta al tutto esotica, ma ben anche come pianta
da tenersi nelle serre o ne’ tepidarj riparata, a quel
modo che sogliono tenervisi gli Agrumi. – N. del T.
Tra le frutta esotiche, correnti sotto lo stesso nome
di Fichi d’India, meritavano, cred’ io, d’essere almeno
ricordati eziandio il Kaki o il Fico kaki dell’ Indie orien-
tali, provegnente dal Diospiro kaki (Diospyros kaki:
fr. la Figue-caque – le Figuier caque – le Plaquemi-
nier kaki – le Guyacana: ted. der Kakibaum – Guya-
canabaum), e sovra tutti gli altri poi segnatamente il
Fico opunzia, denominato quasi da tutti il Fico d’In-
dia, e provegnente dal Cacto opunzia (Cactus opuntia:
fr. le Figuier d’Inde – la Figue d’Inde – la Raquette
– le Cactier raquette – l’Opuntia – le Nopal – la Se-
melle du Pape – la Cardasse: ted. der Indische Fei-
genbaum – die Opuntia). – N. del T.
Quest’ albero cotanto importante fu già, correndo l’an-
no 1792, traspiantato assai felicemente nell’ Indie occidentali,
dalle orientali, ov’ era unicamente indigeno, per opera del
Capitano Bligh, famoso navigatore inglese. – Circa agli ot-
timi risultamenti, ed al prosperamento progressivo di questa
[Seite 405] memorabile trapiantagione, ebbi cura io medesimo di porgere
qualche notizia a pag. 110 e segg. del 2.° Fascicolo, Vol. I,
del Voigts neues Magazin.
Ancora presentemente i Negri dell’ interne regioni del-
l’ Affrica sanno approntarsi, colle bacche di questa pianta, una
maniera di confortino, di pane speziato o di pan pepato, che
riesce saporitissimo, e fannosene eziandio un liquore, o una
bevanda graditissima al palato. Vedansi perciò Mungo Park’s
Travels in the interior Districts of Africa, stampati a Lon-
dra nel 1799, in 4.°, e precisamente a pag. 100, giuntavi la
Tav. I.
La sostanza farinosa e molto nutriente, che perviene
dall’ Indie orientali, ove mangiasi abitualmente, siccome
cibo ordinario, infino a noi, ove quasi non è adoperata se
non soltanto in uso medico, appunto come rimedio possen-
temente nutritivo, sembra che approntisi nell’ estremo
Levante, oltre che col midollo delle tre specie di Cycas
qui nel Testo citate, e così pure di qualche altra che
trasandammo, anche col midollo d’altre piante, che non
sono appartenenti a quel genere medesimo, fra le quali
ci accontenteremo di notare la Sagus farinifera, e l’Areca
oleracea. – N. del T.
Comunque l’Autore del Testo non abbia creduto di
avervisi a prestare, senza che se ne scorga un palmare moti-
vo, sembra che non sarebbe stato inopportuno l’accennar
qui alcune Droghe propriamente dette, od altre sostanze
vegetabili, alcune delle quali egli non menziona altrove, e
che possono passare in quella medesima categoria, almeno
perchè non s’ignorino i nomi attuali scientifici delle piante,
ond’ esse rispettivamente derivano. Nè in realtà siamo d’av-
viso, che troppi de’ leggitori di questa Sez. X del presente
Manuale, siano disposti a trovar ben fatto il non iscorgervi
quasi neppur nominati, nè il Caffè (Coffea arabica: fr.
le Caffé: ted. der Coffeastrauch), nè il Cacao (Theobro-
ma cacao: fr. l’Arbre du Cacao: ted. der Cacaobaum),
nè la Cannella (Laurus cinnamomum: fr. le Laurier
cannelle – le Cannellier: ted. der Zimmetbaum), nè il
Garofano (Eugenia caryophyllata: fr. la Plante des
clous de girofle – le Giroflier: ted. der Gewurznelken-
baum), nè il Pepe (Piper longum – nigrum – cubeba:
fr. l’Arbrisseau du poivre: ted. der Pfefferstrauch)
nè la Noce moscata (Myristica aromatica: fr. le Mu-
scadier: ted. Muskatenbaum), nè la China china, o Cor-
teccia peruviana (Cinchona officinalis: fr. la Plante du
quinquina: ted. der Chinabaum), nè tant’ altre ancora; co-
me non v’ è fatto neppure un semplice cenno, nè della
Canfora (Laurus camphora: fr. le Camphrier: ted.
der Kampferbaum), nè del Belgiovino (Stirax benzoin:
fr. l’Arbre du benjoin: ted. der Benzoebaum), nè del-
l’Indaco (Idigofera tinctoria – macrostachia – ed au-
stralis: fr. l’Indigotier: ted. die Indigopflanze), oltre
[Seite 412] a tante altre Droghe servienti alle tintorie, nè del deli-
zioso Ananas (Bromelia ananas: fr. l’Ananas: ted. der
Ananas – die Königsapfelpflanze), nè dell’ utilissimo
Carrubo, Carrubio o Guainella (Ceratonia siliqua: fr.
le Caroubier: ted. der Johannisbrodbaum), nè dui Ca-
volo palmista (Areca oleracea: fr. le Chou palmiste –
l’Aréquier: ted. der Arekabaum – die Arekapalme),
nè infine d’un mondo d’altre piante, tutte quante impor-
tantissime. – N. del T.
Vedi sopra questo particolare, quanto sta scritto a pag. 224
e a pag. 351 della precitata Opera – Mungo Park’s Travels
in the interior Districts of Africa – riferendosene anche al-
l’ annessavi Tav. V.
Molte sono le sorta di vegetabili, che hanno ed as-
sumono talora, in grazia dell’ uso analogo, che qua o là
si suol farne, bevendone l’infusione, il nome di The, e sup-
pongo che possa non dispiacere qui una qualche maggiore
dilucidazione in tale proposito. Veri The orientali sono da
ritenersi intanto quelli, che risultano dalle foglie secche dei
due arboscelli Thea bohea, e Thea viridis, indigeni della
China e del Giappone, ove coltivansi con somma cura, e
questi giungonci poi sotto i diversi nomi di The della Chi-
na, The del Giappone, The Inglese, The d’Olanda, The
di Russia, The di Mosca, The Imperiale, The de’ Man-
darini ec., a norma della provegnenza loro speciale, o
anche della più o meno prelibata o squisita loro qualità;
ma altri ve n’ ha, che non pigliano poi che soltanto, come
chi dicesse ad imprestito, il nome di The; e di tal fatta
sono il The d’Europa, consistente nella infusione Thei-
forme di qualche pianta aromatica nostrana, e segnata-
mente di alcune Veroniche, Valeriane, Mente, Camomil-
le ec., del Verbasco ec.; il The de’ Gesuiti, che suole ap-
prontarsi col Meliloto fragrante (Melilotus caerulea: fr.
le Trefle odorant – le Mélilot bleu – le Lotier odo-
rant – le Beaume du Pérou ted. der blaue Steinklee
[Seite 418] – wohlriechende Steinklee – Harzklee); il The d’A-
merica, il The del Messico, od anche il The di Lima,
che si prepara colle foglie di quell’ Anserina del Messico,
alla quale dassi comunemente il nome d’Ambrosia (Che-
nopodium ambrosioides: fr. l’Ambrosie: ted. der Me-
xikanische The – das gewurzhafter Gänsessuss – Am-
brosienkraut – Traubenkraut – Götterkraut); il The
del Chili, o del Paraguay, fornito, come è detto nel Testo,
dalla Psoralea glandulosa, ben piuttosto, a quel che
pare, che non da una Cassine; il The del Labrador, che
prestano le foglie del Ledo dalle foglie espanse o lar-
ghe (Ledum latifolium: fr. le Lédier – le Lédon à
larges feuilles – le Thé du Labrador: ted. der La-
bradorische Thee – wilde Rosmarin), e finalmente il The
d’Oswego, che ottiensi colle foglie deila Monarda didima
(Monarda dydima: fr. la Monarde dydime – la Mo-
narde à fleurs rouges – le Thè d’Oswègo: ted. der
Oswegothee – die Monarde), e così via via discor-
rendo. – N. del T.
Qui penso che sia il luogo di far notare, come, quasi a
[Seite 424] compensazione della assoluta mancanza d’ogni maniera di
legname indigeno, torni per tali usi opportunissimo agli abi-
tanti delle Terre glaciali artiche, e soprattutto poi delle Co-
ste le più vicine al Polo settentrionale, ove si sa che non
alligna, nè molto meno può crescere, nè prosperar mai al-
cuna pianta arborea, sicchè per questo titolo ne riuscireb-
bero al tutto inabitabili, quel sorprendente legname avven-
tizio, per la più parte costituito da grossi tronchi di Pioppi,
od Oppi (Populus: fr. le Peuplier: ted. der Pappelbaum),
e di Larici (Larix – e già Pinus larix: fr. le Méléze:
ted. die Lärche – der Lärchenbaum) ed altri, che il mare
in copia vi trascina da quando a quando, senza che si sap-
pia ben d’onde, come ne trascina eziandio in abbondanza
in certi tempi, sulle Coste le più settentrionali dell’ Islanda.
Chi per caso amasse d’essere più minuziosamente infor-
mato de’ molti usi e svariatissimi, pe’ quali i Chinesi special-
mente adoprano le canne di Bambou, potrà trovar pascolo
corrispondente a’ suoi voti, leggendo l’Opera di Van Braam,
intitolata: Voyage de l’Ambassade, ec., stampata a Filadel-
fia nell’ anno 1797, in 4.°, e precisamente poi a pag. 314,
e segg. del Tom. I.
Tuttochè, pe’ motivi esposti già nella precedente no-
stra nota, che comincia a pag. 336 di questo stesso Vol. IV,
non istimisi necessario d’aggiugnere troppo del nostro a
questa, per dire il vero, eccessivamente compendiosa Se-
zione X del Testo originale Tedesco, e soprattutto poi
in vista delle distinte Cattedre, da cadauna delle quali det-
tasi fra di noi, negli Instituti d’Istruzione superiore, or la
Botanica, ed ora tutto il rimanente della Storia Naturale; pure
non crediamo che potrebbero trovar buono i nostri Leggi-
tori, che avessimo a lasciar correre, così come essa sta
originariamente, questa parte del Testo medesimo, senza
dare qui tampoco un cenno alquanto più circostanziato di
alcuno affatto de’ Sistemi, o metodi di distribuzione delle
Piante, che di preferenza sono in oggi stati qua e la adot-
tati, e seguonsi; e quindi fu che ci determinammo, om-
mettendo onninamente, insieme co’ più antichi ancora,
gli oggimai obsoleti metodi di Tournefort, e di Lamarck,
e quello di Guiart, non altrove seguito, che sappiasi, fuor-
chè al giardino della Scuola di Farmacia in Parigi, a por-
gere, quanto più concisamente ci potè venir fatto, nella
prima delle quattro qui unite Tabelle, un’ idea del Si-
stema sessuale Linneano, nella seconda, una traccia delle
modificazioni che il Francese Professore Richard avea,
non senza merito di molta lode, suggerito doversi a quello
[Seite 433] praticare, per migliorarlo, schivandone i difetti, nella terza
uno schizzo del metodo naturale di Jussieu, il quale servì
di fondamento precipuo a’ moderni felicissimi tentativi del
Ginevrino Decandolle, e di que’ molti che gli tennero die-
tro, onde pervenire a porre in tutta la chiarezza, che
sarebbe da desiderarsi, la concatenazione semplice e pro-
gressiva de’ Vegetabili, tutti quanti, in una serie di fa-
miglie, come si suol dire, naturali, la base delle quali
sta sposta nella quarta ed ultima Tabella, e che dietro
a quella riusciranno distribuibili o succedentisi come segue:
Classe I, Vegetabili Vascolari o Cotiledoniferi.
Divisione I, Exogeni o Bicotiledoniferi.
Sezione A, aventi doppio il perigonio, o sia aventi
ben distinti il calice e la corolla:
o vegetabili aventi i loro petali distinti ed inserti sul ricettacolo.
Coorte I, Carpelle numerose, o stami opposti a’ petali.
Fam. | 1. Ranuncolacei | Fam. | 5. Menispermi |
2. Dillenacei | 6. Berberidei | ||
3. Magnoliacei | 7. Podofillei | ||
4. Annonacei | 8. Ninfacei |
Coorte II, Carpelle solitarie ed isolate, o saldate insieme
le une colle altre, e placente parietali.
Fam. | 9. Papaveracei | Fam. | 15. Violacei |
10. Fumarj | 16. Poligalei | ||
11. Crociferi | 17. Resedacei | ||
12. Capparidei | 18. Droseracei | ||
13. Flacourziani | 19. Frankenacei | ||
14. Passiflorei | 20. Cistinei |
Coorte III, Ovaja solitarie ed isolate, e placenta centrale.
o vegetabili aventi i loro petali liberi e sciolti, o più o meno
saldati insieme gli uni cogli altri, ma sempre perigini od
inserti sul calice.
o vegetabili aventi i petali saldati in una corolla gamopetala
inserta sul ricettacolo.
Sezione B, aventi sempre il perigonio, o sia aventi il
calice e la corolla monoclamidati, lo che è come chi di-
cesse formanti insieme un solo involucro.
Divisione II, Endogeni, o Monocotiledonei.
Sezione A, Fanerogami; le nozze de’ quali riescono
manifeste.
Sezione B, Criptogami; le nozze de’ quali rimangonsi
occulte.
Fam. | 151? Najadei | Fam. | 154. Licopodiacei |
152. Equisetacei | 155. Felci | ||
153. Marsileacei di Brown, Rizosper- mi di Decandolle. |
Classe II, Vegetabili Cellulari, od Acotiledonj.
Sezione A, Foliacei, ed aventi sesso manifesto.
Sezione B, Afilli o senza foglie, e privi di sesso ma-
nifesto.